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maximilian e alida - EP

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    «La morale è ciò che resta della paura quando la si è dimenticata.»
    Il risveglio era la parte più indecente della giornata. Da una parte mi salvava dagli incubi notturni, dall’altra mi strappava a quella realtà artificiosa e mi lasciava impreparata di fronte ad incubi che non potevo affrontare. Orami si era ridotto tutto al compiere una scelta. Da quando avevo incontrato Keanu alla Stamberga, il quale mi aveva aperto le porte al mondo della Resistenza, potevo fare solo due cose: fingere che non fosse mai accaduto, e continuare a vivere una parvenza di normalità; riconoscere che le cose erano cambiate, che io in primis l’avevo fatto, e che quella realtà non faceva più per me. Cercavo di prendere tempo con la prima possibilità, continuando a fare ciò che tutti si aspettavano dalla sottoscritta, ma sentivo che il momento della verità stava arrivando più in fretta di quanto potessi immaginare. Sospirai e mi drizzai a sedere, il miagolio irritato di Aiden dimostrava che avevo svegliato anche lui. la luce filtrava dalle tende scostate, una luce pallida ma che lasciava ben sperare per la giornata. Meglio, avrei potuto fare qualche giro sulla scopa: quando volavo, e c’eravamo solo io e la scopa, nulla di ciò che era a terra ad aspettarmi aveva più importanza. Un bruciore alla mano destra mi ricordò che il giorno prima, l’insegnante di Erbologia mi aveva picchiettato con la bacchetta, aprendo uno squarcio che non sarebbe stato possibile fare senza l’ausilio di un incantesimo. Maledetto figlio di sua madre, anche se probabilmente ella non ne aveva alcuna colpa.
    Mi alzai e mi stiracchiai, sentendo i muscoli indolenziti distendersi e rilassarsi. Dopo che mi fui stropicciata gli occhi, notai con rammarico che quella palla di pelo che osava farsi chiamare gatto, si era acciambellato sulla mia divisa. L’avrebbe sicuramente riempita di ispidi peli bianchi. Infame! “Lo sapevo che dovevo lasciarti al Serraglio, maledetto ingrato” borbottai, mentre questo si leccava languidamente una zampa, insolente fino all’ultimo pelo della coda vaporosa.
    Incrociai il mio sguardo sullo specchio appeso alla parete di fronte, una di quelle vecchie superfici riflettenti con la cornice dorata ed intarsi eleganti. Quasi mi stupii di avere lo stesso viso, la stessa morbida forma delle labbra, le stesse sopracciglia arcuate che ricambiavano la mia occhiata stanca. Il buio rendeva i miei occhi più scuri, lo stesso blu degli oceani più profondi, mentre i capelli parevano fili d’argento. Sospirai e provai a sorridere, ma fui poco convincente perfino per me stessa. Lilian dormiva ancora, quindi doveva essere dannatamente presto. Scesi in sala comune con solamente la vestaglia indosso, ben sapendo che nessuno dei miei compagni sarebbe stato sveglio a quell’ora. avevo lasciato gli appunti di Arti Oscure sul tavolino di fronte al camino, e sveglia per sveglia tanto valeva che facessi qualcosa di utile come i compiti. Di routine, lo sguardo scivolò sulla bacheca, solitamente piena di avvisi riguardo a smarrimenti o vendite dell’ultimo minuto. Una pergamena scribacchiata da una calligrafia elegante campeggiava però in bella vista. Non mi sembrava ci fosse la sera prima, e nonostante la mia memoria giocasse brutti scherzi, certi dettagli non mi sfuggivano facilmente. Mi avvicinai lentamente, i piedi si muovevano fluidamente sul freddo pavimento della Sala.

    “E' stato scoperto dalla Preside un traditore: Alexander Italie, docente di Pozioni alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tutti gli studenti sono invitati a presenziare alla sua esecuzione pubblica, che avrà luogo al tramonto nella piazza principale di Hogsmeade. Chiunque non presenzierà, lo farà a proprio rischio e pericolo. Le assenze verranno notate."


    Deglutii, sentendo la gola chiusa in modo allarmante. Un traditore: un membro della Resistenza. Il professor Italie? Non era possibile. Esecuzione pubblica. Quelle parole continuavano a rimbombarmi fastidiosamente nella testa , rievocando immagini di piazze affollate e di grida di giubilo. Non accadevano spesso simili eventi, ma evidentemente la Howe voleva dare una dimostrazione pubblica che desse il buon esempio ad eventuali Ribelli. Repressi un brivido al pensiero della Preside, poco più di una ragazza ma già così dannatamente inquietante. Chiunque non presenzierà, lo farà a proprio rischio e pericolo Maledizione. Speravo che, essendo studentessa, sarei stata esentata da quella pubblica dimostrazione di potere, ma evidentemente mi sbagliavo. Mi sedetti a causa di un improvviso giramento di testa: mi odiavo, perché quando avevo letto il nome del traditore, la morsa al petto che lo attanagliava da che avevo visto l'avviso,si era allentata. Non che non mi dispiacesse per Alexander, ma provai un immenso sollievo quando seppi che la vittima sarebbe stata lui e non.. altre persone, altri insegnanti. Il pensiero corse immediatamente alla Firefly, sua amata, che lo contraccambiava felicemente. Dire che ne sarebbe uscita distrutta, sarebbe stato l’eufemismo del secolo. In un certo senso, poteva comprenderla.
    Ed io, insieme ad altre centinaia di persone, avrei dovuto essere testimone di quell’atto. Di certo non volevo essere vittima un’altra volta in Sala delle Torture, poche cose avrebbero potuto convincermi ad entrare di nuovo in quel posto. Poggiai i gomiti sulle ginocchia e misi le mani nei capelli, sentendo le ciocche aggrovigliate fare resistenza alle dita da pianista che vi si infiltravano in mezzo.

