abracadabra! nope. you're still a (milko)bitch

#sonotodd?

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    Ticchettò con le dita sulla superficie fredda del tavolino, volgendo lo sguardo su ogni ragazzino che le passava accanto. Erano più di due mesi che Heidrun Ryder Crane, Milkobitch a tempo perso, si trovava nel mondo magico in qualità di pedina libera, non costretta a seguire le rigide regole dei Laboratori. Erano più di due mesi, ed ancora non aveva avvicinato nessuno delle tante, troppe, persone con le quali avrebbe dovuto parlare. Non era semplice per lei, ed anche se sapeva di passare dalla parte del torto, consapevole di star peggiorando la situazione, non riusciva a trattenersi. Continuava a procrastinare al giorno dopo, un’alba che si intestardiva a non arrivare mai. Domani, ma di quale anno era tutto da vedere. Il perché lo stesse facendo, non era chiaro neanche a lei. Non era mai stata una ragazza codarda, era anzi sempre stata pronta a prendersi la responsabilità non solo delle proprie azioni, ma anche di quelle dei suoi fratelli. Era fatta così, un sorriso di scuse ad incurvarle le labbra ed una scintilla di malizioso divertimento negli occhi verdi, una tenerezza tale da impedire a chiunque di tenerle il broncio. In quel modo aveva vissuto i primi sedici anni della sua vita, sia nel Limbo che nel mondo babbano. L’unico segreto che aveva serbato, sotto richiesta di Jo stessa, era stato quello del Limbo e dei suoi poteri –ma più che segreti, Run li aveva sempre reputati come normali, cose che capitavano a chiunque e di conseguenza non meritavano d’essere raccontati.
    Ma in tre anni, era cambiato tutto.
    Ed ora, a diciannove anni, Heidrun aveva paura. Riusciva ancora a sentire la voce dei Dottori che rimembravano la sua data di scadenza, il giorno in cui non sarebbe più stata utile a nessuno e, di conseguenza, sarebbe stata sacrificabile. Riusciva ancora a vedere lo sguardo ferito dei ragazzi che aveva portato come Cavie ai nonni, l’accusa nelle labbra serrate di Emerald e quella negli occhi troppo chiari di Aveline. Lei, quelle cose, le percepiva ancora tutte. Eppure aveva resistito, sapete; non aveva ceduto, rimanendo sempre, sotto le ceneri, la ragazza che Ian e Jeremy avevano imparato a conoscere e ad amare, che Bradley aveva accettato come figlia nonostante di lei non sapesse nulla. Contro ogni prognostico, fuggita dai Laboratori Run ancora aveva covato la speranza che tutto potesse andare per il meglio: avrebbe trovato il suo padre biologico, avrebbe chiesto scusa ai suoi fratelli, ed insieme avrebbero cercato un modo per andare avanti, per impedire che la data di scadenza pesasse sul suo destino. Avrebbe collaborato con il Ministero, ovviamente, e sarebbe perfino riuscita a rimediare ai propri errori.
    Poi c’era stato il Labirinto, e tutto ciò in cui aveva voluto credere si era sgretolato come una statua di sale sotto la pioggia. Addestrata per diventare un’arma, Heidrun si era liberata di ogni ostacolo con il sorriso sulle labbra, senza mai realmente preoccuparsi se fossero persone vere o meno; era diventata il genere di persona dal quale i genitori proteggevano i figli, e che i figli temevano di trovare nel buio della loro camera. Ma quello, quello era il minimo; a quel lato di sé, Heidrun avrebbe potuto sopravvivere, raccontandosi ogni sera la favoletta del erano loro o me. Invece chiunque li avesse pigiati dentro quelle mura di pietra come ratti da esaminare, aveva fatto di peggio: le aveva messo davanti tutto ciò che Heidrun aveva desiderato e temuto in quegli anni, ed aveva stravolto ogni aspettativa della ragazza. Erano stati solo, ed al solo sfuggiva sempre un sorriso, quattro giorni. In quei quattro giorni, Run aveva conosciuto la sua famiglia. In quei quattro giorni, Run aveva perso la sua famiglia.
    Jo. Due lettere, solo due, ed erano una pugnalata in pieno petto. Non poteva impedirsi di trasalire ogni volta che vedeva una chioma bionda, ogni volta che sentiva una risata cristallina o quando la cronocinesi le sfiorava allettante la pelle, invitando Heidrun in quel Limbo che aveva imparato a chiamare casa. Non poteva impedirsi di crederci, ancora, ancora ed ancora. Ingannarsi che nulla fosse stato reale, e che lei… Che sua madre, a discapito di tutto, fosse ancora viva. Nonostante l’avesse visto in quel suo ultimo sorriso, nonostante avesse sentito il battito sempre meno regolare ed il respiro più affannato, non poteva accettarlo. C’erano così tante cose che avrebbe dovuto dirle, così tante. Gliel’avevano portata via prima che potesse rimediare agli anni di assenza, prima che potesse incazzarsi perché l’aveva abbandonata, prima di poterle chiedere scusa e ringraziare come Dio comandava. Sarebbero rimaste parole in sospeso, incastrate nel Limbo che l’aveva vista crescere, cristallizzate nel momento in cui aveva acceso lo stoppino della candela: always and forever. L’unica cosa che aveva fatto per lei, la donna che sempre l’aveva protetta, era stato lasciarle il suo ultimo sospiro per Aloysius Crane, perché sapeva che lo meritava. Che se nessun altro li aveva scelti ai loro tempi, avrebbe dovuto farlo lei. Una responsabilità che era rimasta a pesare sulle sue spalle, unica consapevole del legame che annodava le loro tre vite in un unico, spesso, filo. L’unica con il potere di decidere se reciderlo o renderlo stabile.
    Inutile sottolineare per cosa avesse optato. Giorno dopo giorno, si era resa conto di non essere all’altezza delle aspettative, che fossero le sue o quelle di sua madre nei suoi confronti. Lei non poteva essere la figlia che Jo augurava ad Al, ed era proprio a quella faccenda che Run si riferiva quando parlava di questioni in sospeso: Joanna non l’avrebbe mai saputo, che Heidrun stava rompendo la promessa. Che non aveva mai avuto alcuna intenzione di mantenerla, mentre le volgeva le spalle per lasciarle la vita che avrebbe dovuto avere, quella che meritava, perlomeno nell’ultimo istante. Una vita dove lei non era compresa, e per quanto facesse male l’aveva accettato. Si era obbligata a non pensare, non pensare a niente: non agli occhi di suo padre, quando la Voce aveva rivelato il cognome di Run; non alle lacrime salate di sua madre, non alle domande senza risposta, non ai rimproveri. E ce l’aveva fatta egregiamente: aveva trovato lavoro al Ministero come Cacciatrice, tornava a New Hovel lercia come una pera tutte le sere, ed aveva brillantemente evitato chiunque avesse conosciuto dentro quel posto dimenticato da Dio, o nei Laboratori stessi: Elysian, Lienne, Gemes (eh vabbè, lo vedeva al lavoro e si limitava ad alzare le sopracciglia in cenno di saluto), mammaChris, Sean, Elsa, perfino Jaden. Heidrun aveva semplicemente smesso.
    Ma non poteva cancellare proprio tutti dalla sua vita. Per quanto potesse fuggire da una realtà che le andava troppo stretta, c’era un nome che riusciva, nelle sole dieci lettere, a rendere futile ogni tentativo di dimenticare: Milkobitch. Le mancavano così, oh, così tanto. Non li vedeva da tre anni, e non poteva che domandarsi cos’avessero fatto in sua assenza, quanto fossero cresciuti, o se fossero riusciti ad andare d’accordo. Cosa si era persa? Il loro primo appuntamento, la loro prima cotta, il primo litigio con i bulli del castello? Stavano bene, almeno? Se fino a quel momento li aveva evitati, era solo perché temeva la loro reazione. Era così sola Run, non poteva... Il solo pensiero della delusione nei loro occhi, le causava un dolore fisico. E dire che avrebbe dovuto esserci abituata, ormai, a quella particolare sfumatura negli occhi altrui. Ian e Jeremy però erano una questione a parte, perché per loro Run avrebbe fatto qualunque cosa. Erano la sua famiglia, l’unica che mai aveva conosciuto come tale. Eppure, li aveva abbandonati.
