Me is me, again.

with Idem Withpotatoes

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. drops of jupiter
        +1    
     
    .

    User deleted


    tumblr_mjim1e7Ecm1qjy6x3o1_500
    « #mainagioia - 38 ANNI - EX CORVONERO - RIBELLE,CAPO DEI GUERRIGLIERI »
    Linea oltrepassata. Non si torna più indietro.
    Puoi lasciarti tutto alle spalle, cercare di dimenticare… ma tutto si ripresenterà a te come uno scomodo ricordo… qualcosa del quale non ci si riuscirà a liberare mai più. Un monito, diciamo. O piuttosto uno scomodo incubo dal quale è difficile districarsi. Nessun pensiero, se non quello. Nessun altra cosa per cui star lì a riflettere tutto il giorno. Un'angoscia esistenziale. Il silenzio di tutto quel che ti circonda. E tu, lì, sul ciglio del baratro. Indecisa se saltare oppure no. Indecisa sul da farsi, sul futuro. Un attimo che potrebbe cambiare una vita, e quella di tanta altra gente intorno. Un attimo decisivo, eppure tremendamente difficile da analizzare. Una sequenza di secondi che paiono anni, e in un attimo ti vedi passar davanti tutta la tua esistenza. Immagini che si susseguono in fila… un matrimonio, una causa per cui combattere, un figlio. Parcellazioni di vita che passano in secondo piano, che non sembrano più così importanti da portare avanti. Più comodo abbandonarle lì, senza una risposta. Più comodo fuggire, nascondersi dietro una scusa. Non ci sono riuscita. Ho fallito. Devo togliermi di mezzo, o qualcun altro lo farà al posto mio. Troppo comodo. Sempre troppo comodo.
    Siamo esseri umani. Abbiamo sempre una scelta, o saremmo animali.
    Ma quando la scelta è così difficile da prendere, saremmo disposti anche a diventare animali. Togliere la vita a qualcun altro… annullare la propria, di vita. Cosa cambierebbe? Diventiamo assassini, e poco importa se omicidi o suicidi. La linea di demarcazione tra i due è poco chiara, potrebbero anche mescolarsi a tratti. E, in entrambi i casi, non si torna più indietro. Linea oltrepassata.
    Si può decidere di accoltellare nel sonno il nostro peggior nemico, ma a cosa servirebbe? Solo ad annerire ancor di più la nostra coscienza, a renderla impura, e la colpa non sarà mai dell'altra persona. Quella sarà sempre una vittima. Una nostra vittima. E' inquietante pensare come, fino a pochi minuti prima, la vittima fossimo noi. Vittime di una vita passata, di anni forse. Vittime di violenza, di abusi, di soprusi. Ma è come combattere il fumo. Non si riesce mai ad afferrarlo, si sgretola tra le dita. E in quel sottile momento di follia, improvvisamente diventiamo noi i carnefici. Noi, che per lungo tempo abbiamo scontato una pena più grossa : quella della silenziosa accettazione.
    Artemide era stata vicina ad entrambi i momenti. Entrambi i momenti si erano susseguiti nella sua vita uno dopo l'altro, a distanza di minuti l'uno dall'altro. Dopo l'ennesima litigata, era stata sul punto di uccidere suo marito. Nel sonno, quando siamo più deboli, meno vigili. Quando abbiamo abbandonato tutti i pensieri e siamo pronti a riposarsi e a lasciarci morbidamente cadere in un'altra dimensione.
    Aveva il cuscino tra le mani, lo stringeva con forza, quasi a voler liberare tutto quel che divideva la federa dall'oggetto vero e proprio. Digrignava i denti con una rabbia tale dall'essere sul punto di scoppiare, di svegliarlo, di rivelargli il suo piano. Ma sapeva benissimo che non avrebbe passato la notte. Sarebbe morta prima, magari gettata in un bidone dell'immondizia, fatta a pezzi, distrutta sia dentro che fuori. Stoyan non era mai stato ragionevole. E quella volta, avrebbe raggiunto il limite. Avrebbe superato la linea di demarcazione. E non sarebbe più tornato indietro.
    Anche la Thompson era sul punto di superarla. Poco dopo, chiusa in bagno, sola. Mai lasciar sola un'anima in pena, così angosciata, così fragile. Sarebbe capace di commettere i crimini peggiori, senza poi neanche ricordarlo l'indomani. Era stato un secondo, ma ci aveva pensato. Non poteva saperlo, poiché era il suo inconscio a pensare per lei. Una parte nascosta, dentro di noi, che decide arbitrariamente, senza poterla controllare, dominare, o persino pensarla. E' impossibile pensare l'inconscio. E' impossibile persino conoscerne l'esistenza, figurarsi decidere di dominarla. Saremmo annientati. Per sempre. E poi non si torna più indietro.
    La ribelle guardava la sua immagine riflessa nello specchio. Non sapeva più riconoscersi, tra quei tratti poco marcati nello specchio. L'immagine era spezzettata, ci aveva provato. La superficie di vetro era andata in frantumi, e una scheggia era tra le sue mani. Niente sangue, non ancora.
    E poi si era risvegliata nel suo letto. Non ricordava neanche come ci fosse arrivata, se con le sue gambe o trascinata da qualcun altro, ma quel che importava era ben altro. Non aveva oltrepassato il baratro, non si era gettata giù a picco. Era riuscita a fermarsi in tempo. Non aveva valicato la linea di demarcazione. Poteva ancora tornare indietro, e doveva sfruttare l'occasione.
    Uscita in strada, si guardava intorno meno spaesata rispetto al giorno prima, e questa era una grande conquista. Era tornata l'Artemide Thompson di tutti i giorni, quella che sapeva scherzare con i suoi colleghi, e ridere fino ai crampi. Era come se la notte prima nulla fosse successo. Era riuscita a cancellar i tratti di una follia improvvisa, e non vi era conquista più grande di quella. E ora, il prossimo passo. Tornare alle relazioni. Tornare alla vita. E quale momento più importante, se non il caffè mattutino con una delle ribelli più promettenti? Idem Withpotatoes, un nome una garanzia. Un'amica, oltre che collega. Qualcosa di profondo, che le aveva legate dopo essersi conosciute, dopo aver condiviso una comune idea. Curioso come spesso capiti. Curioso come non riusciamo neanche a controllare queste, di emozioni.
    Il loro solito bar. La loro solita chiacchierata.
    «Un frullato al caramello con panna, grazie. »
    La solita frase detta al cameriere. Sì, era tornato tutto come prima. Era riuscita a tornare indietro.
    ARTEMIDE FANNY THOMPSON - "SMOKE ON THE WATER"

