someone’s bound to get burned

Role Pre Quest / Maeve

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    Era riuscito ad uscire dalla massa nell'Ufficio della preside, finalmente. E a vedersi non sembrava fosse stato ad una riunione, ma ad una corsa folle e suicida. Era madido di sudore, un po' per il caldo provato dentro quella stanza affollata e un po' per altro, probabilmente. L'aspetto spossato, pallido e dolorante. Sentiva di avere le ossa deboli, si sarebbero potute spezzare da un momento all'altro. Sapeva bene a cosa era dovuta quella debolezza improvvisa. Sapeva tutto, era colpa del pugnale. Era ora di dargli il suo sostentamento: l'omicidio di un Mezzosangue. Doveva farlo, era necessario o sarebbe morto! Si avviò nei sotterranei e percorse con passo svelto il corridoio che lo conduceva alla sua Sala comune, e poi al dormitorio. Aprì l'armadio, ma il pugnale non era lì.
    Riflettè tanto quanto le sue facoltà mentali gli permettevano al momento prima di entrare nel panico assoluto. Era lì che l'aveva lasciato, dentro l'armadio. Allora perchè non era lì?! Sentì vibrare qualcosa alle sue spalle e si voltò lentamente ritrovandosi il pugnale davanti alla faccia, lo smeraldo verdissimo rivolto verso la sua faccia quasi a volerlo minacciare. Sospirò e lo afferrò, rimanendo un attimo a guardarlo. Quel pugnale era più vivo di quanto lo fosse lui, accidenti.

    Si spostò verso il bagno per farsi la doccia, poi quella notte aveva intenzione di andare a fare un giro nei dintorni del castello. Abbastanza vicino da poter rientrare presto, abbastanza lontano da non destare sospetti. Non poteva eseguire la missione che Callaway avrebbe affidato ai Mangiamorte, senza prima "rifornirsi". Aveva perso ogni forza e in quelle condizioni sarebbe stato una preda facile. Con il sangue dei Mezzosangue invece, bè, era tutta un'altra storia. Diventava potete come mai! L'effetto non durava tantissimo, 24 h e tornava ad essere stanco e spossato. Quella non era più vita, se ne rendeva conto. Comunque, per quanto lo riguardava c'era solo lui. Tutti gli altri (o la maggiorparte) erano solamente un contorno, dei pezzi da poter scartare senza troppi indugi se ne andava di mezzo la sua vita. La caccia era aperta. All'ora di cena mangiò qualcosa al volo nella Sala Comune, non avrebbe mai messo piede in Sala Grande in quello stato. Non voleva incrociare nessuno di conosciuto.

    Inserì il pugnale nel suo fodero attaccato alla coscia. Era vestito completamente di nero, non per tristezza o lutto, ma perchè si confondeva perfettamente al buio.
    Infilò il pugnale al proprio posto e lo nascose con il mantello.
    Era pronto. Ripercorse in senso inverso il corridoio dei sotterranei e si avviò all'uscita del castello, iniziando a guardarsi intorno. Attraversò il cortile in cui erano presenti alcuni studenti degli ultimi anni e non diede retta al pugnale che tentava inutilmente di bruciargli la coscia come volesse intendere "Che diavolo fai?! Qui è pieno di mezzosangue, falli fuori" C'erano troppe persone. Avanzò ancora quasi fino ad uscire dai confini della scuola. Diamine, riconobbe Maeve Winston, che parlava con un'altra ragazza. Erano più o meno isolate, quindi avrebbe potuto fare un attacco perfetto. "Non la Winston, ce ne sono altri, aspetta" Il pugnale vibrò ancora facendo vibrare anche il mantello. « Non Maeve. » Disse fermamente tra sè e sè, sapendo che quel bastardo era sempre vigile, più di lui.
    Maeve non era una mezzosangue, l'altra ragazza probabilmente sì. Ma se doveva uccidere quella avrebbe dovuto affrontare Maeve e non voleva. Non sapeva se poteva considerarla amica, dopo tutti quegli anni. Ma Shane aveva ancora fresco nella propria memoria un incontro avvenuto con Maeve anni prima, quando ancora erano solo dei bambini, il primo anno di scuola. Lui in particolare era piccolo, indifeso, mingherlino e quasi veniva scambiato per una ragazza. Quel pomeriggio freddo d'inverno, si trovava nell'aula di Arti Oscure ed aveva appena finito la lezione. Era stato l'ultimo ad uscire dalla stanza, o almeno a provare ad uscire, visto che alcuni ragazzi più grandi di lui lo avevano bloccato dentro e avevano iniziato a picchiarlo. Lui si era difeso come poteva, ma loro erano troppi e lui era solo.
    Maeve era rientrata nella stanza perchè aveva dimenticato lì un libro e appresa la situazione non era scappata o altro, come avrebbe fatto la maggiorparte dei bambini. Non era nemmeno andata, forse saggiamente, a chiedere aiuto. No, era rimasta lì ad aiutarlo, o almeno provarci. Come risultato erano stati torturati insieme. Non avrebbe mai dimenticato la luce nei suoi occhi quando aveva deciso di rimanere ad aiutarlo.
    Avevano anche iniziato a chiacchierare dal giorno, a salutarsi e scambiarsi qualche parola nonostante fossero di casate diverse e avessero entrambi un carattere schivo.
