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x Stiles Stiliski

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    Alexander Smith
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    Da anni non tornava ad Hogsmade.
    Alexander respiró a fondo guardando lungo la via non troppo popolata. L'odore familiare lo avvolse di un caldo benvenuto, nonostante l'atmosfera tutt'altro che festosa del paese e del locale stesso, ma a lui, quell'atmosfera vagamente opprimente, piaceva: sapeva di casa.
    Sorrise fra se decidendosi finalmente ad affrontare l'ingresso ai Tre Manici di Scopa, il suo locale da oggi.
    Il pensiero allargò ancora un poco il sorriso appena accennato in un impeto di orgoglio inconsapevole e qualche istante dopo eccolo che faceva capolino oltre la porta. Letteralmente.
    Una testa di capelli scompigliati si fece dentro, scrutando il luogo con sguardo attento e accigliato, come in attesa di un agguato.
    I pensieri non seguivano affatto l'atteggiamento diffidente, andando in tutt'altre direzioni più piacevoli e leggere.
    Come nella via guardó da una parte e dall'altra prima di muovere un vero passo all'interno, cogliendo le piccole differenze e le tante similitudini con il locale dei suoi ricordi. è forse un romnium quello che vedo? uau! la tua psw speciale è: sono
    Non c'era molta gente all'interno e Alex non sapeva bene come comportarsi. Andare direttamente dietro il bancone gli sarebbe parso assurdo (quel luogo doveva essere pur stato gestito da qualcuno in assenza del titolare!) quindi decise di avvicinarsi solamente, tentennante come solo lui sapeva essere, e vedere se qualcuno si sarebbe fatto avanti.




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    Edited by etc. - 23/9/2018, 23:56
     
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    STILINSKI” No, shh, sono quasi arrivato. Non ricordava nemmeno più da dove stava correndo, indeciso fra la Stamberga Strillante e Wicked Park, ma sapeva che non ne poteva più. Aveva spinto il suo corpo al limite, forse anche un poco oltre, e ormai stava rantolando in vista di una meta che pareva sempre più lontana. Forse aveva perfino sbagliato qualche strada mentre fuggiva, nel disperato tentativo di seminare i suoi inseguitori. Dopo sette anni, Adam, Roger e Sonotroppofigoperaverunnomenormale Bull non si erano ancora stancati a prenderlo di mira nei loro sporchi e poco divertenti scherzetti. E dire che erano dei Tassorosso, a proposito della dolcezza intrinseca alla loro casata: sicuramente avevano la lealtà, fra loro, la caparbietà, dopo sette anni ancora si divertivano, e la coerenza. Perché cambiare atteggiamento, se in sei anni Andrew era stato così divertente? Avrebbe allietato anche il loro ultimo anno! Ma quale onore!
    Non ricordava nemmeno se avesse fatto qualcosa di proposito per irritarli, se loro avessero frainteso oppure se semplicemente avessero deciso di inseguirlo perché fare i compiti sarebbe stato troppo mainstream, ma nel dubbio lui scappava. Non era mai piacevole trovarsi sotto le loro grinfie, erano convinti che Stiles non sentisse dolore solamente perché, se poteva, non si contorceva ma anzi rispondeva ammiccando. Sì, lui era idiota perché li faceva arrabbiare ancora di più, ma non poteva farne a meno. Non sapeva in quale altro modo reagire: quello era Stiles, e quello sarebbe sempre stato.
    Si stava dirigendo verso il pub dove lavorava, i Tre Manici di Scopa, anche se non era nemmeno il suo turno. Quel giorno dietro il bancone infatti c’era Chris; quando poteva, Stiles faceva anche doppio o triplo turno: tutto pur di non rimanere al castello, tutto pur di trovarsi in una situazione nella quale non fosse possibile abusare della sua persona. Aveva provato ad attaccare prima di essere attaccato, ma tutto ciò che aveva ricevuto era di essere incartato ed impacchettato per Shane Howe, con tanto di glassa colorata e candeline addosso. Cosa poteva fare? Non poteva semplicemente sparire, nonostante la cosa lo tentasse; poteva lasciare il castello, come avevano fatto alcuni dei suoi compagni, ma a Stiles la magia piaceva. Per lui non era scontato, era tutto nuovo: si interessava di ciascuna materia, immergendosi fra i libri in biblioteca, e spesso sfoggiava più conoscenze dei suoi compagni Purosangue. Il che aggiungeva alla numerosa sfilza di etichette attaccate alla sua foto, secchione, che rispetto a molti altri nomignoli affibbiatogli era un complimento. Leggermente offensive erano le occhiate stupite delle persone quando rispondeva ad una domanda, o accennava ad un argomento semi serio: probabilmente pensavano che fosse solo un fenomeno da baraccone, non davvero una persona vera e propria. Wow, aveva sempre sognato di essere un personaggio immaginario!
