gioventù bruciata.

rosier e lawrence, -EP

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    andrew stiles stilinski
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    « I cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano.»
    Stiles non era particolarmente preoccupato per l’esame che si sarebbe tenuto quel giorno. Da sempre aveva adottato la tecnica del se lo so, bene, altrimenti sopravvivo . Anche se, forse, il sopravvivere era decisamente più relativo di quanto potesse immaginare. Si era alzato di buon ora, il castello ancora addormentato, perciò decise di ripassare ancora qualcosina. In realtà sapeva benissimo che non avrebbe fatto nulla del genere, ma illudersi di fare qualcosa l’avrebbe fatto sentire meno in colpa. Con passi felpati, salì le scale che dalla sala comune l’avrebbero portato nei sotterranei del castello. Accadeva raramente che si svegliasse prima degli altri, e di certo non voleva perdere quella parvenza di pace e solitudine. Era in momenti come quello che poteva fingere che tutto andasse per il verso giusto, che le persone lo apprezzassero per le sue doti magiche nonostante avesse scoperto solamente cinque anni prima dell’esistenza della magia. Poteva fingere che nessuno lo guardasse con lo sdegno che lui avrebbe riservato solamente a coloro che passavano ore accampati di fronte ai negozi ad attendere l’uscita di un nuovo cellulare, poteva fingere che a volte qualcuno gli riservasse perfino dei sorrisi amichevoli. Non l’avrebbe ammesso con nessuno, non sarebbe stato nella sua indole, ma a volte era talmente stanco che avrebbe preferito di gran lunga essere invisibile. Ed invece no: sembrava quasi che, al contrario, avesse un faro puntato addosso, o forse una targhetta al neon attaccata alla schiena su cui era scritto “colpisci qui”. Aveva sempre sentito parlare di bullismo, e giustamente ne era stato vittima, ma mai come ad Hogwarts aveva desiderato essere lasciato in pace. Una parte di colpa però ce l’aveva anche lui, il quale non riusciva mai a frenare la lingua nei momenti meno opportuni. Anzi, sembrava che gli si sciogliesse, come non vi fosse più un domani.
    I pochi ragazzi presenti non gli prestava attenzione, bisbigliavano fra loro in piccoli gruppi appartati. Alcuni avevano le lacrime agli occhi, ma Stiles non avrebbe mai immaginato che l’avviso in bacheca potesse riguardare tutti loro e non il solito set di gobbiglie in offerta. Non ci aveva nemmeno fatto caso, come al solito vi era passato di fianco senza nemmeno degnarlo di un’occhiata. La Sala Grande era deserta, benchè i tavoli fossero apparecchiati di tutto punto. Fece spallucce e si sedette al tavolo della sua casata, addentando distrattamente una crostata al mirtillo, bagnando il tutto con quell’odiato succo di zucca. con una smorfia, si asciugò il labbro con la manica della divisa e tirò fuori gli appunti di Storia che avrebbe dovuto ripassare. Il professor Callaway era uno dei suoi preferiti, nonostante sul podio vi fosse solamente il professor Sales. (Insomma, quell’uomo era fantastico, ed era il sogno di Stilinski diventare come lui.) La brutta cosa del docente di Storia era sicuramente il suo carattere: se fosse andato male l’esame al Tassorosso, nessuno gli avrebbe impedito di spedire Stiles nella sala delle torture, e probabilmente il professore stesso si sarebbe sporcato le mani in prima persona. Non aveva mai avuto Callaway come aguzzino, ma giravano voci che facevano venire i brividi.
    Si diresse verso il Lago Nero, approfittando di quei pallidi raggi di sole di inizio Settembre, crogiolandosi in quel poco calore che ancora veleggiava nell’aria. Aguzzò la vista cercando con lo sguardo l’albero sotto il quale lui e Lawrence si appollaiavano sempre, sia per studiare che semplicemente per parlare. Un luogo poco frequentato, ottimo per chi come Stiles sembrava attirare i guai quasi fosse una calamita. Non c’era nessuno, da quel che poteva notare: ma, effettivamente, non c’era proprio nessuno in giro. La cosa si faceva stranamente inquietante: c’era forse un allarme bomba, o qualcosa di cui non l’avevano avvisato? Di certo non si sarebbero sprecati a renderlo partecipe se così fosse stato. Oh beh, pazienza. Tanto prima o poi sarebbe morto comunque, la bomba sarebbe stata più clemente di molte altre cose.
    Andrew si sedette sull’erba umidiccia, bagnandosi la divisa; provò a rileggere qualche riga dei suoi appunti, giusto per essere sicuro delle ultime cose, ma a causa del suo deficit di attenzione continuava a distrarsi: ascoltando il rumore leggero del lago e quello delle foglie, assaporando la fine dell’estate.. maledicendo il sasso che l’aveva appena colpito sulla mano. La ritrasse in fretta e si guardò attorno. Con stupore, a pochi passi da lui, potè vedere un ragazzino del primo anno: lo conosceva di fama, poiché poteva fare quello che voleva senza che nessuno gli dicesse alcunchè. Era un Blackthorne, e questo bastava a chiunque per evitargli una ramanzina. Spostò con molta diplomazia la sua attenzione a qualcosa di più piacevole, come le nuvole che si rincorrevano nel cielo quasi completamente limpido. Ma un altro sasso lo raggiunse. Stiles era un mezzosangue, il che significava che era nel torto sempre e comunque; quello, invece, era un purosangue di razza, per così dire. Sospirò seccato, senza però lasciare la sua postazione. Di certo non sarebbe stato il primo bambinetto che gli fosse capitato a tiro, a smuoverlo da quel luogo: Blackthorne o non Blackthorne. Quando la pietra lo raggiunse sullo zigomo, e lo graffiò –ma ce l’avevano tutti con quella parte? Eppure era grande Stiles!- perfino il Tassorosso perse le staffe.
    Non si alzò, perché avrebbe potuto attirare sguardi indesiderati. Gli rivolse il sorriso più sarcastico che aveva. “Tu, piccolo essere inutile, nemmeno se Batman ti vedesse in mezzo alla strada in procinto di essere stuprato da un procione e investito da un camion contemporaneamente, ti salverebbe. Anzi, ancora peggio: nemmeno Superman, e lui salverebbe chiunque. E sai perché?” assottigliò le palpebre. “Perché sei piccolo quanto il ragno che ha morso Spiderman, ma non altrettanto sveglio. Ti schifano perfino le puffole. E quando Freccia Verde ti verrà a cercare, nemmeno il fatto che tu sia il purosangue più puro del mondo potrà salvarti da una freccia in mezzo alle chiappe. Adesso, ti inviterei caldamente a muovere quei tuoi piccoli piedi da porcellino d’india verso il castello, e di rimanerci. Grazie” il sorriso si ampliò, dato che nessuno aveva prestato attenzione alla conversazione. Non gli aveva fatto nulla di fisico, per cui anche se il bimbetto fosse andato a lamentarsi con qualcuno, non avrebbe avuto prove sufficienti. Ed i professori avevano ben altro a cui pensare.
    Sperava.
    Prima di correre verso il castello, lanciò un ultima pietra che lo coprì proprio sui denti, e gli spaccò il labbro a metà. Stiles odiava il sapore del sangue, ma ormai ci si stava abituando. Sputò affianco a sé e si asciugò il sangue, sempre con la manica della divisa.
    Perfino gli undicenni lo tiranneggiavano, la questione cominciava a diventare imbarazzante.
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  2. lawrence.
         
