[evento - gita] know your enemy - hogsmeade

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    darling, didn’t you know?
    souls like yours were meant to fall

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    know your enemy - hogsmeade
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    29 Gennaio 2016, ore 15. Il sole brilla alto nel cielo, illudendovi che in quelle chiazze di luce ci sia del calore -#nope. La temperatura è gelida, ma perlomeno si tratta di un freddo secco, ed una spolverata di neve imbianca ogni cosa, fatta eccezione per la strada principale che, fortunatamente, è sgombra anche dal ghiaccio.
    Mezz'ora prima, alle 14:30, Erin Sicla (insegnante di Erbologia) attende gli studenti Serpeverde fuori dal loro dormitorio, Maeve Winston i Corvonero (insegnante di Incantesimi), Viktor Berqvist i Tassorosso (insegnante di Cura delle Creature Magiche), e Nathaniel Henderson raccoglie quei pochi degli Speciali che hanno deciso di partecipare, attendendo insieme a loro i Grifondoro fuori dalla loro Torre. Il punto di ritrovo era alle 14:45 fuori dai cancelli di Hogwarts, dove i docenti e gli studenti si sono avviati verso un magico pullmino volante, giallo, che vi porterà ad Hogsmeade.
    Vi trovate nella piazza principale di High Street, e subito venite raggiunti da un ometto dall'età indefinibile, basso e rimbalzoso #wat, con vispi occhi azzurri e splendenti capelli bianchi. «benvenuti ragazzini di Hogwarts! Hogsmeade ha in serbo qualcosa di speciale per voi quest'oggi, quindi anzichè la solita, noioooosa, gita, siate pronti a mettervi in gioco. Vi sono diversi stand distribuiti nei vari punti vendita, dove a tempo debito potrete ovviamente anche acquistare le più varie leccornie, e sarò io stesso -assieme ai vostri stimatissimi professori- ad accompagnarvi passo per passo. Ora però, prego!» un rapido gesto della bacchetta, e proprio al centro della piazza appare una piccola piattaforma rialzata, di legno, su cui è posto un congegno simile al microfono (in realtà si tratta di un cerchio incantato, nel quale è insito un incanto Sonorus, così che tutti possano udire). «vi invito a salire uno per uno su questa piattaforma per presentarvi ai vostri compagni. inizio io!» allegro saltella sul palco improvvisato, prendendo posto al di là del "microfono". «mi chiamo Bishop Gabriël Crewe, ma potete chiamarmi Mr. B. Un tempo ho anche io frequentato Hogwarts, manco a doverlo specificare ero un Grifondoro!» ammicca ad una non meglio precisata fetta degli studenti, malgrado questi non abbiano le divise identificative. «ormai lavoro per Hogsmeade SurpriseBiccies -ehi, non ridete: b i c c i e s- da più anni di quanto non riesca a ricordare, ed è quindi mio compito organizzare eventi random per allietare le vostre giornate. Amo le giornate soleggiate, la buona compagnia, ed un po' di idromele non guasta mai» di nuovo ammicca, e -di nuovo- senza apparente motivo. «un tempo giocavo a quidditch, poi un bolide mi ha colpito e....brrr» rabbrividisce, scuotendo le braccia davanti al viso. Probabilmente, ma è abbastanza intuitivo, qualcosa nel suo cervello non funziona come dovrebbe. «bene, ora tocca a voi! chi vuole essere il primo?»
    eauu, un morilytra! la tua psw speciale è: molto

    //OFF: Gli accompagnatori non parteciperanno attivamente, ma potrete citarli nei vostri post; avete tempo fino alle 21 del 02.02 per postare il primo post d'arrivo (con la vostra presentazione sul palco compresa) in questa discussione, ma se non farete in tempo, non ci sarà assolutamente nessun problema! Potete riprendere dal gioco successivo, di cui ancora non vi faccio spoiler #wat. Per qualunque domanda, non esitate a chiedere, e buon divertimento ♥ p.s. anche se non siete iscritti, se vorrete partecipare basterà avvisare un membro dello staff, c'è sempre spazio e non è mai troppo tardi !

    studenti
    sharyn howl
    ian todd milkobitch
    eleanor quinn
    arabells dallaire
    faith mchogan
    raiden norrey
    kendall hamilton
    carrie krueger
    hope mills
    lucy neverajoy
    jeremy milkobitch
    amelia hepburn
    jack hades

    jericho karma lowell
    freya gardner

    accompagnatori
    maeve winston
    erin silver sicla
    viktor arne berqgvist
    nathaniel henderson




    INDIZIO [psw] TRE MANICI DI SCOPA
    INDIZIO [psw] TESTA DI PORCO



    Edited by etc. - 23/9/2018, 23:57
     
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  2. ;mjay
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    Amelia Hepburn

    Scheda ▼17 ▼ Slytherin ▼ Neutrale ▼ PensieveDress

    Amelia si infilò il cappotto con un sorriso , si era svegliata di buon umore, l’ idea di una piccola gita a Hogsmeade la elettrizzava.
    Oramai usciva dal castello solo per il tirocinio al San Mungo, prendere una bella boccata d’ aria e un po’ di divertimento l’ avrebbe aiutata a sciogliere la tensione accumulata in quei giorni.
    Aveva anche risparmiato qualche galeone da quelli che sua madre ogni tanto le inviava per posta, quel pomeriggio avrebbe potuto togliersi qualche sfizio come premio per la sua dedizione e il duro lavoro che stava compiendo.
    Il tirocinio stava andando bene, nonostante qualche esperienza spiacevole e la sua carriera scolastica stava procedendo bene, se avesse continuato ad impegnarsi tutto sarebbe andato per il meglio.
    Scese nella sala comune, attraverso le ampie e strette vetrate, l’ ombra del calamaro gigante si proiettò sul pavimento e sui divani di pelle nera. Era stranamente deserta, probabilmente gli altri si erano già raccolti tutti fuori e chi non partecipava era già andato a lezione.
    Quando attraversò il passaggio nel muro di pietra li trovò tutti riuniti poco lontano, la professoressa Sicla li stava aspettando nei sotterranei.
    Quando furono tutti , ed ebbero aspettato anche i ritardatari, li condusse fuori dai cancelli di Hogwarts dove si riunirono con il resto degli studenti.
    Il giardino era innevato, tutto il castello era coperto da un sottile strato di neve. Solo per questo valeva la pena di uscire fuori. La foresta ed il paesaggio imbiancato, le mozzò il fiato come la prima volta in cui le aveva viste.
    L’ aria all’ esterno era frizzante e fredda, la fece rabbrividire, il respiro di Amelia si condensò in una piccola nuvola. Quella mattina aveva indossato un maglione pesante, ma un brivido le percorse comunque la schiena, costringendola a stringersi nel cappotto.
    a dispetto del sole, non riusciva a scaldarsi.
    Alzandosi sulle punte, oltre le teste e le papale degli altri coetanei, Amelia scorse Lucy tra i Tassorosso che salutò con una mano ed un largo sorriso.
    Il pulmino non si fece attendere, li portò direttamente alla piazza principale di High Street.
    Uno strano ometto li raggiunse, qualcosa in lui divertì Amelia, ma non seppe dire se fosse il suo aspetto o il suo curioso portamento .
    I suoi vispi occhi azzurri passarono uno ad uno sugli studenti « Benvenuti ragazzini di Hogwarts! Hogmseade ha in serbo qualcosa di speciale per voi quest'oggi, quindi anzichè la solita, noioooosa, gita, siate pronti a mettervi in gioco. Vi sono diversi stand distribuiti nei vari punti vendita, dove a tempo debito potrete ovviamente anche acquistare le più varie leccornie, e sarò io stesso -assieme ai vostri stimatissimi professori- ad accompagnarvi passo per passo. Ora però, prego!» con un rapido movimento della bacchetta fece comparire al centro della piazza una piattaforma di legno rialzata. Al di sopra vi era uno strumento molto simile ad un microfono.
    Ad Amelia non ci volle molto per capire che in realtà era un incanto Sonorus. Pessimo segno.
    « Vi invito a salire uno per uno su questa piattaforma per presentarvi ai vostri compagni. inizio io!» continuò lo strano ometto.
    Il timore di Amelia si era avverato. Le presentazioni non erano mai state il suo forte, soprattutto se di fronte ad un pubblico. Si morse le labbra, iniziando a pensare a cosa poter dire e soprattutto, cosa omettere.
    Nel frattempo, l’ ometto saltellò sul palco, piegandosi sul microfono « Mi chiamo Bishop Gabriël Crewe, ma potete chiamarmi Mr. B. Un tempo ho anche io frequentato Hogwarts, manco a doverlo specificare ero un Grifondoro!» ammiccò nella loro direzione, ed Amelia si guardò intorno ma non c’ erano Grifondoro in quel lato del pubblico, qualcuno ridacchiò divertito.
    «ormai lavoro per Hogsmeade SurpriseBiccies -ehi, non ridete: b i c c i e s- da più anni di quanto non riesca a ricordare, ed è quindi mio compito organizzare eventi random per allietare le vostre giornate. Amo le giornate soleggiate, la buona compagnia, ed un po' di idromele non guasta mai» ammiccò di nuovo.
    Amelia iniziò a chiedersi se non fosse qualche strano tic o una qualche malattia, ma forse non era molto carino domandarselo.
    «un tempo giocavo a quidditch, poi un bolide mi ha colpito e....brrr»
    Mr. B rabbrividì, scuotendo le braccia di fronte al viso.
    Questo spiegava tutto. In fondo, poveretto, non era colpa sua.
    «bene, ora tocca a voi! chi vuole essere il primo?»
    Non seppe il perché o il come, ma si ritrovò improvvisamente da sola di fronte al palco. Guardò dietro di lei, colta dal panico, improvvisamente tutto il pubblico sembrava essersi concentrato dalla parte opposta della piazza.
    « Oh! Bene abbiamo un volontario! » gioì mr. B, trascinandola sul palco improvvisato, Amelia tentò di opporre resistenza ma con scarsi risultati.
    « No, io veramente… »
    « Forza, forza non fare la timida » la incoraggiò annuendo, tutti i suoi gesti erano così esagerati che persino quel movimento della testa le ricordò quegli strani pupazzi con la testa a molla sui cruscotti delle auto babbane.
    Si voltò verso il pubblico, la stavano guardando tutti, cercò lo sguardo di Lucy per trovare un po’ di incoraggiamento ma non la vide.
    « Ehm... Salve… » si schiarì la voce, soffocando il lieve tremolio che l’ aveva colta improvvisamente e sfoggiò il suo miglior sorriso, ignorando tutta la vergogna che stava provando « Qualcuno probabilmente mi avrà vista o mi conosce già, sono Amelia Hepburn, frequento il settimo anno e sono stata smistata a Serpeverde » degli applausi si levarono da in fondo alla folla, dove sembravano essersi raggruppati tutti i suoi compagni di casata, mentre qualche Grifondoro lanciò un fischio di disapprovazione.
    « Vediamo… mi piace sorseggiare del tè mentre leggo un buon libro, la burrobirra e la neve. Al momento sono una tirocinante al San Mungo per poter diventare una Guaritrice » Mr. B. stava continuando ad annuire, soddisfatto.
    Amelia alzò le sopracciglia, sospirando. Non sapeva che altro dire ma lui non sembrava avere ancora intenzione di lasciarla andare.
    « Uhm… le mie materie preferite sono Incantesimi e Pozioni… ecco sì… ma oggi ho intenzione di divertirmi e passare un po’ di tempo lontano dai libri!» sperò con tutto il cuore che questo bastasse.
    Quando Mr.B prese di nuovo posto al microfono, Amelia tirò un sospiro di sollievo e si dileguò di nuovo fra la folla molto silenziosamente mentre l’ ometto rideva divertito « Bene, bene Amelia, bravissima! Forza ragazzi, non fate i timidi! Chi vuole essere il prossimo? »

    TENEREZZA E GENTILEZZA NON SONO SINTOMO DI DISPERAZIONE E DEBOLEZZA, MA ESPRESSIONE DI FORZA E DI DETERMINAZIONE
    role code by #epicwin for obliviongdr