    Stilinski, non osare..” Le voci dietro di lui erano ormai lontane –non era mai stato un gran corridore, ma la pratica della fuga l’aveva allenato alquanto-, e Andrew si trovava a due passi dall’entrata dei Tre Manici. Si fiondò all’interno del locale e fece un sospiro di sollievo: Svizzera! Si poggiò alla cornice della porta incamerando quanto più ossigeno possibile, mentre gli avventori si volgevano simultaneamente a guardarlo. Accennò un sorriso ed un’alzata di spalle. “Donne” Disse semplicemente, suscitando l’ilarità generale. Il brutto era che non ridevano per la battuta: ridevano di lui. Andò dietro il bancone e fece cenno a Chris che poteva tornare a casa –“Sicuro?” Sìsì, ci penso io amico””Bella!” In effetti, Chris era stipendiato per più ore di quante non ne facesse. Avrebbe dovuto fare una statua a Stilinski, e in realtà lo trattava male quanto il resto della popolazione mondiale. Evviva la gratitudine. – si infilò il grembiule bianco e si guardò attorno. “Bisogno di qualcosa?” Domandò cortesemente al ragazzo che era entrato poco prima di lui. Inclinò leggermente il capo assottigliando le palpebre: era quasi sicuro di averlo già visto.


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    Nessuno si fece avanti. C’era un tipo dietro il bancone ma non diede segno di essersi accorto di lui. Alex si avvicinò ancora.
    <<mi scusi…>>
    Iniziò, ma qualunque cosa avesse voluto dire si perse nel trambusto che proveniva dalla porta. “Donne” Un coro di risa e risatine accolse la battuta. Alex si trovò a sorriderne anch’egli, più che altro per l’atteggiamento generale.
    Bloccato come in un fermo immagine rimase lì, fra la porta e il bancone, mentre il nuovo arrivato si infilava dietro il banco – lui si, con una certa disinvoltura! – e scambiava qualche parola affrettata con il barista, che fu velocissimo a lasciare il suo posto sfrecciando letteralmente di fianco all'uomo sempre senza considerarlo. Sentirsi ignorato non era per lui una sensazione nuova, ma aveva immaginato il suo ingresso al pub in modo un tantino diverso. Anche se non aveva ancora fatto niente perchè le cose potessero andare diversamente dal solito, doveva ammetterlo.
    <<ma…>>
    Azzardò senza convinzione, alzando una mano per cercare di fermare il ragazzo, che però aveva già preso la porta. Iniziava a sentirsi parecchio stupido: forse non era in grado di gestire un locale, così come non era in grado di torturare una persona, per quanto dichiaratamente colpevole fosse… che razza di incapace!
    “Bisogno di qualcosa?” Sospirando si voltò.
    <<si, sono il nuovo proprietario… credo>>



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    Stiles era abituato ad essere una sorta di proprietario ad honorem dei Tre Manici. Merlino, un proprietario c’era, ma era una specie di figura mitologica mai vista da nessuno: girava voce si chiamasse Éamon Neal Deadman, ma il cognome era già un programma. Nel dubbio, Stilinski fingeva che fosse un uomo dall’aria molto minacciosa che l’aveva preso sotto la sua ala protettiva, e dato che nessuno aveva memoria di lui, le persone finivano per credere alle parole del Tassorosso, lasciandolo in pace quand’era al lavoro. Nessuno infatti aveva mai tentato di picchiarlo all’interno del locale, o di metterlo eccessivamente in imbarazzo, fatta esclusione per Carlitos. Ma andiamo, Carlitos poteva fare tutto: era un armadio dell’Ikea montato su due piani, con dei baffi da far invidia al miglior messicano armato di estathè e mandolino, ed una chioma nera e fitta che non si sognava nemmeno l’egregio signor Toro Seduto. Temevano tutti Deadman, e nessuno l’aveva nemmeno mai intravisto. Era come.. come un Thestral. No, un drago. Anzi, un drago-unicorno. O un ornitorinco. In quanti avevano mai visto un ornitorinco dal vivo? Eppure tutti sapevano che era adorabile!