    © psìche, non copiare.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    withpotatoes do it better

    Group
    Special Wizard
    Posts
    363
    Spolliciometro
    +381

    Status
    Offline
    idem withpotatoes ( ) - 22 - Hufflepuff - rebel's secretary - marshmallass
    « I was standing in the park wondering why frisbees got bigger as they get closer. Then it hit me.»
    Era sempre stata sua abitudine, quella di passare a dare la buonanotte a tutti. Prima ancora di sapere cosa significasse buonanotte, quando conosceva la parola solo per sentito dire dalla mamma o la nonna, Idem scivolava silenziosa in camera di ognuno dei suoi fratelli: Nathan, il più grande, ed April, la più piccola, prima di tornare in stanza con Aiden, la gemella, ed augurare anche ad ella sogni d’oro. Gli anni erano passati, e la famiglia non aveva fatto che allargarsi: Darden era appena nata quando Carter aveva lasciato casa Withpotatoes e loro avevano ospitato Gemes Hamilton, di poco più grande di Idem. Ed anche se sentiva che c’era qualcosa di oscuro, qualcosa di non detto –e che mai sarebbe venuto a galla- nel passato del bambino, e nonostante fosse quasi la più piccola della famiglia, la Withpotatoes rimboccava le coperte anche a quel ragazzino dagli occhi chiari e feriti, sperando che dormisse sonni tranquilli. Un gesto sincero e disinteressato, del quale probabilmente mai nessuno si era reso conto. Era una cosa davvero stupida, ma lei ci teneva ogni notte; al castello, quando non le era più possibile fisicamente, pensava singolarmente ad ognuno di loro, chiedendosi cosa stessero facendo, se facessero bei sogni o fossero tormentati dagli incubi. Finchè non elencava ogni membro della sua famiglia, Idem non riusciva a dormire: Nathan, Aiden, April, Darden, Gemes. E poi, anni dopo, Isaac Lovecraft, il corvonero compagno della gemella, ed Oliver Abrasax, il babbano telepatico. In molti pensavano che i Withpotatoes fossero degli incoscienti ad accogliere in casa così tanti sconosciuti, ma loro non capivano. Li avevano visti, almeno? Avevano guardato i lor occhi, senza porsi domande dettate dai pregiudizi? Perché, se solo l’avessero fatto, avrebbero finalmente compreso il motivo che spingeva la buffa famiglia di Idem ad aprire le porte di casa loro a tutti quei ragazzi: c’era una speranza, una luce. Idem ne era certa, c’era: bisognava solo riservargli uno sguardo più accurato, ed avere il coraggio di coglierla. La giovane aveva ormai ventidue anni, ed anziché essere meno disincantata sul mondo, la sua fiducia nei confronti dell'umanità era cresciuta. La cosa buffa di Idem Withpotatoes, era che non c’era nulla di divertente in quella sua assurda quanto positiva concezione del mondo: non scherzava, mai; non sfuggiva mai un sorriso ironico quando la si sentiva parlare, o la si vedeva adombrarsi per una parola detta in malo modo. C’era una sincerità così disarmante in quel suo ottimismo, che faceva solamente desiderare che fosse vero, e non solo un illusione della ragazza. Si cercava la verità negli occhi azzurri di Idem, e quella era l’unica verità in grado di offrire: io ci credo, credici anche tu. La Resistenza non era solo un luogo dove cercare di rendersi utile, per quanto la riguardava era una promessa nonché una conferma di tutto ciò in cui aveva fede. Si era abituata ad essere sempre