It's all in the mind.

a. m. chamberlain

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    Si guardò attorno per la millesima volta da quando era arrivata. Alzò gli occhi dalle righe del libro in cui si era immersa, seduta per terra, con la schiena poggiata al freddo muro di pietra della torre, ma non c’era ancora nessuno. Maeve Winston amava la torre dell’orologio, così vicina al cielo che le sembrava di poter allungare la mano e prendere una stella, mentre il ticchettio delle lancette scandiva brevi momenti infiniti. Spesso, quando aveva voglia di stare sola, prendeva un libro ed arrivava lì in cima, dove il vento soffiava un po’ più forte ed il mondo sembrava non aspettare altro che di essere osservato. Sospirò piano, chiudendo le pagine e lasciando l’indice in mezzo a lasciare il segno, ricordando: era alla Stamberga, era confusa, era sola; non sapeva più cosa fosse giusto e cosa sbagliato, non sapeva quale via prendere all’incrocio. Era bastata una persona, un uomo, per aprirle gli occhi verso la direzione in cui suo cugino, Alec Winston, aveva sempre cercato di spingerla: la Resistenza. Qualcosa per cui lottare. Maeve aveva tenuto quel segreto stretto fra le mani, non ne aveva fatto parola nemmeno con suo fratello per paura che potesse giudicarla: Edan non si era mai spinto così oltre, sempre sul limite e solo per l’autoconservazione. Cos’avrebbe pensato di lei? Era pericoloso, ma forse la scelta meno egoistica che la bionda avesse mai preso nei suoi diciott’anni di vita; stava cercando di redimersi per tutto ciò che aveva fatto, per le persone che aveva fatto inconsciamente soffrire quand’era troppo presa da sé stessa. E trovarsi sulla Torre, in quel momento, non era che una parte di quella scelta: Allison Marion Chamberlain.
    Quindici anni, Grifondoro, sorella di Seb e Jamison. Il Chamberlain Corvonero, Sebastian, era preoccupato per lei, e sinceramente Maeve non sapeva come dargli torto. Da una parte comprendeva lo spirito ribelle della ragazza, oltre ad essere nel pieno dell’adolescenza si trattava di una Rosso – Oro, ed i grifi non erano famosi per il loro autocontrollo. Dall’altra sapeva benissimo cosa provava Sebastian, perché si trattava dello stesso senso di protezione che da sempre aveva legato lei e Edan. E, una terza parte, vedeva nell’affronto all’autorità di Marion una condanna implicita verso il Regime: non sapeva se essere speranzosa di trovare terreno fertile per i ribelli, o se essere terrorizzata all’idea di un soldato così giovane.
    Tornò fra le pagine del libro, facendo scorrere il dito sul bordo delle pagine di Oscar Wilde: I più bei versi, le più belle scene a teatro riguardano sempre la morte, perché il più grande messaggio dell'artista è farci comprendere la bellezza della disfatta. Un breve sorriso triste le incurvò le labbra. C’erano libri che si riadattavano a tutte le storie, capitoli che non sarebbero mai stati dimenticati, frasi che nella loro semplicità riuscivano a cogliere più di quanto due tomi potessero esprimere. La bellezza della disfatta, la fugacità di un momento nell’istante in cui cessa di essere infinito per diventare un imperfetto. Ciò che era e non sarebbe più stato. Rivide la battaglia sulle scogliere, il sangue di Donnie, il terrore negli occhi di Jayden, le lacrime di chi aveva visto morire sotto le fiamme Audrey. Rivide il corpo di Liam cadere, ed il suo cuore precipitare assieme a lui. era questo il futuro che voleva per la piccola Chamberlain? Deglutì. Marion stava facendo arrabbiare più di una persona al castello, il suo comportamento l’avrebbe portata ad una disfatta morale e fisica: avrebbe potuto incanalare le sue energie verso un nuovo obiettivo, se Maeve gliel’avesse fatto conoscere. Se fosse stata convincente. Per un attimo si rivide riflessa nel corrimano del ponte sospeso, una ragazza monocromatica.
    Poteva farlo?
    Poteva farlo. Sentì un rumore provenire della scale; poggiò il libro con delicatezza per terra ed alzò lo sguardo.