    Ma si sa, quando si cresce molti prendono strade differenti e alcune persone prendono direzioni totalmente opposte. Era il loro caso. La poteva considerare un'amica? Non lo sapeva.
    Di una cosa era certo, mai avrebbe potuto e voluto farle del male, non poteva, semplicemente.

    Aspettò che una o l'altra si allontanasse, per poter agire.
    Thanatos non aspettava, sembrava volesse strappargli la carne dalle ossa. Bastardo. Se lo immaginava, se fosse reale, con denti aguzzi, che lo infilzavano e mordevano forte fino a strappare il pezzo.
    Let it break you out of this prison you became. It’s not too late.


    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 03:09
     
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    A Maeve girava la testa. Erano troppe cose da affrontare in un giorno solo, troppe cose da affrontare tutte insieme. William Barrow, suo ex compagno di casata, era il capo di quel nucleo in cui la Winstno aveva cominciato a credere. Nel momento in cui l’aveva visto seduto a capo tavola, con i piedi mollemente poggiati sulla scrivania, qualcosa si era incrinato, e la luce da flebile divenne quasi assente: che fosse tutto un gioco? Uno scherzo di cattivo gusto, forse? Il ragazzo aveva parlato bene, questo doveva ammetterlo. Se avesse chiuso gli occhi e avesse ascoltato solo le sue parole, forse l’avrebbe seguito fin in capo al mondo, e quella luce da flebile sarebbe divenuta un sole, ed avrebbe illuminato paesaggi a cui la bionda non avrebbe mai creduto.
    Ma lei aveva conosciuto William Barrow. Sapeva che le persone fingevano sempre, ma doveva essere un attore maledettamente bravo. Un ragazzo brillante, nulla da dire, ma non le era mai parso acceso da ideali così forti da costruire un gruppo alla Rivolta. Forse era troppo superficiale, ma una parte di lei pensava di aver perso la fiducia che stava nutrendo per quel gruppo, sotterrata nuovamente sotto la cenere dell’apatia.
    E Ethienne Leroy, il ragazzo che le aveva regalato il libro di Peter Pan, era un ribelle. Aveva colto una luce diversa nei suoi occhi, le era sembrato di scorgere una scintilla. E adesso riusciva a ricordare ogni momento, con vero imbarazzo, e riusciva a dare un senso a ciò che lui le aveva detto, ciò che lei non aveva compreso.
    La morte vi ha resi liberi, ma non sarà la sola. La verità verrà svelata: la guerra è solo l'inizio.
    Le tornarono in mente le parole di Karen Davis, la profezia che le aveva fatto gelare il sangue nelle vene quel maledettissimo giorno ad High Street. Aveva ricordi vaghi, offuscati dal dolore al ventre e dalla estenuante concentrazione nel non perdere i sensi, ma quella l’aveva sentita bene. Le era rimasta impressa dentro: nell’anima forse, ammettendone l’esistenza.
    Quando Will li aveva congedati, Maeve era stata una delle prime ad andarsene. Non aveva guardato in faccia nessuno, nel terrore che potessero leggervi tutto ciò che stava pensando. Aveva solamente fatto un cenno con il capo a Lilian, sperando che capisse che aveva bisogno di stare un po’ da sola. Estremamente egoistico da parte sua, specialmente tenendo conto del fatto che agli occhi dell’amica doveva sembrare tutto ancora più assurdo, ma a volte il suo pessimo carattere era l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi per non cadere.
    Arrivata al castello, era riuscita ad evitare tutti. Era rimasta coricata nel letto, con ancora la divisa addosso, lo sguardo puntato verso il soffitto. Di lì a due giorni avrebbero dovuto andare in Irlanda. Will aveva detto che il vero obiettivo della missione erano Sales e Callaway. Cosa significava? Non poteva far loro del male, non sarebbe stato giusto. Dove sarebbe stata la differenza fra ribelli e mangiamorte, se il tragitto verso la meta era comunque impregnato di sangue? Strinse i pugni e chiuse gli occhi. Non poteva permettere che facessero del male a Liam, non poteva. Era stato suo amico, l’unico a volte, maledizione! E quando lo guardava, a volte, le sembrava di essere sommersa da un mare di cose non dette, un oceano di cose che nessuno avrebbe mai saputo. Loro compresi.
    La sera però non potè evitare il solito giro di ronda. Come un fantasma, indossò il mantello scuro su cui spiccavano i capelli biondi, e si diresse fuori dal castello. Ovviamente non c’era nessuno, chi sarebbe stato così stupido da girare a quell’ora, rischiando di finire nella Sala delle Torture?
    Fu allora che sentì dei passi veloci alle sue spalle. Si voltò fulmineamente e quasi sbattè contro una ragazzina, una Corvonero, che stava correndo nella sua direzione. “Winnie!” una voce indubbiamente maschile uscì dalle labbra rosee della fanciulla.
