Come quando cosa perchè? #wat

Max e Mae

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    Maximilian Italie ( ) - 26 - Slytherin - rebel - #swishselvaggio
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    Si era ripromesso molte cose quando aveva varcato i cancelli della Resistenza, si era ripromesso di essere forte, di essere forte per Alex, di non mandare tutto all'aria come era tanto bravo a fare, si era ripromesso di pagare quel debito che lo teneva incollato al ricordo del cugino, quel ricordo che non sbiadiva ma, anzi, si faceva sempre più vivido, sempre più reale man mano che il tempo scorreva. Maximilian non era mai stato bravo a prendere una posizione, non era mai stato bravo a decidere le regole del gioco, non era mai stato un ribelle e nemmeno un mangiamorte, non si era mai lasciato prendere dal turbinio degli eventi e, piuttosto che sbilanciarsi, aveva preferito andarsene. Quello era stato il suo primo errore, era stato il momento in cui probabilmente aveva condannato a morte suo cugino senza nemmeno rendersene conto, quell'errore gli era costato troppo, troppo caro, la sua famiglia non poteva più nemmeno esserne testimone perchè anch'essa era sprofondata nell'oblio. Solo lui, ormai era rimasto solo lui, cambiare il passato non gli era possibile, cancellare i sensi di colpa non gli era possibile, poteva però tentare di fare qualcosa, di agire, poteva tentare di rimediare a tutto il male che aveva causato. Avrebbe forse dovuto recarsi da Lucas, dai suoi cugini, far sapere loro che era tornato, che era ancora vivo ma non riusciva a spiegarsi perchè la sua mente si riufiutasse anche solo immaginare cosa sarebbe successo se lui fosse ricomparso dal nulla bussando alla loro porta. Per loro che non sapevano com'erano andate le cose lui era solo un traditore, per il resto del mondo che non sapeva com'erano andate le cose lui era soltanto un traditore. Il periodo dei laboratori, Margaret, le torture, la sua follia sulla soluzione finale, sul progetto di quell'arma che avrebbe sterminato i maghi, nessuno sapeva, nessuno avrebbe mai saputo, Max aveva distrutto le prove, aveva cercato di tornare a vivere in modo sereno, aveva tentato di tenersi occupato e soprattutto, aveva tentato non solo di entrare a far parte dei ribelli ma anche di trovare un lavoro che gli permettesse di ristabilire qualche tipo di contatto umano. Entrare nella Resistenza, entrare nel luogo i cui Alex aveva progettato, aveva combattutto, entrare in quel luogo per cui Alex aveva dato la vita, procurava in lui sensazioni assurde, senza senso e continue allucinazioni, era per quello che Italie raramente si faceva vedere al quartier generale, appena varcava la soglia di quella struttura infatti si trovava affianco il cugino, se lo trovava nei corridoi, nella sala addestramento, ovunque... un'ombra irreale che lo seguiva continuamente senza dargli tregua. Quel giorno però non si trovava li a caso, no si trovava li perchè aveva voglia di fare un giro in compagnia dei propri fantasmi, no, si trovava nella sala addestramenti perche Meave Winston, una bionda ribelle che aveva intravisto una cosa come tipo due volte, gli aveva chiesto un appuntamento. Non quel tipo di appuntamento. A quanto pare dovevano discutere di qualcosa o qualcuno, gli aveva chiesto di raggiungerla li e lui puntale si era dunque presentato nel luogo da lei specificato. Pochi secondi e l'illusione di Alex gli tornò davanti agli occhi, era in piedi di fronte a lui e lo guardava ridendo "Avanti cuginetto datti da fare, è carina te lo assicuro forse un po' bisbetica ma si sa... le donne o hanno tette o hanno il cervello." Max si portò una mano alla faccia *lordtakemenow* *facepalm* cercando di scacciare quell'assurda visione e concentrarsi su qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse ossrvare il vuoto o un punto indefinito del muro bianco. Ad un certo punto scattò in piedi, aveva bisogno di fare qualcosa altrimenti impazziva, recuperò una pistola e andò al poligono di tiro caricandola e premendo il grilletto non appena i bersagli comparivano in sequenza. Dieci centri perfetti uno dopo l'altro, non aveva ancora perso mano con le armi seppure le usasse gran poco, era talmente concentrato in quella specie di sfida con se stesso che nemmeno si accorse di essere stato affiancato dalla bionda. Si staccò dalla pistola solamente quando lei parlò riportandolo nel mondo reale, Max posò l'arma e tese la mano alla bionda che doveva ammettere, era un vero schianto. "Maximilian Italie, piacere." ora muori Max
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    non so se stare male perché la gif è così ... così da Max, perché mae lo ammazza sicuro o perché l'ultima discussione aperta qui è la quest #04 ... è troppo creepy questa cosa.
