Fifty Shades Of Shales

Shane Steele x Andrew Greylinski

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    AU: la sigla significa "Alternative universe" e indica le fiction che si svolgono in ambientazioni (geografiche, storiche, o entrambe) diverse rispetto a quelle dell'opera originale.

    OOC ("out of character"): le fiction in cui i personaggi presentano delle differenze rispetto all'opera originale, nel carattere o nel modo di relazionarsi agli altri.


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    « sheet - 21 - universitario: Letteratura Inglese »



    Si guardò allo specchio, arrabbiato e deluso, e la sua immagine imbronciata lo fissò con evidente tormento, al diavolo i suoi capelli, che al momento erano tutto fuorchè presentabili ai comuni mortali, al diavolo gli esami per i quali non era riuscito a studiare la sera prima, al diavolo Jennifer che quella notte non gli aveva permesso di chiudere occhio - no, Jennifer non era sicuramente la sua bella fidanzata che lo teneva sveglio per cose interessanti, non era altro che la gatta di Hope Mills - Oh, a proposito, al diavolo anche Hope Mills.
    Dopo aver mandato tutti al diavolo, Shane Steele sospirò e raccolse il proprio quaderno dalla scrivania, provando a tenere per sè i cattivi pensieri, non voleva far pesare a Hope la sua insicurezza. Non importava, in fondo, se quella sera non si sarebbe potuto presentare a lavoro o se non avesse potuto studiare per gli esami, ormai aveva accettato di aiutare Hope in questa dannata faccenda... lei era la sua migliore amica, ed al momento un po' più malandata del solito.
    Hope starnutì non appena Shane varcò la soglia della cucina, nella piccola casa che avevano al centro di Vancouver. Shane non so come ringraziarti miagolò con tono nasale, tipico di chi era influenzato fino alla punta dei piedi. Shane sorrise, con un sorriso dolce ed anche un po' timido. « Non preoccuparti, sono un po' nervoso ma...farò del mio meglio. Tu per ora vai a letto, ti ho preparato una zuppa calda. » La rimproverò come solo una nonna sapeva fare, ed in effetti, in quegli abiti Shane un po' nonna si sentiva. Indossava una camicia blu scura, a pois bianchi, e sopra un golfino di due taglie più grandi rispetto alla propria, dello stesso colore blu, jeans semplici e Converse nere. Non era stato mai un asso nell'abbigliamento...Raccolse tutti i pensieri positivi, insieme alla sua borsa tracolla, infilandoci dentro il quaderno, la penna ed il suo piccolo registratore, ed uscì di casa. Avrebbe dovuto guidare per duecento chilometri fino a Seattle, tutto per incontrare il misterioso amministratore delegato della Greylinski Enterprises Holdings Inc. di cui non sapeva davvero niente, eppure Hope sembrava conoscerlo, così come il resto degli Stati Uniti. Non aveva rifiutato, non poteva fare un torto simile all'amica, che aveva smosso mari e monti per ottenere un'intervista da lui. Hope a volte sapeva essere davvero determinata, cosa che lui probabilmente non sarebbe mai stato, un po' la invidiava, bonariamente e mai con malizia. Con la mente ritornò a quando lei lo aveva pregato perché la sostituisse in quella faccenda.
    Ti prego Shane, non è difficile, devi solo seguire le domande! Per favore...
    Non era riuscito a resistere al suo sguardo grande e limpido, tutto ciò che doveva fare per sè stesso era passato in secondo piano solo per lei.
    Ed adesso si ritrovava a parcheggiare goffamente la Mercedes della ragazza, troppo lussuosa per lui, abituato a guidare il suo maggiolino scassato, in quel grande parcheggio dell'asettico edificio nel quartiere generale di Mr. Greylinski.
    Tutto sembrava portato alla sterilità in quel palazzo, e Shane sembrò quasi di ritrovarsi a casa di suo zio Damian, quel poveraccio. Camminava con sguardo basso e mesto, intimidito dall'enormità di quegli ambienti sfarzosi che non avevano niente a che fare con lui. Il ticchettio di molteplici tacchi attirò la sua attenzione e solo allora si rese conto delle numerose ragazze, tutte ben vestite e tirate a lucido, presenti ai vari banconi della sala. Rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi ma rimase stabile, arrossendo visibilmente per quel disagio e si avvicinò al bancone principale in cui una ragazza perfettamente bionda e sorridente - come tutte le altre - batteva al computer. « Sono qui per vedere Mr Greylinski, Shane Steele per conto di Hope Mills. » Disse tutto d'un fiato, con aria impacciata degna del Re degli sfigati, le gote arrossate nonostante la temperatura fresca della stanza. Voleva darsi un tono, non sembrare un disagiato, ma lo era comunque, dalla punta dei suoi capelli rossi smunti, fino a quella delle sue Converse consumate. La segretaria lo osservò dall'alto della sua aria impeccabile, che gli fece rimpiangere di essere uscito di casa quasi in pigama quella mattina e si allontanò un attimo, per poi fare ritorno, con un sorriso accecante Mr Greylinski la riceverà tra cinque minuti sorrise e Shane ricambiò annuendo e prendendo posto in silenzio in una delle numerose poltroncine vuote, vicino al bancone della reception. Si sentiva così fuori luogo in quell'ambiente, così sperduto...ed inizio a domandarsi che aspetto avesse il famoso Andrew Greylinski, sicuramente un uomo di mezz'età tutto pancia, abituato ad una vita sedentaria, fatta d'uffici e conferenze. Sorrise tra sè, giocherellando con i denti con una pellicina del labbro inferiore, vizio che non lo abbandonava mai nei momenti di stress.
    Il signor Greylinski può vederlo ora. Sobbalzò e si tirò su facendo scivolare la borsa che colpì terra con un tonfo. La recuperò frettolosamente, e si sistemò i capelli con una mano. Era troppo nervoso, troppo impacciato, con troppo timore di far fare brutta figura ad Hope, per la figura che avrebbe fatto lui non c'era molta speranza...Grazie.. Mormorò con un tono appena udibile e dirigendosi con passo apparentemente sicuro verso la porta dell'ufficio in cui la ragazza lo aveva condotto. Non serve che bussi, può entrare. Sorrise ancora la bionda, abbandonandolo da solo dinnanzi a quell'enorme porta di legno lucido, con sopra incisa una targa a caratteri cubitali che probabilmente portava il nome dell'uomo che doveva incontrare, ma al momento il suo sguardo era così appannato da non consentirgli di leggere altro. Abbassò la maniglia della porta che spinse in avanti e si spinse altrettanto in avanti con il corpo, diventando sordo per l'imbarazzo.
    Inciampò e cadde lungo disteso al centro dell'ufficio.
    "Merda. Imbranato. Stupido. Che figura...Zio cagnolino." Odiava le bestemmie, ma a volte erano liberatorie #wat... Possibile che non riuscisse a fare più di due passi senza far danni? Forse, se si fosse finto morto, il signor Greylinski avrebbe avuto pietà di lui e avrebbe chiuso entrambi gli occhi sulla sua goffaggine. Era terribilmente imbarazzato e così sconfortato da sè stesso mentre, facendo leva sulle mani pallide, tentava di rimettersi a carponi, con volto arrossato che non aveva il coraggio di sollevare.
    shane steele - love me like you do!

