Me sgaro.

con mì fratello, Er Murena.

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  1. #basciamolemani
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    Claire


    Holt



    ☇ #fattituoi anni | ☇ Neutralfottesega. | ☇ #sòio | ☇ dress | ☇ mood: #mignottatime

    Nun m'è mai piaciuto annà in discoteca. M'è sempre sembrato uno de quei posti tutti fricchettoni che non sanno distinguere un piatto de spaghetti alla carbonara da uno a' amatriciana. Sanno solo tutte le cinquanta sfumature della vodka liscia, apprezzà i piaceri dell'alcool dimenticando tutto il resto. Non me piacciono ste persone. Non c'avrei nulla a che spartì. A parte fà du chiacchiere su chi te sei passato la notte prima e sull'ultimo numero der giornale de moda co tutte le donne nude, non ce sta più niente. Argomenti de discussione molto vasti, me dicono dalla regia. Ma sta gente la replicano tutta cò lo stampino? Sò tutti uguali, se vestono tutti uguali. Una sera me sarebbe piaciuto andà ad una delle feste delle nuove reclute, a Hogwarts... ma non per partecipà eh, sia ben chiaro. Non me mischio co sta gente. Piuttosto per farmi du risate, entrà tutta nuda nella stanza, fà un flash mob e scappare come se non ce fosse un domani. De sicuro me sarei sgarata dal ridere. Me sarei pisciata. No, nun avete capito. Pisciata proprio nel vero senso del termine. Me capita spesso quando ho bevuto un litro e mezzo de birra e non sono andata ar bagno per circa mezz'ora.
    Insomma, stasera non c'ho niente da fa. Me ne sto sola a casa, a guardà er soffitto. Tutto me sembra un #mainagioia completo. Persino respirà me sa tanto de mai na gioia. Del tipo che potrei scendere, entrare in un bar, e rimorchià il primo che me trovo de fronte. Oggi, stanno tutti con 'na tale voglia de fa roba che se farebbero pure un comodino. Senza offesa per i comodini, eh. Se diceva per dì qualcosa, mica per offendere. Io , poi, sò peggio de'n comodino. So talmente arrugginita che potrebbe arrivà pure l'antiruggine in persona ma sarei sempre messa peggio de quello che ero nei miei anni verdi. E non per tutta la maria che me so fumata. Tutti sti inglesi sembra che non sanno proprio come divertirsi. Il loro massimo momento de strip mentale è prendere il tè alle cinque del pomeriggio come i bravi signorini, poi rifugiarsi nella noia più assoluta, e rituffarse a letto come dei bravi nuotatori agonistici. Sò maestri in questo. Sveglia, lavoro, pisolino, tè, lavoro, dormì. Manco tempo pè fa roba con le mogli c'hanno. Poi dici che queste mettono 'e corna. Bisogna essere proprio maestre pè farlo, mica ci vuole 'na laurea.
    Stavo appunto affogando tutti sti dispiaceri nel mio caffè Stabucks, pensando a tutte 'ste cose. Pensando a cazzate, lo riconosco. Non avendo 'n caspita de niente da fa, che se vole fa, se non pensare al sesso altrui? Me sento così 'ngrifata, così a secco, che delle volte me chiedo dove la trovo la forza per non pensà a quello. Sempre a quello. Solo a quello. Non che io sia ninfomane, pè carità de Dio. Troppa grazia sant'Antonio se 'o fossi, vorrebbe dì che ne faccio assai, talmente tanto che me manca come 'n piatto de carbonara al pranzo d'a domenica. Ma de che stamo a parlà? Non ne vedo uno da quando Merlino utilizzò la sua prima bacchetta in un duello, e credeteme, non parlo de quella bacchetta. Stavolta me riferisco a quella de legno, proprio a quella. Quella che se usa pe fa le magie. Ok, anche l'altra fa magie... vabbé, lasciamo sta. Troppo complicato spiegà la differenza in questo momento , talmente sto fusa. Diciamo solo che me piacerebbe tornà verde come 'na volta. Mò che ce penso, una cosa la potrei pure fa. Una cosa facile e scialla. Prende un bel vestito, de quelli sexy, vestirme, e andà in quel locale che tanto me sta sulle palle. Quello frequentato dai fricchettoni. Chissà, stasera me va de lusso, e magari trovo pure qualcuno che me se piglia. Ce credo poco, c'ho 'n carattere de merda e non tutti me possono sopportà . Solo mì madre c'aveva 'n attitudine particolare per questo, e poi è scomparsa. Fate un po' voi.