     
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    maeve winston ( ) - 19 y.o. - Ravenclaw - charm's master - blonde revenge
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    C’erano giorni in cui Maeve Winston rimaneva lì per ore, la schiena poggiata contro la porta chiusa, ad udire le grida dell’uomo al piano di sotto. Fra le mani stringeva una lettera, la lettera, dove lui aveva ammesso di amarla. E stava lì, immobile, chiudendo gli occhi su un mondo che non comprendeva. Era stato necessario prendere misure drastiche con il caso di Ethienne Leroy, ex preside del castello ed ora segregato nei sotterranei del quartier generale. Era stata lei stessa ad aiutare nella cattura; questo non rendeva più facile udire le sue minacce, sentirlo sbattere i pugni contro le sbarre, o –ed era quella la parte peggiore- temere, nei silenzi che ne seguivano, che avesse trovato un modo per uscirne. Avrebbero dovuto fare i turni per tenerlo sotto controllo, ma quando poteva la Winston si segnava anche al posto dei suoi colleghi ribelli, accontentandosi di quella seduta fredda e solitaria. Parole sotto i polpastrelli che anziché essere confortanti, non facevano che spezzarle il cuore; parole che l’aiutavano, in ogni caso, a ricordare l’obiettivo: aggiustarlo, farlo tornare quello di prima. Per quanto potesse parere, il suo, un comportamento altruistico, Mae in realtà rimaneva lì per sé stessa. Aveva bisogno di tempo per pensare, ed il tempo era proprio l’unica cosa della quale scarseggiava. Da quando era tornata dal labirinto, teneva sempre i capelli sciolti, così da coprire il marchio; quand’era sola, però, non poteva impedirsi di esplorarlo con le dita, ancora alla ricerca di una spiegazione. Perché, perché continuava a non riuscire a mettere un punto definitivo ad i propri interrogativi? Lei aveva bisogno di certezze, di controllo. Dietro le palpebre abbassate, riusciva ancora a rivedere l’intero iter: le mura di pietra, gli schermi con i suoi compagni, Dakota. Jason. E rabbrividiva, stringendosi le braccia al petto. Maeve era tante cose, ma non speciale -o almeno, non nel senso che volevano intendere loro. L’avevano scelta, nello specifico l’avevano selezionata. Cosa poteva avere lei più dei suoi compagni? Per quanto amasse vantare il contrario, era consapevole di non essere la più forte, brillante, o divertente della compagnia; non si aggrappava alla vita con le unghie e con i denti, non combatteva, non fuggiva. Affrontava le situazioni poste sul suo cammino, ma non le andava a cercare. Ovvio che se poi le impedivano di proseguire il suo percorso, doveva trovare un modo per liberarsene. Ma cosa, Iddio, la rendeva più idonea di altri? Dopo ogni fine, c'è un nuovo inizio; riarsa la gola, stretto il petto. Si mordeva il labbro, cercando in quella profezia la nuova strada da seguire, le briciole di pane che l’avrebbero portata alla casa nel bosco. Il nocciolo della questione, ecco cosa le sfuggiva. Il nesso che collegava i vari punti sulla tabella, fili privi d’inizio o fine. Strade dipinte di scarlatto, nessuna salvezza. I figli pagheranno i peccati dei genitori; Le scelte saranno la condanna, I vincitori saranno i vinti, I fili trappole, le promesse vuote. Morte, peccato, condanne; in una parola, sofferenza. Più cercava di lottare per un mondo migliore, più il mondo faceva di tutto per rendere impossibile la sua missione. Cambiava le carte in tavola non appena Maeve batteva le ciglia, impedendole di vedere il trucco; la cosa positiva, era che la Winston era certa che un trucco vi fosse. Doveva solo scoprirlo. L'anello mancante sarà la Cura e la Malattia. La fine non è vicina: è già qui. Un nuovo inizio. L’anello mancante; la fine già qui. Ma qual era l’anello mancante? Tastava quella cicatrice, ben attenta a non mostrarla mai, domandandosi se potesse c’entrare qualcosa. Quanto odiava, la Winston, non avere risposte. Strinse le labbra fra i denti, determinata a dare una spiegazione razionale ad almeno uno dei tanti dubbi che le affollavano la mente: Alexander Italie. Com’era possibile? Era morto, Maeve ne era certa. Era stata presente alla sua esecuzione, l’aveva visto esalare l’ultimo respiro. Ritrovarselo nel Labirinto… Qualcosa non quadrava, e l’unico che potesse aiutarla –purtroppo- era un altro Italie, membro anch’egli della Resistenza. Avrebbe invero potuto chiedere a Lucas, ma considerata la poca fiducia riposta nel Grifoidiota, non avrebbe creduto a mezza parola. Aveva dato appuntamento a Maximilian, ma non riusciva a staccarsi da quella posizione, quasi che lo stare così vicina a Ethienne potesse aiutarlo a ricordare. Allo stesso tempo, le sembrava giusto essere lei la sua guardia, essere lei ad osservarlo: redenzione. Che parola buffa, che peso importante.
