Winter party

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    Resistenza• ETA':27•
    Keanu Larrington
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    « L'alcol uccide lentamente. Chi se ne frega. Non ho fretta»
    Felicità.
    Era qualcosa di cui si era dimenticato, da qualche tempo era come se quel sentimento fosse andato via, si fosse preso una vacanza da quel corpo, una lunga, lunghissima vacanza, era andato in luna di miele con la serenità e avevano conosciuto la certezza proprio in quel posto, quindi capiteli, si erano trattenuti anche più del dovuto, ed entrambi, con il conoscente, avevano deciso di prolungare le loro ferie, di staccare la spina per un po', lasciando Keanu Larrington, un corpo vacante e quasi vuoto.
    I problemi erano capitati tutti troppo in fretta, tutti in rapida successione, non riuscì neanche ad accorgersene, neanche a prevenire qualcuno di questi, si erano tutti riversati su di lui come una valanga inferocita ed egli ne era stato travolto, senza poter discutere.
    Ma erano proprio questi momenti quelli, che pensava lo avrebbero fatto crescere maggiormente, doveva vivere e soprattutto sopravvivere, doveva resistere e stringere i denti e per fare ciò doveva portare fuori le sue migliori doti attoriali e recitare, recitare al cospetto di quel grande teatro, indossare ogni giorno un largo sorriso e incollarlo al volto con la miglior colla in circolazione per evitare che questo si staccasse troppo facilmente.
    E fu per questo, per mantenere su quella sceneggiata, che aveva organizzato una grande festa alla Testa di Porco, il suo locale, un piano semplice.
    Per la prima volta nel mondo magico il suo locale avrebbe fatto una rigida selezione di invitati, niente feccia, niente ubriaconi, solo studenti, insegnanti e "brava gente" impegnata quotidianamente nel sociale e nella pulizia dello schifo che insozza le strade, come i Mangiamorte, non che tra tutti questi non ci fossero ubriaconi, specialmente tra gli studenti, le nuove generazioni erano facilmente influenzabili e fin troppo curiose nel scoprire ciò che gli era vietato o che per loro risultava nuovo, e ovviamente per trasgredire le regole e sentirsi più grandi. Ah, gioventù.
    Il piano era questo: grande festa, grandi ubriacature, grandi sorrisi, grandi finzioni, finale: tutti felici e contenti e poi a nanna a riprendersi, un piano semplice, quasi buffo, ma tanto patetico quanto poco scontato e sorprendente, e finalmente egli non sarebbe passato come uno della Resistenza, preoccupato di aver perso il quartier generale ed il proprio leader, sarebbe rimasto sotto copertura, una spia che in quel momento faceva la parte del troppo simpatico e di un semplice e comune negoziante.
    Insomma, come avrebbe potuto essere felice o toccare alcool un membro della Resistenza?. Avrebbe fatto quel sacrificio, ed in fondo era persino contento di sacrificarsi.
    Erano solamente pochi giorni che la Testa di Porco era tornata attiva, come nuova, come se nulla fosse accaduto, avevano riaperto in fretta per non destare altri sospetti, il retrobottega era stato ripulito da qualsiasi strana cosa vi fosse mai accaduta, quel posto adesso gli incuteva un certo timore e una sensazione di estraneità che difficilmente avrebbe saputo spiegare, ma era comunque il suo posto di lavoro, la sua attività, altri giorni di chiusura gli avrebbero apportato guai sociali oltre che finanziari, e quindi, come ogni giorno, era tornato a servire alcolici e a cacciare fuori a pedate coloro che avevano alzato troppo il gomito, a contare il denaro e chiudere e aprire costantemente quel locale, la solita routine.
    La festa era quasi come una nuova apertura, la reinaugurazione del locale, e tutti avrebbero dovuto parteciparvi, gli inviti arrivarono a gran parte del mondo magico, i manifesti furono affissi in ogni luogo di Hogmseade, anche, non senza remora, negli altri locali, che, pur consapevoli che per quella sera avrebbero avuto meno clientela, lo avevano concesso solo perché a chiederglielo era Keanu Larrington, una persona che era sempre stata disponibile e gentile con loro, ricambiare il favore sembrava il minimo.
    Iniziò dal pomeriggio ad addobbare il locale, quando la clientela era ancora scarsa e poco pressante, cercò di dare un minimo di significato a quel spoglio locale che era la Testa di Porco, certamente poco predisposta a grandi feste, si organizzò per quanto possibile, con gli addobbi che riuscì a trovare nel retro.
    Iniziò posizionando sulla porta d'ingresso delle pesanti tende rosse teatrali, e la sensazione in effetti era proprio quella, era come aprire un sipario di uno spettacolo e ritrovarsi direttamente sul palco, pronti ad andare in scena.
    La sala era stata totalmente sgomberata, i tavoli erano stati portati nel retro, solamente alcuni erano rimasti e quelli li aveva accatastati sul lato destro dove avrebbe allestito il rinfresco, aveva posto un largo tappeto a fantasia persiana che occupava praticamente quasi tutto lo spazio; la totale assenza di oggetti in quella sala gli ricordò i primi tempi, i tempi in cui egli era appena diventato proprietario e quel posto non era altro che un cumulo di polvere e sporcizia, fu sorpreso comunque di vedere che non era affatto male come spazio per muoversi, ampio e alquanto accogliente.
    Con l'aiuto della sua bacchetta diede l'effetto di una parete innevata su tutti i muri del locale, e trasformò il lampadario in una serie complessa di stalattiti e di ghiaccio di forme diverse e incomprensibili, era come trovarsi, in un gigantesco igloo, fatto di neve soffice e bianca, al cui interno però c'era un accogliente calura, in contrasto con le apparenze e con il pungente freddo che aveva portato quell'inverno, si assicurò infatti che il clima all'interno fosse caldo, la sensazione era quella di essere seduti su una poltrona in pelle, davanti ad un camino emanante un piacevole calduccio.
    Ghiacciò il soffitto e il davanti del bancone, che divennero delle pareti lisce, talmente trasparenti e luccicanti che per quanto distorta, ognuno poteva vedervi la propria figura riflessa, poi fece partire dagli angoli della stanza grandi ghirlande di muschio che scendevano su ogni parete e assieme delle lucette, come quelle che si mettono sugli alberi natalizi, che trasmettevano ad intermittenza luci blu e luci verdi.
    Fu il momento del rinfresco, i tavoli che aveva accatastato al lato furono riempiti a sezioni, c'era la sezione dei dolci, in cui c'erano cupcackes e altre golosità principalmente alla zucca, poi c'era l'angolo quasi babbana con cestini di popcorn e simili, infine c'era lo spazio dedicato alle bevande, varietà di analcolici e soprattutto tanti alcolici di cui egli ne era anche un fiero produttore, al centro del tavolo vi era una fontana da cui scendeva una cascata di cioccolata, in cui potevano essere intinte fragole e marshmallow.
    Fu soddisfatto del lavoro, in fondo non poteva lamentarsi, con sorpresa scoprì di avere cose interessanti per preparare una festa.
    Congedò Nigel, il suo assistente, dopo tutta quella sfacchinata, decise di dargli la sera libera, solamente lui sarebbe rimasto al locale, prima di tornare a cambiarsi a casa però, il tocco finale, la testa di porco all'insegna fu decorata con il classico cappellino triangolare delle feste di compleanno che rendeva quella lugubre insegna più appetibile ad un posto anche più accogliente.
    Si lavò dato lo sforzo dell'addobbo e infine si cambiò in fretta dato che mancava circa un'ora all'inizio, il suo abbigliamento era scontato, elegante come al solito, indossò come sempre il suo classico smoking nero lucente fresco di stiratura, la sua camicia bianca e una cravatta blu scuro, scarpe nere e opache, poi indossò guanti neri di pelle per coprire il suo piccolo intoppo che comunque, essendo inverno passava più che inosservato, si guardò allo specchio, tutto era pronto, fece un ultimo respiro e montò il sorriso, il momento era arrivato.
    Fu di nuovo dentro la Testa di Porco e sistemò gli ultimi dettagli prima dell'arrivo delle persone.
    Passarono minuti, poi un'ora.
    La sala lentamente iniziò a riempirsi, studenti, insegnanti, adulti, c'era un po' di tutto, una grande pubblicità per il locale che finalmente poteva dimostrare di non essere uno squallido posto, iniziò ad entrare persino più gente del previsto, sorprendendo felicemente Keanu che guardava tutto dal retro del suo bancone.
    Quando fu il momento giusto gli sembrò opportuno, iniziare le danze, rompere quella rigidità che si era creata ed invitare l'intera sala a divertirsi, per questo riempì un profondo calice di birra, riempì di buon tabacco la sua pipa e andò in scena.
    Salì prima sul suo sgabello e mantenendo l'equilibrio saltò rapidamente l'attenzione di tutti i presenti, specialmente di chi anche poteva conoscerlo dato che non era solito di queste azioni, con la pipa in una mano e il calice nell'altra iniziò, tossicchiando e con un tono di voce abbastanza alto, il suo discorso:-Signori, vi prego, concedetemi l'onere della parola..., fece scoccare entrambi i piedi sul bancone ed allargò entrambe le braccia come ad annunciare un grande evento:-Mi spiace derubarvi delle vostre chiacchiere e interrompervi nelle vostre interessanti conversazioni, ma lasciatemi introdurre questa serata..., fece un'altra pausa, poi continuò:Il proprietario della Testa di Porco vi da il benvenuto nel suo locale, ci tenevo a ringraziare voi tutti della gentile presenza di cui mi state onorando, è in effetti un gran piacere che voi tutti abbiate accettato l'invito e con un grande augurio spero che voi tutti possiate divertirvi, pose il calice in avanti a fare un brindisi:-Non mi rimane altro che augurarvi una buona serata, siate felici, parlate, danzate e bevete..., fece un giro di sguardi per incrociare i minorenni:-Ricordo che questo privilegio è vietato ai minorenni... Ma mi è giunta voce che il proprietario di questo posto sarà particolarmente distratto stasera, ma sappiamo tutti delle voci di corridoio che girano!, con il calice ancora avanti continuò il discorso abbandonato:-Quindi mi concederò l'onore del primo brindisi, e che dopo questo mi auguro che ne arrivino a centinaia-, scolò gran parte della birra, e si lasciò cadere sul bancone, con le gambe a penzoloni, con l'aria di chi non era pienamente felice della cosa ripose in bocca la sua pipa, e iniziò a sfumacchiare.
    Che la festa cominci.
    winston,©
     
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    Vi spiego brevemente come si svolgerà la festa. Inizio dicendo che non c’è alcun ordine di post, quindi potete postare quando e come volete; abbiamo messo a disposizione delle pozioni, che troverete sotto forma di bicchierini colorati, e ciascun pg dovrà farla bere ad un altro pg, indipendentemente che lo conosca o meno (abbiamo fatto delle estrazioni) . Vi spiegherò brevemente gli effetti della pozioni, che comunque dureranno per tutta la festa - la durata potrebbe diminuire, ma in tal sarete avvisati dallo staff-, è importante sapere che se il pg che dovrà darvi la pozione non posterà entro una settimana, voi dovrete comunque dire di aver bevuto la pozione a voi assegnata, proprio grazie a quel pg. Mentre aspettate che posti il pg che è stato estratto in coppia con voi, potete fare quello che volete: ballare, rotolarvi nel fango, cantare, flirtare.. insomma, una festa normale. Ricordo che, indipendentemente dalla pozione e dalla coppia(?) iniziale, potete interagire con TUTTI.
    Ma passiamo alle pozioni!

    1. Bicchiere rosso: Amortentia. Colui che dovrà berla si innamorerà perdutamente del pg che gliel’ha fatta bere (in caso questo non posti entro una settimana dall’apertura, verrà fatta un ulteriore estrazione), e alla fine non avrà alcun ricordo ci ciò che ha fatto. Descrivete anche il sapore e il profumo che ha per voi questo “cocktail”
    2. Bicchiere verde: Bevanda Balbettante. Colui che dovrà berla non riuscirà a parlare correttamente a nessuno, ma ogni sua frase dovrà essere balbettata. (Per intenderci “C-ci-ao che b-b-bel vesti-ti-to che h-hai!”)
    3. Bicchiere blu: Felix Felicis. Colui che dovrà berla avrà una serata fortunata, in cui tutto gli andrà bene. Ogni suo desiderio sarà esaurito, scegliete voi la maniera, magari mettendovi d’accordo con altri pg i quali player però dovranno tenere conto della fortuna dell’amico. (es: Pasticcio desidera ardentemente che Ciccio inciampi nei suoi piedi per iniziare una conversazione, Ciccio –per una serie di eventi(?)- inciampa e cominciano a parlare)
    4. Bicchiere viola: Bevanda della Pace. Colui che dovrà berla non sarà più agitato, ma sarà incredibilmente tranquillo anche se non è parte della sua indole: vivrà nella condizione del tutto andrà bene, senza timore alcuno.
    5. Bicchiere Giallo: Distillato dell’Euforia. Colui che dovrà berla sarà come drogato, sospeso in uno stato felice dove troverà tutto ciò che lo circonda incredibilmente divertente e meraviglioso. Effetti nel particolare a discrezione del player.
    6. Bicchiere bianco: Filtro d’amore. Colui che dovrà berla subirà gli stessi effetti dell’Amortentia, vedi punto 1, e come questi si innamorerà perdutamente della persona che gli ha dato da bere. Non dovrete descriverne il profumo, conta solo per l’amortentia, e finito l’effetto ricorderete tutto. P.S. Ricordo che in coppie di due donne o due uomini nel qual caso i pg non abbiano inclinazioni di questo genere, l'amore diventerà semplicemente una viscerale adorazione.
    7. Bicchiere oro: Infuso di Erballegra. Colui che dovrà berla sarà, effettivamente, sotto effetto di uno stupefacente. Può avere diversi effetti, fra i quali la tristezza, la paranoia, la felicità, l’iper attività, la filosificità(?) sulla vita, ecc. Effetti nel particolare a discrezione del player.
    8. Bicchiere nero: Pozione Dimenticante. Colui che dovrà berla dimenticherà chi è, dove si trova, e perché è lì. Avrà inoltre problemi nel ricordare anche nel corso della festa. (es: “Ciao, io sono Mario” “Piacere” due minuti dopo. “Ciao, io sono Mario“Ci siamo già presentati” “Ah” due minuti dopo. “Ciao, io sono Mario”) Effetti nel particolare a discrezione del player.
    9. Bicchiere argento: Pozione Legilimente. Colui che dovrà berla riuscirà a leggere i pensieri degli altri pg, proprio come se fosse un Legilimens, a meno che quest’ultimo non sia un ottimo occlumante (ma andiamo, con l’alcool chi lo è?)
    10. Bicchiere arancio: Pozione Eroe. Colui che dovrà berla verrà contagiato dalla sindrome dell’eroe: il cavaliere sul cavallo bianco che deve proteggere la sua amata, possibilmente prosando aulico (?) come se fosse realmente un personaggio del Medioevo. Sentirà la necessità di salvare tutti. Effetti nel particolare a discrezione del player.
    11. Bicchiere rosa: Veritaserum. Colui che dovrà berla dirà, per tutta la durata della festa, la verità, indipendentemente da tutto. Gli sarà impossibile mentire.
    12. Bicchiere azzurro: Pozione LinguaLunga. Colui che dovrà berla parlerà tutte le lingue tranne quella conosciuta, senza rendersene conto. (es: -sì, sto usando google translate, pietà- “Ciao bella, come butta?” “Utsukushī wa, anata no imōto o oshiete”..come prego?“shest na sŭdebnata idiot ? ili ti drogiran ?”) Potete pensare la frase giusta, ovviamente, ma ad alta voce la direte in un’altra lingua a scelta. Dovrete trovare il modo per comunicare, e farvi capire, ON gdr.
    13. Bicchiere fucsia: Pozione canterina. Colui che dovrà berla dovrà cantare per tutta la durata della festa, quindi ogni cosa che dirà dovrà essere cantata. Potete prendere spunto da canzoni già esistenti per modificarne i testi, oppure semplicemente dire che il pg sta cantando.