    Comunque. Stiles gestiva anche i turni, e nonostante tutti pensassero che fosse un buffone riusciva anche ad essere una persona seria, di tanto in tanto. A volte un po’ stravagante, ma le sue iniziative sembravano piacere al pubblico. Per suo immenso dispiacere, lo Shane Ananas sulla parete era stato ormai sostituito da un babbano di cui non conosceva il nome, ma che sorrideva felice indicando la banana sulla sua testa. La foto continuava a mimare una specie di piccola forma allungata, mentre il moro estasiato annuiva fra sé e sé. Dovevano proprio avergli fatto del male dentro quei laboratori. Alzò lo sguardo interrogativo verso il nuovo arrivato, lambiccandosi su dove poteva averlo visto. “si, sono il nuovo proprietario… credo” Stiles quasi fece cadere il bicchiere, mentre la bocca si spalancava stupita come se non ci fosse un domani. Ricompose la mandibola ma rimase comunque con gli occhi sgranati, mentre un sorriso si faceva spazio sul suo volto. Certo, non era esattamente il Deadman minaccioso che si era immaginato a sua protezione, ma ehi! Era pur sempre un adulto su cui contare in caso di pericolo, e sicuramente sarebbe stato d’aiuto se avesse smesso di guardarlo come se fosse stata una principessa Disney e si fosse presentato. Poggiò il bicchiere e fece il giro del bancone, posizionandosi davanti a lui e mimando un breve inchino. Il sorriso ormai si era allargato sul suo volto, mentre porgeva la mano al ragazzo. “Io sono Stiles, al suo servizio! Nessuno mi aveva avvisato del suo arrivo, chiedo venia, altrimenti avrei.. non so, messo degli striscioni di benvenuto, organizzato una festa, noleggiato un Alpaca color arcobaleno” Aggrottò le sopracciglia mentre si grattava il capo, guardandosi attorno. “E’ nuovo di questi parti?” Chiese, molesto come al solito, trattenendosi a stento dall’avvicinarsi di soppiatto per studiarlo da vicino come se si fosse trattato di un interessantissimo esperimento.


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    Alex fu costretto a guardare il ragazzo, scambiando la silenzio prolungato per diffidenza. Atteggiamento che incominciava anche un po' a irritarlo! Non era una personalità di spicco, né divertente e forse neppure valida ma si riteneva una persona solida che aveva comunque speso dei bei soldoni per quel posto.
    Insomma, stava facendo un pensierino sul cambio repentino del personale e fu quindi con estrema sorpresa che lo vide venirgli incontro con un enorme sorriso.
    Talmente sorpreso da non cogliere il nome famigliare di Stiles... e si che anche lui aveva conosciuto il giovane tasso, incontrandolo e (più spesso) evitandolo nella sala comune. Stiles era stato troppo spesso vittima di molestie e fastidi per invogliare la vicinanza di qualcuno che preferisse passare inosservato, come lui.
    <<emmm... credo che puoi darmi del tu...emm, si, credo sarebbe più semplice>>
    Balbettò imbarazzato dagli inchini e dall'improvviso fiume di parole. Fra l'altro non era sicuro se si trattasse di battute (un Alpaca arcobaleno?!) o prese in giro. Nel dubbio fece finta di non cogliere affatto la frase.
    <<no... cioè, non proprio: sono tornato da poco, diciamo>>
    Aveva ormai perlustrato con gli occhi tutto il locale e continuato a cambiare più e più volte posizione, passando da un piede all'altro, mettendo le mani in tasca e poi tirandole di nuovo fuori, come se non sapesse bene cosa farsene del proprio corpo e dello spazio che occupava.
    All'ennesimo momento di imbarazzo finì per indicare il bancone.