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    Voleva davvero farlo? Voleva davvero combattere per quegli ideali che l'avevano salvata dalla casata Verde-Argento quattro anni prima? Voleva davvero voltare la schiena alla sua famiglia? D'altronde non era stata allevata come una perfetta Purosangue, non lo era; e cosa le aveva procurato la sua famiglia? Dolore, odio, sofferenza, condanna. Sua madre sì era stata una Mangiamorte, ma di nome e non di fatto. Quando era stato il momento di combattere a fianco dell'Oscuro Signore lei era a Bristol, scappata con un babbano, voltando la faccia alla famiglia e probabilmente l'unico contatto con la magia che aveva avuto in quegli anni era l'intruglio che somministrava quotidianamente a McNamara. Era cresciuta come una babbana, incoscente del suo potere magico, per poi scoprirlo in circostanze infelici che avevano dettato l'inizio del crollo psichico di suo fratello Seb, che avevano portato ancora più tensione in casa, che avevano segnato la definitiva distruzione della famiglia. Si era allora legata alla nonna Marion, aveva vissuto qualche estate nel grande villone di famiglia, per qualche tempo la sua vita era cambiata, era nato in lei l'orgolio della sua genealogia, era diventata diversa da i suoi fratelli, era diventata l'erede. La sua anima, in quegli anni, si era corrotta, aveva conosciuto in maniera sbagliata la storia dell'Oblivion, raccontatale dai vecchi, si era illusa che i buoni fossero i Mangiamorte, era stata ad un passo da diventare una di loro. E poi anche quel mondo, che l'aveva accolta quando sia a casa che a scuola le torture non mancavano, l'aveva tradita, si era rivelato quello che era in realtà: animalesco, brutale, spietato. Era piombata su di lei la maledizione e le precauzioni messe in atto dalla famiglia erano state ben più pesanti delle torture di Hogwarts. E quindi da che parte stare? Dalla parte che il Cappello Parlante aveva visto in lei, una ragazzina undicenne confusa che non capiva ancora la situazione? O dalla parte della nonna che l'aveva salvata ma allo stesso tempo condannata, tramite Aaron, alla maledizione che si portava appresso? L'influenza di quest'utima era di certo pesante ed era stato il suo maggiore freno in quegli anni. Ma ora, probabilmente più consapevole di quello che era il mondo magico, dei metodi che utilizzava, della repressione, delle torture, si era decisa.
    Marion avrebbe resistito.
    I suoi fratelli rimanevano neutrali, molti dei suoi amici erano neutrali, pochi erano quelli che si schieravano. Tanti avevano paura di rischiare e preferivano vivere nell'anonimato cercando di dare il meno possibile nell'occhio. Tanti erano paralizzati dal terrore che il regime esercitava.
    Marion non aveva paura.
    Probabilmente era un'incoscente grifondoro, caparbia nelle sue convinzioni, che era stata per troppo tempo arrabbiata con il mondo. E ora sfogava la sua rabbia su tutti coloro che rimanevano grigi, inermi di fronte alla situazione.
    Marion voleva combattere.
    Non riusciva più a guardare Seb negli occhi, che cercava sempre una soluzione a suo vantaggio, che calcolava tutto e che solo se avesse vinto prendeva posizione. E Jamie? Jamie pensava solo al Quidditch e alla ragazze. Era possibile che le torture al castello non salfissero nessuno? Che nessuno avesse il coraggio di opporsi?
    Proprio per quel motivo quel pomeriggio stava salendo la lunga scalinata che portava alla torre dell'orologio, uno dei luoghi meno frequentati del castello. Indosso la solita divisa, la gonna corta, leggermente modificata, la camicia rosso-oro e un leggero mantello a coprirle le spalle; in quel periodo la sera incominciava a fare freddo e la sola uniforme non bastava. Non sapeva quanto quell'incontro si sarebbe prolungato, ignorava a che ora sarebbe tornata in sala comune. E mentre saliva sentiva il cuore battere, solo nel silenzio della scalinata, sentiva l'adrenalina aumentare, sapeva che quella sera si sarebbe deciso il suo futuro. Era in cima. Si fermò un istante, prese un bel respiro ed entrò. L'aspettava una ragazza bionda, amica di Seb, apertamente schierata. "Ciao Maeve" disse inumidendosi le labbra.
    La sua iniziazione cominciava.


