This summer's gonna hurt like a motherfucker

Blaze x Bells

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    agosto 2015

    YbHIuoz
    « scheda pg | 15 ½ | neutrale | purosangue | the honest »

    Le alte temperature di quelle giornate ad Inverness sembravano voler dire solo una cosa: sofferenza. Oscar, disteso nel proprio letto, teneva in mano uno smartphone, che sebbene non fosse un'ultima uscita, riusciva a fare tutto ciò che il ragazzo voleva. Era uno specchio sul mondo, era ricco di informazioni che spesso non si trovavano sui libri. Suo padre non era mai stato un uomo generoso, avrebbe preferito perdere un braccio piuttosto che spendere un centesimo per attività che non contemplassero il gioco, ma l'ultimo Natale era stato un po' diverso...quando Oscar era tornato a casa da Hogwarts, per le vacanze, il signor Fraser aveva notato che suo figlio non era lo stesso, stava soffrendo, ed avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere almeno un po'. Un cellulare babbano non avrebbe mai potuto compensare la perdita di Christopher - che avevano sempre speranza di trovare - nè avrebbe potuto far tornare Arabells dalla Francia, ma era qualcosa che lo avrebbe distratto. Oscar gliel'aveva chiesto per anni e quell'anno, sotto l'albero aveva ricevuto una sorpresa. Quella sorpresa l'aveva fatto sorridere, Oscar aveva provato davvero a nascondere quella parte di sè che stava cadendo a pezzi, a non mostrarsi triste dinnanzi ai suoi genitori, perchè sapeva che anche loro stavano soffrendo per la scomparsa di Chris. Aveva provato a fingere come meglio poteva, e ci era riuscito bene. Suo padre aveva davvero creduto che quel telefono lo distraesse il tanto da non farlo pensare. Non era così.
    Oscar prendi il pranzo! La voce di sua madre rimbombò dal piano inferiore della casa, arrivandogli ad un orecchio, mentre l'altro era coperto da una grossa cuffia per la musica. Un'occhiata alla sveglia sul suo comodino lo allarmò, era in ritardo. Aveva dato un orario ad Arabells ed era già in ritardo. Si tirò su dal letto, levandosi le cuffie e fiondandosi all'armadio, così che se sua madre fosse entrata in camera in quel momento, non lo avrebbe visto poltrire nel letto, e lui non avrebbe dovuto niente per giustificarsi, i fatti parlavano da soli: si stava preparando da un pezzo, non era mica in ritardo....frugò tra le t-shirt, mettendo a soqquadro il cassetto, per trovare quella che voleva indossare.
    Una t shirt blu, con disegnata una pinna di squalo e con sopra scritto "Nice to eat you", che ironicamente amava portare al mare. Ne aveva regalata una anche a Chris ed Arabells di colori diversi, ma non aveva mai capito se loro avessero apprezzato l'ironia. Magari si.
    Aveva poi indossato dei bermuda bianchi come costume.
    Oscar non fare i dispetti ad Arabells! Si raccomandò ancora la donna, la cui voce arrivava dal corridoio del primo piano di casa. Oscar non fare questo, Oscar non fare quello, sua madre ci prendeva gusto a ripetere il suo nome fino alla nausea, e poi ci si stupiva di fronte al fatto che lui odiasse il suo nome. Oscar mi stai ascoltando?! Brianna piombò sulla soglia della sua porta, con le braccia conserte al petto e la bacchetta stretta nella destra.
    Mamma, non mettermi alle strette. Lo sai che non posso assicurartelo. Trovò la maglietta che stava cercando e se la infilò.
    Oscar.... Lo guardo affilato di sua madre lo colpì alle spalle.
    Brianna... Ripete con il suo stesso tono spazientito, andando ad infilare il telo da mare dentro lo zaino aperto a terra. Comportati bene... Concluse lei, lasciando in sospeso il discorso. Non lo ammetteva, ma come Oscar, aveva il terrore che Arabells decidesse di tornare in Francia da un momento all'altro, e non voleva che accadesse. Con un colpo di bacchetta, Brianna riempì lo zaino di una maglia e costume di ricambio, un panino, cremine varie ed altre 200 cose che riuscirono ad entrare grazie all'incantesimo estendibile. Oscar annui, si preoccupò di prendere la sua tavola da surf ed infilarla miracolosamente nello zaino che poi raccolse in spalla e si avviò al piano inferiore. Sapeva quanto sua madre tenesse ad Arbells, non che lui non ci tenesse, anzi..ma forse aveva un modo diverso per dimostrarle affetto, ecco tutto. Sarebbero andati a Nairn, per surfare nelle acque irlandesi troppo fredde, ma alle quali erano abituati. Trenta minuti di bus per arrivarci, cos'erano in fondo in confronto alla bellezza delle onde? Uscito da casa sua aveva fatto solo qualche passo per arrivare al portone di Arabells, aveva bussato ed aveva atteso il suo arrivo, seduto sui gradini con occhiali scuri sollevati sui capelli mossi, in una mano un cellulare babbano collegato agli auricolari di cui uno nell'orecchio ed uno lasciato verso il pavimento e nell'altra mano una sigaretta. Dire che Blaze non amava i babbani sarebbe stata una sciocchezza. This summer's gonna hurt like a motherfucker Ripetè le parole della canzone che stava ascoltando, quando sentì la porta dietro di se aprirsi, si alzò dal gradino, mantenendo lo sguardo attento sul cellulare, che aveva come pagina principale il meteo della giornata. Grandi onde oggi, Bells Era la prima volta che andavano a surfare insieme, perchè in passato non era stato possibile. Guardò la ragazza, ed istintivamente pensò di abbracciarla, prenderle la mano per farle sentire la sua presenza, ma qualcosa lo frenò e non lo fece. Era così strano rapportarsi a lei in quelle condizioni, si sarebbe mai abituato? Aveva la necessità di ritrovare la vecchia Bells e sapere che non era cambiata, aveva necessità di ritrovarsi con lei nei tempi attuali. Abbiamo il bus tra...guardò l'orario sul telefono. Adesso.

    Arrivati in spiaggia, il sole era abbastanza caldo da consentirgli di non soffrire troppo in acqua, allo stesso modo le onde che gli bagnavano i piedi non sembravano poi così gelide. Si levò la maglietta, mostrando un accenno di abbronzatura tipica inglese, color caffellatte - con molto latte e poco caffè - niente di più, ma un bel fisico senza dubbio. Gli allenamenti di Quidditch, insieme alla pubertà avevano fatto un bel lavoro sul corpo di Fraser moro... La spiaggia era quasi del tutto spoglia di persone, fatta eccezione per piccoli gruppi, che come loro si erano recati li per le onde.
    Si dimenticò completamente delle raccomandazioni della mamma, anche perchè non voleva sembrare una fettina panata, non aveva bisogno della crema. Si guardò intorno, e con nonchalance sfilò la tavola da surf dallo zaino. Non sapevo sapessi surfare, hai imparato in Francia? Domandò curioso. Troppo vaga come domanda, TROPPO vaga. Certo che aveva imparato in Francia, dove se no? Su Marte?
    Aveva paura di infilarsi in discorsi strani, in cui difficilmente sarebbe riuscito ad uscirne mantenendo un filo logico. Voleva sapere chi le aveva insegnato a surfare, se aveva imparato da sola, se aveva degli amici lì. Oh maledizione, doveva solo essere felice che lei fosse lì in quel momento, invece si ritrovava ad essere geloso dei suoi ipotetici amici francesi. Non sarebbe caduto nella sua stessa trappola, non si sarebbe esposto troppo su quell'argomento. Un vero peccato che Christopher non fosse lì con loro a ridere di come si sarebbero messe le cose di lì a poco. Un vero peccato.
    Oscar "Blaze" Fraser
    « Everything has changed and yet, I am more me than I’ve ever been. »
     