    Nella lista qui di seguito, indicherà come primo nome il PG che dovrà far bere la pozione; secondo, il numero della pozione estratta (guardate quindi la lista sopra); terzo, il pg che dovrà berla. In caso di dubbi, chiedete! BUON DIVERTIMENTO <3

    1. Charlotte 12 Lucas
    2. Lucas 11 Keanu
    3. Keanu 8 Arwen
    4. Arwen 6 Lilian
    5. Lilian 10 Ilary
    6. Ilary 10 Hope
    7. Hope 4 Dubhe
    8. Dubhe 7 Jericho
    9. Jericho 2 Selene
    10. Selene 9 Stiles
    11. Stiles 12 Elsa
    12. Elsa 2 Dakota
    13. Dakota 2 Bart
    14. Bart 5 Adam
    15. Adam 5 Nobuo
    16. Nobuo 7 Axel
    17. Axel 12 Amelia
    18. Amelia 8 Brian
    19. Brian 13 Jayson
    20. Jayson 8 Aveline
    21. Aveline 10 Niamh
    22. Niamh 4 Jason
    23. Jason 11 Muriel
    24. Muriel 13 Elizabeth
    25. Elizabeth 9 Arthie
    26. Arthie 2 Jack
    27. Jack 6 Beatriz
    28. Beatriz 13 Aaron
    29. Aaron 7 Lydia
    30. Lydia 5 Lilia
    31. Lilia 5 Xav
    32. Xav 10 Alexander
    33. Alexander 4 Donnie
    34. Donnie 2 Hugo
    35. Hugo 8 Karen
    36. Karen 11 Karma
    37. Karma 5 Charlotte


    Edited by #EPICWIN - 4/12/2014, 17:43
     
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  3. Jack‚ beautiful liar.
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    Detesta essere chiamato Jack da persone che conosce poco.
    Non toccategli sua sorella Jericho.
    Abbonato alla sala torture con entrata gratuita e trattamenti speciali.
    Gli piace molto fare festa perciò... #PARTYHARD
    State attenti a quello che dite, a come vi muovete, lui nota ogni cosa.
    abbigliamento / fotoVeste quasi sempre sportivo quando non ha addosso la divisa scolastica, ogni tanto gli piace pure vestirsi elegante per fare colpo ma soprattutto per farsi quattro risate con gli amici.



    KILLIAN JACK HADES
    LIAR ⋆ 16 ⋆ Purosangue ⋆ Neutrale ⋆ single ⋆
    Era sera, una sera come tante, faceva freddo, l'inverno era alle porte... Jack camminava da solo per le vie di Hogsmead, le mani ficcate nelle tasche della giacca, il più lontano possibile dall'aria gelida... La stagione invernale gli era sempre piaciuta ma quell'anno non riusciva più a scorgerne la bellezza...
    Jericho era sparita. Quel pensiero lo tormentava, lo tormentava in continuazione, non riusciva nemmeno a dormire la notte, a studiare, a mangiare... Jericho era sparita. Solamente questo gli diceva il suo cuore quando lasciava cadere lo sguardo su una sua coetanea... Il giovane aveva bisogno di distrarsi per continuare a vivere senza esplodere. Aveva parlato con Stiles il giorno prima implorandolo di uscire con lui "Ho bisogno di parlarti davanti a un fuoco ed un bicchiere di alcol forte." ma a quanto pare il suo migliore amico quella sera proprio non ci poteva essere... pazienza. Jack non si era sentito di invitare nessun altro, tanto avrebbe trovato mezza Hogwarts , ne era certo, non c'era bisogno di altre richieste.
    Ed eccolo lì... davanti all'entrata del locale addobbata a festa, pareva che il signor Larrington avesse voluto fare le cose in grande... poco male! A quel posto una lucidata non avrebbe di certo guastato...
    Il ragazzo prese un respiro profondo, istintivamente si girò verso destra, dove di solito c'era Jer, ma stavolta nessuno a parte la tenda rossa era lì accanto a lui. Sbuffò in silenzio quasi ridendo di se stesso ed entrando nel locale... aveva veramente bisogno di qualcosa di forte.
    Come aveva sospettato la testa di porco era affollatissima, studenti, docenti ed adulti erano tutti riuniti nella sala, bisognava ammettere che il proprietario aveva fatto veramente un ottimo lavoro con le decorazioni a tema "Polo nord" infondo era sempre qualcosa di più originale dei soliti alberelli di Natale... "Mancano solo i pinguini e un bell'eschimese per completare il quadretto" pensò tra se e se ridendo. Jack prese posto ovviamente vicino ad un tavolo pieno di bicchieri colorati... bevande di ogni tipo, alcolici di ogni specie... Bene! Ora si che si iniziava a ragionare!
    Mentre il padrone di casa si elevava sulla folla per il discorso inaugurale, il giovane aveva già iniziato con un bel bicchierino di Whisky incendiario, un aperitivo, tanto per preparare lo stomaco alla serata. Il liquido freddo ed allo stesso tempo rovente gli entrò subito in circolo facendolo rabbrividire.Dopo il brindisi, Jack quasi venne travolto dalla marea di gente che si avvicinava al tavolo delle bevande, una voce femminile alle sue spalle attirò per qualche attimo la sua attenzione "passamene uno perfavore" , il ragazzo riuscì ad agguantare uno shottino bianco prima di essere strattonato in qua e in là... "Ecco tieni! Tanta gente eh?" esclamò poi rivolgendo un mezzo sorriso alla giovane che aveva di fronte, l'aveva già vista in molti lezioni... dopotutto ad Hogwarts gli studenti si coniscevano tutti. A quel party però c'era veramente troppa confusione, altro che seratina dove potersi scolare una bottiglia accanto al fuoco, se non si dava una mossa Jack sarebbe rimasto letteralmente a bocca asciutta...
    Ed intanto la sua mente non ancora annegata nell'alcol urlava il nome di sua sorella, "Dio quanto vorrei che fosse qui!" rimuginò poi mentre tentava di riavvicinarsi alla tavolata e la ragazza con cui aveva appena parlato si beveva il drink biancastro, poco importava a Jack di quella tizia... doveva arrivare ai cocktail... doveva far tacere i suoi pensieri... aveva bisogno di alcol.


    «Solamente quando le cose ci vengono tolte scopriamo il loro vero valore»

    schema role © psìche

     
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    Jayson Matthews
    Drinking: the act of pursuing happiness and self destruction at the same time.
    Lungo tutto il tragitto tra il castello e il luogo della festa - una locanda dal nome quanto mai originale che non aveva ancora avuto modo di visitare, cosi come qualunque altro luogo fuori dai cancelli di hogwarts - Jayson non aveva fatto altro che arrovellarsi su un'unica, ma fondamentale domanda: per quale assurdo motivo si stava recando ad una festa? Era partito cosi bene, evitando tutto e tutti al solo scopo di vivere le sue giornata in pace e tranquillitá, ma da qualche giorno a quella parte sembrava che il destino avesse deciso di mandare all'aria i suoi piani, divertendosi a guardarlo mentre andava in cortocircuito.
    Prima quel tipo, Stiles, il suo riflesso tanto somigliante esteriormente quanto diverso di carattere, poi la ragazza incontrata alla torre dell'orologio, Amelia, con i suoi occhioni tristi da cerbiatto. Nel caso del sosia, alla sorpresa dettata dal trovarsi improvvisamente faccia a faccia con un tizio identico a lui, si era aggiunto anche l'inevitabile cerchio alla testa dovuto alla sua parlantina sciolta: metá dei discorsi di Stilinski su panettoni a forma di dinosauri, pozioni polisucco e unicorni in sala grande gli era entrata da un orecchio, aveva fatto un giro veloce tra gli ingranaggi del cervello senza attecchire e infine era semplicemente uscita dall'altro. Non per disinteresse, quanto più per un'effettiva difficoltá a stargli dietro, quando saltava da un racconto all'altro, citandogli oggetti, persone e luoghi mai sentiti prima. Jay a malapena ricordava il suo nome e quell'incontro l'aveva fisicamente debilitato, senza contare il fatto che gira e rigira ancora non era riuscito a dare una spiegazione soddisfacente a quello strano sdoppiamento.
    INDIZIO 1: Non era solo un sogno, l'aveva sempre saputo
    Due occhi azzurri, non è tutto perduto
    Così familiare, così lontana
    Non avere paura,è una vita che ti aspetto.

    Per tornare al nocciolo della questione, il party organizzato alla Testa di Porco non gli sembrava affatto la situazione adatta per riprendersi e riflettere a mente fredda su quanto accaduto negli ultimi giorni, ma il suo Professore aveva insistito: secondo lui non poteva esserci occasione migliore per mettere alla prova se stesso e l'autocontrollo allenato tanto duramente da quando era arrivato al castello. « Inoltre credo sia arrivato il momento, signor Matthews, di cominciare a socializzare. Per quanto io stesso apprezzi lo status di eremita, sono convinto che poco si addica ad un giovane della sua età.»
    Parole che, per quanto dotate di una loro logica e di un innegabile fondo di verità, a Jayson erano suonate un tantino false, come se il professore stesse usando una scusa per spingerlo a.. fare amicizia? Parlare con qualcuno che fosse suo coetaneo e magari non un gatto rosso con il muso da maiale? Spiegato in modo così brutale il suo sospetto suonava certamente infondato, addirittura stupido, ma quella sensazione negativa gli era rimasta appiccicata addosso e ancora non voleva saperne di scollarsi. L’idea di protestare era venuta meno, e quanto a quella di fregarsene dello spassionato consiglio, beh... l’ultima cosa che voleva era inamicarsi l’unica persona in grado di insegnargli a controllare il suo potere, per quante vibrazioni sinistre emanasse l’uomo.
    Superò un paio di ragazzi bardati nei loro cappotti, sentendo scricchiolare sotto le scarpe la ghiaia che ricopriva il vialetto grazie al quale si giungeva direttamente alla porta del locale, quasi del tutto nascosta da pesanti tende color rosso acceso: se avesse avuto memoria di tal posto, Jay l’avrebbe senz’altro associato al palco di un teatro, o peggio, ai tendoni del circo. Per sua fortuna, almeno in questo caso, dalla sua testa insieme a tutto il resto era stata rimossa anche la volta in cui da bambino si era quasi perso dentro uno di quei baracconi, nel tentativo di recuperare gli altri compagni dell’orfanotrofio con cui aveva organizzato quella – brevissima – fuga.
    Non gli piaceva, per niente. Ruotò il busto, lanciando un’occhiata alle sue spalle, nella direzione da cui era venuto: la tentazione di tornare indietro c’era, impossibile negarlo. «Oh, al diavolo». Frase rassegnata che gli uscì in uno sbuffo di vapore, prima di voltarsi nuovamente e farsi largo tra i tendaggi – rischiando prontamente di rimanerci impigliato – riuscendo per miracolo a trovare la porta.

    L’interno, se possibile, era ancora peggio.

    Pareti innevate, strani ed inquietanti coni di ghiaccio appuntiti, ghirlande in ogni dove e luci ad intermittenza. Avrebbe potuto anche sopportare l’ambiente e il vedere la sua immagine improvvisamente riflessa dentro ogni superficie nella quale aveva la sfortuna di guardare, se non fosse stato per la gente: tante, troppe persone intente a chiacchierare e urlare, a bere e mangiare, strette una all’altra totalmente ignare del significato di spazio vitale. Slacciò i bottoni della giacca, sentendosi subito soffocare: faceva un gran caldo lì dentro o era solo la sua immaginazione? Socializzare un corno, professore!
    Jay prese la sua decisione, senza nemmeno doverci pensare troppo su, letteralmente scivolando con la schiena contro le pareti del locale per infiltrarsi tra la gente e trovarsi il suo posticino, un angolo appartato dove nessuno lo avrebbe disturbato, possibilmente ad una distanza ragionevole da cibo e bevande: i cupcake super colorati e il profumo delle tortine alla zucca stavano già facendo il loro effetto, aprendogli una voragione nello stomaco per la quale forse sarebbe valsa l’ansia di trovarsi in mezzo a così tanti esseri umani tutti in una volta. Fece giusto in tempo ad afferrare un dolcino ricoperto di glassa al cioccolato, prima che il proprietario del locale interrompesse il borbottio generale -Signori, vi prego, concedetemi l'onere della parola... -
    Sollevò la testa, ritrovandosi di fronte un gran numero di schiene, oltre le quali riuscì ad intravedere il busto e la chioma bionda dell’uomo. Lo sentì andare avanti con il suo gran bel discorso, ma smise di ascoltarlo davvero dopo un paio di frasi, estremamente concentrato sul risolvere un problema più imminente e di vitale importanza: come togliersi la giacca senza mollare la presa sul cupcake al cioccolato?