fra gli ultimi a lasciare il Quartier Generale, donando ad ogni compagno quella buonanotte che tanto, ad Idem, premeva. Con il passare degli anni aveva compreso che quell’unica, sottile, parola, poteva essere l’ultima cosa che aveva la possibilità di dire. Quando le avevano portato via Aiden, cinque anni prima, Idem l’aveva osservata ancora intontita con un unico, pressante, problema: non le ho dato la buonanotte. Come se fosse stata quella la cosa più grave, e non il fatto ch’ella avesse ucciso altri sette ragazzi, e che mai più l’avrebbe vista senza alcuna barriera a dividerle. Che addio era? E quando Gemes, April e poi Nathan erano spariti senza lasciare alcuna traccia, quando Elizabeth da un giorno all’altro aveva cessato d’essere Liz, la Withpotatoes aveva comunque sempre riservato loro quell’augurio, convincendosi che ovunque fossero stati, l’avrebbero sentito. Aveva ventidue anni, era la Segretaria dei Ribelli; Nathan ed April erano stati rapiti dagli Estremisti, ma erano tornati a casa. I suoi fratellini erano al sicuro, ed a quanto pareva anche Gemes doveva essere sano e salvo da qualche parte, dato che qualche mese prima le aveva fatto richiesta tramite Nathan di una garanzia che gli permettesse di vivere lontano da New Hovel. Aiden? Due anni prima aveva ricevuto un permesso speciale per lasciare la struttura nella quale era stata rinchiusa, il motivo era ad Idem ancora sconosciuto, ma… aveva ucciso così tante persone, così tante. Era troppo malata per essere rinchiusa ad Azkaban, e Idem aveva pregato Damian che mettesse una buona parola per impedire che Aiden venisse giustiziata. Ha combattuto con voi gli ripeteva, trattenendo le lacrime. Glielo dovete. Senza mai lasciar trasparire quanto quel ha combattuto con voi le facesse male, bruciando come corrosivo sulla lingua. La sua gemella, parte della sua anima, come poteva essere diventata così diversa? La malattia, Idem. È solo la malattia. Lo sai che ti vuoi bene, e sempre te ne ha voluto. Lo sapeva? Probabilmente chiunque, a quel punto, avrebbe ritenuto l’ultimo ti voglio bene di Aiden una mera esca per allodole, una menzogna; nessuno avrebbe avuto il coraggio, o la stupidaggine a seconda dei punti di vista, di crederle. Ma Idem Withpotatoes era pur sempre Idem Withpotatoes.
    Si tirò le coperte fin sotto il mento, rabbrividendo dentro al rosa pigiama di flanella. Doveva cominciare il rito serale almeno una buona mezz’ora prima di mettersi a dormire, maledette famiglie numerose. «Buonanotte Nathan. Buonanotte Aiden. Buonanotte April. Buonanotte Darden. Buonanotte Gemes. Buonanotte Isaac. Buonanotte Oliver. Buonanotte Wendy» Ed almeno un pezzo, era andato. Sentiva già le palpebre pesanti, per cui chiuse gli occhi impiastricciando le parole fra loro. «Buonanotte Damian. Buonanotte Liz. Buonanotte Olive. Buonanotte Keanu. Buonanotte Art. Buonanotte Nate» Uno sbadiglio, madre divina Idem non è che devi proprio fare la lista di tutti quelli che conosci. Ah no? Il solo fatto che provi a dirglielo, significa che la conosci poco. «Buonanotte Mehiri. Buonanotte Raph. Bunantt Da-aaaw-kota. Buo…» Ma era già crollata, così come Win che a furia di dare buonanotti sta sbadigliando come se non ci fosse un domani, ed ora smolla la testa sulla tastiera e si rimette a dormire. Tanto, a lezione ha già deciso che non andrà #opsididitagain.