    L’esecuzione era prevista al tramonto, ma gran parte degli studenti avevano già lasciato Hogwarts, quasi sollevati dal fatto di non aver dovuto sostenere lezioni quel giorno. Come in uno di quei giorni in cui la neve cadeva così fitta, che le scuole venivano chiuse. A me non era mai successo, i maghi potevano liberarsi in fretta di quell’impiccio, ma nei film i ragazzi festeggiavano sempre simili eventi proprio perché non avrebbero dovuto andare a scuola. Avevo pranzato quasi in solitudine, piluccando qua e là l’arrosto e lanciando occhiate preoccupate al grande tavolo al centro della Sala, cui solamente una manciata di insegnanti stava presenziando. Mi domandai pigramente chi si sarebbe occupato dell’esecuzione , dell’atto pratico che implicava, dato che la Preside era assente da diversi giorni.
    La giornata fuori era soleggiata, ignara di ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore. Il sole era caldo, ma non mi sarei mai permessa di andare ad un esecuzione con un vestito leggero o con un paio di pantaloncini corti. Aprii il baule ed indossai i pochi indumenti ancora non contaminati dal pelo di Aiden: una camicia a righe blu e bianche di qualche taglia più grande della mia, un paio di jeans stretti che mi fasciavano elegantemente le lunghe gambe. Lasciai i capelli sciolti sulle spalle, ed indossai un paio di comode ballerine rimaste schiacciate sotto il resto dei vestiti in fondo alla valigia. Guardandomi allo specchio, osservai compiaciuta che nonostante mi fossi vestita a casaccio, facevo comunque bella figura. Il solo fatto che avessi ritenuto necessario constatarlo, non era affatto confortante, specialmente per quello che mi accingevo ad andare ad assistere. Sapevo benissimo qual era la parte che si preoccupava di non sembrare una sciattona: era decisamente una delle parti che avrei seppellito una volta che avessi deciso quale Maeve essere. Alzai gli occhi al cielo e mi affrettai ad uscire dal castello, senza voltarmi a guardare se per caso Lilian mi stesse seguendo. Quella ragazza aveva dei ritmi strani, e ne ero perfettamente consapevole: aveva bisogno dei suoi tempi, e di certo non sarei stata io a metterle fretta.
    Mi accontentai di andare ad Hogsmeade in una carrozza trainata da Thestral, poco convinta com’ero della mia capacità di smaterializzarmi. Sapevo cos’erano i Thestral, eppure non ne avevo mai visto uno.. fino a quel giorno. Quando incontrai le orbite vuote della creatura, e vidi le sue ali ed i suoi arti ossuti, trattenni un grido di terrore. Perché potevo vederli? Non ero mai riuscita a vedere nulla, per me erano sempre stati invisibili: non avevo mai visto nessuno morire sotto i miei occhi. Adesso invece erano chiaramente visibili. Avrei dovuto pormi le opportune domande, ma preferii rilegare il problema assieme agli altri nel recesso più lontano della mia mente.
    Arrivata ad Hogsmeade la trovai più affollata del solito, ma anche terribilmente silenziosa. Aleggiava nell’aria una tensione tale che si poteva tagliare con il coltello, tanto che era quasi difficile respirare. Poche persone incrociarono il mio sguardo, mentre mi dirigevo da Madama Piediburro a prendermi un caffè. Le chiavi le avevo, perciò aprii il negozio e me lo preparai da sola; notai con dispiacere che le tazze bianche di carta erano finite, mentre campeggiava in bella vista una pila di colorati bicchieri rosa. Rabbrividii, ma vi versai comunque dentro la bevanda degli dei. Quando uscii, la situazione non era cambiata affatto: tutti camminavano a testa bassa, incuranti delle persone che camminava loro affianco. Mi lasciai cadere distrattamente su di una panchina, mentre sorseggiavo il caffè dalla mia imbarazzante tazza rosa.
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    « Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato. »
    Un timido spiraglio di luce superò l'esile e non efficente stoffa che fungeva da tenda -inesistente-, in una finestra di ridotte e strane dimensioni -che solo a Diagon Alley potevan trovarsi-, ed andò a sfiorare l'addormentata figura posta sopra quello che doveva essere un letto ma che, tuttavia, aveva sembianze alquanto... discutibili. L'alto individuo, coperto da uno sciapito lenzuolo scuro, si mosse appena, infastidito dalla luce che disturbava i suoi occhi chiusi. Era solo la seconda notte che passava in quella specie di monolocale che aveva scelto come momentanea abituazione, prima di trovare la voglia -o la forza- per ritornare a "Casa Wright", dove ovviamente l'avrebbero accolto a braccia aperte, specialmente dopo essere scomparso per ben otto anni senza far sapere nulla di se. Suo padre, Guy Wright, grazie all'inumerevole rete di "informatori" era sicuramente venuto a conoscenza del suo ritorno, quindi era solo questione di tempo prima che i due si affrontassero... di nuovo.
    Dicevamo... erano solo due le notti che dormiva in quella stanza eppure non aveva mai riposato così male durante gli otto anni passati qua e là in giro per il mondo, nei quali spesso e volentieri si era accontentato di rifugi inventati -sebbene non ci fossero da fare paragoni poichè certo che la maggior parte di quelle notti si era addormentato più per sfinimento che per sonnolenza-. Con alcuni di quei ricordi ancora vivi nella sua mente aprì le palpebre, seppure a fatica, e girò il capo dalla parte opposta della stanza, dando così la nuca alla luce. Si prese il tempo necessario per abituare gli occhi al chiarore dell'alba, ancor esiguo ma comunque fastidioso. *Un'altra dormita del cavolo*, pensò stizzito mettendosi seduto sul duro materasso. Si passò le grandi mani sul viso, tirando prima verso l'alto le folte sopracciglia per poi scivolare in basso sugli zigomi e compiere la medesima azione al contrario, il tutto sbadigliando rumorosamente. Infine si siede due 'pacche' sulle guance e terminò quello che considerava una specie di rituale mattutino. Alzatosi si stiracchiò, facendo scrocchiare le articolazioni delle spalle, e poi si diresse verso una piccola stanzetta, situata alla sua destra. Lì era collocato il bagno, anche se definirlo tale era davvero un eufemismo, poichè contenva solo lo stretto necessario e per di più tutto ammucchiato alla meglio in maniera disordinata. Si spogliò delle poche vesti che aveva e fece una doccia rigenerante.
    Dopo alcuni minuti era già nelle strade di Diagon Alley, vestito e pulito, uno dei pochi individui presenti a quell'ora e che di certo attirava l'attenzione con quel suo abbigliamento tutt altro che "Magico", visto che indossava un paio di jeans scuri e un magliatta grigia con sopra la classica giacca di pelle, ovviamente nera. Il volto, caratterizzato dalla solita barba incolta, presentava ancora la stanchezza dovuta alla brutta dormita, solo gli occhi verdi erano già svegli ed attenti ad ogni dettaglio -utile o inutile che fosse-, una particolarità che aveva sviluppato con il passare degli anni. Proprio grazie a questa entrò a conoscenza di cosa sarebbe accaduto al tramonto ad Hogsmeade, infatti sulla vetrina di un noto negozio di Diagon Alley vi era affisso il seguente annuncio:

    "E' stato scoperto dalla Preside un traditore: Alexander Italie, docente di Pozioni alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tutti gli studenti sono invitati a presenziare alla sua esecuzione pubblica, che avrà luogo al tramonto nella piazza principale di Hogsmeade. Chiunque non presenzierà, lo farà a proprio rischio e pericolo. Le assenze verranno notate."


    Con l'espressione immutata rilesse l'annuncio per paura di aver travisato il messaggio, ma non si era affatto sbagliato. Vide altri tre individui avvicinarsi e leggere lo stesso annuncio per poi sghignazzare e darsi delle gomitate complici "Questo è quello che si meritano quelli della Resistenza", disse uno di loro, rimarcando con apposita ironia la parola "Resistenza". Con un sorriso tanto enigmatico quanto fasullo, per non destare troppi sospetti, si allontanò dal terzetto. Allore le strane quanto contorte voci su una "Resistenza" che aveva sentito all'estero non erano infondate. C'era davvero aria di cambiamenti lì. Con fare assorto tirò fuori la bacchetta dalla manica e si smateriallizzò. Voleva assistere di persona a questo spettacolo.

    Un sonoro *Crack* risuonò qualche secondo più tardi nei pressi di Hogsmeade e per qualche attimo Max tornò il ragazzino di otto anni prima, quando ancora non sapeva con certezza cosa fare nella sua vita dopo aver conseguito i M.A.G.O., quando si divertiva ad andare dietro ogni ragazza carina del settimo e sesto anno ed era uno degli studenti più invidiati di tutta Hogwarts. Si concesse qualche altro istante in onore dei bei tempi andati, con gli occhi chiusi, per poi riaprirli di lentamente ed avviarsi verso il centro della cittadina. Mancava ancora molto al tramonto ma Hogsmeade pullulava già di Maghi e Streghe di ogni tipo ed età, suddivisi più o meno in due categorie: chi eccitato per l'imminente esecuzioni e chi, invece, intomorito dall'assistere alla morte di un uomo, un professore, un amico, un fratello, un fidanzato o anche un semplice sconosciuto...
    Sedette su una panchina che trovò libera ed inziò ad osservare le diverse reazioni nelle persone che gli passavano davanti finchè non fu distratto da una ragazza, probabilmente all'ultimo anno di Hogwarts, che prese posto distrattamente accanto a lui. Non si era accorta di lui, lo si capiva da com'era presa dal caffè -l'aroma era inconfondibile- che beveva in un'evidentissima tazza rosa. Lei sembrava far parte della seconda categoria, intimorita da quel che sarebbe accaduto, o forse era solo un'errata impressione di Max. Così, più che per gentilezza che per tatto, commentò con scarsa ironia « Carina la tazza. » per poi esibirsi in un sorriso di circostanza. Non era proprio caso di fare lo spavaldo in quel momento.
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    Edited by Maximilian. - 6/9/2013, 21:37
     
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  3. Alida A. Firefly
         
     
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    NEUTRALE• 27• EX SERPEVERDE
    ALIDA A. FIREFLY


    Quella mattina il timido sole filtrava dalle tende della sua stanza, si guardava intorno, quasi spaesata, lo stomaco attanagliato da una feroce e pressante sensazione, presagio di pessime notizie, il cuore le batteva nel petto a fatica, si sentiva soffocare.
    Alex...dove sei amore mio?
    Pensava mentre i suoi piedi, uno dopo l'altro, toccavano terra, un respiro faticoso uscì dalle sue labbra rosso sangue, gli occhi persi nel vuoto e poi si trovò in piedi, davanti all'armadio, con la bacchetta in mano, tirò fuori una camicia bianca, una gonna a vita alta nera, i lunghi capelli biondi erano scomparsi da un paio di giorni ormai, ora c'era una folta chioma mossa e scura che sottolineava i suoi occhi color verde acqua.

    Si avviò verso il bagno della sua camera, si lavò e tornò nuda, nella sua perfezione quasi eterea, prese dal cassetto dell'armadio dell'intimo in pizzo nero, delle scarpe nere con il tacco alto e poi iniziò a infilarsi gli slip, il reggiseno, poi la camicia, allacciata fino a coprire appena il reggiseno e le rotondità della sua femminilità sviluppata, in seguito si infilò la gonna a vita alta, poi toccò alle scarpe, i capelli erano sciolti, folti e mossi sulla sua testa, matita per occhi alla mano e tracciò la linea interna dell'occhio a memoria quasi, una goccia di profumo al tè verde ed era pronta.

    Scese passo dopo passo verso la sala grande con lo stomaco ancora stretto, non ne comprendeva il motivo, salutò con un flebile sorriso alcuni studenti che la guardavano quasi con occhi compassionevoli, perché? Presa dall'agitazione scese di corsa le scale, raggiungendo la Grande Sala, notando un biglietto attaccato alla porta.

    “E' stato scoperto dalla Preside un traditore: Alexander Italie, docente di Pozioni alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tutti gli studenti sono invitati a presenziare alla sua esecuzione pubblica, che avrà luogo al tramonto nella piazza principale di Hogsmeade. Chiunque non presenzierà, lo farà a proprio rischio e pericolo. Le assenze verranno notate."