     
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    In the winter she curls up around a good book and dreams away the cold
    16 Y.O. | CLAIRVOYANT | NEUTRAL | STUDENT
    FREYA GARDNER
    29.01.15 ▴ hogsmeade ▴ anxious ▴colddress
    Solo due giorni la ragazza aveva lasciato il castello all'alba per recarsi ad Hogsmeade, il tutto contrariamente alle regole imposte dal Ministero della Magia e dalla scuola stessa. Non aveva chiesto a nessuno il permesso altrimenti non si sarebbero trattato di una fuga di libertà ma di una gentile concessione -qualora avessero accettato la richiesta- e comunque non sarebbe stata sola. Ritornare in quella cittadina era una gioia per i sensi ma era un po' in ansia, temeva che qualcuno potesse ricordarsi di lei e dire ai docenti accompagnatori della sua piccola fuga. Non che comunque dovessero preoccuparsi dal momento che alla fine era tornata dopo aver trascorso un'intera mattinata nella foresta Aetas in compagnia di uno strambo uomo. Scuotendo la folta chioma rossa prese il capotto verde smeraldo ed uscì dal dormitorio incrociando Jericho nel tragitto, l'altra unica wizard ad aver acconsentito a lasciare il castello per una gita fuori porta. Jer dobbiamo muoverci intimò alla ragazza di darsi una mossa considerando che il professor Henderson le stava attendendo proprio fuori dalla sala comune per andare a recuperare i Grifondoro che avevano deciso di partecipare a quell'uscita. Professor Henderson salutò senza alcuna espressione particolare ed usando un tono pacato. Da quando lo aveva conosciuto a capodanno ne era rimasta intimorita, se prima era rimasta affascinata dall'aspetto alquanto gradevole poi era rimasta turbata dal comportamento tenuto dal docente anche se inizialmente non si era resa conto che quello stesso l'uomo era l'insegnante di controllo. In verità era venuta a conoscenza della sua identità solo di recente, giusto pochi giorni prima quando per puro caso lo aveva visto camminare per i corridoi della scuola e così si era fatta coraggio ed aveva fermato uno studente per chiedere informazioni. Una volta scoperta la sua identità aveva preferito evitare ogni contatto non volendosi inimicare proprio il docente, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto seguire le sue lezioni e lì avrebbe capito che in classe si trovava anche la sosia della sua assistente. Sperava che quel giorno fosse ancora lontano, per il momento aveva cercato di non guardare il docente che non era rimasto a contemplare le due studentesse ma aveva marciato fino alla torre di Grifondoro. Erano passi interminabili minuti poi finalmente, una volta raccolti tutti gli studenti, ci eravamo recati presso il cancello del castello e da lì ad Hogwarts il viaggio era stato particolarmente breve ma tutto sommato piacevole. C'era chi aveva intonato una canzoncina allegra per il viaggio a cui pian piano si erano aggiunte voci in coro. L'autobus giallo su cui erano saliti aveva preso vita in modo inaspettato. Altri preferivano guardare il paesaggio che sorvolavano o chiacchierare con il vicino di posto. Freya aveva trascorso l'intero viaggio a leggere un libro di poesie che aveva conservato per tutti quegli anni, nascondendolo alla vista dei nonni materni che erano sempre stati contrariati all'idea di vederla attaccata alla famiglia d'origine. Quando non erano più riusciti a controllarla avevano adottato la tecnica del rapimento e della tortura ma ciò aveva fatto crescere in lei sentimento contrastanti ed un odio smisurato per delle persone che avevano cercato di distruggerla come già aveva fatto con il resto della sua famiglia. Il bus si fermò di colpo e la giovane chiuse il libro con un gesto secco, riponendolo nella borsa che aveva portato con sé. Erano giunti nella piazza di High Street dove un omino inquietante li aveva raggiunti cominciando a parlare a raffica, non sapeva dire se fosse per l'agitazione o per l'emozione di una scolaresca tanto vasta. Si massaggiò le tempie cercando di ignorare il pulsare alle tempie. benvenuti ragazzini di Hogwarts! Hogmseade ha in serbo qualcosa di speciale per voi quest'oggi, quindi anzichè la solita, noioooosa, gita, siate pronti a mettervi in gioco. Vi sono diversi stand distribuiti nei vari punti vendita, dove a tempo debito potrete ovviamente anche acquistare le più varie leccornie, e sarò io stesso -assieme ai vostri stimatissimi professori- ad accompagnarvi passo per passo. Ora però, prego! una piattaforma dotata di microfono era comparsa dal nulla come per magia e la giovane non aveva potuto fare altro che tremare. Odiava essere al centro dell'attenzione per cui sperava di cuore che quella piattaforma servisse all'ometto per farsi vedere e sentire da tutti. vi invito a salire uno per uno su questa piattaforma per presentarvi ai vostri compagni. inizio io! lo aveva maledetto. In quel momento lo aveva maledetto. Aveva detto le uniche parole che aveva sperato non dicesse, ma se sperava che lei salisse su quel palco improvvisato, beh poteva anche restare in attesa fino alla fine sei suoi giorni. Per nessuna ragione al mondo si sarebbe esposta in quel modo di fronte a persone che non conosceva, neanche se le avesse conosciute lo avrebbe fatto. mi chiamo Bishop Gabriël Crewe, ma potete chiamarmi Mr. B. Un tempo ho anche io frequentato Hogwarts, manco a doverlo specificare ero un Grifondoro! ormai lavoro per Hogsmeade SurpriseBiccies -ehi, non ridete: b i c c i e s- da più anni di quanto non riesca a ricordare, ed è quindi mio compito organizzare eventi random per allietare le vostre giornate. Amo le giornate soleggiate, la buona compagnia, ed un po' di idromele non guasta mai... un tempo giocavo a quidditch, poi un bolide mi ha colpito e....brrr non poteva essere altro che uno stupido Grifondoro, o forse anche un Tassorosso. Erano i più espansivi solitamente ma quel tipo lo era fin troppo considerando l'età avanzata che gravava sulle sue spalle, era un po' troppo per comportarsi come uno di quei pagliacci da circo che si trovavano nei circhi babbani. L'ometto, che aveva detto di chiamarsi Biscia? Bistop? O qualcosa del genere -non che le importasse qualcosa di come diamine si chiamava- aveva condotto una ragazza di Serpeverde sul palco ed anche lei aveva cominciato a parlare di sé. Bene, bene Amelia, bravissima! Forza ragazzi, non fate i timidi! Chi vuole essere il prossimo? guardo in cagnesco l'uomo quando sì avvicinò a lei porgendole la mano invitandola a raggiungerlo sul quello scherzo di palco. Chiuse gli occhi ignorando la voce che le diceva di ucciderlo e fuggire da quel luogo. Inspirò a fondo ignorando la mano tesa e prese posto dinnanzi al microfono schiarendosi la voce. Freya Gardner, quinto anno un vero e proprio elenco della spesa, ma non le importava di fare grandi discorsi, non era qualcosa da lei ma l'ometto non era particolarmente felice della cosa visto che le impedì di lasciare il palco e la spronò a continuare a parlare. Sbuffò tornando sui suoi passi All'età di undici anni sono stata smistata a Corvonero anche se non ne faccio più parte per ovvi motivi. Adoro il freddo, leggere, la solitudine. Non ho grandi aspettative per il mio futuro, non ancora almeno disse respirando a fondo prima di voltarsi e scendere dal palco dove l'omino le aveva sorriso raggiante. Forse non si aspettava che parlasse davvero -ed ancora non capiva cosa l'avesse spinta ad aprirsi come degli estranei e dinnanzi a tutte quelle persone- fatto stava che lo aveva fatto ed ora poteva toccare a qualcun altro quella tortura.
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    arabells lies dallaire
    29.01.2016 ▴ hogswatdress catafratta ▴ cursed
    Tirò il cappello verso il basso, soffiando l’aria in uno sbuffo risentito verso i capelli che, incuranti delle attenzione di Arabells, continuavano a finirle davanti agli occhi. Merlino, quando ero cieca non avevo di questi problemi. La Dallaire, da quando aveva miracolosamente avuto la vista, non era mai andata ad Hogsmeade; quando la scuola aveva loro proposto la solita gita annuale, per poco non sveniva dall’emozione. Si era aggrappata con forza alla manica di Chris, mentre gridolini eccitati venivano soffocati dalla mano premuta contro le labbra. Inutile dire che il suo entusiasmo era stato ucciso, letteralmente, sul nascere: Chris aveva preferito rimanere al castello a studiare, Arci le aveva rivolto un’occhiata non poi troppo amichevole, e perfino Oscar Fraser aveva deciso di rimanere ad Hogwarts. Nuovi livelli di friendzone: catafrazoned. Il pensiero di non condividere con loro quella giornata, l’aveva resa ai suoi occhi meno eccitante –ma ciò, malgrado tutto, non significava che non sarebbe andata: avrebbe comunque potuto scartavetrare le pluffe a Jack e Jeremy per tutta l’intera giornata. Eppure, un tiro mancino del genere da Fraser Biondo non se lo sarebbe mai aspettato, e non aveva lesinato dal ricordarglielo ogni giorno da quando l’avviso era stato affisso in bacheca. «dai cheerleader, senza grifondoro si perde metà del divertimento» «troverai qualcun altro da molestare» «fraser biondo!» «ti mancherò?» «dai, non venire» «okay» bitch. Il fatto che lei fosse costantemente obbligata a mentire, e lui a dire la verità, rendeva la loro accoppiata la più bella del mondo a dir poco vincente: se prima erano sempre stati differenti nella loro uguaglianza, si ritrovavano ormai ad essere uguali nella loro differenza. Bastava uno sguardo, una distratta grattata all’orecchio perché capissero di aver bisogno l’uno dell’altro; non c’era mai stato bisogno di parlare, e seppur Arabells fosse scappata l’anno precedente, in certe abitudini era davvero facile ricadere, un piacere tornare a nuotare in acque familiari. Nel suo caso, una necessità: con Meph lontano ed Elijah in versione wat, i Catafratti erano tutto ciò che aveva. Ed Oscar, Blaze, sapeva di essere sempre stato più speciale, anche se in maniera diversa: era colui che riusciva ad infastidirla di più, a farla arrabbiare di più. Bastava un commento ironico per mandarla fuori di testa, e lui ne era a conoscenza. Come si soleva dire, però, da un grande potere derivavano grandi responsabilità : era lui che riusciva a farla sorridere di più, che con una carezza riusciva ad alleviare il fardello sempre presente negli occhi particolari della giovane. Bastava una frase, detta nel modo schietto e sincero di chi neanche si rendeva conto di quanto potesse significare, per farla sentire la ragazzina più fortunata di quella Terra.
    «che palle» disse ad alta voce, dando un’ultima occhiata al proprio riflesso. Tornare ad Hogwarts era stato come ogni anno un misto d’aspettativa e ansia, ed il pensiero di poter uscire, anche solo per un pomeriggio, alleviava il senso d’oppressione che percepiva al petto. Avrebbe voluto incontrare casualmente Elijah, trascinarlo con sé in quelle stupide tappe turistiche che non potevano mancare in una gita come si deve –Tre Manici, Testa di Porco (ma quello abusivamente), Stamberga-, ma sapeva che nella sua… condizione era meglio rimanesse a casa. Doveva riprendersi, così si era detta. Ha solo bisogno di tempo. Sarebbe stato troppo ironico chiedere a una bugiarda di non mentire a sé stessa, troppo presuntuoso aspettarsi che non cominciasse a credere ai suoi stessi inganni. In compenso di sarebbe stato Nate, sarebbe stato un po’ come avere il suo fratellone! No eh? No, concordo. L’ultima volta che era andato a trovarli, avevano convinto Elijah che il kilt fosse un must per i veri uomini alla moda, il che era stato per la piccola Dallaire davvero esilarante; un po’ meno divertente, quanto semmai creepy as fuck, era il fatto che anche Nate avesse indosso un kilt, e pareva perfino andarne fiero. Elijah lo stavano trollando, qual era la sua scusa per essere socialmente imbarazzante? «sono troppo meraviglioso» ah, bella. Aveva ringraziato il cielo che, per quanto crescendo in simbiosi con Eli avesse passato tanto –troppo- tempo a casa loro, e per quanto a volte avesse potuto perfino desiderarlo -«ehi, non trovi anche te che ci somigliamo?»-, non condividessero realmente il sangue. Fortuna che non era suo fratello *jericho ride istericamente*, le bastava ed avanzava Elijah. Sospirò, trotterellando allegra dal dormitorio alla sala comune. Indossava un paio di sobri pantaloni zebrati, una maglietta nera ed una giacca di pelle: contava sul fatto che, entrando nei vari negozi, non avrebbe sentito freddo. Se poi proprio non fosse riuscita a resistere alla morsa del gelo, avrebbe sempre potuto fare gli occhi dolci a Jack –lui proprio non riusciva a resistere ad una donzella in difficoltà, al contrario di Jeremy che probabilmente l’avrebbe lasciata morire. Amava i suoi amici. «sharyn, vieni anche tu? che bello» disse melliflua alla bionda, sorridendo sorniona. E pareva così sincera, che era impossibile non crederle! Peccato che, a causa della maledizione, non potesse effettivamente essere sincera. Mai, a meno che il veritaserum non scorresse nel suo sangue; considerando che si trattava di una semplicissima gita, non aveva neanche ritenuto opportuno portarsi dietro la sua dose. Avrebbero potuto sopravvivere ad un po’ di bugie, no? #no #mainagioia «Jack, sono stanca… le scale…» disse affiancandolo, prima che mettessero piede fuori dalla sala comune. Non c’era Oscar, ma Hades era così intrinsecamente buono che, Bells sapeva, non avrebbe potuto rifiutare. Gli salì in spalle come un koala tascabile, rischiando più volte di farli rotolare giù dall’infinita rampa di scale della Torre, ma i nostri eroi sopravvissero. Scese ridendo solamente quando raggiunsero il piano terra, dove Maeve Winston li attendeva per accompagnarli. «non fatemi fare brutta figura» disse la bionda con un broncio, sistemando i capelli sbarazzini della Dallaire. La Corvonero rispose con un sorriso colpevole, lasciando che le mani sottili della Winston aggiustassero i ciuffi ribelli.
    Se pensava che di Corvonero fossero pochi –all’appello v’erano infatti, oltre a lei e Jack, Raiden, Sharyn Ian, Faith ed Eleanor- non aveva ancora visto gli altri: il nulla cosmico. Come facevano i Corvonero ad essere sempre più belli? Doveva essere un talento insito nei loro colori, non c’era altra risposta. Saggi e meravigliosi. Diede un buffetto a Ian Milkobitch, quindi trascinò Jack verso Jeremy, senza lesinare un saluto a Carrie Krueger. «ehi car, ti vedo allegra» mentì, alzando i pollici verso l’alto. La bionda pareva sempre provare l’istintivo ed inalienabile desiderio di volersi lanciare sotto il primo treno di passaggio, e per quanto la trovasse dannatamente inquietante, non poteva che trovarla meravigliosa. Davvero un personaggio particolare, e tutto ciò che di particolare c’era a quel mondo, era per Bells fonte di infinita ammirazione. «pochi ma… beh, lo sapete come si dice no?» dovette lasciare la frase incompleta, dandole anche un suono interrogativo, mentre il buoni le rimaneva incastrato in gola. Allungò le braccia attorno alle spalle di J e J, costringendosi a camminare sulle punte –scusate se lei era bassa e loro fuckin giganti-, quindi salutò anche gli altri insegnanti accompagnatori, portando le punta delle dita alla fronte in direzione di Nate e sorridendo calorosa a Viktor. Alla Sicla rivolse solo un cenno del capo, cauta nell’abbassare subito lo sguardo. Voleva sopravvivere almeno fino al giorno dopo. «c’è il pullmino per i bambini speciali» disse ammirata, adocchiando la banana con le ruote che li attendeva poco lontano. Salì con un sorriso sciocco sulle labbra, lasciando i suoi compari a scegliersi il compagno di viaggio mentre lei prendeva posto vicino a Hope Mills, a cui fece schioccare un bacio sulla guancia. Il viaggio fino ad Hogsmeade fu occupato da gente canterina –fatemi indovinare….mhh… ad occhio e croce, Raiden?- e occhiate omicida dei professori; lei preferì poggiare la testa sullo schienale davanti, chiacchierando di cose a caso con la Tassorosso. Sempre tenendo in mente la sua maledizione, il dover sempre mentire, le conversazioni non potevano che risultare superficiali; passare del tempo con Arabells Dallaire era come prendere un bel respiro dopo essere stato a lungo sott’acqua: non c’era bisogno di pensare, bastava lasciarsi trascinare dal suo chiacchiericcio –allegro e spensierato, com’era giusto alla loro età. Quando giunsero nuovamente a terra, non potè nascondere d’essere vagamente impallidita, lo stomaco sotto sopra; per quanto amasse volare, diciamo che un pullmino non rientrava nella sua categoria di oggetti volanti prediletti. Immerse subito le mani nella neve, bianca coltre sulle verdi panchine della strada principale di Hogsmeade, riuscendo a sentirsi meglio in meno d’un battito di ciglia. Il freddo le fece correre un brivido caldo lungo la schiena, lasciandola in preda di mordaci fremiti che riuscirono, nella loro sottigliezza, a farle sentire viva e presente. La ricerca di qualcosa che le desse quella sensazione, effimera quanto consistente nella sua effimerità, l’aveva portata più lontano di quanto avesse mai ammesso ad anima viva. Bastava osservare il palmo sinistro, rovinato da profonde bruciature che non erano riuscite a guarire del tutto, per farsi un’idea di ciò che la Dallaire reputava divertimento; un modo insano e perverso di sentire, mettendo a rischio perfino la sua incolumità. Incosciente ed avventata gioventù. Ritrasse la mano quando ormai ne ebbe persa ogni sensibilità, quindi la premette sotto la sciarpa di Jeremy poggiandola sulla pelle calda del collo per poi ridere, infantile, della sua reazione. Il fatto che Oscar e Arci non fossero venuti, non significava necessariamente che non avrebbe potuto divertirsi. Le sarebbero mancati, certo che sì, e non sarebbe stato lo stesso senza di loro, ma c’erano pur sempre tre catafratti su cinque: se lo sarebbero fatti bastare. «Jess» strattonò il Milkobitch, indicandogli con il capo Hades poco distante. Per lei, Jeremy e Jack erano J e J, ossia, rispettivamente, Jess e Jones. Ovviamente era un punto sul quale non cedeva, e non lasciava spazio a negoziazioni: era una Dallaire, o meglio, Arabells Dallaire. Elijah al contrario era troppo buono, si era sempre fatto girare e rigirare come una frittata –il che, a lei, era sempre andato più che bene. Da quando l’aveva ritrovato, però, perfino approfittarsi di lui -con il sorriso dolce da brava sorellina qual era, come sempre aveva fatto- non le dava più lo stesso piacere: a lui mancavano gli scudi, e Bells, con le solite armi spianate, si sentiva un cavaliere medievale a Piccadilly Circus. Inadatta perfino con il suo fratellone. A certe cose, per quanto le costasse ammetterlo, non ci si abituava mai; e non era sicura, Lies, che potesse mai abituarcisi. «cosa ci fa Jones con Indiana? non erano fratelli?» domandò confusa, aggrottando le sopracciglia. Nathaniel, che di maggiorenne e maturo aveva solamente la carta d’identità, le aveva chiesto di … non diciamo spiarla, piuttosto tenerla sott’occhio (ma sì, il significato era il medesimo). Per cui, Arabells Dallaire, sapeva che la mora/bionda/boh? era Jericho Lowell, così come sapeva che Jack era Jack. Le sfuggiva qualcosa; e dire che aveva sempre creduto di essere una buona osservatrice. «cinque falci che le sta dicendo qualcosa su quanto siano belli i suoi occhi» bisbigliò. Quanto adorava le scommesse? Così naturali a fior di labbra, e troppo incerte per poter essere definite verità o menzogna. Lineari sulla punta della lingua, mentre sorrideva sorniona. Il gruppo non fece in tempo a fare due passi per High Street, che subito venne raggiunto da un… qualcosa. Qualcosa di molto basso e paffuto, che anziché camminare pareva saltellare sulla strada acciottolata della cittadina magica. Gli lanciò un’occhiata scettica, quindi cercò nello sguardo dei docenti una conferma che non si trattasse d’uno scherzo, e che fosse presente nei piani sin dall’inizio. Nei loro occhi, però, non potè che leggere la stessa confusione –ma probabilmente più data dalla natura dell’uomo, che dall’uomo in sé. Alzò le sopracciglia, lasciando il Bitch tasso per appoggiare la propria testa, già stanca a causa di tutta la sapienza che doveva reggere, sulla spalla del Bitch corvonero, nonché mascotte della squadra. «benvenuti ragazzini di Hogwarts! Hogsmeade ha in serbo qualcosa di speciale per voi quest'oggi, quindi anzichè la solita, noioooosa, gita, siate pronti a mettervi in gioco. Vi sono diversi stand distribuiti nei vari punti vendita, dove a tempo debito potrete ovviamente anche acquistare le più varie leccornie, e sarò io stesso -assieme ai vostri stimatissimi professori- ad accompagnarvi passo per passo. Ora però, prego!» L’espressione della Dallaire non poteva essere più allibita, mentre davanti ai suoi occhi compariva un basso palchetto. Dovevano cantare? Fare un discorso? Se sì, quante probabilità c’erano che potesse riciclare i have a dream? «che gioia» bisbigliò ironica all’orecchio di Ian, davvero lieta all’idea che l’uomo li accompagnasse per tutta la gita, alzando gli occhi al cielo. «vi invito a salire uno per uno su questa piattaforma per presentarvi ai vostri compagni. inizio io!» Oddio, era peggio del previsto. Che bisogno aveva poi, Arabells, di presentarsi? Conosceva già tutti, e tutti bene o male aveva un’idea di chi fosse. Essere capitano della squadra di quidditch a soli quindici anni, aveva i suoi vantaggi –senza contare che lo status di catafratta aveva creato una reputazione di per sé, e che una ragazzina cieca a cui improvvisamente tornava la vista, ed i cui occhi avevano mutato colore divenendo eterocromatici, faticava a non attirare l’attenzione. «mi chiamo Bishop Gabriël Crewe, ma potete chiamarmi Mr. B. Un tempo ho anche io frequentato Hogwarts, manco a doverlo specificare ero un Grifondoro!» Una risata secca alle sue spalle attirò l’attenzione di Bells, che si volse giusto in tempo per vedere la Winston che si portava una mano alla bocca, nascondendo un sorriso sardonico ed uno sbuffo che giunse cristallino alle orecchie della giovane francese, allenate per cogliere qualunque bisbiglio: «grifondoro…figurarsi». Lies si morse il labbro inferiore, trattenendosi per gentilezza dallo scoppiare a ridere in faccia a Mr. B. Il fatto che continuasse ad ammiccare nella loro direzione poi, non poteva che rendere il tutto più esilarante. «guardate, c’è Oscar da vecchio» Sussurrò retrocedendo d’un passo a Jess e Jones, volgendo un rapido cenno di saluto con la mano a Mr. B, il quale proprio in quel momento aveva scelto di spostare l’attenzione su di lei. «biccies… agenzia di famiglia?» domandò più ad alta voce per farsi udire dai due Milkobitch, guadagnandosi diverse occhiatacce. Scusa. «un tempo giocavo a quidditch, poi un bolide mi ha colpito e....brrr» Ah, ecco. Così sì che si spiegavano tante cose. Soffocò l’ennesima risata nel pugno chiuso, roteando gli occhi su Raiden e Jack: vedete di non essere i prossimi, ammoniva lo sguardo di lei.
    Presentazioni. Non la parte più facile nella vita della maledetta Arabells Dallaire, ma di certo una delle più divertenti. La prima a salire sulla pedana, seppur non propriamente come volontaria, fu una certa Amelia Hepburn. Sapeva chi era, aveva un ottima memoria, ma non ricordava di aver mai avuto la possibilità di vedere il suo viso. Sorrise con una punta di nostalgia, grata di quella condanna/espiazione che le era stata imposta: non poteva mentire, ma in compenso aveva perso la sua cecità. Un ottimo compromesso. Credo. « Vediamo… mi piace sorseggiare del tè mentre leggo un buon libro, la burrobirra e la neve. Al momento sono una tirocinante al San Mungo per poter diventare una Guaritrice. Uhm… le mie materie preferite sono Incantesimi e Pozioni… ecco sì… ma oggi ho intenzione di divertirmi e passare un po’ di tempo lontano dai libri! » Bells inspirò profondamente, quindi coprì la bocca –come se bastasse, quel gesto, a celare la sua identità da occhi indiscreti. «amelia vieni dai corvonero! Loro non ti meritano!» #scusaarci Lo gridò abbastanza da guadagnarsi altre occhiate omicide, specialmente dalla Sicla (forse anche Carrie, ma chissà, lei guardava così tutti) a cui Lies rispose con un sorriso innocente. La rossa che venne condotta, di nuovo contro voglia, da Mr. B sul palco, disse di chiamarsi Freya Gardner; lei, in effetti, non ricordava di averla mai vista o sentita. «All'età di undici anni sono stata smistata a Corvonero anche se non ne faccio più parte per ovvi motivi» Corvonero! Il cuore della Dallaire esultò, anche se quell’ovvi motivi le fece storcere il naso. Non ricordava di averne mai sentito parlare, il che significava che doveva aver passato davvero poco tempo fra le loro file. Quale persona rapisce una, Morgan, bambina? Strappandola a loro, per di più! Ora i Dottori avevano un nuovo nemico #wat #watchout. «bene, bravissima freya! Allora, chi…» non gli lasciò finire la frase, lanciandosi in avanti di sua spontanea volontà: aspettava solo quel momento, Arabells. «mi offro volontaria come tributo» esordì, serissima. Il sorriso estasiato di Mr. B. la fece sentire un po’ una merda per tutte quelle prese in giro, ma non riusciva davvero ad evitarselo. Salì sulla piattaforma, prendendosi una manciata di secondi di gloria per studiare i suoi compagni –e per pensare a qualcosa da dire che potesse, anche in malo modo, aggirare la sua maledizione. Mantenne un espressione impassibile, mentre con austerità si avvicinava al… Sonorufono? «mi chiamo Lies, e non bevo da ormai tre mesi» ma quando mai. Si portò accorata una mano al petto, chinando il capo per celare la malizia negli occhi chiari. Quando riportò l’attenzione sul gruppo, schiarendosi la voce, era di nuovo impenetrabile. «ho sedici anni» nah, ne aveva ancora quindici, e per un bel po’ di mesi. «non mi dispiace il quidditch» bugia, e tutti lo sapevano –o almeno, avrebbero dovuto. Lei non solo amava lo sport magico, ma ne era quasi morbosamente ossessionata, con l’affetto ed il rispetto riservato ad un membro venerando della famiglia. Da che aveva memoria, d’altronde, aveva sempre fatto parte della sua vita. Perfino quando, il quidditch, le era precluso. «il mio cuore appartiene ai Corvonero» buon merlino, che perifrasi per dire che era una blu bronzo, ma almeno era stata sincera nella menzogna: le metafore mica contavano, altrimenti ciaone. «se devo dire qualcosa, non ci giro attorno» il che era astrattamente vero, ma letteralmente non proprio: era improbabile per lei non circumnavigare il nucleo della questione. «ho sempre amato leggere» il che era verissimo, ma considerando che il suo leggere non era propriamente un leggere come convenzionalmente inteso, la sua coscienza glielo abbonava. La maledizione di certo, perché non ebbe problemi a pronunciare quella semplice frase. Forse aiutava che da neonata non avesse effettivamente potuto compiere l’atto… Per tutte le piume volatili, era ancora difficile perfino per lei comprendere i propri limiti. «non dico mai bugie» sorniona, in quel lento sbattere delle lunghe ciglia. ah.ah.ah. simpatica. Si attorcigliò una ciocca scura sull’indice, poggiandosi sopra lo strumento presente sul palco. «poi non so, cosa vi devo dire di me? allora… mi piace la ggente, uscire, conoscere persone nuove, socializzare e fare tante nuove amicizie. Sono una persona solare, divertente, e che altro posso aggiungere…se volete conoscermi, contattatemi!» mimò ammiccante una cornetta, aprendo eccessivamente le vocali ed enfatizzando le consonanti, quindi rivolse un inchino al suo pubblico. In quella non presentazione aveva detto più di sé di quanto non avrebbe potuto fare in completa sincerità, lasciando intravedere ogni lato già cristallino della sua persona. Dopotutto non era il contenuto a fare da biglietto da visita, quanto il come esso veniva esposto. No? #nope Vabbè, Mr. B., veda di accontentarsi. Scese dalla pedana chinando il capo rispettosa agli applausi felici di Bishop, il quale pareva non aver colto l’ironia di quel suo monologo.
    Aw, quanto adorava i Grifondoro. «Grazie Lies per questa tua condivisione. Il prossimo?» Alcolisti Anonimi are coming.
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    Edited by arabell(ie)s - 29/1/2016, 23:30
     