    Scheda ▴ 17 ▴ NEUTROMAN ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Edited by [re-a]ddicted - 7/11/2015, 18:21
     
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    Aveline Jodene
    WHO? WHAT? WHEN? WHERE? WHY?
    Aveline, sedici anni sulla carta, ma qualcuno di più sulle spalle, che spesso, ultimamente in particolare, si faceva sentire. Una sedicenne atipica, come molte della sua età, cresciuta troppo in fretta in un modo anomalo, ma che per lei era naturale: probabilmente non aveva mai vissuto in quella che viene definita normalità. Mai una serata di tranquillità in famiglia, sballottata da sua madre, che a volte a stento la riconosceva, a suo padre che la guardava come si guarda un’opera d’arte: si prendeva cura di lei, come un atleta che lucida la sua medaglia. In un modo freddo, egoistico, egosintonico, mai attento ai suoi bisogni. A volte Aveline avrebbe voluto dimenticare tutto, riniziare da zero e vivere senza pensare al passato. Troppe volte il passato tornava a bussare alla sua porta, mostrandosi in forme sempre diverse, con nomi e volti differenti, mai conosciuti e allora iniziava ad avere paura, di tutto, non riuscendo ancora a gestire quel potere che, chissà perché era capitato proprio a lei. Il problema era che non sapeva come scacciare quegli spiriti che le facevano visita anche di notte, svegliandola e terrorizzandola. Si odiava, perché non riusciva più a passare del tempo da sola, perché aveva una necessità costante di trovarsi in mezzo a persone vere e vive e i momenti di solitudine erano solo un ricordo. Aveva legato con un po’ di persone al castello, come Jericho, con la quale aveva instaurato un rapporto di amicizia, perché da lei si sentiva capita, più di quanto le sue parole riuscissero mai a spiegare. Molte volte pensava che con Jer non ci fosse bisogno di parlare, lei capiva e basta. Aveva conosciuto Dakota che, in quanto Ribelle e studente, si era offerto di proteggerla al castello. Aveva conosciuto Tristan, nella stessa circostanza in cui aveva incontrato Dakota: in infermeria. Un luogo in cui si sentiva protetta, e che frequentava spesso a causa della Sala torture. Odiava la Sala torture, la odiava profondamente e la amava al tempo stesso. Tante persone erano morte là dentro, troppe e ancora vagavano al suo interno, strisciando i loro abiti stracciati sul loro stesso sangue, alcuni piangevano perché non riuscivano a dimenticare i loro cari, né a comunicare con loro, altri urlavano.
    E poi l’amava perché entrando lì sapeva cosa aspettarsi: nessun effetto sorpresa, nessuno spirito nuovo, a meno che non morisse qualcun altro nel castello. Le torture la distraevano dai suoi poteri, così si concentrava solo su esse, senza pensare ad altro. Dakota, Prefetto Grifondoro, si diceva fosse la casata dei nobili di cuore, dei coraggiosi, e Dakota lo era, da quel poco che Aveline aveva conosciuto di lui. Era stato proprio lui la sera prima a convincerla ad andare a quella festa al locale Piede di porco. O forse era…Zampa di porco? Insomma, non ricordava bene il nome, ma almeno sul “porco” era sicura. Aveva finito di truccarsi, lasciando una scia di eyeliner rigorosamente babbano sui suoi occhi, un po’ di mascara e…basta. Amava i trucchi, ma non ultimamente: le lacrime che versava il più delle volte la facevano assomigliare ad un Panda, più che ad un essere umano, per questo da poco si era data al waterproof e funzionava!
    Per l’abito si era affidata al nero assoluto, come al suo solito, amava il colore nero, perché secondo lei era profondo e riusciva ad abbinarlo con tutto. Alcuni, poco divertenti, al castello, le domandavano se fosse in lutto, bè, effettivamente lo era tutti i giorni. Uscì dalla stanza del dormitorio femminile delle babbane insieme a Jer, che sarebbe andata con lei alla festa e percorse il tragitto che la portava ad Hogsmeade, non troppo lontano dal castello. Riconobbero il locale, oltre che per la testa del porco appesa come insegna (Ah! Allora era TESTA di porco, bè dopo quella visione non l'avrebbe più scordato), anche per l'afflusso di persone sia dentro, sia fuori dal locale. Ecco perchè non aveva mai amato le feste, ed ecco perchè, invece, le amava adesso.
    Vado a prendere qualcosa da bere! Annunciò a Jericho. Qualcosa da bere, magari non qualcosa di troppo forte, ma a giudicare dall'odore di alcol nel locale, il whisky andava alla stragrande. L'arredamento era fantastico, sembrava quasi di trovarsi dentro un igloo, sebbene il calore si facesse sentire, piacevole. Quante cose faceva la magia! Si avvicinò al banco allestito con sopra ogni genere di stuzzicheria, per prendere qualcosa, ma ancora prima che aprisse bocca per parlare, chi stava dietro il banco le passò un bicchere colmo di liquido color arancio. E di nuovo, ancora prima che potesse obbiettare, perchè non sapeva nemmeno cosa avesse in mano, il tizio riprese "Passalo!" E indicò alle sue spalle, qualcuno probabilmente in fila da prima di lei. Oh, fantastico. Si voltò verso la persona indicata, riconoscendola come una delle amiche di Dakota e le allungò il bicchiere, con un mezzo sorriso. Si sentiva profondamente in imbarazzo, non sapeva seriamente cosa fare, così decise di andare a sedersi ad un tavolino, uno dei pochi ancora liberi, visto che gran parte sembrava essere stato spostato ad un lato della stanza, per sgomberare la sala. Attese che il banco del buffet si liberasse e cercò Jericho tra i presenti, con lo sguardo, ma l'aveva persa, davvero troppe persone! Un ragazzo biondo si alzò tra la folla, presentandosi come il proprietario del locale, e augurò a tutti una buona serata. Chissà se lo sarebbe stata e se, almeno per quella sera, avrebbe smesso di pensare un po'.



    Scheda ▴ 16 ▴ neutrale (filo-ribelle) ▴ Pensieve
    babbana speciale ▴ medium
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    - Arriva al locale con Jericho e una volta dentro passa il cocktail a Niamh
     
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  6. #Barthie
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    Bart Evans

    Scheda ▼19 ▼ CacciaviteGiallo ▼ Neutralchic ▼ Pensieve

    Aveva ricavato una stanza, in un piccolo magazzino dell’edificio in cui abitavano, in cui aveva allestito una specie di studio. Lì si rifugiava quando voleva starsene da solo coi suoi fantasmi, a dipingere. La piccola stanza dal pavimento di legno era infatti tappezzata dai suoi disegni, alcuni su tele arrotolate, altre su fogli sparsi. Dipingere lo rilassava, e gli permetteva di allontanarsi dagli spettri che in ogni istante deviavano la sua mente. Non sempre però. A volte erano proprio quei mostri i soggetti dei suoi dipinti. Li raffigurava senza nemmeno accorgersene, come un invasato in preda alla scienza infusa. E poi, come in quel momento, si trovava a fissarli, chiedendosi in quale parte del suo inconscio dimorassero quelle macchie informi.
    Bart Evans se ne stava seduto per terra, al centro della stanza, con le mani e le braccia sporche di tempera-e anche la faccia, ma non se ne era accorto- in religioso silenzio. Contemplava gli occhi di brace della creatura informe del suo ultimo quadro. Il suo corpo era grigio e opaco, animalesco. Le sue fauci facevano paura. L’aveva già vista, in qualcuno dei suoi incubi. Era uno dei tanti fantasmi nella sua mente.
    Rimase lì, finchè una voce squillante non lo chiamò, sbattendo la porta del corridoio.
    “Bartholomeus! Sono tornatoooo!”
    Dal tono di voce Donnie sembrava particolarmente allegro in quella tarda mattinata.
    “A Londra ci sono i saldi, e abbiamo fatto un sacco di shopping!” Continuò, tutto euforico.
    Quel “abbiamo” fu un campanello d’allarme.
    Ti prego, Dio, se esisti, o Anubi, o Zeus, o chiunque esista… Dimmi che non è andato a fare shopping col cacciavite. Ti prego, dimmi che non ha comprato cose per il cacciavite.
    Con sua sorpresa Donnie tirò fuori una maglietta dalle buste e gliela lanciò.
    “Questa è per te, un regalo!”
    “Grazie!” Rispose sorpreso, mentre la apriva. Era una semplice t-shirt nera, con il simbolo di Batman in giallo e nero. Sorrise. “Bartman ti proteggerà!” disse, fingendo una voce gutturale e atteggiandosi a supereroe.
    Ma poi Donnie continuò a tirare fuori roba dalle buste, e il degrado iniziò.
    Tirò fuori una specie di zainetto blu con delle bretelle spesse, e se lo mise al petto, invece che sulla schiena. Poi prese il cacciavite e ce lo infilò. Questi spuntava dalla tasca come un cangurino, con quei suoi occhietti inquietanti che si muovevano a ritmo col petto di Donnie. Bart rimase basito.
    “Donnie. Che cazzo è sta roba?”
    Chiese con un filo di voce, incredulo. Ti prego fa che sia tutto uno strano sogno. Dimmi che non è vero.
    “E’ uno zainetto da Polgymama! Così potremo portare Polgy sempre con noi e avere contemporaneamente le mani libere! Non è meraviglioso?”
    Ah.” Bart non sapeva se fosse più inquietante Donnie che si atteggiava a marsupiale convinto, o il fatto che avrebbero dovuto girare sempre col cacciavite in braccio. Li avrebbero presi per pazzi. Erano pazzi.
    Poi, tenendosi il cacciavite sul petto e ballando(?) per cullarlo, continuò a tirare fuori roba.
    “Crema anti-ruggine!”
    Esclamò mostrandogliela e riponendola.
    “Una sciarpina nuova, rossa per il Natale…” Era un elastico per capelli, rosso. Bart lo seguì con lo sguardo.
    “E poi ci sono i viveri”. Gli tirò un pacco di pasta. Quella mattina a quanto pareva Donnie aveva il lancio facile. Lo prese al volo.
    “Non restare qui a fissarmi, lavati quelle manacce e cucina qualcosa sguattera!”
    Ovviamente lo disse ridacchiando. Bart scoppiò a ridere e si apprestò a eseguire gli ordini. Mai contraddire uno armato di cacciavite e corrente elettrica.
    Non si sarebbe mai abituato a mangiare a tavola col cacciavite che lo fissava. Era inquietante. Così….giallo! E quello sguardo perfido poi… li avrebbe uccisi nel sonno prima o poi, ne era sicuro. Sotto quella plastica gialla, una mente malata tramava piani di conquista.
    Qualcuno varcò rumorosamente la porta della sala da pranzo, ma non era uno di loro. Era alto, e scuro. Non era umano. Bart scattò dalla sedia, quasi strozzandosi col boccone che stava ingoiando. D’istinto gli lanciò il coltello che aveva alla sua destra.
    "Evans!"
    Lo mancò, e lo scimmione si gettò contro di loro. Bart tentò di bloccarlo ma non accadde nulla. Che fare?
    "Evans!"
    Sentì un colpo alla guancia, e il mostro sparì. Donnie gli aveva appena mollato un ceffone, e Bart si era ritrovato in piedi, ansimante, e consapevole di aver appena tirato un coltello al muro.
    “Scusa.” Disse semplicemente all’amico, tornando a sedersi. Ormai quella era la normale routine. Non sarebbe mai finita. “Figurati Melinda!”. Rispose lui facendo spallucce. Sta cosa di Ghost Wishperer non sarebbe mai finita.
    Solo allora notò un foglio sul tavolo. Era il volantino di una festa, lì ad Hogsmeade. Sembrava un evento carino. E poi, un locale che si chiamava Testa di Porco, era tutto un programma.
    “Ci andiamo?”
    Disse a Donnie, mostrandoglielo, ed aspettandosi le solite lamentele tipo ma ci ammaleremo, e le malattie dei maghi sono incurabili, tanta gente, tanti germi, gli alieni vogliono rapirmi e non posso uscire, gli zingari vogliono rapire Polgy ecc…. Ma non accadde. Stranamente, Donnie accettò subito.
    C’era qualcosa sotto.
    Quella sera infatti, indossò la sua nuova maglietta di Bartman e andò a chiamare Donnie. Lo trovò che faceva prove col marsupio e il cacciavite davanti allo specchio.
    “Ehm, Donnie…mi sa che quel marsupio non va troppo bene sopra la giacca. E poi hai anche le bretelle! Polgy lo poteremo a mano su!”
    Cercò di convincerlo facendo leva sull’estetica, notando che il cacciavite aveva un fiocco rosso al collo(?), ed arrendendosi all’idea che lo avrebbero portato con loro.
    Due uomini e un cacciavite. Prossimamente al cinema.
    Indossò la giacca, sopra alla famigerata maglia di Batman, poi mise dei jeans e delle scarpe nere. Abbastanza sportivo. Bart si sarebbe vestito elegante solo per il proprio matrimonio. Cioè mai.
    Insieme a Donnie e Polgy arrivarono al famigerato locale, che era stato allestito a tutto punto. C’era un sacco di gente, e la paura di fare qualche figura di merda a causa delle sue allucinazioni lo assalì. Non era abituato a tutta quella folla.
    Ma tanto comunque, non sarebbe cambiato molto. Aveva un cacciavite nel taschino, tipo fiore all’occhiello.
    “Stai benissimo col Polgy all’occhiello!”
    Disse Donnie soddisfatto, mentre ridacchiava sfottendo il disagio di Bart.
    Per paura di perderlo - non è vero, voleva solo sbarazzarsene- riconsegnò il cacciavite a sua madre, mentre il proprietario del locale faceva il suo discorso. Era strano stare lì. Probabilmente erano tutti maghi, e tra loro c’erano anche gli assassini del laboratorio.
    Ma vivere nel terrore non valeva la candela. Aveva già perso più di un anno della sua vita nei laboratori. Non era il momento di perdere altro tempo. Poteva solo recuperare. Che poi, recuperare il tempo perso, per uno che controlla il tempo, è il top!
    "Beviamo qualcosa?”
    Chiese a Donnie, facendosi strada tra la folla, verso il banco su cui stavano dei bicchierini colorati.
    Ne prese uno giallo. Era giallo. Come Polgy. Quella doveva essere una cospirazione! Un grande progetto che i polgyminati(?) avevano ordito per farlo impazzire. Ma lui non avrebbe ceduto.
    “Tieni!” Disse, appioppandolo a un tizio che era lì vicino (Adam).
    La festa aveva inizio. In alto i cacciaviti calici!