    Nessuno la chiamava in quel modo. Nessuno tranne.. “Alec?” Domandò allibita, impallidendo. La ragazza sorrise e le si aggrappò alla vita. Maeve si irrigidì: che fosse suo cugino o meno, odiava il contatta fisico. Alec/Rose (le pareva si chiamasse così) si allontanò di qualche passo. “Scusami, non avrei dovuto. E’ solo che.. non pensavo di rivederti. Ti stavo cercando, in effetti” la bionda inarcò un sopracciglio, e stizzita prese il cugino da un braccio per trascinarlo sotto le fronde di un salice che li avrebbe coperti da occhiate indiscrete. “Cosa diamine ci fai qui? E perché mi stavi cercando? Non pensavi di rivedermi, ma cos..” Rose/Alec le mise un dito sulle labbra e le fece cenno di tacere. “Zitta, smettila di parlare. E’ sempre stato il tuo difetto più grande: quando ti agiti, cominci a parlare a vanvera” Vanvera? A lei sembravano domande del tutto legittime. Voleva ribattere, ma l’occhiata di Rose la dissuase. Per quanto fosse nel corpo di una ragazza, quella era esattamente l’occhiata che Alec Winston, suo cugino, le riservava quando diceva qualcosa di stupido. “Non abbiamo tempo, ascoltami” Le posò le mani sulle spalle e la guardò negli occhi: sentire la voce di Alec e non vedere i suoi occhi verdi, era davvero fuorviante. Per non parlare del fatto che era una ragazza, certo. “So che oggi hai incontrato Will” La studiò per qualche secondo. “Avrei voluto esserci anche io, ma purtroppo non ne ho avuto la possibilità. Ultimamente sono.. impegnato su altri fronti” Lanciò un’occhiata nervosa dietro di sé. “So cosa stai pensando. E so che è sbagliato: devi fidarti di lui, Maeve. E’ tutto ciò che hai, tutto ciò che noi abbiamo.” Maeve si allontanò di un passo, giusto abbastanza perché il cugino facesse ricadere le braccia lungo i suoi fianchi esili. “Non so se ce la faccio, Alec” Disse sincera, cercando una traccia di Winston negli occhi color ambra di Rose. “Devi, Winnie”
    Maeve si inumidì le labbra. “E se non potessi?” Rose/Alec prese una ciocca di capelli e gliela mise delicatamente dietro l’orecchio. “Non c’è nulla che tu non possa fare, Maeve Winston”
    Avrebbe voluto fargli mille domande: cosa stai facendo? Perché non sei venuto alla riunione? Sei venuto a Hogwarts solamente per me?
    Ti fidi di me?
    Mi fido di te, e così anche gli altri. Sei una di noi, ormai” Le diede un pugno amichevole, rispondendo alla domanda che la Winston aveva espresso solo con uno sguardo. “Mi sei mancato, Alec” Disse in un sussurro, quasi avesse paura che dirlo troppo forte significasse un addio.
    Per tutta risposta lei/lui sorrise. “Anche tu, ragazza. Prometto che mi farò vedere più spesso” Un ultima stretta amichevole al braccio, e Alec semplicemente riprese a correre. Maeve si abbracciò stringendo forte le braccia, seguendo con lo sguardo il cugino che diventava sempre più piccolo mano a mano che si allontanava.
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    Non riusciva a sentire la conversazione, anche se era abbastanza vicino da vedere entrambe chiaramente. Non voleva origliare, comunque. Poco dopo qualcosa sembrava muoversi, la ragazza che parlava con Maeve finalmente aveva deciso di allontanarsi, così Shane la seguì con lo sguardo da dietro l'albero in cui si era nascosto. Si stava riavviando verso la scuola, accidenti. Si faceva sempre più vicina a lui, tant'è che il pugnale sembrava quasi impazzito sotto il suo mantello. Non poteva agire, era comunque sotto gli occhi di Maeve. Qualcuno che decidesse di fare una passeggiata rilassante da solo, a mezzanotte, verso il Lago nero no eh? Probabilmente sarebbe stato meglio andare a cacciare a Hogsmeade, in cui senza dubbio ci sarebbe stata più vita a quell'ora e avrebbe beccato sicuramente qualcuno da solo, o magari aggirarsi per Dark Street per cacciare qualche stupido mezzosangue senza valore. Ma sì, era il posto perfetto! Il problema era che per arrivarci doveva passare proprio davanti agli occhi della biondina appostata sotto l'albero. Tra tutti quei pensieri uno spiccò in particolare: non poteva attendere ancora, doveva farlo prima di partire per l'Irlanda, o sarebbe morto ancora prima dei suoi 18 anni. Guardò ancora verso Maeve che sembrava persa in qualche pensiero importante, visto che non si smuoveva da sotto l'albero in cui poco prima chiacchierava con l'amica. Sembrava scossa da qualcosa, si stringeva a sè stessa come per darsi conforto. Shane pensò bene che stare a guardare era da stupidi, e lui non lo era, scostò un attimo lo sguardo e attese ancora che anche Maeve facesse il suo giro di ronda per poi tornarsene al castello. Si passò una mano tra i capelli, rendendosi conto di essere sudato. Sbuffò infastidito, si poggiò a braccia conserte contro l'albero e attese. Un velocissimo battito d'ali, quasi impercettibile lo distolse da qualsiasi pensiero. Strizzò gli occhi per capire meglio quale insetto fastidioso avesse deciso di importunarlo, ma non riusciva proprio a capire da dove provenisse il ronzio! Sentì troppo in fretta qualcosa pungerlo sul collo e indietreggiò guardandosi intorno circospetto, camminò all'indietro scosso da quella puntura che gli aveva provocato le vertigini. Indietreggiando inciampò su una radice e cadde all'indietro sull'erba, come un'idiota, davanti agli occhi della Winston. Non poteva essere successo davvero. Riaprì gli occhi e riuscì a scorgere un minuscolo insetto azzurro svolazzante che si allontanava da lui. Bastardo.