     
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    Mangiamorte • 16 • Gryffindor
    Lilith Lawrence
    CyJDY
    «L'eccezione che conferma la regola.»
    Abigail era una ragazzina del primo anno talmente piccola da passare quasi sempre inosservata, anche agli occhi dei suoi compagni di casata ma, per un qualche stranissimo motivo, ero diventata il suo mito e, seppur da un lato questa cosa gonfiasse il mio ego più di quanto ce ne fosse effettivamente bisogno, dall'altro era come se mi fossi accollata una sorellina minore da proteggere e io di certo non ero la persona adatta a proteggere qualcuno. Così, quando la sentì saltare sul mio letto ed abbracciarmi forte come era solita fare quando aveva gli incubi mi spaventai subito: Era stata messa in punizione, e io non potevo fare niente per salvarla dalla stanza delle torture, poichè mi ero già offerta troppe volte di andare al suo posto.
    Mi rigirai fra le lenzuola, di modo che il suo bel visino fosse a pochi centimetri dal mio e le intimai di raccontarmi cosa era successo e Abigail parlò per quella che mi parve un eternità della condanna a morte del professor Italie, anche se io ad un certo punto smisi di ascoltare.
    Non era la prima volta che sentivo parlare di condanne a morte, figurarsi, solo che stranamente era la prima nella quale ero, più o meno, coinvolta emotivamente e alla quale ero costretta a partecipare, e questa cosa mi metteva un po' in ansia. Non ero brava a gestire questo genere di cose, non ero brava a nascondere la pena che provavo per coloro che venivano torturati, nonostante sapessi benissimo che era giusto torturare, perchè altrimenti vi sarebbe stata anarchia.
    Accarezzai i capelli della bambina fino a quando non si addormentò poi scesi dal letto ed insoddai una tuta. Avevo assoluto bisogno di andare fuori a prendere una boccata d'aria ed era talmente presto che nessuno avrebbe protestato per il fatto che fossi senza divisa.
    Scesi in fretta dalla torre, oltrepassai la sala grande senza degnare nessuno di un occhiata e uscii fuori dal castello, lasciando che l'aria fredda del mattino mi inebriasse e mi permettesse di pensare con più calma.
    Non sapevo esattamente cosa provavo a riguardo di questa esecuzione, se era più l'orrore per il fatto che tutti gli studenti fossero costretti a parteciparvi oppure l'indifferenza dettata dal fatto che era stato irresponsabile Italie ad unirsi alla resistenza, ed andare quindi a cercarsi la condanna come un cane che scava la fossa per cercare l'osso.
    Arrivata a pochi metri dall'albero sotto il quale io e Stiles eravamo soliti sederci, che si trovava sulle rive del lago, notai che un bambinetto aveva appena dato fastidio al mio migliore amico e, quando con una ramazina degna di un babbano Stiles lo convinse ad andarsene, con la convinzione di aver appena avuto a che fare con un matto, lo fermai e gli dissi che l'avrei aspettato l'indomani in sala delle torture. Poi, scrollando le spalle, mi diressi verso il mio amico e mi lasciai cadere al suo fianco.
    «Epismendo» Dissi, puntando la bacchetta contro la sua guancia, dove uno dei sassi tirato dal bambinetto l'aveva colpito. «Come mai non l'hai messo in punizione in qualità di prefetto?» Domandai, «Se non impari a farti valere anche con i fatti, oltre che con le parole, non riuscirai a guadagnare il rispetto che meriti»
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  3. *Tristan*
         
     
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    Tristan Rosier
    Infermiere • 25
    «So wake me up when it's all over....»