    A Dakota non aveva mai spiegato cos’era successo nel Labirinto, limitandosi a rivolgergli un triste sorriso che sapeva, sperava, avrebbe compreso. Non voleva parlarne, non prima di aver capito ella stessa a cos’era andata incontro. Soprattutto non voleva farlo preoccupare, non il suo ultimo anno al castello – in veste di Caposcuola, per di più! Doveva godersi, per quanto possibile dalla loro situazione, quel momento; doveva farlo per entrambi, dato che il suo ultimo anno era quello che aveva cambiato tutto. Alla fine si alzò, infilando la lettera nella tasca interna della giacca viola, passando nervosamente le mani sugli abiti impolverati. Indossava un semplice abito giallo pastello, lungo fino a poco sopra il ginocchio e con una contenuta scollatura a cuore; l’eleganza prima di tutto. Maeve sapeva che l’apparenza era importante, e mai una volta si era mostrata qualcosa di meno che impeccabile, con i biondi capelli ondulati sempre perfetti, il viso pulito e privo di ogni traccia di trucco, i vestiti perfettamente in piega. Era Maeve Winston, indipendentemente dalle circostanze. Indipendentemente da quanto tutto attorno a lei stesse crollando: avrebbe dovuto rimanere in piedi, sempre. E già che c’era, l’avrebbe fatto con l’usuale grazia, eredità di ogni Winston – Lacroix. Strinse la collana a forma di cuore dalla quale non si separava mai, regalatole il Natale precedente da Wayne; al suo interno, manco a doverlo specificare, una foto di Maeve e Dakota, sorridenti e dimentichi di quanto la loro vita fosse complicata. Liberi, privi di fili: non ribelli, non cavie, non il sadico gioco di chicchessia. Due ragazzi che con il solo sorriso avrebbero potuto cambiare il mondo.
    E l’avrebbero fatto, perché erano Maeve e Dakota.
    Si avviò verso la Sala Addestramenti, incontrando ben poche persone; le vacanze erano alle porte, ed era difficile che qualcuno preferisse rimanere al Quartier Generale piuttosto che stare con la propria famiglia. Ancor più difficile per loro, che sapevano in ogni momento quante probabilità vi fossero che non riuscissero a tornare a casa per riabbracciare i propri cari. Perché aveva dato appuntamento all’uomo proprio lì? Semplice, mera strategia: ci sarebbero state meno orecchie ad origliare i loro discorsi, e –cosa più importante e da non sottovalutare- c’erano delle armi che Maeve non si sarebbe fatta scrupoli a usare, se necessario ma anche se non lo fosse stato. Sapeva ormai come funzionava il suo rapporto con gli Italie: non bene. Prima ancora di vederlo, sentì i colpi. Oh, buon Dio, un pistolero. La Winston odiava le armi babbane, e non aveva mai nascosto la sua disapprovazione nell’averle lì, a portata di mano di chiunque. Erano pericolose, più pericolose di una spada, e qualcuno di poco esperto avrebbe rischiato di far male non solo a sé stesso, ma anche ai suoi compagni. Sapere che una di quelle armi era nelle mani di un Italie, non la faceva sentire meglio.
    Affatto.
    Si avvicinò cautamente al giovane, osservando la fermezza –poca- con la quale teneva la pistola, e la fortuna sfacciata nel beccare ad ogni pallottola il bersaglio. Sbruffone. Posò le mani sui propri fianchi, chiedendosi se avrebbe dovuto, non so, attaccarsi in fronte un cartello luminoso per rendere conto della sua presenza a Maximilian, o se prima o poi se ne sarebbe accorto da solo. Se Maeve fosse stata una spia Mangiamorte, avrebbe già potuto ucciderlo quindici volte, ed in quindi maniere diverse. Che peccato, eh?. Alla fine optò, seccata dal fatto di non essere stata notata subito, per un colpo di tosse, ben attenta nello spostarsi dalla traiettoria (sia mai che, spostandosi, l’Italie le sparasse per errore) quando lui si volse verso di lei. «Maximilian Italie, piacere» Lo fissò qualche istante senza battere ciglio, distogliendo lo sguardo di biasimo solamente ricordandosi delle parole di Dak -«Mae, non puoi sempre odiare tutti» Okay, okay- . Obbligò le labbra a sorridere, mentre gli stringeva la mano. «Lo so, ti ho dato appuntamento io» Sottolineò la stupidità di quel convenevole, ma senza farlo direttamente. Stava proprio diventando una brava persona, Wayne sii fiero di lei! Pensava di non dover specificare di essere Maeve Winston, dato che sarebbe andata incontro alla stessa superficialità mostrata dall’uomo e contro ciò ch’ella aveva appena detto, ma … gli occhi di Max non mostravano proprio un’intelligenza lampante. «Maeve Winston» Tacque il piacere mio, non poteva certo esagerare con le bugie. Sempre con il sorriso, come se il dirlo ad alta voce non la facesse sentire incredibilmente stupida. «Mi spiace se ti ho disturbato» ma quando mai? «Volevo solamente farti qualche domanda su… Alexander» Si morse l’interno della guancia. Sapeva che erano parenti, anche se non aveva la minima idea di quale fosse il loro legame. Semplicemente, non le era mai importato (e poi era Bionda, aveva interessi limitati). Ora, le strade davanti a lei erano due: poteva mostrarsi rude, e priva di tatto, ma giungere subito al nocciolo della questione, oppure poteva girarci intorno, aspettando che fosse lui a fare il primo passo.
