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hope!

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    « sheet - 22 - ex-hufflepuff- rebel's secretary - pensieve »
    Un rumore alle sue spalle attirò l’attenzione di Idem, che dandosi una leggera spintarella con i piedi alla scrivania, roteò su sé stessa. Assottigliò le palpebre, spingendo le blande lenti degli occhiali sulla punta del naso. I capelli che aveva tentato di raccogliere malamente con una spilla da balia ed un sottolineacoso continuavano a scivolarle sulle spalle, facendola sembrare più disperata di quanto non fosse. ETHOS, non ti azzardare Ammonì al petauro, alzando il dito indice nella sua direzione. Lentamente, per non destare sospetti nella creatura, scivolò in avanti, ringraziando le ruote ben oliate della poltrona imbottita. Gli occhi troppo grandi e scuri di E.T. seguivano ogni suo movimento, la zampa alata sospesa a mezz’aria. Sembrava voler dire che non era colpevole, ma Idem sapeva che lo era. Davanti a lui si stagliava l’ultima, ultimissima caramella al lampone della confezione. Pareva illuminata di luce propria, o che avesse un faretto rosa ad indicarne la presenza. Non era mai stata così grande, eppure in quel momento aveva tutta l’attenzione sia della WP che del piccolo alieno. Alzò la mano chiudendo le dita, imitando il becco di un uccello. Nonna papera non vuole che Ethos mangi l’ultima caramella Utilizzò un tono di voce basso, gonfiando il petto per apparire più minacciosa. Le labbra spinte tutte da un lato volevano simulare una ventriloquia che non era in grado di fare, ma E.T. non lo sapeva. O forse sì? Indispettito dal cambio di rotta, senza mai distogliere l’attenzione dalla sua proprietaria, allungò di poco la zampa. Ormai era ad un soffio dall’agguantare la caramella. Do or die. Si lanciò in avanti, riuscendo ad inciampare non solo nei suoi stessi piedi ma anche nella sedia!, alzò il braccio… ma Ethos era stato più veloce. Afferrata la caramella, era saltato giù dalla scrivania, planando con la delicatezza di un t rex che beve il tè in tazza sotto il mobile. Ancora inginocchiata a terra, la Withpotatoes grugnì amareggiata. Sporse il labbro all’infuori, abbassandosi in modo da avere gli occhi alla stessa altezza del petauro.Spero ti vada di traverso Bofonchiò offesa, per poi scuotere immediatamente il capo. “Non è vero, scusami! spero sia buonissima e ti piaccia tanto” Inclinò il capo, storcendo il naso. Magari non troppo, ecco. Un po' amaraConcluse soddisfatta, sentendo di aver fatto capire a Ethos chi fra i due era il capo. Lei gli aveva concesso quella caramella. La crocchia ormai aveva ceduto alle pressioni della gravità ed aveva liberato la chioma corvina sulla sua schiena, solleticandole le spalle nude. Un venticoso continuava a far volare via le pergamene dalla scrivania, ma faceva troppo caldo per spegnerlo.
    …Okay, non era in grado di spegnerlo. Aveva tanti pulsanti, e girava così velocemente! Non poteva di certo disturbare qualcuno perché glielo spegnesse, dopotutto era il suo lavoro quello. Non si era mai resa particolarmente utile alla resistenza, Idem, almeno quello glielo doveva. Finse che l’apparecchio non la irritasse, mentre posava nuovamente gli occhi sullo schermo del compruret. Era guerra, fra quel coso e la ragazza. Aveva detto fin da subito che preferiva il lavoro cartaceo, ma come le avevano giustamente fatto notare, la prima volta non era andata bene. Dopo l’assedio ai ribelli, Idem aveva cercato di portare via il possibile, distruggendo il resto. Avevano perso molto in fatto di dati, ma nulla di paragonabile alle persone che, dopo quel giorno, non erano più state le stesse. Fortunatamente nessuno si era ferito troppo gravemente, erano ancora tutti in vita. Aveva partecipato alla battaglia perfino quella polpettina di crema alla vaniglia di Dakotino, il piccoletto rosso che le portava sempre le mele! E lei, cui unico compito era quello di portare in salvo dei documenti, aveva in parte fallito. Nessuno glielo aveva fatto pesare, ma lei si era sentita tremendamente in colpa. Il minimo che poteva fare era cercare di comprendere come usare il compiurot, tollerare il monsone causato dal ventilatore, e mettere a posto le scatole che ancora aspettavano ai suoi piedi. Buona parte erano documenti già catalogati, e già trascritti al computer grazie a buone anime che le avevano insegnato come usare l’aggeggio. Ma il resto… il resto era lì, in attesa. E lei nemmeno capiva se era acceso, quell’affare. “È necessario, Idem. Se mettiamo i dati sul computer, possiamo sempre recuperarli” COMPUTER! Ecco come si chiamava! La voce di Nathan le accarezzava i pensieri, ma non le ricordava come usarlo. Il che, era un problema. Avrebbe potuto chiamare Donnie, il ragazzo elettrico. Era lui ad occuparsi di quelle cose lì, tipo cambiare le lampadine ed aggiustare il microonde, ed era sempre lui che si occupava dei batteri e dei muri virtuali che proteggevano il computer. “Come i fossati, o i draghi nei castelli a difesa delle principesse” Ah! Spiegato così, aveva molto più senso per Idem Withpotatoes, la quale aveva risposto con un sorriso orgoglioso ed una fiera scrollata del capo. Ma allora è un gioco da ragazzi!
    Credici, Idem.