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    Carrie Krueger
    29.01.2016▴ Hogsmeade ▴ ▴ dead
    Gita ad Hogsmeade, Carrie Krueger aveva trovato quell'idea per niente male ed aveva deciso, anche con i suoi risvolti negativi di parteciparvi, dopotutto era una grande occasione per abbandonare quel castello che adesso, per sua personale volontà, la stava trattenendo tra le sue mura come una principessa da salvare, doveva ammettere però, che la colpa non era solamente sua, il fatto però che non ci fosse un vero colpevole la turbava oltremodo.
    Anche durante le vacanze, Carrie era rimasta ad Hogwarts ma anche volendo la giovane Serpeverde non aveva altri luoghi dove andare, non aveva una famiglia, non aveva una casa, non aveva mai avuto nessuno che si prendesse cura di lei, non aveva nulla ed ormai si era rassegnata a quell'idea, tanto da non meravigliarsi più quando i suoi compagni partivano con un gran sorriso e tornavano imbronciati mentre lei quell'espressione di noia e tristezza non riusciva mai ad abbandonarla.
    I suoi spostamenti si riducevano a Londra, nel cimitero dove erano sepolti quelli che per qualche anno della sua vita si erano finti suoi genitori, poi Hogwarts, rinchiusa nella sua camera ad ammazzarsi dalla noia ed a pensare ad indefiniti modi per togliersi definitivamente quella vita, una volta però che anche le idee scarseggiavano si ammazzava solo di noia, Carrie Krueger moriva sempre di più dentro per ogni giorno che passava ed il suo corpo purtroppo era troppo lento e non riusciva a stare al passo di quella veloce decomposizione interna, creando uno strano paradosso che lei doveva portare all'interno e tacere fino a che non avesse preso una chiara decisione.
    Quell'evento rappresentava un po' di vita anche per lei che non ne aveva più ormai, anche se Carrie infondo non avrebbe girato per i negozi e non avrebbe seguito i suoi compagni in quella che immaginava fosse l'euforia generale, lei si sarebbe limitata a camminare per un po' per la cittadina e poi avrebbe preso il percorso solitario che l'avrebbe portata alla Stamberga Strillante, quello era praticamente un parco giochi per lei che amava quel genere di cose. Ci era già stata di nascosto ed aveva passato un giorno intero in silenzio distesa nella polvere, mentre le sue narici si riempivano dell'odore acre della muffa e le sue orecchie percepivano gli acuti boati del vento che come una legione di anime in pena soffiava e si lamentava attraverso gli innumerevoli spiragli che il legno ormai deteriorato di quella struttura accoglieva, aveva immaginato che fosse proprio in quel modo che il suo cadavere si fosse sentito una volta sepolto, attendendo tristemente la decomposizione, ed anche se sapeva che non se ne sarebbe potuta accertare, ne era rimasta piacevolmente soddisfatta.
    E magari quella volta sarebbe andata anche meglio, magari quegli striduli cigolii del legno si sarebbero trasformati in un crollo delle scale o magari della struttura intera o forse qualche folle si sarebbe potuto rifugiare al proprio interno attendendo qualche sventurata come lo era lei per antonomasia, le occasioni erano tante dunque perché non sfruttarle?.
    Non aveva dormito quella notte, ma sarebbe stato sorprendente il contrario, la stanchezza si faceva sentire, i suoi passi erano lenti e faticosi, il suo corpo quasi scheletrico persino troppo pesante, se non avesse dovuto presentarsi ad un certo orario per partire probabilmente sarebbe rimasta a vegetare nel letto con gli occhi sbarrati a ripetersi nella mente filastrocche con tema morte fino a che non si fosse addormentata, o forse erano proprio quelle che la facevano rimanere sveglia.
    Abbandonò il letto e fece il grande sforzo di guardarsi allo specchio quella mattina, il suo sguardo si posò dolorosamente sulla solita faccia da zombie che ormai l'accompagnava da anni, avrebbe persino potuto fare a meno di spalmarsi, come consuetudine, i chili di ombretto nero che la facevano somigliare ancor di più ad un morto vivente, le sue occhiaie erano talmente scure e pesanti che quel trucco non andò nient'altro che a confondersi con il colore della sua pelle attorno ai suoi occhi.
    Sospettava che fuori il gelo sarebbe stato capace di gelarle le ossa con un semplice alito di vento, dunque indossò solamente una leggera giacca di pelle nera a coprire il suo tubino di ugual colore che le arrivava un tantino sopra le ginocchia, le sue lunghe gambe poi erano coperte da calze a rete che di certo non volevano spezzare la sincronia del colore, aveva indossato degli stivali con un modesto tacco che innalzavano ancor di più la sua slanciata statura e che aumentavano le disgraziate possibilità di scivolare sul ghiaccio, infine, attorno al suo collo, aveva allacciato il solito collare che preveniva gli sguardi altrui dal posarsi sulla cicatrice che segnava perennemente il suo corpo e della quale lei si vergognava oltremodo, quello non era certo un abbigliamento consono al gelo dell'esterno ma perire assiderata era di certo in lista.
    Attraversò la sala comune per presentarsi in perfetto orario fuori dal suo dormitorio dove ad attendere i Serpeverde che avevano deciso di partecipare vi era Erin Sicla, non sapeva se definirla più come la professoressa di Erbologia o più come la torturatrice, fatto sta che se c'era qualcuno all'interno di quelle mura che riusciva ad incutere più timore di Carrie, quella era proprio lei, la considerava la figlia di un qualche demone e probabilmente erano anche sorelle. Era felice di saperla come loro accompagnatrice, se Erin fosse stata del solito umore probabilmente avrebbero fatto prima tappa nel suo luogo dove lavorava, non la classe di Erbologia, ma l'altro posto dove Carrie non era mai stata e non ci teneva a finire, il dolore di certo non la spaventava e neanche i metodi barbari anzi ne era sicuramente interessata ed affascinata, tuttavia la vista del proprio sangue la terrorizzava e non dubitava che invece lei ne fosse attratta come api con il miele. Salutò dunque l'insegnante con un poco sentito:-Buongiorno-, e poi lasciò che questa accompagnasse il gruppo al punto di ritrovo dove già attendevano vari gruppi. Quello che le fu chiaro dal principio era la quasi totalitaria presenza di Corvonero, riconosceva il volto di qualcuno dei presenti e di altri riconosceva i tratti che aveva cucito sulle sue bambole. Rimase in silenzio e quasi in disparte seppure nel mezzo di quel gruppo per tutto il tempo, lasciando che la sua figura passasse praticamente inosservata ed attendendo il via per partire, i suoi capelli le cingevano il viso e le sue ciocche lunghe le finivano davanti gli occhi, mentre il suo sguardo era puntato verso il basso. Ad un tratto sentì una presenza avvicinarsi e rivolgerle la parola con una voce che fece fatica a riconoscere, Carrie sollevò lo sguardo, mostrandole gli occhi totalmente avvolti dal nero dell'ombretto ed ancora semichiusi dl sonno e dalla mancata volontà di vivere :- «ehi car, ti vedo allegra»-, riconobbe il volto di Arabells, una di quelle corvonero, lei non poteva definirsi totalmente una sua amica, anzi, doveva ancora capire se il suo scopo era solamente quello di infastidirla. Quella volta si presentò ironica e Carrie rispose alla sua ironia sforzandosi di mostrarle un sorriso forzato, che si presentò chiaramente fasullo dato che si limitò semplicemente ad alzare la parte superiore delle guance per un istante, guardando brevemente la sua compagna per poi tornare a fissare il pavimento quasi nascosta, ovviamente senza rivolgerle alcuna parola. All'improvviso le era tornata la voglia di tornare nella sua camera e di giocare con le sue bambole, soprattutto con quella della Corvonero sulla quale più volte aveva tentato di infilzare i suoi aghi anche se i tentativi erano stati sempre vani. Che non si pensi che Carrie Krueger sia una persona cattiva, lei non era affatto, certo, si riteneva la diretta discendente di un demone malvagio ma se la morte era da sempre stato il suo hobby di certo non poteva farci nulla, non provava piacere nell'infliggere dolore ed effettivamente non lo aveva mai fatto, era solo che per verificare le sue strane passioni doveva avere degli esperimenti, ma alla fine non aveva mai fatto male ad una mosca... non proprio letteralmente, effettivamente sin da bambina si divertiva parecchio a torturare gli insetti che nessuno gliene voglia.
    Si incamminarono poi verso il poco rassicurante pulmino giallo che li avrebbe accompagnati sul posto e durante il tragitto si accorse di un'altra presenza a lei familiare, Jericho Lowell, lei era sicuramente una che la comprendeva, era anche con lei che passava del tempo facendo ciò che le piaceva maggiormente, la sua presenza era gradita e considerata la palese sfiga che tanto quanto Carrie la inseguiva, le possibilità che quel pulmino potesse perdere la rotta e schiantarsi in picchiata erano piacevolmente aumentate.
    Le arrivò da dietro in silenzio e sollevando il braccio le posò la sua mano perennemente congelata sulla spalla sperando che quella non si spaventasse per quel contatto direttamente dal mondo dei non morti, si limitò poi a sorridere, questa volta quasi sincero, anche se quel leggero spostamento di labbra era davvero difficile definirlo tale, quell'espressione era ancora qualcosa sulla quale doveva lavorare.
    Passò il viaggio in silenzio a fissare il paesaggio esterno che si muoveva sotto i suoi piedi e che con velocità raggiungeva la destinazione, desiderando probabilmente quello che nessuno si augurava al momento.
    Una volta arrivati scese dal mezzo volante e constatò visibilmente la sua presenza terrena dal freddo che con fugaci brividi si impossessava del suo corpo e che rendeva il suo respiro materialmente presente in bianche nuvole di fumo, i suoi passi risuonarono come precisi schiocchi di dita sul cemento della strada principale ed Hogsmeade era proprio come tutte lo immaginava tutte le volte, un soave paesaggio immerso nella neve dove al momento respirava ciò che altri probabilmente avrebbero definito felicità.
    Ma i suoi passi vennero interrotti da un omuncolo che per quanto riguardava l'aspetto non aveva nulla da invidiare a Carrie Krueger, potevano benissimo contendersi il primo premio in un gara di inquietudine, questo fermò tutti i partecipanti e li invitò a presentarsi annunciando di avere persino un'attività da svolgere. I piani della Serpeverde andarono tristemente in frantumi, la Stamberga Strillante era sempre più lontana se avesse dovuto presenziare tutto il giorno a quella misteriosa attività che quell'uomo proponeva.
    Attese che qualche sua compagna prendesse le redini e salisse sul quel palco per presentarsi, già scoraggiata al pensiero che prima o poi sarebbe toccato anche a lei, e proprio dopo colei che precedentemente le aveva rivolto la parola, sbuffando vigorosamente dato che non aveva assolutamente la forza vitale giusta per farlo, si animò proprio lei come la prossima volontaria, decise di strappare via quel cerotto alla svelta.
    Lentamente raggiunse il posto dove avrebbe dovuto parlare e dove altri lo avevano già fatto, i suoi alti tacchi fecero scricchiolare il legno della pedana ad ogni passo, ed una volta saliti i piccoli gradini lasciò che i suoi capelli, mossi da quel leggero movimento si piazzassero proprio di fronte ai propri occhi, nascondendo anche parte del viso. Evitò lo sguardo di Mr. B e si collocò proprio di fronte al cerchio magico che per sua sfortuna avrebbe amplificato la sua voce. Per tutto il tempo nel quale si trovò quel piano rialzato tenne lo sguardo a terra, non adorava, anzi, odiava totalmente l'idea di avere tutti quegli occhi puntati contro e avrebbe voluto sprofondare direttamente all'inferno per tirarsi fuori da quella situazione.
    Sperava che i suoi lunghi e biondi capelli le coprissero il volto che provava ad arrossarsi dalla vergogna e dall'inadeguatezza che Carrie sentiva quando era in compagnia di altre persone e che in quel momento era persino amplificata, anche se la sua pelle bianca e morta era incapace persino di colorarsi in quel modo, mentre le sue mani si intrecciavano all'altezza della sua pancia, facendo combinare le sue dita in movimenti nervosi. Tutti quelli che erano saliti avevano detto qualcosa di interessante per presentarsi, tutti avevano parlato di loro ed anche Carrie lo avrebbe fatto, prese coraggio e fece un gran bel respiro, mentre la pressione della consapevolezza di tutte quelle persone che adesso non avevano nient'altro al cospetto dei loro sguardi che lei la stava agitando sempre più.
    Poi tutto sembrò così semplice, parlare non la spaventava più, aveva trovato le parole giuste, tutto quello che c'era da dire su di lei, perché sì anche lei al momento avrebbe fatto lo sforzo di parlare dato che non lo faceva così spesso, anzi, tentava di evitarlo ogni volta, le sue labbra si schiusero e con il suo solito tono atono e velocemente quanto brevi erano quelle parole, porgendo il collo in avanti e gli occhi in una imprecisata parte del pubblico:-Carrie Krueger-, fine, e c'era anche chi aveva vinto il Nobel per molto meno, in fondo lei si era sforzata più del dovuto, poteva semplicemente dire Carrie o solo Krueger ma disse entrambi probabilmente sorprendendo parte del pubblico.
    Dopo le sue parole ci fu qualche istante di sconveniente silenzio, tutto si bloccò con il fiato sospeso, probabilmente ci si aspettava qualcosa di più ma Carrie non era dello stesso parere in fondo non aveva nient'altro da dire a quelle persone, cosa altro avrebbe potuto mai aggiungere? Ciao, sono Carrie Krueger e progetto il suicidio, di gran parte di voi ho una bambola voodoo nel mio armadio e quando accendo la tv il mio programma preferito è 1000 modi per morire, non le sembrava il caso, vi erano già troppi occhi puntati su di lei e questo non l'avrebbe aiutata.
    Quindi, così come era salita, abbandonò quel palco e si ritirò nel mezzo dei sui compagni, attendendo che anche altri pronunciassero qualcosa sicuramente più interessante ed espansivo di quanto aveva fatto lei.
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    Mr. B applaude con gaudio a tutti voi, saltellando felice. Le gote, arrossate dal freddo e l'eccitazione, sballonzolano in modo molto poco affascinante, ma senza dubbio adorabile. «sì, sì, e sì! Bene, adesso seguitemi» Vi fa un cenno con la mano, invitandovi a proseguire lungo la strada acciottolata, mentre il palchetto dove avete dovuto presentarvi sparisce sotto i vostri occhi. L'insegna sotto il quale si ferma è a voi molto familiare, e non potete che tirare un sospiro di sollievo -forse?- quando riconoscete "I Tre Manici di Scopa". Entrando nel locale, notate che, separatamente rispetto al resto del pub, vi è una fila di tavolini disposti l'uno vicino all'altro, si ciascuno dei quali è posata una campanella. Ogni tavolino ha due sedie, così da avere il proprio interlocutore davanti agli occhi. Mr. B. pare così eccitato, che neanche Maddox sotto effetto di Shia #vioinception da farvi salire una crescente ansia mista ad angoscia. Cosa vuole da voi? Bella domanda. Si sfrega le mani come il clichè peggiore dei film di serie B, facendovi riunire in cerchio intorno a lui. «avete mai sentito parlare dei flash wat?» attende risposte che non arrivano, per cui continua il suo efficiente monologo. «li ho inventati io» si gratta la barba con fare ammiccante -dev'essere un vizio, cosa vi devo dire!- «si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo» e sembra non udire i bassi commenti riguardo al fatto che pratiche del genere esistevano già, tronfio d'orgoglio come un mandrillo che diventa signorino <s>wat. «deciderò io la disposizione: dato che non vi conosco, sarà impossibile per me fare preferenze. quindi ora... tu lì, tu là, no tu vai lì, ma cosa stai facendo ragazzino? di lì! Bene. La campanella al centro del tavolo comincerà a trillare non appena scade il tempo, e solo allora io vi darò le nuove disposizioni. è sempre una sorpresa, ed è veloce. Per questo flash wat» e quella, detta quasi con malizia, sembra proprio una frecciatina per chiunque avesse osato dirgli che giochi del genere esistevano già. «e ora... via alle danze!»