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    Seduta sul letto, Bells fissò per l’ennesima volta i fogli di pergamena timbrati con il sigillo turchese di Beauxbatons che suo padre le aveva fatto ricapitare il mese prima. Era il modulo di iscrizione, così che Arabells, se avesse voluto, avrebbe potuto frequentare la scuola in Francia. “Puoi tornare per le vacanze” Le aveva detto in tono scarno e sbrigativo, mentre lei prendeva le lettere senza dire alcuna parola. Aveva preferito rimanere a casa durante quei mesi, anziché tornare da nonna Adèline. Amava la Francia ed amava sua nonna, ma non se l’era sentita di andarsene. C’erano troppe cose in sospeso nella sua vita, e la Dallaire non era una ragazza che scappava. Senza contare che Elijah, suo fratello, ancora non aveva fatto ritorno a casa, né aveva dato notizie di sé. Il fatto che Theodore non apparisse preoccupato, la aizzava ancor di più, quasi si sentisse in dover di soffrire anche per lui, e per la madre convinta che il suo bambino ancora avesse otto anni. Da quando un anno prima la Corvonero aveva lasciato Inverness, non aveva più fatto visita al capezzale della madre, né si era soffermata davanti l’uscio cercando di spiarla dalla porta semi aperta. Aveva finto che non esistesse, esattamente come in quegli quindici anni lei, Elijah ed il padre avevano finto, con il resto del mondo, che Davina non fosse gravemente malata. Come se il negarlo potesse renderlo meno reale. Socchiuse gli occhi, infilando le lettere nel cassetto del comodino vicino al letto. Non andare ad Hogwarts l’anno dopo era fuori discussione, ma avrebbe mentito se avesse affermato che l’idea nemmeno l'aveva sfiorata. Il che significava che sì, era l’unica cosa che poteva dire. “Non mi interessa, papà. Non voglio tornare a Beauxbatons” Ed eccolo lì, l’inghippo di quella sua maledizione: non poteva dire la verità, ma questo non significava necessariamente che tutto ciò che diceva era una menzogna. Lies voleva tornare a Beauxbatons, però aveva scelto di tornare ad Hogwarts. Era una differenza sottile, quasi invisibile; in molti l’avrebbero perfino definita una decisione sciocca ed avventata, considerando la diversità dell’ambiente nelle due scuole. In Francia era tutto più tranquillo, meno complicato. Perfino lei si sentiva un po’ sciocca, all’idea di abbandonare una possibilità migliore solo per star vicino ai suoi amici. Sorrise amaramente, scuotendo il capo. Alla fine, ogni percorso da lei intrapreso riportava alla stessa meta. Era tornata, due mesi prima, perché due delle persone più importanti della sua vita avevano bisogno di lei; o almeno, questo si era detta quando, stretta alla nonna, aveva riaperto gli occhi sul familiare paesaggio scozzese. La verità era che in quei mesi Bells aveva sentito la loro mancanza. La verità era che, come sempre, era lei ad aver bisogno di loro. Era tutto più facile con i gemelli Fraser, che così tanto pensavano di conoscerla, e così tanto la conoscevano; che così tanto pensavano di conoscerla, e così poco la conoscevano. Erano cresciuti insieme, e ad Arabells piaceva l’Arabells che ritrovava nei loro occhi, e che prima d’allora aveva sentito nei loro gesti. Arabells aveva bisogno di sapere che quella ragazza esisteva ancora, da qualche parte, che la maledizione non l’aveva strappata via. Per farlo però doveva rimettere insieme i pezzi, far tornare a combaciare angoli che, in quei mesi, avevano cominciato a levigarsi, e ad acuirsi, tanto che ormai era impossibile dessero lo stesso disegno. Un problema alla volta, Lies. Cerca di aggiustare solo quello che puoi controllare. Non poteva preoccuparsi per sua madre, non ve n’era alcuna necessità; non poteva aspettare Elijah giorno e notte sul patio di casa loro, come quand’era piccola ed attendeva il suo ritorno dal castello. Si avvicinò alla scrivania, dalla quale prese alcune recenti aggiunte alla camera altrimenti vuota: per abitudine, quasi potesse sentire i rilievi dei profili, passò i polpastrelli sulla fotografia che ritraeva lei, Chris e Oscar l’anno prima, subito dopo che il Mago aveva donato loro quella nuova vita -a lei la vista, a loro il sangue puro. Erano così… forse spensierati non bastava a definire il trio poco eterogeneo, ma Bells vedeva in ogni sorriso, e in ogni gomitata, il quadro completo. Era passato solo un anno. Come poteva un anno cambiare così tante carte in tavola?
    Sospirò piano, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra; ovviamente, da brava primadonna, Oscar Fraser era in ritardo. Bisognava sempre diffidare dell’orario prefissato dal Grifondoro, perché sarebbe sempre arrivato dopo. Questo causava una reazione a catena degna di nota: lei aspettava lui, e poi, in elegante ritardo –anche se era pronta da ore-, scendeva. Ogni. Volta. Di fatti, se avevano appuntamento alle quattro, state pur certi che forse per le cinque riuscivano a mettere piede fuori dal vialetto. Controllò che nella grande borsa da mare ci fosse tutto: la crema, gli occhiali da sole, l’acqua, i soldi, il veritaserum –non si sapeva mai-, vestiti di ricambio, asciugamano. Sicuro come l’oro che aveva dimenticato qualcosa. Sbuffò, per poi soffermarsi sul suo riflesso nello specchio dell’armadio. Ancora non riusciva a capacitarsi della fortuna di potersi guardare, guardare per davvero. Non perché fosse bellissima anche se lo era, ma perché per tutta la sua vita aveva cercato di darsi una forma, di plasmarsi. E quello, alla fine, era il risultato: i capelli arrivavano alle spalle, di un castano dorato che tendeva a schiarirsi, come aveva appurato in quei mesi, sotto il sole; il viso era un ovale delicato, dove un naso sottile, alla francese, sormontava le labbra rosee. La cosa più sconvolgente erano però gli occhi: l’uno di un grigio brillante, color del ghiaccio e delle nuvole cariche di pioggia, l’altro di un azzurro intenso. Il corpo era minuto, tanto che quindici anni li dimostrava a malapena: le curve appena accennate di quella che sta diventando una giovane donna, i muscoli rassodati dalle ore di esercizio ma invisibili. Un fisico davvero poco minaccioso, ve lo assicuro, ma se avesse voluto avrebbe tranquillamente potuto farvi il culo a strisce. Indossava una canottiera bianca dalle spalline sottili che le lasciava scoperti entrambi i fianchi, e corti pantaloncini a fantasia floreale. Si sentiva molto in versione estiva. Sorrise mentre agguantava gli occhiali da sole, divertita dal fatto che prima, quelle lenti rotonde, servivano a nascondere la sua cecità. Era felice? Non lo sapeva. Di sicuro eccitata. Non aveva mai surfato a Nairn; non aveva mai surfato in Gran Bretagna punto. Blaze le aveva assicurato che l’acqua era calda d’estate, e lei aveva affermato che sarebbe morto giovane. Non era propriamente una menzogna: se avesse avuto troppo freddo, l’avrebbe affogato senza remore. Scusa Chris, trovati un altro gemello. Corvonero se possibile, i Grifi sono mainstream. Con la coda dell’occhio colse qualcuno in cortile, e con calma prese il necessario e scese in cucina, dove si preparò qualcosa per il pranz-… ah, no, non c’era niente in frigo. “Papi, la spesa?” “Se ne occupava Elijah” Grande. Agguantò un pacchetto di cracker ed uno di patatine, che infilò in borsa brontolando qualche imprecazione poco elegante in francese. Era pronta? Era pronta. Aprì la porta, giusto in tempo per sentire Blaze che canticchiava fra sé quella che, a suo parere, era la definizione meno azzeccata per quell’estate. Ma si sa, ognuno ha le sue idee. Sorrise, apparentemente al vuoto considerando l’attenzione riservata da Fraser moro. Si trattenne dal sospirare sonoramente, mentre lui la aggiornava sul meteo. “Grandi onde oggi, Bells” Si limitò ad annuire, perché l’unico commento che avrebbe potuto dire ad alta voce, in proposito, sarebbe stato bella merda, considerando che le felicitazioni le erano precluse. Assottigliò le palpebre, agitando la mano destra a palmo aperto nell’aria. “Ciao?” Utilizzò un tono interrogativo, proprio per sottolineare la mancanza del saluto. Maronn’ che brutta razza i Grifondoro. Si limitava a guardarla, schiacciandola sotto il peso della consapevolezza. Sì, ce l’hai con me. Okay. Basta. Mettiamoci una pietra sopra. Ti prego. Un consiglio: se dovete farvi odiare da qualcuno, fate in modo che non sia mai qualcuno che non può mentire. È snervante, considerando che la maggior parte del tempo preferisce tacere –cosa che aveva pensato avrebbe sempre preferito, se in relazione con Oscar. Si sbagliava. Così fu lei che, sbuffando piano, si avvicinò e si alzò in punta di piedi per schioccargli un innervosito bacio sulla guancia. Che prezioso. Rimase con le sopracciglia aggrottate, ferita dal comportamento dell’amico. Arabells Dallaire, purtroppo e per fortuna, non era mai stata il genere di ragazza che parla a cuore aperto, che chiede scusa stringendo la mano ed implorando perdono. Coerentemente come ogni bravo egocentrico, lei ci provava; se l’altra persona non gli veniva incontro, cominciava ad infastidirsi, passando automaticamente dalla parte del torto. Per questo la cerchia dei suoi amici era così ristretta. Non era facile starle vicino, ma ehi, lei non obbligava nessuno. Non ancora. “Abbiamo il bus tra... Adesso” Ugh, avrebbero dovuto correre. “Ti odio” Lagnò piano, mentre con baracche e baracchini si avviavano alla fermata.

    Stese l’asciugamano blu sulla sabbia chiara della spiaggia, poggiando poi le mani sui fianchi per guardarsi attorno con aria soddisfatta. Era una vita che non andava al mare in Scozia, considerando quanto presto partiva per raggiungere la nonna. In Francia, fra le altre cose, il mare era decisamente più caldo, la sabbia più fine. Si lasciò scaldare dai raggi del sole, sorridendo beata. L’estate era indubbiamente la sua stagione preferita. Spostò lo sguardo sul mare, osservando con occhio critico le onde che si infrangevano sulla spiaggia, per poi tornare a guardare Oscar. Bells era scozzese, ma aveva preso la carnagione di suo padre, più scura rispetto a quella della madre. Rise. “Ottima idea quella di non mettere la crema. Che impavido” Arricciò il naso, sfilandosi la maglietta ed i pantaloncini per rimanere con solo il costume giallo fosforescente. Da brava Corvonero, lei ci teneva a proteggere la sua pelle, quindi si passò sulle spalle e sul viso un po’ di lozione protettiva, rispondendo con una smorfia all’olezzo di quella crema che, teoricamente, avrebbe dovuto profumare di cocco. Mangiavano del cocco davvero strano, dalle loro parti. “Non sapevo sapessi surfare, hai imparato in Francia?” Si abbassò gli occhiali da sole sulla punta del naso, lanciandogli un’occhiata allusiva. Se non aveva imparato con loro in Scozia, c’era solo un altro luogo dove avrebbe potuto imparare. “No, ho fatto un corso accelerato nella mia cantina ad Inverness” Rispose con un sorriso ironico, spingendo nuovamente su gli occhiali. Prese nel mentre la tavola, che piantò nella sabbia vicino a sé, quindi rimase a guardare in silenzio il Grifondoro, inclinando il capo verso destra. Come guardare sé stessa allo specchio era, per Bells, una continua novità, così era vedere per la prima, decima, centesima volta le persone con le quali era cresciuta: suo padre, suo fratello, Blaze e Chris. Non erano come si era immaginata, era… era tutto diverso. Con un cenno della mano invitò il ragazzo a farle strada. “Prima le signore” Si strinse nelle spalle, lasciando cadere gli occhiali sulla borsa.
    arabells "lies" dallaire - AND ALL THE TIMES I CAME TO YOU BUT NEVER EVER LIED