    «OHMIODIOSONOINRITARDO» Con una mano si infilò un pancake fra i denti, con l’altra tentava inutilmente di infilarsi un paio di collant. Nonna Seti, seduta sul suo personale trono di spade, la guardava masticando lentamente, senza fare una piega. «Scusate se mi intrometto non voglio farmi i cazzi di nessuno, ma bella figlia c’hai ancor il pigiama, e non è carino andare a lavoro con un bel lama» Le indicò la maglia, dove sul tinta unita rosa pastello era stampato un adorabile lama color panna. «Oh» Disse semplicemente, ingoiando il pan cake in un sol boccone mentre le mani, nervosamente, passavano nei fini capelli scuri. «Idem, non sei in ritardo» Le rimbeccò sua madre, Lena, osservandola da sopra una pagina di giornale. Ed in effetti, aveva ragione: non era propriamente in ritardo, ma neanche in anticipo come piaceva a lei. Aveva il solito appuntamento con Artemide, e se già in linea generale odiava farle aspettare, da qualche mese non riusciva proprio a tollerarlo. La vedeva… diversa? Poteva bastare diversa per riassumere quello che vedeva, inespresso, nel viso della sua amica? Si sentiva impotente, ed aveva paura che le stesse succedendo la stessa cosa che era accaduta a Liz, a Will, o a Ethienne. I ribelli non potevano permettersi di perdere anche lei, ed Idem non poteva permettere a sé stessa di perdere un’altra amica senza fare nulla. Scosse la testa e tornò in bagno, dove aveva lasciato gli abiti della giornata: si era fatta la doccia, e si era rinfilata nel pigiama. Magico. Indossò un maglioncino verde ed una gonna nera a pois colorati, collant sottili e basse ballerine; una giacca blu scuro, più lunga della gonna stessa, ed una spessa sciarpa di lana dopo, Idem era finalmente per strada. Quando si infilò nel solito bar aveva già le guance arrossate e la punta del naso intirizzita, ma un sorriso sincero e spontaneo sulle labbra sottili. «Io vaniglia e lampone, con panna per piacere» Esordì avvicinandosi al tavolo dove già era seduta la Thompson. «Vuole sempre l’ombrellino?» Le domandò il cameriere, che ormai le conosceva, fra l’incredulo ed il divertito. Lei annuì, ammiccando come solo lei sapeva ammiccare, liberandosi della giacca per poi stringere Artemide in un forte ed affettuoso abbraccio prima di sedersi di fronte a lei. «Buongggiorno Art, come stai?» Domandò sinceramente interessata, sfregando le mani fra loro. Come facesse ad essere così allegra di primo mattino, è un quesito che sempre rimarrà senza risposta.