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    Edited by clàrisse - 5/1/2016, 15:18
     
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    Quell’odore dolciastro, il piccolo Andrew l’avrebbe riconosciuto ovunque. Il dolore, di breve durata ma intenso, sul petto glabro da bambino. E sapeva che nel medesimo punto, se avesse abbassato lo sguardo, avrebbe visto una sottile bruciatura rosea. Quel profumo, che tanto gli ricordava i biscotti della pasticceria sotto casa, si insinuava nei vestiti, sulla pelle, nei polmoni. La sigaretta alla cannella giaceva ormai abbandonata sul pavimento, mentre Edith sfiorava delicatamente le fruste appese alle sue spalle…

    Quando aprì gli occhi, il sogno svanì, ricordandogli che non era reale. O almeno, non lo era più: con Edith aveva mantenuto una corrispondenza regolare, perlopiù cartoline scelte dalla sua segretaria per Natale, forse qualche costoso regalo per il ben vivere comune, ma non giocavano più come una volta. Lo attendeva un’altra noiosa giornata alla Greylinski corporation, monotona e identica alle giornate passate ed a quelle che sarebbero venute. Si infilò una tuta con l’intento di andare a correre, ma una rapida occhiata alla grande finestra vicino al letto gli bastò per capire che di lì a poco avrebbe cominciato a piovere. E, seppur ci fossero tante cose che era meglio bagnare, lui non era fra quelle. Optò quindi per la palestra al piano di sotto, dove Isacco (denominato da tutto l’anello d’ebola) lo attendeva per il training mattutino. Era il suo personal trainer, l’unico in grado di batterlo –e la cosa non gli piaceva affatto. Sapeva che non era molto rinomato, la sua fama non era delle migliori, ma forse era proprio per quello che Greylinski aveva insistito per volerlo nella sua palestra. Pareva un cucciolo di cocker, ma picchiava. Forte. Inoltre, come non smetteva mai di ricordare ai suoi genitori (che avrebbero di gran lunga preferito chiamasse Viktoria, la russa che pareva avesse un passato da Viktor –ma era tutto da provare), se era riuscito ad accalappiare quella bionda, qualcosa di buono doveva pur averlo. Oh, Sharpey si chiamava? Non ne era certo, i nomi non erano il suo forte, ma quanto gli sarebbe piaciuto portarla nella sua Sala dei Giochi per farle conoscere il piacere vero, cose che Isacco non poteva nemmeno immaginare. Poteva portare anche l’amica, Nicoletta, se voleva. Bastava che firmassero il contratto. Sorrise fra sé, mentre Isacco gli dava i primi esercizi da eseguire.
    Finiti gli allenamenti, si fece una lunga doccia. Entrò nella cabina armadio, carezzando ogni capo di vestiario ben ordinato per colore, forma, e consistenza: camicie, giacche, pantaloni eleganti. Optò, come ogni giorno, per una camicia bianca ed un completo grigio (come la sua anima), una cravatta del medesimo colore regalategli da Edith anni prima.