    Sgranò gli occhi, Alexander Italie, la sua vista si fermò a quel nome, già, il nome del suo futuro marito, il nome del suo unico amore, il nome di un uomo che aveva amato da subito, senza rendersene conto si portò una mano alla bocca, non riusciva a respirare e si sentiva mancare, si appoggiò con una mano a una colonna poco distante, guardò in alto, le grandi volte della scuola, scosse al testa ripetutamente, si ripeteva che era un incubo, che si sarebbe svegliata, ma non era così, aveva letto davvero quelle cose, aveva letto davvero che Alex sarebbe morto di fronte ai suoi occhi, non poteva mettere in pericolo l'ordine di cui faceva parte, non poteva e non voleva.
    Salì nuovamente in camera sua, prese la sua grande borsa di pelle e una giacchetta, fuori non era caldissimo e nel panico si avviò fuori dalla scuola, seguendo i "greggi" di studenti che increduli quanto lei si avviavano verso Hogsmeade.

    Arrivata la, caminò fino ad un piccolo locale che vendeva del caffè e ne prese una tazza, poi corse fuori, l'aria poteva tagliersi con il coltello, la tensione la nauseava, si sentiva male, davvero male, distrattamente si accasciò su di una panchina e si accese una sigaretta, poi guardò nella sua borsa, delle foto che lei ed alex avevano fatto tempo prima, sorridevano, si baciavano ed erano felici, i tempi in cui tutto ciò accadeva erano un lontano ricordo e ormai non potevano che essere altro. Si guardò intorno rimettendo nella borsa quei ricordi, scosse la testa e una lacrima le rigò il viso, poi si accorse di una presenza al suo fianco, un profumo familiare, voltò il volto e sussurrò
    Maeve, non pensavo di trovarti qui...
    ma che diavolo stava dicendo? Chi voleva prendere in giro? Certo che se l'aspettava, chiunque non fosse stato presente in quella giornata sarebbe stato perseguitato e forse ucciso.

    Gli occhi erano lucidi, il cuore batteva appena nel suo petto, la rabbia, la tristezza e la disperazione cercavano di prendere il sopravvento sul pauroso autocontrollo della Firefly, cercava di trattenersi, doveva farlo, solo quando si schiarì le idee notò la presenza di un ragazzo accanto a Maeve e sussurrò
    Ciao anche a te...
    Non disse altro, non riusciva a dire altro, non ora.

    -jaime©





    Edited by Alida A. Lennox - 28/8/2013, 20:45
     
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    «La morale è ciò che resta della paura quando la si è dimenticata.»
    Mi chiesi quando mai avessi comprato delle tazze rosa. Forse le avevo ritenute appropriate al locale, o forse erano in offerta; anzi, più probabilmente ero sotto l’effetto di qualche droga psichedelica, e mi erano sembrate favolose. Sospirai roteando il bicchiere fra le mani, pensando a quanto poco fosse adatto da parte mia rivolgere i pensieri ad un bicchiere anziché alla tragedia imminente. Forse non era una tragedia personale, non eravamo mai stati in stretti rapporti io ed il professore, ma era pur sempre un brav’uomo; chiaramente, era così che andava il mondo. uccidere o essere ucciso. Potevo capire il punto di vista della preside –capirlo, non condividerlo- ciò non significava che smaniassi di vedere l’omicidio di un uomo, che per di più conoscevo. Avevo scoperto da poco che nel mondo la giustizia era un’altra cosa, non ero nemmeno più sicura di quale punto di vista condividere. Strinsi il bicchiere così forte che questi si accartocciò leggermente, motivo per cui allentai la presa.
    “Carina la tazza.”
    Santo Merlino proteggimi tu, e tutti gli amici con cui bevi il tuo Idromele.