    the heart is deceitful above all things,
     
    .
  3. drops of jupiter
        +1    
     
    .

    User deleted


    ARTEMIDE THOMPSON ( ) - 38 Y.O. - rebel - confused - vodkadropsi
    « IT'S A REVOLUTION, I SUPPOSE , WE'LL PAINT IT RED TO FIT RIGHT IN »
    Mosse la cannuccia con un movimento poco accennato, lasciando che il fondo del bicchiere risalisse fino in superficie. Lo osservò poi lo ricacciò all'interno con un lieve sospiro, accavallando piano le gambe e distendendo la schiena. Una postura che aveva imparato da sola, nel corso degli anni, osservando le donne che la circondavano. Figure importanti, come quella di sua nonna. I saggi moniti da donna anziana che dispensava le erano stati utili in più occasioni. Come star seduta a tavola, come sistemare il tovagliolo sulle gambe, quali posate utilizzare per prima e quali dopo. Suo padre non vi aveva mai prestato attenzione. Il suo fisico era sempre stato al primo posto. Quella squallida ossessione di vedere le sue flessioni nel bel mezzo del giardino, di tagliarle i capelli ogni fine mese, di vederla giocare a Quidditch. Il suo terrore di deluderlo era sempre stato presente, nella sua mente. Era un Thompson, o almeno così veniva descritta. La sua femminilità audace e signorile non era venuta fuori prima della morte della figura paterna. Poter respirare finalmente la tranquillizzava, le dava possibilità in più, la faceva sentire diversa. Una diversità ben misera, rispetto a quella che man mano si stava guadagnando da sola. Prendendo esempio dagli altri, osservando gli atteggiamenti degli astanti. Scopriva, man mano, lati del suo carattere e della sua fisicità che in altre occasioni aveva tralasciato. Come l'importanza di portare i capelli sciolti, ad esempio. Quante volte i suoi erano stati legati in una scomoda coda di cavallo, a scuola. I suoi compagni l'avevano derisa, in più occasioni e senza pensarci due volte. I colleghi verde argento gliel'avevano tirata, una volta, facendole male alla cute , ma ancor di più ferendola nell'orgoglio. Merlino, quante situazioni diverse si erano susseguite nella sua vita. Quante volte era stata ad un passo dal baratro, ma poi si era accorta dell'errore ed era tornata indietro. Quante volte quegli occhi bruni avevano visto il terrore di ciò che la circondava, le orribili insicurezze che l'avevano costernata fin nel profondo.
    Sorrise malinconicamente, appoggiando un gomito sul tavolo e cercando lo sguardo del barista al di là del bancone. Si scambiarono un'occhiata, ma niente di più. La solita freddezza che aveva utilizzato nel salutarlo, poco prima, la diceva lunga sul suo passato. Solitamente era abbastanza gentile quasi con tutti, sempre se sulla sua giornata fosse campeggiato un enorme cartello con su scritto “SI”. Nel complesso, tuttavia, non si lasciava sfuggire occasione per mettersi a disposizione. Ma la gentilezza e ben altra cosa dalla cordialità. Chi è cordiale scambia due parole, parla della sua giornata, e lo fa mostrano un sorriso sulle labbra il più delle volte. Artemide non era sempre molto cordiale, la sua poca fiducia nel sesso maschile non gliene dava la possibilità. Che cavolo ci faccio con un marito , io? Vado in un locale lesbo, me ne faccio una, e se mi piace mi ci vedo anche dopo. Un pensiero “profondo”, e decisamente non da lei. Il cameriere le si avvicinò, portandole lo zucchero che aveva richiesto poco prima, e recando con sé un profumo di colonia decisamente invitante.