    Aspettando che fosse lui, a fare il primo passo. … Okay, vada per il piano A. Tanto la Winston non era mai stata famosa per la sua delicatezza, i sentimenti umani la confondevano. «È morto sul serio?» Secca, dritta al punto come un –elegante e fantastico- ippopotamowat. Taaac.



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    26 | rebel | mai.una.gioia | #swishselvaggio
    Maximilian Italie
    28.11.15 ▴ Pomeriggio ▴ Londra ▴Quartier generale ▴ you're so beautiful
    "Ok ora vacci piano rubacuori non sbavarle sopra, cerca di fare bella figura!" La voce di Alex tornò a farsi vivida in quella sala appena Italie posò la pistola, cercò di scrollarsi di dosso la sensazione che suo cugino gli fosse nuovamente affianco, quella voce che lo confondeva ogni qual volta la udiva. Accanto a lui si era piazzata una bionda dalla bellezza veramente celestiale, non se ne era mai acccorto, non si era mai preso nemmeno un attimo per osservarla da vicino, per squadrarle l'ovale volto perlato. Rimase con gli occhi incollati su di lei mentre questa mormorava che si, sapeva chi era, certo, ovvio. Che stupido. Incapace di cambiare quell'espressione sorridente ed allo stesso tempo confusa a dir poco, Max stette in silenzio lasciando che quella donna si presentasse in modo "ufficiale". Maeve Winston, un nome, una poesia. La sua pelle sembrava uno specchio incantato, i suoi occhi degli zaffiri profondi ed intensi quanto l'oceano, i capelli brillavano alla luce (del led ... molto romantico davvero)come tanti fili dorati arricciati tra loro, una corona di stelle che rendeva quella ragazza la perla più bella e rara del mare. *sviolinamenti vari sulla bellezza di mae che non interessano a nessuno andiamo oltre*
    "Attento alla bava, ho dimenticato il bavaglino con gli orsetti a casa" Ridacchiò il biondo mentre Max riprese a respirare, suo cugino sembrava prendersi gioco di lui, la sua mente sembrava prendersi gioco di lui, di una razionalità che aveva perso per sempre nei laboratori. "Mi spiace se ti ho disturbato" continuò invece la bionda con fare sicuro «Disturbo? No, no stavo solo...» che stava facendo? S'era messo al poligono di tiro per eliminare le allucinazioni ma non era di certo un bel biglietto da visita da utilizzare con la femme-fatalesconosciuta, «...provando qualche tiro» inventò lì per lì mister ovvietà dalla sfera creativa comparabile solo a quella di un criceto con l'alzahimer. In realtà lui stava aspettando solamente lei, o' bella tra le belle, per caderle ai suoi piedi come un gringo innamorato, traviato da un colpo di fulmine *che bella visone eh? #rrrrromantico.* Si insomma, l'Italie era giunto lì solo ed esclusivamente per incontrarla, figurarsi se disturbava, sinceramente avrebbe pure provato ad invitarla fuori a cena ma sapeva bene che i suoi, potevano solo rimanere sogni irrealizzabili. La Winston era impegnata ufficialmente con Leroy, l'ex preside, pazzo scatenato, che di punto in bianco s'era messo a sclerare peggio di Obama. Da quel che ne sapeva stava ricoverato in clinica psichiatrica da quelle parti, nei corridoi del quartier generale, forse in una cella con tanto di pianoforte e salotto con vista mare. Il cuore di Maeve era quindi già stato rubato da un uomo e questo mandava in frantumi le sue più nobili intenzioni di portarla a letto all'altare. Sarebbe diventata quindi la sua Musa ispiratrice, non c'era altra via, così come Dante fece con beatrice, egli avrebbe dedicato a lei solo i più bei versi, accompagnati dalla musica più soave. "Volevo solamente farti qualche domanda su… Alexander" *crack* Se in quel momento la bionda percepiva qualche rumore, era probabilmente il cuoricino di lui andato in pezzi assieme alla fantastica visione celestiale di cui stava godendo. Fu richiamato alla realtà da quel nome, quello del cugino, che non stava più affianco a lui e che sembrava essersi dissolto assieme alle sue più strambe fantasie. Probabilmente quella donna lo conosceva meglio di Max, gli era rimasta accanto quando se n'era andato in scandinavia alla ricerca della felicità, o forse era solo curiosa di sapere che fine avesse fatto ma... tutti lo sapevano. Alexander Italie era stato giustiziato pubblicamente e Maximilian, l'unico in grado di salvarlo, era stato trascinato nei laboratori giusto la notte prima. Ricordava ancora quegli ultimi istanti ed i passi affrettati, quei pochi metri che lo distanziavano da Villa Italie pienamente illuminata, ricordava la sua ombra venir accerchiata da altre, un colpo e poi il buio. Addio Alex.