    OFF GDR// Benvenuti alla seconda fase della gita ! *^* Vi spiego brevemente come funzionerà: da questo momento, avete 48 ore per postare la vostra domanda/risposta, ed in queste 48 ore potrete fare più di un post, se ne avrete l'opportunità. Potete fare un massimo di tre domande per post, così da conoscere meglio l'altro personaggio, e le domande possono essere di qualunque genere: colore preferito, prima cotta, ananas o banana?, shales o shales, materia preferita... ecc. Insomma, avete capito il genere. Le coppie sono state estratte casualmente (aw, quanto mi mancava estrarre) ed ogni 2 giorni switcheranno -quindi posteremo nuove coppie. Spero sia tutto chiaro, avete tempo fino alle 21 del 04.02 per il primo round coppie, quindi si passerà al secondo! ♥ (p.s. l'ordine è random, nel senso, anche se prima c'è scritto un personaggio non dovete aspettare lui, potete iniziare: es, Jeremy può iniziare a fare domande ad Ian prima che Ian la faccia a lui, ecc.). Se entro le 48h non riuscite a postare, nel post successivo (ossia al prossimo switch) rispondete comunque alle domande precedenti, e formulatene di nuove per il vostro compagno di prima, così che anche lui, dopo, posso rispondere. (es: jack chiede a kendall il frutto preferito, kendall non risponde entro le 48 h -quindi le 21 del 4/02. Posta poi alle 15 del 5/2, dicendo che il suo frutto preferito è la papaya, chiedendo a jack se mangia il prosciutto; quindi dirà che è suonata la campanella e cambierà tavolo, dove troverà Hope alla quale chiederà "sei todd?" e via dicendo)

    p.p.(?)s. se non avete postato nella prima fase ma postate in questa, fate anche la prima fase dicendo di esservi presentati come gli altri ♥


    I ROUND
    Sharyn - Eleanor
    Ian - Jeremy
    Jericho - Freya
    Faith - Lucy
    Arabells - Amelia
    Kendall - Jack
    Carrie - Hope

     
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    jeremy milkobitch | 16 y.o. - hufflepuff - quidditch addicted - chaser
    Lentamente alzò gli occhi, incrociando quelli nocciola della Tassorosso davanti a lui, supplichevoli. Un rapido sguardo accusatorio verso di lei, duro solo all’esterno –come tutti quelli che rivolgeva alla Reed da che aveva memoria-, prima di riconcentrarsi sulle scarpe non ancora allacciate, schivando magistralmente le languide ciglia di lei che sbattevano. Non solo gli stava scroccando qualcosa da Hogsmeade, in più gli stava facendo perdere tempo. «No che non ti riporto niente, saresti potuta venire» elargì, guardando di sottecchi i suoi concasati che sapeva per certo avrebbero partecipato alla gita organizzata per quel giorno: loro, tutti pronti ed in procinto di uscire dalla Sala Comune, lindi e pinti; Jeremy Milkobitch, seduto sulla poltrona a sistemarsi il maglione messo alla rovescia per la fretta, i lacci degli scarponi che non aveva fatto in tempo ad allacciare in dormitorio e... «Hai la zip aperta» «Oh, grazie». Senza contare che sicuramente qualcosa era rimasto nel dormitorio, tra il disordine sul letto, quello sul comodino e quello nel baule, ma alla fine sembrava avere veramente tutto il necessario ( o perlomeno aveva vestiti, telefono non funzionante e sigaretta infinita, tutto ciò che serviva in quel mondo ). Si alzò, ormai stufatosi di combattere con le calzature ed optando per un più tattico “metto tutto dentro tanto non se ne accorge nessuno”, togliendosi il maglione per individuare il giusto verso nel quale indossarlo –una pratica abbastanza veloce considerando che nonostante il camino facesse un freddo allucinante anche in quella sala. Hogwarts accendi i termosifoni! Diciamo che in teoria, al pari di Tiffany, il sedicenne avrebbe veramente dovuto boicottare quell’uscita, prediligendo una più consona giornata all’insegna dello studio, o a favore di qualcosa di socialmente ed eticamente utile, come il volontariato, la povertà o la pace nel mondo. In teoria, perché poi ovviamente l’appetitosa occasione di sgusciare fuori dalle mura del castello, godendosi qualcosa che non fossero i quadri parlanti o le scale mobili , dal momento che fu affissa sulla bacheca non fece che occupare ogni singolo pensiero del giovane. Ancora una volta, mettendosi finalmente la sciarpa intorno al collo, scosse la testa alla semplice richiesta della ragazza di riportargli almeno un pacchetto di Api Frizzole, continuando a sostenere che non se le meritava: non che fosse veramente così indispensabile la sua presenza quel pomeriggio -senza contare che sicuramente alla fine, come ogni volta, il Tassorosso sarebbe tornato con un pacco di leccornie da smerciare-, ma un po’ gli dispiaceva che sia lei che Tyreek gli avessero dato buca, dicendo che avevano altro da fare. Non disdegnava la solitudine, Jeremy, affatto, anzi trovava in questa molto più di quanto non trovasse in compagnia dei due, eppure non avere una rompipalle al seguito o qualcuno che senza nemmeno chiederlo due volte l’avrebbe preso portandolo con sé a fumare nella Stamberga Strillante faceva una grande differenza. Oh, beh, ma sapeva perfettamente anche che non sarebbe poi stato così tanto da solo: Jack e Bells avevano detto che ci sarebbero stati, e nonostante non fosse tutto il gruppo al completo erano comunque qualcuno con cui stare bene insieme, senza troppi grilli per la testa. Anche suo fratello, Ian, dopo la stremante opera di convincimento da parte sua e di Run aveva deciso di partecipare all’uscita: in realtà, era stato estremamente facile per Jeremy, non sapendo questo le cause che lo portavano a non voler partecipare. Gli era bastato passare dietro il tavolo dei Corvonero qualche mattina prima, probabilmente per raggiungere la parte blu-bronzo dei catafratti per la colazione, e notare da dietro le spalle del rosso una lettera. Premettiamo, dapprincipio, che da Natale e Capodanno, per tutto il tempo trascorso a casa e in tutte le occasioni che si incrociavano per i corridoi dell’ambiente scolastico il Bitch poco Milko, come veniva giustamente chiamato più volte dalla Crane, non si era risparmiato sulle frecciatine di vario genere verso il fratellastro riguardo la ragazza che aveva passato con loro le due festività: il capo chino di lui, il rossore sulla gote sempre più accentuato e la ricorrente richiesta di smetterla con quelle insinuazioni, purtroppo per lui, non erano servite a nulla, d’altronde entrambi sapevano che era uno scherzo, ed andava bene così. Avevano riacquistato una sottospecie di rapporto, o perlomeno Jeremy non passava la stragrande maggioranza del suo tempo a cercare di ignorarlo o facendo finta di non conoscerlo, poteva permettersi di prenderlo per il culo almeno un po’... che poi esagerasse è un altro discorso. Quella mattina di non troppi giorni prima, comunque, il Tassorosso non si fece molti scrupoli a strappargli dalle mani la missiva -«NON MI DIRE! Ti ha scritto Lestrange, eh??»-, leggendola con un ghigno dipinto sul volto. Quando poi, però, arrivò alla fine della breve lettera non ci volle molto affinché lo sguardo divenisse duro, quasi arrabbiato. E sì, un po’ perché la sorella gli aveva dato della mestruata imbronciata, ma soprattutto per il fatto che il ragazzo non volesse andare ad Hogsmeade. Gli occhi celesti di lui, severi, incrociarono le iridi verdi, sfuggevoli in una situazione come quella. «Se non esci da questo Castello il ventinove» iniziò, in un sussurro minaccioso, tendendo il braccio con la pergamena «scriverò a Sheridan per conto tuo» Alzò le spalle, lasciandogli intendere molto più di quanto non aveva detto in quella sede. A buon intenditore, poche parole. Non aveva idea del perché di quella malsana idea, né ebbe voglia di indagare troppo a fondo, decidendo di voltarsi e raggiungere i suoi amici –prima che qualcosa potesse cadergli addosso-, ma semplicemente non gli andava che Todd rinunciasse ad un’uscita, qualunque fosse la motivazione.
    Liquidò in fretta la Reed, vedendo gli altri uscire dalla porta principale. Non era una novità che fosse in ritardo, ma non poteva permetterselo quel giorno; raggiunse l’esiguo numero di tassi in silenzio rivolgendo un sorriso ad Hope e strizzando l’occhio in direzione della Neverajoy, prima di sventolare in aria la mano richiamando l’attenzione del Berqgvist. Ammirava quell’uomo in quanto professore, ma non tanto per la materia da lui insegnata –difficile dire che Jeremy Milkobitch potesse amare un qualsiasi tipo di lezione- quanto per il suo gioviale modo di approcciarsi con gli studenti, di gran lunga dissimile da quello poco amichevole di altri professori, come la Sicla o...
    Anjelika Queen.
    Avevano fatto solo qualche passo verso l’uscita, verso la libertà considerata, verso la vita di fuori, quando la vide, spaventosamente sensuale come solo lei sapeva essere, avvicinarsi minacciosa verso di loro. Sentì gli occhi verdi puntati addosso e pregò veramente fosse solo una sua impressione. Dai, non poteva incolparlo ancora per quella volta che Todd gli era andato addosso, facendo rovesciare tutto il calderone sul vestito di lei. Suvvia, le torture erano bastate, non poteva ricordarselo! «Milkobitch» Fuck. Si allontanò per un secondo dal piccolo gruppo, raggiungendo la donna, il terrore palesemente dipinto sul volto, insieme a quella sempre presente supplica: ”non mi mangi, perfavore”. Nonostante ciò, non si risparmiò dal guardare negli occhi la responsabile dei Serpeverde, mentre le sue labbra si muovevano, lente. «Ti ho visto» Non le chiese se l’avesse visto sotto la doccia, ma quelle parole gli punsero la lingua nell’irriverente voglia di uscire: era abbastanza lucido da capire quando c’era in gioco la sua vita, come in quel caso. Non si risparmiò comunque un lieve sorriso, immaginandosi la scena. «mentre fumavi erba» Il sorriso, non v’era più. C’era una sola cosa che provava Jeremy in quel momento, e tutti sappiamo cos’era: paura. Un istinto primordiale, estenuante, che lo consumava dall’interno ogni secondo che il sorriso sulla bocca carnosa di lei si faceva sempre più malizioso e divertito. Era stato sempre attento, sempre!, come aveva potuto scoprirlo? Quando? Perché glielo diceva solo ora? Deglutì vistosamente, senza mai lasciare il contatto visivo con la Queen temendo che distogliendo lo sguardo ella sarebbe potuta diventare un serpente ed ingurgitarlo seduta stante. «S-si sbaglia, al massimo una sigaretta, non sono proprio il tipo» biascicò stringendosi nelle spalle e portando davanti al volto l’indice ad enfatizzare la bugia dell’unica sigaretta che la rossa aveva potuto vedere: non amava mentire, come non tollerava gli venisse omessa la verità, ma in quel caso si trattava di sopravvivenza, di vivere o morire. La donna, prima che il moro potesse coprirsi gli occhi per non assistere alla propria morte in diretta, mostrò i denti (leggasi, nella mente di Jeremy, come zanne) in un ilare (leggasi sadico e malvagio -altro che Hamilton-) sorriso, prendendogli la testa tra le mani (leggasi presa mortale). Solo allora, conscio del fatto che la sua ora era giunta, strinse le palpebre, aspettando solo “il momento”. Ian, Run, perché non vi si completa la cazzo di collana? Nel dubbio, vi ho voluto bene, è stato un onore suonare con voi. Quello che successe dopo, Morgan!, non se lo scorderà mai. Sì, perché non morì. Le labbra della professoressa –ormai in amicizia solo Anje- si imposero sulla sua fronte, lasciandolo basito e confuso, e poi lei... Lei lo benedì. Le dita della mano destra giunte, fece dinnanzi al ragazzo il segno della croce, scambiando però la parte dello “Spirito Santo” con un magnifico «Milkobitch sei un coglione» Tralasciando il fatto che non fosse propriamente da Anje un linguaggio del genere perlomeno con i propri studenti, la voce, il modo in cui si allontanò lasciandolo lì con la mascella che quasi toccava il pavimento, lo sventolio della mano a mo’ di saluto non poterono che ricondurre il suo pensiero ad una persona. «Stronza» sussurrò a fior di labbra, temendo che potesse comunque essere sul serio la docente e che potesse udirlo, prima di tornare dal gruppo e di riprendere il viaggio, complimentandosi con sé stesso per l’ottima capacità nell’evitare le domande dei compagni su cosa la professoressa volesse da lui, cioè semplicemente ignorandole.
    «Pochi ma… beh, lo sapete come si dice no?» sentì dire, poco distante da sé, riconoscendo subito la voce della Dallaire e rivolgendole un caloroso sorriso mentre si avvicinava insieme a Jack, che invece lo salutò. Forse. Nel dubbio, ricambiò mentre il braccio della ragazza si avvolgeva intorno alle loro spalle. «Meglio di niente, dai» disse piegando gli angoli della bocca verso il basso per una frazione di secondo. Cercò anche di facilitarle l’arduo compito di essere al pari suo e dell’Hades, fallendo miseramente nell’intento e lasciando che questa camminasse sulle punte: ricordava che quand’era cieca cercava di stare più al suo fianco che a quello degli altri, ma sicuramente doveva essere l’intento di tutti; ora che vedeva, però, sembrava stupido cercare di semplificarle le cose, dimenticandosi che chissà grazie a quale stratagemma era come tutti loro. Raggiunto il pulmino per bambini speciali salì al fianco di Jack con l’idea di gettarsi sui fantomatici ultimi posti, quelli da sempre adocchiati da qualsivoglia studente che non ha intenzione di stare in silenzio durante il viaggio, ma decise diversamente, individuando il sedile adatto a lui. Con un cenno del capo indicò al Corvonero il posto davanti, mentre Jeremy si fiondava al fianco del rosso, scompigliandogli i capelli. «Avevo già la lettera pronta, hai fatto bene a venire. Ce l’ho in tasca, sai!? Se fossi stato l’unico Milkobitch ad Hogsmeade... Beh, diciamo solo che ci sono molte cassette delle lettere, lì» concluse, esponendo la dentatura in bella vista. «A proposito di bitch» riprese, tornando serio e dandogli un leggero pugno sulla spalla per richiamare la sua attenzione. «Non è che, per puro caso, hai visto Run a scuola?» Quando però, in tutta risposta, ricevette un sarcastico «Non è che tu, per caso, hai visto la prof di Pozioni?» decise di non tirare più in ballo l’argomento, prediligendo discussioni più soft ed a tratti incomprensibili con Ian e Jack. E poi era lui il Bitch poco Milko.
    Una volta scesi dal veicolo fece per raggiungere o Jack o Bells, i quali erano misticamente spariti nell’etere, ma fu preceduto da quest’ultima che, subdolamente, infilò la mano congelata sotto la sua sciarpa, facendolo sobbalzare. «Tu non stai bene» sancì dopo un urletto poco virile, quando questa se la rideva di gusto mentre lui si ostinava a guardarla male. Lo strattonò, poi, indicandogli Jack poco distante con la Lowell. «Jess, cosa ci fa Jones con Indiana? Non erano fratelli?» Alzò le spalle, un po’ confuso dalla situazione. «Se sono pro incesto, chi siamo noi per contestare? Magari stanno solo parlando» rispose, con un accenno di malizia poco velato. «Cinque falci che le sta dicendo qualcosa su quanto siano belli i suoi occhi» Si lasciò sfuggire una risata, osservandoli a fondo. «Troppo scontato, Jack può fare di meglio» Poggiò il gomito sul palmo della mano, portandosi l’indice a tamburellare le labbra, gli occhi verso l’alto intenti a pensare su come replicare a quella scommessa. «Ti offro una sbronza se non le sta facendo dei complimenti sui capelli. Sai, quella roba alla Hades: “sono così lucenti e setosi, la tua parrucchiera deve essere una Dea”, o cazzate simili» Scimmiottò alla perfezione il tono dell’amico, pregustandosi già la sbronza. Andiamo, chiunque dei due avesse vinto, sarebbero andati tutti a bere comunque, era sistematico. Quando la comitiva venne raggiunta da un... essere non meglio identificato, a metà tra un omuncolo e una palla, ascoltò con poca attenzione, preferendo perdersi nei commenti altrui sul tipo. Per quale motivo dovevano presentarsi? Si conoscevano tutti! Si guardò un attimo in giro, accorgendosi che, in realtà, conosceva veramente poca della gente lì presente. Si unì ai vari applausi quando la Hepburn, la Gardner e Lies salirono sul palco, quando fu il turno di sua cugina invece calò il silenzio, ma non poté che sorriderle entusiasta, facendo comunque battere le mani tra loro. Un suono imbarazzante, in quel silenzio di tomba, ma ehi!, era sua cugina, le voleva bene anche se era inquietante –dopotutto era con lui che da bambina giocava ad uccidere gli insetti ed a sotterrarsi vivi: traumi infantili. Quando quella scese, decise che era il suo turno. Salì la pedana, avvicinandosi a qualsiasi-cosa-fosse, prima di schiarirsi la voce. «Ciao, io sono Jeremy Milkobitch» cominciò, aspettandosi un ciaaao Jeremy, in perfetto stile Alcolisti Anonimi, che però mai arrivò. «Sono al sesto anno, tassorosso, e gioco a Quidditch da...» cominciò a contare mentalmente gli anni, non ritrovandosi nella costatazione che di fatti aveva iniziato solo al quarto anno: era come se fosse sempre stato su quella scopa. «questo è il terzo anno. Forse alcuni di voi mi conosceranno per questo» ammise, alzando le spalle. «Diciamo che la maggior parte delle mie attenzioni verte sul Quidditch» -dire che di fatti era l’unica cosa alla quale pensava, trascurando compiti e lezioni varie, non sembrava troppo furbo vista la presenza di troppi professori. Passò la lingua sulle labbra, pensando a qualcosa da dire: non sovvenne nulla. «E questo è quanto, addio» concluse, spalancando le braccia per poi scendere e lasciare il posto a qualcun altro. Parlare poco doveva essere un difetto di famiglia.
    Quando il giro di presentazioni fu finito, seguirono il misterioso ma quando mai Mr. B. lungo la strada, fermandosi davanti ai Tre Manici. Si avvicinò ai catafratti, estasiato da quella visione. «Spero si beva, questo qua mi ha già scartavetrato tre quarti di palle» sussurrò, gli occhi fissi sull’uomo-palla. Quando entrarono, però, non andò tutto secondo i piani. «Avete mai sentito parlare dei flash wat? Li ho inventati io. Si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo. deciderò io la disposizione: dato che non vi conosco, sarà impossibile per me fare preferenze. quindi ora... tu lì, tu là, no tu vai lì, ma cosa stai facendo ragazzino? di lì! Bene. La campanella al centro del tavolo comincerà a trillare non appena scade il tempo, e solo allora io vi darò le nuove disposizioni. è sempre una sorpresa, ed è veloce. Per questo flash wat. e ora... via alle danze!»
    Il posto di Jeremy, ironia della sorte, era quello di fronte a suo fratello. Cielo, come se avessero molte cose da chiedersi vivendo sotto lo stesso tetto! In effetti sì ma non diciamolo in giro. Poggiò i gomiti sul tavolo, giungendo le mani tra loro e posandovi il mento sopra. Un minuto era coooosì poco. Lo guardò, fisso e sorridente, per qualche secondo, prima di sospirare e di fare la prima domanda, precedendolo in partenza. «Allora, Ian. Parliamo un po’» iniziò, sornione, senza staccare gli occhi da lui, l’espressione appena più severa. «Perché non volevi venire ad Hogsmeade?» Su, fratellino, narrami i tuoi disagi.
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    01
    2016
    can we go back, this is the moment, tonight is tonight we'll fight 'till it's over
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    Say oh, got this feeling that you can't fight, Like this city is on fire tonight
    17 | ravenclaw | #partyhard | WTF
    Killian Jack Hades
    29.01.16 ▴ Hogsmeadedress catafratti ▴ il bilinguista #wat ▴ dora l'esploratrice
    Mai. Una. Fucking. Gioia.
    Doveva ancora capire Jack cosa diavolo avesse il genere umano contro di lui. Aprì le porte della libreria in sala comune, allungando le dita nel quinto ripiano, dietro i tomi, dove di solito si trovava il suo kit di sopravvivenza, una bottiglia di sambuca ed una di whiskey con tanto di bicchiere. Più o meno tutti lì dentro sapevano che quella era nient'altro che la dispensa personale del giovane Hades, quando, nel cuore della notte, si recava a rovistare lì attorno significava che sicuramente non riusciva a dormire o voleva svignarsela a fare partyhard. Quella sera però non era poi così tardi, da poco scoccata la mezzanotte, c'era qualcun altro oltre a lui ancora in piedi, con la candela accesa posata sul proprio comodino. Spinse le dita più affondo, infilando tutto il braccio tra i libri polverosi e tarlati ma vi ritrovò soltanto un bicchiere di cristallo, niente bottiglie, niente linfa vitale. WTF . Dov'era finito l'alcol? Anche lui lo abbandonava nel momento del bisogno? Bagasho. Ben presto gli fu chiara la situazione, qualcuno doveva aver messo le mani al suo prezioso tessssoro. Chiuse le ante di colpo e, senza nemmeno porsi il buon senso di bussare alla porta , strinse in un pugno la maniglia del dormitorio femminile, entrando di soppiatto. Le donzelle dormivano nei propri letti, proprio more like Aurora la bella addormentata in attesa del loro principe azzurro, tutte tranne una, che ancora aveva il volto ben smaltato tra le pagine di un romanzo «Bells. Bells!» dovette scuoterla posandogli una mano sulla spalla per scantarla dalla sua interessantissima lettura. «Bells, di un po' hai mica visto la mia bottiglia di Whiskey?» chiese sussurrando divertito mentre si godeva la reazione di lei, colta di sorpresa dal trovarlo lì. «Non avrai mica dato da bere al piccoletto?» continuò poi riferendosi a Todd Milkobitch, per carità aveva giurato che prima dei MAGO lo avrebbe condotto a fare un festone con la F maiuscola ma quello non era proprio il momento adatto per sperimentare l'ebrezza della prima sbronza, era Jack quello che stava peggio, da bravo dipendete gli serviva quel liquido ambrato per continuare a campare. Ricevette risposta negativa e fu buttato, con non molto garbo, fuori dalla stanza «Sempre così utile nel momento del bisogno! Grazie!» concluse lui rivolgendosi alla porta ormai chiusa con la tripla mandata, nonostante tutto rise tra sè, divertito dal fatto di aver visto la bella Daillaire in tenuta da notte. Il problema però rimaneva. Dove fucking era finito il suo alcol?
    Tra i principali sospettati c'era ancora il corvetto più Milko che bitch perciò, dato che non aveva proprio un cazzo di meglio da fare, decise di trasformarsi nel giovane Sheldon Sherlock Holmes ed indagare accuratamente cercando indizi nel dormitorio maschile, almeno in quel luogo non rischiava d'essere preso a calci visto che era un membro ormai anziano, i nonni vanno rispettati... vero Al? Cercò di non fare rumore visto che i suoi concasati se la dormivano, chissà forse anche loro attendevano il principe azzurro #wat anche se lui avrebbe preferito essere svegliato da una chioma bionda e da un paio d'occhi azzurro cielo. No Jack ti stai distraendo. Trova l'alcol. Solo quello porrà fine alla tua agonia. Di soppiatto si avvicinò al lettino di Todd, il pulcino nannava beato e questo permise all'abile corvo di rovistare un po' dovunque, tra i suoi cassetti, nella valigia, anche sotto il letto, illuminando quel luogo oscuro con il potente flash del suo Android di ultima generazione. Ebbe qualche difficoltà a spegnere quell'aggeggio che, di punto in bianco, iniziò a lampeggiare molto stile "sono una bomba ed ora, con il vostro permesso, (ma anche senza) esplodo", alla fine lo lanciò sul proprio letto deluso, no alcol, no life. Si vide costretto a correre ai ripari e aprire la bottiglia di sambuca regalatagli da Stiles il natale precedente, quella la teneva, per sicurezza, sempre in valigia, in caso qualcosa fosse andato storto e lui avesse bisogno del suo migliore amico. Versò il liquido trasparente nel bicchiere riempiendolo circa a metà, assaporò l'aroma fresco ed intenso dell'anice per qualche secondo prima di posare le labbra sul vetro e lasciarsi cadere nel letto, posando le spalle sulla sponda di legno.
    L'aveva lasciato in un modo talmente assurdo che faceva ancora fatica a crederci, il suo raggio di sole lo aveva praticamente snobbato, evitato, senza concedergli più nemmeno uno sguardo, senza rivolgergli più nemmeno un ciao. Perchè tutte le persone a cui si legava decidevano di abbandonarlo? Cosa non andava in lui? Perchè doveva sempre starci così male e fare finta che tutto andasse bene? Era stanco di mentire a se stesso. Voleva sua sorella, la voleva lì in quell'istante, voleva capire per quale dannato motivo era sparita senza lasciargli nemmeno un biglietto, senza rispondere ad una delle sue tante lettere, dopo un anno chiedeva solo spiegazioni. Le pretendeva. Riempì nuovamente il bicchiere, sentiva i suoi sensi intorpidirsi, i pensieri sfumare, eppure rimaneva un chiodo nella sua mente, un immagine fissa, quella di Jericho e quella di quel raggio di sole. Poggiò il vetro sul comodino, lentamente, poi afferrò la bottiglia e se la portò alle labbra, staccandosi di tanto in tanto, forse per imprecare, forse per insultare se stesso e quella vita di merda . Soltanto quando fu abbastanza ubriaco da non capire perchè stava bevendo, smise, abbandonando la sambuca ormai quasi vuota ai piedi del letto e socchiudendo le palpebre. Pace.