    Era a terra, poggiato sui gomiti. Per prima cosa coprì il pugnale con il mantello, poi si voltò verso la ragazza con occhi nerissimi a causa delle pupille troppo dilatate per il buio e probabilmente anche per l'imbarazzo. Ancora prima di decidere di tirarsi su, si ritrovò a levitare impercettibilmente dal terreno. Così capì che quello che l'aveva punto non era un semplice insetto ma un Billywig. Che figuraccia, comunque. Spezzò il silenzio e l'imbarazzo quasi subito. « Ehm Billywig, accidenti a quest'ora sono dovunque. » Le rifilò come giustificazione a quell'imbarazzante caduta, riatterrando sull'erba sui suoi piedi, per fortuna. Però...Come giustificare la sua presenza dietro l'albero? « Non stavo origliando » Chiarì subito ancora prima che lei aprisse bocca. Era sempre stato un tipo impulsivo e aveva parlato senza pensare mettendo forse ancora più interrogativi che chiarimenti sulla sua presenza lì. Ma era più forte di lui, non voleva che Maeve pensasse che stava ascoltando i fatti suoi.
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    Perché le persone abbracciavano loro stesse? Riuscivano a trarre il conforto che Maeve, pur stringendosi le braccia attorno al corpo più forte che poteva, non riusciva a trovare? Riuscivano a chiudere quella crepa che sembrava spezzarli a metà? A colmare un po’ del vuoto che sentivano sullo stomaco?
    Alla fine, stanca perfino di provarci, fece ricadere le braccia lungo il corpo. Maeve è forte, Maeve non ha paura. E se tutti quanti si fossero sbagliati sul suo conto? Forse la Winston non era forte quanto le piaceva credere. Forse si sarebbe semplicemente spezzata, come tanti altri prima di lei.
    Non c’è nulla che tu non possa fare, Maeve Winston.
    Oh, c’erano così tante cose che Alec Winston non sapeva, così tante, se ancora aveva tutta quella fiducia nei suoi confronti. Gliel’aveva letto negli occhi che tanto sembravano suoi, seppur non lo fossero realmente: lui si fidava di lei, indipendente da tutto. L’aveva sempre fatto, anche quando nemmeno Maeve si fidava abbastanza di sé stessa. Perché le persone non potevano semplicemente dimenticarsi di lei? Voleva tornare a qualche mese prima, quando gli altri da lei si aspettavano solamente che prendesse voti eccellenti, o che mettesse un vestito favoloso per la festa dei Tre Manici. Maeve Winston era la maledetta regina di quel maledettissimo castello. Aveva abdicato senza nemmeno rendersene conto, lasciando la corona per un trono di diverso genere. Non sapeva se avesse fatto bene o male, non sapeva se fosse felice della sua scelta. In cuor suo sapeva di aver fatto la cosa giusta.
    Si morse il labbro e fece per tornare nel castello, quando un rumore la distrasse dal suo intento. Che fosse di nuovo Alec? Che fosse tornato nuovamente, mettendo in pericolo la sua vita, solo per lei? Si girò con l’intento di una predica lunga tutte le parole che non aveva avuto il tempo di dire prima, ma anziché il cugino si ritrovò di fronte ad una figura decisamente maschile, che cadde a pochi passi da lei.
    Rimase a fissarlo qualche secondo, interdetta ed indecisa su cosa fare. Da quant’era lì? Cos’aveva visto, cos’aveva sentito? E che diamine ci faceva fuori a quell’ora, Shane Howe?
    Ma soprattutto: perché stava levitando?
    “Ehm Billywig, accidenti a quest'ora sono dovunque.”
    Maeve Winston rientrò nel suo incarico di Caposcuola fino alla punta dei capelli, incrociando severamente le braccia sul petto. Shane, dannazione. pensò, seccata ed esasperata. Quanti punti avevano già perso i Serpeverde a causa delle sua scappatelle notturne? Più di quanto Maeve riuscisse a ricordare. Non che le dispiacesse togliere punti alla casata dei verde argento, allontanare le loro grinfie dalla coppa era uno dei suoi paletti mentali da ormai sette anni, ma sapeva che Howe era già nel quaderno nero di molti suoi compagni. Si passò una mano sul viso fresco e si massaggiò le tempie. "Non stavo origliando".