    Mentre osservava lo skyline di Seattle, dall’alto del suo ufficio all’ultimo piano, Andrew si rese conto che quel cielo avrebbe potuto riassumere perfettamente l’ultima settimana. Aveva bisogno di un diversivo, qualcosa che cambiasse la linea troppo regolare di quelle giornate. Non c’era nulla di emozionante nella sua vita, aveva passato l’intero week end a lavorare, e la cosa più entusiasmante che aveva fatto era stato dare da mangiare a Italie, l’iguana di sua sorella. Prese l’agenda con fare distratto, e non potè impedirsi di lasciarsi sfuggire un mugugno d’irritazione. “Oh no, l’intervista con Miss Mills” Bofonchiò, chiedendosi per quale motivo avesse accettato. La ragazza si era davvero impuntata per avere quell’intervista, per uno stupido giornaletto scolastico per di più, ed alla fine Greylinski aveva ceduto. Ora però che l’appuntamento si avvicinava, non era più certo di volersi sorbire delle stupide domande di rito. “Così giovane, eppure così importante” Ed altre stronzate del genere. “Una studentessa, fra l’altro” Concluse, chiudendo con un gesto secco l’agenda sulla scrivania. Qualche secondo dopo, il telefono cominciò a squillare. “Sì” Rispose quasi aggressivo alla sua biondissima segretaria, Rossella Cooper, quasi che la colpa per quell’inconveniente fosse sua. “C’è mr. Shane Steele per lei, signor Greylinski” Corrugò le sopracciglia. “Steele? Io stavo aspettando Hope Mills” “Qui c’è mister Shane Steele, signore” Andrew odiava i cambi di programma, specialmente quando non veniva avvisato con giorni di anticipo. Lui, Andrew Greylinski, aveva concesso un’intervista alla Mills, non Steele; come osava non presentarsi di persona? “Fallo entrare” Ribatté secco, chiudendo la chiamata senza aspettare risposta. Vide la maniglia abbassarsi, ma non fece in tempo a vedere il giovane che questo cadde, e non metaforicamente, ai suoi piedi. Alzò gli occhi al cielo con stizza, alterato da un tale livello di goffaggine. Gesù, ma chi era questo Steele? Gli avevano mandato un handicappato per fare l’intervista, solo perché faceva grosse donazioni? Si avvicinò a lui, stringendo le spalle esili per aiutarlo a rialzarsi. Quando finalmente potè incrociare i suoi occhi, si immobilizzò. Erano di un colore straordinario, verde come l’iguana Italie della sorella (Xavvina aveva un debole per gli animali … particolari), e per un momento ebbe la sensazione che lui potesse leggergli l’anima. Si sentì… nudo, davanti a quelle morbide gote in fiamme. Oh, sì, aveva quel genere di carnagione chiaro che si arrossa dopo solo una percossa. Quanto avrebbe voluto vedere le chiappe di mr. Steele al chiaro di luna, davanti al pianoforte, mentre il sangue saliva in superfice richiamato da un suo sonoro schiaffo . “Merda” Pensò, ricordando quanto giovane fosse. Doveva aver da poco superato la pubertà, probabilmente perfino i suoi peli erano radi quando non addirittura inesistenti. “Signor Steele, sono Andrew Greylinski. Va tutto bene? Vuole sedersi?” Domandò, invitandolo ad accomodarsi sulla sedia alla scrivania e porgendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi. Non potè impedirsi, mentre lui si alzava, di lanciare un’occhiata al suo sedere. Sembrava così morbido, si chiese che sensazione avrebbe provato a percuoterlo con una verga. I verginei capezzoli che sapore avrebbero avuto, stretti fra le sue labbra? Miele, si rispose. Avrebbero saputo di miele.
    Mr. Greylinski
    « non morderti il labbro »

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    Edited by stilesbreaker' - 19/8/2015, 21:55
     