    Si morse l’interno della guancia, rivolgendo saluti calorosi a chiunque le passasse davanti. “Come butta, Idem?” Sbuffava, allungando il braccio davanti a sé. “Liscia, liiiscia” Replicava annuendo, per poi concludere con un occhiolino. Avrebbe voluto fermarli per domandargli qualcosa, ma… avevano tutti così tanto da fare, fra allenamenti e guerriglie. Cose a cui lei, chiaramente, non partecipava. Era la segretaria, il suo lavoro non era quello. Avrebbe voluto più attività nella sua vita, sentirsi meno il paguro dentro la conchiglia e più la conchiglia fuori dal paguro. PER ANDARE SU INTERNET, CLICCA QUI. C’era un disegnino di una volpe stilizzata con sotto scritte quelle parole, che Idem lesse a bassa voce. Toccò lo schermo, ma non accadde nulla. “Il mouse, Idem, il mouse” “Quante volte ti devo dire che Ethos non è un topo…” Non quel mouse, quello!” Ah. Ripercorse quel breve dialogo con il fratello, finchè i suoi occhi non incontrarono un affare grigio. Vi posò sopra la mano, e un qualcosa si mosse sullo schermo. Sussultò, per poi accorgersi che era solo una freccetta. Che tenera! Si divertì a farla scorrere sullo schermo per qualche secondo, infine magnustrò qualcosa e riuscì ad accedere ad una meravigliosa schermata bianca. Una barra. “Devi scrivere lì” Ma non si rovina lo schermo?Con la tastiera, Idem, con la tastiera” Ah, sì, la tastiera. Premendo con cautela ogni lettera su quel tappetino nero, digitò: non c’è subito gli comparve una serie di scritte. Aggrottando le sopracciglia confusa, schiacciò su una di quelle. Non c'è niente di meglio che un materasso e un po' di polenta dopo una giornata passata a cavallo di un lucernario” Lesse fra sé e sé, alzando poi lo sguardo. Le avevano detto che quel coso le avrebbe dato sempre una risposta, l’avrebbe aiutata. Era un consiglio? Doveva seguire quello per andare al passo successivo? Abbiamo un lucernario?” Domandò aguzzando la vista, per poi mettere a fuoco la giovane in piedi davanti alla sua scrivania. Oh, merlino, chissà da quanto era lì! Hope. Le sorrise, togliendosi gli occhiali ed agganciandoli alla maglietta verde acqua a maniche corte.

    idem withpotatoes - The devil may cry at the end of the night

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    Edited by idem! #wat - 18/7/2015, 19:09
     
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    Era alla resistenza già da un anno circa, ma si sentiva molto inutile, non aveva combattuto nessuna delle battaglie, dato che era minorenne e aveva la traccia non poteva usare la magia, o almeno questa era la scusa che aveva sempre usato, forse era solo una persona debole e anche fifona. Ma doveva smetterla di nascondersi dietro a delle misere scusa, voleva essere una persona diversa, migliore; magari per quell’ultima era forse esagerato, ma aveva deciso da tempo che doveva finalmente essere una parte attiva della Resistenza, come cercatrice, anche se era all’ultimo anno di Hogwarts e magari non avrebbero accettato la sua idea di quel lavoro. Aveva ormai diciasette anni e la scusa della traccia non era più accettabile, e lei aveva deciso di fare di più, voleva avere un ruolo decisivo in quella loro guerra. Da quando Barrow e Leroy avevano perso memoria non sembrava più lo stesso, aveva deciso di tener sotto controllo il preside per i ribelli, ma non aveva mai niente di buono da riportare e in più non era neanche in grado di fare la ricercatrice. Era un ruolo impegnativo, e con la vita scolastica non si sposava molto bene, magari una chiacchierata con Idem l'avrebbe risollevata, e anche aiutata a capire qual'era il suo ruolo nella ribellione; voleva fare la differenza e non rimanere in disparte e lasciare che gli altri rischiassero la vita al posto suo, Hope non era pigra e neanche paurosa.
    Si sentiva anche piuttosto leggera da quando aveva detto di lei a Shane, inizialmente si era arrabbiato, anche se non troppo, ma alla fine sembrava averlo accettato, capita e soprattutto sapeva che non l’avrebbe mai denunciata, chissà magari un giorno l’avrebbe anche convinto a prender parte alla loro causa. Ma era meglio una cosa alla volta, voleva parlare con la segretaria della resistenza, Idem, una ragazza molto strana in effetti.
    Non le aveva parlato molto e di frequente, nonostante fosse un elemento importante del team. Sembrava così sbadata e molte volte anche di un altro pianeta, ma le piaceva e sapeva comunque quanto fosse indispensabile col suo lavoro al quartier generale.
    Oh si, una chiacchierata con lei le avrebbe anche risollevato il morale, così a passo svelto si diresse verso il suo ufficio. Non era tardi, quindi probabilmente l'avrebbe trovata ancora alle prese con qualche scartoffia.
    Arrivò, che la porta era semichiusa, ma sentiva parlottare, chissà se c'era qualcuno con lei o stava discutendo col pc, come l'ultima volta. Ogni tanto la vedeva imprecare con la tecnologia, sembrava che non fosse mai uscita nel mondo babbano, che lo ignorasse del tutto. Era davvero buffa alcune volte, ma Hope evitava di ridere, non voleva offenderla o mancarle di rispetto.
    Bussò alla porta, ma non sentì un entra, così aprì lentamente l'uscio fino ad avere la figura di Idem alle prese col computer, come sospettava, ma non era sola, c'era Ethos, il suo animaletto (?) che sembrava spiegarle come utilizzare l'aggeggio; ma non voleva proprio conformarsi la ragazza, quasi scoppiò a ridere, ma non lo fece. SI limitò ad osservarla,anche se voleva almeno saltuarla, ma erano così assorti che davvero non sembrava esistere la bionda per il momento.
    “Devi scrivere lì”
    “Ma non si rovina lo schermo?”
    “Con la tastiera, Idem, con la tastiera”

    Sorrise Hope, nel vederla così presa in quello che faceva, sembrava davvero mettercela tutta in quel lavoro, aveva davvero voglia di rendersi utile, nonostante il pc non fosse proprio il suo forte. Fece per intervenire, in fondo era lì già da diversi minuti e nessuno dei due sembrava essersi accorto di lei, forse doveva almeno salutare.
    salve... disse, forse era un saluto troppo timido perchè nessuno dei sembrava averla sentita. Idem era davvero presa a vincere contro il pc, era davvero ammirevole oltre che testarda, le piaceva davvero la ragazza, magari poteva farle da assistente.