    Si svegliò la mattina grazie alla squillante voce del Milko che, tutto eccitato, gli ricordava della gita a Hogsmeade. Gita? Quale fucking gita? Era già tanto se riusciva a girarsi nel letto senza vomitare, figurarsi reggersi in piedi, oh no... Lui se ne sarebbe stato sotto alle coperte al calduccio, poco ma sicuro. Peccato che le sue adorate lenzuola di seta gli vennero bruscamente portate via dai simpatici e svegli compagni di casata, costringendolo prima ad aprire gli occhi, poi a mettersi seduto sul letto. Quel movimento gli provocò immediatamente una fitta allo stomaco, barcollando, si recò al bagno rimanendoci per una decina di minuti, con la testa china nella tinozza. Soltanto quando si sentì meglio, immerse la testa nell'acqua gelida del lavandino e raggiunse gli altri. Si vestì alla buona, con un maglioncino bianco, un paio di pantaloni neri, converse ai piedi, recuperò una giacca a random dall'armadio sistemandosi i capelli ed infine si diede una rapida occhiata allo specchio. Non avendo la benchè minima voglia di comunicare con il genere umano, la prima a cui rivolse un vero sorriso fu l'adorabile Dallaire, l'unica gioia in quel periodo oscuro. «Jack, sono stanca… le scale…» la guardò qualche istante scuotendo la testa, non poteva rifiutarsi di portarla dopo lo scherzo della sera precedente anche se avrebbero rischiato sicuramente di morire, il corvonero non stava ancora proprio al cento per cento. Tentò d'avvertirla ma quando aprì bocca si rese conto che veramente gli era stata negata ogni felicità in quella vita «હેલો ઘંટ! હું છે? હું મૃત્યુ ભય ખૂબ છેલ્લા રાત્રે ઊંઘ ન હતી.»(Hēlō ghaṇṭa! Huṁ chē? Huṁ mr̥tyu bhaya khūba chēllā rātrē ūṅgha na hatī.) W.T.F. Cosa?Come?Che caz? Waaaaaaaaaaaat? Inutile fu cercare di collegare le vocali alle consonanti in modo comprensibile «પરંતુ શું? પરંતુ તે ? કોઈ મારિયા હું બહાર જાઓ. »(Parantu śuṁ? Parantu tē? Kō'ī māriyā huṁ bahāra jā'ō.) Prese un respiro, imprecando sotto lo sguardo allibito della Daillaire «પરંતુ વાહિયાત ! »(Parantu vāhiyāta!) esclamò prendendosela sulle spalle ed iniziando a scendere le scale. Quello doveva essere il suo ultimo giorno sulla terra. Lo sentiva. Cosa provi? Paura.
    Quando arrivarono infondo e lei scese, Jack aveva ragionato sulle possibili cause della sua dislessia fulminante, sicuramente Stiles aveva drogato la sambuca con qualche sostanza ed ora lui si vedeva costretto a parlare una lingua sconosciuta... ma perchè non poteva essere lo spagnolo? Ma no, se non era astrusa e fottuttamente incomprensibile dove stava il divertimento? Quello scherzo glielo avrebbe fatto pagare caro all'ex tassorosso. Raggiunsero prima gli accompagnatori e poi tutti gli altri compagni, Jack fece un ultimo tentativo , tirando una pacca sulla spalla a Jeremy e provando a salutarlo ma ciaone, dalle sue labbra uscì l'ennesima serie di parole in aramaico «જેરેમી ! તમે કેવી રીતે છે? »(Jērēmī! Tamē kēvī rītē chē?) l'unica cosa che forse si comprese fu il nome dell'amico . Si smaltò le mani in faccia esasperato, avrebbe dovuto passare tutta la giornata in quelle condizioni? No maria, io questo non lo accetto. Come se la situazione non fosse già abbastanza ridicola, il ragazzo si trovò ben presto a fronteggiare lo sguardo azzurro del suo raggio di sole. No, non ce la poteva proprio fare. In quel momento però si ricordò che, anche se avesse parlato, lei non avrebbe compreso nulla, rise amaramente tra se il corvonero mentre afferrava appena il braccio di lei e le sussurrava «ક્યારેય સનશાઇન ખૂબસૂરત છ. હું તમને પ્રેમ. »(Kyārēya sanaśā'ina khūbasūrata cha. Huṁ tamanē prēma.) per poi lasciarla andare dedicandogli un maliconico sorriso «પરંતુ તમે ક્યારેય ખબર પડશે. »(Parantu tamē kyārēya khabara paḍaśē.)
    Il pulmino volante fu il colpo di grazia, aveva già lo stomaco sottosopra, e quel coso giallo simboleggiava la morte fatta oggetto. Appena salirono prese posto su due sedili vuoti , dietro di lui, Jeremy e Todd Milkobitch, inutile dire che cercò di starsene zitto mentre Raiden arrivava chiedendogli com'erano andate le vacanze e se aveva instagram. Annuì soltanto con la testa mentre sentiva la pancia chiedere pietà , quel viaggio doveva finire al più presto o non sarebbe sopravvissuto. Finalmente scesero dall'aggeggio volante e Hades, seppur frastornato, cominciò a camminare dietro all'allegro gruppetto formato dai Milko e dalla Dallaire. Dovette cercare di trattenere una risata quando vide trotterellare davanti a loro un tizio alquanto strambo che diceva di lavorare per un negozio di nome Biccies, lanciò un'occhiata divertita a Jeremy alzando le spalle e portando i palmi delle mani verso il cielo. Sempre detto che i Bitch erano gente strana, buon sanguenome non mente. Alunno dopo alunno, tutti andavano a presentarsi su quella specie di palchetto rialzato, oh si, sarebbe stato molto divertente quando avrebbe dovuto parlare al popolo. Aveva bisogno di un google traduttore, estrasse dalla tasca lo smartphone ma si rese conto che trovare lo store era più complicato del previsto, così lasciò perdere e quando Bells scese dalla pedana si fece avanti, afferrando la ragazza e riportandola lassù con lui, sul tetto del mondo #sempreromantico. La indicò con un dito, poi indicò sè stesso e alla fine si rivolse al pubblico allargando le braccia con fare illustre, riportò lo sguardo su Bells pregando che capisse, che dicesse qualcosa di sensato al posto suo #credici. «હેલો દરેક! હું જેક હેડ્સ છું, પરંતુ પર આવે છે, જે મને ખબર નથી?»(Hēlō darēka! Huṁ jēka hēḍsa chuṁ, parantu para āvē chē, jē manē khabara nathī? ) iniziò così, ridendo tra se, cercando di non accasciarsi su quel palco boccheggiando alla ricerca di ossigeno, era abituato alle figure di merda ma quelli erano livelli veramente troppo hard anche per lui. «આ મહાન સાહસ સાતમા વર્ષે પહોંચી હું કંપની છે, મિત્રો સાથે પીવાના ક્વિડિચ ગમે છે. ખોટું હું તમને પ્રેમ અને જે હું કહું છું તે વિશે એક છી સમજી શક્યા નથી , કહે છે. »(Ravenclaw ā mahāna sāhasa sātamā varṣē pahōn̄cī huṁ kampanī chē, mitrō sāthē pīvānā kviḍica gamē chē. Khōṭuṁ huṁ tamanē prēma anē jē huṁ kahuṁ chuṁ tē viśē ēka chī samajī śakyā nathī, kahē chē.) Con questo concluse saltando giù dal piano rialzato e aiutando la sua adorabile BelssTranslate a fare lo stesso, se la mise sulle spalle a mo' di uomo circense (aka acrobata) e tornò dai Milko sghignazzando. Poteva ancora percepire i rimasugli dell'alcol scorrergli nelle vene e forse era questo che lo aiutava a stamparsi sulla faccia quel sorriso quasi concreto, quasi reale, anche se dentro di se non c'era un briciolo di quell'apparente felicità.
    Il cosino ciccino (?) che pochi istanti prima li aveva fatti presentare uno ad uno, sembrava essere soddisfatto di quello spettacolo e li condusse ai Tre manici di scopa. Una volta al calduccio questi iniziò a spiegare «avete mai sentito parlare dei flash wat? Li ho inventati io» e già a quell'affermazione Hades sentì il bisogno di sedersi su uno sgabello poco distante, posando i gomiti sulle ginocchia e le mani a sorreggere il volto. Rimase ad ascoltare, estereffatto, che avrebbero dovuto fare, sedersi su un tavolo e parlare. PARLARE. Morgan che hai contro questo ragazzo? Mancava solo che capitasse faccia a faccia con la bionda dagli occhi di ghiaccio ed allora poteva veramente tentare il suicidio. Doveva trovare una soluzione. Si appellò con lo sguardo prima a Arabells e poi a Jeremy ma sembrarono non capire o comunque non cagarlo proprio di striscio. Amici inutili. Poi si ricordò che erano l'unica cosa che gli era rimasta oltre a Stiles e Isaac ormai lontani, erano gli unici a condividere gioie e paure, gli unici che avrebbe potuto usare come GoogleTranslate. Per quella intensa e fantastica giornata Killian Jack Hades sarebbe diventato l'illusionista il bilinguista ed avrebbe deliziato tutti con il suo accento aramaico-orientale e gli affascinanti modi di porsi agli sconosciuti. Capitò in tavolo con una ragazza di qualche anno più piccola di lui e lì scatto il piano "SaveHadeSavetheWorld". Prima che lei potesse dire qualcosa, Jack strattonò il suo nuovo best friend in modo che potesse avvicinarsi al tavolo, lo guardò ridendo e poi si voltò verso la mora «સ્ટાર હેલો , આ જેથી ચાલો શરૂ કરીએ inforandom સમય છે .કેવી રીતે તમે આઈસ્ક્રીમ માંગો છો? »(Sṭāra hēlō, ā jēthī cālō śarū karī'ē inforandom samaya chē. Kēvī rītē tamē ā'īskrīma māṅgō chō?)
    Appena finì si rese conto che quella domanda, così come aveva preso forma nella sua testa, poteva essere molto, mooolto fraintendibile ma quando fece cadere il suo sguardo sul Milko capì al volo che lui non aveva la più pallida idea di ciò che avesse detto. Maggggico. Quella specie di incantesimo di cui era rimasto vittima cominciava veramente a piacergli, avrebbe potuto sfruttarlo in qualche modo, Jack il Bilinguista. Oh si, già gli piaceva come suonava. Ciò non toglieva che, appena Stiles gli capitava a tiro, si sarebbe volentieri divertito a giocargli qualche bello scherzo, andiamo, lo aveva trasformato in un dizionario aramaico ambulante... tutto per colpa di una bottiglia di sambuca svuotata troppo velocemente, e poi... dov'era finito il suo alcol?
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    Venite anche voi insieme a Dora a scoprire questo paese lontano, lontano... il GUJURAT
    *Informiamo la gentile clientela che questo viaggio a cavallo di scopa può risultare estremamente scomodo. Vi consigliamo di affidarvi ad una compagnia babbana di areocosi per poter raggiungere il paese senza alcun disagio*

    La lingua parlata da Jack è il gujarati ... morgan sembra il nome di un cocktail superalcolico. Conosco questa illustre lingua perchè me la ha consigliata attenzione.... Google Traduttore! Eh già perchè da quanto sembra, questi scarabocchi incomprensibili accompagnati da una pronuncia più orrenda del tedesco, sarebbero utilizzati da una cosa come 46 mila persone residenti in India, insomma questi sono i dati forniti da Wikipedia. C'era scritto anche questa bella cosa che magari chi fa lettere può tradurre e spiegare al genere umano *guarda sara*
    "L'alfasillabario gujarati (ગુજરાતી લિપિ, Gujǎrātī Lipi) è strettamente imparentato con quello devanagari, la differenza più notevole tra queste due scritture è che le lettere gujarati non hanno la linea orizzontale superiore che le unisce in una parola."