    Sussultai, sentendo una voce molto più vicino di quanto non mi aspettassi. Dal bicchiere colò qualche goccia di caffè, e mi bruciò la mano. “Merlino” bisbigliai sotto voce, voltandomi con le sopracciglia corrugate verso colui che mi aveva colto impreparata. Quello che incontrai mi stupii non poco. Un giovane uomo era seduto tranquillamente sulla mia stessa panchina; mi domandai da dove diamine fosse spuntato, dato che ero piuttosto sicura che fino a qualche attimo prima non ci fosse. Mi rivolse un sorriso che parse di scherno, mentre gli occhi verdi saettavano dalla tazza al mio viso. Gran bel ragazzo, fra l’altro, con quella leggera barba scura che faceva risaltare i grandi occhi chiari. Se fosse bastata semplicemente la bellezza fisica a stupirmi, però, non sarei stata la Maeve Winston che tutti conoscevano. Il discorso giustamente non valeva per altri ambiti.. o persone. Ma quello succedeva a prescindere di quanto volessi o meno, come una forza sconosciuta che mi spingesse a pensare e parlare in modo differente.
    Risposi con un sorriso ingenuo, come se non mi fossi accorta di quanto la mia tazza fosse imbarazzante. “Oh, lieta che sia di tuo gusto. Se vuoi posso prenderne una anche a te, penso che sarebbe perfetta con la tua carnagione” inclinai leggermente il capo verso destra, facendo scivolare tutti i capelli da una parte. civettando un poco, lo ammetto, ma era nella mia indole: non potevo fare altrimenti. Comportarmi in altro modo non avrebbe fatto altro che mettermi in imbarazzo.
    Probabilmente lo scambio di frecciatine sarebbe continuato, se sulla panchina non si fosse seduta una terza persona. Questa persona sembrava debole e sconvolta, camminava eretta ma come se non fosse sicura della solidità del pavimento sotto i suoi piedi; si sedette sulla panchina quasi fosse un’ancora di salvezza. Studiai il suo profilo mentre si accendeva una sigaretta, e frugava nella borsa alla ricerca di solo Merlino sapeva cosa. Subito non la riconobbi, non sembra ma la chioma di una persona fa molto della sua identità; i lunghi capelli mossi incorniciavano un volto bellissimo, e dai due granchi occhi verdi, rimasti sempre immutati, sgorgarono due lacrime di cristallo.
    La professoressa Firefly, fidanzata del professor Italie, si era appena seduta accanto a me. Ed io non sapevo cosa fare.
    “Maeve, non pensavo di trovarti qui...”
    Sussultai quando i suoi occhi incrociarono i miei. Volsi un’occhiata veloce al ragazzo alla mia sinistra, sperando, non so come, di cogliere un barlume di comprensione, o un aiuto inaspettato. Non ero mai stata brava a confortare le persone, colpa della mia notevole incapacità di tenere a freno la lingua. Dicevo la verità anche quando era spiacevole, ma solamente se non riguardava la mia persona. In quel caso, mentivo fino allo sfinimento.
    “Professoressa Firefly, io..” m’interruppi cercando le parole adatte. Purtroppo non ero abituata a situazioni simili, motivo per cui dovetti ripiegare sulla sincerità, sperando che in qualche modo potesse essere utile. Non potevo nemmeno cercare di comprendere il suo dolore, figurarsi alleviarlo. “Io non avevo scelta: o la sala delle torture, o questo” indicai la piazza con un cenno della mano. “Il professor Italie era un brav’uomo. Mi dispiace che sia toccato a lui” Non avrei versato nemmeno una lacrima, ma il dispiacere nella mia voce era palese. Non era pratica ad esternare i miei sentimenti, preferivo tenerli tutti dentro fintanto che questi non esplodevano fuori di loro volontà. Mi ricordai del ragazzo che apprezzava le tazze rosa, quindi mi ritrassi leggermente in modo che non dovessero parlare sopra di me per poter conversare. “Professoressa, lui è..” gli feci un cenno in modo che continuasse la frase, dato che non conoscevo ancora il suo nome. Probabilmente lo stavo trascinando dentro qualcosa che non lo interessava a affatto, ma di certo non sarei rimasta da sola con il lutto di una donna cui unica colpa era quella di aver amato troppo.
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    Maximilian J. Wright
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    « Per cancellare una vita ci vuole un attimo, per cancellare un attimo ci vuole una vita. »
    Aveva smesso di osservare i passanti nell'esatto momento in cui il capo s'era girato in direzione della ragazza bionda che ora sedeva accanto a lui. Durante la prima occhiata che le aveva rivolto era arrivato alla rapida conclusione che la ragazza frequentasse l'ultimo anno ad Hogwarts, e quando si soffermò ad osservarla più attentamente realizzò di aver supposto bene. Era piuttosto alta per essere ancora una studentessa ed il suo viso ovale, privo -quasi- di imperfezione alcuna, presentava già una sicurezza tale di chi ha consapevolezza nei propri mezzi, del proprio essere e, non da meno, dell'aspetto che madre natura le ha gentilmente fatto dono. Talenti del genere erano rari da trovare in persone adulte, figurarsi in una giovanissima donna come lei. Questo fu ciò che riuscì a captare nel giro di mezzo secondo -e comunque erano solo supposizioni fatte sul momento che, come tutte, avevano bisogno del tempo necessario per essere confermate o smentite-.
    “Merlino”, « Merlino?! » Ripetè a sua volta, con voce altrettanto bassa. « Hai sicuramente preso un abbaglio, che io sappia Merlino era leggermente più attempato di me... » Il tono fu leggermente sarcastico, così come il classico guizzo ironico che s'intravide appena nei suo occhi e le labbra piegate in un accenno di sorriso. Ognuno era fatto a suo modo e Max, per quanto importante potessero essere le circostanze che l'avevano condotto lì e nonostante si fosse parecchio sforzato per rimanere serio, non riusciva a reprimere del tutto il suo essere. Il sarcasmo era parte integrante della sua persona e prendeva il sopravvento senza che lui potesse farci nulla, alle volte doveva mordersi la lingua pur non di dire qualcosa di inappropriato, e purtroppo anche questo accadeva spesso.
    Avrebbe continuato di quel passo, rispondendo anche negativamente alla "generosa" offerta che gli aveva fatto, se non fosse sopraggiunta una terza persona nelle vicinanze della panchina. Questa, una donna fatta, dall'aria sconvolta -che scoprì, grazie alle seguenti parole della ragazza, essere una professoressa in qualche modo legata all'uomo che al tramonto avrebbe perso la vita- riusciva a malapena a mantenersi in piedi e sembrava attingere forza dalla sigaretta stretta fin troppo forte dalle esili dita.
    Ecco un'altra persona che fa parte della seconda categoria. Fu il primo pensiero, nel vederla, che si fece spazio nella sua mente. Un'altra particolarità, non indifferente, del giovane Wright era quella di riuscire a ritornare razionale e freddo nei momenti che contavano e, per via di un eloquente occhiata delle giovane, quello sembrava proprio essere uno di quei momenti. Non era abituato a confortare gli altri, non aveva mai vissuto quella situazione, ne durante gli anni passati all'avventura (come amava ripetere a se stesso), ne quando si trovava a Londra -quand'ancora aveva l'età della studentessa lì vicino-, al massimo era lui quello da consolare, benchè poche furono le persone che ebbero la fortuna di scorgere un briciolo di quella debolezza di cui tanto si vergognava. Ripensandoci...Chissà che fine avevano fatto quelle persone. Le avrebbe riviste? Erano lì quel pomeriggio? Qualcuno di loro faceva parte della fantomatica resistenza, o continuavano a seguire gli ideali con i quali, in effetti, erano stati cresciuti? A dire il vero doveva iniziare a porre a se stesso le medesime domande. Quanto era rimasto del vecchio Max, adesso ch'era tornato? Quali erano i suoi ideali ora? Mai come allora la risposta a quella domanda gli pesava sullo stomaco, e non solo lì bensì sull'intera coscienza. Doveva capire e decidere da che parte stare e alla fine di quella giornata, ne era sicuro, l'avrebbe sicuramente fatto. Non poteva vivere nel mezzo, non per molto ancora.
    “Professoressa, lui è..”, furono queste parole a riportarlo al presente, ad allontanarlo dalle profonde riflessioni del suo animo. Io sono...Ci pensò un po' prima di rispondere al suo cenno, facendo passare qualche secondo di troppo. Nel frattempo si alzò così da poter guardare entrambe e soprattutto perchè non gli piaceva dover sforzare troppo il collo e guardare all'insù, aveva già la gamba sinistra di cui doversi preoccupare e che, di tanto in tanto, doleva fastidiosamente -come quel giorno-. Era meglio non aggiungere altri inutili dolori. Rimase comunque appoggiato alla panchina con le gambe, facendo però peso sulla destra per non sforzare ulteriormente la sinistra. Infine disse. « Io sono Maximilian Wright. Ma potete chiamarmi Max, se vi risulta più comodo. Sono da poco tornato... Giusto in tempo per godermi lo spettacolo » Disse le ultime parole con un'amarezza appena percettibile e con l'espressione indecifrabile, c'erano troppe persone a portata d'orecchio per poter esprimere un commento sincero.
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    Edited by Maximilian. - 6/9/2013, 21:39
     