    I'm taking a stand to escape what's inside me. A monster.
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    Do il bicchiere giallo ad Adam <3
     
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    Donnie Armstrong

    Scheda ▼ 19 ▼ Muggle ▼ RebelPawa! ▼ Pensieve

    Il primo giorno in cui li avevano portati a Diagonale, o dove cacciavite abitavano, li avevano riuniti in una confortevole saletta dalle parete verdi come la sciarpina di Polgy per spiegargli qualche cosa riguardo quel mondo sconosciuto. “Benvenuti, io sono Bla Blao. Volevo dirvi che Bla Bla Bla, e Bla bla bla. Mi raccomando, Bla Bla Bla. Ah, e i cellulari qui non funzionano: noi maghi usiamo i gufi per comunicare
    Cosa. Si era alzato in piedi quasi senza rendersene conto, armato con orgoglio del suo telefono, puntato minacciosamente contro Bla Blao. “Sta scherzando?” Lui l’aveva guardato battendo le palpebre lentamente. “Io non scherzo mai, figliolo” E Donnie aveva stretto con forza il cellulare al petto, senza avere il coraggio di separarsene. “Come fate ad usare i gufi? Non sono igienici. E non possono sapere la destinazione. Ah, ma certo che stava scherzando” Ripetè con una risata forse leggermente isterica. “No, figliol..” “AH.AH.AH. DIVERTENTE SIGNOR BLA BLAO” Lo interruppe esagerando la risata, alzando il tono di voce. Si portò una mano sotto l’ascella, mentre quella con cui ancora stringeva il suo fidato amico correva sulla fronte. Sentiva l’ansia crescere nel petto, mentre ciò che Bla Blao aveva detto sedimentava nel suo animo. Scosse il capo più volte, misurando la stanza a lunghi passi: quello non era davvero il luogo adatto per un altro parto, ma i suoi ormoni erano ancora fuori controllo. Poteva benissimo scapparci anche una coppia di gemelli, in una situazione simile. “Lei non può farmi questo. Io ho un figlio. Suo padre merita di vederlo, cosa faccio senza skype?” Cadde sulla sedia, agganciando le mani dietro la nuca. “Crescerà senza un padre. Già, per colpa dei vostri esperimenti, ho dovuto adottare un tira capezzoli. Un tira capezzoli, si rende conto?” Una mano lo prese per il polso tirandolo nuovamente a sedere, dato che nella foga si era nuovamente alzato in piedi. “No, Evans, loro devono sapere. Mio figlio non può fare niente: non può salire sulle vostre scope giocattolo, non può giocare a pallavolo, non può nuotare. E adesso gli impedite di vedere anche il padre?” Prese la borsa ai suoi piedi, la aprì e sbattè con violenza il tira capezzoli contro il petto di Bart, che preso alla sprovvista lo strinse. “Andiamocene, Bart. Loro non capiscono.” Sospirò. “SONO UNA MADRE, ok? E ora sono una MADRE SINGLE. Se finirò il latte..” Si avvicinò a Bla Blao, finchè non lo ebbe ad un palmo dal viso. “Saranno i suoi capezzoli, quelli che sfameranno mio figlio. Sono stato chiaro?” Si allontanò, trascinando con sé Evans per tornare in quella catapecchia che loro osavano definire stanza. Non siete in prigione aveva detto loro Leroy. No, certo, erano alle Hawaii. Come aveva fatto a non rendersene conto?
    Doveva decisamente ancora abituarsi all’intera faccenda. A volte, anche se esigeva uno sforzo che spesso non poteva permettersi, usava il suo nuovo potere per far funzionare il telefono abbastanza da leggere le notifiche di whatsapp. Su facebook non ci provava nemmeno più ad entrare, gli ricordava tutto ciò che non poteva più avere: le partite di Jayden, gli incontri con i Nerd Poco Anonimi, il nuovo film della Marvel al cinema. Brooks gli scriveva per sapere come stava, e lui non si sprecava nemmeno più a rispondere. Il suo migliore amico doveva cominciare a dimenticarsi di lui, a vivere la sua vita: college, feste, confraternite, calcio. Donnie doveva rimanere un ricordo, perché quella vita non avrebbe più potuto averla. Non sapeva cos’avessero detto ai coniugi Armstrong, aveva preferito non chiedere. Se avesse saputo che i suoi genitori si erano dimenticati di lui, come pareva essere successo alla famiglia dell’amica di Jay, sarebbe impazzito. Aveva Bart. Fin dal primo giorno in cui li avevano infilati nella stessa cella, Bart era diventato parte della sua vita. Ma tutto quello che gli avevano tolto.. non era giusto. Ed a cosa era rimasto legato, fino all’orlo della follia, pur di non dimenticarsi chi era? Polgy. Ebbene sì, un cacciavite. Un cacciavite con dei sentimenti però, dannazione: era il suo bambino, e se doveva strizzarsi i capezzoli una volta al giorno per procurargli il latte, l’avrebbe fatto.
    Non era nemmeno così male, in fondo. C’era di peggio. Aveva cercato di convincere Bart, quando gli pareva di avere due ciliegie sul petto scarno al posto di ciò che avrebbe dovuto esservi, ma lui aveva categoricamente rifiutato. “Donald, ti voglio bene, ma i miei capezzoli non si toccanoEgoista.
    La loro vita procedeva lenta e monotona, per quanto potesse essere monotona la vita di coppia con un cacciavite a carico, intervallata solamente dalle lezioni al castello. Raramente uscivano di casa per interagire con le altre persone, specialmente dato il fatto che i maghi continuavano a guardarli come se fossero scherzi della natura. Come se fossero nati così, e quella non fosse semplicemente colpa loro. Come se a loro piacesse. Alla fine i babbani finivano per chiudersi in piccoli gruppi fra loro, stringendo i ranghi; avevano finito per costruire una famiglia, ma nulla di paragonabile a quello che avevano Donald e Bartman. Lui gli stava vicino anche quando perdeva la testa, letteralmente. Quando cominciava a farneticare cose senza senso sulle cospirazioni di quegli stupidi animaletti pelosi che i maghi si intestardivano a chiamare puffole, mentre a lui sembrava abbastanza palese che fossero dei maledetti Furby senza becco. “Sono il male, Bart. Una volta ho lasciato Polgy fuori dal Serraglio mentre entravo a dare un’occhiata, e quando sono uscito c'era una Puffola con la lingua arrotolata sulla sua stella. La stella!” Bart aveva riso, ma strappare Polgy dall’affamato Furby figlio di Lilith non fu un impresa facile. Non lo faceva mai sentire strano, ed era la cosa che più apprezzava in Evans: Donald era sempre stato quello un po’ sopra le righe, e gliel’avevano sempre fatto notare. Non che avessero torto, lui le righe non aveva mai nemmeno capito dove fossero, però non era carino passare nei corridoi del liceo e sentire le risate dietro gli sportelli degli armadietti.
    A volte si guardava allo specchio, si chiedeva se era cambiato. Passava le dita sopra le due cicatrici che, fra tutte le altre, disegnavano la sua pelle: quella dalla coscia, dove il coltello avvelenato l’aveva portato ad un soffio dalla morte; quella sul petto, dove gli avevano impiantato un apparecchio che gli impedisse di elettrificare il proprio cuore. Era sempre lui? Gli occhi erano sempre gli stessi, così come il sorriso impacciato e la disordinata zazzera di capelli neri. Pensava ancora che gli illuminati mettessero messaggi subliminali nei cereali a forma di lettera, e che nell’area 51 avessero una simpatica combriccola di alieni a fabbricare le scarpe. Voleva ancora diventare un informatico, rendere fieri i suoi genitori.
    Ma quando si chiedeva se era cambiato, la risposta doveva per forza essere sì. Era stato spezzato, e piegato, e non poteva tornare ad essere lo stesso identico Donald Armstrong. In tutto quello, però aveva sempre avuto due ancore, che l’avevano seguito anche laddove il resto del mondo non poteva arrivare: Bartholomeus Evans, e Polgy.
    Polgy il cacciavite, che ancora, nonostante l’insistere di Bart –“Donnie, ma le pappine? Non sarà pronto?” “No. E adesso attaccami il tira capezzolo che si è spostato” “Non farmelo fare, ti prego“Preferisci prendere il mio posto? Te lo cedo volentieri”- beveva il latte, e nonostante la temperatura si teneva la sciarpina attorno al collo. Triste, da parte sua, perché non poteva controllare gli aggiornamenti del sito PolgyPorn. Capì che Bart era davvero parte della famiglia, la sera della zuppa.
    Donnie stava preparando la zuppa, di quelle già pronte dove devi solo versare l’acqua e girare. Distratto, strappato dalla realtà, presente solo nel luogo in cui aveva iniziato a rifugiarsi da quando era stato rapito dai Dottori: un luogo vuoto, asettico, dove poteva urlare o ballare nudo sul soppalco, se lo riteneva necessario. Un luogo solo suo. Stava appunto girando la zuppa nel pentolino, quando Bart lo interruppe con un grido. “Donnie, sei pazzo? Cosa stai facendo?!” Gli aveva preso dalle mani il cucchiaio, e l’aveva asciugato sulla tovaglia posata lì a fianco. Quel cucchiaio, non era un cucchiaio: era Polgy. “Hai appena girato la zuppa con Polgy, Donald Armstrong” Aveva scosso la testa, tornando alla realtà, e poggiando la mano sulla spalla dell’amico, aveva risposto con naturalezza: “Io e lui ci preoccupiamo per te. Pensavamo avessi carenza di ferro”
    Erano una famiglia, si prendevano cura l’uno dell’altro. Erano il fiore dopo l’apocalisse.

    Din din din din din. Dai, non di nuovo. Maledetti metal detector. “Signore, devo controllarla” Una guardia di Harrods ,alta almeno due metri e larga il doppio, gli si avvicinò minacciosamente per perquisirlo. Allargò le gambe sospirando, mentre questi passava quella specie di spazzola senza dentini che faceva bip continui. Arrivato all’altezza del petto, cominciò a suonare con più insistenza: la guardia aveva trovato Polgy. Merda. “Ragazzo, non può entrare con il cacciavite. Deve lasciarlo fuori” “Non c’è nessun cartello che mi impedisca di portarlo all’interno del negozio” Disse, indicando i volantini bianchi e rossi che impedivano ai cani ed ai bambini sullo skate di entrare. “E’ un arma” “E lei un razzista” Gli strappò Polgy dalle grosse mani callose, e uscì indispettito dal negozio. Era il quinto quella mattina in cui non lo facevano entrare, e la cosa cominciava a diventare snervante. Però, nel complesso, era stata una mattinata produttiva: aveva trovato una maglia per Bart (nanananananananananananananananana BARTMAAAN), uno scalda latte, una nuova sciarpa per Polgy, e l’anti ruggine, perché continuare a portare il cacciavite dal ferramenta stava cominciando a destare sospetti. Evans si era arreso, smettendo perfino di commentare. Quello era il suo ragazzo! Come accadeva di tanto in tanto, aveva avuto una delle sue crisi. Poteva sembrare pericoloso, ma Donnie non aveva mai avuto paura, da quando aveva cominciato a conoscerlo: sapeva che non gli avrebbe fatto del male, e non gli importava che in quei momenti non riuscisse nemmeno a vederlo. Donald credeva in lui, si fidava di lui. Era il suo migliore amico, la sua famiglia.
    Quando gli propose di andare alla festa, ponderò la risposta. Contro, c’era la possibilità che venisse rapito nuovamente; che venisse investito da un ubriaco sulla scopa; che Polgy affogasse nel Punch; che Polgy cadesse e si perdesse fra la folla; che i maghi si ribellassero alla loro presenza e li uccidessero; che Bart impazzisse e cominciasse a lanciare coltelli alla gente. Pro: poteva provare il nuovo portaPolgy e fargli indossare la nuova sciarpa.
    Andiamo!” “Davvero?” “No” Schioccò le dita, colpendolo con una piccola scarica elettrica. “Sì, andiamo

    Sai cosa? Non mi convince molto, non si abbina alla giacca” Donnie lanciò un’occhiataccia a Bart, mentre davanti allo specchio provava il portaPolgy. Indossava una camicia bianca, un paio di pantaloni ed una giacca neri, scarpe eleganti e le immancabili bretelle; sua madre gli aveva insegnato che doveva sempre essere elegante, qualunque fosse la situazione. Non l’aveva mai presa in considerazione, ma quello era pur sempre il debutto in società del suo bambino. Alla fine si era convinto a lasciare a casa lo zainetto, ma era stato irremovibile: Polgy sarebbe andato con loro, ed avrebbe indossato la sua nuova sciarpa rossa. Poteva sembrare stupido e folle, ma senza di lui Donnie aveva paura. Sarebbero stati circondati da persone: babbani come loro, maghi, ribelli, mangiamorte. Erano nel bel mezzo di una guerra, e lui aveva rischiato di lasciarci le penne per ben due volte. Non voleva che Bart spalasse altra merda proveniente del mondo magico, ed egoisticamente non lo voleva per sé stesso. Inoltre, le feste non erano mai state il suo genere: era un nerd, maledizione, se non c’era un computer nei paraggi non poteva sentirsi a suo agio! Ma l’avrebbe fatto, perché sapeva che Evans non era come lui, e che vedere delle persone gli avrebbe fatto bene. Ma non senza Polgy.
    Testa di Porco. Testa di Porco non sarebbe stato un bel nome nemmeno in una situazione normale, figurarsi mentre Armstrong cercava di controllare la respirazione per non andare in iperventilazione. Testa di Porco implicava brutte cose: innanzitutto, un porco; poi, un porco senza corpo. Non poteva chiamarsi “carote alla julienne” o, non so, “testa di semolino sorridente che rotola in un campo pieno di magnolie”? No, Testa di Porco. Va bene.
    Persone, oddio quante persone. Quando Bart gli ridiede Polgy –anche se il Polgy all’occhiello regalava gioie-, ne fu lieto e sollevato: non sei da solo, Donnie, non sei da solo, Donnie, non ti faranno niente. Non ti uccideranno, o rapiranno, o accoltelleranno, o.. “Beviamo qualcosa?” Sì, MALEDETTO ETHERNET Sì.
    L’alcool era la risposta. La domanda non la ricordava nemmeno più. Seguì Bart cercando di non guardarsi attorno come un rifugiato dell’ISIS, prese un bicchiere a caso dal tavolino e lo guardò con occhio critico. Lo porse anche a Polgy, cosìcche potesse controllarlo anche lui, ed entrambi diedero lo stesso verdetto: non aveva lo stella factor. “Il verde è passato di moda, ora è il momento del rosso” Sussurrò fra sé e sé pensando alla sciarpa del cacciavite, mentre allungava il braccio davanti a sè e cercava di poggiarlo nuovamente, con scarsi risultati, dove l'aveva preso. Vabbè, che famo, lo beviamo o no Donnie?
    No. Verde significa radioattivo. “Ehi, tu con la faccia da marshmallow, mi piacciono i tuoi capelli! Te lo regalo per la simpatia” Disse, smollando allo sconosciuto il bicchiere fra le mani e dandogli un amichevole pacca sulle spalle.
    Donnie 1 CospirazioniPerUcciderlo 0. Boom, bitches!


    Love you, Pol, even if you haven't arms
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    Abbevero Hugo la Violetta *^*


    Edited by God‚ save Lydia! - 4/12/2014, 15:07
     
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    Non parla più col padre da tre anni, l'argomento famiglia è un tabù.
    Il suo colore preferito è il nero, ama le fotografie istantanee e le sigarette.
    Odia il contatto fisico e tutto ciò che riguarda l'amore e l'affetto in generale,San Valentino per lei è "Il giorno durante il quale mi chiudo in camera e non esco fino a domani"
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    Karma Montgomery
    sheet ⋆ 16 ⋆ Halfblood ⋆ Neutral ⋆ Prefetto Serpeverde ⋆
    Aprii lentamente gli occhi per sbirciare.Quello che vidi non mi piacque più di tanto, come al solito.Troppo piatta qui,troppo grasso lì.Ma cosa potevo farci? Ero quella che ero e dovevo andarmi bene così, sistemarmi come potevo. Rendermi almeno presentabile per la mia festa dopo secoli. Amavo le feste. Le parole non servivano, bastava la musica, uno sguardo e la serata cambiava completamente. Potevo scatenarmi come una matta in mezzo ad un sacco di sconosciuti e bere fino a stare male. Ah,la vodka...cullata da questi dolci pensieri decisi di dare le spalle al mio riflesso per guardare i vestiti che avevo tirato fuori dall'armadio e posato sul letto a baldacchino dalle tende verdi e argento,che indossai...senza nulla sotto,ovviamente. Sennò che festa era?Un vestitino corto e totalmente nero, con delle rose ricamate sopra, che avevo ordinato in una sartoria londinese settimane prima e che avevano fatto avere all'indirizzo di mio padre era posato senza una piega sulle lenzuola accanto alle scarpe (sì,metto le mie scarpe sul letto.E' camera mia, ci faccio quello che voglio!) un paio di stivaletti,sempre neri, borchiati e con i lacci. per completare il tutto avevo persino comprato un ciondolo a forma di fiocco di neve, giusto per l'atmosfera invernale che si stava creando. Ma il freddo chi lo sentiva? Presi infine una pochette(bianca?sì,certo) nera e mi spruzzai qualche goccia di profumo,lasciando i capelli sciolti. Rifeci il letto e chiusi l'armadio, mentre lo specchio con il mio riflesso scompariva al suo interno. Qualcosa mi diceva che mi sarei divertita...