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    Appallottolò la propria t-shirt in un groviglio informe e la lanciò dentro il proprio zaino, senza preoccuparsene troppo, preoccupandosi invece di tirare su la propria tavola da surf, per osservarla in ogni dettaglio. Era da dicembre che non surfava. Questo significava che Oscar aveva surfato a Natale, nelle acque irlandesi. Troppo assurda come storia da raccontare? Decisamente sì, e sarebbe anche rimasta per sempre con lui, perchè non avrebbe mai potuto condividere con nessuno quello straordinario racconto, purtroppo. In realtà...non sarebbe stata del tutto una bugia, dai, infondo a Dicembre ci era andato davvero a Nairn, ma non gli era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di buttarsi in acqua. Nonostante la tristezza non aveva mai contemplato il suicidio, perchè lui era troppo importante per sè stesso per morire, ovvio. Attese che Arabells sistemasse il proprio asciugamano sulla sabbia e che si cospargesse di crema, cosa che lui non aveva ancora fatto. Potrei metterla in realtà... "Ma non lo farò" Avrebbe fatto di tutto pur di non incremarsi, odiava la crema, perchè con la sabbia era un mix letale e poi gli faceva scivolare la tavola dalle mani, non c'era storia. Ma era ottimista, credeva fermamente che quel giorno i raggi di sole non sarebbero stati così forti da bruciarlo. Un corvonero a caso - Chris - avrebbe detto che non era ottimismo, ma solo stupidità, che volete farci? Gli era mancata l'aria salmastra del mare, come la piacevole sensazione della cedevolezza della sabbia sotto i piedi ed il tepore che gli procurava il sole leggero sulla pelle. Gli era mancato tutto ma aveva giurato a sè stesso che avrebbe goduto quell'estate fino all'ultimo respiro, fino a stare male.
    Non risparmiò uno sguardo attento ad Arabells, che con movimenti meticolosi cospargeva la sua pelle con leggero strato di crema, dall'odore che ricordava vagamente il cocco. L'ultima volta che l'aveva vista in costume, come era solito fare, aveva annotato sul proprio diario ciò che i suoi occhi avevano percepito esserci sotto il reggiseno di lei, ed aveva definito il tutto come "lievi prominenze simili a punture di zanzara".
    Apprese con piacere che adesso invece, dopo due anni, le punture erano diventate bernoccoli. Era ancora piccola, in fondo, non poteva certo aspettarsi che avesse il seno di Anjelika. Si era poggiato con il mento sulla propria tavola, osservandola senza commentare, ma aspettando che finisse ed attendendo più che altro, che rispondesse alla sua domanda non proprio studiata e buttata così molto in generale.
    “No, ho fatto un corso accelerato nella mia cantina ad Inverness”
    La guardò qualche istante, provando a rimanere serio, senza riuscirci a lungo e rise di gusto. La risata di Oscar era quanto di più cristallino potesse esistere, lo rapiva e spesso rapiva chi gli stava affianco, anche se in realtà forse non ci sarebbe stato molto da ridere. Ma in quel momento, quella battuta fu come un uragano di solletico e Oscar non sapeva se la parte più divertente fosse la battuta in sè, o il fatto che Arabells fosse stata spinta a rispondere così dalla maledizione che condividevano. Sì, al momento trovava tutto molto divertente: immaginare Arabells che surfava in una cantina lo avrebbe potuto uccidere. Si ricompose scuotendo la testa.d Quindi la risposta era sì, aveva imparato in Francia. Che palle. Con me imparerai cose nuove che i tuoi amici francesi non si sognerebbero mai di sapere... Sollevò le spalle. Ci sarebbero state ancora tante cose da imparare, per la piccola Arabells, ed Oscar era pronto a sottolineare ogni suo errore, per avvalorare la teoria che, infondo, probabilmente le acque francesi non erano poi tanto adatte al surf, non come quelle inglesi comunque e nè i suoi amici francesi sarebbero mai stati più bravi di lui. Mai.
    Ho letto che le acque inglesi sono le migliori al mondo per surfare. Annuì tra sè per quella cazzata. Era bello scriversi le cose da solo, qualsiasi stronzata e poi leggerla e dire "Ho letto che..." Certo che lo aveva letto, ma era anche vero che l'aveva scritta lui, quell'assurdità. Che soddisfazione provava ogni volta che riusciva ad aggirare, in un modo o in un altro, quella maledizione? Comunque, non è vero... secondo me le spiagge migliori si trovano in Costa Rica. Corresse poi, per dare ad Arabells un'informazione probabilmente inutile, che non sarebbe fregata a nessuno e della quale, sicuramente, lei era già a conoscenza.
    prima le signore
    Avanzò fino al bagnasciuga, poggiò sulla sabbia la propria tavola e si stirò con nonchalance, attendendo che Arabells arrivasse in riva. Sorrise tra sè, furbo, e le lanciò uno sguardo obliquo, aspettando che mollasse la propria tavola come aveva fatto lui. Era un ragazzo fondamentalmente molesto, amava il movimento, ed amava sentire le lamentele di Arabells, che gli erano mancate da morire, quindi appena lei fu libera da ingombri, Oscar agì: si piegò sulle ginocchia e con uno scatto degno di un felino raccattò la ragazza sulla propria schiena, stringendola dalle cosce e sollevandola dalla sabbia senza sforzi, come un sacco di patate non troppo pesante. Hai sempre avuto la capacità di farmi sentire...speciale, Bells. A parte gli scherzi, era vero, perchè con lei non si era mai sentito il bambino sbagliato che suo nonno tentava di screditare ogni volta, nè il figlio dell'uomo con il vizio del gioco, con Arabells tutto era sempre stato semplice, naturale e divertente. Si era sempre sentito sè stesso e contava sul fatto che lo stesso fosse avvenuto per la ragazza, che non aveva certo avuto una vita ordinaria e facile. Si buttò in mare con lei, lasciando che l'acqua fredda gli togliesse il respiro per qualche attimo di pura sofferenza, ma che sarebbe passato in fretta, almeno per lui.
    "Oscar non fare i dispetti ad Arabells!" Si era raccomandata sua madre e lui era stato sincero nel dirle che non glielo avrebbe potuto assicurare.

    Oscar "Blaze" Fraser
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    Avere a che fare con Oscar Fraser era sempre complicato, e Bells ormai ne era perfettamente cosciente. Ma era anche quello il bello, la cosa che le era sempre piaciuta di più: non si sforzava nemmeno di capirlo, limitandosi a dare la colpa per ogni sua malefatta –tipo non mettere la crema- al suo essere Grifondoro. Gente strana quella rosso – oro, sempre pronta a correre rischi inutili solo per dimostrare quanto fossero superiori alle normali legge umane. Alzò gli occhi al cielo sorridendo quando liquidò il suo invito a proteggere una carnagione troppo chiara. Lei aveva fatto il suo dovere, aveva la coscienza a posto. Seguì con attenzione lo sguardo di Blaze per capire cosa stesse guardando con tanto accademico interesse, e dovette chinare il viso per incontrare il proprio –piatto- petto. Davvero? Incrociò le braccia, inumidendosi le labbra. “Il primo giro lo offre la casa, al prossimo paghi” Specificò, dandogli le spalle. Ad una ragazza normale probabilmente avrebbe dato un briciolo di fastidio, nonostante fosse il suo migliore amico. Solo le giovani donne con tette grandi come meloni le sbattevano in faccia alla gente, permettendo a chiunque di palparle perché ahahah, tanto è mio amico! Ma cosa vuol dire? Almeno fatevi pagare, come quelle ragazzine che si facevano offrire whisky in cambio di una foto senza reggiseno. Ecco, quello avrebbe potuto farlo, Arabells Dallaire. Lo spirito del business non le mancava mai. “Con me imparerai cose nuove che i tuoi amici francesi non si sognerebbero mai di sapere..” Se solo avesse saputo chi le aveva insegnato a surfare, non avrebbe mai osato tanta audacia. Probabilmente l’unica persona a conoscere Bells meglio di sé stessa, fatta eccezione per Elijah. L’unica che sapeva sempre cosa dire e come dirlo, e sapeva interpretare i silenzi di Arabells senza che ci fosse bisogno di una qualunque spiegazione. “Non avevo dubbi” Rispose sarcastica ridacchiando, guardandolo di sottecchi. Ma nel mentre, Arabells stava già pensando ad altro, e non al surf: stava ripensando ai suoi amici francesi, fra cui Clàrisse, ed a quello che loro le avevano insegnato. Considerando quello che era successo alla festa mesi prima, dubitava che ci fosse qualcosa che Blaze avrebbe potuto insegnarle e Cassie no. Ma era un altro discorso. Per quanto riguardava il surf, era impossibile che Oscar sapesse qualcosa in più di chi le aveva insegnato a praticare lo sport: nonna Adèline era imbattibile. “Ho letto che le acque inglesi sono le migliori al mondo per surfare. Comunque, non è vero... secondo me le spiagge migliori si trovano in Costa Rica” Annuì assottigliando le labbra, chiedendosi dove avesse letto una baggianata del genere. Magari su qualche murales di qualche fanatico nazionalista. “Lo terrò a mente per la prossima volta in cui, in uno svogliato pomeriggio, non saprò cosa fare. Costa Rica, Nairn… entrambe dietro l’angolo” Si strinse nelle spalle, massaggiandosi le guance per far assorbire la crema protettiva.
    Lo invitò con un cenno ad avanzare, confusa dal fatto che Oscar avesse poggiato la tavola sul bagnasciuga. Magari voleva prima abituarsi cautamente all’acqua: a lei non sembrava una brutta idea, ma era davvero improbabile che Fraser avesse pensato la stessa cosa. Stava facendo… stretching? Buon Merlino. Rimase qualche istante a guardarlo, un sorriso appena accennato sulle labbra, chiedendosi perché diavolo lui dovesse sembrare più grande e lei più piccola. Che ingiustizia era? Si avvicinò, lasciando cadere la tavola sulla sabbia con un sospiro. In un battito di ciglia la terra le venne a mancare sotto i piedi, e le mani di Oscar le stringevano le gambe lanciandola, poco elegantemente, sulla sua spalla. Oh, oh. La cosa cominciava a non piacerle, ma allo stesso tempo c’era qualcosa di profondamente confortante nel comportamento di Oscar. Gliel’aveva detto, dopotutto. Ci avrebbero provato. “ Cosa…” Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Fraser la precedette. Con la testa posata (si poteva usare il verbo posata in quel frangente?) sulla sua schiena, a malapena percepì le parole. A malapena, ma le udì. “Hai sempre avuto la capacità di farmi sentire...speciale, Bells” Così, dal nulla. Ed Arabells si ritrovò a riflettere, stroncata però dall’improvviso evolversi della situazione.
    Era un pensiero fugace, di quelli che hai paura di dimenticare. Di quelli che in realtà non sono importanti, ma si sforzano di sembrare più grandi di quanto non siano. Arabells aveva freddo, percepiva l'acqua gelata penetrare sotto il costume, nelle ossa, dritto al cuore. Lo percepiva come una stretta fisica alla gola. Non riusciva a respirare. Era stato improvviso, non aveva avuto il tempo di abituarcisi; come la sparizione di Elijah; come ritrovarsi in Francia a ricostruire una vita fingendo che bastasse. Come quella stupida frase buttata apparentemente a caso, a cui nessuno avrebbe prestato troppa attenzione. Ma per lei era diverso: Bells riusciva a dare il giusto peso a tutto, a riconoscere quando doveva prestare attenzione, fermarsi ad ascoltare. E Blaze non poteva mentire. Se fossero stati due ragazzi normali, se fossero stati gli stessi di qualche mese prima, non ci avrebbe fatto caso. Sarebbe stata una stupidaggine, e loro se ne dicevano sempre tante. Era cosi che funzionava fra Arabells Dallaire e Oscar Fraser: era quello il loro modo, forse leggermente contorto, di volersi bene. Ma quella maledizione aveva cambiato tutto: Oscar non poteva mentire, e lei non poteva dire la verità. Era cosi scontata nella vita di chiunque, che solo chi deve farne a meno si rende conto dell'importanza che ha nella vita di tutti i giorni. Le mancò il fiato, sia per lo shock termico che per la mancanza di ossigeno nei polmoni, e rapida fece spuntare il proprio viso in superficie. Un respiro affannato, e la Corvonero si strinse a Blaze, premendo il viso contro la sua spalla. Era l'unica cosa calda a cui potesse aggrapparsi. Quand'era con lui era sempre tutto un po' più facile, perché lei si sentiva in dovere di doverlo fare meglio. Anche respirare era più facile. Attese, raggomitolata su stessa, di abituarsi alla temperatura, e lentamente il corpo esile smise di tremare. Il respiro tornò lento e regolare. Si trattenne dal mordere la spalla di Oscar, nonostante l'idea le fosse balenata. Riusciva a sentire il suo sapore: sapeva di sale, di estate, e di qualcuno che stava per pagarla cara. “Sei veramente un pezzo di merda, Fraser biondo” Borbottò a denti stretti, ancora aggrappata a lui con il viso affondato nel suo collo. “E comunque, lieta di sentire che tu abbia finalmente compreso di essere un bimbo speciale. Sono quindici anni che cerco di dirtelo” Sorrise fra sé, alzando gli occhi per incontrare il suo sguardo. Inspirò, e, dandosi la spinta con le gambe, salì verso l’alto spingendo il ragazzo verso il basso, di nuovo sott’acqua. Tutto quello che avrebbe voluto dirgli, in ogni caso, non poteva farlo. Tu per me hai sempre significato casa, Oscar.
    Sarebbe rimasto un pensiero inespresso, incapace di venire a galla, la cui unica colpa era quella di essere troppo sincero per le labbra maledette della Dallaire.
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    agosto 2015