    Intrecciò le dita fra loro, soffiando sui palmi per scaldarle. Era un gelido pomeriggio ormai ricollegabile all’inverno, quando l’unico umano desiderio era rimanere sotto le coperte con una cioccolata calda –corretta- fra le mani. Ma era anche il periodo dell’anno nel quale si organizzavano le gite da Hogwarts a Hogsmeade, la sua occasione. Seduta a quel tavolino, squadrando ogni sciarpa che le passava accanto, Run sperava solamente di veder passare Jeremy e Todd; le sarebbero bastati due minuti, per dare loro una spiegazione. Non sapeva se mai avrebbero potuto accettarla, ma doveva almeno provarci. Due minuti, se li sarebbe fatti bastare.
    Non poteva perdere anche loro, aveva già perso tutto.
    Capelli ramati, una sciarpa più grande di lui, e due vispi occhi che sapeva essere chiari, ma che in quel momento erano puntati sulla strada acciottolata di High Street. Un sorriso sorse spontaneo sulle labbra di Heidrun Ryder Crane, mentre con una stilettata ai polmoni si rendeva conto di quanto fosse cresciuto. Ovviamente, l’aveva riconosciuto subito. Run avrebbe sempre, sempre riconosciuto Ian Todd Milkobitch, anche senza constatare quanti passanti urtasse nel mero tentativo di non cadere, o quante gomitate avesse già tirato alla popolazione magica mentre cercava di mantenere l’equilibrio. Si alzò, deglutendo con forza, mentre il cuore batteva forte contro le costole. Cosa gli avrebbe detto? Cosa mai avrebbe potuto dirgli? Non lo sapeva, ma doveva fare un tentativo. Sentiva gli occhi bruciare, ma diede la colpa al freddo. «Ehi, Fulmine» Utilizzò lo sciocco nomignolo che gli aveva affibbiato quand’era più piccolo, ed ogni volta che correva finiva per inciampare, rallentando così lo strenuo allenamento. «Perché non hai messo il cappello?» Che cosa stupida da dire, con quella voce spezzata, a qualcuno che non vedeva da tre anni. Che cosa stupida sentire quella fitta, e quel bisogno di stringerlo fra le proprie braccia per assicurarsi che stesse bene.
    Che cosa stupida, essersene andata senza neanche salutare.
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 00:52
     
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    L'ultima lezione dell'anno era finita il giorno precedente, non era andata male, non aveva ucciso nessuno e soprattutto non si era ferito e fatto del male a Jeremy. A fine lezione era anche riuscito a parlarci, era stato proprio lui a prenderlo in disparte, forse anche troppo, lo portò in un corridoio così isolato dal mondo, che si domandò se quel posto fosse mai esistito prima di allora. Ma era felice, lo fu per tutto il tragitto, glielo si leggeva in volto, finalmente avrebbe parlato con il fratello, ma era anche molto nervoso. Se fossero caduti e l'altro si fosse fatto male? C'era questa possibilità, eppure sembrava che Jer amasse il pericolo perché continuava a tenerlo per il braccio per portarlo poi finalmente in un angolino; se non fosse stato che erano fratelli avrebbe potuto anche pensare che lo aveva isolato per ucciderlo. Ian vedi troppi film horror disse Mickey che li aveva seguiti, beh almeno c'era un testimone. Nessuno mi vede ricordi? Dai sentiamo che ci dice beh si, usava il plurale, in fondo erano un unica persona loro due, ed entrambi avevano una brutta sensazione, non sarebbe mai stata una dolce e amichevole chiacchierata tra fratelli. Infatti una volta fermi gli disse senza troppi giri di parole che non ci sarebbe stato per Natale. In quel momento sentì il cuore spezzarsi, ancora una volta. Eppure non doveva essere una novità, il loro rapporto era così inclinato da tempo ed era quasi ovvio che quell'anno Jer preferisse passarlo lontano da lui e da quella famiglia che non sentiva sua. Gli occhi e il volto cambiarono immediatamente, e anche Jer sembrò accorgersene perché scappò via ancora prima che potesse supplicarlo di tornare a casa con lui. Lo guardò allontanarsi a passo veloce, cadde anche, ma non riuscì a ridere come faceva di solito per sdrammatizzare, notò solo lo sguardo che gli riservava quando si faceva male a causa sua. Gli chiese scusa, anche se lui in fondo non aveva fatto niente dopo di che se ne tornò al dormitorio.
    Il giorno dopo Ian decise di andare a fare un giro al paese, doveva comprare alcuni regali di Natale, anche per Run e Jer. Che desolazione, era così vuoto. Dai Ian, ci sarò io e magari potresti invitare Sheridan? Le piaci e lei è sola per Natale, che ne pensi? disse Mickey, tutto coperto e pronto per uscire. Ian alzò lo sguardo nella sua direzione, lo so che ci sarai, ma Sheridan, non verrebbe mai. Sono lo sfigato lo sai sentenziò mentre chiudeva il baule. Era tutto pronto per tornare a casa, anche se all'appello mancavano due persone che avrebbe voluto tenere sempre con se. Sospirò e si mise il cappotto, cappello – troppo grande che gli cadeva davanti agli occhi - e la sciarpa – talmente lunga da toccare a terra quasi- rigorosamente fatti a mano dalla madre. Erano colorati e tenevano molto caldo, quindi perché non usarli?Prima o poi sarebbe cresciuto no?
    Ian sei così lento che una lumaca avrebbe già fatto due giri intorno a te disse irritato Mickey, quanto era noioso quando faceva così, lui era veloce quanto bastava. Una lumaca...sei peggio di una lumaca continuò. Mickey smettila di leggermi nel pensiero. Se mi distrai non riesco a fare più veloce ecco. disse lagnoso ed irritato. Fece fare un giro alla sciarpa intorno al collo, ma rimaneva sempre troppo lunga, ci sarebbe inciampato sicuramente. Ma aveva solo quella, doveva rischiare.
    Scese le scale tenendo con un mano proprio la sciarpa e con l'altra si tenne al corrimano, capo chino e passo dopo passo scese gli scalini, ma la situazione era più difficile di quanto potesse sembrare, perché il cappello andò a cadere proprio davanti agli occhi nell'ultimo scalino; fu inevitabile, mise male il piede e ciondolando arrivò ad appoggiarlo sul tappeto davanti all'entrata, ma si era così sbilanciato che dovette tenersi ad un'armatura. Si bloccò all'istante, alzò il berretto con estrema lentezza, non voleva vedere cosa aveva combinato. Quando vide che tutto intorno era tranquillo sospirò e felice uscì. Inutile dire che quando si lasciò alle spalle le scale, subito dopo quell'armatura cadde a terra, la testa rotolò fino alla fine della scale, non era ben visibile, chiunque fosse passato da lì, probabilmente ci avrebbe messo il piede e caduto (sicuramente Jeremy).
    Poco importava se succedeva lui era già fuori e pronto per fare lo shopping natalizio,anche se due regali sarebbero rimasti sotto l'albero anche dopo Natale. Che amarezza.
    Arrivò dopo quasi mezzora a Hogsmeade, camminava davvero in modo lento,passo dopo passo, tra la neve, doveva stare attento a non cadere. Dai Ian...voglio farmi una burrobirra disse Mickey che al contrario camminava come se niente fosse, e non solo, per parlare con lui si era messo davanti quindi camminava all'indietro. Bravo davvero. Se solo ci avesse provato Ian sarebbe finito in qualche burrone coperto dalla neve caduta.