    “Non c'è niente di meglio che un materasso e un po' di polenta dopo una giornata passata a cavallo di un lucernario” Ok forse aveva decisamente bisogno di aiuto, e non perché sembrava pazza, anzi al contrario, ma quel pc le stava facendo dare i numeri. Eh si, perché si mise a cercare il lucernario.
    “Abbiamo un lucernario?” domandò e finalmente la vide rivolgersi verso di lei, la stava vedendo per la prima volta. E pensare che aveva anche bussato e salutato. Sorrise, rimanendo lì in piedi a fissarla.
    Disturbo? Avrei bisogno di qualche informazione, ma posso tornare. Mi dispiace esser entrata, senza il permesso, ma sentivo parlare. Hai bisogno di aiuto? chiese tutto d'un fiato, effettivamente fu quasi logorroica a dire tutto e niente, insomma aveva iniziato ben tre discorsi, si sentiva in imbarazzo, anche se stava sorridendo, era entrata senza permesso e magari l'aveva messa anche in imbarazzo dicendole in quel modo, a volte si sentiva davvero stupida e come diceva Shane, doveva smetterla di essere così invadente. a volte ti comporti troppo da eroina, ma non tutti vogliono essere salvati, Hope le aveva detto Xavier, qualche mese prima, forse era quello il problema, aveva la sindrome da super eroe senza però esserlo. Quanto si sentiva inutile. Idem puoi aiutarmi? disse quasi esasperata.


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    La ragazzina la stava guardando sorridendo basita, facendole intuire che doveva essere lì da un pezzo. Idem era perennemente distratta, ma non era una cosa volontaria. Viveva nel suo mondo, e raramente si ricordava di tornare con i piedi per terra, a meno che non fosse richiesto esplicitamente. Allo stesso tempo, quando ce n’era bisogno –ossia quando qualcuno aveva necessità di lei- riusciva a canalizzare tutta la sua attenzione sul suo interlocutore. Era quel genere di persona che guarda chi le sta rivolgendo la parola negli occhi, senza distrarsi a guardare le unghie, o le foglie, o solo Merlino sapeva cosa. Lei ascoltava davvero, non fingeva di essere presente né aspettava con ansia il momento in cui l’altro avrebbe taciuto perchè fosse il suo turno di raccontare una storia. La Withpotatoes era interessata a tutto ciò che avevano da dirle, che fosse il segreto più grande della storia o il resoconto sulle nespole in mansarda. “Disturbo? Avrei bisogno di qualche informazione, ma posso tornare. Mi dispiace esser entrata, senza il permesso, ma sentivo parlare. Hai bisogno di aiuto?” Si tolse gli occhiali e li appese alla maglietta, rivolgendo un grande sorriso di scuse a Hope. Era sempre così dolce con lei, lo era con tutti in realtà, e anche mentre aspettava che Idem facesse il suo lavoro aiutandola, si offriva di darle una mano. Dopotutto era una Tassorosso, così come lo era stata la WP. In realtà non era così scontato che i giallo neri fossero disponibili come alle altre casate piaceva credere, ma vi erano fortunati casi nelle quali la diffusa ideologia coincideva con la realtà dei fatti: Hope Mills ne era un chiaro esempio; aveva due occhi così sinceri, così bella in tutta la sua semplicità! “Perdonami per favore, non ti avevo proprio vista” Aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra fra loro accorata, invitandola a sedersi sulla comoda poltroncina davanti alla sua scrivania. Un giorno avrebbe preso un divano, davvero. Aveva detto Phobos che gliel’avrebbe portato nel giro di mezz’ora… Una settimana prima. Ma lei sicuramente non gli avrebbe fatto pressione, era già stato così gentile ad offrirsi volontario. “Ma certo che non disturbi” Sorrise smagliante, porgendole la boccia con le gelatine tutti i gusti + 1 che teneva sempre sulla scrivania. “Vuoi favorire? Avrei anche qualche bevanda, se mi fossi ricordata di dire a Donnie di aggiustare il mini frigo…” Quindi non l’aveva, perché l’aveva detto? Tentò di aggiustare il tiro. “Però posso andare a prenderti qualcosa fuori, se vuoi bere” Annuì fra sé, indicando con un cenno della mano il mini bar abbandonato in un angolo della stanza, aperto e spento, dove Ethos –il suo petauro dello zucchero- aveva creato la sua nuova casa. “Puoi entrare quando vuoi, dimmi tutto Hope. E io…mh…” Lanciò un’occhiata allo schermo del pc, la pagina ancora aperta sui lucernari che facevano cose. Sicuramente la ragazza avrebbe saputo come usare quell’aggeggio del male, e come spegnere il ventilatore che continuava a farle sventolare i capelli i quali le frustavano la faccia, ma era lì perché aveva bisogno di una mano… non poteva rigirare la frittata, magari dopo le avrebbe chiesto qualche informazione. Idem Withpotatoes non era così inetta in tutto, davvero. C’erano delle cose che sapeva fare sul serio, ma sicuramente la tecnologia non rientrava nel suo ambito di competenza. Sì, aveva un fratello nerd e non sapeva comunque spegnere un ventilatore. A casa ne avevano uno installato sul soffitto, e non era così molesto. L’avevano dovuto adottare dopo che il drone sventola palme di Nathan era andato in corto circuito ed aveva cominciato a schiaffeggiare Nonna Seti, la quale, cercando di vincere la battaglia con gli arbusti, sbraitava: “ARIANO! ARIANO! TRADITORE IN CASA! NATHANIELE ABELARDO SPEGNI QUESTA MERDA TEDESCA”. Ah, che bei momenti. Isaac glielo rinfacciava ancora, e Darden non era da meno. La più piccola di casa WP ogni tanto faceva ancora trovare minacciose palme sul letto di nonna, e poi dava la colpa a Nathan. Una famiglia simpatica.