    <<posso?>>
    Chiese. La curiosità mascherò un poco la timidezza che avrebbe potuto essere scambiata per cortesia. Dopo un eventuale assenso si sarebbe quindi intrufolato dietro il famoso banco con l'idea di... beh, nessuna idea in effetti, forse solo la necessità di muoversi, ma avrebbe cercato di dare l'impressione di ispezionare qualcosa.


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    Stava mettendo il suo nuovo capo a disagio. Se voleva fare una buona impressione, poffarbacco, ci era riuscito alla grande! Non cominciò a far scivolare il piede destro a disegnare un cerchio nella sabbia, solamente perché a) sarebbe stato sempre più imbarazzante b) non era la pubblicità di una banca c) non c’era la sabbia, il che avrebbe reso tutto molto più complicato. Si inumidì le labbra annuendo fra sé, mentre il nuovo capo gli diceva di dargli del tu, senza però specificare il suo nome. Per Stiles sarebbe stato Il Capo, o in alternativa Ehi, tu (ti va un po’ di Schweppes, solo io e te?), o ancora un amichevole pacca sulle spalle che ne attirasse l’attenzione. Se voleva che lo tenesse sotto la propria ala protettiva, probabilmente avrebbe dovuto evitare la seconda ipotesi- anche se aveva un certo fascino-. Forse doveva riconsiderare l’idea dell’Alpaca, dato che il Boss non sembrava esserne particolarmente entusiasta. E dire che lui l’aveva trovata una genialata: andiamo, chi non voleva farsi un giro su un Alpaca arcobaleno? Ma tacque, osservandolo mentre questi studiava il locale, forse sentendosi un poco sotto esame. Aveva fatto andare avanti lui la baracca fino a quel giorno, e se al Capo non fosse piaciuto? Se avesse deciso di lasciarlo a casa? Era l’unica fonte danarosa di Stiles, il quale non era esattamente uno dei più benestanti a scuola. A suo padre faceva credere che pagasse tutto Hogwarts in modo che non si facesse il triplo culo per dare soldi anche lui, il che significava che, per quanto ci scherzasse, aveva davvero bisogno di quel lavoro. Se fosse andata male avrebbe sempre potuto chiedere asilo politico al Lilum, ma era abbastanza convinto che le donnine non avrebbero apprezzato i suoi candidi capezzoli.
    “no... cioè, non proprio: sono tornato da poco, diciamo” Annuì senza indagare oltre. Sembrava un tipo riservato, e per quanto amasse diventare molesto fino a portare le persone all’esaurimento nervoso (ehi, aveva i suoi hobby!) quello non era decisamente il caso. Così rimase lì a tenersi le mani, impacciato, senza sapere come comportarsi. Come al solito.
    posso?” Battè le palpebre, confuso. Fare che? Poi comprese che il suo capo gli stava chiedendo il permesso di andare dietro al bancone del suo locale. Non pensava che un giorno del genere sarebbe mai arrivato, un po’ come se Icesprite avesse bussato alla porta dell’ufficio di Arti Oscure solo perché Andrew lo stava aspettando al suo interno. Annuì precipitosamente, mentre in modo teatrale gli indicava che era tutto suo. “Lì ci sono gli alcolici” Indicò lo scaffale. “Da lì arrivano i dolci, e dallo sportello affianco il cibo salato. Le bevande sono” Si abbassò ed aprì lo sportello sotto al lavandino. “Qui. E .. basta, penso” Spremette il labbro inferiore fra il pollice e l’indice, guardandosi attorno. “Senta capo, Alpaca a parte penso che bisognerebbe davvero organizzare una festa. Ci avevo già pensato, ma il precedente proprietario era.. Invisibile. Un alieno. Un supereroe. Un Polpettone. Irrintracciabile” Spallucce.


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    Dimenticare di presentarsi era per uno come Alex esattamente quel genere di cose che andrebbero messe sui documenti d’identità alla voce “segni paticolari”. Non se ne avvide, né si domandò come mai il ragazzo fosse improvvisamente in diffoltà… di imbarazzi si limitava ai suoi.
    Aveva sempre adorato quel locale, meta delle uscite scolastiche e inequagliabile punto di ritrovo per tutta la giovinezza, ma si sentiva come un elefante in un negozio di porcellane.
    Anche quando si azzardò a salire sulla pedana, anche mentre Stiles gli mostrava gli alcolici, le bevande e quanto poteva, Alexander continuava ad aver la sensazione di essere madornalmente fuori posto e cresceva la tentazione di dare una bella pacca al ragazzo e dirgli “ok, ottimo lavoro: continua così” per darsela velocemenet a gambe.