    Il ragazzo si scantò rapidamente mentre nel suo volto nasceva un'espressione seria, malinconica, quasi rigida. "È morto sul serio?" No tesoro, è andato giusto giusto a farsi una crociera alle bahamas ma torna eh! 'Spetta e spera. Non si poteva certo dire che la raffinatezza di Maeve si nascondesse nella parlantina ma la sua domanda lo sorprese non poco, non era una giovane stupida o fuori di senno, se lo aveva chiamato esclusivamente per porgli questo quesito voleva dire che aveva rivisto la faccia di Alexander da qualche parte. Ora toccava a lui scegliere se rivelare alla biondina dell'esistenza di un gemello, di un sosia, oppure di lasciarla con i suoi dubbi e le sue domande finchè non avrebbe scoperto da sola la verità. Dichiarare Marcus vivo e vegeto dopo anni in cui tutti lo credevano morto però non gli sembrava affatto una mossa logica, nè sensata, non ora che il mondo magico era pericolasemnte in bilico tra ribelli e mangiamorte. «Sì. Cioè no.» bravo, ottimo inizio. «E' morto ma non lo è, insomma hai capito.» No che non ha capito idiota, se non sai nemmeno spiegarle che il tuo bel cuginetto ha un gemello come farai a dichiararle i tuoi sentimenti? «Perchè vuoi saperlo?» chiese di rimando cercando di capire le intenzioni di lei. Morgan i biondi... sempre così complicati, sempre i più belli, i più fighi, i più ammirati. "Maxi, Maxi nonostante sia morto le donne preferiscono un cadavere piuttosto che te, bro fatti due domande, fai due più due" eccolo, di nuovo, Alex ricomparve stavolta accanto alla Winston e l'Italie dovette cercare di non cambiare espressione mentre osservava l'illusione del cugino palparle il fondo schiena e poi giocare con i ricci dorati. E' morto sul serio? Nah. Più comodo trasformarsi in un'illusione in formato convenienza da portare sempre con te, in viaggio, a scuola, al lavoro. Sì che era morto, che poi il gemello si fosse salvato dal martirio era un'altro paio di maniche, tutta un'altra storia. Peccato che ora rischiava di finirci lui in mezzo, l'unico "sano di mente" rimasto di quella famiglia, non voleva certo nascondere al mondo la lampante verità che passava inosservata agli occhi dei più ma non voleva nemmeno mettere i manifesti. Una cosa del tipo Alexander è tornato! Coca e mignotte tutta la notte! No. Niente festeggiamenti, niente pubblicità, più quel segreto andava preservato meglio sarebbe stato per tutti quanti, voleva evitare di svegliarsi la mattina con il pensiero che il cugino potesse salire al patibolo da un momento all'altro solo perchè lo scambiavano per Alex.
    Max rimase qualche istante a fissare nuovamente Maeve , voleva capire perchè quella ragazza lo aveva contattato per parlargli del biondo, forse aveva scoperto il gemello, forse l'aveva visto da qualche parte e voleva assicurarsi che non fosse il giustiziato scampato alla pena di morte. «Alex è morto sul serio e su questo non ci piove» esclamò cercando di recuperare un po' di convinzione e credibilità, voleva vedere come reagiva la sua bella di fronte a quel dato di fatto. Stava a lei ora dire qualcosa.
    Cantami, o Diva, del Pelide Achille
    l'ira funesta che infiniti addusse
    lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
    generose travolse alme d'eroi,
    e di cani e d'augelli orrido pasto
    lor salme abbandonò (così di Giove
    l'alto consiglio s'adempìa), da quando
    primamente disgiunse aspra contesa
    il re de' Prodi Atride e il divo Achille


    La smetto? la smetto. Me ne vado? Me ne vado.