    Lo fulminò con un’occhiataccia. “Shane, ci mancherebbe altro per Merlino! Non che ti sia perso molto, Lilian mi ha mandato la sua versione di un gufo per dirmi che senza di me il dormitorio è troppo vuoto” Sorrise, a quelle parole così prive di significato. Mentire ormai le veniva così naturale, che non doveva nemmeno pensarci troppo a lungo. “A volte esagera con il suo potere di Prefetto.. E davvero non so perché ti sto dicendo tutto questo” Aggrottò le sopracciglia e reclinò leggermente il capo verso destra, lasciando scivolare i capelli biondi a coprirle una parte del viso. “Dimmi che hai una scusa soddisfacente che giustifichi il motivo per cui ti trovi qua. Ti stai seriamente mettendo nei guai, Shane Howe, e sai che non parlo per me.” Si avvicinò di qualche passo, abbastanza per vedere quanto il volto del ragazzo fosse pallido. Non sapeva perché, ma provava uno strano senso di protezione verso quel Serpeverde che riusciva a combinare solo guai. Lo ricordava ancora al primo anno, vittima dei ragazzi più grandi perché troppo esile e delicato; per quanto fossero passati sei anni, Maeve riusciva a vederlo solamente così. Non importava quanto fosse cambiato, per la Winston sarebbe sempre stato quel bambino. “Ehi, tutto a posto?” Domandò preoccupata, poggiando delicatamente la mano sul suo gomito. La ritrasse subito dopo: per lei quel piccolo contatto valeva quanto un abbraccio per le persone normali.
    Certe abitudini faticavano a morire.
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    Maeve Winston era seriamente un problema che in quel momento gli intralciava il cammino. Era uno tronco posto di traverso su una strada trafficata. Gli avrebbe fatto sicuramente piacere incontrarla in altre circostanze, ma non lì, non a quell'ora e non in quel periodo delicato. Non esagerava a dire che era in bilico tra la vita e la morte.
    « Shane, ci mancherebbe altro per Merlino! Non che ti sia perso molto, Lilian mi ha mandato la sua versione di un gufo per dirmi che senza di me il dormitorio è troppo vuoto »
    Quelle parole gli suonarono così false, nonostante Maeve le pronunciasse con convinzione, ma non spettava a lui indagare quanto di vero ci fosse dietro quella frase. La scrutò un attimo, solitamente per lui le bugie avevano un odore particolare, era come un lupo, non gli sfuggiva niente. Ma chissà cosa stava nascondendo in realtà, questa domanda stuzzicò la sua curiosità come non avrebbe dovuto e rispose al sorriso che lei gli porse, con sguardo pensieroso e indagatore, senza aggiungere altro. Lei abbassò lo sguardo e il viso lasciando che i capelli le ricadessero sul volto a coprirlo per metà.
    « Dimmi che hai una scusa soddisfacente che giustifichi il motivo per cui ti trovi qua. Ti stai seriamente mettendo nei guai, Shane Howe, e sai che non parlo per me. »
    Una scusa soddisfacente? Le sarebbe bastato sapere che sarebbe morto senza nemmeno vedere l'alba del giorno dopo? E adesso si stava seriamente preoccupando per la sua incolumità, se Maeve avesse voluto avrebbe potuto togliere punti alla sua casa, ma quello che era peggio era che non l'avrebbe lasciato andare, quindi lui si sarebbe dovuto opporre, per forza di cose e avrebbe rischiato di coinvolgere persone al di sopra di lei, rischiando l'espulsione. «...e sai che non parlo per me. » Gli ripercorse in testa questa frase, per chi parlava? Al momento Shane sarebbe stato un bocconcino facile per qualsiasi stronzo, ma solo perchè era debole, in realtà in altri momenti nessuno lo avrebbe toccato perchè per quanto da piccolo fosse vittima dei soprusi dei più grandi adesso le cose erano cambiate, lui non si faceva mettere i piedi in testa da un qualche prefetto - soprattutto Maddox - da nessuno, anche sedoveva ammetterlo, le regole erano regole e lui era in torto marcio.
    « Se parli di Maddox, sei gentile ma non hai motivo di preoccuparti, come non ne ho io. » Comunque, tutto questo groviglio di informazioni non lo avrebbero aiutato a superare l'ostacolo Winston, a lei non importava chi Shane fosse, svolgeva semplicemente il suo lavoro. Doveva giocare d'astuzia in quel momento, raggirare la Corvonero o magari anche solo essere sincero con lei...Mentre pensava a cosa dire la ragazza si avvicinò a lui e lo guardò in un modo che bè, Shane non si sarebbe mai aspettato. Vide quasi tenerezza nel suo sguardo mentre lo osservava. Quello sguardo lo riportò indietro di 6 anni. « Ehi, tutto a posto? » Si ritrovò un attimo spiazzato per il tono preoccupato con il quale lei gli domandò se stava bene e gli toccava il gomito, con aria impensierita. Anche per lui quel piccolo contatto voleva dire molto, non lo avrebbe mai ammesso « Benissimo Maeve » Disse cercando di richiamare a sè tutta la forza che aveva in corpo, simulò un sorriso che non avrebbe convinto nemmeno il più idiota sulla terra. « E' che sai spesso le esigenze chiamano e bisogna soddisfarle. » Poteva metterla in quei termini, dopotutto anche lui era molto bravo a mentire, ma pessima scusa da dare ad una Caposcuola. Doveva essere più convincente, quella scusa non lo avrebbe fatto andare da nessuna parte e stava rischiando di non poter uscire. « Capisci cosa intendo no? Devo andare a Hogsmeade, dai non puoi chiudere un occhio? » "O magari entrambi e lasciarmi andare" Una goccia di sudore gli corse lungo lo zigomo e la scacciò con la manica mantendo quell'aria di ostentato benessere che ovviamente non c'era, eppure non faceva caldo, anzi l'aria quella sera era quasi gelida. Probabilmente Maeve non l'aveva mai visto in quello stato, ecco perchè si preoccupava per lui, aveva davvero una pessima cera. Ma lui ovviamente non poteva spiegarle i motivi di quel suo stato. Rendendosi conto che non probabilmente non l'avrebbe sciolta sospirò.