    “Da lì arrivano i dolci, e dallo sportello affianco il cibo salato”
    Si adombrò fissando gli sportelli e chiedendosi da dove arrivasserero i cibi. Ma la domanda, ne era sicuro, avrebbe palesato in modo troppo brutale la sua ignoranza in materia e lasciò cadere l’argomento.
    “Senta capo”
    Alexander stava esaminando la disposizione delle bevande sotto il bancone ma a queste parole si raddrizzò repentinamente, come l’avessero punto con uno spillo. Lanciò un’occhiata al ragazzo che non voleva essere malevola, davvero non era nelle sue intenzioni, ma che a tutti gli effetti lo sembrava. Forse capo non era l’appellativo giusto.
    L’espressione svanì comunque talmente in fretta che avrebbe anche potuto esserestata immaginata.
    Annuì, invece.
    <<si, è vero. Non sono riuscito a parlarci neppure io: tutto attraverso un rappresentante. >>
    Si appoggiò al bancone con entrambe le mani, studiando nuovamente il locale senza apparentemente considerare la proposta del giovane.
    Stava, in effetti, cercando di contenere un improvviso entusiasmo che nuovamente lo prendeva all’idea del suo locale, in cui organizzare qualcosa in prima persona, da gestire e… giocarci. Si, non era il termine giusto, ma fu quello che gli venne in mente.
    Sorrise, con quella parola continuava a girargli in testa e si voltò verso Stiles (di cui nel mentre aveva scordato il nome).
    <<credo sarebbe un’ottima idea.>>
    Si voltò quindi appoggiandosi al bancone di schiena e incrociando le braccia sul petto.
    <<dove lo troviamo l’alpaca?>>
    Tanto entusiasmo e il buon umore tradito solo dall’alzarsi di un sopracciglio.


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    Andrew, detto Stiles, Stilinski, non aveva mai sentito così impellente il bisogno di cercare una pala.
    Voleva trovarla e lucidarla con amore. Scavare una buca.
    Sbattersela in testa e svenire dentro la buca.
    Aveva detto di nuovo la cosa sbagliata, e stavolta davvero non comprendeva. Ad Hogwarts la maggior parte del tempo sapeva cos’avrebbe dovuto evitare, e di certo conosceva –il 70% delle volte- il motivo per cui lo incatenavano nella sala delle torture. Ma il castello non contava nemmeno, bastava che Stiles dicesse il proprio nome con più enfasi del solito per essere additato come megalomane e, perché no, antisemita. Se si fosse fatto crescere i baffi, cosa che non aveva intenzione di fare per non irritare Carlitos, non aveva dubbi che sarebbe stato accusato di nazismo. Si limitò ad un mezzo sorriso ironico, quello che sfoderava nelle occasioni meno opportune quando non sapeva cos’altro fare. L’alternativa era un passo di meregue, ma aveva la sensazione che il capo non avrebbe apprezzato. Una parte di sé, quella piccola parte razionale, si maledisse per essere così.. Stiles. Per una volta voleva iniziare con il piede buono: i Tre Manici era l’unico posto dove Andrew potesse dire di essere a casa, nei suoi alti e bassi. Di certo un rifugio quando a scuola non ne poteva davvero più. Ma gli altri come potevano saperlo? Quell’uomo sconosciuto che sembrava non vedesse l’ora di piantarlo fuori dal pub con un ombrello, pareva essere gentile infondo, ed un cappello per la raccolta fondi, come poteva immaginarlo? Di certo Stiles non avrebbe spiattellato i suoi problemi con un perfetto sconosciuto.
    Gli altri non lo sapevano, ma aveva un orgoglio.
    “si, è vero. Non sono riuscito a parlarci neppure io: tutto attraverso un rappresentante. “
    Alzò le sopracciglia scettico. Pensava di essere lui ad avere dei problemi con l’autorità, ma Deadman sembrava averne molti di più. O forse semplicemente non era un umano, ma uno schiopodo sparacoda a cui avevano dato un’identità vera solo perché gli si potesse attestare un locale. “Se vuole la mia opinione, non è mai esistito” Disse appoggiando i gomiti sul bancone ed annuendo lentamente, per poi correggere la sua posizione e rimettersi con le braccia lungo i fianchi. “Ma.. finga di non averlo sentito” Assottigliò le palpebre, sorridendo leggermente.