    Prendo un vestito dall'armadio, uno a caso. In tutto quer casino è già tanto se l'ho trovato. Prima o poi dovrò mette a posto qualche cosa, secondo me c'hanno proliferato pure i topastri là dentro. Che schifo, me sgaro. Insomma, sto benedetto vestito nun è stirato, non è elegante, e neanche colorato. E' nero come er carbone, è nero come me. Pure io sò nera... incazzata nera, like always. Cor mondo, co me stessa, co nessuno. Non lo so manco io, ma sò nera. Me arriva sopra il ginocchio, è un po' inguinale ma fottesega, stasera la gente c'avrà da guardà qualcosa de bello almeno, al posto delle solite spogliarelliste de sta ceppa. Tiro fuori i miseri trucchi che c'ho sul comodino. Non sembro manco 'na femmina, secondo me dovevo nascere maschio, sarei stato troppo un figo epico. Me sciolgo i capelli, raccolti sempre nel solito tuppo anti sesso del pomeriggio, ed il gioco è fatto. Non so figa, anzi sembro uscita dal film Psycho, ma sinceramente non mi sbatte. Sto andando per rimorchià e non per cercà il principe azzurro, che sicuramente prima di tutto non esiste manco per niente, e se esiste sta a qualche stra puzzolente ballo de gala. Meglio lasciarlo là, uno der genere.
    Ci arrivo veloce, al Lilium. Ce passo davanti un sacco de volte, e dopo aver preso per il culo tutti gli assidui frequentatori di sto posto per checche, a sto giro me decido a entrà pure io. La mia prima esperienza in un luogo popolato da Green Boys. Che poi, ce possono anche sta bambocci che ancora stanno a scòla che pensano la svolta con una più grande de loro. Me dovrò decidere ad azionare il mio radar personale, chissà se me funziona ancora come 'na volta. Certo, 'na volta i tipi der genere neanche li facevano entrà in posti così. Il cameriere me piace. C'ha quella barbetta da solletico sul mento che me potrebbe interessare. Poi se mette a parlà, e apriti cielo. C'ha 'na voce assurda. Non ho ancora capito se gli piace er pesce, o se si sforza solo de farlo sembrà. Ricambio quell'approccio con un sopracciglio inarcato, disapprovando completamente. Che se ne sia accorto? Difficile che me riesca a tenè un cecio in bocca, io.
    «Vabbè... damme 'na birra vah. Scura, me raccomando.»
    gli dico, sollevando un dito in sua direzione per metterlo in guardia. Non solo c'ha sto difetto, se mò se mette pure a sbaglià le ordinazioni stamo male proprio. Comunque, me concentro a guardà un po' la gente che me circonda. Gente... se così se po' definì. Tutte smandrappone e uomini ricchi e facoltosi che stanno generosamente mollando banconote inutili nelle loro mutande pe farle spoglià ancora de più. Wow, che figo. Se ve divertite così va bene. Una di loro alza gli occhi a random, e me fissa. Me sto schifando, e me sa che se ne accorge perché ride. Oh, solo io me posso prendere in giro. Che cazzo ci ridi? (e se qualcuno scatena la mia vena siciliana da mafiosa, te devi preoccupà). Ad ogni modo, il belloccio barbettato me dà la mia birra, e nun so se per le luci o se perché me sto stonando con sta musica, ma me sembra scura. Che c'abbia azzeccato? Ma magari. Comincio a bere, ma già me sto a rompe le palle. Nessuno s'avvicina, sò tutti fissati a guardà ste quattro Barbie bitch che strusciano sur palo. Ho deciso. Finisco 'sta roba, e poi me ne torno a casa a guardà le serie tv sul mio computer super figo. E addio uomini. Oppure, anziché finire la birra, la tiro in faccia a quella tipa che se stava a sbellicà, così la faccio ridè per un motivo diverso. Chissà.