    « Per favore. » Disse quasi supplichevole pugnalando il suo orgoglio mille volte e sperando che la ragazza - miracolosamente - capisse senza bisogno di spiegazioni, che gli leggesse il pensiero in qualche modo. Vivere / Morire erano questi i termini di scelta.
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    “Se parli di Maddox, sei gentile ma non hai motivo di preoccuparti, come non ne ho io.”
    Merlino, perché tutti pensavano sempre che Maeve si riferisse a Maddox in quei casi? Jaz era un ragazzo.. particolare; la Winston lo conosceva da quando aveva cominciato a frequentare il primo anno ad Hogwarts. Sapeva che amava divertimenti che a lei non erano mai piaciuti più di tanto, e sapeva che la maggior parte di questi riguardava dolore e torture, ma aveva visto in lui anche un ragazzo con tante potenzialità. La maggior parte delle volte non era sadico per il puro gusto di veder soffrire qualcuno, ma perché quel sangue gli avrebbero portato altri privilegi, cose che magari le persone subito non riuscivano a comprendere. Riusciva a vedere lontano, Maddox. Era un bastardo manipolatore, ma la Caposcuola dei Corvonero in fondo lo ammirava, e gli dispiaceva che tutti lo vedessero in malo modo. Quando tutti ti vedono in modo distorto, finisce che quella lente ti entra così in profondità nella pelle che non sai nemmeno tu quale sia la persona vera, senza saper distinguere qualcosa di intenzionale da qualcosa che sai gli altri si aspetterebbero da te. A lei era sempre bastata un’occhiata per rimetterlo al suo posto, quindi non la smetteva di stupirsi di quanto gli altri riscontrassero problemi con lui.
    Maddox?” Domandò con una risata di scherno, alzando gli occhi al cielo. “Non rientra nemmeno fra le mie prime dieci preoccupazioni. Hai diciassette anni, Shane. Pensavo avessi imparato a farti rispettare dai ragazzini più piccoli” Fece scattare un sopracciglio verso l’alto, l’ombra della risata che aleggiava ancora nell’incurvatura delle labbra. Divenne seria, continuando a studiare il viso del Serpeverde. “In realtà stavo pensando a Callaway. E’ il vostro responsabile, ricordi? A lui non piacciono i modi gentili, e non si farà riserve solo perché sei della sua casata, anzi: è più probabile che ti sacrifichi su un altare senza tante cerimonie”
    Non se li era fatti per lei, di problemi, quando l’aveva torturata ad High Street: non ci avrebbe pensato più di tre secondi, se avesse ritenuto Howe meritevole di una lezione di vita, specialmente se metteva in imbarazzo la grande ed onorevole casa dei Serpeverde.
    “Benissimo Maeve . E' che sai spesso le esigenze chiamano e bisogna soddisfarle. Capisci cosa intendo no? Devo andare a Hogsmeade, dai non puoi chiudere un occhio?”
    Non era diventata caposcuola dei Corvonero per farsi prendere in giro da un ragazzotto che cercava di sgattaiolare fuori dal castello dopo l’orario del coprifuoco. La sua espressione si indurì, e tornò ad incrociare strettamente le braccia sul petto. “Non ci sono esigenze che tu non possa soddisfare ad Hogwarts, e lo sappiamo entrambi. Anche se.. comprendessi il tipo di esigenza a cui ti stai riferendo” Aggrottò le sopracciglia, chiaro segno del fatto che –chiaramente- non aveva capito a cosa alludesse. Per quanto la riguardava, le esigenze primarie nella vita erano libri e caffè, entrambe presenti in considerevole quantità fra le mura del castello. Le esigenze di un ragazzo diciassettenne probabilmente includevano cose a lei sconosciute, tipo una rasata dell’ultimo momento da Amortentia (anche se dal viso imberbe di Shane l’avrebbe escluso), o una breve avventura con qualche bella cameriera ai Tre Manici. Che lei sapesse nel pub lavorava Stiles, però. “Non ti lascerei uscire dal castello. È il mio lavoro” Fece spallucce, guardando di sottecchi il ragazzo.
    “Per favore”
    Quasi valutò l’opzione di far finta di nulla, girarsi dall’altra parte e fingere di non averlo mai visto: quasi. Era un Corvonero, dopotutto. E le regole esistevano per essere rispettate, specialmente quando infrangerle avrebbe significato più di qualche ora a sistemare archivi impolverati. Non lo faceva per sé stessa, lo faceva per loro. “Per quanto apprezzi lo sforzo, con me non attacca” Puntò l’indice al suo petto e lo spinse leggermente all’indietro, lanciandogli un’occhiata allusiva. Pensava davvero di fregarla con un misero per favore? Era una brava ragazza, ma non così tanto.