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    Tic, Tac. Si mordicchiò l’unghia del pollice, desiderando di non aver mai mandato alcuna lettera a Marion. Desiderando che non fosse una sua responsabilità. Tic, Tac. Alzò gli occhi al cielo, chiedendosi come facessero gli altri Ribelli: cos’aveva più di lei William Barrow? E suo cugino? E Keanu? Il fatto che due su tre fossero stati smistati nei corvonero, la diceva lunga su ciò che li accumunava. Eppure, Maeve non riusciva a trovare nemmeno un briciolo della loro risolutezza, né nel paesaggio al di là della balaustra né nelle pagine sbiadite del libro fra le sue mani. Cosa le avrebbe detto? Era stata impulsiva, aveva agito per il bene di Sebastian e per quello della giovane Grifondoro. Forse troppo sciocca e speranzosa, due difetti che mai avrebbe voluto avere nel suo curriculum. Maeve Winston, ex caposcuola Corvonero, che era sempre stata sicura di tutto nella sua vita, si ritrovava a mettere insieme brandelli caotici alla ricerca di un ordine razionale. Se non ne fosse stata in grado, in quella situazione, non sarebbe stata l’unica a rimetterci. Aveva già un piano: se Marion non fosse stata dei loro, le avrebbe cancellato la memoria, sostituendo quella sosta alla Torre come un ripasso di Astronomia, o solo Merlino sapeva cosa si sarebbe inventata. Puntava tutto sull’improvvisazione: un attrice con il suo canovaccio, una storia e nessuna battuta scritta apposta per lei. Però.. bastava come piano? Sembrava vacillare quanto un pianoforte sulle nuvole, e l’incertezza era la cosa che più odiava. Sospirò teatralmente, mentre il cuore cominciava a battere a ritmo irregolare, seguendo il ritmo delle lancette dell’orologio. Si alzò, pronta ad andarsene ed a scusarsi con la ragazza, quando la vide entrare. Aveva due grandi occhi azzurri, come quelli del fratello, ma più risoluti; un viso dai lineamenti morbidi, una pelle candida ben in contrasto con la cascata color ebano che sembrava caratterizzare il trio Chamberlain. Assomigliava così tanto, e così poco al Corvonero, che Mae si trovava spaesata. “Ciao Maeve” Respira Maeve. Puoi farlo. Dannazione, se ce l’ha fatta Barrow..Ciao, Marion” Disse con sicurezza, usando il tono da mentore che aveva udito alla riunione prima della battaglia in Irlanda. Un timbro calibrato e sicuro, molto più di quanto non fosse lei in realtà. Le sorrise accomodante, indicandola di avvicinarsi. Poggiò le mani sulla fredda balaustra che le separava dal resto del castello: se avesse chiuso gli occhi, avrebbe potuto volare. Bastava un soffio. “Ho sentito tanto parlare di te” La guardò di sottecchi, quando fu abbastanza vicina. “E non sempre bene. So che l’autorità non sempre piace, ma bisogna rispettarla. Qualunque sia il tuo pensiero” Sottolineò. Diede le spalle al cielo azzurro, e puntò la bacchetta contro le pareti della torre. “Muffliato” un lento cerchio del polso, girando su sé stessa per circoscrivere l’area. Si guardò attorno fugacemente, e dopo aver appurato che non ci fosse nessuno, cominciò a parlare con più schiettezza. “Le persone cominciano a farsi domande, e da quel che ho imparato nessun interrogativo è mai un buon segno. So che non sei.. non hai ancora fatto la tua scelta. I Mangiamorte ti hanno già mostrato cos’hanno in serbo per te: non devi credere alle loro promesse di potere, Chamberlain. Quando ne avranno l’opportunità ti scavalcheranno, e non saranno mai soddisfatti dalla caduta. Vorranno di più” La voce si assottigliò, tanto che a malapena riusciva a sentirsi ella stessa. Si schiarì la gola e inumidì le labbra secche. “E forse arriverai ad un punto, in cui quel di più rischia di spezzarti. Voglio essere sincera con te, però: non si tratta di una loro prerogativa; ovunque tu vada, qualunque sia la tua scelta, sarà sempre così. Le cose stanno cambiando, devi mettere tutte le carte sul tavolo. Anche quando fa male” Decisamente era una pessima promotrice della causa, ma era sincera. Si potevano imputare tanti difetti a Maeve Winston, ma tranne le bugie necessarie a nascondere quella sua identità che avrebbe messo in pericolo più persone di quante ne avrebbe salvate, era sempre stata una fautrice della verità. La sua era stata una scelta ben ponderata, e criticata (la corvonero era così critica, che Kant le avrebbe solo lucidato le scarpe). Voleva che anche la ragazza soppesasse l’intera faccenda da un punto di vista puramente oggettivo, e che decidesse liberamente. Non sempre ciò che era giusto comportava delle giuste decisioni. Per un momento, vide la pistola di Will sotto una luce differente: faceva ancora troppo male, però. “L’adolescenza è un periodo difficile. Magari hai solo bisogno di schiarirti le idee. Sei ancora così giovane” Le lanciò un’occhiata preoccupata. Voleva dire innocente, ma la parola le era rimasta incastrata in gola. Non sapeva nulla della sua famiglia, non sapeva quanta innocenza serbasse, ma diamine.. una guerra? Chi sei tu per giudicare, Maeve? Dovresti portarla fra le vostre schiere. Dovresti infischiartene, è una sua decisione. Strinse la presa sulla ringhiera. “Dimmi per quale motivo sei salita fin qua” Domandò in un tono serio ed austero in cui, finalmente, si riconosceva.