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    Ecco, era successo. Qualsiasi cosa facesse, Shane riusciva sempre trovare il modo per infilarsi in un pasticcio. Era matematico, lo aveva capito persino lui che in matematica non era mai stato una cima, preferendo di gran lunga la letteratura. Aveva la straordinaria capacità di rendere tutto ciò che faceva estremamente imbarazzante, se poi si trovava dinnanzi a qualcun altro o ad un grande pubblico, allora lo diventava ancora di più, e se poi questo qualcun altro era una persona importante, come il signor Greylinski...bè raggiungeva i livelli di goffaggine massimi. Purtroppo, così ci era nato davvero, ed effettivamente il suo rappresentava un handicap da studiare. Con il volto arrossato dalla vergogna, recuperò a sè la propria borsa, udendo un suono distante che doveva essere la voce dell'uomo che avrebbe dovuto incontrare. Sospettò solo per un istante di aver sbagliato a giudicarlo un vecchio, dato il tono di voce troppo giovanile, perché quando alzò lo sguardo mortificato sui suoi occhi, ne ebbe la conferma. Rimase imbambolato con gli occhi fissi in quelli color cioccolato di Greylinski per qualche secondo, prima di costringersi ad alzarsi da solo senza approfittare del suo gentile aiuto. - si sentiva già in colpa per essergli piombato nell'ufficio in quel modo e la cosa doveva avere radici psicopatologiche molto profonde - La ringrazio, non si preoccupi... Agitò una mano per come a volerlo convincere delle sue parole, davvero non doveva preoccuparsi. Sono così maldestro. Bisbigliò tra se tirandosi su fino a rimettersi in piedi e si sistemò la sua trapassata camicia a pois. Doveva salvare la situazione, sempre che fosse ancora in tempo, per Hope. Allungò una mano verso Greylinski e la strinse con vigore. Sono Shane Steele, studio letteratura con Hope...cioè con la signorina Mills. Scosse la testa. Lei purtroppo non stava molto bene oggi, quindi...ha mandato me. La sua mente iniziò a giocargli tiri sinistri, e da ogni anfratto di quel bellissimo ufficio spuntarono cartelloni con su scritto "Nobody cares."
    Doveva calmarsi.
    Reggere lo sguardo del ragazzo era un'impresa che avrebbe dovuto affrontare e superare subito, per evitare di farla diventare un ostacolo insormontabile. Ma perché si sentiva terribilmente a disagio sotto il suo sguardo serio? Dio, così giovane e così importante. Così elegante nel suo abito grigio perfettamente stirato, senza una piega, rigido come l'acciaio...non come la sua stupida camicetta sgualcita. Era affascinante. Greylinski era un uomo affascinante. Adesso lo sentiva chiaramente, il calore sulle guance, sapeva che erano in fiamme ma non poteva fare niente se non cercare di dissimulare quell'evidente imbarazzo che gli si era palesato in volto. In cuor suo, sapeva che quel calore non era dovuto all'imbarazzo per la caduta trionfale, sapeva che dipendeva solo da Greylinski, anche perché per le cadute trionfali ormai ci aveva fatto il callo da un pezzo. Invitato dal ragazzo, prese posto con evidente impaccio sul divano a L di pelle bianca del suo ordinatissimo ufficio e si guardò intorno, incuriosito dall'aria asettica e sterile che quell'ufficio portava con sè, la stessa aura che aleggiava intorno a Greylinski, così perfettamente impassibile. Si trovò a chiedersi se non fosse solo la sua impressione, magari in realtà Greylinski non era sempre così serio. Sorrise, mentre l'uomo seduto nella poltrona dinnanzi a sè, aspettava con pazienza che lui iniziasse le domande. Okay, ci sono... farfugliò andando a frugare nella borsa tracolla, in cui aveva messo TRE cose, SOLO tre di cui una era il registratore che stava cercando e che adesso sembrava essere sparito. Eccolo! Lo trovò dopo qualche istante ed il suo cuore esultò. Lo prese tirandolo su con forza dalla cordicella che aveva legata per un angolo e quello balzò ed atterrò bruscamente sul tavolino dinnanzi a lui. "Shhhh, non è successo niente." Si ripetè come un mantra, convinto che se avesse fatto finta di niente, anche Greylinski avrebbe chiuso un occhio. - peccato che probabilmente avesse finito gli occhi disponibili da chiudere sulla sua goffaggine. Dio che giornata terribile. Avrebbe dovuto dar retta al suo dannato oroscopo e starsene chiuso in camera. Lo riprese ed in modo maldestro cercò di accenderlo, senza riuscirci. Forse avrebbe dovuto farsi spiegare da Hope come funzionava, prima di partire per la tangenziale. Aggeggio. Borbottò infastidito, sperando che Greylinski si fosse momentaneamente distratto guardando fuori dalla vetrata qualcosa, qualsiasi cosa: gli uccelli che volavano, qualche campanile, il bellissimo Space Needle di Seattle...ma non era così, lo sapeva. Sentiva il suo sguardo severo sopra di sè, ed era pungente, sembrava gli stesse dando fuoco lentamente. Finalmente il registratore era pronto. Le dispiace se la registro? Domandò per spezzare l'aria tesa che probabilmente aveva realtà solo nella propria testa. Non permettergli di usarlo, dopo tanto lavoro, sarebbe stata una crudeltà.
    shane steele - love me like you do!

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    ma quanto è impacciato Mr Steele?!
     