    “La sua amica non viene, oggi?” aveva domandato, appoggiando la bustina accanto alla tazza. La ribelle allungò i gomiti sul tavolo, guardandolo accuratamente negli occhi e tamburellando con le dita sul legno della superficie. Il suo sguardo dichiarava un esplicito tentativo di flirt, e se non fosse stato per quegli occhietti da ragazzino e quella camicia infilata disordinatamente nei pantaloni avrebbe chiuso un occhio in proposito. Stava per rispondere , quando alle sue spalle si materializzò un uragano pronto ad esplodere. Idem Withpotatoes aveva appena raggiunto la postazione, mollando il giaccone accanto a quello della sua amica e ordinando repentinamente il solito. Ormai la Thompson conosceva a menadito i suoi gusti, avevano condiviso quel momento insieme per lungo tempo, ed era un'abitudine ancora decisamente dura a morire. « Si stava già preoccupando che non arrivassi più! » rispose, con un sorriso divertito, sistemando le due giacche con più accuratezza e sollevandosi dalla sedia. Le mani scesero lungo il maglioncino chiuso sul davanti ad accarezzarne l'orlo, che sollevò e riportò al suo posto, ossia poco più sotto del ventre. I jeans le fasciavano alla perfezione le gambe magre, una sciarpa le copriva il collo e la leggera scollatura a V del maglione. Il freddo si faceva ormai sentire, e l'atmosfera fuori da lì cominciava a diventare decisamente magica. Aspettò che la sua amica folleggiasse allegramente con il suo spasimante, e vedendola voltarsi allargò le braccia nella sua direzione e la strinse a sé in un forte abbraccio. Mugolii divertiti, urletti. Il loro solito modo di salutarsi. Come se non si vedessero da anni tipo, quando invece probabilmente il loro ultimo incontro risaliva a qualche giorno prima. Colleghe, amiche, tutto. Non si poteva volere altro. Socchiuse gli occhi e arricciò il naso, la classica espressione da panda coccoloso che riservava solo a pochi eletti. « Ciao tesoro » la salutò lei affettuosamente, stampandole un bacio sulla guancia. L'affetto che nutriva per la Withpotatoes era qualcosa di non quantificabile. Artemide era decisamente fatalista, e l'incontro con lei era avvenuto per caso in un giorno di lavoro. Nessuna delle due l'aveva cercato, era avvenuto e basta. Era nato un bel rapporto. Artemide vedeva in lei una sorella più piccola che non aveva mai avuto, e questo aumentava in lei il forte desiderio di frequentarla, di averla accanto quasi sempre. Non si cercavano con grande frequenza, il loro rapporto era molto libero, ed era perfetto così. Sorrise al barista vedendolo allontanarsi, poi si sedette insieme ad Idem e si spostò con la sedia più all'interno. « Prima che ti colpisca col potere del mai 'na gioia, è meglio che cominci tu. Come stai? Ti trovo in forma! » le disse con un sorriso dolce, aggiungendo ancor più zucchero al suo frullato, che sicuramente stava diventando un concentrato immangiabile. Il lieve nervosismo costante si era impossessato delle sue dita che non riuscivano a star ferme, e in attesa del barista con l'ordinazione di Idem passava il tempo a far guai con quel che la circondava. L'incontro con Idem cascava a pennello. L'idea venutagli recentemente non era delle migliori, ma aveva bisogno di una mente fresca e amica che accogliesse le sue proposte. Idem rappresentava la perfezione.
    the heart is deceitful above all things,
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    withpotatoes do it better