    YbHIuoz
    « scheda pg | 15 ½ | neutrale | purosangue | the honest »

    Quanto gli era mancata? Si era reso conto che se lei fosse scomparsa, per qualche motivo, sarebbe rimasto ad aspettare il suo ritorno per sempre, per ingenuità? No, non era un ingenuo, probabilmente non lo era mai stato nemmeno da bambino, quando tutto ciò che si presentava ai suoi occhi non era altro che un gioco o qualcosa da poter usare per arrivare a qualcos'altro, non era ingenuo nemmeno quando sapeva di far del male a sua madre nascondendole le malefatte del padre ed i suoi giochi d'azzardo, non era ingenuo mai e probabilmente suo nonno aveva ragione a paragonarlo ad un piccolo diavolo. Ma ciò che lo aveva legato ad Arabells - ed a Chris, ma in modo molto diverso - era qualcosa di più, qualcosa che andava oltre la comprensione di due bambini di sette anni, qualcosa che lui quindicenne, forse ancora faticava a capire, o forse voleva solo evitare per paura di vedere svanire la ragazza di nuovo, perché sapeva che l'avrebbe aspettata, sarebbe persino andato a cercarla, sarebbe passato anche per mezzi illeciti per trovarla, sapeva che avrebbe fatto follie per lei e che sarebbe finito nei guai, facendo affondare nei guai anche chi gli stava affianco. Era difficile, si era sempre fidato di Arabells, poi la vita si era messa di mezzo ed i problemi li avevano costretti a dividersi...si, certo, Blaze era sicuro che ci fosse una giustificazione razionale, un vero perché nella decisione della ragazza di andarsene, e lasciare tutto, eppure lui faticava a capire perchè lei ancora, non tirasse fuori l'argomento. Perchè? Nemmeno una spigazione al ritorno, ed erano passati già due mesi. Andava bene, in fondo, all'inizio si era detto che tanto lei era tornata, che il passato era passato e che doveva metterci una pietra sopra, ma perchè non provare nemmeno a parlarne? Se lei non ne aveva parlato ancora, probabilmente voleva significare che non voleva discuterne, o forse aspettava solo che lui glielo chiedesse. Voleva sapere, voleva parlarne con lei. L'affondo in acqua gli tolse il respiro per un instante e raffreddò fortunatamente ogni pensiero. Avrebbe potuto soffrire di quello sbalzo di temperatura ma la sua pelle non aveva spazio per queste sensazioni, Arabells era stretta a lui ed il cervello di Oscar era concentrato sulla pressione delle mani di lei sulle braccia ed il calore che quella pressione comportava, in tutti i sensi, era concentrato sul respiro fresco che gli sbatteva sopra la spalla una volta uscito dall'acqua, perché anche se aveva sentito le sue mani tante volte, e le conosceva a memoria, le erano mancate. Il tocco di Arabells era sempre stato presente per necessità, perché lei aveva bisogno di sentire e vedere tramite il tatto, ma...adesso che la necessità di quel contatto non c'era più, tutto assumeva un sapore diverso, almeno per Oscar, magari per Bells era solo questione di abitudine...ma non avevano più dodici anni, ne avevano ben TRE in più. #mainagioia Tutto era diverso, ma lui era pur sempre un ragazzo e non vedeva certo Arabells come sua sorella...avrebbe voluto che fosse così, in effetti, tutto sarebbe stato leggermente più semplice. Non aveva il coraggio di staccarsi da lei, non voleva. Perchè non poteva bloccare il tempo come faceva certa gente a scuola? Avrebbe pagato volentieri uno di loro per bloccare il tempo nel momento giusto, e godere del calore di Arabells senza che lei lo sapesse...Peccato che fosse spiantato. Strinse le mani sulla sua schiena morbida e l'accarezzò, nemmeno troppo discretamente, avvicinandosi pericolosamente - per lui - al suo fondo schiena. Sicuramente la discrezione non faceva parte di Oscar Fraser. Non si era staccato nemmeno davanti alle sue parole irritate, che gli naufragavano in testa e non facevano altro che fargliela piacere di più, ogni volta. Si divertiva in una maniera straordinaria a farla arrabbiare, questo non era cambiato, e anche se le sue parole non erano veritiere, il suo sguardo non avrebbe potuto mentire, era troppo giovane per farlo (?) doveva farne tanta di strada per diventare una perfetta bugiarda.
    Ma si fece spingere sott'acqua senza opporre resistenza, un modo come un altro per rompere quel contatto, che a lungo andare era forse diventato troppo intimo - ma che avrebbe approfondito troppo volentieri - . L'acqua placava i suoi pensieri più strani, pensieri che non avrebbe dovuto avere...lo calmava. Faceva in modo di fargli dimenticare il calore delle sue mani, che adesso avevano lasciato spazio solo al freddo. Riemerse dall'acqua poco distante da lì, dopo aver toccato il fondo ed essere risalito in superficie, scosse i capelli al pari di come avrebbe potuto fare un cane e nuotò fino a recuperare la propria tavola, per legarla alla caviglia e non perderla nelle onde. Poi ci si poggiò sopra, con lo sterno e nuotò fino da lei con le braccia. Bells. Annunciò, deciso. So che non muori dalla voglia di affrontare l'argomento, non ci hai provato così tante volte, ma voglio fare un gioco con te...Si sentì tanto l'enigmista in quel momento, nonostante l'aspetto particolarmente angelico non avrebbe fatto pensare a questo, AH quanto amava quella saga? E soprattutto perchè aveva dimenticato la sua spilla crea atmosfera nello zaino? In quel momento, gli sarebbe davvero servita. Chi cavalca più onde può fare una domanda indiscreta all'altro, ok? E se non hai niente da chiedermi... "potrei offendermi" niente, me ne farò una ragione. Se vinci tu e non hai niente da chiedermi ti pago... tre giri ai Tre manici. Gli sembrava una proposta abbastanza equa, considerando che per pagarle tre giri avrebbe dovuto rubare ai primini, ed era una cosa brutta, poi si sentiva sempre in colpa. E, si risponde con sincerità, se vuoi puoi anche scrivere sulla sabbia, abbiamo tutto il giorno, no? Non voleva farle credere che quella giornata fosse stata una trappola per costringerla a parlare di qualcosa di doloroso, voleva solo provarci, almeno provare a chiedere e smorzare il tutto con la scusa del surf. Sicuramente la discrezione non faceva parte di lui, il divertimento senza dubbio.
    Già si vedeva, a fine di quella giornata di mare si sarebbe ritrovato sommerso dai debiti, tanto da sembrare suo padre. Che ridere.
    Oscar "Blaze" Fraser
    « Everything has changed and yet, I am more me than I’ve ever been. »



    HOLA. A parte il post no-comment, pensavo che per decidere l'esito possiamo fare la morra cinese su we chat, se le va u.u se non le va MI FAI SOFFRIRE IL CAPEZZOLINO DI MIELE DI BLAZE.
     