    “No tranquilla, non c'è nessun problema. Stavo solo parlando con Ethos. Ha la brutta abitudine di lanciarsi su qualunque cosa contenente zucchero” Si alzò, andando a recuperare il piccolo creaturino da dentro la sua borsa, dove si era di nuovo infilato. “Una volta ha bevuto un intera lattina di coca cola… pensavo di dover chiamare l’esorcista, sembrava posseduto” Con tono rammaricato ripercorse il buffo ricordo fra sé, portando gli occhi neri dell’animale alla stessa altezza dei suoi. A volte pensava che fosse un mago psicopatico maledetto ad essere un Petauro dello zucchero per il resto della sua vita, che aspettava solamente il momento propizio per sterminarli tutti (okay, non era vero, non l’aveva mai pensato… Ma April sì, e spesso glielo faceva notare). Ma come poteva credere una cosa del genere, quando era palesemente un dono del signore sotto forma di topo volante?

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    Hope appariva sempre dolce, allegra, come qualcuno di spensierato, che non aveva mai avuto problemi nella sua vita, forse anche viziata. Ogni tanto Shane glielo diceva, che era davvero troppo ingenua, che in quel mondo non c'era spazio per una come lei, e che doveva diventare più forte. Molte volte si era abbattuta, non aveva partecipato alle missioni dei ribelli, ritrovandosi sempre al castello con l'ansia di perdere qualcuno, sia da una parte che dall'altra. Chi era Hope Mills?! Semplicemente una tassorosso e purosangue? Lei voleva esser qualcosa di più, voleva sentirsi utile, voleva essere in prima linea ed agire. Aveva detto a Shane la verità ma non bastava, voleva proteggerlo. Ma la domanda che la tormentava era sempre la stessa, era in grado di farlo?! Non era mai riuscita a fare niente di buono nella sua vita, non che fosse così grande e probabilmente suo padre le avrebbe anche detto che aveva tutto il tempo del mondo per diventare qualcuno, e che lui era già fiero di lei. Ma per quale motivo?! Non era una mangiamorte, e lo sapeva anche lui nel suo inconscio, ma non aveva mai provato a forzarla, o torturata per dirgli la verità. La amava, per questo molte volte l'aveva avvertita di stare attenta, sempre e comunque, di non fidarsi mai di nessuno. Eppure era nella resistenza. Ma quanto si sentiva inutile. Probabilmente fra i tassi c'era scritto, codardi e ingenui, ecco perché il cappello parlante aveva scelto quella casa per lei. Aveva sangue di una Veela ma non aveva niente di sensuale o di incantevole, sua madre faceva stragi di cuori quando usciva, era così graziosa e avvenente che anche quello che diventò suo padre, era stato catturato dal suo fascino. E lei cosa aveva? Niente, era Hope, una ragazzina così banale. Sospirò in modo quasi impercettibile, ripesando a tutto quello che non aveva fatto fino a quel momento, insomma come ribelle era davvero inutile. Sperava che magari una bella chiacchierata con Idem l'avrebbe risollevata e magari trovare un posto in quel mondo, che sembrava essere andato avanti senza di lei.
    “Perdonami per favore, non ti avevo proprio vista” Guardò la ragazza che sembrava davvero essere assorta nel proprio lavoro anche mentre le parlava, ma alla fine sembrò inquadrarla e le rivolse un sorriso, fu così rassicurante che anche la bionda sorrise in risposta. Chissà se la piccola e indifesa Mills avrebbe trovato il suo posto nel mondo. La fece accomodare e così fece, rimanendo in attesa di qualcosa, non sapeva neanche lei cosa. Cosa sperava di ottenere andando lì da lei?! Alla resistenza sembravano tutti molto autonomi e tutti avevano un ruolo, perché lei ancora no?! Diceva di volere essere una parte attiva di quel movimento ma fino a quel momento non aveva ancora concluso niente di buono.
    “Vuoi favorire? Avrei anche qualche bevanda, se mi fossi ricordata di dire a Donnie di aggiustare il mini frigo…” disse e Hope scosse la testa. Anche se si domandava chi fosse Donnie, cioè lo aveva visto in realtà e aveva una sorta di potere. Ecco si era persa anche la comparsa dei babbani speciali. Era come se avesse dormito tutto l'inverno, come se fosse stata in letargo. Stupida Mills, svegliati! Gli avrebbe detto Xavier, anche lui era un babbano speciale, aveva il potere di creare il fuoco, ed doveva ammettere di esserne affascinante, ma non chiedeva mai troppo, non solo perché era inopportuno, visto quello che aveva passato nei laboratori, e soprattutto Xavier la mandava su tutte le furie ogni volta che parlavano, tanto che se ne andava via sempre arrabbiata con lui.
    “Però posso andare a prenderti qualcosa fuori, se vuoi bere” Hope sorrise No grazie, sto bene così disse dolce, per tornare ad ascoltare la donna. Ammirava Idem, sempre così disponibile, e nonostante fosse evidente che non avesse idea di come funzionava il mondo babbano era sempre lì, che si dava da fare, che faceva la differenza. Poteva farlo anche lei?!
    “No tranquilla, non c'è nessun problema. Stavo solo parlando con Ethos. Ha la brutta abitudine di lanciarsi su qualunque cosa contenente zucchero” la vide alzarsi e prendere dalla borsa qualcosa. Inizialmente non riusciva a capire,m a quando lo mise davanti a se, vide che era un Petauro. Osservò ogni movimento della donna, parlava di quell'animaletto con tanta di quella felicità che sembrava strano che ancora qualcuno potesse trovare interessante qualcosa o qualcuno. Idem era decisamente diversa, particolare, chissà se si rendeva conto di quanto fosse unica oltre che strana. Sarebbe diventata come lei un giorno?! “Una volta ha bevuto un intera lattina di coca cola… pensavo di dover chiamare l’esorcista, sembrava posseduto” continuò, quasi si fosse dimenticata che Hope era lì per chiedere alcune informazioni ma sembravano esser passate in secondo piano. La prossima volta potresti dargli una diet coke disse e rise da sola, in effetti non era una delle sue migliori battute. Lei non era divertente, non sapeva fare le battute, non come Stevens che ogni frase era una frecciatina, un doppio senso o provocazione. Hope non era neanche capace di fare ridere. Che persona triste! Doveva assolutamente fare qualcosa per cambiare.