    Tutto era caos. Nulla lo fermava. Nessun’abbraccio poteva contenerlo, nessun pensiero o incantesimo poteva scacciarlo. Già, perché il caos è così…incontenibile, irrefrenabile, inafferrabile.
    Tutto era andato distrutto. L’anima di Tristan. La sua vita, la vita di altri.

    -“Fermo là, feccia! Ti porterò ad Azkaban!”
    -“E dai Perce, sono stanco di fare sempre io il cattivo che perde!”

    Due bambini giocavano in un prato. Si rincorrevano, puntandosi contro dei ramoscelli. Il più grande sembrava comandare il gioco. Era magro, più alto del secondo. I suoi capelli erano più scuri, ma gli occhi erano gli stessi. Si somigliavano poco, ma il loro attaccamento rivelava chi erano.
    Fratelli.
    Si distesero sul prato, al sole.

    -“E’ che non abbiamo nessun altro che faccia il cattivo!...Ma quando saremo grandi combatteremo fianco a fianco contro i cattivi veri!”
    Il più piccolo lo guardò.
    “Quindi noi siamo i buoni? Anche papà e mamma? “
    L’altro tacque.

    . . . . .

    I ricordi apparivano e si dissolvevano davanti ai suoi occhi. Sognava ad occhi aperti.
    Era come se il vaso di Pandora fosse stato aperto. I ricordi riaffioravano prepotenti dopo quella notte a villa Rosier.
    Una vita dimenticata. Quanto tempo ci sarebbe voluto per ricordare una vita?
    Tristan si aggirava come una specie di zombie per l’infermeria, controllando di tanto in tanto che il suo unico paziente non avesse la febbre. Un ragazzo del terzo anno, con un’ intossicazione.
    Ma la sua attenzione fu catturata da alcune voci. Era soltanto l’alba…che c’era tanto da sbraitare?
    Se ne uscì fuori dalla porta. Ma prima che potesse minacciare rumorosi studenti con la cruciatus, il suo sguardo fu catturato da qualcosa: un avviso.
    "E' stato scoperto dalla Preside un traditore: Alexander Italie, docente di Pozioni alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Tutti gli studenti sono invitati a presenziare alla sua esecuzione pubblica, che avrà luogo al tramonto nella piazza principale di Hogsmeade. Chiunque non presenzierà, lo farà a proprio rischio e pericolo. Le assenze verranno notate."
    Gelo totale.
    Alexander Italie. Condannato a morte.
    Conosceva quell’uomo solo di fama. Ma conosceva Ilary…doveva trovarla.
    Probabilmente aveva reagito d’impulso. Forse era andata a cercarlo, o a reclamare. Per quanto non si parlassero, sicuramente non avrebbe abbandonato così suo fratello.
    Gettò un ultimo sguardo al ragazzino in infermeria, si tolse il camice e corse via.
    Cercò di pensare come avrebbe potuto ragionare Ilary. Ma la conosceva ancora troppo poco per sapere dove si sarebbe rifugiata in situazioni del genere. Il primo luogo che gli venne in mente fu il lago nero. Non sapeva perché. Forse perché l’aveva sempre visto come un luogo in cui rifugiarsi dal resto del mondo.
    Di diresse lì.
    Ma la domanda che evitava di porsi era: cosa avrebbe fatto trovandosela davanti?
    E all’esecuzione?
    Cosa farai Tristan Rosier? Resterai a guardare o tradirai tutti coloro che hai fin’ora servito??
    I troppi pensieri e i postumi di nottate insonni fecero si che le sue gambe lo conducessero lì, senza che se ne rendesse conto.

    Un ragazzino fasciava la ferita di un altro, poco più grande.
    -“Ahi, mi fai male!”
    -“Stringi i denti fratellone! Tra poco passerà! Sai che la mamma si arrabbierà se vede che ti sei di nuovo fatto male!”
    -“Da che mondo è mondo…di solito è il fratello maggiore prendersi cura del più piccolo ,Tris.”
    -“Ma Perce. Ci prendiamo cura l’uno dell’altro. Noi siamo una squadra, ricordi…?”