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    Sapeva di essere una ragazza difficile da comprendere, ed ancor più difficile da sopportare. Se si trattava di un pomeriggio ai Tre Manici di scopa, o una festa abusiva in sala comune, non solo era compagnia lecita ma anche più che gradita. Quando i Catafratti si riunivano nel privè, il pensiero di essere amici di Bells non era complicato da digerire: era pur sempre Bells, anche quando si comportava in maniera infantile o taceva le risposte stringendosi nelle spalle. Era sempre stata Bells anche quando per vedere doveva toccare le persone, sentirle sotto le dita, e quando si perdeva metà delle cose divertenti perché impossibilitata a vederle. Era sempre stata Bells, quando si inseriva nei discorsi indicando un punto del nulla con un mugolio di piacere -aw-, ed immancabilmente almeno uno di loro si girava per vedere cos’avesse attirato la sua attenzione. Nessuno ricordava mai in tempo che era cieca, e di conseguenza aveva ben poco da indicare di interessante. Sì, si divertiva con poco. Ma con i Fraser, era sempre stato… diverso. Si erano reciprocamente abituati ai rispettivi difetti, pregi, tanto che spesso le due parti finivano con il fondersi fra loro perdendo di qualsivoglia significato. Non v’erano più forze o debolezze, c’era solo quel filo che, sottile ma resistente come diamante, li legava sin da quando erano bambini. Potevano aver preso strade diverse, essersi allontanati, ma era sicura che se si fosse concentrata abbastanza sarebbe stata in grado di vederlo, sospeso fra loro, che ancora collegava lei e Oscar. L’aveva dimostrato quell’estate, quando il mago li aveva maledetti. Lei non poteva essere sincera, e Blaze non poteva mentire. Due facce della stessa medaglia, opposti ed incompatibili come su ogni dannato piano della loro vita: Grifondoro, Corvonero; nero, bianco; notte, giorno; fuoco, ghiaccio. Sempre agli antipodi, Bells e Blaze, e dalla cima delle due differenti montagne riuscivano comunque a sfidarsi su chi vantasse il rilievo più alto. Quasi due mondi diversi, che in un sorriso di scherno riuscivano a dire abbastanza per tutte le volte nelle quali le parole, invece, rimanevano incastrate sulla lingua. C’erano solo pochi momenti nei quali abbassavano le armi, coricati a guardare le stelle ed a parlare di cose che, di giorno, neanche avrebbero sfiorato il loro immaginario. Guardavano il cielo e riuscivano a dirsi tutto, uguali sotto l’ombra della Luna. Bells e Blaze, che avevano in comune ogni cosa, e di quella cosa riuscivano ad averne eccezioni completamente opposte. Ma sempre, e comunque, Bells e Blaze.
    E sapeva, Arabells Dallaire, che avrebbero potuto tornare ad essere Bells e Blaze. Lo sapeva mentre lo vedeva affondare sott’acqua, le mani di lei strette attorno alle sue spalle a premere verso il basso, ed il sorriso giovane e spensierato di chi non vuole prendere nulla sul serio. Lo spinse con forza, mentre ancora sentiva le mani di Fraser sulla schiena. Non riuscì a liberarsi della sensazione data da quel contatto, che avrebbe dovuto essere normale. Non solo erano cresciuti insieme ed avevano passato praticamente ogni istante della loro vita in simbiosi, ma… era Oscar. Ed avrebbe dovuto essere normale, ma non lo era mai stato. Attribuì i brividi al freddo, ed in parte probabilmente era così. In parte. Era sempre quello a fregare. Lo osservò mentre, come un bravo baywatcher, usciva dall’acqua scuotendo la chioma corvina. Socchiuse le palpebre e parò le mani dinanzi al proprio volto con un verso scocciato, mentre lui si dirigeva verso la tavola da surf. Era il momento di fare sul serio? Ah, un’altra sfida level blallaire. Aveva come la sensazione che avrebbe miseramente perso, mainagioia. Fortunatamente avrebbe potuto imputare quel fallimento al fatto che, fino a poco tempo prima, era stata cieca. “Sai, è difficile surfare quando non vedi”. Fino a prova contraria, quella logica non faceva una piega. Perdere non era nelle sue corde, troppo orgogliosa per accettare una sconfitta. Elijah, da bravo Grifondoro –dal cuore Tassorosso- glielo diceva sempre che esagerava, che non doveva prenderla così sul personale. Era capace infatti, la Dallaire, di tenere il broncio per ore fingendo che no, certo che non se l’era presa. Credibile. Elijah. Si inabissò qualche secondo, sperando che l’acqua potesse cancellare quella sensazione amara sulla lingua, colmando la lacuna che sentiva ingigantirsi dentro il proprio petto come un buco nero. Continuava a ripetersi che era preoccupazioni ingiustificata, che Elijah tornava sempre a casa. Non c’era nulla di strano.
    Nulla.
    The liar. Quando riemerse, si passò le mani sui capelli appiattiti sopra la propria testa, togliendoli da davanti agli occhi in modo da avere una visione completa del suo migliore amico mlmlml. Quando era cresciuto così tanto, il maledetto? Lei sembrava ancora una dodicenne, e lui avrebbe tranquillamente potuto passare per almeno un diciassettenne. Fortuna che lei era più simpatica ed intelligente, altrimenti il loro rapporto sarebbe stato proprio impari (wat). «Bells» Quel tono, l’avrebbe riconosciuto ovunque, poteva significare solo una cosa: guai. Inarcò le sopracciglia squadrandolo da qualche metro di distanza, mentre strizzava i corti capelli castani. « So che non muori dalla voglia di affrontare l'argomento, non ci hai provato così tante volte, ma voglio fare un gioco con te» Si irrigidì, mordendosi l’interno della guancia mentre lo sguardo eterocromatico si faceva improvvisamente serio. Maledetto, sapeva che non si sarebbe mai sottratta ad una sfida. Quello era gioco sporco. Il sorriso si allargò lentamente, ma inesorabilmente, sulle labbra sottili di Arabells. Le piaceva giocare, anche se potevano non piacerle le premesse. Non era… Non voleva. Erano due vite distanti, Inverness e Hyères, Bells non desiderava che entrassero in collisione. Aveva già rischiato al party di Luglio. Ad Oscar, però, era sembrato piacere molto conoscere le sue amiche francesi. Non avrebbe dovuto, nuovamente, darle fastidio. E invece. Può fare quello che vuole, non mi riguarda. Anzi, meglio per lui. Credici Bells. «Chi cavalca più onde può fare una domanda indiscreta all'altro, ok? E se non hai niente da chiedermi … niente, me ne farò una ragione. Se vinci tu e non hai niente da chiedermi ti pago... tre giri ai Tre manici» Sfregò le mani fra loro ridendo di gusto, prima di passarle sul proprio volto con la scusa di asciugarlo. Una scusa molto utile, come se le mani non fossero altrettanto bagnate, ma ACAB giusto? Voleva solo nascondergli il proprio viso, perché sapeva… annuì, stringendo le labbra fra loro ancora incurvate in un sorriso malizioso. «Come potrei non accettare una sfida der capitano Inarcò le sopracciglia, imitando il tono di voce sgrouso di Gas, mentre si avvicinava alla tavola abbandonata poco distante. Rispondere con sincerità.
    Ah, bastardo d’un Grifondoro.
    Si lanciarono entrambi in acqua, e ad Arabells bastò un secondo in piedi sulla tavola per capire che avrebbe perso. Era diverso da quand’era in Francia con sua nonna, era più… umido? Non ricordava fosse così scivolosa, l’infida tavola. Allargò le braccia per mantenere l’equilibrio, spostando i piedi per non perdere la presa ed avere ancora il controllo sull’oggetto. Fu una svista, nulla più, che la fece capitombolare con un sonoro splash dentro l’acqua, la tavola legata alla propria caviglia che, indifferente, galleggiava sopra di lei. Merda, pensò riemergendo in superficie, allacciando le braccia sopra il piano. Come un cucciolo ferito e bisognoso d’attenzioni, alzò i grandi occhi diversi su Oscar, ammonendolo a tacere eventuali commenti che, sapeva, sarebbero comunque usciti dalle sue bellissime labbra. «Touchè» Accennò un sorriso, più per celare il terrore dell’interrogativo che per reale divertimento. Accennò un sorriso, sperando che il fascino del ramo francese attecchisse sullo scozzese abbastanza da renderlo più… gestibile.
    Dai, sono adorabile, sii gentile con me.
    Che le molestie level Fraser abbiano inizio, temete nemici dell’erede. #ehoscar #7domande #creaturablallaire #wat
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    OSCAR "BLAZE" FRASER ( ) - 16 nell'animo - GRYFFINDOR - CATAFRATTO
    « Some of the greatest battles will be fought within the silent chambers of your own soul »
    Un giorno Oscar Fraser avrebbe capito che il mondo non doveva necessariamente girare intorno a lui, e che la teoria Blazecentrica non trovava riscontro scientifico come invece lui avrebbe provato a dimostrare se avesse potuto. Un giorno avrebbe capito che qualsiasi persona, amica o meno, familiare o meno, sarebbe stata in grado di condurre la propria vita senza dover rendere conto a nessuno, meno che mai a lui - Oscar per primo aveva questa aspirazione per sè stesso. Un giorno, sì, eppure non era quello il giorno, non sarebbero stati quelli i tempi e per adesso Oscar faceva di tutto, ma davvero di tutto, per essere sempre il primo pensiero delle persone a cui teneva. Sempre. Comunque. Come fosse una necessità vitale. Pensare che per Arabells lui non fosse più così importante, o peggio non lo fosse mai stato, gli lasciava dentro un senso di vuoto incolmabile. C'era stato un tempo in cui Oscar aveva sentito quasi il diritto di esercitare su Arabells un incanto, aveva creduto che potesse rapire la sua attenzione in qualsiasi momento e farla propria senza nemmeno chiederle il permesso. (Avrebbe dovuto chiederglielo?) Lo aveva dimostrato quando aveva fatto in modo di essere il primo essere umano e la prima immagine che Arabells avesse visto aprendo gli occhi dopo l'operazione. Aveva rubato questa sua prima esperienza, avido delle sue attenzioni sempre e comunque, scavalcando tutti, persino il padre o Elijah. Perché ci teneva, ci aveva sempre tenuto ad essere importante per lei. Adesso Oscar sentiva di aver perso ogni diritto sulla ragazza, ma questo non era un motivo valido per non provare a riguadagnare ciò che pensava di aver perso, ciò che - secondo lui - gli apparteneva. Non era un motivo valido, non per lui.
    Quello stupido gioco avrebbe potuto vederlo sconfitto al cinquanta per cento, come conseguenza avrebbe dovuto pagare lui ai tre manici, ma dopo un anno questo non poteva che essere un piacere, persino per un taccagno come lui. (Avrebbe pagato tutti i giorni per tutta la vita per avere Bells sempre al proprio fianco). Poteva rischiare, doveva. Negare che amasse sfidare Arabells e mettersi alla prova sarebbe stata una bugia e lui non poteva mentire. L'acqua era gelida, ma le intenzioni di Oscar avevano un impatto più deciso e devastante dell'oceano. Tant'è che mise talmente tanta attenzione in ciò che stava facendo da non mancare nemmeno un'onda. Insomma, ci credeva davvero, come se da quelle onde dipendesse il suo futuro. - Esagerato di un Fraser - Perché doveva prendere tutto come una sfida? Perché era così simile a lei? Poco dopo, riemerse dall'acqua in tutto il suo orgoglio e con un sorriso che illuminava la spiaggia più del mesto sole di quella giornata. Aveva battuto Arabells cavalcando più onde di lei, ma non era stato facile, e questo gli fece pensare che probabilmente in Francia lei aveva fatto molta pratica. Aveva battuto Arabells, e per Oscar questo non era un risultato poi così scontato, non lo era mai stato nemmeno quando la ragazza rientrava ampiamente nella categoria delle persone con handicap. Bells era nata un osso duro, esattamente come lui, e non era mai cambiata.
    Appena uscito dall'acqua non disse niente, limitandosi a far sprofondare la sua tavola da surf sulla sabbia bagnata ed a guardare la ragazza che, come un cucciolo bastonato, risollevava lo sguardo chiaro su di lui e lo ammoniva di tacere. Ma certo non era mica così crudele da sottolineare ad Arabells Dallaire il suo fallimento.
    Ho vinto Ed all'occhiataccia di lei, Oscar sollevò le mani in segno di resa. Quindi inizio io. Dai, sai già cosa voglio chiederti. Prese posto sulla sabbia, adagiando al suo fianco la tavola da surf e continuando a parlare solo quando anche Arabells ebbe preso posto al suo fianco. Era ovvio solo a lui? Ma no, certo che no, Oscar era convinto che Arabells sapesse quanto quella domanda avesse tormentato le sue notti e quanto spesso gli avesse impedito di prendere sonno. Ma, era Arabells, una ragazza adesso molto diversa dalla chiacchierona che era stata da bambina. La maledizione le portava qualche fatica in più per farsi capire, ed anche Oscar d'altra parte avrebbe dovuto fare i conti con le proprie verità e la propria impulsività. Poteva capire perché, alla fine, quel discorso avesse tardato a materializzarsi. Sono rimasto ore davanti alla porta di casa tua, sperando di vederla aprire e vedere te. Si bloccò. Certo, aveva desiderato di poterla vedere lì, ancora, sulla soglia di casa con un sorriso seguito da "Ci hai creduto davvero?" Scosse la testa. Invece era tutto vero. Io...vorrei solo sapere perché non mi hai detto niente. Perché tuo padre non ha voluto darmi il tuo numero o il tuo indirizzo? Temeva che mi sarei fiondato da te in Francia? Sorrise, chinando la testa di lato con un'espressione colpevole. Gli do ragione Le avrebbe voluto dire che lui avrebbe capito, se lei lo avesse informato della sua partenza, ma era una menzogna. Non avrebbe mai potuto capire il motivo del suo viaggio in Francia, perché ad Oscar mancava un pezzo fondamentale della storia di Arabells. Non sapeva di sua madre, un pezzo di puzzle estremamente importante per risolvere quell'enigma.
    Eppure lei avrebbe dovuto sapere che lui ci sarebbe stato sempre. In qualsiasi situazione, per qualsiasi cosa. Era una dura realtà con cui Oscar aveva fatto i conti da un po' di tempo ormai, Arabells era l'eccezione a qualsiasi sua personalissima regola, una password d'accesso al giovane Fraser. Come altro spiegare cosa poteva essere Bells per lui? Avanti, persino un cieco se ne sarebbe reso conto. Portò la mano ancora umida sul volto della piccola Bells, per accarezzarle e sollevarle il mento e farsi guardare in volto. Mi sto avvicinando alla maggiore età "#credici ancora due anni MerlinoPippa" Questo significa che non mi servirà la firma di mamma per venirti a cercare se scapperai di nuovo. Non che la firma di sua madre fosse mai stata un problema per una caterva di cose.......ma ultimamente aveva un po' di problemi nel mentire e nello spiegare le situazioni alle persone, persino a sua madre che aveva sempre cercato di capirlo del tutto, nonostante le sue bugie passate.
    the heart is deceitful above all things,