    Senti Idem, ho voglia di essere attiva nella resistenza, da quando ne faccio parte non ho contribuito molto, pensavo.... si fermò e si guardò le mani, perché era così difficile parlare. vorrei essere una ricercatrice. So che sono ancora ad Hogwarts, ma posso farcela. Puoi aiutarmi? chiese quasi come una supplica, insomma non era davvero il massimo la tassa, era anche patetica oltre che inutile in quel mondo.

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    Idem Withpotatoes, un nome una garanzia. Non che avesse tante patate con sé wat, una bastava ed avanzava, ma già dalla particolarità del nome si poteva inquadrare la ragazza. Bastava poi guardarla, incrociare i due occhi azzurri troppo distratti ed il sorriso che sempre aleggiava leggero sulle labbra, per comprendere che tipo di persona fosse. Buffa, perlopiù strana. Probabilmente non era stata una mossa intelligente metterla come Segretaria della Resistenza, considerando le enormi e palesi lacune che limitavano il suo lavoro; ma ci provava davvero ad apprendere, capire come rendersi utile senza disturbare nessuno. Indirizzava i ragazzi, portava i caffè a Keanu (per poi ricordarsi che non beveva caffè, ripiegando sul tè per il direttore e portando invece la bevanda scura a Cameron, il giovane ricercatore che lavorava al suo stesso piano, o Ethan, il dottore), scambiava cordiali parole con chiunque avesse voglia di fare quattro chiacchiere, riordinava costantemente l’archivio, il tal giorno per data e quello dopo per entità. La maggior parte del tempo si limitava però ad osservare, facilitando il lavoro altrui ma non facendo nulla di attivo. Lei che cinque anni prima aveva scelto quella strada, aprendo gli occhi anche ad Elizabeth Fleed. Idem l’aveva aiutata a scegliere, a scoprire le sue potenzialità, tutta la forza che nascondeva dietro il sorriso troppo buono. Era diventata Generale dell’Esercito, Liz, mentre Idem si era sempre limitata a rimanere nelle retrovie, sorridendo per i traguardi altrui ma senza esporsi in prima linea. Non sarebbe stata utile a nessuno, al massimo carne da macello. Non era brava quanto Liz, o quanto chiunque fosse lì dentro; per questo era sempre stata … Idem, quella gentile su cui sapevi di poter contare; quella su cui potevi sfogare le frustrazioni della giornata, sapendo che alla fine sarebbe sempre stata pronta ad offrirti, con un sorriso, l’ennesima gelatina. Si faceva voler bene con poco, così come lei voleva bene con niente. Conosceva tutti i nomi di tutti i ribelli, si preoccupava di come stessero le loro nonne, e guardava sempre con riguardo a chi vedeva –cosa che accadeva troppo spesso- oppresso dal peso delle scelte. Avrebbe voluto cambiare le cose, Idem, fare la differenza; combattere al loro fianco, aiutarli nelle ricerche, cercare una cura, addestrare le reclute.
    Invece rimaneva seduta dietro la scrivania a litigare con computer e ventilatori: sad story.
    Hope declinò l’offerta di Idem di andarle a prendere qualcosa da bere, con un sorriso che sicuramente, a scuola, faceva strage di cuori. Era impossibile per la Withpotatoes, che già di sua natura era incline ad amare il prossimo, resistere a quelle fossette. Hope Mills aveva una dolcezza, in ogni suo gesto, che le ricordava il motivo per il quale aveva scelto di entrare nella resistenza: come poteva una ragazzina del genere non meritare il meglio del meglio? Senza contare che per Idem, Hope era parte della famiglia: era la migliore amica di Shane, figlio della cugina Sarah Icesprite (sì, per Idem tutti erano famiglia. Non a caso aveva aperto casa Withpotatoes a tutti i casi umani incontrati sulla sua strada). Invece di prendere la Segreteria per pazza, considerando i suoi discorsi sul petauro –che poi, chi aveva un petauro come animaletto domestico? Giusto una Idem- rispose con una battuta che, in realtà, per la mora fu un sincero ed alquanto intelligente suggerimento di vita: «La prossima volta potresti dargli una diet coke» Come aveva fatto a non averci mai pensato? Si unì alla risata di Hope sinceramente divertita, alzando il petauro verso il cielo come il Simba dei poveri. «Ethos, wanna be on top?» Citò Tyra Banks, immaginando l’animale su una passerella: english’s next top petauro, altro che model. Comunque, sicuramente Hope non era lì per parlare del suo petauro dello zucchero; un giorno, davvero, Idem sarebbe riuscita a fare il suo lavoro in maniera egregia, senza mostrarsi sempre così… Withpotatoes. Un giorno sarebbe stata realmente utile, non solo un passatempo di passaggio per ribelli annoiati. Chissà che quel giorno non potesse essere proprio quello. «Senti Idem, ho voglia di essere attiva nella resistenza, da quando ne faccio parte non ho contribuito molto, pensavo… vorrei essere una ricercatrice. So che sono ancora ad Hogwarts, ma posso farcela. Puoi aiutarmi?»