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    Si sentì quasi in colpa, sul serio. Per un breve ma significativo istante, Maeve Winston si sentì un essere umano, dotato di emozioni, ma soprattutto empatia, umana. Per una frazione di secondo le dispiacque di aver dovuto porre quella domanda a Max, malgrado fosse quello l’unico motivo per il quale avesse richiesto di incontrarlo; le dispiacque di essere stata brusca. Si sentì quasi in dovere di allungare le mani a stringergli le mani, cercando gli occhi verdi di lui per rivolgergli un sorriso rassicurante: perdonami. Ovviamente, non dovrei neanche stare qua a dirvelo, non lo fece. A parte che non era nella sua indole, neanche con gli amici quindi figurarsi con gli sconosciuti, e poi… sarebbe stato come mentire, e quando poteva, Maeve cercava di non mentire mai. Le convenzioni sociali le aveva sempre ritenute superflue: lei, bionda quasi ventenne corvonero, si ergeva al di sopra di quei limiti dati dalla, ed alla, plebe. Lei era Maeve Winston, e non doveva chiedere scusa per un comportamento ritenuto poco dignitoso: era sempre dignitosa, lei. Non era colpa sua se gli altri tendevano ad offendersi con troppa facilità, prendendo le domande sul personale. Ma Maeve, sono domande personali! Okay, poteva essere un buon argomento per i contro alla sua teoria della comunicazione, ma… no, non si sarebbe scusata comunque. Cominciò però a sentirsi un po’ a disagio, sentendo la prima fitta di imbarazzo farsi strada fino alle guance, che arrossirono lievemente. Viso d’angelo, non… DAKOTA SMETTILA. Perché la coscienza di Maeve doveva avere la voce di Dakota Wayne? Dio, quanto odiava i Grifondoro. Per tutta risposta, infastidita verso sé stessa e quindi ancor di più verso la vita che l’aveva obbligata ad infastidirsi con sé stessa (winception), la Winston strinse le braccia al petto, osservando Max in silenzio. Era abbastanza distante da non dover inclinare il capo all’indietro per guardarlo negli occhi, il che rendeva la situazione meno imbarazzante per entrambi. «Sì. Cioè no.» Ecco, Maximilian Italie rendeva più semplice a Maeve Winston non sentirsi in colpa. Inarcò entrambe le sopracciglia, chiudendo e riaprendo lentamente gli occhi. Era una risposta? Davvero? Attese in silenzio che continuasse, cercando di non mostrarsi contrariata. E ci riusciva anche bene! A parte la posa rigida in cui era rimasta, che comunque non era una novità dato che sembrava sempre avere un palo nel culo, e le sopracciglia arcuate, nulla nella Winston lasciava intendere qualcosa, mentre impassibile attendeva la continuazione della risposta. Sì, lo sappiamo tutti: ormai è rinomato che Maeve non fosse una brava persona. Il fatto che fosse ribelle ed insegnasse al castello a dei ragazzini, e che si preoccupasse di loro più che di sé stessa, non significava –affatto- ch’ella fosse improvvisamente diventata Gandhi bionda. Era ancora l’algida Winston dagli occhi freddi e l’espressione distaccata, annoiata ed annoiante. Certi vizi erano difficili da perdere, malgrado ci stesse provando. A dimostrazione del suo tentativo di diventare una persona migliore (anche se, andiamo, era già perfetta così!) si spiaccicò perfino un garbato sorriso sulle labbra, invitando il serpeverde a proseguire. «E' morto ma non lo è, insomma hai capito.» Sì, beh. Quasi cristallino. Se avesse inarcato più scetticamente le sopracciglia, si sarebbero confuse con i capelli. Cosa significava? Se avesse tirato fuori una di quelle mistiche conversazioni sul non c’è più, ma è ancora nel mio cuore, Maeve avrebbe capito quanto fosse stato inutile quell’incontro. Non che ci fosse qualcosa di male in una tale tipologia di pensiero, ci sarebbe mancato altro; perfino condivisibile, sotto certi punti di vista. Ma non era nulla che potesse spiegare l’averlo visto, in carne ed ossa, nel Labirinto. E poi, anche se pare superfluo sottolinearlo, Maeve non sarebbe stata in grado di continuare la discussione, lasciando cadere simili perle nel silenzio. Non ce la faceva proprio a mettere un freno al proprio cinismo, neanche se di mezzo ci andavano persone che non c’entravano nulla come Max. «Perchè vuoi saperlo?» Maeve inspirò profondamente, chinando lo sguardo sui propri piedi. Si era aspettata una domanda del genere, ma non sapeva comunque come, cosa, rispondere. Dire che si trattava di pura curiosità l’avrebbe fatta apparire come una ragazza morbosa (nonché più bionda di quanto non fosse) ma essere completamente sincera… con uno sconosciuto, per di più! Non aveva detto a nessuno