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    E' bipolare, poverina(?) ahahah
     
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    Era giunta alla sommità della torre, dove un freddo vento sibilava tra le fessure delle pietre, tra le ampie finestre che permettevano al suono dell'orologio di diffondersi in tutto il circondario. Maeve, che fino a quel momento conosceva solo come amica di Seb, diventava ora un personaggio che si sarebbe rivelato determinante per la sua vita futura. Era nervosa; tutta la situazione sembrava complicata; avrebbe preferito essere assoldata da qualcuno di esterno alla sua famiglia, che non la conoscesse minimamente. Era come se Seb fosse presente lì con loro, con il suo sguardo indagatore e protettivo e ancora una volta, in un momento così importate, le pareva che i suoi fratelli la condizionassero ancora. Perchè Winston l'aiutava? Perchè sarebbe stata proprio lei a introdurla nella Resistenza sapendo benissimo che Seb non approvava, che aveva paura per la sua sorellina minore? Questo per Marion era un mistero, qualcosa di inspiegabile e di certo non si sarebbe mostrata così sfacciata da chiederglielo apertamente, come incipit del discorso. Vide che la ragazza le sorrideva e che con un leggero cenno del biondo capo l'invitava ad avvicinarsi. Marion ricambiò il sorriso ed andò ad appoggiare le mani sulla balaustra della finestra del lato nord della torre, vicino a quelle della corvonero. Completamente esposta all'aria e al vento freddo respirava, doveva ricordarsene. Quello che solitamente era un meccanismo istintivo del suo corpo, talvolta, in situazioni tese, diventava soggetto al comando preciso del suo cervello. Respira. Maeve cominciava a parlare. "Ho sentito tanto parlare di te." Beh, non era una novità. La sua attività al castello era piuttosto chiacchierata, soprattutto tra i pezzi grossi di Hogwarts. Aveva a che fare con un exCaposcuola, lo sapeva bene, e era altrettanto consapevole del fatto che sapesse tutte le malefatte per cui le erano stati sottratti punti, quelle conosciute e sospettava che ne conoscesse anche altre, quelle dove non era stata beccata sul fatto. Già aver accettato quell'incontro per Marion era un gran passo avanti nei confronti del suo rapporto ostile con le autorità. Era un primo, piccolo segno di fiducia nei loro confronti, arrivato dopo quattro anni di completo rifiuto. Forse stava crescendo, forse Maeve era un'eccezione. Faceva parte dei ribelli no? “E non sempre bene. So che l’autorità non sempre piace, ma bisogna rispettarla. Qualunque sia il tuo pensiero” continuava la ragazza. La guardò un po' perplessa, non si trovava d'accordo. Per niente. Dove rispettare il Regime? Doveva rispettare persone che torturavano dei ragazzini? Doveva rispettare dei Mangiamorte che avevano cancellato la memoria a tutta la popolazione magica? Non capisco. In questo momento la maggiore autorità è rappresentata dal Regime, dovrei rispettare un branco di Mangiamorte che sfrutta come maggior strumento il Terrore e la Tortura? Era nel suo carattere, non riusciva a stare zitta. Avvampò. Era davvero della Restenza la ragazza che aveva di fianco? Fino a quel momento non aveva mai dubitato, ora si chiedeva se fosse soltanto uno strumento in mano a Seb per controllarla, per farle la ramanzina e per farle cambiare idea. Respira. In quel momento desiderò ardentemente di potersi rollare un po' di erballegra e fumarsela, per calmarsi. Strinse leggermente la balaustra osservando come Maeve ora le isolava dal resto del castello con un Muffliato. "Rispetterò un'autorità che condivida i miei ideali, anche se in questi anni ad Hogwarts non l'ho tanto dimostrato so nutrire un profondo rispetto per le persone a cui credo, per le persone che reputo giuste." Aggiunse in tono un po' più pacato. Come al solito si infuocava per qualche istante e poi cercava di patteggiare. Non voleva chiudersi immediatamente le porte, probabilmente aveva solo frainteso la parole di Winston, probabilmente la ragazza si riferiva alle regole e alle cariche all'interno del castello. Avrebbe compromesso candidatura a soldato resistente il suo Background? Sicuramente. Il suo temperamento così ribelle certamente non faceva di lei una recluta perfetta, ma aveva ben altre doti. Ora la compagna si soffermava, parlando, sulle cattive caratteristiche dei Mangiamorte. Le conosceva fin troppo bene. Fortunatamente aveva già scoperto da sola la loro natura l'estate precedente e questo l'era bastato. Apprezzava la schiettezza di Maeve. Il rischio si correva da entrambe le parti, le stava parlando chiaro, sottolineando bene i pro, ma soprattutto i contro. "Penso di conoscere, almeno in parte, il rischio che corro" aveva visto la morte in faccia e dopo pochi minuti il suo migliore amico era stato trucidato, non accetteto, non aiutato. "Come sai noi Chamberail siamo eredi di una stirpe pura e nobile. In queste ultime estati ho avuto modo, a differenza di Seb e Jamie, di conoscere meglio le nostri origini, la nostra famiglia. Mi sono fatta un'idea e sono rimasta ehm... scottata." Calibrò e soppesò bene le parole evitando appositamente di dire di essere Purosangue e di inoltrarsi troppo della questione. Se la sua iniziazione si sarebbe conclusa sarebbe stata completamente sincera con Winston, sul suo vero essere, ma per il momento non era il caso di scoprire tutte le carte. “L’adolescenza è un periodo difficile. Magari hai solo bisogno di schiarirti le idee. Sei ancora così giovane” probabilmente era preoccupata, emergeva quasi un tono materno.
    Marion non era innocente.
    “Dimmi per quale motivo sei salita fin qua”. Il tono era serio, austero, finalmente iniziava la vera discussione. Dopo i primi inconvenevoli di rito stavano arrivando al sodo della questione. " Sono qui perchè sono convinta che il mondo in cui viviamo oggi sia sbagliato a partire dalle torture scolastiche. Invece di essere negli anni 2000 sembra di essere regrediti nel Medioevo dove vigeva l'inquisizione e l'ingiustizia. La libertà è completamente annullata, la vita dei Babbani magici è diventata quasi impossibile. E oltre a queste motivazioni evidenti ho anche dei motivi più personali, legati alla mia famiglia e alla mia condizione. Penso che nessun debba vivere nelle nostre condizioni e penso di avere i mezzi e la forza per combattere. Voglio combattere. Fece una piccola pausa e concluse "Forse ho un sogno, ma non sono l'unica" La guardò, fece un piccolo sorriso.