    Aveva bisogno di lei, una cosa che accadeva di raro. Era il suo compito, avrebbe potuto davvero fare la differenza. Sì, era dietro una scrivania, e sì, forse non era in gamba quanto gli altri ribelli… ma anche lei, nel suo piccolo, avrebbe potuto cambiare le cose. Sembrava così preoccupata la giovane, turbata da qualcosa che la WP poteva comprendere perfettamente. Si sentiva inutile, ma non lo era. Ed era compito di Idem mostrarglielo, così come aveva fatto in passato con Liz. Le sorrise, allungando le braccia sopra il tavolo per stringere le mani della piccola Tassorosso. Chinò il capo per cercare i suoi occhi, in modo che le fosse ben chiaro quanto Idem avesse preso sul serio quella richiesta. Era difficile che qualcuno comprendesse quanto lei ci tenesse, quanto fosse coscienziosa. Cercava di rendere tutto leggero e semplice, con quel sorriso; pareva distratta, buffa, strana –e lo era-, in molti non vedevano al di là di quegli aggettivi. A lei andava bene anche così, l’importante era che sapessero che nella sua distrazione, buffonaggine, e stranezza, per loro ci sarebbe comunque stata. «Certo che posso aiutarti, e cosa dici mai Hope! Il solo fatto che tu abbia scelto la Resistenza significa aver contribuito, non pensare mai il contrario. E, ah, che bello! Ricercatrice!» Ritrasse le braccia battendo le mani fra loro felice, mentre spingeva la sedia con le ruote a destra e manca alla ricerca dell’occorrente da presentare alla giovane. Prese diversi moduli, qualche locandina informativa (con tanto di faccine e frasi motivazionali: si vedeva che li aveva scritti lei?), infine mise tutti i fogli davanti alla giovane, schiarendosi la voce. Con una penna, mentre parlava, le indicava i vari campi da riempire. «Allora, il lavoro di ricercatrice puoi farlo anche da studentessa, ma non potrai mai portare il lavoro ad Hogwarts. Puoi venire qui quando vuoi, la biblioteca è sempre aperta. Il tuo responsabile di, mh, reparto, è Cameron Rogers. La sala per le ricerche è… di là. Vuoi che ti porto a fare un giro?» Domandò, spingendosi gli occhiali sulla punta del naso, tronfia d’orgoglio malcelato. «Per pura formalità, poi, mi serve che riempi qualche modulo. L’ultima volta abbiamo perso tutto, quindi sto cercando di…» Si strinse nelle spalle, indicandole le scatole ancora chiuse alle sue spalle con un sorriso di scuse. Si sentiva ancora in colpa per non essere riuscita a salvare tutto. Sperava almeno che nell’esplosione fosse andato tutto distrutto, così che neanche i Mangiamorte avessero quelle informazioni riservate. «Puoi scegliere un nome in codice, se vuoi. È facoltativo» Lei ovviamente stava ancora riflettendo sul suo. Nemesis le aveva detto che bomba sexy con gli occhiali, per quanto fosse davvero carino come nome –che dolcezza di donna-, non era particolarmente adatto alla causa. Non per altro, eh, ma sarebbe sicuramente stato palese poi che si fosse trattato di Idem (così le aveva detto la spia, che se ne intendeva di certe cose). Come se Clark Kent si fosse chiamato Superman quattrocchi, ecco.
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    Hope era sempre apparsa come una bambolina, una ragazzina talmente ingenua da rasentare la stupidità. Inutile dire che quella frase era la preferita di Shane; non che lo fosse sul serio, ma la Mills credeva nelle persone, anche in quel mondo. Aveva scelto di voltare le spalle alla propria famiglia perché credeva nella Resistenza ed era certa che esistesse qualcosa di migliore a quel regime. Era abbastanza grande per capire cosa era giusto e sbagliato; ed il modo in cui veniva governato quel mondo era decisamente sbagliato. Torture gratuite a scuole,non esiteva la libertà di parola nè quella di pensiero, si poteva dire che erano praticamente un utopia. Questi erano i motivi che muovevano la bionda, per quello lei si trovava lì in quel momento, da Idem; aveva la necessità di essere davvero di aiuto e sapeva che solo parlandone con la donna sarebbe riuscita ad ottenere qualcosa. E fu proprio così, perchè non appena finì di parlare, Withpotatoes si lasciò andare ad un mega sorriso,tanto che anche la diciassettenne si ritrovò ad essere contenta.
    «Certo che posso aiutarti, e cosa dici mai Hope! Il solo fatto che tu abbia scelto la Resistenza significa aver contribuito, non pensare mai il contrario. E, ah, che bello! Ricercatrice!» disse la donna felice, e Hope sorrise di rimando. La bionda era gioiosa ma Idem lo era molto di più, riusciva a mettere a proprio agio chiunque, avrebbe strappato un sorriso anche alla persona più scontrosa del pianeta, tipo Shane. Quando la guardava vedeva una donna così determinata e con voglia di fare, che Hope sperava di essere come lei in futuro. La osservò prendere dei moduli e qualche locandina informativa per poi metterli sul tavolo; era davvero molta carta! Chi lo poteva immaginare che doveva firmare così tanti fogli per diventare ricercatrice. Si mise a sedere e prese la penna mentre la donna le spiegava come compilare quelle carte.
    «Allora, il lavoro di ricercatrice puoi farlo anche da studentessa, ma non potrai mai portare il lavoro ad Hogwarts. Puoi venire qui quando vuoi, la biblioteca è sempre aperta. Il tuo responsabile di, mh, reparto, è Cameron Rogers. La sala per le ricerche è… di là. Vuoi che ti porto a fare un giro?» Idem le diede così tante informazioni che Hope si fermò accigliata, erano troppe cose tutte insieme. Non poteva portare il lavoro ad Hogwarts? Era comprensibile, c'erano così tante spie che era meglio evitare, ma chi era Rogers? Si sentiva così piccola per quel mondo, forse aveva fatto il passo più lungo della gamba. Deglutì leggermente incerta. Non le capitava spesso di essere dubbiosa o timorosa, affrontava sempre tutto con estrema tranquillità, forse anche troppa. Probabilmente solo in quel momento si rese conto che stava diventando parte attiva di quel movimento, avrebbe aiutato in modo concreto. Si, lo avrebbe fatto, non avrebbe mollato, voleva essere una ricercatrice forse si, cioè sono già venuta qua diverse volte, ma immagino che prima qualche sala mi deve essere sfuggita. chissà quante stanze le avevano tenuto nascosto.