    Shh... lo ammonì come faceva spesso quando provava a contare i passi per non inciampare. E poi aveva altro a cui pensare, ai regali, doveva comprare qualcosa di carino per Run, chissà se le piacevano ancora le citazioni, magari se avesse trovato un libro glielo avrebbe preso; per Jeremy avrebbe provato con un antisfiga, anche se serviva ad entrambi, ma magari avrebbe salvato il fratello in qualche modo con un aggeggio magico che lo tenesse in salvo da Toddportaguai.
    Sentiva terribilmente la mancanza di entrambi, nonostante Jer fosse sempre presente, alla fine era lontano come lo era Run, con l'unica differenza che la ragazza era distante anche fisicamente. Quella famiglia stava cadendo a pezzi, forse era già in frantumi da molto tempo. Mickey come farò? La mamma sarà triste per l'assenza di Jer. disse all'improvviso, come se avesse appena realizzato davvero che il fratello non ci sarebbe stato quel Natale. Eppure l'anno prima non era andata così male, avevano ricevuto dalla madre un paraorecchie e alla fine Jer si era solo bruciato la mano toccando il ferro caldo, una crema e la fascia per una settimana aveva risolto tutto. Poi finalmente si rese conto che era arrivato in città, vide l'albero; era bellissimo con diverse persone che attaccavano letterine. Potevano esprimere un desiderio? Grandioso! Avrebbe messo anche il suo desiderio. A fatica trovò una pergamena e una penna d'inchiostro per scrivere ma alla fine mise anche il suo pensiero. Fece per attaccarlo quando Ian fallo fare a qualcun altro ti prego...non voglio che l'albero prenda fuoco lo ammonì Mickey, comparendo da dietro, quasi saltò dalla paura. Mmh hai ragione si guardò e notò di avere la sciarpa sotto al piede, un altro passo e avrebbe rischiato di strozzarsi con quella, magari sarebbe caduto sopra un passante e questo nello sbilanciarsi sarebbe potuto finire con il far cadere una candela poco distante dalla pianta e che questa prendendo fuoco avrebbe bruciato tutte le pergamene per poi disintegrarsi. Non voleva essere il grinch della situazione, così lo mise in tasca, magari sarebbe passato dopo e avrebbe chiesto a qualcuno. Si vergognava in quel momento, forse dopo una burrobirra tutto sarebbe stato più facile.
    Ok andiamo. fece marcia indietro e tornò a camminare cercando di non cadere; ovviamente urtò diverse persone, ma cosa poteva farci, doveva stare attento a non finire con il sedere all'aria. Ma la sciarpa che finiva sotto ai piedi rendeva tutto molto difficile.
    «Ehi, Fulmine» una voce femminile si parò davanti, era molto familiare, e poi quel nomignolo, solo lei lo usava. Che avesse sentito bene? Non poteva essere lei, era scappata. Se ne era andata tre anni prima e non si era mai più fatta vedere nè sentire, non poteva essere Run. No. Mise la mano dentro alla giacca e strinse la pergamena prima di alzare lo sguardo. Che il desiderio si fosse avverato senza doverlo mettere all'albero? Come poteva essere così fortunato? Ian è lei...guardala è bellissima disse Mickey, sorridendo come un ebete. Se solo fosse stato visibile anche a Run, avrebbe sicuramente riso di lui. Ma le parole dell'amico lo incuriosirono e alla fine alzò lo sguardo. I loro occhi s'incontrarono, ebbe un tuffo al cuore, era davvero bella la sua Run. Rimase lì impalato a fissarla, era lui l'ebete altro che Mickey, aveva appena perso l'uso della parola; ok era normale quando si ritrovava davanti al gentil sesso, ma con la sorella non era mai successo. Se fosse stato un miraggio? Oddio era caduto a terra e ora stava sognando. Forse era caduto sull'albero, ed era rimasto sepolto sotto. Non poteva essere diversamente, era in coma e stava sognando.
    «Perché non hai messo il cappello?» la donna continuò a parlare, ma cosa? Si toccò la testa. E si voltò No...l'ho perso disse sconsolato. Ora capiva perchè aveva iniziato ad avere freddo e gli lacrimavano gli occhi. Guardò Run, era reale. Ed era davanti a lui, sembrava in ansia. L'ho perso... ripetè ancora una volta sembrando un ebete. E quelle furono le prime parole da dire a sua sorella? Ma che idiota. Cosa poteva fare? Aveva molta voglia di abbracciarla, di piangere tra le sue braccia, ma quanto sarebbe stato ridicolo? A lui non interessava molto. Eppure non riusciva a muoversi, la fissava soltanto. Se----sei davvero tu? non riuscì a non sembrare felice di rivederla, le era mancata così tanto. Gli occhi divennero rossi e pronti ad esplodere in un pianto. Run... disse dolce, quel miraggio era davvero bello. Tu...sei sparita...perchè? disse serio, anche se aveva molta voglia di abbracciarla, ma era anche arrabbiato. Deciditi Ian
    Tu stai zitto disse ad alta voce guardando Mickey, e questo spari. Dovevano essere solo loro due. Avevano bisogno di chiarire.
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    Avete presente quando lasciate un luogo che per tanto avete chiamato casa, e non potete fare a meno di sentire un vuoto all’altezza dello stomaco? La medesima sensazione provata sulle montagne russe, quando sulla cima hai una scheggia di secondo per renderti conto che quello è il momento della discesa; non è tanto lo scivolo in sé a dare quel senso di smarrimento, quanto l’ansia nel rendersi conto che sta per accadere. Quando si lascia una casa, non è poi così differente: sei lì, i piedi ancora sul parquet lucido, e percepisci il vuoto: un minuto dopo sei fuori, e non v’è più ricordo di quel buco, se non un sapore amaro sulle labbra. Ed ora, immaginate di tornare in quello stesso posto dopo anni, quando tutto è cambiato ed al contempo è identico a come lo avete lasciato: il tuffo al cuore, il battito irregolare, le narici che si dilatano alla ricerca dei profumi che ricordava associare a quel luogo. Quello era ciò che provava Heidrun Ryder Crane, osservando i grandi occhi chiari di Ian Todd Milkobitch. Quando attirò la sua attenzione lui rimase semplicemente lì, fermo, ad osservarla ma senza guardarla realmente. Si sentiva trapassata da parte a parte dallo sguardo del piccolo Corvonero, come se neanche la stesse vedendo. Invisibile. Eppure era lì, davanti a lui; e lui era lì, davanti a lei. Non diceva niente, mentre tutto di lui parlava. Avrebbe voluto fare un passo in avanti, annullare la distanza che li separava per stringerlo forte, ma non lo fece: si lasciò giudicare dagli occhi di lui, mentre immobile lo squadrava con altrettanto sguardo critico. Era cresciuto, senza dubbio, ma Run non riusciva a vederlo: davanti a lei, c’era ancora il ragazzino di tredici anni che aveva lasciato a casa Milkobitch, quello a cui tendeva sempre la mano un secondo prima che finisse con il culo all’aria; quello che aveva visto crescere, il cui sorriso si era fatto anno dopo anno più sicuro, più affettuoso e caldo. Quello che si era convinta avesse bisogno di lei, ma che senza di lei se l’era cavata più che egregiamente; quello di cui lei aveva sempre avuto bisogno, ormai dorato relitto di ciò che era stata. Sempre uguale, ma non troppo. «No...l'ho perso» Rispose al suo ammonimento riguardo il cappello mancante, portandosi una mano alla testa. Non avrebbe dovuto aspettarsi una risposta diversa, da Ian Todd Milkobitch. Più lo sentiva vicino, più si rendeva conto di quanto le fosse mancato; era facile dire di sentire la mancanza di qualcuno quando quel qualcuno non era a portata di mano, lasciandosi cullare dalla sensazione agrodolce dei momenti passati insieme. Ma quando quel qualcuno si trovava lì, a mezzo metro di distanza, quella mancanza diventava un tassello fisico, un filo che mai si era sgretolato ed ora esigeva di essere visto. Un filo che univa tutti i punti e rendeva più chiaro alla ragazza quanto tutto quello fosse parte di lei, e quanto… quanto ancora avesse sbagliato, al suo ritorno, e stesse ancora sbagliando nei confronti di suo padre. Todd riusciva, senza dire niente, a spronarla ad essere una persona migliore. Era quello il significato di famiglia? Se l’era sempre chiesto, senza mai riuscire a trovare una risposta soddisfacente. Ma le domande sono bastarde astratte, un punto di domanda privo di sostanza; le risposte erano un’altra storia. Quella storia in particolare si chiamava Milkobitch, e con Todd a pochi passi da lei riusciva finalmente a mettere un punto a quell’interrogativo. Come aveva potuto dimenticarlo?