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    Non era adatta a fare quello che si era proposta di essere. Non era pronta a convincere qualcuno a combattere quella guerra, quand’era lei la prima a cui tremavano le mani in battaglia. Pensava che ci fosse troppo da perdere in tutti i casi: mangiamorte, ribelli, che differenza faceva? Non capiva perché i Mangiamorte si fossero adoperati tanto per creare un regime di terrore. La storia insegnava che simili tirannie degeneravano sempre nella rivoluzione: l’uomo poteva anche sentirsi frenato dallo spauracchio dell’autorità quando è ancora una novità, ma quando il gesto continua a ripetersi abitualmente l’amor proprio, ed il rispetto, travalicano qualunque limite. Perché avevano dovuto spingersi a tanto? La resistenza era una loro creazione: se il Regime non ci fosse stato, Maeve Winston non avrebbe avuto alcun motivo per trovarsi su quella Torre. I ragazzini non avrebbero dovuto temere di respirare troppo forte, né di imparare gli incantesimi più dolorosi da lanciare contro qualcuno. I Mangiamorte erano andati troppo oltre, spingendo anche loro oltre la linea di non ritorno. Strinse le mani attorno alla balaustra e socchiuse gli occhi: quello era il motivo per cui si era schierata. Per cui aveva scelto. Loro l’avevano spinta a farlo.
    Non capisco. In questo momento la maggiore autorità è rappresentata dal Regime, dovrei rispettare un branco di Mangiamorte che sfrutta come maggior strumento il Terrore e la Tortura?”
    Sospirò piano, abbassando gli occhi sulle proprie mani, le quali stavano disegnando distrattamente cerchi sulla superficie arrugginita. Come poteva spiegare a Marion la necessità di cui aveva intriso quelle parole? Sfidare l’autorità attuale non era pericoloso, era fatale. Il trucco era rimanere a testa bassa, nell’ombra. Abbassare lo sguardo e non rispondere. Accettare gli ordini per poterli convertire. L’obiettivo della Resistenza, al momento, era quello di non attirare l’attenzione: erano in tanti, aumentavano di giorno in giorno, ma non potevano permettersi di perderne nemmeno uno. La Chamberlain aveva un carattere forte, e non era solo per sentito dire. La Winston l’aveva osservata a lungo prima di decidersi a farsi avanti; se solo avesse imparato a centellinare la rabbia che tirava fuori nei momenti meno opportuni, sarebbe stata un ottima alleata. Se solo. “Sì, Marion. Dovresti. Finchè non cambiano le cose questo è il mondo in cui viviamo. E non è un mondo gentile” Concluse enfatizzando l’ultima parola, con un tono di voce basso e conciliante. “Rispetterò un'autorità che condivida i miei ideali, anche se in questi anni ad Hogwarts non l'ho tanto dimostrato so nutrire un profondo rispetto per le persone a cui credo, per le persone che reputo giuste” Una bassa risata sgorgò spontanea dalle labbra della ex Corvonero. “Oh, non lo metto in dubbio ragazzina. Ma non è questo il punto” Si inumidì le labbra. Con Lilian era stato più facile e difficile al tempo stesso. Più facile, perché era la sua migliore amica, perché si fidava, perché tacerle quel segreto le aveva scavato un solco nel cuore giorno dopo giorno. Più difficile, perché la Whole non aveva mai sfidato l’autorità, mai dato segno di un cambiamento. Aveva dovuto guidarla lei attraverso il tunnel buio, e Maeve era la prima ad aver paura di perdersi. “Non sei obbligata a rispettare le persone in sé: devi solamente accettarne la superiorità gerarchica, abbassare il capo e andare avanti. So quanto sia.. difficile da accettare, a volte” Specialmente se sei una Grifondoro. Ma non lo disse ad alta voce, davvero non era il momento del pensiero pseudo razzista della Winston. Non poteva farci niente, provava una sgradevole sensazione di disagio quando aveva a che fare con i rosso oro –tolte poche eccezioni, quali Arthea, Spank, e Deb-: erano troppo impulsivi, troppo energici, e raramente soppesavano la situazione prima di buttarcisi a capofitto. Sapeva che idealmente era sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, ma per quanto il suo cervello glielo ripetesse, non riusciva a farseli piacere. “Ma il mio non è solo un consiglio. E’ un avvertimento. E non puoi fidarti di nessuno, nemmeno quando sai che sono dalla parte dei buoni: nemmeno della sottoscritta. Se ti chiedessero di torturarmi, anche se sai che siamo dalla stessa parte, dovrai farlo. Capisci quello che voglio dire?” La squadrò intensamente, in cerca di una conferma. “Penso di conoscere, almeno in parte, il rischio che corro” Alzò le sopracciglia scettica, ma la lasciò continuare. “Come sai noi Chamberlain siamo eredi di una stirpe pura e nobile. In queste ultime estati ho avuto modo, a differenza di Seb e Jamie, di conoscere meglio le nostri origini, la nostra famiglia. Mi sono fatta un'idea e sono rimasta ehm... scottata” Maeve alzò gli occhi al cielo, ripensando ai suoi genitori. Mai una volta aveva dubitato di loro, nonostante la scelta che avevano fatto; mai una volta era stata delusa dal loro comportamento, ma adesso si domandava se il motivo non fosse che semplicemente non aveva mai approfondito il loro.. lavoro. Avevano sempre mantenuto una certa riservatezza a casa, e nemmeno Edan –il più grande- sapeva di cosa si occupavano. Se avesse saputo che lavoravano per i Pavor? Che cacciavano i ribelli? Sarebbero stati capaci di uccidere il sangue del loro sangue? Represse un brivido e mise a tacere quei pensieri. Erano problemi suoi, e se si trovava su quella Torre non era per cercare di raddrizzare il proprio ego.