    ❝ Somebody tell me, have I just wasted a lifetime? ❞


    CODICE ROLE SCHEME © dominionpf


    Edited by clàrisse - 5/1/2016, 15:12
     
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    Dischiuse le labbra, premendo sulla pipetta (si chiamava pipetta? Diciamo di sì) del contagocce, lasciando cadere una goccia della boccetta scura sulla punta della lingua. Ne aveva provate tante di droghe in vita sua, ma quelle del mondo magico ancora, per ovvi motivi, le mancavano. Sembrava essere una specie di infuso di erbe di solo Morgan avrebbe saputo cosa, ma sinceramente gli ingredienti erano l’ultimo dei problemi di Heidrun Ryder Crane, Milkobitch a tempo perso, paccara per hobby (l’importante era che facesse effetto, il come non era affar suo). Perché paccara? Non perché passasse tutto il suo tempo limonare –oddio, anche- ma perché era dannatamente brava ad abbandonare le persone, lasciandole al loro destino. Una vita che non contemplava la sua persona. L’aveva fatto con Todd e Jeremy tre lunghi anni prima, con Emerald prima di sbatterla nei Laboratori, con i Dottori, con il gruppo Wind nel Labirinto –incomprensibilmente sparito al suo ritorno, giusto per dare un’idea-, con suo padre, e con chiunque avesse avuto il dispiacere di trovarsi sul suo cammino. Aveva un talento naturale nell’evitare le persone, aiutata anche dal potere con il quale era nata, la mimesi; si mimetizzava, invisibile, passando sullo sfondo. Un’ombra appena più scura di quelle che la circondavano. Si passò la lingua sul palato, ridendo mentre un sospiro sfuggiva dalla bocca socchiusa. I capelli erano sparsi disordinatamente sul cuscino, la gamba piegata contro di sé ed il lenzuolo a coprire le grazie esposte all’aria troppo fredda di quel … mattino? Tardo pomeriggio? Sera? Buffo il tempo. E Run, di quel tempo, non voleva più saperne niente. Esisteva al di fuori di ogni umana concezione, di ogni pensiero, di ogni confine che potesse limitarla. Assaporava la libertà nel suo senso più puro ed intoccabile, senza essere trattenuta da nulla –sicuramente non da una moralità che del morale aveva ormai ben poco. «C’è anche del caffè?» Domandò al ragazzo nel bagno, da dove riusciva a sentire l’acqua scorrere nella doccia, del quale non si era preoccupata di chiedere le generalità. Neanche il nome, a dirla tutta. «No» Cosa… cosa significava che non c’era del caffè? Come aveva potuto cedere il suo fiore (no okay, quello l’aveva perso da un pezzo #scusapapà) ad un uomo che non aveva della maledetta caffeina in casa? Non era sano fare colazione, o pranzo che fosse, con solo della droga. Il caffè era il minimo, possibilmente accompagnato da una ciambella calda. Sarebbe stato troppo chiedere al giovane di portarle la colazione a letto, e di certo il loro non era quel tipo di rapporto. Purtroppo doveva arrangiarsi. Sospirò con afflizione, alzandosi a sedere mentre il lenzuolo scivolava a terra. Scostò le tende della finestra rendendosi conto che era molto più tardi di quanto si fosse aspettata, probabilmente primo pomeriggio, e che a quell’ora la strada di New Hovel era più trafficata di quanto fosse abituata. Si accorse dopo qualche secondo di intensi scambi di sguardi con una vecchina, di essere ancora nuda. Quello spiegava tutto, in effetti. La salutò lentamente con la mano, sorridendo sorniona mentre richiudeva le tende. Pudore? Cos’era il pudore? Era già tanto che si fosse trattenuta dal leccarsi il dito con aria ammiccante, Vecchina doveva ritenersi fortunata. Raccolse i propri vestiti sotto braccio, infilandosi una camicia azzurra non sua, quindi si chiuse la porta dell’appartamento alle spalle, non preoccupandosi minimamente di salutarne l’abitante. Era stato utile al suo scopo –letteralmente-, e le aveva perfino offerto quella miscela… che, a dirla tutta, faceva un po’ cagare. Non si sentiva sballata, si sentiva solamente leggera. Beh, se lo sarebbe fatto bastare. Almeno, se lo sarebbe fatto bastare finché non avesse raggiunto una cospicua quantità d’alcool con la quale, finalmente, accompagnare la sostanza stupefacente. Ora, il problema era: a chi scroccare il caffè? La prima e più scontata risposta, a seconda dei punti di vista, sarebbe stata papà. Peccato che a) Aloysius Crane non abitava più a New Hovel e b) non sapeva ancora, con certezza, di essere