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  6. Alida A. Firefly
         
     
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    NEUTRALE• 27• EX SERPEVERDE
    ALIDA A. FIREFLY


    Maeve, osservò la donna, quasi le pareva un fantasma o qualcosa del genre, già, Alida era uno spettro quel giorno, dopotutto chi non lo sarebbe stato? Pallida, esile, senza forze, con lo stomaco chiuso, serrato da quella mano fredda che l'attanagliava dal mattino trascorso nelle mura dellla scuola. Aveva visto Maeve e, con la sigaretta stretta tra le dita, le aveva detto che on si aspettava di trovarla li, ma sapeva benissimo che stava mentendo, stava mentendo a tutti, persino ase stessa, il messaggio era chiaro, chi non si presentava, sarebbe stato..notato e quindi, avrebbe passato un brutto, bruttissimo quarto d'ora.
    “Professoressa Firefly, io..Io non avevo scelta: o la sala delle torture, o questo"
    Le parole di Maeve raggiunsero le sue orecchie come un eco lontanissimo, con disattenzione sorrise appena alle parole della ragazzina e in seguito la guardò con occhi vitrei.
    “Il professor Italie era un brav’uomo. Mi dispiace che sia toccato a lui”
    Quelle ultime parole scatenarono nel suo essere un oceano di emozioni contrastanti che si davano battaglia, d'istinto strinse il pugno e nella sua mente pensò
    Era un brav'uomo...maledetti! Vorrei uccidessero me al suo posto!
    I pensieri di Alida erano questi, tipici di una donna innamorata che tentava di trovare una soluzione all'esecuzione involuta del proprio futuro marito, ma nessuno poteva far niente, lei non poteva fare nulla, Alex non lo avrebbe permesso, no, lui non lo avrebbe mai e poi mai permesso; questo le stringeva lo stomaco, lo accartocciava. Non poteva fare niente se non guardare...
    Lo so bene che non avevi scelta, nessuno aveva scelta...
    Sussurrò
    Quindi non giustificarti...hai ragione, Alex era un brav'uomo...

    Non disse altro, si limitò ad osservare la panchina con sopra lei , Maeve e l'altro uomo che la sua alunna cercò di presentarle.
    “Professoressa, lui è..”
    Il ragazzo sui alzò poggiando un ginocchio sulla panchina e dicendo
    « Io sono Maximilian Wright. Ma potete chiamarmi Max, se vi risulta più comodo. Sono da poco tornato... Giusto in tempo per godermi lo spettacolo »
    Lo osservò, spettacolo, quella parola le dava fastidio, come poteva essereuno spettacolo la morte di un uomo? Sospirò e trasse un lungo fiato dalla sigaretta che aveva in mano, tese l'altra mano e disse
    Il mio nome è Alida Firefly...
    Non aggiunse altre parole, erano inutili ora come ora, tutto era inutile. Osservò il patibolo che stava finendo di essere allestito e osservandolo inclinando la testa di lato disse
    Assurdo quanto inquietante che allestiscano un patibolo in piena piazza per uccidere un uomo e lo facciano con la più minuziosa delle cure, non trovate?
    Non le importava di essere sentita, dopotutto, non stava dicendo nulla di male o di oltraggioso.