    Il lago nero sembrava piuttosto popolato. Un ragazzino del primo anno correva via con aria imbronciata, ma il giovane infermiere era troppo impegnato per notarlo e dargli peso.
    E poi…
    E poi vide di nuovo lui, Perseus.
    Lì, sotto un’albero, a farsi curare le ferite. Al posto di Tristan però c’era una ragazza.
    Un momento…
    L’infermiere sgranò gli occhi. Probabilmente stava impazzendo.
    “Stilinski!”
    Esclamò quasi sovrappensiero.
    Incredibile come quel giovane mezzosangue assomigliasse a suo fratello. Lui era sempre stato la pecora nera della famiglia. Emarginato, come sua madre.
    Ma alla luce di tutto, ed avendo imparato a conoscerlo, ormai si era ricreduto su quel tipo. Era strambo certo, e un po’ troppo babbano per i suoi canoni…ma non da condannare o emarginare come tutti facevano.
    “Che ti è successo?”
    Chiese vedendolo sanguinare. Ma prima ancora che potesse rispondere la ragazza curò la sua ferita, con un eccellente incantesimo.
    “Niente male…”
    Disse con faccia abbastanza stupita-soddisfatta. Un bell’incantesimo, e ben riuscito, non c’era che dire. Ma il giovane Rosier era abbastanza scosso per aggiungere altro.
    “Avete visto la Italie?!”
    Chiese cercando di riprendere fiato. Aveva corso e nemmeno se ne era accorto.
    Non conosceva la ragazza che era con suo cugino. Il chè era un bene. Probabilmente non era un’abituè dell’infermeria e della sala delle torture.