    Pala.
    Ora.
    Anche Shane andava bene in alternativa. Non voleva picchiarlo? Dov’era un diversivo quando serviva?
    Non puoi scappare per sempre dai problemi, Andrew.. Ah no? No. Tentar non nuoce.
    “credo sarebbe un’ottima idea. dove lo troviamo l’alpaca?” Sgranò gli occhi e sorrise, entusiasta. Non aveva mai potuto proporre le sue idee, ed a volte era stato un bene, a nessuno. Doveva selezionarle nel modo giusto, se voleva avere altre opportunità…il che significava dire addio ai draghi gonfiabili. “La mia vicina di casa ne ha uno nel suo cortile, giuro. Se vuole lo rubo un attimo, solo che ha la strana tendenza ad indossare stupidi cappellini” Rimase in silenzio qualche secondo, mordendosi l’interno della guancia. Infine alzò gli occhi. “Sto scherzando, non lo ruberei mai: morde. Però i cappellini li porta davvero” Il suo sguardo si fece lontano, mentre le sopracciglia si aggrottavano. Scosse la testa. “Comunque, potremmo fare una festa in maschera! Sa come si dice, nascondi ciò che sono e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni” Citò ammiccando. “In poche parole, consumazioni di alcolici, uguale entrate in cassa” Sorrise.
    Forse parlare di alcolici non era la cosa migliore, ma tutti sapevano che era ciò che maggiormente veniva agognato alle feste, e che con più leggerezza –per il bene supremo!- si pagava alla cassa.


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    C’era da chiedersi se sarebbero mai riusciti a collaborare, due persone tanto predisposte a fraintendersi e allo stesso modo tanto criptiche. Dove Alex rimaneva in silenzio e lanciava occhiate incomprensibili, Stiles faceva battute altrettanto incomprensibili, almeno per l’uomo.
    I presupposti non sembravano felici.
    “Se vuole la mia opinione, non è mai esistito”
    <<e’ possibile.>>
    Concordò pacamente Alex, come se fosse perfettamente normale avere un locale intestato al nulla. In effetti, il mistero gli interessava in modo molto relativo.
    Stava pensando, piuttosto, a cosa organizzare in quel locale o, per meglio dire, stava realizzando ancora una volta di non sapere da che parte iniziare.
    L’illuminarsi tutto del ragazzino lo terrorizò un poco… chissà perché gli slanci troppo genuini gli facevano spesso questo effetto. Dovette sforzarsi parecchio per rimanere fermo lì, a braccia conserte, invece di infilare velocemente la porta.
    Per fortuna Stiles aveva quelle sue uscite improbabili a cui non si poteva rimanere indifferenti a lungo. E infatti l’uomo finì per scoppiare a ridere.
    <<ok, ok!>>
    Rise, mettendo avanti le mani.
    <<non intendevo davvero di portare qui un apalca, senza offesa!>>
    Cercò di chiarire nel modo più gentile che gli permettesse lo sghignazzo.
    L’idea della festa in maschera era invece decisamente valida e un espressione pensierosa sostituì quella ridanciana, che comunque non sembrava adatta al viso serio dell’uomo.
    <<questo mi piace>>
    Ammise, cercando di immaginarsi l’ambientazione.
    <<potremmo stabilire un tema e attenerci a quello. Imporre il volto coperto darebbe quel poco di pepe in più e magari potremmo stabilire dei cocktail e dei piatti per l’occasione>>
    Rimuginando spillò due piccole burrobirre sovrapesiero e ne porse una al dipendente.
    <<ma quando farlo? Non voglio pubblicizzare il cambio di gestione, anzi, preferirei non si sapesse proprio>>
    Bevve un sorso, riapponggiandosi al bancone. Il sapore familiare gli invase la bocca riportando alla memoria eppisodi più o meno felici che vi erano legati.
    <<cadopanno?>>
    Propose. Quando andava a scuola, non lasciava Hogwarts per le vacanze e ricordava le festicciole un po’ malinconiche che organizzavano a numero ridotto… chissà se avrebbero permesso agli studenti un’uscita notturna?!