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    Un rosso, decisamente non male. Lo osservò mentre arrossiva, balbettando scuse che Greylinski non stava neanche ascoltando, ipnotizzando dal mero muoversi delle labbra. Belle labbra carnose, bisognava prenderne atto; già le immaginava dischiuse nell’atto di gemere alle sue frustate, spezzate dai denti che vi avrebbero affondato per mettere a tacere il grido di piacere. Rimase con la mano a mezz’aria, osservando il goffo tentativo di mister Steele di rialzarsi con le sue sole forze. Non gli piaceva affatto come avesse ignorato il suo generoso aiuto, non era così che bisognava comportarsi: avrebbe subito una punizione esemplare per quell’impertinenza. Quello che diceva, o dava, Greylinski, si accettava senza ritrosie. Punto. «La ringrazio, non si preoccupi... Sono così maldestro» Ma non mi dire, pensò Andrew mentre un freddo sorriso di cortesia si dipingeva sulle sue labbra, gli occhi che insistenti continuavano a seguitare affamati ogni movimento di Shane Steele. Amava mettere a disagio le persone, vedere come si contorcevano sotto il suo sguardo indagatore. Godeva di quel senso d’impotenza che suscitava grazie al suo aspetto austero ed alla sua carriera: così giovane, doveva sicuramente avere qualche segreto.
    Diciamo anche un’intera camera, di segreti. Ma forse Shane Steele l’avrebbe scoperto da sé.
    Attese giusto qualche istante prima di ricambiare la stretta decisa del ragazzino, compiacendosi di quanto piccola e delicata fosse quella mano nella sua. Ricambiò energico, indugiando sulla stretta per vedere la sua reazione. «Sono Shane Steele, studio letteratura con Hope...cioè con la signorina Mills» Non solo era handicappato, quindi, ma anche incapace di utilizzare un linguaggio corretto. Fortuna che le sue chiappe parlavano un linguaggio universale, al sapore d’ananas e cioccolata fusa. Quella camicia a pois, di cui tutto si poteva dire tranne che vantasse di buon gusto, purtroppo celava quelli che immaginava come esili capezzoli dorati. Se fosse dipeso da lui, l’avrebbe strappata senza rimorso, neanche preoccupandosi dei danni al tessuto. Se l’avesse buttata, avrebbe solo che fatto un favore al mondo. «Lei purtroppo non stava molto bene oggi, quindi...ha mandato me» Annuì inumidendosi le labbra, spostando la giacca in modo che non si rovinasse una volta che avesse preso posto comodamente seduto dietro la scrivania. Tacque una manciata di secondi, il pugno stretto sotto al mento, mentre studiava il giovane. Aveva il classico aspetto di uno studente di letteratura, disperato e con l’unico bisogno di morire no sara, quella sei te goffo ed impacciato, di quelli che hanno un rapporto migliore con i libri piuttosto che con le persone. Adorabile. Erano anche quelli, a conti fatti, che si dimostravano più… propensi al genere di piacere che Greylinski offriva, curiosi perfino nell’ambito erotico di quel mondo inesplorato che al suo fianco non aveva più segreti. Non riusciva a pensare ad altro, considerando poi quanto poco fosse interessato al vero motivo per il quale Shane Steele era nel suo ufficio, ed ebbe una mezza intenzione di chiamare Rossella Coperta e di farsi cancellare ogni appuntamento della giornata. Il giovane guardava ovunque tranne che nella direzione di Andrew, se non brevemente e con una timidezza da stringere il cuore, ma soprattutto le mutande. La Mills aveva fatto i salti mortali per ottenere quell’intervista, e mandare Steele non pareva una mossa intelligente: non ci sapeva fare, ammettiamolo. Ripensava ancora con il sorriso all’entrata poco trionfale del ragazzo, e non fece nulla per nascondere quel ghigno divertito. Che avesse ceduto alle spinte della collega? Che fosse così… remissivo? Si passò la lingua sul labbro inferiore, immaginandolo chino all’entrata della Stanza dei Giochi mentre attendeva ulteriori comandi. Magari gli avrebbe fatto indossare una parrucca, così da potergli fare una treccia con cui sculacciarlo. «Okay, ci sono...» Alla buon ora. Il sorriso cordiale si allargò, mentre con un cenno lo invitava a proseguire. Lo vide frugare all’interno della borsa, alla ricerca di solo Morgan sapeva cosa. Se solo non fosse stato un così succoso ragazzo, l’avrebbe già fatto sbattere fuori a calci nel culo –e si sarebbe eccitato già solo per quello- dal capo della sua security, Geims non troppo Larrington, detto il Jamicla non esiste. Inspirò profondamente quando il registratore cadde sul basso tavolino in vetro, stringendo i pugni. Alla faccia della punizione esemplare, avrebbe dovuto essere epica. «Aggeggio» Nuovamente si obbligò a non rispondere, e nuovamente si concentrò sui dettagli che non gli facevano salire il Morgan Rastrellatore: le chiappe, i capezzoli, il sentore di ananas nell’aria. E quel rossore, miei dei, che gli faceva solamente venir voglia di mordere la candida pelle del giovane. Lo sguardo era però severo, come tutto nella sua postura. Non si scherzava, con Andrew Greylinski. «Le dispiace se la registro?» Se avesse preso un taccuino, probabilmente avrebbe finito per infilzarsi con la penna e, di conseguenza, avrebbe macchiato di liquido scarlatto il suo prezioso divano bianco. Si lasciò sfuggire un sorriso vagamente divertito, gli occhi incredibilmente seri fissi sulla sua bocca. «Me lo chiede adesso, dopo aver tanto faticato per far funzionare il registratore?» Inarcò un sopracciglio, ma si sentì in dovere di specificare che «No, non mi dispiace» temendo che se fosse arrossito ancora, le sue gote sarebbero semplicemente implose. «So già a cos’è destinata l’intervista, non si disturbi: apparirà sul prossimo giornale studentesco, considerando che sarò io a dare i diplomi quest’anno» Che poi, chi me l’ha fatto fare? Si che l’addetto alle pubbliche relazioni, Dakota Mayne, sembrava molto preoccupato riguardo l’immagine che Vancouver aveva di Greylinski, e pensava fosse necessario rafforzare l’idea di giovane, e bel filantropo per ingraziarsi i finanziatori.
    Ma dare da mangiare alle anatre nel parco non sarebbe andato bene uguale? Aveva anche più affinità per quel genere di mansione: con gli uccelli ci sapeva fare. Ma anche una bella strigliata a qualche stallone; possibile che nessuno riuscisse a cogliere le sue… potenzialità?