    Dimmi perché dovresti uscire, e potrei valutare l’opzione” Lo guardò seriamente, una scintilla nello sguardo azzurro. La parte di lei che non aveva il ruolo di caposcuola capiva l’esigenza di dover uscire dal castello, come aveva fatto lei quel giorno per l’incontro con i Ribelli. Se avesse avuto una spiegazione plausibile, qualcosa che ne giustificasse l’urgenza, avrebbe potuto davvero voltarsi e lasciarlo andare. Ma doveva essere dannatamente importante, dannazione, anche perché significava che avrebbe dovuto trovare qualche scusa nel caso l’avessero scoperto. Avrebbe anche potuto dire di non averlo visto nel giro di ronda e lavarsene le mani, ma quel giorno quando Barrow aveva parlato a tutti loro, aveva compreso una lezione importante: fingere che una cosa non esista non fa in modo che questa cessi di creare problemi, che le conseguenze si ripercuotano su di lei o su qualcun altro.
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    Maeve Winston, una frana su quell'autostrada che era la vita di Shane in quel momento. Come aveva potuto pensare che lei potesse chiudere un occhio sulla sua uscita dal castello. "Maeve, Maeve, caposcuola dei miei stivali" La guardò con sguardo sottile e immaginando di tirare fuori la bacchetta e farla fuori. Ma ovviamente non lo avrebbe fatto, come detto non voleva e non ne era in grado al momento. Era debole, stanco, spossato. Voleva una scusa convincente? Non poteva dirle la verità. Lui comunque la capiva, era il suo "lavoro" era stata scelta per tenere l'ordine. Shane non aveva mai aspirato a niente di simile non essendo in grado di essere lui per primo di rispettare le regole. In questo senso erano due persone completamente opposte.
    « In realtà stavo pensando a Callaway. » Gli venne da ridere, ma si limito a fare un sorrisetto.
    « Callaway? » Scosse la testa, era evidente che la Winston non aveva idea di quello che stava avvenendo quel periodo con Callaway e i Mangiamorte. « Ha altro a cui pensare al momento, non creiamo bufere basate sul niente, e comunque ho il suo permesso per uscire stanotte. »
    Callaway sapeva a malapena dell'esistenza di Shane, ma lui avrebbe voluto per la missione persone forti e al massimo delle potenzialità, quindi...E poi se proprio doveva temere qualcuno era Damian, lui aveva un terzo occhio sempre fisso sul nipote, costantemente. Ed era una persona puntigliosa, ordinata, perfettina, non sbagliava mai: un rompi coglioni, detto in breve.
    « Anche se.. comprendessi il tipo di esigenza a cui ti stai riferendo non ti lascerei uscire dal castello. È il mio lavoro »
    Comunque Maeve era un osso duro, non l'avrebbe lasciato uscire.
    In mezzo secondo si ritrovò a pensare a 10.000 modi per raggirarla.
    Un incantesimo? L'imperius era un'opzione da non considerare nemmeno per sbaglio per tante ragioni. Diamine qualsiasi cosa sarebbe stata decisamente fuori portata per lui al momento. Persino un Confundus era fin troppo complicato, richiedeva una concentrazione che Shane non sarebbe riuscito a racimolare in quelle condizioni. E poi, sinceramente non voleva mettersi contro Maeve, lo avrebbe seriamente messo in difficoltà se l'avesse ingannata così.
    “Dimmi perché dovresti uscire, e potrei valutare l’opzione”
    « A quale esigenza mi sto riferendo...» Ripetè le sue parole e mise le braccia conserte al petto « Sono un animale in gabbia in quel dormitorio, sto morendo là dentro, ho bisogno di uscire. » Era la verità, pur non essendo entrato nei particolari della questione, il fatto era quello, ci sarebbe morto. « Il permesso di Callaway è sufficiente no? Mi ha spostato il coprifuoco alle 3.00 » Ok, se avesse rifiutato ancora bè sarebbe tornato nel dormitorio, avrebbe corrotto Maddox - sì, sapeva come corromperlo - E poi sarebbe uscito di nuovo, senza problemi. La notte era giovane e più aspettava più Hogsmeade si riempiva di idioti, aveva tutta la notte per uscire. O forse la Winston voleva sorvegliarlo fino all'alba? « Non credi che il coprifuoco per noi del settimo anno sia inutile e ingiusto? Non siamo più dei bambini. » Le disse sinceramente e non per convincerla, non sarebbe servito. Chissà che pensiero aveva a riguardo. Si aspettava sicuramente che fosse una ragazza con un pensiero a riguardo al di fuori del suo essere Caposcuola.
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    Shane Howe non riusciva nemmeno a costruire una balla decente. Callaway che dava il permesso a qualcuno, posticipando l’ora del rientro alle 3 di notte? Non stava né in cielo né in terra. Lo conosceva abbastanza bene per sapere che amava le regole, e l’unico che poteva infrangerle era egli stesso. Era inoltre abbastanza egoista da godere nel non fare favori a qualcuno: era il classico tipo di persona che quando rimaneva una solo fetta di torta, senza chiedere nulla a nessuno la mangiava, per poi domandare ingenuamente Ah, la volevate mica?
    Se il suo sopracciglio avesse potuto inarcarsi maggiormente, l’avrebbe fatto. Continuò a guardarlo imperterrita, con le braccia incrociate nel petto. Aveva perfino perso la voglia di ascoltarlo, e ormai aspettava solamente che rientrasse al castello, cosicché che entrambi potessero andare a dormire: per quanto la riguardava, la attendevano due giornate incredibilmente lunghe.