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    andrew stiles stilinski
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    « I cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano.»
    Tanto prima o poi il karma li avrebbe puniti, tutti quanti. Stiles ci credeva in quelle cose. E lui nella sua vita aveva accumulato tanto di quel karma buona, che nella prossima vita avrebbe tranquillamente potuto essere il Gandhi dei maghi, o qualcuno di simile.
    ..Con la sua fortuna, in realtà, sarebbe potuto benissimo diventare la piovra gigante che nuotava placidamente nelle acque del Lago, ma cercava di non pensarci. Si asciugò nuovamente il sangue dal labbro e dallo zigomo, mentre a tentoni cercava la sua bacchetta. Era sicuro di averla messa lì.. sì, lì, proprio in quella taschina. Eppure non c’era più. Si guardò attorno freneticamente, e riuscì ad afferrarla prima che un delizioso piede rosso oro vi ci salisse sopra e la spezzasse a metà. Ne aveva avuto abbastanza di bacchette spezzate, per un po’ avrebbe cercato di tenersi quella che aveva, Olivander mica era sempre aperto per lui.
    O forse sì, dato che conosceva la commessa.
    La quale si era appena seduta affianco a lui, dato che era la sua migliore amica. Lo invidiavano in tanti ad Hogwarts: Law era bellissima, labbra carnose ed un sorriso perfetto, occhi azzurri e leggermente allungati come quelli di un gatto, un viso perfetto ed un fisico degno di una modella. La prima volta che gli aveva rivolto la parola nemmeno poteva credere a tanta fortuna, lui, che con le ragazze era sempre stato un disastro. Il fatto che avesse le mutande di Superman, e che i suoi compagni le usassero spesso come bandiera in giro per la scuola, non aiutava. Sapeva benissimo quante prese in giro ella si era presa a causa dell’amico mezzosangue, ma a lei sembrava non importare. E se non importava a lei, cos’aveva in contrario lui?
    Efficiente come al solito, prese la sua bacchetta e la puntò al graffio sullo zigomo guarendolo in un istante. Sentì la ferita rimarginarsi, ed il dolore sparire un lampo. Benedetta magia. Probabilmente non aveva guarito quello al labbro perché pensava che Stiles si meritasse un po’ di dolore, e che una volta o l’altra avrebbe imparato la lezione.
    Anche lui sperava di imparare a tagliare il pesce come i giapponesi, ma fino ad allora non ci era mai riuscito. Ed anche le sue tecniche ninja scarseggiavano di quel non so che, che gli omini in tutina nera sembravano sempre possedere.
    Alle sue parole, storse il naso. “Buongiorno Stiles, come va? Non c’è male, grazie Law. Sei sempre la solita tenerona” disse prendendola una guancia fra il pollice e l’indice. Sbuffò. “Sai benissimo che la mia carica non vale niente. me l’han data per i meriti scolastici, ma valgo tanto quanto Malfoy; sono un mezzosangue, ricordi? O per caso in quella tua bella zucca vuota, la cosa sembra non avere importanza? Perché sai, per tutti gli altri ha un certo peso. E prefetto o non prefetto, il piccolo Blackthorne l’avrebbe avuta vinta comunque” Stiles si passò distrattamente il pollice sul labbro, dove l’emorragia sembrava essersi ormai fermata. Odiava il sapore del sangue, che puffola. Se gli fosse piaciuto, sarebbe andato da Mielandia a comprarsi i lecca lecca al sangue: se non lo faceva, un motivo doveva pur esserci.
    Stilinski!”
    Sentendosi chiamato in causa, il ragazzo alzò gli occhi verso l’infermiere Tristan Roser, suo cugino. Sapeva benissimo che la famiglia di lui l’aveva disconosciuto, togliendo dall’albero genealogico in primis il nome di sua madre, la traditrice che aveva sposato un babbano. Aveva scoperto per caso della loro parentela, e di certo le numerose visite in infermeria avevano aiutato. Fortunatamente era lui che lo guariva, altrimenti avrebbe scommesso tutto il suo misero patrimonio che un altro infermiere l’avrebbe fatto soffrire di più. Fece un cenno con il capo. “Rosier! Incredibile trovarmi in un luogo che non sia l’infermeria, vero?” disse con un mezzo sorriso. Se avesse fatto di più, il taglio si sarebbe riaperto. Avrebbe potuto sistemarsi egli stesso, ma non ne aveva voglia: era un ragazzo stanco, e la ferita non era così fastidiosa da disturbarlo particolarmente.
    “Che ti è successo?”
    Scrollò le spalle. “Le solite cose: un drago capitava qui per caso, ed ha deciso che sarebbe stato carino abbracciarmi e darmi un bacetto sul naso. Si era dimenticato delle zanne
    Si accorse che era senza fiato, probabilmente aveva corso per cercare la Italie. Corrugò le sopracciglia, ritenendo il comportamento un po’ strano. Se avesse cercato l’insegnante di Erbologia, o di Pozioni, avrebbe pensato ad un urgenza: ma quella di Volo? Fece nuovamente spallucce. “Mi spiace, di qua non è passata. Tu l’hai vista Law?” chiese, puntando gli occhi color cioccolato sull’amica.
    “A proposito, qualcuno mi spiega perché Hogwarts oggi sembra avere la metà dei suoi studenti? E' forse periodo di saldi?” chiese distrattamente, mentre con lo sguardo studiava il resto del Lago Nero.
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    Mangiamorte • 16 • Gryffindor
    Lilith Lawrence
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    «L'eccezione che conferma la regola.»
    Sotto certi aspetti, anche se probabilmente non gliel'avrei mai detto neanche sotto tortura, Stiles mi ricordava la piccola Abigail. Tentava di mostrarsi, a modo suo, come una persona cui le prese in giro e i dispetti non davano fastidio, come se gli scivolassero addosso come vento fra le foglie di un albero: riuscivano a muoverlo, si, ma alla fine lui tornava al suo posto più solido di prima. Ma era davvero così solido, oppure era tutta una facciata? Io ero convinta che dentro di se anche lui soffrisse, nonostante passasse il suo tempo a scherzare, e non sapere come aiutarlo mi faceva sentire un peso dentro lo stomaco dal quale non riuscivo a liberarmi.
    Non ricordo esattamente come diventammo amici, io e Stiles, semplicemente successe. Un giorno, io gli rivolsi la parola e capii subito che lui era una di quelle persone di cui avrei sempre potuto fidarmi. Sapete, no, quelle sensazioni che si hanno da bambini, quando si crede ancora nella magia -non quella vera, quella che usiamo noi, ma quella delle favole- e nella forza dei propri sentimenti.. Ecco, questo mi era successo.
    «Che sia per meriti o per mazzette, sempre prefetto rimani Stiles» Replicai, sfiorandogli il labbro ferito con un dito. «quindi non venirmi a dire che la tua carica vale quanto della di testa-da-troll-Malfoy, perchè se è così è perchè sei tu che non ti rendi conto che potresti benissimo iniziare a farti valere. Non sei l'unico mezzosangue della scuola, eppure sei l'unico che prendono continuamente di mira: Come mai?» Sospirai, conscia che nonostante questi discorsi Stiles non sarebbe cambiato. «Ho incontrato Blackthorne mentre venivo qui, ho fissato una punizione per domani. Ci vieni con me?» Domandai poi ma, prima che potesse rispondere qualcuno lo chiamò. Mi voltai nella direzione da cui proveniva la voce e notai l'infermiere venire verso di noi.
    Dopo un breve scambio di battute fra i due cugini, l'infermiere ci chiese se avessimo visto la Italie, l'insegnante di volo. In giro per i corridoi si vociferava che potessero avere una tresca, quindi non mi stupii più di tanto.
    «Mi dispiace, ma neanche io l'ho vista passare da queste parti. Potrebbe provare a cercarla al campo di Quidditch» Suggerii con un sorriso cordiale. Non avevo mai avuto rapporti con l'infermiere, perchè preferivo curarmi da sola piuttosto che mostrarmi debole davanti ad altri dopo le torture.
    “A proposito, qualcuno mi spiega perché Hogwarts oggi sembra avere la metà dei suoi studenti? E' forse periodo di saldi?”
    Mi voltai verso Stiles, piuttosto sorpresa, poi scoppiai in una risata sommessa. «Sei sempre il solito. Possibile che tu non abbia visto l'annuncio della preside? I muri della scuola ne sono tappezzati» Dissi, poi tornai improvvisamente seria. «Il professor Italie è stato accusato di essere un membro della resistenza e oggi verrà giustiziato in piazza.. Siamo tutti invitati ad assistere»
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  6. *Tristan*
         
     
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    chace12
    Tristan Rosier
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    «So wake me up when it's all over....»