    Finite le inforandom torniamo a noi e al povero jack, queste sono le traduzioni di tutto ciò che la pora stella tenta di dire in questo post. Io sto morendo .

    હેલો ઘંટ! હું છે? હું મૃત્યુ ભય ખૂબ છેલ્લા રાત્રે ઊંઘ ન હતી.
    (Hēlō ghaṇṭa! Huṁ chē? Huṁ mr̥tyu bhaya khūba chēllā rātrē ūṅgha na hatī.)
    Ciao Bells! Devo proprio? Non ho dormito molto stanotte rischiamo di morire.

    પરંતુ શું? પરંતુ તે ? કોઈ મારિયા હું બહાર જાઓ.
    (Parantu śuṁ? Parantu tē? Kō'ī māriyā huṁ bahāra jā'ō.)
    ma cosa? ma che? No maria io esco.

    પરંતુ વાહિયાત !
    (Parantu vāhiyāta!)
    Ma vaffanculo!

    જેરેમી ! તમે કેવી રીતે છે?
    (Jērēmī! Tamē kēvī rītē chē?)
    Jeremy! Come stai?

    ક્યારેય સનશાઇન ખૂબસૂરત છ. હું તમને પ્રેમ.
    (Kyārēya sanaśā'ina khūbasūrata cha. Huṁ tamanē prēma.)
    sei splendida come sempre raggio di sole. ti amo.

    પરંતુ તમે ક્યારેય ખબર પડશે.
    (Parantu tamē kyārēya khabara paḍaśē.)
    ma tu non lo saprai mai.

    હેલો દરેક! હું જેક હેડ્સ છું, પરંતુ પર આવે છે, જે મને ખબર નથી?
    (Hēlō darēka! Huṁ jēka hēḍsa chuṁ, parantu para āvē chē, jē manē khabara nathī? )
    ciao a tutti! Io sono Jack Hades, ma suvvia, chi non mi conosce?

    આ મહાન સાહસ સાતમા વર્ષે પહોંચી હું કંપની છે, મિત્રો સાથે પીવાના ક્વિડિચ ગમે છે. ખોટું હું તમને પ્રેમ અને જે હું કહું છું તે વિશે એક છી સમજી શક્યા નથી , કહે છે.
    (Ravenclaw ā mahāna sāhasa sātamā varṣē pahōn̄cī huṁ kampanī chē, mitrō sāthē pīvānā kviḍica gamē chē. Khōṭuṁ huṁ tamanē prēma anē jē huṁ kahuṁ chuṁ tē viśē ēka chī samajī śakyā nathī, kahē chē.)
    Corvonero giunto al settimo anno di questa grande avventura, mi piace il quidditch , bere con gli amici, stare in compagnia. Inutile dire che vi amo e che tanto non capirete un cazzo di quel che sto dicendo.

    સ્ટાર હેલો , આ જેથી ચાલો શરૂ કરીએ inforandom સમય છે .કેવી રીતે તમે આઈસ્ક્રીમ માંગો છો?
    (Sṭāra hēlō, ā jēthī cālō śarū karī'ē inforandom samaya chē. Kēvī rītē tamē ā'īskrīma māṅgō chō?)
    Ciao stellina, questo è il momento delle inforandom perciò iniziamo.
    Come ti piace il gelato?

     
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    Spero di essere Todd

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    Ian Todd Milkobitch ( ) - 16 - Ravenclaw - neutrale - loser - mascotte
    « There's nothing wrong with being a loser, it just depends on how good you are at it »

    Todd non era esattamente il tipo che si lamentava e di motivi per farlo ne aveva, insomma non gli andava mai bene niente. Cadeva praticamente ad ogni passo e trascinava con se quasi tutto ciò che in teoria doveva rimanere in verticale, facendola diventare orizzontale. Qualsiasi tipo di attività che intraprendesse il rosso, si rivelava un disastro e di quelli colossali, specialmente se nelle vicinanze c'era il fratello; anche se nell'ultimo mese sembrava andare meglio, forse non era solo la vicinanza fisica di Run ai Milkobitch che faceva bene, ma anche saperla di nuovo nella sua vita che rendeva tutto molto più semplice; e poi aveva ricevuto così tanti antisfiga che a qualcosa dovevano pure servire no? Solo che lui e il socializzare, camminare tra la folla, stare in mezzo agli altri e le cose che i comuni mortali sapevano fare in modo del tutto naturale per lui era sempre un'impresa. Non era come sua sorella o Sheridan, beh si lei era diversa però, aveva un modo molto particolare di approcciarsi alle persone, ma in passato l'aveva ammirata spesso e non poteva non piacergli nonostante ogni tanto lei lo prendesse in giro; ma come poteva odiarla? Avevano passato il Natale e il Capodanno insieme – su questo però non era molto sicuro su come fosse andato, aveva un vuoto di almeno un paio di ore e non aveva idea di quello che aveva combinato, anche se non doveva aver fatto una bella figura nonostante Sher fosse stata così carina da non infierire. E poi non doveva ammirarla! Era speciale. –
    Ma lui era Todd e quando si trattava di stare tra le persone non era mi tranquillo, sapeva della gita da diverso tempo e dopo essersi fatto firmare il foglio dalla madre lo aveva consegnato a Maeve, la sua responsabile di casa e bravissima professoressa; ecco tra le donne che conosceva, anche lei era una che venerava, aveva uno sguardo così dolce e non si riservava mai da donargli un sorriso, molte volte le era grato perchè riusciva a risollevarlo. Come ad esempio, se era appena caduto o qualcuno aveva appena fatto il bullo con lui; molto spesso gli diceva di non abbattersi e che prima o poi la ruota avrebbe girato, sperava solo non nella sua direzione per schiacciarlo.
    E se fosse caduto ancora prima di salire sul pullman? Se lo avessero lasciato in città? Non era sicuro di volerci andare, aveva cambiato idea. No Ian ci devi andare, ricordi cosa hanno detto Run e Jeremy? disse improvvisamente Mickey, lui al contrario era già pronto, beato lui, Todd al contrario aveva ancora la divisa e non era decisamente pronto per andare alla gita, non voleva combinare guai. Lo aveva anche detto a sua sorella un pomeriggio tramite gufo, non voleva fare figuracce, forse fare amicizie non era proprio destino quindi poteva lasciar stare no? Ma Heidrun non sembrava pensarla come lui, gli aveva risposto quasi subito rimproverandolo:
    CITAZIONE
    “Ian, passa il foglio a Jeremy. Ora. Non mi interessa se lui tiene il broncio e ha di nuovo il ciclo. JEREMY DI A TODD DI ANDARE ALLA GITA.“

    Questo era il foglio per intero ma Todd lo lesse in diverso modo; alla “Ian passa il foglio a Jeremy” già stava per gettarlo via, quasi con aria da furbetto Non credo che lo farò ma continuando sembrava quasi che la ragazza avesse sentito il suo rifiuto di farlo; “ ORA” Ma Run... non voleva dare quel biglietto a suo fratello, uffa. Aveva cercato la sorella per avere un conforto e invece voleva confabulare con Jer; beh forse il tasso lo avrebbe evitato - come aveva fatto in passato- e quindi niente lettera eheh. “Non m'interessa...” . Andiamo Run, ma come diavolo poteva riuscirci? Non voleva uffa. Fece per piegare la lettera quando qualcuno arrivò da dietro per prendergliela dalla mano; «NON MI DIRE! Ti ha scritto Lestrange, eh??» Era Jeremy. Ma che noia! Come faceva ad essere lì proprio in quel momento? La sfiga non voleva proprio lasciarlo stare vero? Lo guardò diventando rosso, non solo perché lo aveva scoperto ma aveva anche nominato Sheridan; ogni volta gli faceva quell'effetto.
    «Se non esci da questo Castello il ventinove» iniziò e gli fece svolazzare davanti agli occhi la pergamena con aria da Jeremy in versione bullo – insomma la solita faccia da stronzetto - «scriverò a Sheridan per conto tuo» Eh cosa? NO Jeremy...non vale. Lo dico... si zittì a chi voleva dirlo eh? A Run che si era schierata con lui? Era solo perché anche Mickey non era dalla sua. Sbuffò.
    ahah ti tocca andare Ian, dai lo dice anche Jeremy. Sarà una bell'avventura. oh alla grande erano in tre contro uno. UFFA.

    Ed eccolo lì a guardarsi vestito in modo a caso o era casuale o qualcosa di simile, non sapeva il termine giusto ma aveva un paio di Jeans, che odiava e che gli impedivano ogni movimento, per lui era già difficile senza che si sentisse legato, figuriamoci cosa avrebbe potuto combinare in quel modo. Maglia, felpa e ancora niente, non era molto convinto di voler uscire. No! Non ci vado! disse e si gettò sul letto ignorando le parole dell'amico.
    Todd tu ci andrai e basta. Quindi alzati. disse improvvisamente Raiden, tanto che il ragazzo tornò a sedere sul letto, spaventato a morte, ma non doveva essere già sceso?
    Rai, non vo...aspetta un secondo da quando mi chiami Todd? lui era l'unico che lo chiamava Ian, quindi era strano sentirgli dire il secondo nome, anche se ormai era abituato ad udirlo dal resto del mondo, persino sua madre sembrava aver dimenticato il primo nome. Improvvisamente Raiden si trasformò in Run. Sua sorella era andata da lui! Gli saltò addosso e dopo un abbraccio e un più o meno incoraggiamento da parte sua – beh si la ragazza lo aveva costretto ad uscire dalla stanza e spinto verso l'atrio quasi, dopo un “ Vai e divertiti”, ma ne fu felice come non mai. E poi prima di vederla sparire gli chiese anche una piccola vendetta per il caro e dolce fratellino. Potresti andare da Jeremy sotto forma di Anjelika? chiese e lei accettò. Oh si chissà che faccia avrebbe fatto il brother nel vedere la professoressa avvicinarlo, avrebbe voluto vedere la scena e invece doveva scendere subito verso il raduno pregita.

    Salì sul pullman rassegnato in attesa di andare in città, magari non sarebbe stato così male; Esatto Ian, sorridi disse Mickey al suo fianco, tanto quel posto sarebbe rimasto vuoto; o era quello che credeva perchè vide Jeremy sedersi sopra l'amico immaginario, che scomparve all'istante lasciandoli da soli. «Avevo già la lettera pronta, hai fatto bene a venire. Ce l’ho in tasca, sai!? Se fossi stato l’unico Milkobitch ad Hogsmeade... Beh, diciamo solo che ci sono molte cassette delle lettere, lì» divenne rosso, ancora non era iniziata la gita e già si prendeva gico di lui, se l'era proprio meritato quello scherzo. Ma poi cambiò argomento, il corvo se la rideva sotto i baffi mentre il fratello lo guardava indagatore. «Non è che, per puro caso, hai visto Run a scuola?» chiese per ricevere dal rosso una risatina in risposta Non è che, per caso, hai visto la professoressa di pozioni? ecco fatto. Vendetta veraaaa. Se lo meritava, visto che lo aveva ricattato in precedenza.
    Arrivati a Hogsmeade, si ritrovarono nella piazza principale di High Street, e subito vennero raggiunti da un inquietante ometto che si presentò e pretese che i presenti facessero lo stesso, ma lui si vergognava. Ian vai... disse Mickey e fu così che si mise come gli altri in precedenza, sulla pedana. Divenne rosso ancora prima di parlare e alla fine si fece coraggio Ciao, io sono Todd Milkobitch, corvonero VI anno. Mi piace giocare a scacchi e non dire di me...ti prenderanno per pazzo,Ian e vorrei poter scendere da qui.. disse imbarazzato. Fu una presentazione davvero corta ma non voleva stare al centro dell'attenzione. Soprattutto dop, quando nello scendere urtò per sbaglio Hope, rischiando di farla cadere su una pozzanghera poco distante da loro scusa disse mortificato, ma per fortuna la tassa era dolce e dopo un sorriso lo lasciò andare.
    Che voglia di scappare, non voleva essere lì, era stata una pessima idea; seguì il gruppo fino al locale I tre Manici di scopa e notò che tutto era diverso, cioè non tutto ma quasi, insomma i tavoli era disposti in modo diverso e per ognuno di questi c'erano solo due sedie, una di fronte all'altra. Ma che? Non si metteva bene nono. Decisamente no. Perchè nel giro di qualche minuto si ritrovò seduto davanti a Jeremy. Ma con che criterio quell'uomo li aveva divisi? Lui già conosceva Jer o quasi. Forse avrebbero finalmente parlato. Ma dallo sguardo che aveva non sembrava prospettarsi una chiacchierata tranquilla, gli avrebbe chiesto di Sheridan? E se avesse detto qualcosa riguardo al sesso come sempre? Voleva morire. Ma dov'era la sfiga quando ne aveva bisogno?
    «Allora, Ian. Parliamo un po’» iniziò e non aveva l'aria da dolce, anzi l'esatto contrario, stava per vendicarsi per la faccenda Run/Anjelika lo sapeva. «Perché non volevi venire ad Hogsmeade?» Ah. Fece un sospiro di sollievo, non era una domanda troppo difficile, poteva farcela. Lo sai perchè, sono un combinaguai, cado, faccio cose e lo sai che hai rischiato la vita a starmi accanto? disse, ovviamente era una domanda retorica e poi quanto davvero Jeremy aveva voglia di saperlo?
    Ma dimmi tu Milkobitch provò a fare il serio e il figo come aveva fatto lui in precedenza ma non era venuto come voleva, avrebbe fatto sicuramente ridere il fratello con quella sua espressione da tonto Mi vuoi bene Jeremy? ok forse la risposta era si, ma aveva bisogno di sentirselo dire.
    the heart is deceitful above all things,
     