    Group
    Special Wizard
    Posts
    363
    Spolliciometro
    +381

    Status
    Offline
    idem withpotatoes ( ) - 22 - Hufflepuff - rebel's secretary - marshmall(ass)
    « I was standing in the park wondering why frisbees got bigger as they get closer. Then it hit me.»
    Artemide Thompson era così… bella. Non c’era bisogno che dicesse -o facesse- qualcosa di particolare, non si trattava di quella bellezza ostentata ed usata come arma, oggetto e non più soggetto: era semplicemente bella, di quella bellezza che faceva sorridere anziché annichilire; perché Art, Idem lo sapeva, era bella tutta. Una delle persone che più aveva a cuore all’interno della Resistenza, simbolo di ciò ch’ella voleva diventare e di quello che le ricordava perché anni prima avesse deciso di intraprendere quella strada. Ciò che la rendeva ogni giorno più orgogliosa di averli scelti ed essere stata a sua volta scelta. Era possibile in quel mondo conoscere la Thompson e non cadere assuefatti al suo fascino? Idem Withpotatoes non aveva una risposta in merito, perché lei, come suo solito, non aveva neanche mai provato a resistere. Non poteva che ammirarla ammaliata, in quegli abiti che parevano dipinti su misura per lei, mentre il sorriso della donna le scaldava il cuore. Era lì la vera bellezza, in quella smorfia delle labbra. Eppure la psicomaga non vide la solita ragazza che era abituata ad incontrare per quella colazione; c’era qualcosa nel suo sguardo di differente, ma non riusciva ad inquadrare di cosa si trattasse. Il viso le pareva più tirato, era preoccupata forse? Nonostante sembrasse sempre la solita, la Withpotatoes si rendeva conto che così non era, e v’era un dettaglio sfuggente sospeso fra loro. I suoi occhi cristallini, trasparenti quanto il resto della sua essenza, non poterono che velarsi di una leggera tristezza. Empatica sin da bambina, d’altronde, quando il dolore di Aiden era stato anche il suo; un tratto che non l’aveva mai abbandonata, allargando anzi il raggio d’azione a chiunque le stesse vicino, conoscente o amico che fosse. Si lasciava trasportare dagli eventi, dalle persone; mai spettatrice, sempre in prima linea. Affondò il viso nella sua spalla, celandole la propria espressione mentre inspirando si appropriava del suo profumo dolce. Avrebbe voluto rimanere così per sempre; avrebbe voluto che quell’abbraccio bastasse per tenerla al suo fianco, lontano da ogni pericolo. Il fatto che fosse felice della Resistenza non significava che non temesse, ogni giorno, di perdere i suoi colleghi. Cercava sempre di rivolgere loro il sorriso più caloroso, le parole più dolci, disponibile quanto l’umana natura le permetteva. E se quelli fossero stati gli ultimi ricordi che avrebbero serbato di lei? Cercava di compensare, in quella maniera ingenua che si sforzava di fingersi ignara, l’espressione stupita con cui aveva lasciato la gemella. Non lasciò comunque che quell’ombra di tristezza si facesse strada nel suo animo, rischiando di preoccupare ulteriormente la sua amica: che circolo vizioso ne sarebbe nato, con Idem che si preoccupava per Art e Art che a sua volta si preoccupava per Idem? #preoccupception #wat «Ciao tesoro» Idem continuava a sorridere, tenendo le mani di Artemide fra le proprie. Temeva sempre che, se non le avesse guardate abbastanza, le persone sarebbero sparite da sotto i suoi occhi, senza darle alcuna possibilità di reagire. Si rendeva conto di quanto sciocco potesse apparire («cooooooooooosa? Sparire? PFFF ma chi crede una simile diavoleria? Aaaaahaaaahah sì okay io sì»). Dopotutto non era colpa sua se, filo dopo filo, ogni membro facente parte della sua vita le volgeva le spalle. Gemes si era fatto vivo, tramite Nathan, solamente per avere una specie di certificato che gli avrebbe permesso di vivere lontano: ovviamente l’aveva firmato, ma non significava che ne fosse felice. Non poteva tornare a casa? E metteva a