    Avete presente la sensazione che si prova svegliandosi da un sogno? Per qualche istante si resta a ripensare a quel sogno quasi vivendolo. Si cerca di dargli una conclusione, perché lasciarlo a metà significherebbe porsi domande inconsce, restare in sospeso.
    Quest’istante iniziava a prolungarsi parecchio per il giovane Rosier, che ora viveva con domande delle quali non aveva la forza di accettare le risposte, e risposte a domande che non si era mai posto. Si trovava a fare i conti con una vita che non ricordava di aver vissuto, con ricordi non suoi.
    E quella vita che sembrava aver dimenticato era diversa da quella in cui esisteva adesso. Era la vita che aveva sempre sognato, in quel mondo a cui aveva sempre segretamente aspirato. Forse quelli non erano stati solo sogni. Forse esisteva davvero un universo parallelo in cui quella felice esistenza era continuata e si era realizzata. Ma che era successo poi? Cosa aveva interrotto quel flusso, e l’aveva portato a percorrere la strada che ancora oggi batteva?
    Qualche forza più grande era intervenuta. Qualche forza in grado di cancellare ricordi e crearne di altri. Suo padre da solo non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. C’era qualcos’altro. Qualche tassello mancante che doveva trovare.
    Ed ora si sentiva inadatto. Inadatto per quel mondo in cui viveva, e per il quale era stato plasmato. Inadatto al mondo che avrebbe voluto, perché ormai la sua anima era troppo sporca per viverci.
    Guardò di nuovo il giovane Stilinski. Lui sembrava appartenere ancora ad un altro mondo. Un mondo probabilmente più felice del loro.
    Ma la sua presenza sembrava quasi fare da contatto col suo di mondo. Somigliava a Perseus, o a quello che restava di lui. Lo stesso viso fresco ed innocente.
    Farneticò qualcosa su un drago. Era un tipo strano, ma riuscì a strappargli un sorrisetto, che accompagnò un’espressione al quanto perplessa.
    “Ah, ecco…”
    Rispose.
    Nessuno dei due sembrava aver visto Ilary. In effetti non era ancora andato al campo di quidditch, ma aveva come l’impressione che non l’avrebbe trovata lì. Forse era già andata alla piazza, forse era rintanata in qualche luogo per prepararsi al peggio.
    “Lo farò…grazie comunque:”
    Rispose alla ragazza che era con suo cugino.
    Stilinski dal canto suo sembrava essere più stralunato di lui. Non sapeva nemmeno che stesse succedendo ad Hogwarts! Quel ragazzo viveva davvero in un mondo suo…
    «Sei sempre il solito. Possibile che tu non abbia visto l'annuncio della preside? I muri della scuola ne sono tappezzati! Il professor Italie è stato accusato di essere un membro della resistenza e oggi verrà giustiziato in piazza.. Siamo tutti invitati ad assistere.»
    Per fortuna quella ragazza gli risparmiò la briga di dover spiegare tutto, cosa per il quale non era proprio dell’umore giusto.
    “Siamo tutti obbligati ad assistere”.
    Sottolineò quell’“obbligati con aria seccata, lasciandosi cadere sull’erba.
    Non gli importava che qualcuno lo vedesse contrario alle decisioni del regime. Non gli importava delle torture. Nelle condizioni psicologiche in cui si trovava al momento sarebbe stato in grado di uccidere chiunque a sangue freddo, solo per una parola di traverso. Eppure non accettava l’idea di dover vedere per l’ennesima volta un uomo morire.
    Perché doveva morire? Perchè credeva in qualcosa? Perché sapeva qualcosa che il regime teneva nascosto?
    Si passò la mano tra i capelli pensieroso.
    Come si poteva chiedere a una sorella, ad una moglie, a degli amici, di dover assistere alla morte di una persona cara?!? Era disumano, come disumano era quel sistema.
    Tristan Rosier se ne rendeva sempre più conto, nonostante fosse un mangiamorte, nonostante la sua coscienza fosse macchiata di sangue e maledizioni.
    Non apparteneva più a quel mondo ormai…non apparteneva a nessun mondo.
    “La resistenza… se esiste una resistenza, vuol dire che c’è una falla nel regime. E credono ancora che basti uccidere chi si rivolta per tapparla. Stolti. Non fanno che infuocare gli animi, e si distruggono con le loro mani”.
    Disse poi con aria di disprezzo, pensando ad alta voce. Parlava come un estraneo. Come uno che non sta né da una parte né dall’altra. Non era più leale, né traditore.
    Stava in mezzo, sull’ago della bilancia.
    Tristan Rosier è un mangiamorte.
    Tristan Rosier è un mangiamorte?
    Milioni di argomentazioni potevano rispondere per antipodi a questa domanda.