    In sala comune, alcuni gruppetti che aspettavano gli amici per andare alla festa insieme. Ci sarebbe stata un sacco di gente ed io non ancora non sapevo se era una cosa buona o meno. Ora, prima che andiate avanti con la lettura, è doverosa una spiegazione:ad Hogwarts, esistono quattro tipi di oche cretine, uno per casata.Le cretine oche imprevedibili,grifondoro. Talmente sceme da rischiare la vita e manco accorgersene, il tutto con un capo all'ultima moda nella borsa Armani che tengono sottobraccio.Le cretine oche Tassorosso cretine e basta.Oh,una farfalla!Oh,un riccio!Oh, un ungaro spinato. Bam! Sono a rischio estinzione. Le cretine oche Corvonero.Rare, ma esistono. Sono un paradosso vivente e, se volete un consiglio, meglio star lontani da loro, sono più mestruate di Dakota nei suoi giorni migliori (#haterandom). Ed infine, le peggiori:le oche cretine Serpeverde, le stronze.Mi sembrava di vedermi fare uno di quei programmi sulla natura babbana.Guardate lì,lì,proprio vicino all'ingresso!Jim,inquadra!Ecco,vedete? quattro."rarissimi".esemplari.di.ochecretineserpeverde.Meglio aggirarle senza che si accorgano di...Karma! Mi girai di malavoglia, mentre una bionda di cui avevo dimenticato il nome mi sqaudrav a piedi, non apprezzando evidentemente il mio look.Anche tu vai alla festa? Mi limitai ad annuire con un sorriso tirato, mentre tentavo un'altra volta di tirare la corda. Stavo giusto per riuscirci quando un'altra del gruppo, pensando che non la sentissi,sussurrò:Ma non parla mai?Il drago le ha mangiato la lingua? Mi girai di scatto.E a te chi ha mangiato il cervello?

    Arrivata alla testa di porco, il party era già iniziato. Come mi ero aspettata, il locale era pieno di sconosciuti, ma, purtroppo, qualche viso amico conosciuto c'era. Niente grandi pazzie o, almeno, più moderate di come mi immaginavo. Mi buttai ovviamente sui drink. Stavo per ordinare un qualcosa di superalcolico quando notai un tavolino pieno di bicchierini colorati.Shottini! Una vocina infantile nella mia testa esultò soddisfatta, mentre aumentavo il passo e per raggiungere il mio obbiettivo spintonavo a destra e a manca. ma c'era un problema. Un enorme problema. Quale scegliere? Erano tutti di colori diversi...Ambarabà, Cicci e...e...come si chiamava l'altra? Presi il primo che mi capitava sotto mano,giallo.Avevo il mio drink, potevo godermi la festa. Stava tutto andando a gonfie vele quando...sentii l'odore tremendo di ciò che avevo in mano.Oh,Merlino,ma che ho fatto di male? sussurrai mentre mi guardavo intorno. Vicino a me avevo una bella ragazza, dai lunghi capelli castani. Le lasciai il bicchierino in mano sussurrandole un Bevi che ti fa bene. per poi mischiarmi di nuovo con la folla. Mi era passata la voglia di bere, ma non quella di divertirmi.


    « My blood is burning,I'm radioactive. My heart is nuclear, love is all that I fear. »

    schema role © psìche



    Karma è vestita Così

    dato il bicchiere a Charlie *^*


    Edited by Psychopath. - 5/12/2014, 17:28
     
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  9. Keep the secret‚ Elsa!
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    Elsa Queen
    "Così bella, così fredda, come un mattino di pallida primavera ancora legato al gelo dell'inverno."
    “Al diavolo!” esclamò la bionda avvolta in un turbinio di fiocchi di neve mentre lanciava un paio di guanti bianchi sulla poltrona, possibile? Possibile che non esistesse un incanto? Qualcosa? Una dannata controfattura che le permettesse di celare il suo potere? Elsa si lasciò cadere sul divano imprecando, la tappezzeria gelò all’istante sotto di lei, esasperata sferrò un pugno al cuscino sfrantumandolo con la magia delle sue stesse dita. “Mi dispiace Elsa, questo potere è troppo forte per me! Io voglio tornare quella di prima! Sono solo un dannato esperimento Elsa! Non lo posso accettare, non posso accettare questo potere!” urlò al vento mentre il suo viso veniva inondato dalle lacrime ed la stanza veniva invasa dal ghiaccio. Era sola. Era un mostro.
    L’orologio a pendolo battè le sette ridestando la ragazza addormentatasi sul divano, guardandosi intorno notò come tutto fosse tornato normale, niente neve, niente ghiaccio, anche il divano sul quale era sdraiata era all’apparenza perfetto… Sembrava quasi normale la casa della Queen, da poco trasferitasi a Londra, tutto era in ordine, non una cosa fuori posto ma l’apparenza ingannava. Chiunque passasse per di li non avrebbe mai immaginato che dentro quella villetta a schiera di architettura moderna potesse nascondersi un mostro, Elsa. Scappata dalla struttura in cui era stata rinchiusa ad Diagon Alley, la giovane aveva trovato rifugio in quella grande città dove nessuno sarebbe riuscita a trovarla… sempre che fosse stata in grado di nascondere al mondo ciò che i ribelli le avevano fatto. “Devi stare calma… stai calma… ricorda niente emozioni… niente emozioni.” Si rammentò mentre recuperava i guanti e li indossava, non potevano bloccare il suo potere ma sicuramente l’aiutavano a celarlo… Si osservò allo specchio… chi era? Cosa era?
    “Dimentica chi eri! Dimenticalo!” le suggerì una voce nella testa “Sei un mostro! Un mostro!Hai lasciato Elsa morire ed ora non meriti di vivere nemmeno tu!” continuò poi la sua coscienza mentre le parole sembravano uscire dalla sua mente e rimbombare nella casa, nelle pareti e nello specchio. “BASTA!” urlò la ragazza alzando una mano e lanciando contro il suo riflesso un raggio di luce blu. La superficie trasparente si crepò in un secondo come se fosse stata trapassata da un sasso ma nient’altro oltre allo specchio venne danneggiato dalla magia di Elsa… “Visto? Quando sei arrabbiata, quando veramente vuoi, riesci benissimo a sfruttare il tuo potere! Pensaci potresti vendicare la morte di molte persone! Però prima devi tornare alla realtà!”
    La giovane sbuffò, era stanca di tutte quelle voci nella sua testa, gli esperimenti a cui era stata sottoposta all’inizio non avevano rivelato questo problema… o forse era soltanto lei? La sua coscienza? Probabilmente la seconda opzione, già perché non dare retta a ciò che infondo diceva il suo subconscio? Un tentativo era d’obbligo… Era da tanto che non partecipava ad una festa… da quando era stata rinchiusa con sua sorella nei laboratori… 4 anni… Forse era giunto il momento di riprendere i contatti con la realtà anche se voleva dire mettere a rischio tutto… Sapeva che non poteva commettere errori, se la situazione le fosse sfuggita di mano per lei sarebbe stata sicuramente la fine, sarebbe stata catturata e rinchiusa nuovamente in quella prigione a Diagon Alley… il solo pensiero le faceva ribrezzo.
    Elsa si sistemò l’abito azzurro dallo spacco vertiginoso, si sistemò i capelli in una treccia spettinata adornata a dei piccoli cristalli di neve ed infine si truccò con cura… fin da quando era ad Hogwarts prestava molta attenzione al suo aspetto, le piaceva vestirsi alla moda, ma ora tutto era diverso… lei era diversa. Quel nuovo look dava principalmente due messaggi “Bella e pericolosa” ed era forse meglio sottolineare l’ultimo termine una decina di volte minimo. La ragazza si avvicinò alla porta di casa con passi lenti mentre le scarpe con il tacco battevano sul palchè , ogni movimento la portava più vicina al mondo reale… si lanciò un grazio mantello lilla sopra le spalle per coprire l’abito poi afferrò la maniglia con decisione “Bene… da qui non si torna indietro… per te Elsa!” mormorò la giovane aprendo di scatto la porta… Casa è alle spalle…Il mondo avanti.

    Hogsmead. Davanti alla testa di porco.
    “Bene… coraggio Elsa” pensò mentre sentiva già il potere aumentare insieme all’agitazione, sicuramente si sarebbe trovata davanti vecchi compagni di scuola, sicuramente avrebbe dovuto rispondere a qualche domanda per esempio dove era finita, come stava, come se la passava… “No nessuno mi riconoscerà finchè porterò questa” si passò una mano sul volto e fece comparire una maschera azzurra , ghirigorata e gelata, in tono con l’abito. Entrò.
    Rimase per un attimo stordita dal rumore, dalla gente, dal calore e all’atmosfera di felicità che riempiva la stanza, per un attimo il suo volto si illuminò, aveva dimenticato tutto questo. Aveva dimenticato il significato delle parole divertimento ed amicizia, ma ora lei non era nessuno, l’unica cosa che si poteva riconoscere nel suo viso erano gli occhi, quelli non erano mai cambiati e nessuna maschera avrebbe potuto celarli. “Certo che si sono dati da fare qui con le decorazioni! Se per caso perdessi il controllo del mio potere nessuno se ne accorgerebbe! Larrington come sempre è geniale!” pensò sorridendo mentre cercava con lo sguardo il proprietario della Testa di porco, non ci aveva mai parlato ma lo conosceva di vista, aveva voglia di rivederlo, lui ed i suoi vecchi compagni di scuola. Lo scorse mentre dava inizio alle danze e proponeva il primo brindisi “Quindi mi concederò l'onore del primo brindisi, e che dopo questo mi auguro che ne arrivino a centinaia” Elsa sorrise, già in quel locale quelle poche volte che aveva festeggiato era uscita praticamente rotolando o meglio… non si ricordava nemmeno d’esserne uscita. Dettagli xD
    Mentre la festa iniziava dunque la ragazza si tolse il mantello rivelando lo splendido abito sottostante, più di qualcuno la fissò con sguardo ammaliato ma lei non se ne curò… dopotutto era una festa a tema natalizio e beh lei era vestita a tema! Si avvicinò ad un tavolo pieno di bicchieri colorati, ne prese uno al volo, poi passò dal bancone ed ordinò una vodka liscia, infine fece un respiro profondo e si avvicinò a un ragazzo dai capelli rossi, con passo sicuro ed un portamento da fare invidia ad una modella, aveva dimenticato quanto fosse divertente bere, ballare e stare in compagnia e se veramente non poteva tornare più una strega beh… doveva riuscire a vivere comunque in qualche modo. Prima prova della serata: parlare con un essere umano, ed il primo a cui aveva riservato l’onore era si… uno sconosciuto! Il primo ad aver attirato la sua attenzione soprattutto perché era senza bicchiere! “Splendida festa! Ci voleva un party natalizio e come sempre Larrington è stato geniale!” esclamò Elsa porgendo al ragazzo lo shottino che aveva recuperato poco prima, non disse nulla di particolare, non propose nessun brindisi, si limitò a guarare il rosso negli occhi mentre beveva il cocktail, la ragazza abbassò gli occhi sulla bevanda, non sapeva cosa sarebbe potuto accaderle se si ubriacava, non sapeva come potevano reagire i suoi poteri ma per una volta… avvicinò il bicchiere alla bocca e bevve il liquido trasparente in un sol sorso… al diavolo!



    Scheda ▴ 21 ▴ Mangiamorte ▴ Pensieve▴ Ice Queen ▴ Stay Away! ▴ Your power can only grow ▴ What can i do? code role by #epicwin for obliviongdr