suo padre. In ogni caso, a pensarci due secondi di più, sarebbe stato imbarazzante perfino per lei. Dunque, il secondo punto della lista? Mamma Chris. Ma anche qui, troppe cose ancora in gioco: cugino fake, per dirne una; Labirinto, per dirne un‘altra. Troppo impegnativo per un semplice caffè. Il che escludeva a priori anche Elysian, Gemes e Lienne? No, certo che no! Peccato che Elysian a quell’ora fosse in siesta, conosceva gli orari della ragazza, Gemes abitasse a fanculandia e Lienne… Lienne boh, era semplicemente sparita dal suo radar. Neanche Elsa abitava lì, e Sean viveva ancora al castello. Ma dove cazzo stavano tutti? Che palle. Heidrun ultima anima rimasta in quel buco di culo. Alla fine, a malincuore, bussò alla porta, stampandosi un sorriso a trentadue denti sul volto ancora stropicciato dal sonno. Entrambi avrebbero finto che le sue pupille non fossero innaturalmente dilatate, Run ci credeva. Sempre che il Caposcuola, stufo della permanenza di Heidrun Crane nella sua vita, non le sbattesse la porta in faccia. In effetti era più il tempo che passava da lui, che quello nella sua stanza, ma ehi! Non era colpa sua se, una volta infilata in quella topaia, le avevano detto per qualsiasi cosa, chiedi a lui: sarà il tuo riferimento. E lei aveva bisogno di caffè. «Vi Di Vi» Lo salutò, stringendo ancora i propri vestiti fra le braccia, sottolineando le proprie, adorabili, fossette. Sbattè le ciglia più volte finché Van der Veen, in amicizia Vi Di Vi, con un sonoro sospiro, non cedette invitandola ad entrare. «Cosa vuoi oggi, Crane? Un rene?» Si mise sulle punte tirandogli gli angoli delle labbra verso l’alto, cosicché ricambiasse il suo sorriso. Forse non avrebbe scherzato così tanto sulla storia del rene se avesse saputo qual era stato il suo lavoro prima di giungere lì. «No, per gli organi passo i giorni dispari. Caffè?» «…» «…» «.. La caffettiera è nel lavandino» Gli schioccò un bacio sulla guancia, resa più allegra dalle erbe di qualche minuto prima, mentre si accingeva a prepararsi una moca. Non aveva pensieri, Run, era come un palloncino sfuggito dalla mano paffuta e distratta d’un bambino. Si librava nel cielo, dimentica di tutto ciò che l’attendeva a terra, di quanto quel bambino l’agognasse. Non che non le importasse, semplicemente le importava un po’ troppo. Fare i conti con la realtà non era una delle cose che preferiva. Canticchiò fra sé, improvvisando qualche pezzo di danza, finchè il silenzio non venne interrotto dall’uomo. «Dovresti uscire di più» Ma chi era, suo padre? Beh, considerata l’età, avrebbe potuto tranquillamente esserlo: doveva essere all’incirca un coetaneo di Aloysius. Heidrun inspirò, stringendosi le braccia al petto per poi girarsi nella sua direzione, un sorriso malizioso ad incurvarle le labbra. «Sono più fuori che nel mio appartamento» Inarcò un sopracciglio, dandogli nuovamente le spalle per concentrarsi sulla caffettiera. Il profumo del caffè si stava già insinuando nelle sue narici, rendendola la persona più felice su quella terra. «Intendo uscire, non entrare nell’appartamento di qualcun altro» Ma allora era davvero suo papà. Non sapeva se essere commossa dall’interessamento di Keith, se esserne lusingata, o se la cosa le facesse girare le palle. La controllava? Beh, in effetti è proprio quello il suo lavoro, Run. Lo ignorò bellamente, prendendo una tazza nello scolapiatti. «Dovresti trovarti un lavoro. Fare qualcosa di concreto» Versò il caffè, quasi pucciandovi il naso all’interno per coglierne la scura fragranza. Prese tempo, sorseggiando la bevanda priva di zucchero, una prelibatezza di primo mattino. O meglio, il suo primo mattino. La droga doveva cominciare a fare effetto, perché se in un contesto normale avrebbe avuto una reazione, una qualsiasi, in quel momento non provò nulla. Nulla. Gli rivolse un sorriso, improvvisamente entusiasta della prospettiva offertagli dall’uomo. «Hai ragione, stasera esco.» Senza se e senza ma, come si trovasse in un take away, Run uscì con la tazza ancora fra le mani, ben intenzionata a portarsela nella propria stanza. «Ci vediamo al Lilum!» Gli lanciò un bacio, senza dargli il tempo di rispondere. Tanto sapeva già cos’avrebbe detto: eddai, lo sai che non intendevo quello.
    Run lo sapeva, ma non aveva alcuna importanza. Non l’aveva mai avuta.