    «Se----sei davvero tu?» Avrebbe voluto ridere dell’assurda familiarità di quella situazione, ma si conosceva abbastanza da sapere che se avesse cominciato a ridere, avrebbe iniziato a piangere. Si limitò a sorridere, abbassando lo sguardo sulla sua persona: era davvero lei? una risposta sincera sarebbe stata no, non sono davvero io, perché Heidrun non era più la ragazza che Ian aveva conosciuto. Ma guardandolo, lei voleva essere quella ragazza. E poteva tornare ad esserlo. Quindi annuì, stringendosi nelle spalle. «dipende, se con tu intendi quella ragazza bellissima intelligentissima e divertentissima rispondente al nome di Heidrun allora sì» Sorrise maliziosa a labbra serrate, inarcando il sopracciglio sinistro. «Run..» No ti prego, Ian, non piangere. Le riconciliazioni erano qualcosa a cui era poco avvezza, e che la storia insegnava non andare nel migliore dei modi (vedi mamma, vedi papà). Avrebbe semplicemente voluto che, ripresentandosi da lui, tutto tornasse come prima. Nessuna parola, nessuna spiegazione, nessun passato, solo… solo i Milkobitches, com’era giusto che fosse. Ma si rendeva conto che gli altri avevano bisogno di qualcosa in più per perdonarle i suoi errori. Non tutti ignoravano i problemi fintanto che semplicemente non si annoiavano d’esistere e sparivano, come invece faceva lei; senza contare che per nessuno il tempo era relativo, come invece sempre lo era stato per Run. Chiuse gli occhi, incapace di sostenere fisicamente il tono dolce del ragazzo. Era un genere d’affetto al quale non era più abituata, che bruciava come acido nelle vene; era il run di sua madre, poco prima che le dicesse addio. Perché amare qualcuno doveva sempre essere così difficile? « Tu...sei sparita...perchè? » Heidrun sospirò, distogliendo lo sguardo per indirizzarlo alle proprie mani. Alzò nuovamente gli occhi solo quando, quasi con stizza, Ian intimò a qualcuno di tacere. Ovviamente non c’era nessuno. Un mezzo sorriso sulle labbra, mentre seguiva la direzione degli occhi del fratello. «Ciao mickey» e quelle due parole le riempirono il cuore di infantile gioia, perché certe cose proprio non cambiavano mai. Assurdo come per lei quei tre anni fossero durati almeno il doppio, e l’avessero cambiata profondamente, mentre Ian aveva ancora Mickey. Era davvero tornata a casa. «è… una lunga storia, te lo spiego strada facendo» strada facendo per dove? Nessun luogo in particolare, voleva solamente… camminare, rimanere ferma avrebbe reso il discorso più complicato e difficile. Pareva assurdo, ma per Run era così: aveva sempre bisogno di essere attiva, muoversi, fare qualcosa perfino in momenti del genere. «prima però… il mondo non è comprensibile, ma è abbracciabile» Citò, allargando le braccia per invitare Todd ad avvicinarsi. Se temeva di essere rifiutata? In parte, ma era conscia che il Milkobitch avrebbe avuto le sue ragioni. Sapeva solo che valeva la pena provare.
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    Edited by selcouth - 19/9/2016, 19:32
     
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    Erano passati solo alcuni minuti da quando Run si era presentata al ragazzino, in modo così del tutto inaspettato che lui ancora non credeva ai suoi occhi. Era come se la vedesse per la prima volta, provava addirittura la stessa sensazione di quel loro primo incontro. Si perse in quegli occhioni color nocciola, li aveva sempre avuti così profondi, anche quel giorno che era piombata a casa Milkobitch, spaventata. chi è mamma? é una bimba amore si chiama Heidrun
    Hun? - No amore Heidrun.- Posso chiamarla Run? - Se a lei fa piacere -
    Quella fu la prima cosa che disse di sua sorella, era così bella, quasi aveva paura di toccarla e lei non sembrava voler nessuno tipo contatto e tanto meno parlare con nessuno di loro, come poteva? Erano degli estranei. Todd aveva provato a chiederle se poteva chiamarla Run, ma lei aveva scrollato le spalle e accennato con la testa qualcosa che sembrava essere un si, oppure era un fai come ti pare tanto non ti risponderò lo stesso. Invece col tempo la ragazza iniziò a sciogliersi con lui, forse perché era così sbadato che sembrava uno di quei pagliacci che solo a camminare in quel modo goffo suscitava una risata. Ma in sua compagnia stava davvero bene dato che aveva iniziato anche a combinare meno guai, era la sua portafortuna oltre che sorella. Per lui lo era stata dal momento in cui l'aveva vista ”posso tenerla con me? aveva chiesto Todd alla madre ammirando la bimba che ammutolita continua a fissarli senza però voler acconsentire a quella richiesta o a obiettare. Ma era rimasta ( fino a tre anni fa) e avevano vissuto felice quel periodo insieme, o almeno lui, visto che lei se ne era andata senza un motivo apparente per Todd, se non che si fosse stancata di lui e Jeremy. Ora era tornata, forse, magari era soltanto passata a salutare, ed era lì davanti a lui, che gli sorrideva, non era cambiata molto,era sempre così bella la sua Run.
    «dipende, se con tu intendi quella ragazza bellissima intelligentissima e divertentissima rispondente al nome di Heidrun allora sì» Disse, ok non era cambiata neanche caratterialmente. Era proprio lei, sua sorella. Sorrise anche lui, non era capace di tenere il broncio, specialmente con lei. Aveva così tanta voglia abbracciarla, nonostante tutto.
    «Ciao mickey» disse la sorella guardandolo di nuovo, si ricordava anche di lui, chissà come avrebbe gongolato nel saperlo.
    Si ricorda di me...Ian...dai perdoniamola Appunto. Ricomparve anche lui che estasiato pregava l'amico di fare pace con la mora. Eppure sapeva quanto avevano sofferto con la sua partenza; non aveva perso solo una sorella, ma anche un fratello da quel giorno. Si perchè Jeremy attirava la sfiga di Todd senza che lui lo facesse apposta e col tempo si era allontanato. Salutamela... Ian alzò gli occhi al cielo, improvvisamente era così carino con lei, Ricambia, ma non ha capito che dovrebbe andarsene disse sbuffando, voleva chiarire con lei e Mickey era nel mezzo, lui non aveva dimenticato quello che aveva fatto e ancora non aveva deciso se perdonarla o meno Si lo abbiamo fatto, abbracciala daii, non farla scappare... continuò la sua coscienza, ma aveva dannatamente ragione, lui l'aveva perdonata non appena i suoi occhi aveva incontrato quelli color nocciola della ragazza.
    strada facendo? chiese non capendo, cosa stava dicendo che era tornata per restare? Che sarebbero stati insieme quel pomeriggio e che sarebbe tornata a casa, che avrebbero passato il natale insieme. Di nuovo dopo tre anni. Vacci piano Ian, non è detto che rimanga...non correre con i pensieri Si aveva ragione, doveva trattenersi dal sognare, non voleva rimanerci male ancora una volta. Ma sembrava così, dolce e determinata a voler tornare nella sua vita, come poteva non fare un passo verso di lei; in tutti i sensi. Erano uno di fronte all'altra e ancora non si era mosso da dov'era, non aveva neanche accennato di abbracciarla o altro; per fortuna fu lei a farlo. La sua Run.