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    «La morale è ciò che resta della paura quando la si è dimenticata.»
    Esulai sulla simpatia dirompente del ragazzo affianco a me, per dedicarmi seppur nolente alla donna lacrimante al mio fianco. Non ero mai stata brava a consolare le persone, e di certo non avrei imparato nel giro di pochi minuti. Probabilmente Lil avrebbe saputo cosa dire, se fosse stata lei al mio posto. Diamine, chiunque avrebbe saputo cosa dire. Fosse per me, in momenti simili, mi sarei semplicemente smaterializzata per poi apparire il più lontano possibile da quel luogo. purtroppo mi sarei odiata a morte se l’avessi fatto, quindi mi limitai a rimanere in silenzio sperando nell’ispirazione divina.
    Maximilian, così disse di chiamarsi il tipo della tazza, sembrava insensibile come una pietra a quanto gli accadeva intorno. Ma quando lo vidi alzarsi, provai una fitta di rammarico al pensiero che le tazze rose non fossero abbastanza entusiasmanti da tenerlo ancorato al suo posto; diamine, avevo bisogno di supporto psicologico in una situazione simile. Alzai gli occhi al cielo quando lo sentii accennare all’esecuzione come uno spettacolo, ed avrei voluto tantissimo tirargli una gomitata nelle costole. Io sicuramente non ero miss empatia, ma non mi sembrava il caso di definire spettacolo la morte del promesso sposo della mia insegnante di Arti Oscure proprio di fronte a lei. C’è da dire che lui non lo sapeva: il che poneva in una situazione imbarazzante solamente la sottoscritta. Mi morsi il labbro e chiusi gli occhi, per riaprirli dopo poco quando Alida parlò.
    “Assurdo quanto inquietante che allestiscano un patibolo in piena piazza per uccidere un uomo e lo facciano con la più minuziosa delle cure, non trovate?”
    Ahia, terreno pericoloso. Prima di rispondere a quell’affermazione, non potei trattenermi dal rivolgere un sorriso carico di sarcasmo verso Max. “Perché non sei andato a teatro?” inclinai leggermente il capo, dopodichè mi voltai verso il punto in lontananza che stava guardando anche Alida. Era uno sfoggio di potere davvero di cattivo gusto: il semplice fatto che la Preside potesse fare qualcosa, non lo rendeva degno di essere fatto. Chiaramente, comunque, nessuno aveva chiesto a me il permesso. Anzi, era stata una sorpresa per tutti, probabilmente perfino per Italie. Chissà come avevano fatto a scoprirlo. repressi un brivido nel ricordare la conversazione avuta con Keanu Larrington alla Stamberga: ci eravamo messi entrambi in pericolo, parlandone così liberamente. In primis lui, non conoscendo affatto la sottoscritta; per quanto ne sapeva, avrei potuto essere una spia. Dopotutto chiunque si fida di un viso innocente come il mio. Avremmo potuto esserci noi al posto del professore di Pozioni.
    Mi inumidii le labbra. “Ci tengono all’apparenza. Da una parte è meglio, non sarebbe stato affatto rispettoso fare un esecuzione in mezzo a cartacce di cioccorane , sul duro lastricato di High Street” dissi sovrappensiero. Ovviamente mi pentii di quello che avevo detto pochi attimi dopo averlo fatto, ma come si suol dire, non si piange sul latte versato. “Inoltre, vogliono dare l’esempio. Vogliono dimostrare quanto sia pericoloso stare contro di loro.. cioè, contro di noi. Quanto ci sia da perdere nel pensarla diversamente. Il mondo ormai è ridotto a questo: ubbidire ciecamente, senza porsi domande. Evidentemente il professor Italie inseguiva gli interrogativi sbagliati. Un esecuzione pubblica attira l’attenzione, e dissuade chi invece la pensava come la vittima. Magari potrebbe convincere addirittura qualcuno della Resistenza a farsi avanti e dire il nome dei compagni, se promettono un salvacondotto. Non me ne stupirei affatto. Chissà in quanti son venuti ad assistere, sperando di poter fare qualcosa” la voce si affievolì, mentre il pensiero ricorreva ad un viso che sempre più spesso faceva capolino: Ethienne Leroy. Quel professore era diverso dagli altri.. da chiunque altro. Ma forse era solo la mia immaginazione che galoppava a briglie sciolte.
    Immaginazione ed ormoni.
    Mi stupisco che non vi sia anche lei su quel palco. Senza offesa, professoressa, ma ritengo strano che non abbiano pensato alle persone che vi erano più vicine come possibili traditori” Avevo riflettuto ad alta voce, come troppo spesso ero solita fare. Come se fosse impossibile tenere tutti i pensieri a mente senza impazzire: inoltre, pensare ad alta voce mi permetteva di riascoltare quello che dicevo, e di comprendere quindi più cose di quante ne volessi dire. Collegai immediatamente la frase pronunciata da Alida e quanto avevo detto, chiedendomi se per caso pure lei.. ma no, era impossibile. A parlare era stato il dolore della perdita, nient’altro. L’avrei pensata anche io allo stesso modo.. anzi, la pensavo già allo stesso modo. Ma forse io non ero l’esempio più adatto.
    Mi stavo seriamente cacciando nei guai.
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    « Non faccio niente, perché non c'è niente che valga la pena di essere fatto. »
    Forse avrebbe dovuto rendere l'amarezza nelle sue parole un pelo più evidente, perchè, subito dopo averle proferite, le espressioni delle due furono tutt altro che complici o, almeno, "comprensive". La donna reagì con evidente fastidio, mentre la giovane studentessa sembrava avere un'aria di rimprovero, al che Max, inevitabilmente, inarcò leggermente il sopracciglio sinistro verso l'alto e girò il capo di lato, per un breve secondo, a conclusione, a suo modo, di quel tacito scambio di emozioni. Erano Mangiamorte, seppur con dubbi, gioie o dolori, e da tali dovevano comportarsi, specialmente in circostanze come quelle, ove gli occhi di tutti erano pronti a notare anche il minimo segno d'incertezza, non potevano far trasparire nulla, soprattutto ciò che li affliggeva, e Max, per quanto fosse consapevole della propria forza, non voleva diventare un ricercato o, cosa ancor peggiore, fare la stessa fine del Professor Italie. Del resto nel suo animo si erano insidiati da poco i primi dubbi, non era pronto a rischiare la pelle per un qualcosa a cui ancora non credeva con certezza e che gli faceva sorgere molti quesiti. Non era vigliaccheria, ma intelligenza, ed era vitale che si capisse la differenza tra le due cose. *Essere dotati di un buon intelletto porta, tra le altre cose, anche a pararsi le chiappe*. Una lezione che aveva imparato a caro prezzo, e la cicatrice che aveva scelto di mantenere era uno dei tanti segni -evidenti e non- che si portava dietro.
    Assurdo quanto inquietante che allestiscano un patibolo in piena piazza per uccidere un uomo e lo facciano con la più minuziosa delle cure, non trovate?
    Disse la donna, dopo che Max strinse la mano che gli aveva teso, più per educazione che per reale volontà di farlo, infondo lo sguardo di fastidio che gli aveva lanciato poco prima doveva pur avere delle ripercussioni, no?
    Fortunatamente non ebbe modo di elaborare una risposta sensata alla domanda perchè ci pensò la bionda studentessa a farlo. Le sue parole furono degne della considerazione che Max iniziava ad avere di lei, un rispetto raro, ma meritato, nei confronti di una ragazza più giovane. Erano poche le persone che riuscivano a guadagnarsi il suo rispetto, e solitamente ci voleva davvero tanto affinchè ciò avvenisse, alla studentessa, invece, era bastato poco, infatti non era passata neanche mezz'ora dalla primissima battuta scambiata, interrota dalla Porfessoressa Firefly. Si chiese come sarebbe proseguita la loro conversazione se non fosse intervenuta la donna o se si fosse svolta in un momento diverso, magari più tranquillo. Per quanto avrebbero continuato a stuzzicarsi a vicenda? Non lo sapeva ma, di fatto, lui non la considerava ancora conclusa, anzi. Aveva ancora una risposta da darle, non si era certo dimenticato le ultime parole scherzose che aveva proferito in merito alla sua carnagione, abbinabile al colore della tazzina, e si ripromise di vendicarsi in un secondo momento, se mai si fosse presentata l'occasione.
    “Mi stupisco che non vi sia anche lei su quel palco. Senza offesa, professoressa, ma ritengo strano che non abbiano pensato alle persone che vi erano più vicine come possibili traditori” La perfezione della sua risposta fu macchiata dalle parole che seguirono.
    Era indubbiamente un pensiero espresso a volce alta ma sarebbe potuto costarle parecchio. La conversazione stava per prendere una piega davvero inaspettata ed indesiderata, la studentessa si era ficcata in un bel pasticcio. Effettivamente le sue parole erano state così chiare che non potevano essere tradotte diversamente. Fu a quel punto che Max, sentendosi in dovere di fare qualcosa, decise di parlare. Non voleva che lei subisse l'ira o l'indignazione della donna, anche se la meritava.
    « Sono dell'idea che sono già giunti a delle conclusioni, senza che voi spremiate le meningi più di tanto. Sanno il fatto loro, non prendeteli come sprovveduti, dovreste saperlo meglio di me. » Fece una pausa, guardando lentamente prima l'una e poi l'altra, per essere certo che capissero quanto stava dicendo loro. Ogni parola, o frase, può nascondere qualcosa dietro. Di chi parlava in realtà? Dei Mangiamorte, della fantomatica Resistenza o di entrambe le fazioni? Perchè, per quel che ne sapevano, poteva realmente esserci qualcuno disposto a salvare il proprio compagno.« Quindi basta con questi discorsi discutibili » Era rientrato da un paio di giorni e ritornava già a destreggiarsi con le parole, di certo non sperava di finire così presto nella giostra dell'incertezza, un gioco a cui prendeva parte raramente e sempre malvolentieri. Istintivamente la mano destra del giovane andò alla ricerca della bacchetta, posta sull'avambraccio sinistro, tramite un apposito marchingegno. Era un gesto che evidenziava il suo nervosismo, ma agli occhi delle due poteva apparire come un semplice fastidio al braccio, non potevano sapere che la bianca bacchetta fosse situata lì, pronta ad essere estratta e maneggiata in qualsiasi momento.
    « Detto questo, io tolgo il disturbo, e tu, indicò la giovane studentessa « vieni con me. Ho bisogno di una guida. Ti assicuro che poi ti lascio libera di andare per la tua strada. » Non usò un tono perentorio, tutt altro. Si limitò ad essere fermo nella sua posizione, aspettando che la ragazza si alzasse. E quando ciò avvenne si avviò facendo strada per un primo momento, in realtà allontanandola dall'eventuale ira dell'insegnante. Non che ne avesse bisogno, ma un pretesto per chiudere un argomento spinoso è sempre ben accetto. Così si mescolarono alla folla, lasciando la donna sola alle sue emozioni.