    «Per pura formalità, poi, mi serve che riempi qualche modulo. L’ultima volta abbiamo perso tutto, quindi sto cercando di…» seguì lo sguardo di Idem, notando in effetti tutte le scatole chiuse. Aveva davvero molto lavoro da fare. Annuì e prese a compilare tutto ciò che doveva. Alzò di nuovo lo sguardo dopo qualche minuto, era così presa a scrivere che per qualche istante non ascoltò le parole della donna ma era quasi certa che aver udito che doveva o poteva scegliere un nome in codice. Un nome in codice? Finalmente la parte più facile, era stata una brava investigatrice. Usava molto spesso nomi in codici con Shane, anche se questo non le dava mai soddisfazione e finiva sempre a dare il nome alle missioni o al ragazzo senza però utilizzarli veramente. A volte l'amico era davvero acido e poco partecipe, eppure era meglio una bella indagine che una giornata in giro a fare shopping, ma rimaneva scontroso in entrambi i casi. Il suo shane, sorrise al ricordo, in fondo lo amava, non riusciva ad odiarlo e ora che sapeva di lei era anche più tranquilla e il loro rapporto sembrava esser rifiorito. Ma doveva pensare al nome, ma Ho ancora del tempo vero per pensare al nome? chiese poi, aveva avuto troppe informazioni, doveva pensare ad un nome in codice perchè doveva essere serio e non come quelli che inventava col suo migliore amico. Poi tornò a guardare quelle scatole dietro alla segretaria, forse poteva essere d'aiuto dopo quel giro nella resistenza, aveva voglia di essere utile e lei sembrava bisognosa di una mano. Inoltre avrebbe passato delle piacevoli ore in compagnia della mora, sapeva che non si sarebbe annoiata. Le piaceva davvero molto Idem, anche se sembrava sbadata, amava quel lavoro e poteva essere d'esempio per la tassa.
    Riguardo alle scatole...posso aiutarti Idem se vuoi, in due potremmo accelerare il lavoro no?
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    Idem inspirò profondamente, stringendo le labbra fra i denti ma senza smettere di sorridere. Come diceva un vecchio saggio, d’altronde, c’erano poche certezze nella vita, ma Idem Withpotatoes era una di quelle. cit. ari shhh Continuava a guardare Hope, cercando di cogliere nella sua espressione il dubbio prima ancora ch’ella potesse –effettivamente- essere in dubbio. Il compito della ex Tassorosso si poteva senz’altro ridurre a quello, considerando che nelle altre mansioni era a dir poco deludente: poteva, perlomeno, facilitare il lavoro altrui. Il suo percorso nelle file dei ribelli era stato lineare, apice di una vita che sembrava non aver mai voluto portare ad altro; era stato naturale come respirare, perfino di più, credere a quegli ideali, aggrapparvicisi con tenacia e determinazione. Sin dal primo momento in cui aveva messo piede al quartier generale della resistenza, Idem aveva compreso di essere nel posto giusto. Addirittura l’aria aveva un retrogusto più dolce, secondo il suo parere. Neanche ricordava più come fosse successo, ma sapeva di aver sempre creduto in qualcosa; quando ancora frequentava Hogwarts, e le grida dei suoi compagni di casata la svegliavano la notte obbligandola a far loro da balia finchè non avessero ripreso sonno, la Withpotatoes sapeva, anche se non razionalmente parlando, che non doveva per forza andare così. Se lo sentiva sotto pelle che c’era un altro modo per vivere, che non c’era giustizia in quanto facevano a quei poco più di bambini, non c’era pudore nel sangue che lasciavano scorrere nella sala delle torture. La sciocca paladina dei meno fortunati, sempre in prima linea per impedire che a chiunque fosse fatto del male; esattamente il genere di persona che si metteva, fisicamente parlando, fra la frusta e la vittima, incapace di reggere un altro ansito sofferente. Era nella sua indole preferire la sofferenza propria a quella altrui, come lo era mostrarsi gentile anche a chi, di gentile, non le rivolgeva neanche lo sputo. Lei aveva speranza, fede, malgrado l’umanità non facesse altro che remarle contro. Forse era una bugiarda, nel senso più puro ed innocente del termine: mentiva a sé stessa, ripetutamente e considerevolmente, rendendosi ancora più ridicola nel definire quelle bugie fiducia. Vi era forse un limite, invalicabile, che divideva la menzogna dalla realtà? Impossibile da definire, se si teneva in considerazione che una menzogna diventava tale solo quando riconosciuta dall’individuo come bugia, quando creava una frattura troppo evidente perché si potesse continuare ad ignorarla. Idem non poteva riconoscere la sua prospettiva come falsa, non l’aveva neanche mai preso in considerazione. E non credeva neanche, superbamente, che fossero gli altri a sbagliare: credeva solamente che esistessero diverse prospettive, e che tutti, prima o poi, sarebbero giunti a vedere il mondo come lo vedeva lei. Perfetto e meraviglioso, nelle sue imperfezioni e nella tragicità insita nell’essere umano. Ma non in quel modo. Non con quelle condanne insensate, l’odore ramato nei polmoni, gli occhi troppo adulti su visi ancora bambini. Doveva essere diverso, Idem non aveva alcun dubbio in proposito. Mai si era preoccupata per sé stessa in quegli anni, mettendo invece in primo piano chiunque le fosse stato vicino –ma anche no, perché ai suoi occhi meritavano tutti le medesime attenzioni. Nonna Seti aveva cercato di inculcarle, sin da quando aveva notato nelle iridi chiare una gentilezza troppo sfacciata, la precauzione: «non siamo tutti uguali, Idem» le ricordava con serietà, lasciando da parte il solito irriverente cinismo anti persone. Voleva che le credesse, ma la Withpotatoes, per