    Sono qui perchè sono convinta che il mondo in cui viviamo oggi sia sbagliato a partire dalle torture scolastiche. Invece di essere negli anni 2000 sembra di essere regrediti nel Medioevo dove vigeva l'inquisizione e l'ingiustizia. La libertà è completamente annullata, la vita dei Babbani magici è diventata quasi impossibile. E oltre a queste motivazioni evidenti ho anche dei motivi più personali, legati alla mia famiglia e alla mia condizione. Penso che nessun debba vivere nelle nostre condizioni e penso di avere i mezzi e la forza per combattere. Voglio combattere.” Marion Chamberlain voleva cambiare le cose. “Forse ho un sogno, ma non sono l'unica” Ricambiò il debole sorrido della ragazza. Sentire le sue parole la faceva sentire più forte e speranzosa di quanto non fosse stata negli ultimi tempi, ed era ciò di cui Maeve aveva più bisogno. Probabilmente quell’incontro aveva fatto più bene a lei, che non alla piccola Chamberlain. “Capisco, e non posso che essere d’accordo. Io dovevo solamente mostrarti verso cosa andrai incontro: sono molti coloro che si avvicinano alla causa, ma la rifuggono quando ne approfondiscono la conoscenza. Questa è una guerra, e anche i Ribelli compiono azioni .. di dubbia giustizia. E devi sapere che non metterai in pericolo solo te stessa, ma anche le persone che ami. Comunque” Battè le mani una contro l’altra, poggiando il fianco sulla balaustra per poi incrociare le braccia sul petto. “Se sei certa di non voler tornare indietro, più tardi ti porto al Quartier Generale, così potrai conoscere gli altri e fare la vera e propria iniziazione. Sostanzialmente il mio compito è solo quello di tastare il territorio" Fece spallucce. Guardò la posizione del sole, che spuntava timido fra le nuvole, per capire che ora fosse. “E’ ancora presto, quindi.. immagino che tu abbia qualche domanda, prima di incontrare i Grandi Capi” Accennò un sorriso divertito, invitandola a porre i suoi quesiti. “Ah, e ora che abbiamo rotto il ghiaccio, mi piacerebbe ce tu mi dessi la tua bacchetta. Se ti dimostrassi una traditrice il cui unico scopo era quello di carpirmi informazioni, preferirei saperti disarmata” E con quel tono di rassegnate scuse, le porse la mano dove avrebbe potuto lasciare la bacchetta.
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    «Era caos puro nutrito parimenti da bellezza e paura»


    <span style="display:block; margin-right: 10px; margin-left: 10px; margin-top: 10px; margin-bottom: 10px; text-align: justify"> Marion la guardò, intensamente. Si chiedeva ancora se si potesse fidare di Winston. Shane l'aveva messa in guardia, l'aveva avvertita. Faceva parte di quella scala gerarchica che tanto disprezzava e ora le chiedeva di sottomettersi. Howe òìaveva avvertita, avrebbero dovuto fare attenzione ad uscire di notte, l'aveva definita come la più pignola. E ora le si trovava vicino, a parlare di guerra e di ribelli. Stava diventando il suo tramite per entrare nel quartier generale eppure ancora non capiva le sue contraddizioni. “Sì, Marion. Dovresti. Finchè non cambiano le cose questo è il mondo in cui viviamo. E non è un mondo gentile” che non era un mondo gentile lo sapeva bene anche lei. Il trattamento riservatole dalla famiglia natale, poi quello dei nonni e infine come erano cambiati dopo la sua trasformazione. Ricordava bene i fatti e non li dimenticava. Il suo amico più intimo, più sincero, una delle persone di cui si fidava di più le era stato trucidato di fronte, senza pietà, senza rispetto nemmeno per il suo nome purosangue. Era scappata, era stata costretta a scappare da quell'umanità e quell'affetto che aveva conquistato duramente. Sapeva che la loro non era una vita gentile, sapeva che sarebbe stata difficile, piena di complicazioni, lo era già. Ed era quello che ricercava nell'erba: un po' di pace nella vita quotidiana. “Non sei obbligata a rispettare le persone in sé: devi solamente accettarne la superiorità gerarchica, abbassare il capo e andare avanti. So quanto sia.. difficile da accettare, a volte” Lo odiava. odiava ognuna di quelle parole che stavano uscendo dalle labbra di Winston. Difficile accettare? Per lei era presso che impossibile. Aveva quello stile di vita da anni e ora che finalmente aveva raggiunto uno dei suoi obiettivi - uscire di nascosto dal castello di notte - ora le si chiedeva di abbassare il capo, di accettare. Come poteva? Come avrebbe potuto? Fare buon viso a cattivo gioco non era la sua specialità, era quella di Seb. Era una persona schietta, impulsiva che non basava sicuramente le sue scelte e le sue giornate su un piano premeditato da tempo. Lo odiava, odiava pianificare. Amava vivere alla giornata, amava seguire il suo istinto e le sue sensazioni. Davvero voleva rinunciare a quella parte della sua adolescenza, a quella parte di sè che preponderante? "In che modo, se entro ufficialmente a far parte della resistenza, la mia vita ad Hogwarts cambierà? Dato che sei a conoscenze delle voci che circolano sul mio conto, conosci a grandi linee il mio stile. Dammi un'idea di come mi dovrei comportare." Tutto probabilmente dipendeva dalla risposta della bionda, la sua scelta definitiva era legata a questo nodo cruciale. A quanta parte della libertà che stava pian piano acquisendo avrebbe dovuto rinunciare? La guardò di nuovo, la fissò. Era visibilmente ansiosa di avere una