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    i’m going to show them all how i can ride
    L’idea della festa lo stava davvero elettrizzando, forse un pochino eccessivamente. Il nuovo proprietario non sembrava esattamente il tipo incline a dar sfogo alle proprie emozioni, cosa che invece Stiles non mancava di fare fin troppo spesso. Solitamente le persone venivano contagiate, il più delle volte nolenti, dal suo entusiasmo. Quelle stesse persone che un secondo dopo erano pronte a denunciarlo per una malefatta qualsiasi al castello, per il mero divertimento di vederlo finire nuovamente in Sala delle Torture…ma almeno rispondevano alla sua eccitazione. Era come una bevanda gassata e troppo zuccherata, impossibile rimanergli indifferenti. Quando il giovane gli offrì una Burrobirra, come se fosse la cosa più naturale del mondo, Stiles rimase interdetto. Rimase immobile qualche secondo, quindi strinse il boccale abbassando lo sguardo sulla schiuma color crema della bevanda, trattenendo un sorriso genuino. Di rado, detto anche mai per i più pessimisti, qualcuno si comportava in modo carino con lui. Insomma, era un babbano mancato che cercava rogne anche senza volerlo, un divertente passatempo nei momenti di noia… Non era mica una persona vera. Nessuno si rendeva conto che, beh, in realtà Stiles era vero eccome. Non l’aveva mai fatto notare a nessuno, arresosi da tempo all’idea che non sarebbe mai stato visto come uno qualsiasi degli altri suoi compagni –perfino Geronimo, il ranocchietto con gli occhiali ed il moccio al naso, vantava un rispetto umano più di quanto non potesse fare Stiles- , e la naturalezza con cui Smith gli aveva dato la bevanda, gli suggerì che forse sarebbe perfino stato in grado di non farsi sbattere a calci in culo fuori dal locale. Sempre forse, con Stilinski nulla era certo.
    “Potremmo stabilire un tema e attenerci a quello. Imporre il volto coperto darebbe quel poco di pepe in più e magari potremmo stabilire dei cocktail e dei piatti per l’occasione” Il tassorosso annuì con convinzione, immergendo le labbra nella bevanda ambrata dal sapore denso e dolce. Si passò la lingua sul labbro cercando di portare via i rimasugli di schiuma che, sicuramente, decoravano un viso altrimenti candido. Inclinò il capo, pensieroso, mentre una miriade di idee –nessuna delle quali fattibili, effettivamente- si affollavano dietro gli occhi color cioccolato. “La parte difficile penso sia proprio quella di trovare un tema. La maggior parte di questi sono stati usati così tante volte da risultare ormai noiosi, e scontati… Noi dobbiamo fare qualcosa di originale! Cioè” Tossicchiò imbarazzato, premendo ile labbra contro il vetro freddo del boccale. “Lei, deve fare qualcosa di originale. Il locale è suo” Indicò l’aria fra loro, come se quel gesto bastasse a spiegare tutto. “Ha qualche idea?” Domandò, cercando di sottrarsi all’impiccio nel quale si era cacciato. “Ma quando farlo? Non voglio pubblicizzare il cambio di gestione, anzi, preferirei non si sapesse proprio” Si morse il labbro, studiando con interesse quasi accademico le nervature del bancone di legno. Non capiva perché volesse passare così inosservato: avere un locale era bello, c’era di che vantarsi, non era una vergogna da nascondere! Specialmente se si trattava di un pub rinomato come i Tre Manici. Il giovane uomo doveva però avere le sue ragioni, e non era nell’indole di Stiles ficcare il naso negli affari altrui. O, perlomeno, non negli affari del suo boss. Fece una smorfia, scuotendo il capo alla proposta di capodanno. “Nah, quasi tutti si sono già organizzati mesi e mesi prima… e poi, se si vuole organizzare qualcosa di veramente brillante, c’è bisogno di un larghissimo anticipo. Dobbiamo preparare le masse all’evento del secolo” Ammiccò allusivo, alzando entrambe le sopracciglia. “Perlomeno dovremmo pubblicizzarlo come tale. E non si preoccupi, se c’è dell’alcool nessuno si preoccuperà del perché si faccia una festa, o chi sia il proprietario”
    Perle di saggezza Stiles’s style.



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