del Labirinto. Non aveva mai accennato all’essere la cura, perché non aveva mai saputo cosa dire in merito. Aveva paura che sarebbe stata vista in modo diverso, non più come una persona. Non voleva essere la Cura, e non voleva dover condividere quel fardello con un uomo che credeva morto da anni. Si strinse nelle spalle, indicando a Max una panchina lì vicino. «ti va se ci sediamo?» senza attendere risposta lo anticipò, lisciando le pieghe della gonna mentre prendeva posto. Attese che la raggiungesse, quindi piegò una gamba sulla panca in modo da avere Maximilian di fronte a sé, la spalla sinistra poggiata contro al muro. «qualche mese fa…» deglutì, grattandosi nervosamente un sopracciglio con la punta dell’indice. Non riusciva a guardarlo negli occhi, quindi si limitò a fissare le proprie mani, posate distrattamente in grembo. «è successa una cosa» cauta, come in ogni campo della sua vita. Un tratto che aveva preso da Aiden e Mitchell, mentre Daphne sembrava sempre gonfia di energia statica, pronta a scattare da un momento all’altro. Maeve era sempre stata la più posata fra le due, quella che avrebbe potuto rimanere immobile per ore con le gambe incrociate e le dita intrecciate fra loro, mostrando una pazienza che in realtà non aveva. Era tutta apparenza, Maeve Winston. «e… ho visto alexander. era piuttosto vivo, e sono sicura che non si sia trattata di un allucinazione» davvero, Maeve? Ne sei così sicura? Era rimasta l’ultima del suo gruppo, provata da giorni senza cibo o acqua, in continua lotta per la sopravvivenza. Effettivamente, avrebbe potuto esserselo immaginato. Se aveva scartato l’ipotesi a priori non era perché non lo credesse possibile, ma perché… andiamo, neanche nei suoi incubi peggiori avrebbe scelto, fra tutte le persone, proprio Alexander Italie. «ma se mi confermi la sua… dipartita, immagino si tratti di qualcun altro. Un po’ come i fremelli, che sono in tre, o Lydia e Freya…» la sua voce andò affievolendosi, arrovellata com’era in un ragionamento che neanche lei riusciva a seguire. Figurarsi, neanche le passò nell’anticamera del cervello che Alex potesse avere un gemello: la storia insegnava che la soluzione più semplice, non era mai quella giusta.
    E invece.
    «Alex era tuo fratello?» Una domanda accessoria, senza un vero fine: voleva solamente farsi i fatti suoi, come la curiosità Winston imponeva ai suoi figli. Come già detto, Maeve non si era mai interessata alla famiglia, indi non aveva mai compreso le dinamiche. Già era stato scioccante scoprire che Arthea, la sua Arthea!, era la sorella di Lucas, e che Lucas non era un Italie (cosa? Non lo sa nessuno? secondo me lo sa). Ma ci potete credere? L’aveva odiato così a lungo, credendo fosse un problema del marchio di fabbrica che si trascinava nel proprio materiale genetico! Ed invece, Lux aveva perso anche quell’esigua giustificazione. Era solo una testa di pene.

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    Maximilian Italie ( ) - 26 - Slytherin - rebel - #swishselvaggio
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    La conversazione con la bionda non era partita esattamente nel migliore dei modi, diciamo che Max da una parte non voleva rivelare che Marcus fosse ancora vivo e vegeto, dall’altra non vedeva il perché di tenerlo nascosto, insomma ormai tutti potevano incontrare un Aloysius Crane allo stato brado disperso in qualche bar londinese e farsi due domande. Cosa fare dunque? Il viso contrariato della Winston non prometteva bene e di certo lui non aveva alcuna intenzione di farla arrabbiare ma ufficializzare che in realtà Al era Marcus lo spaventava più di comprare i biglietti per le montagne russe. Prese fiato cercando di respirare, era sicuro che Maeve avrebbe capito se gli avesse risposto che no, non poteva darle ulteriori dettagli in merito ma così poteva dire addio alla sua musa ispiratrice e rassegnarsi a fare il Romeo della situazione che perde la donna e poi impazzisce e si suicida. «ti va se ci sediamo?» Il cuore del povero Maximilian perse un battito, gli stava veramente chiedendo di mettersi accanto a lei per parlare? Ci poteva essere cosa più intima e romantica di quella? Probabilmente sì ma in quel momento lui era un poeta, quindi faceva la cosa che riusciva meglio ai letterati, l’acab. «Uh Maxi fai progressi! Certo scoparsi la Winston su una malandata panchina della sala addestramenti non è proprio una visione idilliaca dell’amore ma ci puo’ stare» scosse la testa confuso cercando di scacciare la visione di Alex e concentrarsi