    «prima però… il mondo non è comprensibile, ma è abbracciabile» disse e la vide allargare le braccia, speranzosa di essere ricambiata. Lo avrebbe fatto? La guardò cercando di capire quanto fosse reale. Aveva ancora dei dubbi, insomma aveva spesso allucinazioni e Mickey era l'esempio l'ampante. Lo vedeva come se fosse una qualsiasi persona, ed era l'unico, quindi chi glielo garantiva che anche lei non fosse come l'amico andiamo Ian, sei proprio un'idiota....è vera. Abbracciala disse in ansia,aveva davvero il desiderio di farlo. Come biasimarlo, anche lui voleva farlo – il fatto che Mickey sia frutto della sua mente e che se lo vuole uno è ovvio che voglia farlo anche l'altro è solo un dettaglio, ovviamente – Così sorrise alla fine mostrandosi alla sorella e si lanciò fra le sue braccia, stringendola stretta al proprio petto. Finalmente sei tornata disse lagnoso, alla fine si lasciò andare ad un pianto felice. Era reale, era lì, era Run.
    Rimasero per un tempo indefinito, in quel modo, lui stretta a lui, che piangeva e lei che lo rassicurava e gli accarezzava la testa. Sentirla lì era una gioia, quanto doloroso, riportava alla mente quei tre anni in sua assenza; era stato tutto così difficile, Jeremy si era allontanato creando una voragine tra i due impossibile da arginare. La madre aveva avuto mesi duri, lottando contro la depressione e lui, beh lui che poteva essere il collante della famiglia in quel periodo aveva solo combinato guai dopo disastri, isolandosi sempre di più, insomma come colla era davvero pessimo, quella della peggior sottomarca. Run era l'unica in grado di tenere i Milkobitch insieme. Senza di te...tutto è andato a rotoli Run, Jeremy a stento mi parla e quest'anno non ci sarà a Natale...mi odia. La mamma non sta bene. E io..e tu. si fermò per riprendere fiato e guardarla negli occhi, con i propri gonfi dalla lacrime Posso tenerti con me? chiese in ricordo a quel loro primo incontro. Voleva che fosse per sempre però quella volta.


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    Raramente Run si sentiva stupida, e non perché non lo fosse; semplicemente, non si sprecava a pensarci troppo sopra, preferendo stringersi nelle spalle senza dare realmente peso alle questioni in sospeso. Quello era uno dei motivi principali che la rendevano un passatempo fantastico, mentre come amica faceva piuttosto schifo. Figurarsi come sorella, o come figlia, o in qualunque altro ruolo implicasse più di quanto la Crane fosse disposta a dare. Si concedeva solo a piccoli pezzi, timorosa di allontanare troppo di sé, di perdere il controllo. Apparentemente non ne era una fanatica, e chiunque avrebbe potuto testimoniarlo, ma sbagliavano. Il suo problema era proprio quello. Quando si trattava di inibizioni, era la migliore, priva di quel pudore necessario che mettesse un limite fra ciò che si dovrebbe solo pensare, e ciò che era ammissibile fare. Aveva scoperto che molto di quelli che altri reputavano eccessivo, non era altro che il minimo indispensabile per percepire veramente la vita. Sarà che Heidrun era sempre stata più sensibile all’argomento, spinta sempre dentro abissi più profondi dal quale non c’era via d’uscita; sarà che sempre meno riusciva a darle quel brivido a fior di pelle, adrenalina nelle vene. Sarà che uno dei modi più semplici per sentirsi di esistere, era il dolore, principalmente fisico. Non era un autolesionista, ci sarebbe mancato altro!, ma se c’era una situazione nella quale potesse infilarsi che includesse dei rischi, dannazione, sarebbe stata in prima fila. Quel bruciante sentore di mancanza che provava rivedendo Ian, non era diverso da un colpo inferto da qualche Special impazzito. Non era diverso per niente. E le piaceva sbagliare, le piaceva essere stupida, perché significava che gli altri da lei non si sarebbero mai potuti aspettare niente di più. Come avrebbe potuto deluderli, se loro non avessero avuto aspettative?
    Eppure.
    Eppure, qualcuno riusciva sempre ad illuderlo, strappando poi quegli stessi inganni con ferocia brutale. C’era sempre qualcuno che in Heidrun, malgrado tutto, aveva creduto un po’ di più, si era fidato un po’ di più. Dai Milkobitch, Run non aveva mai cercato di nascondersi; non era ancora un’arma all’epoca, era solo la ragazzina del Limbo. Non sapeva, non aveva capito, quanto la sua vita fosse stata solamente una pagliacciata ben architettata. Non aveva ancora scoperto quel brivido della fuga. Troppo giovane, troppo ingenua. Troppo tante cose, Heidrun, che in tre anni aveva perso.
    «Finalmente sei tornata»
    E nel frattempo, senza dare il tempo a nessuno di loro di rendersene conto, erano diventati una famiglia. Heidrun inspirò profondamente, sentendo il profumo di Ian insinuarsi nelle narici, rimanere aggrappato alla pelle come un ricordo mai sbiadito. Non era mai stata la sorella perfetta, non una confidente eccezionale, ma a suo modo c’era sempre stata. Che fosse per minacciare qualche ragazzino del vicinato a non avvicinarsi più a Todd, per aggiustare un altalena rotta, per parare il culo di Jeremy quando si infilava in situazioni più grandi di lui, c’era stata.
    Ma d’altronde c’erano sempre tutti, finchè non c’erano più.
    Lo strinse a sé, mettendo in quell’abbraccio gli anni in cui non erano stati insieme, gli auguri che non gli aveva più fatto, i baci che non gli aveva più dato. Mise tutto ciò che non sarebbe riuscita a dire a parole: mi dispiace, ho sbagliato; mi dispiace, sono sbagliata. «già» fu l’unico commento che riuscì a farsi sfuggire, suonando patetica alle sue stesse orecchie. Non era sicura che essere tornata fosse la soluzione migliore, per sé e per i Milkobitch, ma preferì non dirlo ad alta voce. Voleva solamente godersi l’abbraccio di Todd, senza pensare alle conseguenze di quel ritorno. Se avesse ignorato i problemi, loro avrebbero ignorato lei, giusto? Non era così che funzionava? «già, sono tornata» ripetè, accarezzando i capelli ramati del fratello. Cosa avrebbe dovuto dire? «che culo, eh?» una cazzata. Giusto, e così tipico della Crane da farle sorgere un sorriso malizioso sulle labbra, le sopracciglia inarcate. Non che quella battuta fosse troppo lontana dalla verità. Una vera maestra nel rendere il sarcasmo un’arma a doppio taglio, Run. Sentì le spalle del Corvonero scuotersi sotto le sue mani, e comprese che stava piangendo. Oddio, no. Si irrigidì, deglutendo con decisione per impedirsi di scoppiare a piangere anche lei, cosa che preferiva evitare. Si lasciava andare ai pianti così di rado che, talvolta, si dimenticava cosa si provasse. In momenti come quello, si rendeva conto di non volerlo sapere. Ricacciò le lacrime, serrando le palpebre e concentrandosi sulla respirazione. Quello era uno dei motivi per i quali le rimpatriate non facevano per lei. Non voleva che Todd piangesse, non per Heidrun Ryder Crane. Avrebbe preferito degli insulti, magari uno schiaffo; la violenza riusciva a comprenderla, ma il dolore? Quello non se lo aspettava. Rabbia, rimpianto. Non quello. Così tacque, stringendolo a sé finchè i tremiti non cessarono. Si allontanò di un passo, sorridendo al ragazzino mentre le mani si chiudevano a coppa attorno al suo volto pallido, dove premette brevemente un paio di volte. «ma che bel giovanotto che sei diventato» il sopracciglio sinistro scattò verso l’alto, un tono malizioso ed ammiccante decorato dal sorriso sghembo a fior di labbra. Aveva una ragazza? Aveva già dato il suo primo bacio? Lo prendevano ancora in giro?