    Jesus che scatafascio ahahaha ho sicuro cannato qualche congiuntivo o ne ho messo qualcuno di troppo ma questa vita è tutta una perchè se e ma u.u
     
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    The pretty lies, the ugly truth. Non esistevano verità scomode, esistevano solo verità, ed in quanto tali ripudiate a prescindere da Arabells Dallaire. La verità faceva sempre male, una lama che perforava la pelle scendendo in profondità; era la trasposizione della realtà, e la realtà di Lies era molto diversa da quella in cui ella avrebbe voluto vivere. Come spiegarlo però al ragazzo con il quale aveva condiviso ogni maledetta cosa? Come dirglielo, quando lo sguardo di lui le spezzava il cuore? Oscar Fraser era molto più del suo migliore amico, era parte di lei. Erano cresciuti insieme, e mancava davvero poco perché la stessa aria dei polmoni del moro gravasse nei propri, lo stesso sangue, lo stesso veleno. Bells non riusciva a reggere il suo sguardo, così sincero, mentre il suo non poteva far altro che distorcere la realtà, donando solo menzogne. Non c’era un briciolo di autenticità in quella ragazza, che uscita dall’acqua si era stretta le gambe al petto, poggiando il mento sulle ginocchia. Non ce n’era più, schiacciata da un fardello che oramai era diventato solo suo. Ed avrebbe potuto dirlo, ad Oscar, sapeva che avrebbe capito. Ma quella bugia, o meglio omissione, era troppo radicata nell’animo di Bells, dal dito ammonitore del padre alla stretta di Elijah il quale le ricordava che erano insieme, in ogni caso. Non era un segreto solo suo, era della famiglia. Di quella famiglia cos’era rimasto? Un album di fotografie, le mani di Arabells sul pianoforte, le lacrime del padre al capezzale della moglie, il sorriso impacciato di Elijah. Ecco cos’era rimasto, dei Dallaire. Eppure ella non era ancora in grado di liberarsi di quel peso, che teneva anzi ancorato a sé come una coperta. Come se quel segreto, da solo, potesse ridarle tutto ciò che aveva perduto. Ciò non significava che le parole di Oscar le facessero meno male. Morse nervosamente la propria pelle, arricciando il naso quando il sapore salato giungeva alle papille gustative. Guardava il mare per non guardare lui, guardava il mare perché era più semplice. « Sono rimasto ore davanti alla porta di casa tua, sperando di vederla aprire e vedere te» Chinò il capo, passando con i denti a martoriare il labbro inferiore, deglutendo a fatica. Riusciva perfettamente ad immaginare Oscar mentre osservava la porta di casa sua, dove mai l’avrebbe vista uscire. Ci riusciva perfettamente, perché lei, fino all’ultimo, aveva sperato che spuntasse impedendo a sua nonna di portarla via. Una chiara dimostrazione di quanto quello fosse il suo posto, e non la Francia. Non Beauxbatons. Ma tacque, lasciandolo concludere così che potesse giungere al vero interrogativo. «Invece era tutto vero. Io...vorrei solo sapere perché non mi hai detto niente. Perché tuo padre non ha voluto darmi il tuo numero o il tuo indirizzo? Temeva che mi sarei fiondato da te in Francia?» Non sapeva come rispondere a quella domanda, neanche certa che fosse indirizzata realmente a lei. Si limitò ad alzare i grandi occhi azzurro grigi su di lui, lasciando intravedere la punta della crepa che minacciava di spaccarla a metà. «Gli do ragione» Un mesto sorriso le incurvò le labbra, un misto fra gioia e nostalgia. Non che si sarebbe aspettata qualcosa di diverso da lui, lo conosceva da praticamente tutta la vita, eppure sentirselo dire aveva un sapore completamente diverso. Avrebbe voluto chiedergli di ripeterlo, e ripeterlo ancora, con la certezza che lui l’avrebbe fatto. Non l’avrebbe lasciata da sola, non si sarebbe dimenticato di lei. Oscar Fraser era una certezza per Arabells Dallaire, e lei cos’era per lui? L’ennesima scheggia sotto l’unghia. Non che sembrasse in grado di far altro nella vita degli altri. Eppure lui sarebbe andato in Francia, per lei. E lei non era certa che avrebbe fatto lo stesso per Blaze: dopotutto, e non a caso, erano Corvonero e Grifondoro, razionalità contro istinto. Ma chi vogliamo prendere in giro? Lì non c’era razionalità, se le parti fossero state invertite avrebbe ribaltato il mondo come un calzino pur di trovarlo.
    Rabbrividì quando sentì la mano di lui sul proprio viso, accorgendosi solo in quel momento che aveva nuovamente abbassato lo sguardo sulla sabbia. Si obbligò a rialzare il viso, incontrando gli occhi azzurri di Oscar. Così onesti, schietti: e sapeva che anche se avesse potuto, non le avrebbe mentito. Perché lei non riusciva a fare lo stesso? «Mi sto avvicinando alla maggiore età. Questo significa che non mi servirà la firma di mamma per venirti a cercare se scapperai di nuovo» Oh, Oscar. La Dallaire si allungò verso di lui, stringendo forte il Grifondoro fra le proprie braccia. Affondò il mento nel suo collo, cercando oltre l’odore del mare quello di casa, che sempre Blaze avrebbe rappresentato per lei. Quello era il suo modo, l’unico che aveva, per dirgli che gli dispiaceva. Mi dispiace mi dispiace mi dispiace mi dispiace. E lo strinse con forza, temendo che se solo l’avesse lasciato, se ne sarebbe andato come aveva fatto lei. Arabells non avrebbe potuto accettarlo, semplicemente. E lo strinse ancora più forte, grata di averlo nella propria vita. Mi dispiace mi dispiace mi dispiace. Dopo qualche secondo nel quale si era limitata ad abbracciarlo, tacendo una risposta, Bells lo lasciò andare –seppur a malincuore. Allungò le gambe di fronte a sé, cercando nelle onde del mare un modo per poter spiegare ad Oscar quello che era successo. Si inumidì le labbra. «C’era una volta una ragazza di nome Lies» Un sorriso lieve le increspò le labbra, sapendo di aver appena trovato la propria scappatoia: Lies era una maledizione, ma era anche la salvezza. Lies era Bells, ma Bells non era Lies; di conseguenza, il suo racconto non contava come menzogna. «Aveva preparato armi e bagagli per partire per Hogwarts, quando suo padre…» Sospirò, sentendosi in colpa per far passare Theodore come cattivo della situazione. Eppure, almeno quella era la verità. «Gliel’ha impedito, obbligandola ad andare in Francia dalla nonna, ed a non avere contatti con nessuno. Problemi in famiglia, le disse. Non fare la bambina, vattene. Lies riuscì solamente a lasciare un bottone; lei sarebbe sempre tornata» Ed era una promessa che Bells avrebbe sempre mantenuto. Spostò lo sguardo su Oscar, accennando un sorriso poco convinto nella sua direzione. Avrebbe voluto lasciar di più che non uno stupido, insignificante, bottone. Avrebbe voluto non partire, ma questo Oscar lo sapeva.
    Vero?
    Si rialzò, porgendogli una mano per invitarlo a seguirla. «Rivincita della Cieca?» Un ghigno divertito le increspò le labbra, mentre si scrollava di dosso la sabbia appiccicata alla pelle. Prese la sua tavola, e quando anche Oscar ebbe la sua tornò in acqua. Si obbligò a rimanere in piedi, a sfidare le maledetti leggi della fisica; resistette anche quando minacciò di cadere quando un’onda più infida delle altre li colse di sorpresa. Blaze, invece, era in acqua. «Bingo» Esclamò ridendo, prima di tuffarsi in acqua così da raggiungere nuovamente la riva. Al contrario di Oscar Fraser, Arabells non era particolarmente pronta a sentire verità. Era quasi tentata di cedere al giro di Burrobirra ai Tre Manici, ma se lui aveva avuto il fegato di domandarle qualcosa, il minimo che poteva fare era affrontare anch’ella la realtà. Attese che Blaze prendesse posto vicino a lei, tenendo con le mani le punte dei piedi in uno stretching improvvisato (sì, voleva solo prendere tempo), quindi si distese completamente sulla sabbia. Gli occhi chiusi per tenere lontano il sole, l’ombra di triste divertimento ancora sulla bocca. Quand’era in Francia, prima di andare a dormire, non poteva fare a meno di interrogarsi su una cosa. Non che il resto del tempo non ci pensasse, ma in quel momento particolare, la domanda diventava quasi solida, comprimendole i polmoni. Si chiedeva cosa facessero Arci, Gas, Wendy. Se Chris, in sala comune, sentisse la sua mancanza. Ma soprattutto, come facesse Oscar a sopravvivere senza la Corvonero da tormentare. Girò il viso nella sua direzione, tenendo una mano a lato della faccia così da poter tenere gli occhi aperti: ora che poteva farlo, Bells voleva vedere tutto. «Cos’hai fatto mentre non c’ero?» In che casini ti sei cacciato?