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    Edited by Maximilian. - 6/9/2013, 21:40
     
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  9. Alida A. Firefly
         
     
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    Ci tengono all’apparenza. Da una parte è meglio, non sarebbe stato affatto rispettoso fare un esecuzione in mezzo a cartacce di cioccorane , sul duro lastricato di High Street
    Le parole della ragazzina la lasciarono per un attimo interdetta, la freddezza con cui i ragazzini di Hogwarts stavano crescendo era disarmante a dire poco.
    “Inoltre, vogliono dare l’esempio. Vogliono dimostrare quanto sia pericoloso stare contro di loro.. cioè, contro di noi. Quanto ci sia da perdere nel pensarla diversamente. Il mondo ormai è ridotto a questo: ubbidire ciecamente, senza porsi domande. Evidentemente il professor Italie inseguiva gli interrogativi sbagliati. Un esecuzione pubblica attira l’attenzione, e dissuade chi invece la pensava come la vittima. Magari potrebbe convincere addirittura qualcuno della Resistenza a farsi avanti e dire il nome dei compagni, se promettono un salvacondotto. Non me ne stupirei affatto. Chissà in quanti son venuti ad assistere, sperando di poter fare qualcosa. Mi stupisco che non vi sia anche lei su quel palco. Senza offesa, professoressa, ma ritengo strano che non abbiano pensato alle persone che vi erano più vicine come possibili traditori”
    Osservò la bionda parlare, si sentiva il cuore battere a tremila e lo stomaco stringersi man mano che le parole scorrevano dalla bocca della ragazza alle sue orecchie. Maximilian cercò di placare le parole che adavano macchinando nella mente della professoressa dicendo.
    « Sono dell'idea che sono già giunti a delle conclusioni, senza che voi spremiate le meningi più di tanto. Sanno il fatto loro, non prendeteli come sprovveduti, dovreste saperlo meglio di me. Quindi basta con questi discorsi discutibili Detto questo, io tolgo il disturbo, e tu. vieni con me. Ho bisogno di una guida. Ti assicuro che poi ti lascio libera di andare per la tua strada.»
    Alida osservò con attenzione i due, conscia del fatto di avere fatto irruzione in una calma che essi desideravano e che lei aveva prontamente distrutto.

    Sospirò e poi parlò, prima che i due se ne andassero.
    Quanto hai detto poco fa Maeve è la sacrosanta verità, ma temo che il tuo stupore non possa trovare rispèosta alcuna, in quanto, non so dirti per quale motivo io cammini ancora tra la folla e non sia accanto ad Alex, alla gogna, pronta a perire sotto le torture infami di chi lo ha catturato.
    Prese fiato
    Ti piaccia o no, ragazzina, dovrai sopportare la mia vista ancora per molto tempo temo.
    Le use parole suonarono dure, forse troppo, il ragazzo che era con loro aveva parlato e aveva portato via con sè Maeve, lasciando la donna sola nel suo dolore.

    Non rivolse un solo cenno di saluto ai due che si dileguarono, si alzò e con fermezza e sicurezza nei passi, si avviò verso la folla, il suo posto era tra le prime file, già, doveva guardare più da vicino degli altri la morte del suo unico raggio di sole.

    -jaime©



     
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