quanto sorridesse annuendo alla nonna, non poteva davvero prendere quell’ideale come proprio: il sangue era rosso per tutti, il cuore batteva allo stesso modo, le mani d’inverno gelavano e la pelle, anche quando non lo sapeva, cercava pelle altrui con la quale scaldarsi. Soli, forse, perfino nell’insieme; ma non diversi. Lo stesso cielo, le stesse stelle, paure radicate nell’animo del Mangiamorte più corrotto e del Ribelle più convinto, il babbano più scettico ed il mago più legato alle tradizioni. Sapeva di dover essere cauta, che quel segreto –per quanto puro, ai suoi occhi, fosse- doveva rimanere tale. Aveva eretto in quel senso una difesa impenetrabile, unico dettaglio della sua vita che taceva: era buona, sì, e quello non avrebbe potuto nasconderlo; ma essere buona non era contro il regime, era solo… «illusa», o almeno, quella era la definizione che più spesso la seguiva. Credevano di poter esercitare potere tramite paura e dolore, ed era lei quella illusa? Combattiva, in quell’esile corpicino pallido. Premeva il piede a terra, quasi infantile, ed era difficile per chiunque prenderla sul serio. Eppure lei, seria, lo era sempre. Così difficile da capire. Suscitava al massimo un sorriso, «oh, idem», ed un affettuoso buffetto sulle spalle. Di lei vedevano solo il lato più evidente, bianco come il collo d’un cigno, ma quasi nessuno riusciva a cogliere il nucleo più puro di quel candore. C’era chi pensava di doverla proteggere per far sì che conservasse intatta quella parte di sé, e chi invece ancora non riusciva a comprendere. Non che la Withpotatoes, sia ben chiaro, avesse bisogno di essere protetta: lo vedeva, nei suoi pazienti e sulla propria carne, com’era quel mondo. Lei vedeva il bicchiere mezzo pieno anche quando d’acqua non ve n’era da mesi, ma il bicchiere era il medesimo che passava sotto il loro stesso sguardo inquisitorio. «non capisci» ed alzavano gli occhi al cielo, gli altri. ma lei capiva; capiva sempre. Fede. Incomprensibilmente per tutti, perfino per Idem, si muoveva con leggerezza nelle vite altrui, senza mai imporsi. Eppure lì, dove arrivava, rimaneva: era impossibile stare vicino ad Idem Withpotatoes, e non voler credere nel suo stesso mondo, non avere la sua fede. C’erano rari, rarissimi momenti, in cui vacillava; quei rari attimi erano sempre rappresentati dagli sbilanciamenti altrui, o meglio, dalla perdita: senno, memoria, speranza. Ogni loro perdita si rifletteva, come la luna sulla superficie nera del mare, su di lei. Perché? Si domandava. Perché non puoi crederci anche tu, come ci credo io? Così sola ad allargare le braccia, sperando di poter raccogliere quanto era rimasto, di poterlo aggiustare. Come già detto, il problema di Idem non era mai un problema di Idem; il problema della Withpotatoes erano le persone, e quanto di loro le rimaneva fra le dita quando si lasciavano andare. Vedere Hope Mills cercare di trovare il suo posto nel mondo, non poteva che gonfiarle il cuore d’orgoglio: stai facendo la cosa giusta, Hope. Grazie di essere con me. Quel ringraziamento che Idem non lesinava mai, appeso alle labbra rosee sempre incurvate nel più dolce dei sorrisi. La cosa apparentemente assurda della giovane, era che grata lo era seriamente, ed in ogni circostanza. Sincerità assumeva una sfumatura nuova quando si prendeva in esame la mora. «certo che hai ancora tempo per pensare al nome!» asserì con sicurezza, sfogliando i moduli per assicurarsi che avesse compilato tutti i campi –non voleva certo disturbarla in un secondo momento. «il mondo tempo è tuooo» canticchiò portandosi il pugno sopra il cuore, mentre con il braccio sinistro compiva un arco nell’aria ad indicare lo skyline … della vita. lo skyline della vita. #wat « Riguardo alle scatole...posso aiutarti Idem se vuoi, in due potremmo accelerare il lavoro no?» Idem seguì lo sguardo di Hope, come se per lei quelle scatole fossero ormai parte dell’arredamento standard di ogni Ribelle, quindi riportò la propria attenzione su di lei. «oh… non devi preoccuparti per me, mi piace avere qualcosa da fare. però puoi venire a farmi compagnia quando ti va, io e ethos siamo sempre soli» mugugnò triste volgendole un broncio, mentre anche Ethos –il suo petauro dello zucchero- si affacciava dal mini bar doveva aveva costruito il nido mostrando la sua versione del broncio animalesca. (?) «se riscontri problemi, vuoi un caffè o scambiare due chiacchiere, oppure hai dubbi, io sono sempre qua. Vieni quando vuoi, mi farebbe davvero piacere» concluse sorridendo sincera, gli occhi blu –che a dir di tutti, erano i più freddi- caldi quanto una mano sulla schiena in una notte di Dicembre. «e mi raccomando Hope» la Tassorosso le aveva già girato le spalle, ma Idem aveva sentito la necessità di richiamarla a sé. Non lo faceva mai abbastanza, ed era forse il suo rammarico più grande. «promettimi che starai attenta, okay? Per favore» Fece il giro della scrivania, stringendola brevemente in un abbraccio familiare. «sì scusa, avrai da fare. ti lascio andare» Ma la tenne stretta a sé ancora una manciata di secondi. Così, giusto per fare la acab. «sì okay ciao» ... «davvero, quando vuoi hope! E salutami Shane. No aspetta, dove potremmo esserci viste? Niente, non salutarmelo. Abbraccialo da parte mia, ma non dirgli che è da parte mia» wat Concluse, e quella volta seriamente, allontanandosi d’un passo e tornando quindi alla scrivania a fare cose da segretaria. Tipo? Boh. Cose da segreteria.
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    e chiudo! *^* ♥
     
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