    arabells "lies" dallaire - AND ALL THE TIMES I CAME TO YOU BUT NEVER EVER LIED

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    OSCAR "BLAZE" FRASER ( ) - 16 nell'animo - GRYFFINDOR - CATAFRATTO
    « Some of the greatest battles will be fought within the silent chambers of your own soul »
    Era sempre stato un ragazzo fin troppo deciso nelle proprie idee e nei propri modi, una persona sicura di sè e con un proprio pensiero chiaro in mente. Ma capitavano delle volte, fortunatamente molto rare, in cui persino Oscar vaciallava, ritrovandosi dilaniato da due o più differenti linee di pensiero e di azione. Poteva dire con certezza che questo accadeva sempre e solo dinnanzi alla Dallaire, e mai in presenza di altri. Arabells era l'unica che da un po' di tempo riusciva a confonderlo, abbattendo le sue certezze e se questo fosse stato positivo o meno Oscar non sapeva dirlo. Sicuramente si sentiva diverso in sua presenza, più umano, meno spaccone, più riflessivo rispetto che quando era affianco di qualsiasi altra persona. Se con altri non aveva lo stimolo di migliorarsi, di porsi domande più approfondite su sè stesso, lanciando loro semplicemente la parte di sè più semplice e più abbordabile, con Arabells questo non avveniva, lei aveva la capacità di carpire solo il meglio di lui, e spesso quando si ritrovavano da soli, perchè in grandi gruppi o compagnie Oscar nemmeno ci provava ad essere una persona migliore. Da quando Arabells era tornata, Oscar si era sentito un po' meno sicuro di sè, messo in dubbio e stranamento questo gli piaceva perchè portava con sè il sapore di una riconquista, di una caccia. Avrebbe trovato il modo di riaverla, senza pensare che in effetti, lui non l'aveva mai persa. Da quando Arabells era tornata il vorticare di pensieri di Oscar si era placato, lasciando spazio a due domande solamente, che per giorni lo avevano tormentato: avrebbe dovuto andare avanti, senza domandarle niente? Sarebbe stato da stupidi, e lui non lo era, non chiederle niente sarebbe stato più semplice e da una parte gli avrebbe risparmiato una verità scomoda che, però, poteva essere possibile anche se poco probabile: rimanere in un posto fisso per troppo tempo non era un'attitudine di chiunque, spesso molte persone avevano semplicemente bisogno di staccare da un posto fuggendo senza voler mettere lì radici, ed Arabells era sempre stata uno spirito libero. Non sarebbe stato strano scoprire che adesso che finalmente aveva ottenuto la vista, aveva deciso di aver fisto fin troppo in terra inglese, magari se ne era anche stufata, ed avesse deciso quindi di dedicarsi più a sè stessa, fuggendo da quella realtà e lasciando tutti dietro, persino lui. Eppure, dentro di sè, Oscar aveva sempre saputo che questo non sarebbe stato un gesto da Arabells. Era un gesto che avrebbe potuto caratterizzare suo padre, ma non Bells. Ed era anche per questo che, quel giorno, aveva trovato il coraggio di porle quella difficile domanda, quasi lanciandogliela per gioco, come se in fondo fosse una chiacchierata come un'altra, tanto per passare il tempo e divertirsi. Ma non appena pronunciate quelle parole si era reso conto di quanto persino alle proprie orecchie risultassero importanti, si era reso conto che erano un peso che gravava sulle spalle di entrambi e faceva da peso sul loro rapporto. Allo stesso tempo, quella domanda lo aveva sollevato, facendolo sentire un po' più leggero. Ed Arabells come l'aveva presa? Se inizialmente gli era sembrato che stesse combattendo contro i suoi demoni, quando il ragazzo finì di parlare lei sorrise e si sbracciò verso di lui che non ci pensò due volte a stringerla a sè, facenco combaciare il proprio petto bagnato, con quello altrettanto bagnato della ragazza. Oh, maledizione. Era sì abituato ai suoi abbracci, ma non più tanto abituato come un tempo. Avrebbe voluto più di un abbraccio, più di quel gesto che una volta finito lo avrebbe ricapultato su quella spiaggia fredda, anche se ancora in sua presenza. Non ricordava di aver mai desiderato che un suo abbraccio durasse più a lungo. Era davvero la prima volta, perchè non gli era mai mancato così. Non era più il bambino di sette anni che possibilmente, gli abbracci delle femmine li evitava, persino quelli di Arabells che erano sempre stati abbondanti, ma più graditi di quelli di altre persone - comunque da bambino non era mica tanto furbo, alla fine. - Ma quell'abbraccio era ciò che Arabells gli stava donando con sincerità, una sincerità che ultimamente non era così fortunato da vedere spesso nei suoi occhi, per cui doveva godere appieno del gesto. Credo che farò più spesso discorsi del genere, eheh Quando lei si staccò, lo sguardo di Oscar era divertito, ma al tempo stesso più sicuro di sè, come se quel gesto avesse funto da carburante per lui, un energico al sapore di Bells. Poco dopo, la vide pensierosa, probabilmente intenta a ragionare su cosa rispondergli, visto che avrebbe dovuto trovare un modo per sviare la maledizione che li accomunava, come due poli opposti dello stesso magnete. Era sicuro che in qualche modo sarebbe riuscita svincolarsene, che avrebbe dimostrato che loro erano più forti di una maledizione, e lo erano.
    Ciò che lei gli raccontò, parlando di sè stessa in terza persona, come se quella storia non la riguardasse, aveva dell'incredibile. Rimase ad ascoltarla, immaginando Theodore che le ordinava di allontanarsi da casa per problemi familiari, costringendola a non avere contatti con nessuno. Perchè una crudeltà così grande?
    NO THEODORE NON CI STO, SEI UN PESSIMO SUOCERO.
    E lei non aveva potuto fare niente, lui era arrivato in ritardo, credendo di trovarla in quell'abitazione come aveva sempre fatto, ma aveva visto crollare ogni certezza, forse una delle poche che aveva sempre avuto, ossia avere Arabells sempre con sè. Ma se non era servito questo per farlo soffrire un po', rafforzarlo e soprattutto maturare (#credici) cos'altro?
    Lies riuscì solamente a lasciare un bottone; lei sarebbe sempre tornata
    Oh piccola Bells, Oscar poteva immaginare quanto fosse stato difficile anche per lei, per forza. Ed io ho sempre con me quel bottone. Sorrise.
    Non avrebbe mai potuto indovinare quali problemi si celassero dietro la famiglia Dallaire, - oddio, a parte una figlia cieca dalla nascita, una madre che non aveva mai visto ed un fratello che era volato via. Davvero, dove era finito Elijah? - Insomma, non poteva dire di aver conosciuto la famiglia Dallaire nel suo completo e complesso essere. Bells sì, la conosceva da sempre, la conosceva abbastanza bene, ma era sicuro che portasse sopra di sè non poche ombre ed in gran parte erano state proiettate dalla sua famiglia. Quel giorno Oscar ne aveva avuto la conferma, ma sentiva che lei era stata fin troppo sincera con lui, e non voleva intromettersi ulteriormente in faccende che, per ora, non lo riguardavano - poi quando si sarebbero sposati sarebbe stato tutto da rivedere u.u -
    Arabells si alzò, porgendogli la mano per farlo alzare, e lui la afferrò attirandola a sè per stringerla un'ultima volta e darle un bacio sulla guancia. D'accordo. Pff, non ho scheletri nell'armadio. (Forse quattro o cinque li aveva, ed erano bionde, more e rosse, ma potevano essere definite scheletri? Si sarebbero offese, non era da Oscar insultare le donne!)
    Inutile raccontare come andò a finire quella gara, ma possiamo tranquillamente dire che il giovane Fraser perse perchè troppo scosso dalla storia raccontata da Arabells, non per altro. #tiè #chiappatvb Non posso sempre vincere io. #paraculo Disse, con tono scherzoso. Perchè amava provocarla, nonostante tutto. E davvero, aveva qualcosa da nascondere? Ne aveva tanti di fattacci che ad Arabells non sarebbero mai andati giù, lo sapeva. Ma non erano nemmeno così importanti da essere raccontati, alla fine, no?
    Ripoggiò la tavola sulla sabbia, sedendosi al fianco della ragazza che si era sdraiata in attesa del suo arrivo. Cosa gli avrebbe chiesto? "Cos’hai fatto mentre non c’ero?"
    Oh, bè, era una domanda fin troppo generica che gli avrebbe dato modo di variare tra gli argomenti. Sì immaginò distenso in una pozza di lacrime, a disperarsi per lei e per Chris, ma poi si rese conto che tutto sommato, quel ricordo non riassumeva quello che era stato l'anno passato di Oscar. Le lacrime avevano rappresentato un periodo di sconforto breve, avvenuto all'inizio di quel duemilaquindici, ma quell'anno aveva riservato al giovane Fraser ben altri colpi di testa. Bè, inizialmente non l'ho presa male, anzi, ero arrabbiato con te e sai, quando sono arrabbiato faccio cose...stupide. Abbassò lo sgurdo sulla sabbia che li divideva, e portò un dito sopra di essa, iniziando a giocarci un po', disegnando qualche cerchio, poi una A in corsivo. Qualche rissa, qualche nota di demerito e tante punizioni. Davvero, non ne ho mai viste tante come quest'anno! Ed il fatto che la Sicla sia diventata torturatrice quando ho messo la testa "a posto" mi fa pensare che sia un complotto contro il sottoscritto. Sorrise furbo. Con la mano andò ad accarezzare la pelle della pancia scoperta di Arabells e lentamente con il dito salì sul contorno del suo fianco, poggiandovi il palmo. Non si poteva dire che Oscar fosse un tipo capace di tenere le mani apposto. Ma amava sentirla vicina, sentire la sua pelle calda contro la propria mano. E non aveva nemmeno l'orgoglio così forte da offendersi se lei lo avesse scacciato, il suo orgoglio funzionava in altri momenti, mentre in altri era davvero assente - tipo quando viaggiava sull'Hogwarts express con i calzini bucati in vista. (?) E poi...e poi forse avrebbe dovuto dirgli altro. Ho avuto alcune persone che mi sono state vicine più di altre, ho sofferto un po' meno di quanto avrei sofferto altrimenti. Cos'altro avrebbe dovuto dirle? Non ho ucciso nessuno per ora, ma mio nonno è ancora in lista.