    Mr. Greylinski
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    Shane decise che avrebbe cancellato dalla memoria quei momenti di imbarazzo, prima o poi. Dopotutto era un ragazzo capace nonostante molti spesso si divertissero a domandargli che tipo di handicap avesse per essere così terribilmente scoordinato e socialmente imbarazzante. Tutto lasciava supporre, comunque, che gran parte della sua goffaggine quel giorno non fosse dovuta totalmente da una sua incapacità. No, era Mister Greylinski, lo sentiva. Così dannatamente etereo e perfetto, tanto che Shane davvero non riusciva a credere che dimostrasse solo pochi anni più di lui. Si maledisse per non essersi informato meglio su di lui prima di presentarsi a quel colloquio, ma non aveva idea che si sarebbe sentito così a disagio, un disagio che comunque, riusciva a stimolarlo, a voler fare meglio di quanto riuscisse (fallendo). Comunque, tornato a casa avrebbe recuperato ogni lacuna riguardante quel giovane uomo. Greylinski era perfettamente informato - non come lui. -, sapeva già il motivo per cui lui si era recato li quel giorno, sostituendo Hope, e lo informò del fatto che avrebbe tenuto proprio lui la cerimonia dei diplomi di quell'anno. Non sapeva se esserne felice o meno, questa informazione lo lasciò ancora più confuso e se possibile interessato a lui. Incredibile, così giovane e così importante, così indaffarato e con un talento così grande nell'attrarre le persone, come un ottimo predatore - e non aveva nemmeno iniziato l'intervista! - Shane si schiarì la voce...raddrizzando la schiena per darsi un tono sotto il suo sguardo indagatore, anche se probabilmente aveva perso la sfida contro sè stesso che avrebbe dovuto superare guardandolo negli occhi. Con il dito premette con decisione il tasto di registrazione del registratore e lo poggiò con zelo sul tavolino in vetro dinnanzi a sè. ...vorrei farle alcune domande, Mister Greylinski. "Sì, lo avevo intuito" Non vide il suo sguardo, almeno non subito, ma il suo tono di voce aveva un che di divertito.
    Ok, rewind, di nuovo. Ripartiamo da zero. Si mosse nervosamente sul divano ed iniziò l'intervista.
    Mister Greylinski, a cosa deve il suo successo? Sollevò lo sguardo su quello cioccolato di lui. Ah, quegli occhi lo distraevano, ma doveva sforzarsi di guardarlo, perché da non molto aveva appreso che una parte fondamentale della comunicazione consisteva proprio nello sguardo. Non voleva certo che Greylinski pensasse che a lui non interessava ciò che avesse da dire. Così, sforzandosi di resistere al tic nervoso che lo aveva colpito all'occhio sinistro, ascoltò interessato le sue risposte, continuando poi le domande. Per quanto soddisfacenti fossero le sue informazioni, sotto ogni punto di vista, smosse qualcosa in Shane. Dalle sue parole sulle persone, su come riuscisse in un certo senso a trattarle e manipolarle per estrapolarne da loro solo il meglio, per stimolarle a dare di più sul lavoro, parole dettate forse da una smania di potere un po' troppo azzardata, Steele potè dedurre che si trovava dinnanzi ad un vero maniaco del controllo e non si trattenne dal commentarlo. Lei sembra un maniaco del controllo. Si pentì subito di quelle parole, ma gli erano davvero sfuggite. Ma Greylinski non ne sembrò turbato, anzi, annuì. Lui esercitava il controllo su tutto. E la cosa, in un certo senso, lo spaventava e d'altra parte lo rendeva se possibile ancora più interessante ai suoi occhi verdi, dall'animo inesperto. Ma Dio, come poteva restare a guardarlo negli occhi mentre lui pensava solo a come Greylinski avrebbe potuto esercitare un controllo su di lui in un'altra maniera? Era ovvio, lampante, tutto nell'aspetto di Steele gridava "sculacciami", tutto. Ma ognuno ha i propri sporchi segreti, no? O almeno li crede tali, ma a volte sono così lampanti da risultare ovvi persino all'osservatore più distratto. Non poteva non immaginare Greylinski nell'atto di sbatterlo su quella scrivania perfettamente ordinata, che dopo l'arrivo di Mister