    Era ancora Todd?
    «Senza di te...tutto è andato a rotoli Run» Run aggrottò le sopracciglia, senza riuscire a celare del tutto un guizzo d’irriverente divertimento. Se solo avesse saputo la verità, avrebbe compreso quanto peggio avrebbe potuto essere se lei fosse rimasta con loro. «Jeremy a stento mi parla e quest'anno non ci sarà a Natale...mi odia. La mamma non sta bene. E io..e tu.» Vederlo con gli occhi chiari velati da una cortina liquida, le fece stringere il cuore. «non piangere» lo ammonì, sentendo la gola serrarsi. Dovette schiarirsi la voce un paio di volte, per liberarsi di quel fastidioso nodo alla lingua. Ah, se solo tutti quelli che aveva portato nei Laboratori l’avessero vista in quel momento! Come perdere la propria reputazione in dieci secondi. Ma andiamo, si parlava di Ian Todd Milkobitch. Era suo fratello. Heidrun aveva una corazza spessa, forse troppo, attorno al proprio essere. Eppure c’era qualcosa nella fragilità esposta in quelle parole, ed in quel paio d’occhi troppo grandi, che fece breccia come un grissino nel tonno Riomare. Aveva perso gran parte di sé stessa, ma per resistere al pianto di Ian avrebbe dovuto essersi persa completamente, imboccando una strada di non ritorno. Heidrun non era ancora a quei livelli. «Posso tenerti con me?» Quello era veramente gioco sporchissimo. Una lacrima scivolò sulla guancia destra della mora, accompagnata da una risata che le graffiò il palato, la testa piegata all’indietro. «ti odio, ian todd milkobitch» ma sapevano entrambi che non era vero. Si passò il dorso della mano sulla pelle, scuotendo il capo con disapprovazione. Ricordava quando Todd, ancora bambino, aveva domandato a sua madre se potessero tenerla con loro; ricordava anche di aver alzato le sopracciglia, ma di non aver risposto. Andiamo, sua madre l’aveva appena abbandonata. Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto tenerla con sé? Non la conosceva, non sapeva in cosa si stesse andando ad impelagare. Run era, e sempre sarebbe stata, un problema.
    Ma a qualcuno piaceva così. Era quello che faceva più male. «non ti libererai facilmente di me, ragazzino» si strinse nelle spalle, scompigliando i capelli rossi di quello che, un bambino, non lo era più. Lo sguardo si fece più serio, mentre con un braccio attorno alle sue spalle lo invitava a seguirla. «cos’ha fatto bitch poco milko? E smettila, lo sai che jeremy non ti odia. È solo… jeremy» di nuovo fece spallucce, come se quello potesse spiegare tutto. Per chi lo conosceva, in effetti, era così. Il rapporto fra i due fratelli non era mai stato dei più facili, e malgrado fosse stata assente tre anni, era certa che Jeremy non odiasse Ian. «e non ci sarà a Natale…» sbuffò, posando la testa su quella di Ian, mentre camminavano come due ragazzi normali per la strada principale di Hogsmeade. Le era mancato così tanto, da essere una sofferenza quasi fisica. «ma per favore, ci mancherebbe altro. lo porto io il suo culo da bradley, non ci sono cazzi che reggano» ah, che bello il familiare territorio del turpiloquio. Finalmente qualcosa nelle sue corde! «cos’ha bradley? In che senso sta male?» domandò, senza lasciar trapelare la preoccupazione. Sapeva che era un circolo vizioso: s’ella si fosse lasciata trasportare dal nervosismo, Ian a sua volta avrebbe mostrato ancora più angoscia. Chissà perché, Todd aveva sempre creduto che Run potesse aggiustare qualsiasi cosa, sistemare ogni bug. In realtà, Run non sapeva fare proprio un cazzo. Ma perché smentirlo? «Cantami, o Diva, del Mlikobide Todd» semi cit. «cosa mi sono persa?»
    Tutto, Run. Tutto.
    Decise magnanimamente che il suo racconto riguardo gli anni trascorsi, fuga e laboratori, avrebbe potuto aspettare. Prima Todd, poi lei. Che brava ragazza, eh? Non perché non sapesse neanche da che parte cominciare, figurarsi.
    Evitando la conversazione? Ma chi, lei? Giammai!
    Tutti sapevano quanto Heidrun fosse brava ad affrontare i problemi di petto.
    Nel senso letterale del termine: #ESCILERUN.

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    Edited by selcouth - 19/9/2016, 19:33
     
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    Spero di essere Todd

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    Era tornata la sua Run, la stringeva tra le braccia, o forse era lei che lo faceva, ma non aveva importanza, non voleva che quel momento terminasse, lo aveva sognato per mesi il suo ritorno ed era felice. Il profumo che emanava era proprio come ricordava, anzi meglio. La sua Run. Non voleva lasciarla andare perché di solito quando sognava quel preciso momento lei svaniva Oh ma lei è reale Ian disse felice. Todd non poteva crederci e la strinse di più, voleva sentirla prima di farla allontanare, se fosse scappata avrebbe almeno ricordato ancora per qualche mese il suo profumo, gli serviva per non dimenticarla, anche se sarebbe stato comunque difficile. Lei era la sua Run.
    Quando finalmente sciolsero quell'abbraccio, la ragazza l'osservo, facendolo quasi diventare rosso «ma che bel giovanotto che sei diventato» disse la sorella prendendo il volto del ragazzo e sorrise. Quando sorrideva Todd gongolava, perché sapeva che ogni suo sorriso era prezioso visto che non era sempre stata così. Nei primi mesi dopo il suo arrivo a stento emetteva un suono.

    Ehi Run....come stai? Ti va di gioc--- ohh grazie Quella volta Todd aveva provato a giocare a palla con lei me era inciampato nel pallone e stava per cadere a terra, di faccia, giusto per rompersi qualche dentino da latte ancora prima che questi potessero dondolare. Ma Heidrun lo aveva preso al volo e si era salvato, non aveva emesso un verso o un suono, l'aveva solo rimesso in piedi e fatto un piccolo sorriso; Il sorriso più bello del mondo, tanto da farlo arrossire. Da quel giorno lei divenne il suo angelo e dopo molti anni ancora era così. Gli occhi della giovane lo ipnotizzavano sempre e quel sorriso poi, era un dono. La sua Run. Ma non era facile resistere e alla fine pianse e come un fiume gettò sulla sorella tutta la sua disperazione. Non piangere fu praticamente troppo tardi perché si perse nel pianto e si fermò solo dopo qualche minuto, si guardarono e pure lei stava piangendo? «ti odio, ian todd milkobitch» ma perché? La guardò dubbioso, che aveva mai detto di così strano? Le hai detto se puoi tenerla...sei proprio idiota Ah scusa disse sentendosi stranamente in colpa, non voleva farla arrabbiare. «non ti libererai facilmente di me, ragazzino» disse scompigliandogli i capelli: Lui sorrise di rimando, era felice, la sua Run non sarebbe sparita di nuovo. Forse dopo anni di buio, tutto poteva tornare a splendere. Grazie Run disse mentre con un braccio attorno alle spalle cercava di portarlo da qualche parte. Facciamo un giro insieme?! non era propriamente una domanda, ma era quasi un'affermazione con tanto di stupre, insomma era tornata e ora stavano anche per passeggiare insieme. Se era un sogno non voleva essere svegliato.