risposta sincera. I suoi ideali erano forti, sicuramente, era salita in quella torre decisa a compiere il passo. Voleva combattere. Ma a quale prezzo? Le persone che amava erano sicuramente poche, se i Mangiamorte avessero fatto fuori i genitori sarebbe stata addirittura contenta e i suoi fratelli sapevano di certo difendersi bene. Insomma, vorrei capire quanto è alto il prezzo da pagare per me" Cercò di spiegarsi meglio, di farsi capire meglio, non voleva che ci fossero fraintendimenti. “Ah, e ora che abbiamo rotto il ghiaccio, mi piacerebbe ce tu mi dessi la tua bacchetta. Se ti dimostrassi una traditrice il cui unico scopo era quello di carpirmi informazioni, preferirei saperti disarmata” La sua bacchetta? Probabilmente pensava che fosse stupida,; con ti tempi che correvano già salire in quella torre non era stato del tutto prudente e poi Marion aveva sempre diffidato delle autorità e la corva ne faceva parte. Se fosse successo qualcosa non avrebbe avuto nessun arma con cui difendersi, sarebbe stata spacciata. Quindi come prima reagì d'impulso Preferirei di no. Nel caso io fossi una traditrice potresti tranquillamente battermi in un duello Sapeva bene che Winston era più grande, più forte e certamente con più esperienza di lei. E allo stesso tempo se dovessimo essere attaccate potrei difendermi, in ogni evenienza" continuò ignorando la sua mano tesa, avida del suo legnetto. Marion non si scompose, lasciò la bacchetta nella tasca interana della divisa, al solito posto, senza battere ciglio. Non l'avrebbe consegnata, questa era la sua decisione.


    made by mæve.

    chiedo venia per il terribile ritardo e per il posto penoso ç_ç
     
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    darling, didn’t you know?
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    Maeve socchiuse gli occhi stancamente, domandandosi per l’ennesima volta se ne valesse la pena. Aveva passato diciassette anni nella completa oscurità, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato nella sua vita. Una sensazione strada ed assurda, come se si svegliasse ogni giorno nella pelle di qualcun altro. In cuor suo aveva sempre saputo che qualcosa non andava, che non avrebbe dovuto essere così. Eppure si era rifiutata di accettarlo, facendo quello che tutti si aspettavano da lei, rendendo fieri i genitori in ogni modo possibile. L’unico limite che si era sempre imposta, era stato quello di non uccidere nessuno: poteva torturare e lasciare un ragazzo in fin di vita, ma mai sarebbe riuscita a privarlo dell’essenza che lo rendeva reale. Non era un mostro, era solo il risultato di ciò che le avevano insegnato ad essere. Eppure su quella scogliera non si era fatta di problemi: per salvare la vita a William Barrow, faro che avrebbe dovuto portare la nave in un porto sicuro, aveva causato la morte di Liam Callaway. Per gli altri poteva essere solo un Mangiamorte come tanti altri, senza scrupoli e crudele, ma lei sapeva che c’era molto di più: l’aveva visto nei suoi momenti più fragili, quando lui continuava con la sigaretta a fior di labbra a fingere che tutto andasse secondo i piani. Era suo amico, una persona con dei valori –seppur leggermente contorti. E delle ambizioni. L’aveva salvata quando nessun altro le aveva prestato ascolto, ed aveva ricambiato guardandolo cadere, mentre il fiore rosso sul petto si faceva sempre più ampio. Non aveva premuto il grilletto, ma era come se l’avesse fatto:. Fra la vita di un ribelle ed un amico, aveva scelto la prima, e si odiava ogni giorno per quella scelta. Purtroppo non poteva tornare indietro nel tempo e cambiare le cose, e forse nemmeno l’avrebbe fatto. Era quella la cosa che le faceva più male: sapeva di aver fatto la scelta più giusta, eppure perché non ne era soddisfatta? La vita dei ribelli non era piena di gioia, amore e fraternità. Non poteva esserlo, se erano in guerra. Non potevano proprio permetterselo. Combattevano per un mondo migliore slittando sul sangue di quello corrotto, e Maeve stava cercando soldati perfino fra i ragazzini del castello. Era così surreale, che era indecisa se piangere o ridere. L’espressione di Marion si faceva sempre più distaccata, chiusa, lontana. Mentre parlava la vedeva andare alla deriva, e sapeva che avrebbe dovuto allungare una mano e rassicurarla, dire che stava facendo la cosa giusta, che ne valeva la pena, che il loro sacrificio avrebbe liberato altre anime innocenti. Eppure rimaneva immobile, mentre gli occhi chiari della Chamberlain, così simili eppure così diversi da quelli del fratello, cominciavano a dubitare di lei. La storia di una vita: era difficile fidarsi di Maeve Winston, e lei ne era consapevole. Non riusciva ad essere obiettiva e coerente, combattuta fra due fuochi e due ennesime sofferenze, fra la speranza e l’arrendersi alla realtà dei fatti. Allora perché si era proposta per quel lavoro, quando persone con più certezze di lei avrebbero potuto svolgere il lavoro in modo migliore? Cominciava a non saperlo più. Forse voleva che qualcuno fosse sincero nei suoi intenti, come lei stava cercando di essere; che non le indorasse la pillola, obbligando la ragazza a scegliere qualcosa fulgido di valori e di speranza. La speranza c’era, altrimenti nessuno avrebbe fatto parte dei ribelli, ma a volte diventava così sottile che stentavi a credere che ci fosse ancora.