    “Stiamo parlando dello stesso Callaway? Se fossi un Tassorosso, ti lascerei passare senza problemi: Sales in cambio di promesse di cibo, o di alcolici, farebbe uscire anche un undicenne nel bel mezzo della notte. Ma..Callaway che da permessi?” Rise, battendo le mani l’una contro l’altra. “Nella mia lunga carriera di Caposcuola e Prefetta, questa è la bugia meno credibile che le mie orecchie abbiano udito. I miei complimenti, Howe”
    “Non credi che il coprifuoco per noi del settimo anno sia inutile e ingiusto? Non siamo più dei bambini”
    Maeve si appoggiò con la spalla all’albero più vicino, ed incrociò i piedi a terra: la conversazione si faceva più interessante ogni secondo che passava. Si mordicchiò il labbro inferiore come se stesse pensando intensamente, lo sguardo a terra fra i fili d’erba ancora di un verde smunto. Quando rialzò lo sguardo, sembrava stesse per cedere.
    Hai ragione, ormai siamo maggiorenni ed il coprifuoco è pressochè inutile. Nel senso, qualunque cosa decidiamo di fare oltre l’orario prestabilito sono affari nostri, e se ciò ha ripercussioni sul nostro andamento scolastico dobbiamo solamente prenderne atto ed affrontare le conseguenze a testa alta: voti sempre più bassi, meno possibilità di lavoro, più sedute nella Sala delle Torture.. ma sarebbero scelte nostre, ed ormai abbiamo l’età per decidere di testa nostra”
    Si staccò dall’albero e si posizionò nuovamente di fronte al Serpeverde. “Sono d’accordo con te, Shane Howe.
    Ma dato che il coprifuoco è ancora in vigore per tutti gli studenti, ultimo anno compreso, è giunta l’ora che tu faccia una bella mezza giravolta su te stesso e riporti il deretano in sala comune. Non voglio toglierti punti, davvero, ma così mi stai praticamente implorando di farlo. Il prossimo passo sei te che in ginocchio mi chiedi se per favore posso mandarti in Sala delle Torture seduta stante”

    Alzò gli occhi al cielo e con una mano gli indicò il castello, perentoria.
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    Perdonami la brevità sweetie,ma avendo ancora pochi giorni a disposizione ho preferito darmi una smesciata ! u.u
     
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    La Winston faceva del suo lavoro una questione di vita o di morte e pensandoci in fondo lo era. Lo era in primis per Shane, che però al contrario della bionda non poteva mettere in luce il suo operato ne tantomeno aveva i poteri per farlo. Eppure lui continuava a pensare – magari sbagliando – che, se anche glielo avesse seriamente domandato, Callaway gli avrebbe dato il permesso di uscire e in quel caso non ci sarebbe stata Maeve che tenesse. Ma probabilmente la ragazza conosceva il suo responsabile, nonchè professore molto meglio di quanto lo conoscesse Shane. La verità era che farsi espellere ad un passo dagli esami finali non era nei suoi piani, ne far togliere punti agli Slytherin che per carità probabilmente la Corva ci avrebbe goduto cento volte a farlo. No.
    Non le rispose affatto su ciò che aveva enunciato su Callaway, sulle regole, sinceramente quella conversazione annoiava la Winston come annoiava lui. Se avesse incontrato il Caposcuola Italie, probabilmente avrebbero fatto due chiacchiere e sarebbe stata una conversazione piacevole, forse nemmeno lui l'avrebbe fatto uscire comunque, a questo non sapeva rispondere. Sapeva solo che qualsiasi essere umano dotato di poteri faceva di tutto per esercitarli sugli altri finchè poteva, e secondo Shane, faceva bene. Se avesse incontrato Devereux ...no, il Caposcuola della sua casa era difficile da trovare in giro per il castello e bè, per Shane era meglio così. Rimase a guardare la bionda per qualche secondo ancora, prima di voltare i tacchi. Apprezzava il suo atteggiamento tenace, erano tutti bravi a far rispettare le regole al prossimo. Apprezzava un po' meno il suo lato ipocrito, visto che la Winston in primis non era una santa e sicuramente qualche regola, anche bella grossa, l'aveva infranta e continuava a farlo tutt'ora. Basti pensare ai suoi sguardi equivoci e le frasette a lezione con il professor Leroy e non solo, anche con Callaway di cui lei tanto parlava. « Buonanotte Maeve, non fare tardi. » Disse voltandosi e facendo svolazzare in aria una mano a mo di saluto. Non era il tipo da implorare niente, ne mettersi in ginocchio o fare scenate, sicuramente però non avrebbe dimenticato quei 10 minuti in sua compagnia. Tornando al castello rivalutò anche l'importanza della "toppa" Winston nella sua vita, pensandoci non era un tronco di traverso o una frana nell'autostrada. Era semplicemente uno stupido nodo tra i capelli, niente di insuperabile, ma comunque fastidioso. In fin dei conti non aveva cambiato idea su di lei, era una ragazza coraggiosa e lui le doveva tanto e non le avrebbe mai torto un capello.
    Mentre rientrava nei sotterranei pensava già a come superare la Fox e Maddox per poter uscire quella notte stessa.
    Let it break you out of this prison you became. It’s not too late.


    no problem
     
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