    Dato bicchiere nero a Dakotino <3


    Edited by Liz.The perfect girl is gone. - 4/2/2015, 11:47
     
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    Jericho Lowell
    I DON'T WANT YOU TO LEAVE WILL YOU HOLD MY HAND?
    Doveva uscire da quella sottospecie di ghetto, prima o poi, e Jericho lo sapeva bene. Solo che non sapeva ancora come affrontare il… tutto. Era sparita, senza lasciare traccia di sé, e stava ancora facendo credere agli Hades di essere dispersa. Non sapeva nemmeno se si trattava di una vendetta nei loro confronti, o se era paura di non essere accettata per ciò che era diventata: non era abbastanza incuriosita da cercare di darsi una risposta, motivo per cui rimaneva rintanata sotto le coperte (anche se in effetti non avrebbero potuto riconoscerla comunque, ma ehi! Era una Grifondoro, mica una Corvonero) con la sola compagnia di Echo, la scimmietta più brutta della storia delle scimmiette, e Aveline, la rossa che parlava con i morti. Lei non le aveva mai chiesto la sua storia, e rispettandola Jericho aveva ricambiato: non si conoscevano che da una settimana, ma per Karma era già un lasso di tempo bello lungo. Non aveva mai avuto degli amici, fatta eccezione per Killian, e voler bene ad Aveline fu facile come respirare. Un’amica, quasi non ci credeva. Avrebbe voluto vantarsene, ma vantarsi di avere finalmente un’amica alla veneranda età di quindici anni, non avrebbe fatto che arricchire le dicerie sul suo conto. I babbani non sapevano chi fosse Jericho Karma Lowell, e con quel nuovo aspetto sentiva di poter ricominciare a vivere. Il problema era tutto lo studentato di Hogwarts, ossia il motivo che la spingevano a non uscire dalla costruzione adibita ai ragazzi speciali.
    Speciale una volta, speciale per sempre, Jer. Vai così!
    Fino a quel giorno, la sua scelta era ricaduta nel non correre il rischio: insomma, se non usciva nessuno poteva chiederle il suo nome, e di conseguenza ricollegarla a quella Jericho. Non stava mentendo, giusto? E a Jack avrebbe sempre potuto dire, il giorno che avesse deciso di rivelarsi, che .. era affetta da amnesia? Era impossibile mentire a quell’idiota di un Corvonero. Maledizione. Si morse il labbro, stringendosi le ginocchia al petto con fare protettivo. Sperando che più forte si stringesse, meno pesante fosse il vuoto che la consumava dall’interno, che le diceva quanto si stesse comportando male. Jack le voleva bene, anche se non nel modo in cui voleva lei: meritava di sapere la verità. Ma cosa ne avrebbe pensato della Jericho 2.0? E, soprattutto, le importava?
    Oh, maledizione.
    Avrebbe sempre saputo a cosa il suo migliore amico stava pensando. Non poteva impedirselo, non riusciva a controllare quel potere come avrebbe voluto: i pensieri fluivano nella sua testa come se fossero stati suoi, ma risuonavano con un eco diverso rispetto ai propri. Quando era in mezzo alla folla, pensava seriamente che la testa potesse esploderle: così tanti sogni e preoccupazioni e persone e impegni. E quand’era da sola, non riusciva a scollegarsi abbastanza da non udire quello che persone pensavano di lei. L’aveva sempre saputo, ma sentirlo dire ad alta voce, perché per lei era così, era tutta un’altra storia. Potete incolparla se non voleva uscire per rituffarsi nella vecchia vita di pregiudizi e maldicenze? A meno che, certo, con quel nuovo viso perfetto tutte le lamentele non fossero evaporate come acqua al sole. Sempre presa in giro per il suo aspetto ed il suo particolare modo di porsi, se fosse bastato un bel taglio d’occhi per far cambiare loro idea, forse sarebbe stato anche peggio. Era sempre Jericho, ma senza esserlo realmente.
    Alla parola festa, pronunciata con innocenza dalle rosee labbra di Aveline, però, la vecchia Jericho ritornò alla carica. Una festa no, durante le feste doveva fare.. cose! Parlare con.. persone. Ballare, esporsi. Non potevano chiederle tanto. Lei non sapeva ballare, e certamente non sapeva stare sotto un riflettore? Parlare con le persone, poi, non ne parliamo: bastavano dieci minuti in sua compagnia, per capire che decisamente qualcosa non andava. Così finiva sempre per rimanere appiccicata al muro con il chiaro intento di fondersi al suo interno, il bicchiere pieno fra le mani e lo sguardo che spaurito accarezzava la folla. Poteva cambiare, avrebbe dovuto cambiare, ma.. come si faceva? Festa. Sapeva che Aveline voleva andarci, sentiva –anche quando non voleva- il suo malessere ogni qual volta un fantasma faceva capolino vicino a lei. Festa. Sapeva che sicuramente Jack ci sarebbe andato, lui era esattamente quel genere di persona: il suo opposto e complementare. Festa. Nessuno sapeva chi lei fosse, e forse era un ottimo modo per farsi conoscere come la nuova Jericho, quella sicura di sé e.. basta. Che poi, sicura di sé, andiamo: piombare da un giorno all’altro in un corpo che non ti appartiene, non l’aveva resa di certo più sicura di sé. Dimenticava che il suo aspetto era diverso, e continuava ad intestardirsi ad indossare quelle vecchie e comode felpe in cui ci sarebbe stata comodamente anche Aveline, assieme a lei. Udiva i commenti dei suoi compagni di cella, non poteva definirsi esattamente una reggia il posto in cui li tenevano al guinzaglio, è così bella, pensavano. Ma scherzavano? Si stravaccava sul divano, con la testa a penzoloni dal bracciolo ed un enorme piatto di brownies sulle ginocchia, e loro pensavano che fosse bellissima. Le persone erano dannatamente strane.
    Festa. Un sospiro. Poteva farlo? Le alternative erano rimanere ad Hogwarts con il ragazzo strano, quello che le ammiccava mentre mangiava i cereali perdendo briciole lungo il mento, o seguire la sua unica amica in un posto dove, presumibilmente, avrebbe anche potuto divertirsi. Non era mai stata una gran bevitrice, anche perché bere drink in solitudine aveva un nome preciso: alcolismo, ma aveva come la sensazione che quella sera avrebbe cominciato. Nuova vita, nuova Jericho. E, inoltre, doveva trovare un modo per offuscare tutto quel vociare nella sua testa.
    E poi ci sarebbe stato Jack.
    Mandò un gufo a Megan Lynn, la Serpeverde arrivata da poco a scuola. Non erano esattamente amiche, però.. beh, non è che avesse molte persone a cui scrivere, e sapeva che di certo lei non sarebbe andata a sbandierare il suo segreto ai quattro venti, principalmente perché non le interessava. Le spiegò brevemente la situazione, dicendole che non aveva nulla da mettersi per la festa e che aveva bisogno di un consiglio. Quando si presentò alla sua porta, Jericho indossava ciò che per lei era il massimo dell’eleganza: un paio di pantaloni neri, scarpe da ginnastica e una lunga maglia bianca. “Mi prendi in giro” Le disse semplicemente Megan, alzando le sopracciglia e lanciandole un’occhiata degna della Regina delle Nevi. Aveva come la sensazione di aver sbagliato qualcosa nel suo outfit, chiamatelo pure intuito. Le smollò fra le mani un pezzo di stoffa, quasi con disgusto. Lo guardò qualche secondo, tenendolo steso davanti a sé. “Devo metterlo sopra i pantaloni, vero?Idiota. “Te l’ho già accennato che sono telepatica? Significa che sento quello che pensi” Domandò piegando leggermente il capo. Il mezzo sorriso di Megan diceva che sì, gliel’aveva già accennato. Grande.
    No, guarda, apprezzo il pensiero ma rifiuto l’offerta e vado avanti” Il vestito aveva un corpetto attillato che le fasciava i fianchi, una gonna ampia che arrivava poco sotto l’inguine –qualcosa di davvero indecente- , ed un copri tette (ma ha un nome quella roba lì?) trasparente. Le fece un annoiato cenno con la mano, mentre seduta sul bracciolo della poltrona la contemplava. “È una festa, Lowell. Ci sei mai andata ad una festa, almeno? Anzi, non rispondermi.” La cosa bella di Megan: i suoi pensieri erano coerenti con ciò che diceva, e non la spiazzavano mai. “Basta mettere un reggiseno nero e, toh” Con un colpo della bacchetta le allungò la gonna di un centimetro, guadagnandosi un’occhiataccia di Jer a cui rispose facendo spallucce. “Questo è quel che passa il convento, accontentati
    Le aveva imposto di mettere i tacchi. L’aveva aiutata nel trucco e nel parrucco, sbuffando più volte di quante Jer avesse potuto contare. Come fai ad essere sopravvissuta fino ad oggi? “Ero invisibile” Le rispose ad alta voce, con l’accenno di un sorriso di scuse perché le aveva nuovamente letto il pensiero. “Non ne avevo bisogno
    Ma soprattutto, non aveva mai saputo da che parte cominciare. Quando tutto finì, e Jericho si guardò allo specchio, stentò a credere di essere lei la ragazza riflessa: i tacchi allungavano a dismisura le già lunghe gambe affusolate, i capelli raccolti tutti da un lato con un nastro nero disordinati ed ordinati al tempo stesso rendevano il look originale, mentre il rossetto rosa metteva in evidenza la labbra carnose e gli occhi erano enfatizzati dalle lunghe ciglia ricurve e dalla linea nera di.. boh, qualcosa, sopra la palpebra. “Non ringraziarmi” E Megan se ne andò, lasciandola confusa a fissare una sconosciuta allo specchio.
    Inciampò, prese una storta. Sospirò, agganciandosi ad ogni superficie disponibile per non capitombolare per l’ennesima volta. Ogni due minuti, Aveline le faceva notare che aveva del rossetto fra i denti, e di tanto in tanto le passava il pollice sotto la palpebra inferiore ritraendolo sporco di nero. Tempo che fossero arrivate alla Testa di Porco, minuti che divennero ore con il passo ciondolante della Lowell, tutto l’operato della Lynn sarebbe andato in fumo. Oh, maledizione. Perché Dio l’aveva fatta disadattata? Inoltre, ogni buca era la sua: anche il minimo dislivello dell’acciottolato di Hogsmeade la faceva inciampare, motivo per cui abbracciava amichevolmente molti sconosciuti che le camminavano a fianco. “Ah, ciao. No, non sono inciampata, volevo esternare il mio amore! Non si vedeva?”

    “Vado a prendere qualcosa da bere!No, cosa, non lasciarmi da sola. Tempo di girarsi per dirglielo, Aveline era sparita fra la folla. Jericho si guardò attorno per l’ennesima volta da quando erano entrate, senza riuscire a togliersi il sorriso ebete dalla faccia. Era tutto così.. bello. Magico. Tutto poteva accadere in una sera del genere, magari Karma sarebbe riuscita perfino a sopravvivere fino alla fine della serata senza uccidere né mutilare accidentalmente qualcuno. Sarebbe stato davvero il paradiso. E, se tutto fosse davvero andato per il meglio, sarebbe sopravvissuta perfino lei senza cicatrici permanenti.
    Ancora non era abituata agli sguardi lascivi dei ragazzi, ed a quelle invidiose delle ragazze. Continuava a guardarsi attorno cercando l’oggetto di tanto interesse, per poi realizzare che era lei: Jericho Karma Lowell, invidiata ed apprezzata. Le sembrava di essere tornata all’asilo, quando la sua interpretazione del cespuglio di mirto aveva suscitato una commovente standing ovation. Non ditele che l’avevano fatto per pietà, a lei piace ricordare quell’effimero momento di gloria. Non riusciva a fare due passi senza inciampare, quindi cercando di arrivare al tavolo dove pareva avessero da bere, si aggrappò a chiunque fosse disponibile, dispendendo sorrisi cortesi e saluti educati. “Oh ciao! Ehi, come butta?” Si sentiva stranamente a suo agio, ma non era la sua naturale –credici- solarità a spingerla a socializzare: diciamo che aveva scelto il male minore, fra la figuraccia di cadere ogni tre passi e quella di fingere di essere una persona normale. Intravide Selene, la prefetta dei Corvonero collega di Jack: quello era il suo momento per sapere se lui fosse andato o meno alla festa. Se non avesse partecipato, una parte di lei si sarebbe semplicemente spenta, ma da un lato ne sarebbe stata sollevata; se invece fosse stato nei paraggi.. Prese un bicchiere a caso dal tavolo, che scoprì poi contenere una strana sostanza verde dall’aspetto davvero poco raccomandabile, mentre con l’altra mano richiamava l’attenzione della mora. Le sorrise, avvicinandosi, e come fossero amiche da una vita le porse il bicchierino appena conquistato. “Tieni, sono riuscita a recuperarne uno!” Sorrise, arricciando leggermente le labbra. “Sai se stasera verranno altri Prefetti? Non so, Lynch, Mills, Killian Hades..” Vaga, ma nemmeno troppo. Scosse il capo, come se la domanda per lei non fosse realmente importante.
    La chiamavano Jericho l’AntiSgamo, ma lei non si girava.


    Scheda ▴ 15 ▴ NEUTRALCHIC ▴ Pensieve CODE ROLE BY #EPICWIN FOR OBLIVIONGDR



    Do il bicchiere a Selene <3


    Edited by God‚ save Lydia! - 4/12/2014, 15:08
     
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  11. Maybe Alex
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    Alexander Smith
    proprietario Tre Manici di Scopa • 23 anni
    «L'uomo capace risolve i problemi, il saggio li evita.»


    Le feste non erano il suo forte. Neppure il suo debole, ad essere onesti, semplicemente ci si presentava con tutte le buone intenzioni sapendo che, alla resa dei conti, si sarebbe annoiato. Non era persona da ispirare simpatia o confidenza e il trovarsi in mezzo ad una moltitudine di gente che si divertiva, lo faceva sentire solo più trasparente. Ma erano solo pensieri inconsci che non vagliava mai completamente, consapevole solo del fatto che le feste lo lasciavano perpleso.
    Fore era per questo che tergiversava ancora con quella che avrebbe dovuto essere l’innaugurazione dei Manici di Scopa. Chissà.

    Comunque il volantino era proprio sul bancone del suo locale, impossibile non vederlo. Alzò il foglietto attaccato con lo schoc per leggerlo meglio.
    <<ma pensa un po’… alla Testa di Porco… assurdo>>
    Borbottò fra se a nessuno in particolare e non ci pensò più fino al giorno della festa, quando davanti alla porta dei Manici iniziarono a sfilare persone ridanciane dirette altrove…
    <<questa sera, temo, non ci sarà nessuno>>
    Confidò allo spillatore, mentre si riempiva un solitario mezzo boccale. Sorseggiandolo, appoggiato al retro del bancone, lasciava vagare la mente che, ovviamente, tornava indietro ai giorni di scuola quando la Testa di Porco era un tugurio maleodorante dalla pessima fama dove era tacitamente vietato andare… a meno che non si volessero guai!
    E lui, che i guiai li fuggiva da sempre come la peste, non ci aveva mai neppure infilato il naso.
    Anche adesso,in realtà, la Testa di Porco aveva una pessima fama, forse ancora peggiore di allora! Si diceva che fosse frequentata da gentaccia, certi esaltati fanatici pronti ad istigare disordini di ogni tipo… ma forse non era vero.
    Tornò a leggere il volantino, staccandolo finalmente dal banco.
    <<ma si>>
    Decise. Girò il foglio, dove appuntò un “oggi chiusi” che affisse all’esterno del locale, chiudendo bene la porta.
    Non aveva preso neppure un mantello e il vento freddo lo aggredì immediatamente, costringendolo a far di corsa il breve tratto fra i due locali.
    Appena oltrepassato un ingreso addobbato da sontuosi tendaggi rossi, musica e chiacchiere riempivano la stanza. Del tugurio che si aspettava non c’era nulla: pareti candide, ghiaccioli incantati e decorazioni di ogni tipo, oltre ad un sontuoso buffet, davano invece l’impressione di un posto molto chic.
    Un avventore appena arrivato lo urtò, chidedendo cortesamente scusa ma qanche squadrandolo nel suo abbigliamento improvvisamente inappropriato… jeans e felpa non erano l’ideale per una festa in abito da sera! Alla prima occasione, magari appena avesse capito dove si trovavano i bagni, doveva ricordarsi di trasfigurare il vestito il qualcosa di più adatto.
    Forse l’ideale sarebbe stato farlo subito: la fila al buffet, in ogni caso, era al di sopra delle sue forze e, senza un bicchiere in mano, come mai sarebbe riuscito ad affrontare un situazione tanto aliena?

    Mentre tentava con pochi apprezzabili risultati di attraversare la sala, sentì battere sulla spalla e subito dopo una voce senza corpo apostrofo un veloce “me lo tieni?”
    <<cosa?>>
    Un bicchiere viola con una traccia di rossetto da un lato gli venne piazzato in mano prima che potesse capire chi glie lo avesse affibiato. Voltandosi per cercare la donna da cui pensava di essere stato abbordato, si trovò invece davanti un ragazzetto dalla pelle bianca bianca e i capelli scuri.
    Il sorriso che si era preparato gli ghiacciò lettteralmente in faccia capendo, a grandi linee, di cosa si trattasse e, cioè, di uno di quei personaggi mezzo babbani e mezzo… e mezzo non si sa cosa.
    Generalmente l’avrebbe semplicemente ignorato, ma il tipo in questione stava appioppando un altro bicchiere a sconosciuti e questo gli bastò per emettere sentenza di colpevolezza.
    <<non provarci nemmeno>>
    Lo minacciò restituendo, secondo lui, lo scherzo al destinatario. Dopotutto, certi tipi, erano solitamente troppo complessati per creargli problemi e, comunque, intendeva eclissarsi subito dopo.
    Cosa che fece, incuneandosi fra la folla sempre più fastidiosa.


    made by mæve.