    «cos’ha fatto bitch poco milko? E smettila, lo sai che jeremy non ti odia. È solo… jeremy» Cosa? Ah si, si era praticamente dimenticato della questione Jeremy, sorrise malinconico, guardando a terra. Continuò a non esserne tanto convinto, in quegli ultimi tre anni si erano a malapena salutati ed era quasi sicuro che fosse colpa sua se Jer non era contento di averlo come fratello. Sospirò mentre la ragazza cercava di consolarlo, certo che era dolce la sua Run.
    «e non ci sarà a Natale…ma per favore, ci mancherebbe altro. lo porto io il suo culo da bradley, non ci sono cazzi che reggano»
    Aspetta davvero?! Run, sarebbe perfetto. Un Natale in famiglia. gli si gettò tra le braccia della ragazza per poi saltellare con lei al suo fianco quasi ma dovette fermarsi di nuovo quando nominò di nuovo la madre. «cos’ha bradley? In che senso sta male?» forse aveva esagerato quando aveva detto che Bradley stava male, cioè era vero, ma non era propriamente così, insomma era complicato capirlo, a volte stava bene per settimane, spediva lettere su lettere e altri periodi spariva, se non fosse stato per la nonna non avrebbe mai saputo come stava la madre. Abbassò di nuovo lo sguardo e si torturò le mani Bhe come al solito insomma, sai com'è fatta, ogni tanto è triste, questo dice la nonna. Si sta riprendendo ora e la notizia di Jeremy potrebbe farla crollare ma... alzò lo sguardo e ammirò la sorella Tu sei tornata e tutto andrà bene
    Ben detto Ian. La nostra Run è casa. Certo che è proprio bella disse improvvisamente Mickey che continuava ad ammirare la mora davanti a loro.
    Già...Aspetta cosa? Non stavo ascoltando... disse tornando sul pianeta terra, la sorella aveva appena parlato e lui si era distratto, succedeva spesso che si perdesse nel proprio mondo strano, quello infatti era uno dei tanti motivi per il quale il ragazzo era solo, insomma chi vorrebbe mai stare con una persona che t'ignora? A volte era capitato anche addirittura che il rossino si girasse nel bel mezzo di una conversazione e che se ne andasse perché si ricordava che doveva chiudere la finestra o prendere un libro, magari si era sporcato col caffè mentre parlava, insomma lasciava le persone lì come fesse a guardarlo andare via. Ma non quella volta.
    «cosa mi sono persa?»
    Mm..cosa ti sei persa..non saprei. Sono sempre lo stesso e faccio sempre i soliti casini lo sai. ammise, in effetti era vero, inciampava praticamente su tutto e quando era nei paraggi suo fratello ci rimetteva. Cosa poteva mai raccontare alla sorella? Da quando se ne era andata a parte il suo stato d'animo cupo non era cambiato molto, era semplicemente più triste e sfortunato senza di lei, ma ci aveva fatto l'abitudine, come quella volta che senza farlo apposta era riuscito a far arrabbiare quei serpeverde. Ma in quell'occasione c'era stata Sheridan. Divenne rosso al pensiero della bionda, che Run se ne fosse accorta?
    Dai raccontale, forse ci consiglia disse Mickey al suo fianco e se fosse stato reale gli avrebbe anche dato una spallata, Ian alzò gli occhi al cielo ook ok glielo domando disse guardandolo. Per fortuna Run sapeva del suo amico quindi non si sarebbe scomposta più di tanto ma era evidente che voleva sapere cosa stava combinando suo fratello minore Todd cosa mi vuoi domandare?
    Ecco appunto, fece un sospiro, mentre il volto diventava sempre più rosso Sai mi piace una ragazza....ma non so come comportarmi ok l'aveva detto, era stato molto molto vago ma era un inizio no? Lo aveva appena detto ad alta voce, ora doveva riprendersi.
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    Se esisteva un Dio, doveva essersi dimenticato di loro. Una qualche legge ancestrale avrebbe dovuto tenere ben distanti due universi opposti come quello di Run ed Ian, non avrebbe dovuto permettere che collidessero. Qualcuno avrebbe dovuto tenere persone come Ian Todd Milkobitch davvero molto, molto lontano, dalla gente come Heidrun Ryder Crane. Quelli come Run non se li meritavano, quelli come Todd. Non facevano altro che distruggerli, sfaldarli, spogliargli di ogni strato finchè di loro non sarebbe più rimasto nulla di ciò che erano.
    Quelli come Heidrun, rovinavano quelli come Ian.
    Cambiavano la loro vita, la rivoluzionavano, la contorcevano e le davano un nuovo sapore; e piacevano, almeno all’inizio. Era un cambiamento dolce, rapido. Non un uragano a distruggere case infiltrandosi nel terreno, ma la delicata pioggia primaverile che permetteva ai fiori di sbocciare più colorati. Neanche ci si rendeva conto di aver fatto posto nella propria vita, a quelli come lei.
    Finchè, quelli come lei, non c’erano più.
    A malapena riusciva a guardarlo negli occhi, consapevole di quanto fosse diversa: da lui, da Jeremy. Semplicemente, dalla sé stessa di tre anni prima. Stringendolo a sé si rese conto, Run, di quanto fosse poco adatta ad essere sua sorella. O quella di chiunque altro, per inciso. Avrebbe solamente voluto serrare le palpebre e fingere che non fosse cambiato nulla, di essere sempre lei. Poteva farlo? Mentre inspirava il suo profumo, beandosi del calore del suo corpo contro al proprio, Run credeva di sì.
    Ci credeva sempre un po’, la Crane, che le cose potessero tornare come un tempo. Quando ancora non aveva incubi, sapete. Quando ancora non era in fuga, e la sua preoccupazione principale era trovare modi sempre più fantasiosi per saltare le lezioni, per infiltrarsi nell’ufficio del preside, o per conquistare i capitani di football e lacrosse così da farli litigare fra loro, e poi friendzonarli.
    Si, aveva sempre avuto passatempi divertenti. Probabilmente era quell’indole particolare che, nei Laboratori, le aveva permesso di fare amicizia con Sciaia: il lupo cambiava il pelo, ma non il vizio. Il fatto che il concetto di amicizia dell’Hamilton fosse molto relativo, non impediva a Run di amarlo con tutto il suo avvizzito ma sempreverde cuoricino da milkobitch.
    Ecco, quello era il genere di persone della quale avrebbe dovuto circondarsi la Crane. Gente come Shia era ciò che meritava, non i Milkobitch. Chiaramente, tutti questi pensieri non la convincevano di star facendo una cosa sbagliata, obbligandola moralmente a mostrarsi per quel che era così da lasciare Ian e Jeremy alla loro, seppur non completamente, normale vita. A Heidrun piaceva tantissimo pensare a tutto ciò che non avrebbe dovuto fare, ma le piaceva ancora di più farle comunque. Sì: era un po’ stronza, cinica, egoista, talvolta vagamente psicopatica con rari – ma non troppo – picchi di sociopatia, irresponsabile, un poco inaffidabile, saltuariamente sadica, rissosa, molto yolo, abbastanza alcool and drug da rientrare nella categoria bad company, con un pessimo senso dell’umorismo, sicuramente un po’ sgualdrina, MA A CHI IMPORTAVA? a tutti? Li amava troppo per rinunciare un altro giorno a quelle due mini testoline di radicchio, quindi si sentiva in dovere di obbligarli nuovamente alla propria presenza.
    Che persona di merda.