    In che modo, se entro ufficialmente a far parte della resistenza, la mia vita ad Hogwarts cambierà? Dato che sei a conoscenze delle voci che circolano sul mio conto, conosci a grandi linee il mio stile. Dammi un'idea di come mi dovrei comportare” Chiuse gli occhi, e quando li riaprì sapeva che si sarebbero mostrati come uno specchio vacuo, azzurro e lontano e come il cielo in inverno. “Non farti uccidere, un soldato morto non serve a nulla” Rispose pragmatica, guardandola ma senza vederla realmente. Non doveva vederla come una sedicenne indifesa: nessun ragazzo era al sicuro, e nessuno era più innocente da un pezzo. “Se vuoi un mondo migliore, se vuoi proteggere i tuoi compagni e le persone a cui vuoi bene, devi mantenere un profilo basso. Se passi metà del tuo tempo nella sala delle torture, chi baderà agli altri? Come potrai combattere, legata al muro di pietra della stanza circolare? Dipende da chi vuoi essere, se la ribelle che viola le regole per sentirsi libera, o la ribelle della resistenza che limita la propria libertà aggrappandosi alla speranza che anche il suo contributo possa aiutare la causa. La resistenza non è solo una promessa, è un sacrificio. Per tutti” Concluse, forse un po’ aggressivamente, abbassando il tono di voce. La Grifondoro voleva combattere, eppure non poteva rinunciare a qualcosa? Lei aveva ucciso un suo amico, maledizione, e Marion non poteva evitare di violare il coprifuoco o di cacciarsi continuamente nei guai? Respirò profondamente, cercando di mantenere la calma e continuando a ricordarsi che no, non era colpa della ragazza. Era solo colpa sua, e non poteva inveire contro gli altri solo perché una parte di sé si odiava visceralmente. “Insomma, vorrei capire quanto è alto il prezzo da pagare per me” Rise, inclinando il capo all’indietro. “Pensavi che sarebbe stato facile? Dai, entro nei ribelli, ci sbronziamo a mezzanotte sulle rive del Lago Nero e combatto qualche battaglia giusto per placare il mio senso del dovere!” Si morse il labbro e scosse la testa, incredula. “E’ alto. Ma se credi che i ribelli possano cambiare le cose, ne vale la pena” Doveva valerne la pena, altrimenti ogni sua giornata era una menzogna. “E’ una guerra, non sai cosa metti in gioco finchè il tuo braccio non si protende sull’abisso, troppo tardi” Voleva usare una metafora, ed invece aveva finito per descrivere la sua situazione, l’esatto momento in cui aveva compreso cosa significasse essere una Ribelle. Sperava non ne sapesse abbastanza per comprendere il vuoto sofferente che c’era dietro quella breve frase.
    Sorrise ed inarcò le sopracciglia. “Ottima risposta, Chamberlain, ma sappi che se io fossi una traditrice metà dei nostri compagni sarebbe già morta. Vuoi sapere qual è il prezzo da pagare per diventare una ribelle? La verità. Devi lasciarla alle tue spalle, fingere ogni giorno di essere qualcuno che non sei, fare cose che non ti piacciono nella speranza di limitare i danni, scegliere la cosa giusta e non quella facile. La decisione spetta a te” Le diede le spalle, volgendosi all’orizzonte fuori dalla finestra. Aveva ragione, anche se avesse sfoderato la bacchetta, Maeve sarebbe riuscita ad avere la meglio (non per immodestia, era più grande ed ovviamente aveva imparato incantesimi che ella ancora non sapeva maneggiare), quindi non si preoccupò di una potenziale minaccia alle spalle. Non voleva che Marion vedesse i suoi occhi, perché mentre predicava finzione, la sua maschera si scioglieva inesorabilmente.
    winston,©


    se quello era un terribile ritardo, questo non so cosa sia ç_ç perdonamiperdonamiperdonami ♥
     
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6 replies since 17/8/2014, 16:33   290 views
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