tacere, testardamente, la voce che le ricordava che quella non era più casa sua, che lui non l’aveva mai voluta. Elizabeth, la sua migliore amica Elizabeth? Da un giorno all’altro, come William ed Ethienne, aveva semplicemente smesso: uno sguardo duro, vuoto, sprezzante, che mai aveva visto sul suo viso. Faceva sempre così male. Idem ne sorrideva, convincendosi che avrebbero trovato una soluzione; conscia che non si sarebbe arresa finchè così non fosse stato, come mai si era arresa con Damian Icesprite. Lei lo sapeva che le scelte non definivano ciò che erano; lo sapeva che Damian seguiva una strada diversa dalla sua, ma… era sempre la sua famiglia. Una manciata dei tanti motivi che la spingevano a ricercare costantemente gli occhi di Artemide Thompson, la sua dolcezza, la sua amicizia. Sapeva che spesso era difficile, per gli altri, capirla: la Withpotatoes era quasi esagerata, sempre al limite della follia. Poteva qualcuno essere così buono senza desiderare nulla in cambio? Come poteva, di fronte a quel mondo, continuare a ridere? Per loro, le sorgeva spontaneo. Per tutti loro. Perché lei ci avrebbe creduto, fino alla fine. A malincuore si allontanò, gongolando al cameriere la sua ordinazione, mentre si sedeva di fronte a lei. Corrugò lievemente le sopracciglia mentre le mani di lei, mettendo lo zucchero nel frullato, mostravano un tremolìo quasi invisibile ma ben percepibile, per un occhio addestrato come quello di Idem. Non solo conosceva Artemide, non solo le voleva così bene da rendersi conto di ogni minimo cambiamento, ma era anche il suo lavoro. «Prima che ti colpisca col potere del mai 'na gioia, è meglio che cominci tu. Come stai? Ti trovo in forma!» Allungò le mani sopra il tavolo e strinse nuovamente quelle della donna fra le proprie, sorridendo raggiante. Abbassò lo sguardo sul proprio outfit, gonfiando il petto d’orgoglio. «aaww grazie! dev’essere il verde: uno studio dice che si tratta del colore dell’Io, della vitalità, e della speranza» Elencò sulla mano libera, alzando un dito per ogni caratteristica. «sicuramente sono vitale, speranzosa, e senza ombra di dubbio sono Io» Ammiccò alzando entrambe le sopracciglia ma assottigliando le palpebre, fiera della propria battuta da Psicomaga incallita: Io, io… capita, no? No? Vabbè. «sai che non potresti mai contagiarmi con il mainagioia, sono impermeabile! Come un ombrello, ma meno… aperta» wat. Inclinò la testa di lato, rendendosi conto che come frase, ad alta voce, non aveva particolarmente senso. E dire che nella sua testa era una metafora geniale, proprio a pennello. «diciamo che sono impermeabile come un impermeabile. Sai, ti copro quando piove… singin’ in the raaain» lasciò la presa solamente per poter mimare, nello spazio di fronte a lei, un arcobaleno; quindi si concesse un nuovo sorriso, battendosi leggermente il petto con il pugno per schiarirsi la voce dopo quel siparietto musicale. Quando il cameriere lasciò il frullato davanti a lei, roteando scherzosamente l’ombrellino prima di metterlo nel cocktail, Idem battè le mani fra loro come una bambina. «OMBRELLO! Ne stavamo giusto parlando. A te piacciono gli ombrelli?» Domandò a quel povero ragazzo che serviva il loro tavolo, il tono serio e realmente interessato alla risposta. Il bello di Idem era anche quello: per lei nulla era un gioco, e tutto, nel grande disegno, aveva un’importanza fondamentale. Perché i gusti del cameriere avrebbero dovuto essere un eccezione? Lui non rispose ma le donò una risata genuina, e ad Idem bastò. A Idem bastava sempre. Felice prese il suo tesssoro, arraffando poi con fatica la cannuccia. Sì, aveva provato la challange trova la cannuccia senza usare le mani. Sì, aveva fallito. «davvero, art. qualcosa non va?» impossibile mentire a quei grandi occhi azzurri, impossibile volerlo.

    the heart is deceitful above all things,
     
    .
3 replies since 30/10/2015, 10:58   232 views
  Share  
.
Top