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    Più guardava Oscar, più si rendeva conto di quanto le fosse mancato. In Francia aveva tanti amici, aveva suo cugino, aveva una vita completamente differente rispetto a quella ad Inverness, ma Oscar non poteva far parte di uno solo dei due mondi; lui era sempre stato ovunque, in ogni battuta trattenuta che sapeva gli altri non avrebbero compreso, in ogni sfida colta per gioco senza un vero spirito di competizione, in ogni nuvola. Quante volte si era soffermata a guardare le stelle, chiedendosi se lui stesse facendo lo stesso? Quante volte aveva visto nel manto scuro un conforto, conscia che quello, perlomeno, fosse identico per tutti? Non giriamoci attorno: Arabells Dallaire adorava i suoi migliori amici, amava Chris come un fratello, ma Blaze era sempre stato la sua certezza, la scintilla che poteva generare un incendio quanto un pacato falò attorno al quale scaldarsi le mani. Gliel’aveva mai detto? Quando aveva lasciato quello stupido bottone alla loro porta, Bells si era resa conto di quanto avesse dato per scontato la presenza dei gemelli nella sua vita, una costante quanto la sua cecità: da quando aveva acquistato la vista, si era ritrovata a dover mettere in discussione ogni sua consapevolezza. E si era resa conto di quanto dipendesse da loro, di quanto ne avesse bisogno, e soprattutto di quanto non fossero obbligatori. Potevano sceglierle di volgerle le spalle da un momento all’altro; sapeva che non l’avrebbero fatto, ma non bastava a mitigare la paura che potessero farlo, che un giorno si rendessero conto di quanto poco lei meritasse persone come loro, come tutti i Catafratti, nella sua vita. Di quanto poco meritasse quel sorriso appena accennato, quella tenerezza nel sentire che Blaze aveva sempre conservato il bottone azzurro. Gli aveva mai detto quanto fosse importante, quanto bene gli volesse, quanto fosse parte di lei? Avrebbe voluto continuare ad abbracciarlo, affondando l’ovale del viso nella sua spalla, sperando che semplicemente il tempo smettesse di scorrere e la lasciasse in quel momento esatto, dove non esisteva un passato da nascondere o un futuro del quale avere paura. Voleva semplicemente, Bells, che tornassero ad essere Arabells e Oscar, gli occhi al cielo in una smorfia di disappunto ed un vago sorriso sulle labbra di entrambi. Deglutì, con quel ghigno nostalgica ancora appeso alla bocca sottile, quindi si rialzò invitandolo a fare lo stesso. Sentì la mano di lui stringersi sulla propria ad attirarla a sé, al che rispose allargando le braccia per stringerle alla vita di lui, premendo il volto sul suo petto . Sentiva il calore del sole, il sapore del mare, sentiva sotto l’odore salmastro dell’oceano quello della pelle e del sapone di Oscar. Rimase qualche secondo ad ascoltare il suo battito, resistendo alla tentazione poco consona di leccare il sale dalla pelle del Grifondoro. Normalmente non sarebbe stato così strano, avevano sempre avuto un concetto particolare di amicizia, ma neanche loro si erano mai spinti oltre determinati, quanto taciti, limiti: e Bells sapeva che se avesse lasciato scorrere la lingua sul busto di Blaze, avrebbe finito per ignorare la voce della sua coscienza che le rimembrava di non esagerare, non scherzare con il fuoco, e sarebbe risalita fino a saggiare il profilo di lui, per poi sentire il sapore delle sue labbra. Perché le era mancato così tanto, perché aveva bisogno di lui, perché era… Oscar. Sospirò, sorridendo quando lui le stampò un bacio sulla guancia, quindi si spostarono sul piano in cui erano entrambi decisamente più ferrati: gare sportive. Un bel gioco durava poco, e citando il Guru della loro variegata combriccola, vendetta vera. «Non posso sempre vincere io» Alzò entrambe le sopracciglia, inspirando dal naso con aria seccata. Come poteva sembrare sempre così sicuro? Non poteva fingere un minimo di pudore? Maledetti Grifondoro. Attese sulla riva, coricata nella sabbia come una moderna sirenetta, di essere raggiunta dal ragazzo. Fra tutte le domande che avrebbe potuto fargli, fra tutti gli alcolici che avrebbe potuto estorcergli, aveva scelto l’interrogativo più difficile per sé stessa ed il più semplice per lui. Voleva sapere se la sua assenza l’avesse spinto a fare cose troppo idiote –perfino per lui-, tipo inimicarsi l’ultimo anno o farsi una delle insegnanti più malvagie dell’intero castello; ma soprattutto, Arabells voleva un motivo per odiarlo, per far sì che il senso di colpa la smettesse di torturarla. « Bè, inizialmente non l'ho presa male, anzi, ero arrabbiato con te e sai, quando sono arrabbiato faccio cose...stupide » Lasciò che il proprio sguardo scivolasse sulla striscia di sabbia che li separava, ipnotizzata dal lento muoversi delle dita di lui. Non aveva bisogno di guardarlo per comprendere se stesse o meno dicendo la verità, d’altronde quella maledizione doveva pur avere i suoi lati positivi, giusto? Eppure sapeva, come ne era conscia per sé stessa, che c’era sempre un modo per aggirarla, per piegare la legge che li teneva ancorati a determinati obblighi; e non voleva saperlo. Se lui stava cercando di sviare il discorso, Bells non voleva saperlo. « Qualche rissa, qualche nota di demerito e tante punizioni. Davvero, non ne ho mai viste tante come quest'anno! Ed il fatto che la Sicla sia diventata torturatrice quando ho messo la testa "a posto" mi fa pensare che sia un complotto contro il sottoscritto.» Sempre il solito. Corrugò le sopracciglia, lanciandogli un’occhiataccia omicida. Non per il –neanche troppo- sottile complimento alla Sicla no mica #credici (dopotutto i biondi non erano il suo genere), quanto per come sembrasse prendere alla leggera le punizioni. Non sarebbe sempre riuscito a scamparla con il minor danno possibile, prima o poi anche il fascino Fraser avrebbe miseramente fallito. Come poteva non rendersene conto? Il pensiero delle torture la fece corrucciare, reduce di un mondo dove di quelle follie neanche si parlava. Avrebbe voluto portarlo con sé, mostrargli una realtà preclusa ad Hogwarts, una libertà priva del retrogusto ramato del sangue. Le dita di Oscar si posarono dapprima sul suo ventre, per poi scivolare delicate sul fianco. La Dallaire non potè impedirsi un brivido involontario, un’accennata contrazione dell’addome, mentre il cuore cominciava a galopparle nel petto. Morgana, frena gli ormoni, è solo Oscar. Ma non era mai stato solo Oscar. Il contatto fisico non era un tabù fra loro, necessario per lei ed abitudinario per lui, ma durante la sua assenza la Corvonero aveva provato un diverso genere di contatto fisico, mani callose ma dolci ed un tocco soffice sulla carne. Il palmo caldo di Blaze riportò alla mente un altro palmo, una diversa intenzione; eppure non ricordava che la pelle avesse bruciato così tanto, contro quella di Lomè Blanchard. « Ho avuto alcune persone che mi sono state vicine più di altre, ho sofferto un po' meno di quanto avrei sofferto altrimenti. Non ho ucciso nessuno per ora, ma mio nonno è ancora in lista.» Non voleva sentire altro, davvero. Rise, posando la mano destra su quella di lui ancora sul proprio fianco, quindi si diede la spinta per saltare a cavalcioni del Grifondoro come quando erano piccoli –anche se piccoli non lo erano più, e si rese conto di aver fatto una stupidaggine un po’ troppo tardi. Ci voleva ben altro per farla arrossire, ma ci andava piuttosto vicino. Gli fece cenno di chiudere gli occhi, quindi prese a tracciare apparenti linee a caso sulla pelle di Oscar. Avevano sempre comunicato in quel modo, ed ora che entrambi erano impossibilitati a celare le proprie intenzioni, era divenuto quasi un obbligo –specialmente per la Dallaire. La cosa positiva, era che in quella maniera si ritornava sul territorio neutro dell’incertezza: impossibile stabilire se si trattasse di bugia o verità, ma lui l’avrebbe saputo. Lo sapeva sempre. M-i s-e-i m-a-n-c-a-t-o. Semplice e coincisa. Da quando era partita, senza sapere con certezza se e quando sarebbe tornata, temeva di non dirlo abbastanza spesso –di non farlo comprendere,dirlo era precluso…il che in realtà andava a suo vantaggio, considerando quanto poco le piacesse esternare i suoi sentimenti ad alta voce-. «stupido» commentò però ad alta voce con un sorriso, senza specificare il sei sempre uno che normalmente avrebbe preceduto quell’accusa. Lo sapevano entrambi, in ogni caso. Si chinò per un rapido bacio sulla fronte di Oscar, prima di alzarsi lanciando un’occhiata al cielo. «pullman» che belle quelle conversazioni da scemi banana. Si morse l’interno della guancia, seccata dall’ennesima limitazione data dalla maledizione. Gli fece cenno d’alzarsi mentre lei si rivestiva, infastidita dall’aderire dei vestiti al corpo ancora umido, quindi attese che anche lui indossasse nuovamente gli abiti –gli ormoni di Bells ringraziano, troppo gentile- e spinse anche la propria tavola sotto il braccio di lui, sorniona. «pesa troppo» mentì sbattendo le ciglia, accennando a quanto piccola e delicata fosse. Era il momento che Fraser Biondo facesse il suo dovere di uomo della situazione. Si infilò gli occhiali da sole con un gesto fluido degno di Horatio Cane, e seguiti dal tramonto lei e Oscar si diressero verso la fermata, pronti a tornare a casa. Perché Bells lo sapeva che quella, dopo due mesi di soffocante monotonia, sarebbe tornata ad essere casa: erano ancora insieme, tanto le sarebbe bastato.
    Beh, sì, se ci fosse stato anche Elijah sarebbe stato meglio, ma sicuramente era a strafarsi di coccoina con Nathaniel in qualche desolata landa siberiana. Che motivo aveva di preoccuparsi? trololololol

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    al prossimo episodio della blallairutiful #wat
     
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