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    Neutrale • 16 • proud to be a hufflepuff
    andrew stiles stilinski
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    « I cattivi hanno sicuramente capito qualcosa che i buoni ignorano.»
    Law sembrava non capire affatto la situazione in cui Stiles era stato catapultato. Prefetto non prefetto, non aveva alcun potere nella sua situazione. Un po’ come i re bambini, che giocavano con la corona mentre le decisioni venivano prese dall’intero consiglio. Le cose dovevano essere facili per una come lei, ammirata ed amata da tutti. Se solo Stilinski avesse provato a togliere punti, o a punire qualcuno – e figurarsi se mai l’avrebbe fatto- sarebbe finito incatenato nuovamente nella sala delle torture, per qualche colpa che non aveva. Certe cose preferiva non dirle alla sua migliore amica, tenersele per sé. Dopotutto lei non avrebbe potuto cambiare le cose, e dirle non sarebbe servito a niente. La filosofia di vita del Tasso, era che prima o poi tutto quello sarebbe finito. Lui personalmente non avrebbe mosso un dito per farlo, ci teneva alla sua vita anche se non sembrava, ma nell’aria c’era odore di cambiamento. O forse aveva passato troppe ore ad assistere agli interrogatori in sala delle torture per saperne molto di più di molti altri al castello: si dimenticavano della sua presenza, quasi fosse un soprammobile, e parlavano a ruota libera.
    Le rivolse uno sguardo seccato. “Credi che io sia l’unico, lo pensi seriamente?” scosse la testa amareggiato. “Ti sbagli, Lawrence. Credi che sia l’unico solamente perché degli altri non te ne frega un accidenti, vedi solo il sottoscritto in difficoltà. Ma è così per tutti. E no” puntò i sinceri occhi color cioccolato in quelli azzurri della ragazza. “Non ci vengo in sala delle torture a infliggere dolore ad un ragazzino. Sei forse impazzita? Con tutto il tempo che passo lì dentro come vittima? Non lo farei, e non avresti dovuto chiedermelo. Finchè non sono costretto con la forza, non impugnerò mai la frusta o chissà quale diavoleria contro un undicenne. E diamine, non dovresti farlo nemmeno tu! Come fai a non..” Ma Law non seppe mai cosa stava per dire, dato che era appena arrivato Rosier. Stiles si interruppe, sapendo che stava facendo discorsi pericolosi. Non aveva nulla contro i Mangiamorte, quando non era nelle loro mire. Avrebbe preferito abolire la sala delle torture, ma era questione di punti di vista, giusto?
    Quando espose i suoi dubbi riguardo l’assenza degli studenti, entrambi gli rivolsero uno sguardo carico di sottintesi, probabilmente pensando fosse un idiota patentato. A Stiles mancavano argomentazioni per dargli torto.
    Sei sempre il solito. Possibile che tu non abbia visto l'annuncio della preside? I muri della scuola ne sono tappezzati. Il professor Italie è stato accusato di essere un membro della resistenza e oggi verrà giustiziato in piazza.. Siamo tutti invitati ad assistere
    Spalancò la bocca sorpreso, facendo saettare lo sguardo dall’amica all’infermiere. Infine la richiuse. “Siamo tutti obbligati ad assistere” sottolineò il cugino. Se era uno scherzo, era di cattivo gusto. Un’esecuzione pubblica? Stiles le aveva visto solo nei film, e l’aveva trovato un atto patetico quanto umiliante. Per sporcarsi le mani, tanto valeva farlo nell’ombra: il sangue è rosso sia al buio che alla luce.
    La resistenza… se esiste una resistenza, vuol dire che c’è una falla nel regime. E credono ancora che basti uccidere chi si rivolta per tapparla. Stolti. Non fanno che infuocare gli animi, e si distruggono con le loro mani”
    Stilinski si passò la lingua sul labbro che si stava leggermente gonfiando, mentre si passava una mano sui capelli leggermente più lunghi di quanto non fosse abituato a portarli. “Ci sarebbero state soluzioni più intelligenti, ma tutti sappiamo quanto alla nostra bellissima preside faccia piacere avere gli occhi puntati su di sé. Ogni occasione è buona, un omicidio è quasi l’apoteosi del piacere. inoltre, con il suo buon cuore, vuole informare tutti di quello che potrebbe accadere se fossimo al posto del professor Italie. Lo trovo gentile, da parte sua” rispose con voce atona, scegliendo con cura le parole per non suonare altezzoso o sarcastico. Non aveva mai capito la scelta di mettere la Howe come preside della scuola, a capo di un tal potere. Sicuramente le aveva dato alla testa, non era mai sembrata una persona a posto con sé stessa. Quello che facevano o non facevano i grandi, comunque, era un problema loro. Stiles ne aveva già abbastanza di problemi suoi, per invischiarsi anche negli affari civili. Ebbe un’improvvisa illuminazione e si alzò in piedi. “Obbligatorio?” disse trafelato, guardandosi attorno. “Questo vuol dire che se non andiamo.. finiamo al posto di Alex? O a nuotare insieme alla Piovra Gigante? O in qualche posto dimenticato da Merlino stesso? O a Smallville insieme ai mutanti? Cosa fate ancora qua?” disse agitato, passeggiando nervosamente avanti e indietro, incerto sulla direzione da prendere. “Dobbiamo andare! Non voglio una scusa per finire di nuovo ammanettato. Rosier, lo sai che non sono ancora guarito bene dall’ultima volta. Perché avete aspettato tanto a dirmelo?” sospirò frustrato, rivolgendo una smorfia ai suoi interlocutori. “Non guardatemi cos’, se sapessi smaterializzarmi l’avrei già fatto. Quindi sì, continuerò ad agitarmi come una trota appena pescata ancora appesa all’amo finchè uno di voi non si deciderà a darmi un passaggio. Sapete, io mi spacco sempre” scrollò le spalle e si curò leggermente, come se stesse confidandogli un segreto imbarazzante.

    winston,©
     
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  8. lawrence.
         