    L’avrebbero un po’ odiata, ovviamente, ma le piacevano le challange: si sarebbe riconquistata il loro amore, come la canzone di Cheryl fight for this love (in realtà sia la Crane che Sara conoscono solo il ritornello, quindi non siamo certe di quello che stiamo dicendo: ci fidiamo del titolo). La vita di Run era come un grande Risiko il cui scopo era conquistare quanti più cuori possibili (ossia tutti, perché era assai improbabile resisterle: andiamo, dai. Anche tu che stai leggendo le vuoi bene, lo sai. Anche i tuoi animali le vogliono bene. Anche io le voglio bene, e io non voglio bene a nessuno #wat).
    Sì Viola, sto cercando di comprarmi anticipatamente il tuo amore per quello che accadrà da qui a qualche mese. PENSA A TUTTO QUELLO CHE ABBIAMO PASSATO! Natale in famiglia, ti ho portato Jeremy!, capodanno senza delitto, appuntamenti al buio con sheridan (#wat). Forgive me brobae for mi vida crazy (?).
    Comunque.
    «Aspetta davvero?! Run, sarebbe perfetto. Un Natale in famiglia.» famiglia. Famiglia. Non sapeva se ritenersi lusingata o offesa con Morgan per accanimento terapeutico, considerando che in diciannove anni di vita aveva avuto più famiglie che raffreddori. Jo, nel Limbo. I Milkobitch, e Bradley. Shot e Murphy. Datele qualche mese, e ci sono anche i REB. Senza contare il suo vero padre, quello biologico. Run, allergica alle responsabilità ed a tutto ciò che derivava da queste, continuava a procrastinare il momento della conversazione, malgrado sapesse che prima o poi avrebbe dovuto avvenire. Parliamoci chiaro: Aloysius Crane sembrava, se possibile, averne voglia di lei. Non certo un grande incentivo a fare il primo passo. «a proposito di famiglia…» iniziò, schiarendosi la gola con un colpo di tosse. Abbassò gli occhi sui propri piedi, che incuranti della conversazione in corso continuavano a muoversi, trascinandola per l’elegante via di High Street. Se non avesse alzato lo sguardo, sarebbe stato fin troppo facile per Run credere di essere a Londra, dove sempre aveva passeggiato con Todd; quello, il mondo magico, era un’incognita del tutto nuova. Come sarebbe stato Todd nel suo ambiente naturale? E Jeremy? Cosa facevano, i Milkobitch, quando non vivevano a Londra con lei e Bradley?
    Chissà, magari anche loro si dilettavano a rapire persone e portarle nei laboratori. Ma ci pensate?
    «ho trovato mio padre» esordì di punto in bianco, con il tono leggero con il quale avrebbe potuto suggerirgli un succo al pompelmo anziché alla pera. «oh guarda, un pusher!» indicò un uomo nascosto nell’ombra, immobile se non per gli occhi che continuavano a scandagliare la folla. Come faceva a saperlo? BEH, Run certe cose le capiva subito. Aveva un detector speciale per spacciatori, psicopatici, e fancazzisti.
    Era così che aveva trovato Spaco. «che droghe ci sono nel mondo magico?» ah, piccola Crane, credo che tu abbia sbagliato fratello a cui chiedere. Osservò Ian, sbattendo languidamente le lunghe ciglia scure. «voglio dire… non avvicinarti mai a persone del genere» lo ammonì, dandogli un buffetto sulla guancia. Non lo specificò, ma era ovvio che se avesse avuto bisogno di sostanze allucinogene, avrebbe semplicemente potuto chiedere a lei. La famigghia serviva per quello, no?
    No.
    Okay.
    «Bhe come al solito insomma, sai com'è fatta, ogni tanto è triste, questo dice la nonna. Si sta riprendendo ora e la notizia di Jeremy potrebbe farla crollare ma...Tu sei tornata e tutto andrà bene»
    Cool. Cool cool cool cool cool cool cool, no doubt no doubt no doubt no doubt.
    Run si ritrovò ad annuire fra sè, i capelli scuri a scivolarle morbidi sulle guance, con la lingua stretta fra i denti nel tentativo di uccidere la risata nervosa che minacciava di strapparla in due. Ingoiò la dolcezza di quelle parole sentendole come miele in gola, serrando le labbra fra loro per gustarle sulla lingua. Cosa aveva fatto. Con il braccio sulle spalle di Ian, lo strinse a sé con un sospiro silenzioso, soffiandogli un bacio sulla testa ramata. Tu sei tornata e tutto andrà bene. Forse avrebbe dovuto dirglielo lì, in quell’esatto momento, che non sapeva quanto sarebbe rimasta. I’m sorry kiddo, i can’t stay for long. Ma… andiamo, l’aveva appena ritrovato. E poi, Heidrun Ryder Crane voleva davvero essere la Run del tu sei tornata e tutto andrà bene. Certo che, a dover essere sinceri, Ian si era sempre accontentato di poco. Ho già accennato a quanto facesse un po’ schifo come sorella, sì? Beh, ripeterlo è sempre cosa buona e giusta. «mi dispiace per bradley» commentò in un sussurro sui suoi capelli, ritraendosi con l’abbozzo di un sorriso. Cosa avrebbe potuto dirgli? Che avrebbe dovuto essere lei, Run, la sorella maggiore, ad occuparsi di loro? Ian lo sapeva già. E che cazzo, non era colpa di Run. Non solo. Piangere sul latte versato andava bene solamente per chi non aveva un belino da fare della propria vita, e non era di certo il caso della Crane. Anzi, aveva così tante cose da fare, che ihihih non ne faceva neanche una. Quando Todd le disse dei suoi soliti casini, non potè trattenere un sorriso sincero e divertito. Non osava immaginare quante perle si fosse persa, durante la sua assenza. Aveva fatto volare qualche altro tacchino? Aveva cercato involontariamente di uccidere Jeremy con un ventilatore? Aveva stretto casualmente amicizia con qualche boss della malavita?
    Lo amava così tanto.
    «Sai mi piace una ragazza....ma non so come comportarmi» Run si immobilizzò, portandosi la mano davanti alla bocca con un respiro strozzato. Gli occhi, spalancati nella sorpresa, sondavano il volto lentigginoso del fratello. «cosa? chi? CHI È. La conosco? Descrivimela. Viene a scuola con te? Jeremy la conosce? Ti prego, non dirmi che è la ragazza di Jeremy. Aspetta» si volse verso di lui, le mani a palmo aperto in segno di resa. «…jeremy ha una ragazza?» oddio, Ian era alle prese con la sua prima cotta. CHE EMOZIONE COM’ERA CRESCIUTO. Dimentica dei tre anni passati senza di loro, dei Laboratori, del Labirinto e di tutta la merda emotiva che si portava appresso ormai da un pezzo, Heidrun si premette estasiata le mani sul viso, coprendo con le dita un sorriso orgoglioso. «offrile da bere» aka: ubriacala. «magari qualche caramella» aka: drogala. Okay, forse non era un approccio convenzionale, ma con lei aveva sempre funzionato #wat. «no, scherzo» eppure, il sorriso a sopracciglia inarcate che gli rivolse, faceva pensare tutt’altro (ed in effetti, scherzava solo sulle caramelle – era più tipo da canne, la Crane, che non da acidi. Era ancora convinta che l’alcool fosse una dimostrazione d’affetto sufficiente a comprarsi il cuore di chiunque). «non devi comportarti in qualche maniera speciale, o fare cose fuori dalla norma… sei Todd» concluse stringendosi nelle spalle, come se quella semplice affermazione potesse bastare a rispondere a tutti gli interrogativi del Corvonero. Era già perfetto così, e se alla sua dama non fosse piaciuto com’era RUN L’AVREBBE PICCHIATA sarebbe stata solo una sua perdita. Suck it.
    the heart is deceitful above all things,
     
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