sulla realtà anche se, dopo quel pensiero, l’idea di sedersi in quel posto gli dava leggermente il voltastomaco. «No, cioè sì sediamoci» sussurrò confuso sfoderando un altro sorriso idiota e seguendo con lo sguardo la figura della bionda che andava a prendere posto poco distante. Il pomo d’adamo scese e risalì lungo la gola di Maximilian, cautamente si posizionò anch’egli sulla panchina aspettando che la donna affianco a lui desse segno di voler continuare il discorso. Si sentiva inspiegabilmente in imbarazzo, intrecciò nervosamente le dita delle mani in modi che voi umani non potete comprendere e tentò di mantenere un’espressione pacata, tranquilla, cordiale. Non riusciva proprio a mantenere un contegno di fronte a tanta bellezza, era più forte di lui. «Qualche mese fa…» Maeve iniziò a parlare e l’Italie tentò in vano di assumere una pozione più seria, di levarsi il mezzo sorriso dal volto e starla a sentire , magari riuscendo a darle qualche risposta più chiara rispetto alle precedenti. «è successa una cosa» «che cosa?» chiese in preda all’ansia il moro, i mangiamorte le avevano fatto del male? Era stata rapita dagli alieni? Aveva avuto un figlio? «e… ho visto alexander. era piuttosto vivo, e sono sicura che non si sia trattata di un allucinazione» Max tirò un sospiro di sollievo, niente alieni, niente figli voluti da Morgan, era già qualcosa «Si, si no aspetta cos?» sussurrò scuotendo la testa ancora più confuso di qualche istante prima, suo cugino aveva conosciuto la bionda e nemmeno gliela aveva presentata? Non va bene Al, non va bene. «ma se mi confermi la sua… dipartita, immagino si tratti di qualcun altro. Un po’ come i fremelli, che sono in tre, o Lydia e Freya…» No morgan, un po’ come i fremelli no, ti prego, di Al ce ne basta uno Ok la bionda stava andando decisamente fuori strada, il Crane era semplicemente il fratello gemello di Alex, quello che tutti credevano morto, niente mutazioni genetiche, cloni o cose varie, i laboratori erano già stati abbastanza tragici per entrambi senza aggiungerci l’offerta speciale paghi uno prendi due. «Alex era tuo fratello?» Non si aspettava una richiesta simile Maximilian che, dall’alto del suo metro e novantacinque di biondaggine interiore, cercava di recuperare i fili di quella conversazione che ora diventava personale… o forse lo era sempre stata. Si portò una mano ai capelli, da dove cominciare? Non voleva annoiare la Winston con la storia della sua vita ma allo stesso tempo doveva spiegarle perché c’erano ancora Italie vivi in quella dimensione. Scosse la testa convinto, ricordando fatti che facevano ancora troppo male per rispondere con tono allegro «No non lo era… o meglio» incrociò lo sguardo di Maeve sforzandosi di non impanicarsi nuovamente « Era mio cugino ma siamo cresciuti insieme, lo consideravo un fratello… solo che lui era più, beh… più. E sappiamo tutti come è andata a finire» concluse amaramente abbassando la testa, fermandosi a fissare il pavimento per qualche istante, maledicendo ancora una volta se stesso per non essere arrivato in tempo quella dannata notte. «Comunque tu hai visto Aloysius, Aloysius Crane, il fratello gemello di Alex quello che tutti credevano morto, quello che io stesso effettivamente credevo morto» continuò più sollevato, ridendo divertito all’idea che nemmeno all’ interno della stessa famiglia sapessero cosa accadeva alle persone più care « Ma non vorrei che si sapesse, insomma lui non ha niente a che fare con ciò che ha fatto Alexander in passato.» Già, Al e Alex avevano in comune solo la stessa faccia e le iniziali dei loro nomi, per il resto erano diversi però agivano entrambi in modo alquanto illogico e incline a mainagioia ma quella doveva proprio essere un’attitudine di famiglia. Si sentì stranamente più leggero Max non appena smise di parlare, come se quella chiacchierata l’avesse aiutato a buttare giù un boccone troppo amaro ed il merito era di Mae che lo aveva imboccato, che era riuscita a fargli raccontare ciò che era successo senza farlo impazzire dal dolore per l’ennesima volta. Era proprio uno schianto. L’Italie rimase imbambolato a guardarla, a venerare quella giovane donna chiedendosi come aveva fatto a non notarla mai prima di allora «E’ complicato» concluse infine alzando le spalle e swisshando la folta chioma more like principessa, orgoglioso del fatto che era riuscito a non balbettare ne sbavare sulla Winston per quegli intensi cinque minuti.
    the heart is deceitful above all things,
     
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