    Si infilò dentro un abito porpora, accompagnando il semplice vestito con un paio di stivali alti fino al ginocchio tacco muniti ed una giacca di pelle. Lasciò i capelli disordinati, sciolti attorno a un viso che, nelle sue numerose espressioni, mostrava più anni e più esperienze di quanto una diciannovenne dovesse avere. Com’era brava, la Crane, ad ignorare i problemi, cogliendo l’attimo nella sua costituzione d’attimo, senza preoccuparsi delle conseguenze, o di ciò che l’aveva portata a quell’esatto momento. Com’era brava Run a fingere che tutto andasse bene così, che non le mancasse la sua famiglia ad ogni respiro, che ad ogni battito di ciglia non vedesse il sorriso di sua madre. Com’era brava, Run.
    Prima di recarsi al Lilum, locale nel quale mai era andata ma che da sempre l’aveva affascinata, passò ancora nell’appartamento del suo amico per fregargli la boccetta con l’eccitante, ben attenta grazie all’invisibilità a non farsi scoprire. Sgusciò fuori dalla sua stanza infilando la refurtiva all’interno della borsetta, quindi, un dolce sorriso sulle labbra, si diresse a passo sicuro verso la sua meta.
    Non era come se l’era immaginato, era molto meglio. Si lasciò subito affascinare dai vestiti succinti, dalle mani che delicate le sfioravano appena la pelle, invitandola ad unirsi a giochi che avrebbero fatto impallidire una brava ragazza, e che alla Crane non potevano che suscitare una risata ammaliata. Inspirò profondamente, lasciandosi cullare dalla musica, dai sospiri, dall’alcool. Sentiva tutto molto più vivido, più caldo, più colorato. Sulla pelle, nelle narici. Si sedette al bancone, incrociando le braccia su di esso e rivolgendo un amabile sorriso al barista. «Ce l’hai l’età per bere?» Se solo avesse saputo quanto ironica fosse quella domanda, per una giovane che sulla carta dovrebbe aver avuto appena otto anni. «Ho l’età per fare molto di più» Rispose facendogli un occhiolino, invitandolo a riempire il bicchiere di qualunque cosa avesse una gradazione alcolica superiore al 50%. Del sapore non gliene poteva fregare di meno, le bastava come bruciasse come le fiamme dell’inferno. Resa ancora allegra, spensierata, e molesta a causa della droga (e della sua natura da cazzi miei mai), Heidrun scivolò di sgabello in sgabello fino a ritrovarsi al fianco di una donna dagli occhi chiari, la cui espressione corrucciata –fissa sulle spogliarelliste- faceva temere il peggio. «Pff. Noi saremmo più brave» Le disse, sfarfallando le dita nell’aria per poi chiudere la mano a pugno e lasciare a svettare solamente il medio, su cui posò un bacio soffiandolo nella direzione della stripper.
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by selcouth - 7/12/2015, 16:15
     
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