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  10. ‘hamilton(ta)’
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    Everything is blue
    15 | Hufflepuff | "Neutral" | CKandy heart
    Kendall Hamilton
    29.01 ▴ lHogsmeade ▴ dress ▴ #itswattime ▴ ho fame
    Gita!Gita!Gita!Gita! Nonostante tentasse in tutti i modi di non darlo a vedere,la piccola Hamilton era più felice di un bambino la mattina di Natale. Di un bambino che non era lei, ovviamente. In casa sua il Natale non era mai un granché, Se non altro ricco di colpi di scena, sì - ricordate quella volta che suo fratello tentò di uccidere i suoi durante il pranzo natalizio? davvero buona quell'insalata di patate #wat. La scuola faceva schifo: studio alla mattina, al pomeriggio e alla sera, lezioni interminabili, coprifuoco e punizioni varie. L'unica cosa bella di essere ancora una studentessa erano, a suo parere, le gite. Insomma, chi non adorava i riposini in pullman, le noiose visite che potevi rendere più divertenti facendo uno scherzo ad una persona random che poi ti rendevi conto essere il professore sì, mi è successo!, il terrore di tornare a scuola perché sai che il professore in questione ha già in mente per te una tortura di crudeltà paragonabile soltanto a quella delle persone che ti mettono le mani fredde su per la maglietta in pieno inverno...Il top del top insomma! Non era la prima volta che Kendall si recava ad Hogsmeade con la scuola, ma le avevano fatto capire che quella sarebbe stata speciale. E nonostante la mora tentasse in ogni modo di scappare dagli eventi sociali ai quali prendevano parte più di quattro persone e suo fratello non era una di queste, alla gita non poteva mancare. Non poteva proprio. Così, stretta nel cappotto che le aveva regalato anni prima Shia, uscì dal castello seguendo il professor Berqvist, insieme a quei compagni che sarebbero venuti con lei. Diede un rapido sguardo ai volti dei suoi conoscenti ed amici, chiedendosi se anche loro stessero MORENDO ASSIDERATI per poi lanciare uno sguardo pieno di odio verso il cielo, che voleva essere indirizzato all'infimo sole che sì, era là tutto sorridente #wat come nei disegni che facciamo un po' tutti da piccoli ma no, non elargiva neanche una briciola del suo calore. Una volta che fuori dai cancelli di Hogwarts si furono radunati tutti i partecipanti, la Hamilton fu ben contenta di dirigersi verso il pullmino giallo, dove si aspettava di trovare un comodo posticino accanto ad un finestrino e un po' di calore. Mentre cercava uno di quei famigerati posti a sedere, ebbe l'occasione di rivolgere un sorriso a quelli che conosceva: Jeremy, che nonostante avesse visto poco prima in sala comune non aveva avuto modo di salutare, Arabells, con la quale in realtà non aveva un granché di confidenza ma, ehi, Kendall è una ragazzina educata e saluta anche quelli coi quali non organizza pigiama party No, Kendall non ha mai organizzato un pigiama party con Jeremy. Per ora. #kindlife. Fece un cenno a Raiden e infine, trovando Eleanor seduta tutta sola, si fermò davanti a lei.Ehi, ciao! Ti dispiace se mi siedo qui?
    Il pullmino prese il volo e con lui l'entusiasmo della tassa, che dondolava felice sul posto. UUUUUN GRIFOOOOONE SI DONDOLAAAAVAAAA... si girò verso gli altri in attesa che la seguissero con la famosa canzoncina, ma con suo grande imbarazzo tacquero tutti. No? Okay...Si rigirò e iniziò a fissarsi la punta delle scarpe con le guance improvvisamente scarlatte, ma non per il freddo. Sicuramente non la conoscono. si disse come per cancellare la brutta figura, anche se era altamente improbabile che i suoi compagni non l'avessero mai sentita o cantata, tipo, dieci anni prima.
    Scendendo dal pullman, Kendall ancora si stava fissando le scarpe. Erano belle, sì, per carità, ma così facendo non si rese conto dello strano ometto che li raggiunse in mezzo alla piazza principale di High Street.benvenuti ragazzini di Hogwarts! Hogsmeade ha in serbo qualcosa di speciale per voi quest'oggi, quindi anzichè la solita, noioooosa, gita, siate pronti a mettervi in gioco. Vi sono diversi stand distribuiti nei vari punti vendita, dove a tempo debito potrete ovviamente anche acquistare le più varie leccornie, e sarò io stesso -assieme ai vostri stimatissimi professori- ad accompagnarvi passo per passo. Ora però, prego! La ragazzina sobbalzò al "Benvenuti!" costringendosi ad alzare lo sguardo e sobbalzò una seconda volta vedendo il vecchietto che gli aveva benvenutati(?) Era un tipetto particolare basso e dagli occhi azzurri illuminati di una strana vivacità. Mentre i suoi compagni si lasciavano scappare qualche risatina, Kendall si morse il labbro per non fare la rompipalle di turno. Il tipo era sì originale, ma detestava quel tipo di reazione, che trovava immatura e ben poco gentile. Intanto, l'ometto che si sarebbe poi presentato come Gabriel cognomecheKendallnonsarebbemairiuscitaapronunciare, fece comparire una piattaforma che invitò tutti ad usare per presentarsi, con grande ggggioia della tassa, che passava dall'essere l'esserino più egocentrico di questo mondo a quello più insicuro. Ed in quel momento faceva parte della seconda categoria. Kendall ascoltò con attenzione la presentazione dell'ometto, annuendo con finta espressione convinta, quanto meno per non mortificarlo, pensando che il vecchio si rendesse conto di quanto era imbarazzante. Vide poi salire una Serpeverde, una ragazza che faceva parte degli esperimenti che era sicura di aver visto una volta girare per Hogwarts - o forse no...? maledetta memoria - Arabells, un'altra serpeverde, Jeremy e poi un Corvonero che doveva sentirsi simpatico nel parlare in modo che non lo capisse nessuno. Una volta che anche questo ebbe finito, Kendall tentò un timido applauso, per poi quasi essere spinta a salire sulla piattaforma. Non ci teneva particolarmente, ma ad un certo punto avrebbe dovuto farlo, quindi...Sì,ecco, io...no, ma veramente, vorrei...vabbé, lasciamo stare. Ciao a tutti! la ragazzina deglutì a fatica, le mani che iniziavano a sudare nonostante il freddo. Io sono Kendall... tentò di fermarsi e non dire il cognome ma le uscì dalla bocca spontaneamente un Hamilton. Ancora un istante di silenzio. Si sarebbe potuto pensare che lo facesse per rendere il tutto più teatrale, ma in realtà stava morendo dalla vergogna e non aveva la più pallida idea di che cosa dire. Frequento il quinto anno e sono Tassorosso...e poi, sì...mi piace, leggere, scrivere...stare con i miei amici...cose normali insomma. Si guardò intorno speranzosa, come se qualcuno tra i suoi compagni avrebbe potuto suggerirle qualcosa su di sé che lei stessa non ricordava. E niente...ho finito.
    Una volta che tutti si furono messi in ridicolo presentati, gli studenti seguirono Mr. B verso una nuova emozionante attività, questa volta addirittura di sua invenzione: I flash wat. Quando sentì il loro nome, Kendall pensò d'istinto alle lampadine, per poi sentire la spiegazione e capire che non c'entravano un fico secco. E che non gli aveva inventati di certo lui. Ma questo, Kendall e tutti gli altri, si astennero dal dirlo. Ancora una volta la giovane Hamilton si sarebbe messa in imbarazzo perché ancora una volta era costretta a fare cose sociali. Mr. B la fece sedere vicino al tipo che parlava strano, con suo grande rammarico. Ciao... disse sedendosi, senza guardarlo negli occhi. Allora, emh...credo di doverti fare una domanda. Dunque...come mai parli così?Wow. E' davvero il meglio che riesci a fare?In giapponese esiste una parola, Yoko Meshi, che significa letteralmente"Un pasto consumato in orizzontale".E' il termine con i quali i giapponesi definiscono il disagio nell'esprimersi una lingua straniera e lo stress provocato al contatto con la stessa. Ecco,Kendall si sentiva molto Yoko Meshi(?)સ્ટાર હેલો , આ જેથી ચાલો શરૂ કરીએ inforandom સમય છે .કેવી રીતે તમે આઈસ્ક્રીમ માંગો છો? la mora, seduta di fronte al bel ragazzo - già la cosa stessa le provocava un disagio assurdo, stare seduta di fronte ad un essere di sesso maschile che non conosceva - lanciò uno sguardo di disperazione verso Ian, col quale aveva scambiato sì due parole una volta. Non aveva capito 'na ciospa neanche lui. S-scusa... ti dispiacerebbe ripetere? Kendall, lo sapi pure tu che non servirà a niente.
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    Edited by arabell(ie)s - 3/2/2016, 15:14
     
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  11. ;mjay
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    Amelia Hepburn

    Scheda ▼17 ▼ Slytherin ▼ Neutrale ▼ PensieveDress

    «Sì,sì e sì! Bene, adesso seguitemi » Mr B. fece un cenno con la mano.
    Amelia lo osservò ballonzolare giù per la strada acciottolata, ed invitò il gruppo di studenti a seguirlo. Dietro di lei il palchetto sparì con un ‘plop’.
    Sospirò sollevata, sperando che ad attenderla non ci fossero altre strane sorprese. Avanzarono per il piccolo viottolo sgombero dalla neve, per arrivare fino a ‘I Tre Manici di Scopa’.
    Il pensiero della dolce Burrobirra della proprietaria bastò a scaldarle il cuore e le appendici, ormai congelate. Non sentiva più le dita dei piedi.
    Finalmente, il piccolo ometto aveva avuto l’ idea giusta. Ma il sorriso le si spense sulle labbra quando entrò nel pub, in un angolo erano sistemati una fila di tavolini disposti ordinatamente l’ uno vicino all’ altro. Al centro di ognuno di essi vi era una campanella.
    Due sedie erano sistemate ad ogni estremità.
    Pessimo segno. Pessimo, pessimo, pessimo. Guardò supplicate Mr. B. che sembrava molto eccitato all’ idea che stava per presentare «avete mai sentito parlare dei flash wat?»
    Amelia lo fissò accigliata, i flash cosa? Che cosa si era inventato adesso?
    Rimase in attesa di una risposta, ma nessuno parlò, forse anche gli altri erano confusi quanto lei. «li ho inventati io» Oh, non c’era dubbio al riguardo, la cosa sembrava così ridicola che nessun’ altro all’ infuori di quello strano individuo avrebbe mai potuto partorire dalla sua mente con qualche rotella fuori posto «si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo»
    Adesso Amelia capiva, nel mondo Babbano esistevano già ed avevano un’ altro nome, si chiese se avrebbe dovuto informalo. Ma forse era meglio lasciarlo alle sue convinzioni. «deciderò io la disposizione: dato che non vi conosco, sarà impossibile per me fare preferenze. quindi ora... tu lì, tu là, no tu vai lì, ma cosa stai facendo ragazzino? di lì! Bene. La campanella al centro del tavolo comincerà a trillare non appena scade il tempo, e solo allora io vi darò le nuove disposizioni. è sempre una sorpresa, ed è veloce. Per questo flash wat» la malizia con cui lo disse le fece venire i brividi «e ora... via alle danze!»
    Mr. B. la sistemò su di un tavolo di fronte ad una giovane Corvonero, se la memoria non la ingannava doveva chiamarsi Arabells.
    L’ aveva già vista ad Hogwarts, ma aveva una pessima memoria per ricollegare i nomi alle facce, e se non si fosse presentata pochi minuti prima, sicuramente avrebbe fatto una figuraccia.
    Quindi forse, non era stato poi tutto così inutile.
    Le sorrise, tentando di non mostrare l’imbarazzo. Adesso il problema era un’ altro, doveva far lavorare gli ingranaggi del suo cervello per pensare ad una domanda che non fosse stupida e banale.
    Le idee spaziarono da: “Hai qualche animale domestico?” a “Sei mai stata morsa da un verme scoppiettante?”.
    Patetico. Tutto molto patetico.
    Si morse il labbro inferiore, optando per quella che le sembrava suonasse meno stupida « Secondo te di cosa si è fatto Mr. B.? » per poi ridere «Sto scherzando, ho sentito che ti piace il Quidditch! Qual’è la tua squadra preferita? »


    TENEREZZA E GENTILEZZA NON SONO SINTOMO DI DISPERAZIONE E DEBOLEZZA, MA ESPRESSIONE DI FORZA E DI DETERMINAZIONE
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    Era rimasta alquanto sconvolta dalla reazione avuta da quel piccoletto una volta ascoltato cosa gli studenti di Hogwarts avessero da dire presentandosi, non che comunque avessero molta scelta dal momento che lei stessa era stata trascinata sul palco improvvisato senza che potesse fare o dire nulla pr evitare quel supplizio. Sapeva di avere a che fare con uno strano mago, ma al tempo stesso la convinzione che quello fosse un bambino travestito da vecchio l'aveva lasciata senza parole. Non credeva di aver mai visto un adulto comportarsi in quel modo per cui non era così impensabile pensare che quel vecchietto avesse assunto della strana menta delirante delirante o qualcosa tipo quella sostanza che i babbani usavano tanto per sballarsi e che li lasciava con qualche neurone in meno. sì, sì, e sì! Bene, adesso seguitemi il vecchietto si lasciò studenti e palco -che sparì sotto gli occhi sbalorditi della ragazzina dai lunghi capelli rossi- alle spalle, incamminandosi seguendo una stradina che sul momento non riconobbe. La ragazza si era aggregata agli studenti che in massa si stavano spostando per le vie del villaggio magico cercando di non perdere di vista quell'omino strampalati che li aveva accolti con un po' troppo entusiasmo scatenando il malcontento di alcuni di loro. E quando dico alcuni di loro mi riferisco proprio a Freya. Non riusciva a vedere solamente una persona un po' strana, no lei riusciva solamente a vedere una persona fuori di testa comportarsi in modo troppo strano e troppo amichevole per i suoi gusti. Non era abituata a certi gesti amichevoli, oltretutto tutto quel contatto che sembrava ricercare la metteva a disagio, sopratutto se le venivano rivolti da estranei. Già non sopportava i suoi compagni quando le si avvicinavano troppo figurarsi un vecchio strampalato con manie di protagonismo. Continuò a camminare immersa nei suoi pensieri quando -senza che se ne accorgesse- il gruppo si fermò di colpo causando così uno scontro tra Freya e la schiena di qualcuno. Scusa bofonchiò allontanandosi di pochi passi dal malcapitato che si era ritrovato sulla sua strada. Ma sopratutto, perchè diamine si erano fermati così senza una spiegazione? Alzando gli occhi al cielo il suo sguardo fu catturato dall'insegna del locale. I Tre Manici di Scopa. Oh ecco dov'erano stati condotti. Conosceva quel luogo perchè gli studenti ne parlavano molto ma lei non ricordava di esserci mai andata. Il locale si presentava diversamente da come avrebbe dovuto ma la ragazza se ne rese conto nel momento in cui lo sguardo si posò sulla fila di tavoli pensati appositamente per coppie? Aveva paura. Molta paura. Cosa doveva aspettarsi da tutto ciò? Che poi magari quei tavoli non erano per loro, insomma poteva anche darsi che loro sarebbero andati da qualche altra parte. In verità non voleva nemmeno sapere cosa quel tipo voleva fargli fare, sperava solamente che si limitasse ad offrire burrobirra a tutti. Mr. B li richiamò attorno a lui avete mai sentito parlare dei flash wat? avete presente quel momento imbarazzante in cui nessuno sa cosa dire o fare e nel silenzio più totale si riescono a sentire i grilli cantare? Ecco questo era ciò che successe in quel momento. La giovane aprì la bocca per dire qualcosa ma nessun suono uscì da quelle labbra piene e rosse. Non sapeva dove quel vecchietto volevo andare a parare e sopratutto non capiva che cosa voleva che loro facessero. Se prima aveva paura perchè non sapeva dove stavano andando e cosa stavano per fare, ora era decisamente terrorizzata perchè lo sguardo di quell'uomo la stava spaventando non poco. Aveva superato il palco ma non sarebbe sopravvissuta ad altro, lo sapeva. Li ho inventati io una gocciolina immaginaria comparve a lato della tempia della giovane, nella sua mente una sola domanda si affacciò facendosi largo tra i mille pensieri che la affollavano: ma chi è questo tizio? si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo la spiegazione non le era nuova, era sicura che qualcuno gliene avesse già parlato. Ma certo forse era accaduto a Different Lodge, in fondo molti dei wizard che vi vivevano erano in realtà babbani che si era ritrovati a seguire il medesimo destino della rossa. Lo guardò assumendo un cipiglio annoiato. Inventato una puffola bisbigliò la giovane sbuffando. Quando aveva deciso di presentarsi alla gita non pensava che avrebbe desiderato tornare in quella prigione di scuola il più in fretta possibile e per farle venire un pensiero del genere ce ne voleva! Due giorni prima era fuggita ed ora si ritrovava a desiderare il dormitorio in cui era stata confinata all'inizio dell'anno scolastico. Deciderò io la disposizione: dato che non vi conosco, sarà impossibile per me fare preferenze. quindi ora... tu lì, tu là, no tu vai lì, ma cosa stai facendo ragazzino? di lì! Bene. La campanella al centro del tavolo comincerà a trillare non appena scade il tempo, e solo allora io vi darò le nuove disposizioni. è sempre una sorpresa, ed è veloce. Per questo flash wat rimase a bocca aperta mentre l'omino impartita ordini a destra e manca spingendo gli studenti a prendere posto come da lui ordinato. Si ritrovò seduta ad un tavolo con di fronte a lei forse l'unica persona che conosceva a quella gita, Jericho Lowell la compagna che viveva a Different Lodge insieme a lei. Beh non poteva andarle meglio di così, anche se l'idea di un interrogatorio -perchè sì di quello si trattava- non la entusiasmava particolarmente. E ora... via alle danze un minuto. Avevano solamente un minuto per provare a conoscersi meglio ma cosa poteva domandarle senza cadere nel banale? Difficile scegliere cosa chiedere in un tempo tanto breve. Vagliò accuratamente tutto ciò che avrebbe potuto chiederle Tutto sommato come primo incontro non è male, almeno per scogliere il ghiaccio cercò di essere il più amichevole possibile, cosa che non la metteva particolarmente a suo agio Ma quel vecchio si è sicuramente fumato qualcosa prima di venire qui, o come minimo è ubriaco. Dunque miss Lowell cominciò pensando ad una domanda che avrebbe potuto andare bene alla ragazza Se tu fossi un animagus, qualche forma assumeresti? alla fine la scelta era davvero ricaduta su una domanda banale, ma in fondo quel genere di cose non facevano per lei. E meno male che Jericho la conosceva, non osava immaginare cosa sarebbe accaduto al prossimo flash wat, probabilmente al ritorno ad Hogwarts avrebbe dato di matto ma sperava di riuscire a mantenere il controllo della sua ansia, in fondo non dove essere molto pericoloso affrontare un “botta e risposta” con i suoi compagni di scuola, erano estranei ma lo erano fino ad un certo punto.
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    29.01.2016 ▴ hogswatdress catafratta ▴ cursed
    Doveva essere un soggetto piuttosto amato dai riflettori, perché Jack ritenne opportuno, non appena ella era scesa dalla pedana, prenderla per un braccio e trascinarla di nuovo in pista. Chiariamoci, Killian Hades era sempre stato un giovane particolare, difficile da decifrare perfino per una come la Dallaire che del decriptaggio aveva fatto una filosofia di vita, eppure quel giorno era più strano del solito. Non che i catafratti in generale di solito fossero normali eh, però perfino loro avevano dei limiti: e dire che pensava d’essere lei quella alternativa, la quale spesso e volentieri si lasciava andare ad imprecazioni in francese o altre frasi random per il puro gusto di spiazzarli. Jack l’aveva battuta: cos’era il francese, contro una lingua dimenticata da Dio e da qualunque altro essere umano dotato d’intelletto? All’inizio aveva pensato fosse un bofonchiare casuale, poi aveva compreso che, per il Corvonero, quella era una lingua. Il fatto che nessuno la comprendesse non l’aveva fermato, eh no belli miei, continuava imperterrito nella sua opera di diffusione della Sacra Parola. Proprio un… Jack. Annuì al suo tacito invito a fargli da interprete, stringendo con forza le labbra fra loro per impedire alla bocca, piegata in un sorriso malizioso, di lasciar trapelare la risata: mi vieni a disturbare nel dormitorio, e poi vuoi il mio aiuto? OH JACK, mi conosci così poco? Si schiarì la voce, volgendo un rispettoso inchino alla folla, pronta a tradurre la presentazione del suo amico.
    Forse. «Ciao draghi! Io sono Jones e da grande volevo diventare Ash Ketchum, peccato fossero finite le papaye. E voi come state?» serissima, mentre con sguardo critico seguiva il gesticolare del compagno. Professionalità level Bells. «Corvonero alla mattina, uomo sandwich alla sera. Con il campari, che… ma Jack! Scusate, questo non posso proprio tradurlo» Una risata divertita ed imbarazzata, pudica come una puritana (?) mentre tirava uno schiaffetto sul viso di Jack. «Mi piacciono gli unicorni, e non vedo l’ora di cavalcarne uno. Il capitano di quidditch dei Corvonero è bellissimo, intelligente, e adorabile. Aw, Jooones» Strinse le mani fra loro, portandole entrambe al petto. «Ho una cotta non troppo segreta per Jeremy. Ciao Jeremy, ti prego non friendzonarmi. c'è qualcosa di grande fra noi» ifuknow. Concluse insieme al giovane, per poi stringergli la mano così da fare una riverenza al loro pubblico. Saltò nuovamente sulle spalle di Jack, volgendo un sorriso di scuse a Maeve Winston. Non fatemi fare brutta figura. Ma chi, noi? Corvonero solo gente seria. Attese pazientemente che tutti si fossero presentati, portando le mani a coppa attorno alla bocca non appena un blu bronzo saliva sul palco ed invitando invece, gli altri, ad unirsi alle loro schiere. Quando anche Todd scese dal palco, non potè fare a meno di stropicciargli le guanciotte con una risata divertita, incapace di rimanere con le mani in mano, zitta e non molesta; era nella sua natura, cosa ci volevate fare. Non riusciva la Dallaire a togliersi il sorriso dalle labbra, mentre i polmoni si riempivano di quell’aria che, alle sue narici, profumava di libertà. Non le importava quali stupidi giochi avessero in serbo per loro, quanto ancora avrebbe dovuto far vergognare la loro responsabile o guadagnarsi occhiatacce dal resto dei suoi compagni: era con i suoi amici, poteva bastare. Almeno per un giorno, un giorno soltanto. Un giorno senza sentire il peso di quella maledizione che le attorcigliava la lingua, un giorno senza il pensiero costante di un Elijah incapace di riconoscere la sua stessa camera, un giorno senza Chris che ogni notte scendeva a dormire sulla poltrona in Sala Comune, un giorno in cui poteva dimenticare di essere stata cieca, un giorno senza vedere ahah, troppo simpa negli occhi dei suoi amici quanto la sua fuga dell’anno precedente li avesse… delusi. Un giorno soltanto, non era chiedere troppo. Il palchetto sparì, mentre Mr. B. li guidava esaltato verso la meta successiva; fu Jeremy a dare voce ai pensieri ben condivisibili dalla ragazza: «Spero si beva, questo qua mi ha già scartavetrato tre quarti di palle». Gli diede un pugno sulla spalla, facendo cenno di no con il capo. «lascia stare mr.b, non vedi che è disturbato? Dovresti essere più sensibile, dato che… sai… anche un nostro amico è speciale» Indicò l’Hades, stringendo affettuosamente e con empatia la mano sul braccio di lui. Il loro catafratto speciale. Comunque, anche lei avrebbe preferito darsi all’alcool, approfittando opportunisticamente del fatto che Jack fosse maggiorenne e Jeremy sembrasse un ventenne ma anche trent’enne.
    Bishop non la pensava come loro, e Bells si sentì sciocca anche solo ad aver pensato altrimenti. Li fece riunire attorno a lui, rendendo quella gita sempre più simile ad un incontro fra Alcolisti –poco- anonimi. «avete mai sentito parlare dei flash wat?» Inarcò entrambe le sopracciglia, lanciando un’occhiata scettica ai suoi compagni di sventura. I flash… cosa? Il solo nome le fece pensare che si trattasse di veloci dubbi cosmici nati con l’idea di spiazzare, lasciando confusi sul mondo ed il suo contenuto; in quel caso sì, non solo li conosceva, ma ne aveva l’emblema davanti agli occhi. Se Mr. B. non era un flash wat, ma anche solo wat, nulla lo era a quel mondo. «li ho inventati io» Immerse il viso nella spalla di Jeremy, soffocando il singulto divertito che minacciava di rompere quel precario equilibrio d’attenzione creato dall’uomo. Li aveva inventati lui. Dovevano essere qualcosa di epico. Quando fu sicura che non avrebbe ricominciato a ridere, perlomeno non sguaiatamente, tornò a guardare il piccolo omuncolo. «si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo» Corrugò le sopracciglia, grattandosi il mento con aria distratta. «gli speed date?» disse prima di poterselo impedire, senza celare il palese dubbio nella propria voce. Venne ignorata da mr. B in maniera quasi elegante, lasciandola indispettita. Maledetto nano. «deciderò io la disposizione: dato che non vi conosco, sarà impossibile per me fare preferenze. quindi ora... tu lì, tu là, no tu vai lì, ma cosa stai facendo ragazzino? di lì! Bene. La campanella al centro del tavolo comincerà a trillare non appena scade il tempo, e solo allora io vi darò le nuove disposizioni. è sempre una sorpresa, ed è veloce. Per questo flash wat» Che. Logica. Schiacciante. Si morse il labbro inferiore, limitando l’ennesimo scoppio di ilarità ad un sorriso appena accennato. Ma quanto lo adorava, in tutta quella sua contorta genialità di Grifondoro? Porello. Si lasciò spingere divertita verso una delle sedie, fingendo di non comprendere quale fosse il suo posto per sedersi sopra Jack. «cosa? Non era qua che dovevo venire? Che sbadata. Scusi mr. B» Quindi si lasciò guidare alla postazione giusta, dove riconobbe dall’altro lato Amelia Hepburn, la Corvonero mancata. Poggiò i gomiti sul tavolino, trovando l’incontro organizzato da Mr. B particolare ma esaltante; ancora non capiva dove volesse arrivare, ma finchè il suo compito era quello di chiacchierare con i propri compagni, hell yeah. Il fatto che l’appuntamento (?) fosse a tempo, rendeva ad Arabells il gioco più spassoso: poteva non essere una competizione, o una gara, ma l’avere una scadenza riaccendeva lo spirito sopito della Cercatrice. «Secondo te di cosa si è fatto Mr. B.?» La Dallaire scoppiò a ridere, lasciandosi ricadere sullo schienale mentre lo sghignazzare trattenuto fino a quel momento prendeva finalmente forma. «non lo so, ma darei un rene per averlo anche io!» Rispose tornando a sporgersi verso Amelia, il sorriso scaltro ad aleggiare sulle labbra sottili. «Sto scherzando, ho sentito che ti piace il Quidditch! Qual’è la tua squadra preferita?» Aw, ma quello era un invito a nozze per la Corvonero! Il sorriso si allargò mentr’ella si inumidiva le labbra, lo sguardo grigio e verde illuminato da quel barlume di gioia che mai abbandonava i suoi occhi quando si parlava di Quidditch. «Ravenclaw vale? Mi hanno detto che hanno il Capitano migliore di tutta Hogwarts» Sorrise allusiva assottigliando le palpebre con orgoglio, evidenziando poi l’ammiccare in una eccellente imitazione di Mr. B. «Ho sempre tifato le Holyhead Harpies, le ammiro per…» Non poteva essere verità, considerando che da bambina era troppo piccola per tifare, ma di certo non era una menzogna. Lasciò però che il resto della frase rimanesse incastrato in gola, impossibile da far scivolare fuori dalle labbra di Bells. Non poter dire la verità era sicuramente più semplice del suo opposto, ma non significava che fosse facile; doveva sempre rimanere nell’ambiguità, lasciando i propri rapporti a navigare su una mera superficie cristallina, mai veramente a fondo. Si strinse nelle spalle, un mezzo sorriso. «più motivi di quanti io possa dire in un minuto» concluse ridendo, alzando i palmi verso l’alto. «chissà, magari un giorno… te cosa vuoi fare da grande?» Rilanciò, poggiando il mento sulle mani giunte. «e secondo te perché il cappello ti ha smistato nei serpeverde? Non scherzavo, prima» Aggiunse, sempre sorridendo. Ovvio che scherzava, dopotutto la Hepburn non poteva semplicemente saltellare dagli Slyth ai Ravenclaw da un giorno all’altro, ma… avete capito il concetto, suvvia. (?)