    1. passato bicchiere viola a Donnie
    2. Scuse ai muggles... non sapevo fosse un razzista u.u
    3. prometto solennemente di cambiare codice (appena avrò tempo XD )
     
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  12.     +1    
     
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    lost in the echo

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    Lydia Hadaway
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    “Perché stai piangendo?” Lydia si portò una mano al volto, distratta, catturando qualche goccia salata sfuggita dalle palpebre socchiuse. Non lo so. Attese che il vento le asciugasse, sia sulla mano che sul volto, mentre gli occhi verdi fissavano un punto nel vuoto. Seduta su una panchina al parco giochi dei maghi, il luogo in più si sentiva al sicuro, spostò l’attenzione sulla bambina che le si era avvicinata. Aveva due bassi codini biondi, e la guardava come se capisse come si sentiva. Ma com’era possibile? Non lo capiva nemmeno lei, figurarsi una bambina di a malapena nove anni. Eppure nei suoi occhi grigi Lydia lesse lo stesso dolore, e lo stesso demone che imprigionava lei stessa le ammiccò, riconoscendola. “Non sto piangendo” Mentì in tono secco, guardandola impassibile in attesa che si allontanasse. Non aveva bisogno della compassione di nessuno, men che mai di una ragazzina. Le bastavano le occhiate scettiche ad Hogwarts,le Annie sussurrate a fior di labbra dietro le copertine rigide dei libri di Divinazione. “Tu sei Annie, Annie Moreau” No. Lei era Lydia, Lydia Hadaway. Per sicurezza, aveva fatto qualche ricerca: la ragazza era sparita da qualche tempo, ma il fratello aveva detto che era tornata a casa in Francia. Se fosse stata lei, Leroy gliel’avrebbe detto, non avrebbe avuto senso mentirle. Non sentiva nessun legame nei suoi confronti: lo guardava, e nessuna scintilla scattava. Inoltre, non aveva il tatuaggio che Annie vantava sul polso; era solo una ragazza che le assomigliava, niente più.
    Niente più.
    Aveva quasi sperato di essere Annie Moreau. L’aveva desiderato, per poter dire di appartenere ad un luogo, uno qualunque; tutto pur di non sentirsi come una bottiglia vuota nel bel mezzo dell’oceano: non aveva nessun messaggio, rappresentava solamente l’atto di ribellione di qualcuno che, alla fin fine, si era dimenticato di lei. Rimossa dalla coscienza come un sassolino dentro la scarpa, ingombrante e fastidiosa. La bambina non accennava a muoversi, limitandosi a guardarla con quella sua compatibile tristezza. Lydia si limitò a ridere, piegando il capo dentro la sciarpa di lana in modo da nascondere l’espressione terrorizzata e la smorfia di dolore che le aveva incurvato le labbra. Per favore, vattene. Lei si piegò in avanti, raccogliendo con il dorso della mano paffuta un poco del mascara che tanto resistente all’acqua poi non era. “Non piangere signorina. La mamma mi diceva sempre: Quando la vita ti dà mille ragioni per piangere, dimostra che hai mille e una ragione per sorridere” E le sorrise, con la dolcezza tipica dei bambini, invitandola a fare lo stesso. Lydia Hadaway non aveva abbastanza di sé stessa per sorridere, ma quella bambina meritava di crederci ancora. Si sforzò di mostrarle una smorfia più simile ad un ghigno che ad altro, mentre con naturalezza le sistemava un ciuffo sfuggito dai codini. “Tua madre è una donna saggia” Disse con sincerità, mentre quella si sedeva vicino a lei. Sgambettò un poco, in silenzio, senza toccare il prato sottostante. “Papà dice che la mamma adesso è insieme agli angeli, ma che ci vuole ancora bene e mi protegge. Quando mi manca e mi viene da piangere, penso a quanto si starà divertendo a prendere il tè e a volare più in alto del sole” Saltò giù dalla panchina, spalancando le braccia e roteando sul posto mentre una risata spensierata erompeva dalla sua bocca. Il cuore di Lydia sprofondò in una zona recondita del suo essere, mentre si rendeva conto delle implicazioni di ciò che aveva detto la ragazzina: sua madre era morta, lasciandola orfana di un genitore in tenera età. E lei, anziché chiudersi in sé stessa, aiutava una sconosciuta a riacquistare il sorriso. Forse mai come in quel momento la rossa aveva avuto una sincera voglia di piangere. La bambina si voltò, sentendo qualcosa che a lei sfuggiva; le diede un piccolo bacio sulla guancia e si allontanò ridendo, mulinando le braccia nell’aria per darsi la spinta nei piccoli salti che compiva ad ogni passo.
    Fu in quel momento che Lydia decise che voleva essere come lei. Era solo una bambina, eppure dimostrava di avere più forza di quanto lei avesse mai dimostrato da quando si era svegliata nella vasca, svuotata da ogni ricordo come una bacinella piena d’acqua sporca. Lydia poteva essere qualcuno, costruirsi un passato solo suo ed un futuro brillante. Se lo meritava. Se lo doveva meritare. Peccato che a parole fosse tutto molto più facile, e che un minuto dopo che la ragazzina era sparita sentiva di nuovo la cappa di malinconia stringerle la gola, minacciando di schiacciarla nuovamente in lacrime involontarie. Come si faceva? Come facevano le persone ad andare avanti, quando faceva così male? Era un dolore estraneo a tutto ciò che fosse normalmente riconducibile alla natura umana: il dolore di occupare un posto che non le apparteneva.
    Il vento fece scivolare sotto la panchina su cui era seduta un volantino rosso, su cui campeggiava in bella vista una scritta bianca e argentata: winter party, Testa di Porco. Le sue esperienze all’interno del locale non erano particolarmente degne di nota: incontrare Shane Howe fuori dal contesto scolastico le aveva fatto credere che ci fosse qualcosa di buono, dietro il sorriso affilato. Rivederlo in High Street le aveva insegnato che non era brava a capire le persone. Nel complesso però era un luogo interessante, e una festa era decisamente quello di cui aveva bisogno: folla, alcool, musica. Lydia Hadaway non voleva più pensare, era forse un reato?
    Arrivata nella stanza in cui ancora pernottava al Paiolo Magico, rimase sotto il getto dell’acqua calda finchè anche respirare non divenne un dolce dolore, la gola inebriata dagli effluvi del bagno schiuma alla vaniglia e dal calore del vapore. Con solo l’asciugamano a coprirle il corpo pallido ed i capelli come una cortina scura a gocciolare sul pavimento, scelse l’abito per la serata: bianco con intarsi argentati, con elementi floreali che percorrevano l’intero vestito fin sulla spalla sinistra; corto un palmo fin sopra il ginocchio, dietro presentava invece una coda più lunga ch sfiorava il pavimento. Se non l’avesse messo per la festa d’inverno, avrebbe avuto davvero rare occasioni per indossarlo. Non sapeva nemmeno per quale astruso motivo l’avesse comprato, ma aveva smesso di chiederselo: fare compere la faceva sentire normale in quella vita che di normale non aveva nemmeno il nome, e dato che quei soldi non se li era nemmeno guadagnati, sperperargli le sembrava una soluzione soddisfacente. Abbinò l’abito ad un paio di alti tacchi bianchi che le fecero acquisire preziosi centimetri in altezza. Quando i capelli furono asciutti, li arricciò leggermente con un colpo di bacchetta per poi raccoglierli tutti da un lato, così che con il loro ramato facesse da contrasto al candore di tutto il resto. Una borsetta scura, uno sfarfallio di trucco sulle palpebre e sulle gote chiare, un paio di orecchini di perla e la strana assistente di divinazione spuntata dal nulla diventava Lydia Hadaway, una ragazza come tante che, come le sue coetanee, voleva solo divertirsi ad una festa.
    Non pensava che la normalità avesse quel sapore eccitante.
    Fece il suo ingresso alla Testa di Porco sentendo il peso nel letto alleggerirsi man mano che il volume della musica si alzava, cullandola ed introducendola a quello che, effettivamente, era il suo primo party. Non si soffermò sulle persone che la circondavano, evitando per quanto possibile ogni contatto visivo. Alcuni la riconoscevano e la salutavano rispettosamente, ma con nessuno di loro aveva un rapporto abbastanza stretto per intrattenere un qualsiasi genere di conversazione. Si morse il labbro per non ridere dell’ironica tristezza della sua esistenza. Vide l’intera folla ammassata vicino ad un tavolo del quale non riusciva a scorgere quasi nulla. Argutamente ritenne che si trattasse di alcool, o cibo: solo due erano le cose che spingevano l’uomo ad una convivenza così stretta. Facendosi spazio senza timore di ferire, i tacchi erano stati inventati apposta!- riuscì a prendere un bicchiere dal contenuto giallo. Una mano si posò però sul suo polso, impedendole di portare il liquido alle labbra. “Non puoi berlo” Inarcò un sopracciglio verso il diretto interessato, qualcuno che non aveva mai visto a scuola. “È giallo” La sua espressione rimase impassibile, seccata, in attesa di altre illuminanti delucidazioni. “È chiaramente la bevanda dei Tassorosso, quindi sei moralmente obbligata ad offrirla a qualcuno che veste giallo nero” Sospirò, inumidendosi le labbra e reprimendo la voglia di berlo solo perché le era stato detto di non farlo. Cercò di adattarsi come meglio poteva all’ambiente festaiolo, stando al gioco di un perfetto sconosciuto che blaterava per la maggior parte del tempo cose senza senso. Chi conosceva dei Tassorosso? Diamine, a malapena ne ricordava caposcuola e prefetti, figurarsi la restante componente. Adocchiò una ragazza vicino a sé, ed il suo radar le disse a lettere cubitali che indubbiamente era una Tassa. Magari una parte di lei, inconsciamente, l’aveva riconosciuta. Non lo sapeva. “Onore ai Tassorosso” Le offrì il bicchiere con l’ombra di un sorriso, le palpebre assottigliate che non lasciavano intendere quanto, o se, fosse sarcastica.



    Scheda ▴ 19 ▴ NEUTRALCHIC ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Do il bicchiere a Lilia - o a qualcuno che le assomiglia maledettamente, boh #demenzasenile
     
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    Stiles
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    Stiles ballava per il dormitorio deserto, facendo su e giù con le spalle a ritmo vertiginoso ed agitando tutto ciò che poteva essere agitato. Quella sera ci sarebbe stata l’annuale festa di Natale alla Testa di Porco, e lui aveva l’età per bere legalmente. Ormai era adulto (fuggite, sciocchi), il che significava che non doveva più mandare quelli più grandi a prendere il whisky per lui. Solitamente mandava Jack: lui sembrava sempre più grande, anche se era più piccolo di lui di un anno. Il mondo era dannatamente ingiusto. “I DON’T WANNA GO TO SCHOOL, I JUST WANNA BREAK THE RULES” Cantava a squarciagola scuotendo la chioma leggermente cresciuta, mentre mulinava le braccia nell’aria come stesse suonando una chitarra. “Cosa farebbe lei, Stilinski?” Ormai Malfoy sapeva perfino il suo nome, erano amici quasi intimi. Si ritrovò la sua faccia larga e paonazza a pochi centimetri del volto, e sembrava, oh, parecchio arrabbiato. La nota morì in gola a Stiles, mentre lo guardava chiedendosi cosa, nella mente perversa del guardiano, avesse fatto quella volta. “Disturbo alla quiete pubblica” Rispose alla domanda inespressa ma chiara come il sole sul volto del tasso con un sorriso viscido, prendendolo per la spalla e trascinandolo fuori dal dormitorio. “Ma Draco, stasera c’è la festa!” La presa si irrigidì, ed i pallidi e unticci capelli dell’amico quasi lo frustrarono quando si voltò verso Stiles. “Malfoy” Sibilò. “Per lei sono Malfoy” Andrew annuì con convinzione, fingendo di comprendere l’ufficialità della situazione. “Certo, Malfoy” Sottolineò. “Ma stasera c’è la festa comunque. Non era a te… mi correggo, a lei che piaceva twerkare? Ricordo il ballo dell’anno scorso..” Si chinò e fece ondeggiare il deretano, ammiccando di sottecchi al biondo.
    Non apprezzò.
    In punizione. Stasera sei IN PUNIZIONE” Perdette delle bavette, e Stiles non si preoccupò di ferire il suo animo asciugandosi il volto con il dorso della mano. “Ma…” “NIENTE MA” “Va bene, è colpa mia. Di nuovo”.
    Disse a Jack che non sarebbe potuto andare alla festa, chiedendogli di lasciare un bel bacio bavoso sulla fronte del prefetto dei Grifondoro da parte sua. “Alla caposcuola no, lei la posso baciare solo io” Puntò l’indice e il medio prima ai suoi occhi e poi verso l’amico: ti tengo d’occhio.
    Malfoy doveva davvero avercela con lui, se l’aveva rinchiuso nei sotterranei solo perché aveva cantato di voler infrangere le regole. Mica l’avrebbe fatto davvero, o almeno non intenzionalmente. Immaginava già la festa più epica dell’anno: nella sua testa le scene si svolgevano a rallenty, e vedeva passare i volti sorridenti dei suoi amici mentre facevano SPARY con shottini di vodka liscia. E lui non ci sarebbe stato.
    Per punizione, inflisse a Draco Malfoy, il guardiano del castello, l’intero repertorio delle sigle dei cartoni animati babbani. Ormai peggio di così non avrebbe potuto andare, quindi tanto valeva divertirsi nel frattempo. Intermezzò con una sexy Britney Spears che lo accusava di essere tossico, ricavando una bacchettata sullo sterno: sì, ne era valsa la pena. Si prese perfino qualche secondo per pensare seriamente alla sua vita. A volte accadeva che, nei momenti di noia, riflettesse sulla sua esistenza. Cercava di farlo il meno possibile, perché tendeva sempre a ricadere nel baratro della depressione. In quel periodo, inoltre, continuava ad essere ossessionato dalla copia di sé stesso: com’era possibile? Perché era identico a lui? si era mostrato molto più sicuro di quanto non fosse, ma in realtà ne era terrorizzato. Una parte di lui riusciva a vedere chiaramente il lato positivo della cosa, ma dall’altra.. c’era qualche pezzo del puzzle che non tornava, e la cosa non lo convinceva affatto. Chissà se sarebbe andato alla festa, e se l’avrebbero scambiato per lui. Sperava per Jayson di no: Stiles non aveva una così bella reputazione da quelle parti, ma probabilmente l’aveva già notato.
    “Stiles…” Rispose all’occhiata esasperata di Aaron Sales, direttore dei Tassorosso, facendo spallucce. “Ops, I did it again” Intonò a bassa voce, sapendo che lui non l’avrebbe punito per quello. Sales si passò la mano sul mento, tirando un poco la pelle. Lo guardò qualche secondo sovrappensiero, infine fece un cenno con il capo al guardiano. “Ma, professor Sales..” L’occhiata che il Ministro della Magia lanciò a Malfoy, fece sentire Stiles molto sollevato dal fatto che non l’avesse mai indirizzata a lui. “Vai alla festa, Stiles” Confermò ad alta voce la sua libertà, senza mai distogliere l’attenzione dall’UntoBlonde.
    Un sogno che si avverava.
    Corse in sala comune, dove si cambiò d’abito: come ogni anno, Stilinski doveva necessariamente essere il più imbarazzante della festa. Indossava un costume da renna, completo di pelliccia morbida come un peluche della trudi, corna e naso rosso. Ogni volta che saltava con quel coso indosso, comprendeva perfettamente quanto fosse difficile per le renne ballare, ed il motivo per cui non lo facevano. Si guadagnò diverse occhiate incuriosite, qualche pacca e qualche sgambetto. Fortunatamente il costume faceva da air bag, e rotolare era più comodo che camminare fino al pub. Entrò che Keanu Larrington stava concludendo il suo discorso d’apertura, cosa che lo fece applaudire ed urlare versi gutturali di apprezzamento. Appena questi scese dal suo piedistello, stando ben attento a non incastrarsi nelle luci con le corna che, magicamente –Gerlino benedica i maghi!- non scivolavano ad ogni movimento del capo, diede per scontati che la festa fosse ufficialmente cominciata: iniziò a ballare trascinando con sé chiunque gli fosse vicino, al ritmo di “ZU-ZU-ZUMBA!”, cercando nel frattempo qualche viso amico, o semi amico. Insomma, qualcuno che non volesse ucciderlo. Individuò sia Karma che Jack, ma prima di andare a molestare i suddetti doveva assolutamente prendere da bere. Ingombrante come solo una renna poteva esserlo, “scusate, non l’ho fatto apposta. Scusate, colpa mia”, riuscì ad afferrare un bicchiere dal dubbio contenuto azzurro. Ogni cosa fa brodo. Stava per ingurgitarlo, quando con la coda dell’occhio individuò una ragazza dai capelli chiarissimi e dal vestito azzurro che, certamente, non poteva passare inosservato. Non farlo, Stiles. Non andare a molestare una sconosciuta, lasciala stare. Ma.. Ma devo, me lo sta praticamente chiedendo in ginocchio! No, Stiles, stai... “Quando Sven ha i pollici opponibili, offre da bere” Le sorrise annuendo, mentre le porgeva il bicchiere azzurro. “E poi si abbina al tuo vestito. Lo so che non sai chi sono, a volte nemmeno io so chi sono, ma giuro che non l’ho drogato. Mi ricordavi qualcuno, quindi…Cioè, niente guarda. Ignorami. Se non lo vuoi lo porto via. Però prendi in considerazione, anche solo per un secondo, l’ipotesi che io non sia un serial killer.” Si inumidì le labbra, assottigliando le palpebre nella sua ricerca di essere convincete. “Mi chiamo Stiles. Non che ti interessi. Guardapensopropriocheandrò, sento qualcuno che mi chiama ciao” Lasciò il bicchiere nelle mani della ragazza e fendette la folla cercando di sparirvi attraverso, cosa nient’affatto facile con delle corna alte un metro sopra la testa.
    Magari sono fortunato e penserà che sia stato Jayson.