Steele avrebbe perso quell'ordine cosmico perfetto. Immaginò che fosse proprio lui ad insegnargli a vivere e levargli di dosso quella parvenza d'impaccio che portava con sè. Fu proprio su questo pensiero che si soffermò, durante tutta l'intervista di Mister Grey. Lo aveva ascoltato, eh - anche se in realtà era una faccenda che riguardava più Hope, che lui, ma si...soprendentemente anche lui si sentiva davvero interessato, personalmente interessato. - ed ogni sua parola per quanto ricercata e superba, lo aveva attratto come una profumatissima ragnatela, una trappola umana. E il suo odore? Cioccolato, lo sentiva. Avrebbe voluto morderlo. Quando decise che Greylinski si fosse crogiolato abbastanza nel raccontare le sue straordinarie capacità, che avevano davvero dell'incredibile e Shane ne era impressionato, mister Steele aveva scorso la lista delle domande, avvicinandosi sempre di più a domande personali...Scoprì infatti che anche sul personale era un uomo...come dire, complesso? Sì, insomma aveva passatempi molto costosi. Oh, diamine...Greylinski ma sei reale o sei finto? Svolgeva persino molte attività filantropiche per i bambini affamati, aveva capito bene? Incredibile davvero. Avrebbe voluto chiedergli in cosa peccava, e soprattutto se avesse difetti, ma sarebbe stata una domanda troppo audace da parte sua. Ma qualcosa di oscuro riuscì a dedurlo dalle sue parole, diritte e schiette, con lo scopo di mettere fine a qualche strano pensiero potesse vagare nella mente del giovane Steele. "Molti pensano che io non abbia un cuore, perché mi conoscono fin troppo bene". Molti si sarebbero domandati cosa effettivamente se ne facesse di un cuore, quando tutto il resto raggiungeva l'apice dello straordinario, ma non Shane Steele. No. Quelle parole gli toccarono l'animo, e lo convinsero che non poteva essere vero, che nonostante le sue parole superbe, fredde e distaccate anche se pur sempre gentili, lui un cuore doveva averlo. Andiamo, dava da mangiare ai bambini poveri (?). Molti si sarebbero soffermati a voler ricercare in lui straordinarie prestazioni sessuali, o aspettare che tirasse fuori la sua sfavillante carta di credito, ma non Shane Steele. Lui no. Che schifo le carte di credito, che schifo il sesso straordinario, lui avrebbe voluto trovare il suo cuore e basta #bugia. Imbambolato da questo pensiero, con un gesto quasi automatico e per niente pensato, del tutto inconsapevole, portò alle labbra l'estremità della matita che gli era stata prestata da Mister Greylinski, mordicchiandone il gommino e scorrendo con lo sguardo altre domande della lista. ...Lei è gay? Domandò allora, rendendosi conto solo troppo tardi che l'ennesima domanda di Hope si era rivelata fin troppo personale e inopportuna. Al sospiro di Greylinski Shane potè sentire in una frazione di secondo quanto quella conversazione stesse prendendo per lui una piega noiosa e seccante. Sprofondò, almeno metaforicamente, in quel comodissimo divano. Avrebbe voluto scomparire per non sentire quanto quella domanda si fosse rivelata inopportuna. Dopotutto che domanda era? Che fine aveva in vista del progetto generale del giornale scolastico? Certo...non poteva negare che in parte (gran parte, dai) avrebbe voluto sentire da lui una risposta affermativa, ma le possibilità che questo avvenisse erano pari a zero, lo sapeva. Ma sognare è bello (?) E comunque, COMUNQUE, ufficialmente e per tutti, lui si sarebbe dovuto mostrare molto, molto sorpreso da quella domanda inaspettata, che aveva sparato senza filtro alcuno. Non poté non chiarire che non era certo un suo interesse - anche se comunque non poteva negare a se stesso che lo fosse -, ma non voleva che Greylinski pensasse che voleva provarci con lui e capire quindi se avesse terreno fertile. O mio dio che vergogna. Le chiedo scusa ma...è scritta qui, nella lista. Le gote di nuovo si colorarono di un porpora acceso, che gli dava un'aria febbricitante da spavento. La mia coinquilina...ha scritto lei le domande.
    shane steele - love me like you do!