     
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    Mangiamorte • 16 • Gryffindor
    Lilith Lawrence
    CyJDY
    «L'eccezione che conferma la regola.»
    Osservai il paesaggio intorno a me. Eravamo in uno dei posti più belli del mondo, eppure sembrava che nessuno se ne rendesse conto, perchè eravamo circondati da talmente tanta merda che tutto il resto passava in secondo piano. E con merda non mi riferivo alle regole che la preside e i professori ci imponevano, o al rigido regime con cui il paese veniva governato, di quello mi importava ben poco, con merda mi riferivo alle persone con cui avevamo a che fare giorno dopo giorno.
    Ma Stiles.. Lui era diverso. Lui era buono, buono dentro e spesso mi chiedevo come facesse a restarmi amico nonostante fossimo così diversi. Io lo sapevo perchè non potevo fare a meno di stargli accanto, perchè vedevo in lui tutte le buone qualità che a me mancavano, ma lui? Cosa ci vedeva in me, se non una ragazzina viziata?
    Osservai il suo volto mutare e farsi serio mentre replicava alle mie affermazioni, e capii che l’avevo fatto arrabbiare leggermente. Me ne dispiacqui, perchè alla fine non mi sembrava di aver fatto niente di male, anzi, gli avevo offerto l’occasione di vendicarsi di quell’imbecille, ma evidentemente lui non voleva farlo. Quando faceva così mi riusciva difficile capirlo, e avrei solo voluto sporgermi e abbracciarlo per chiedergli scusa silenziosamente per un motivo che neanche io avevo capito ma fummo interrotti dall’arrivo dell’infermiere.
    Conseguenza di questo fu il domandarsi di Stiles di dove fosse finita tutta la fauna di Hogwarts, che portò ad una crisi isterica del mio migliore amico.
    Fece un monologo sulla preside che, se ascoltato dalle orecchie sbagliate avrebbe potuto essere frainteso e poi saltò su come una molla ed iniziò a camminare avanti ed indietro come un matto.
    Io lo osservai sproloquiare per qualche minuto, fino a quando non fece una mezza minaccia quindi sbuffai, alzandomi a mia volta e pulendo la gonna della divisa dalle erbacce.
    «Lo sai che non ci si può materializzare all’interno del castello, quindi prima dobbiamo uscire» Dissi con voce semi annoiata. Non avevo per niente voglia di andare ad assistere ad un esecuzione pubblica, e se poi ci si metteva anche lui ad essere così agitato mi sarebbe venuto sicuramente mal di testa. «Puoi venire con me se vuoi» aggiunsi, sperando che non fosse ancora arrabbiato per poco prima.
    winston,©
     
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  9. *Tristan*
         
     
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    chace12
    Tristan Rosier
    Infermiere • 25
    «So wake me up when it's all over....»


    A quanto pareva Stilinski era più fuori dal mondo di quanto non sembrasse.
    Eppure sembrava conoscere quel mondo più di quanto non volesse far credere. Lo osservava, dal suo piccolo, e ne carpiva i segreti più reconditi.
    “Ci sarebbero state soluzioni più intelligenti, ma tutti sappiamo quanto alla nostra bellissima preside faccia piacere avere gli occhi puntati su di sé. Ogni occasione è buona, un omicidio è quasi l’apoteosi del piacere. inoltre, con il suo buon cuore, vuole informare tutti di quello che potrebbe accadere se fossimo al posto del professor Italie. Lo trovo gentile da parte sua”.
    Alzò le sopracciglia ascoltando distrattamente. In effetti non poteva dargli torto. Tutto era buono per dare spettacolo.
    Ma poi il giovane tassorosso iniziò ad agitarsi, agitando anche lui. Era già nervoso per i cavoli suoi…ci mancava anche Stilinski che impazziva.
    "Questo vuol dire che se non andiamo.. finiamo al posto di Alex? O a nuotare insieme alla Piovra Gigante? O in qualche posto dimenticato da Merlino stesso? O a Smallville insieme ai mutanti? Cosa fate ancora qua?”
    Avrebbe potuto strozzarlo in quei casi. Quando andava su di giri iniziava a sparare babbanate incomprensibili e senza senso.
    “Per l’amor del cielo, smettila!”
    Intimò l’infermiere visibilmente stizzito, mentre questo continuava ad agitarsi.
    “Dobbiamo andare! Non voglio una scusa per finire di nuovo ammanettato. Rosier, lo sai che non sono ancora guarito bene dall’ultima volta. Perché avete aspettato tanto a dirmelo?”
    Perché davamo per scontato che lo sapessi!”
    Sospirò alzando gli occhi al cielo.
    “Nessuno ti farà del male, siamo ancora in perfetto orario per il lieto evento!”
    Quel ragazzo era esasperante. Pieno di buoni sentimenti ed ottime qualità. Ma strano. Si, strano.
    Per fortuna la ragazza che era con lui sembrava molto più tranquilla e coi nervi saldi. Si rivolse a lei, che si era già offerta di accompagnarlo.
    “Lo lascio nelle tue mani. Fate attenzione.”
    Disse in tono quasi fraterno, per poi avvicinarsi ad Andrew e rivolgersi a lui.
    “Mi raccomando. Niente accenni alla Howe, all’esecuzione o ai mangiamorte. Niente allusioni al mondo babbano. Anzi, se puoi cerca di non aprire proprio bocca!”
    Disse infine, sperando solo che suo cugino non si cacciasse nei guai. Aveva già troppi pensieri a cui badare.
    “Ci vediamo lì”.
    Doveva trovare Ilary, in primis.


    made by mæve.

     
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