    Scheda ▴ 17 ▴ PH7 #FUNNIEST ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Elsa, tutto tuo *___*
     
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    Non parla più col padre da tre anni, l'argomento famiglia è un tabù.
    Il suo colore preferito è il nero, ama le fotografie istantanee e le sigarette.
    Odia il contatto fisico e tutto ciò che riguarda l'amore e l'affetto in generale,San Valentino per lei è "Il giorno durante il quale mi chiudo in camera e non esco fino a domani"
    Non ha fratelli né sorelle. O almeno così pensa...
    Ashtags per tutti! #momentobaricco(?) #facciolacarinasoloconchimidaglialcolici #infartodelfremello #nonsacosèunarenna



    Karma Montgomery
    sheet ⋆ 16 ⋆ Halfblood ⋆ Neutral ⋆ Prefetto Serpeverde ⋆
    La gente continuava ad arrivare,arrivare,arrivare ed io non sapevo nemmeno che ore fossero. Ero lì da...quanto? Un ora,un giorno una vita? E non era neppure ubriaca!O forse sì...ma in modo inusuale. Mi capitava, delle volte. Mi ubriacavo di vita. Accanto a me c'erano cento e più persone, ognuna con la sua storia, il suo passato, le sue sofferenze, le sue passioni. Sentivo pezzi di discorsi lì, vedevo gesti incompiuti là. Infiniti dettagli mi circondavano e l'unica cosa di cui mi rammaricavo era non poterli notare tutti. I dettagli mi davano alla testa. ad un certo punto, non potendone più di ballare e basta, senza fare nient'altro, decisi di andarmi a prendere da bere qualcosa. Di buono e senza odore di pesce morto, se era possibile. Mi feci quindi spazio tra la folla, sgomitando di qua e di là per passare, mentre vedevo gente di tutti i tipi, con vestiti multicolore, capelli bizzarri, trucchi esagerati...Ho sbagliato festa?Cosa?Il nuovo presidente di Panem?Capitol City?Ma cosa? raggiunsi infine, dopo non pochi sforzi il bancone. Mancava poco ai miei diciassette anni ma per fortuna ne mostravo giusto qualcuno in più e chiedere l'alcool non era mai un problema.Mi avvicinai pericolosamente al proprietario, chiedendo con un grande sorriso:Una burrobirra,perfavore! Posso vero?Dimmi che posso,dai!Ti prego ne ho bisogno...ringrazia che non ti ho chiesto di peggio...mentre attendevo ciò che avevo ordinato, mi guardavo intorno, muovendomi a ritmo con la musica, muovendo i fianchi sensualmente. Stavo giusto dando un colpo d'anca alla mia sinistra quando, involontariamente, colpii alla mia sinistra una...renna?! Sobbalzai per un attimo, mentre tentavo di capire chi era nel costume. Chi altro poteva essere se non Stilinsky? Quel ragazzo era strano a dir poco. Ma non so per quale ragione, al contrario di molti studenti...va bene, moltissimi...okay,facciamo tutti tranne lui ed altri quattro...sì,tre,mi ispirava qualcosa di simile alla simpatia.E tu che cosa dovresti essere? chiesi piatta, ovviamente tanto per dire qualcosa, sapevo benissimo cos'era #simpaticona.Vabbé,lascia stare guarda. Lo osservai con più attenzione e notai che si era dato da fare:aveva persino il naso rosso.Iniziai a schiacciarlo,forse facendogli male,forse no, che m'importava.Bevuto troppo?Dio mio com'era logorroica! Quella sera non stavo zitta nemmeno un secondo. Cosa davvero strana dato che stavo parlando con una persona, più precisamente con un tassorosso, più precisamente con un ragazzo. E l'abbinamento persona-tassorosso-ragazzo non era uno dei miei preferiti. Ma per persona avevo deciso di sorvolare per quella sera,Tassorosso non eravamo a scuola, e per ragazzo, secondo il mio gay-radar, potevo stare tranquilla, perchè i gay le cose antipatiche dei ragazzi solitamente non ce l'hanno. Solitamente,eh.Magari è pure questo uno stereotipo.


    « My blood is burning,I'm radioactive. My heart is nuclear, love is all that I fear. »

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    Jayson Matthews
    Drinking: the act of pursuing happiness and self destruction at the same time.
    Nel caso ve lo stiate chiedendo – e io so che sapete che io so che ve lo state chiedendo – Jayson a quella festa non si era presentato nudo come dottoremamma lo aveva fatto, con tutto l’intento di spaventare qualche ignara donzella una volta sfilatosi la giacca. La scelta dell’outfit si era inizialmente rivelata complicata più o meno come quella che gli toccava fare ogni mattina quando, aprendo gli occhi, si ritrovava Giuliano appallottolato sul suo cuscino - la coda vaporosa giustamente adagiata sul viso con l’obiettivo di soffocarlo durante il sonno -, ovvero per niente. Tra sopportare stoicamente la bestiaccia e colpirla con il cuscino ingaggiando una lotta quotidiana a suon di unghie e versi poco umani, sceglieva sempre la seconda ipotesi. Idem per i vestiti da indossare: normali o normali? Mah, quasi quasi direi normali. Già l’idea di recarsi a quella festa insieme a non si sapeva bene quante persone sconosciute gli metteva l’ansia, figurarsi se aveva anche il tempo e la voglia per imbellettarsi. La camicia azzurrina, i jeans neri e il maglione pesante appoggiati senza troppa attenzione sul bordo del letto gli erano sembrati più che adatti, persino fin troppo eleganti per quanto lo riguardava.
    Meeeeow. Quello era il rumore con cui la sua giornata aveva preso, se possibile, una piega ancora più storta di quanto già non fosse in partenza: rientrando in camera dopo una lunga doccia, dentro la quale aveva sinceramente sperato di affogare per sottrarsi al supplizio della sera, si era dato dell’idiota per non aver tenuto conto di quella possibilità. La vendetta è un piatto che va servito freddo, Jay. E Giuliano aveva preso quel proverbio in parola, attendendo il momento più consono per fare quello che sapeva fare meglio, ovvero rovinargli la vita. Nel caso specifico, usando i vestiti sopracitati come tiragraffi. Se esiste un incantesimo per trasformare i gatti in tappeti, aveva giurato a se stesso, lo imparerò. Disgrazia nella disgrazia, gli era toccato ripiegare sul completo che il professore aveva recuperato per lui, all’ultimo secondo, sostenendo si trattasse del generoso prestito di un altro studente. Almeno per quello non aveva avuto problemi a credergli, considerato che il gilet gli andava corto e i pantaloni con la riga era riuscito a malapena ad allacciarli: a chi appartenevano, ad un dodicenne? Non che potesse fare molto, in proposito.

    - Ehi tu! - Qualcuno gli gridò dritto nell’orecchio destro e per poco Jayson non colpì il ragazzo in questione con una testata sul naso – dopotutto aveva ancora le mani occupate con giacca da una parte e cupcake dall’altra-, lasciandosi trasportare dall’istinto. Per fortuna del tizio, riuscì in qualche modo a frenare il movimento della testa già scattata in avanti, una reazione per lui del tutto naturale a quell’essere colto alla sprovvista proprio mentre se ne stava nel suo angolino, rintanato per non farsi vedere o avvicinare da anima viva. - Oh amico, calma! To’ prendi questi, fatti una bevuta, sciogliti un po’! - Quante cose sbagliate potevano esserci in una frase sola? A partire dalla parola ‘amico’, per terminare con la non-tanto-implicita osservazione sul suo innegabile spirito festaiolo, potremmo dire fin troppe. La voglia di replicare l’aveva, anche solo con un grugnito, ma il ragazzo lo battè sul tempo dandogli le spalle dopo aver abbandonato sul bancone, proprio di fronte a lui, un bicchierino pieno di liquido scuro e una pinta di burrobirra.
    Inutile dire che Jay non aveva idea di cosa fossero, ne uno ne l’altra. Era comunque il caso di affrontare un problema alla volta: una volta tolte di mezzo molte persone che si erano lanciate in pista dando il peggior spettacolo possibile, non gli fu difficile individuare una sedia accostata alla parete dietro di lui, sulla quale lascià ricadere la giacca piegata in due. Dubitava seriamente che qualcuno gliel’avrebbe fregata e in ogni caso le tasche contenevano ben poco, niente di cui avrebbe sentito la mancanza. Al massimo sarebbe morto assiderato sulla via del ritorno, un altro pensiero perfettamente in linea con la depression portata da quella serata di festa.
    Spinse con i polpastrelli quanto rimaneva del cupcake al cioccolato in bocca, masticando la pasta soffice producendo un rumorino appiccicoso di pura soddisfazione, prima di chinarsi leggermente in avanti osservando con più attenzione i due contenitori di vetro brutalmente offerti dallo sconosciuto. Sollevò prima la pinta, dando una rapida annusata al liquido ambrato contenuto in essa, quasi intingendo la punta del naso nella schiuma. Vago sentore di nonsocosasia e note floreali. Il bicchierino, d’altro canto, sembrava un assaggio di catrame, invitante quanto una palla di pelo di gatto per colazione.
    Ma magari anche no… Ormai la decisione era presa. Provò la burrobirra, sentendosi immediatamente più sollevato quando le papille gustative reagirono con gioia: per un qualche strano motivo si era aspettato un saporaccio, la prova che tutto facesse parte di una cospirazione ordita dal quel tizio con la camicia sbottonata fin quasi allo stomaco, un piano meschino per prendersi gioco di lui. Nah, forse voleva solo essere gentile e offrirgli da bere, come fanno le persone normali quando sono ad una festa e si divertono. Okay Jay, ma se adesso si gira di nuovo e vede che non hai bevuto quella roba ? Ti chiederà se c’è qualche problema. Magari inizierà a fare conversazione. Penserà che sei uno strano, poco ma sicuro. Prospettiva a dir poco sgradita. No, non che lo prendesse per uno strambo, quello gli importava poco. Conversare, eeeewww, meglio lasciar perdere. Girò su se stesso, senza mai allontanare le labbra dal bordo del boccale, arrivato già quasi a metà – quella roba andava giù come niente, forse una cosa positiva dell’essere finalmente uscito dalla sua stanza l’aveva trovata – individuando la vittima sacrificale proprio seduta al tavolino due metri più in là. Una ragazza piuttosto giovane, con lunghi capelli ramati e un vestito scuro, tutta sola e impegnata a guardarsi intorno, forse alla ricerca di un viso conosciuto. Si schiarì la gola, avvicinandosi a lei con la birra nella mano destra e lo shottino nella sinistra, appoggiando quest’ultimo sulla superficie del tavolo prima di sollevare lo sguardo, azzardando un mezzo sorriso. Sì, stava sorridendo, sebbene spinto da cause di forza maggiore.
    - Ehi, scusa, ciao.. quel ragazzo lì - e indicò con un cenno del capo lo stesso tipo che gli aveva rifilato l’intruglio - voleva offrirti da bere.. ma si vergogna, sai..così ha chiesto a me di portarti questo. Behbuonafestaeh - Troppe parole, aveva già il fiatone. Indietreggiò, filandosela prima che Aveline potesse chiedergli se quell’altro fosse suo amico, tentando di rimanere il più possibile vicino al banco degli alcolici, pronto a fare scorta di qualunque cosa gli sembrasse avere un buon profumo e un aspetto gradevole, pur non conoscendone nomi ed effetti: una cosa iniziava ad essere chiara, tutti quelli con in mano un bicchiere sembravano più allegri e spensierati.
    Tanto valeva provare.
    Stava giusto per fare suo uno shottino di whiskey, trafugandolo con nonchalance, ma prima di poterlo assaggiare lo sguardo gli cadde sull’ingresso, dove una renna su due zampe si stava facendo strada a suon di spintoni e cornate. No. No, non era possibile. Dentro quel costume peloso c’era lui. Cioè non lui-lui, l’altro lui. Lui-Stiles, posto che non ci fosse un terzo esemplare, a quel punto si sarebbe potuto tranquillamente sparare (TRALALA’LA’). Oh beh, per lo meno era un volto conosciuto – vai con le battute! – tra tanti mai visti. Peccato che Stilinski/Renna si trovasse proprio in mezzo alla folla, apparentemente intento a parlare con una brunetta sull’improvvisata pista da ballo. Che senso avrebbe avuto avvicinarsi per poi sentirsi fissato con insistenza e magari anche sospetto per il solo fatto di essere uguale al ragazzo?
    #FaraiMeglioABereJay.


    Scheda ▴ 17 ▴ NEUTROMAN ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr




    che figurino <3 Il bicchierino nero va ad Aveline, sorry u_u *sbacia*


    Edited by wake up‚ Jay! - 5/12/2014, 02:17
     
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88 replies since 2/12/2014, 02:16   2998 views
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