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    Certo che quando si era strabilianti, bellissimi, e milionari, la vita era proprio complessa. Andrew Greylinski, con tutto quel che avrebbe voluto (e potuto) fare, si ritrovava invischiato in un’intervista per un giornale scolastico: non il New York Times, non People, non il Cioè. Una rivista universitaria, letta sì e no da due poracci su dieci. La plebe era così complessa da gestire. Ma poi, vogliamo forse considerare il danno e la beffa? Doveva sorbirsi l’imbarazzo sociale e personale di Steele, il sostituto della Mills, senza neanche poterlo sculacciare a dovere. Moriva dalla voglia, Greylinski, di strappargli dalle mani quel maledetto registratore e schiacciare il proprio corpo contro quello di lui, sentirne il battito accelerato sotto il palmo, un uccellino in cerca di una via di figa? fuga. Voleva vederlo arrossire, sentire il calore propagarsi sulle gote, i gemiti stretti fra i denti. In sostanza, non gliene fregava una minchia delle domande che aveva da porgli. Per quanto lo riguardava, Vancouver poteva pensare quel che voleva: tutti sapevano, anche dal cuore della loro invidia più profana, quanto Andrew Greylinki si impegnasse a livello pubblico e non per ottenere unicorni selvatici atti alla pet therapy, e la pace nel mondo. Nessuno avrebbe potuto togliergli quello. «Mister Greylinski, a cosa deve il suo successo?» ugh, ancora. Non riusciva a tenere il conto di quante volte quella domanda gli fosse stata posta, ricevendo come replica la stessa, insulsa, bobina su quanto i suoi collaboratori fossero efficienti, blablabla, la città aiutasse, blablabla, evviva Gandhi. Fu tentato, mentre si sporgeva verso di lui – le dita intrecciate fra loro, i gomiti sulle ginocchia, il freddo sguardo austero – di fargli notare che non c’era bisogno si sprecasse a parlare, lo preferiva quando teneva la bocca chiusa. Anzi, sarebbe stato ben felice di provvedere a tale mancanza, facendolo tacere con la forza. Si crogiolò in quell’idea, immaginando il signorino Steele con un bel bavaglio in cuoio a premere sulle guance, una palla rossa stretta fra i denti che gli avrebbe impedito qualunque suono se non distorti grugniti. Si accarezzò distrattamente il labbro inferiore con l’indice, inclinando il capo da un lato. La verità riguardo la domanda di Shane? Andrew Greylinski sapeva fare il suo lavoro, cazzo. Lo so, nella società odierna è quasi scioccante trovare persone competenti. Tanto da richiedere un’intervista, a quanto pareva. «Lei sembra un maniaco» Ma jesus MARIE AND JEROME, l’aveva già sgamato? «del controllo» ah.
    Beh.
    Neanche poteva immaginare quanto. Socchiuse le palpebre, studiando il profilo di Shane con le sopracciglia vagamente corrugate. Da cosa l’aveva dedotto? Un’affermazione azzardata, per di più. Fremeva quasi fisicamente dal dargli una lezione alla Greyilinski, così che imparasse una buona volta a cosa era opportuno dar voce, e cosa invece era meglio tacere. Non si mostrò turbato, avendo lui detto una verità ancestrale: non si trattava di un offesa, era la semplice realtà dei fatti. Così, si ritrovò ad annuire. «io esercito il controllo su tutto, signorino Steele» lo punzecchiò, avido ed un po’ bastardo, mantenendo un tono di voce impostato ed una rigida posizione artificiosa. Rispose ad ogni domanda in maniera professionale e disinvolta, come faceva qualunque cosa; l’abitudine tendeva a rendere tediose quelle conversazioni, ma quel giorno non potè che esserne lieto: mentre le labbra si muovevano replicando agli interrogativi di Shane, la mente di Greylinski poteva concentrarsi sui dettagli più interessanti. Ad esempio, come avrebbe preferito legare quelle mani nervose alla testata del letto, ed a come avrebbe potuto, in tal posizione, ribadire quanto gli piacesse il controllo – e come sarebbe piaciuto anche a lui. Quando lo vide portarsi alle labbra la matita, cominciò a ticchettare metodico con il dito sulla poltrona. Non sapeva se desiderava maggiormente metterlo in riga perché stava abusando di un oggetto prestato, o perché quelle labbra dischiuse a mostrare languidamente i denti, stretti sul gommino, gli infiammarono il basso ventre. Se solo avesse avuto il suo frustino, avrebbe mostrato al puledro come mordere una carota wat. « ...Lei è gay?» interruppe il movimento del dito, alzando impercettibilmente le sopracciglia. Ma che razza di domanda era, per un fottuto giornalino scolastico? Non poteva, come tutti i suoi predecessori, chiedergli se aveva un pesce rosso di nome Big Money? Sospirò, alzando gli occhi al cielo. Ma cosa doveva fare, con quel Shane Steele? Non sarebbe bastata una seduta nella sala dei giochi per fargli capire #who’sthefuckinboss. « le chiedo scusa ma...è scritta qui, nella lista. La mia coinquilina...ha scritto lei le domande. » avrebbe voluto stringere quelle guanciotte color bresaola con forza mentre lo obbligava a cantare soffice kitty (l’unico modo, e tutti gli amanti di Greylinski lo sapevano, per far sì che Andrew acconsentisse alla tanto agognata penetrazione). Ma non lo fece, non ancora, beandosi dell’effetto che aveva su di lui, e di come il limpido sguardo verde continuasse a sfuggirgli ed al contempo a ricercarlo. Dannazione, era eccitante come un documentario su Dora l’Esploratrice fra i templi maya. Voleva lasciare il proprio marchio su tutta quella pelle d’avorio, premendo con i denti dove Steele non avrebbe mai immaginato potesse essere piacevole. Non riusciva ad immaginare passatempo più propizio di una bella titillata nella cavità poplitea.
    Qui Sara ha deciso che seguire il libro è troppo mainstream, perché allungano troppo il brodo e, si sa, noi invece vogliamo andare al dunque. Quindi, SIGNORINO STEELE, ora si improvvisa.
    Anziché rispondere alla domanda, Greylinski si alzò, raggiungendo il telefono bianco sulla scrivania. Diede le spalle a Shane mentre premeva rapidamente alcuni numeri, chiedendo la linea a Rossella Cooper, la sua segretaria. «rossella» pronunciando il nome della giovane, si girò nuovamente a guardare il profilo di Shane. «sì signor greylinski?» «cancelli gli appuntamenti della giornata, sono impegnato» «ma signor greylinski… anche la partita a champagne pong con suo cugino, NickelSksSonoAllergico Greylinski?» (sua madre, così come la madre di Andrew, faceva uso di psicofarmaci quando era incinta del cugino: non aveva di certo smesso dopo il parto, quando all’anagrafe le avevano domandato il nome). Sospirò nuovamente, gli occhi scuri fissi sulla figura accomodata sul divano. Le spalle chine, le chiappe coperte, quella pelle ancora priva di segni rossi. «rossella, cosa non ti è chiaro di sono impegnato morgan freeman e tutti i rastrelli, doveva proprio licenziarla. Annuì alla cornetta, tornando poi verso la postazione di Steele. Anziché sedersi sulla poltrona, prese posto sul divano, abbastanza vicino a Shane da intimorirlo con la sua sola presenza. Se avesse indietreggiato, non ci sarebbero stati abbastanza gattini morti al mondo da trattenerlo dal sbattere Shane Steele contro la parete e montarlo come una meringa. «diciamo, signorino Steele, che la domanda non mi pare pertinente all’intervista. Senza contare che ritengo poco … lodevole il fatto che non sia stato lei stesso a scrivere le domande da pormi. Quasi oltraggioso» ricominciò a ticchettare con il dito sulla propria gamba, senza mai distogliere lo sguardo dal giovane. «ma sono magnanimo: mi dia un solo buon motivo per rispondere, ed io lo farò»

    Mr. Greylinski
    « non morderti il labbro »

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