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    Edited by low/h/ell - 3/2/2016, 22:17
     
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    « Sheet | 17 y.o. | Ravenclaw | Neutral | Pensieve »
    La sua mattinata aveva avuto inizio in modo positivo, stranamente. In realtà, non le era accaduto nulla particolare: il suo orologio biologico le aveva come sempre impedito di riposare per più di sei ore consecutive quella notte e anche la colazione aveva lo stesso sapore inspido nel palato di qualcuno che ancora non si era del tutto svegliato.
    Eppure, quella mattina si sentiva rinvigorita, come se la voglia di vivere l'avesse improvvisamente afferrata per le spalle, scrollandola con forza ed intimandole di "darsi una svegliata". Di certo, ora non avrebbe preso a saltellare in giro per i corridoi di Hogwarts lanciando in aria fiorellini tirati fuori da chissà dove, nè avrebbe dimostrato tutto il suo affetto alle persone a lei care con abbracci, baci e altri gesti così espansivi e mielosi che il solo pensiero le provocava la nausea. Ew.
    Però era felice, lo era davvero, e ciò era dovuto per la gran parte all'imminente gita ad Hogsmeade che avrebbe atteso lei e gli altri partecipanti. Aveva già visitato la piccola cittadina magina un discreto numero di volte nel corso dei suoi anni di studentessa, eppure l'idea di poter tornare a visitarla, passeggiando per le vie tutt'ora innevate e mettendo piede dentro ogni negozio, magari senza l'intenzione di comprare davvero qualcosa ma anche solo per poterne assaporare il profumo caratteristico intriso nelle mura di ogni locale. Le sembrava di tornare bambina visitando quel posto, sebbene nemmeno lei sapesse dare una motivazione concreta a quella sua reazione: era pur sempre una semplice gita, molti dei suoi coetanei avevano addirittura preferito rimanere al castello piuttosto che annoiarsi un pomeriggio intero.
    L'idea che avrebbe dovuto attendere tutta la mattinata e che il ritrovo fosse solamente alle 14:30 smorzò in parte il suo entusiasmo, soprattutto perchè le ore di lezione le parvero trascorrere con una lentezza davvero insopportabile, ma finalmente il momento -da lei- tanto atteso arrivò. Così, dopo aver indossato un maglione pesante e jeans scuri, si era fatta trovare pronta nella sala comune dei Corvonero con quindici minuti d'anticipo, il cappotto invernale sottobraccio ed un piccolo zainetto in pelle nera su una spalla.
    I suoi compagni di casata giunsero poco dopo e solo in quel modo ebbe modo di capire quali altri maghi blu e bronzo avrebbero preso parte a quella gita: Sharyn, Ian, Arabells, Faith, Raiden e Jack, tutti nomi familiari ma dei quali sapeva ben poco, diciamo pure quasi nulla, a riguardo nonostante conoscesse quei volti da sette anni o poco meno. Ancora una volta, la sua espansività del tutto inesistente le aveva impedito di legare con coloro con i quali avrebbe dovuto trascorrere la maggior parte delle sue giornate, facilitando però al contempo le nuove amicizie al di fuori delle mura della sala comune. Aveva prevalentemente legato con ragazzi Tassorosso o di altre casate proprio perchè non era costretta ad incrociare i loro sguardi cotantemente, anche durante i momenti in cui desiderava rimanere nel suo dormitorio per un po' di pace e tranquillità, lontana da tutti quanti.
    Era per questo motivo che anche quel giorno aveva scelto di sedersi su uno dei sedili ancora vuoti dello scuolabus color giallo acceso, preferendo distaccarsi il più possibile dai Corvonero, almeno per quella giornata. Aveva con sè nello zaino il libro che stava leggendo in quel periodo, tra una pausa studio e l'altra, ma decise di non prenderlo per il momento: lo avrebbe tirato fuori solo in caso di estrema necessità, se si fosse annoiata o se qualcuno avesse iniziato ad infastidirla con insistenza. E per un attimo temette che la seconda opzione sarebbe accaduta presto, quando vide una figura avvicinarsi a lei.
    «Ehi, ciao! Ti dispiace se mi siedo qui?» Eleanor alzò lo sguardo, riconoscendo la voce e sorridendo a Kendall, felice nonostante tutto ti poter trascorrere quel breve viaggio vicino ad una persona amica e non ad uno sconosciuto.
    «Ciao, certo nessun problema» le rispose, spostandosi verso il finestrino così da permettere alla ragazza di sedersi tranquillamente. Restarono in silenzio per il resto del tragitto, ma per una volta Eleanor non si preoccupò di dover iniziare una conversazione forzata, confidando invece che ormai Kendall la conoscesse e comprendesse i suoi continui bisogni di restare in silenzio, specialmente se stava ammirando il paesaggio all'esterno dell'autobus. Nonostante questo, la Corvonero non riuscì a trattenere un sorriso divertito nell'udire il tentativo dell'altra di dare inizio ad una canzoncina di gruppo, che però parve morire sul nascere. L'avrebbe anche aiutata a proseguire con le strofe, ma temeva che la sua voce risuonasse come quella di un gabbiano strozzato che tenta invano di cantare una serenata, perciò lasciò perdere.
    Giunti finalmente a destinazione, l'atmosfera tipica di Hogsmeade, che da sempre aveva affascinato Eleanor ma che mai era stata in grado di descrivere in parole, la pervase lasciando che un sorriso carico di felicità si manifestasse in modo naturale sulle sue labbra. Con molta probabilità, se in quel momento qualcuno le fosse passato affianco, l'avrebbe osservato stupito. Sì, sembrava impossibile, ma anche lei era in grado di sorridere.
    Era pronta ad iniziare la sua scampagnata per le vie, incurante del freddo e con una mappa di tutti i negozi migliori da visitare ben focalizzata nella sua mente. Peccato che la sua gita ideale prese ben presto una piega inaspettata. Un ometto basso e tarchiato, sebbene non reputasse quella la migliore parola per descriverlo, si presentò davanti alla comitiva e per un attimo la ragazza si domandò da dove fosse sbucato, non avendolo visto arrivare. L'ometto dallo sguardo vispo -no, nemmeno quello pareva un termine adatto- diede loro il benvenuto, procedendo poi a illustrare a modo suo lo svolgimento di quel pomeriggio. A quanto pare, sarebbero entrati nei negozi solo quando sarebbe stato lui a decidere ciò e questo provocò in Eleanor una stizzita alzata degli occhi al cielo. Grandioso, davvero.
    Un palco venne fatto apparire al centro della piazza con un rapido gesto di bacchetta da parte dell'uomo, e sopra di esso comparve anche quello che doveva essere un... microfono, per così dire. L'improvvisato presentatore e conduttore salì sopra la piattaforma annunciando che, prima di continuare, ognuno dei presenti avrebbe dovuto presentarsi agli altri. "OH NO. Non ci penso nemmeno" era stato il primo pensiero di Eleanor e, dando una rapida occhiata agli studenti attorno a lei, anche gli altri parvero della sua stessa idea. Eppure, l'ometto si dimostrò più convincente di quanto appariva, perchè dopo che lui si fu presentato come Mr. B (ed ebbe precisato che era stato un Grifondoro al suo tempo, sorprendendo tutti e generando alcune risate velate fra il pubblico), numerosi maghi parvero cominciare a salire sul palco e a dire il loro nome e cognome insieme ad altre informazioni random su loro stessi.
    In quell'istante, Eleanor si rese conto che non sarebbe riuscita ad evitare quel supplizio purtroppo, soprattutto perchè i presenti non erano numerosi e se lei avesse tentato di barare fingendo di essere già passata se ne sarebbero probabilmente accorti tutti. Si mise quindi in fila e, dopo Kendall, fu il suo turno di avere tutti gli occhi puntati su di lei. Cosa che, per la cronaca, odiava con tutto il suo cuore.
    «Mi chiamo Eleanor Quinn» aveva esordito, senza nemmeno un "ciao", ma se n'era resa conto troppo tardi per rimediare. «Frequento il settimo anno e sono una Corvonero. Mi piacciono molte cose, e non ne odio nessuna in particolare, credo.»
    Il suo tono si mantenne piuttosto piatto e formale per tutto il tempo, fino a che non si allontanò dal microfono con la testa bassa, "Una presentazione banale per una persona banale" non aveva potuto far a meno di pensare, tornando tra la folla. Quando il giro di presentazioni ebbe finalmente termine, Mr. B lasciò fuoriuscire tutta la sua euforia dovuta a quel giochino e ai successivi che aveva organizzato ed Eleanor non potè che ritrovare un po' di gioia ora che quella che credeva la parte peggiore era terminata. E poi, anche quell'ometto era esaltato per ciò che avrebbero fatto, quindi cosa sarebbe potuto andare storto? Bè, tutto, in effetti.
    «Sì, sì, e sì! Bene, adesso seguitemi» aveva esclamato Mr. B, conducendoli fino ai I Tre Manici di Scopa e, una volta dentro il locale, dirigendosi verso una zona adibita in modo differente rispetto a tutto il resto. Zona che, non è difficile notare, pare essere dedicata proprio al loro gruppo. L'esaltazione della loro "guida" è crescente e questo non fa altro che rendere nuovamente preoccupata Eleanor.
    Una volta che tutti sono a portata d'orecchio, Mr. B domanda loro se hanno mai sentito parlare dei flash wat. Dei bisbigli perplessi si alzano dal gruppo di maghi, mentre alcuni si guardano fra di loro come a domandarsi dove l'ometto voglia andare a parare.
    «Si tratta di mini miniiissimi appuntamenti. In pratica voi prendete posto a quei tavolini, uno da una parte e uno dall'altra, quindi avete un minuto per farvi ogni genere di domanda. Finito il minuto, si cambia tavolo»
    «Gli speed date?» sente qualcuno domandare con sarcasmo e, voltandosi, incrocia lo sguardo di Arabells.
    «Precisamente» le risponde con altrettanto sarcasmo, come a confermarle quanto quell'idea di inventato abbia ben poco. Mantiene comunque la voce bassa per evitare di farsi udire da Mr. B, forse per non urtare la sua sensibilità o forse per evitare un suo improvviso ed inaspettato scatto d'ira.
    In seguito alle spiegazioni finali e alla creazione delle coppie in modo casuale, Eleanor riesce finalmente a sedersi ad uno dei tavoli, realizzando solo in quel momento chi sarà la sua compagna di sventure per il successivo minuto. Sharyn Howl, una Corvonero del suo stesso anno. Dovrebbe essere una di quelle persone che conosce da una vita, una di quelle di cui conosce anche i segreti più nascosti e i punti in cui soffre maggiormente il solletico. E invece non sa assolutamente nulla di quella ragazza che incrocia ogni mattina nella loro sala comune, limitandosi a salutarla sempre con un cenno assonnato.
    In quell'istante, si rende conto che quel botta e risposta già di per sè abbastanza imbarazzante rischia di diventare anche noioso a causa delle solite e banali domande di routine che non permettono mai veramente di conoscere la persona davanti a sè. Ma ora ha l'occasione di poter scoprire veramente qualcosa in più riguardo a coloro che sono rimasti fino a quel momento solo dei semplici conoscenti, ed un improvviso moto di curiosità la spinge ad evitare la banalità per puntare a qualcosa di più creativo. E' per questo motivo che le viene in mente di porre a Sharyn non una semplce domanda, ma una vera e propria scelta. Aveva sentito parlare tempo fa di un gioco molto di moda ultimamente fra i ragazzi babbani dal nome "What if...?", il quale consisteva nel presentare una situazione al giocatore con una condizione più o meno pessima, e vedere se il giocatore avrebbe accettato. Decise perciò di basarsi su domande che aveva udito a riguardo per chiederle subito, dopo averla salutata:
    «Dunque... se tu avessi la possibilità di fare qualcosa di illegale e sapessi che nessuno lo verrebbe mai a scoprire, lo faresti?»
    Una domanda a bruciapelo, che probabilmente l'avrebbe spiazzata. Ma non voleva metterla in soggezione nè dare l'impressione di apparire come una psicopatica facendole quella domanda, perciò glielo domandò mostrandosi il più naturale possibile ed aggiungendo anche un piccolo sorriso finale. Di sicuro, qualunque fosse stata la risposta lei avrebbe capito qualcosa in più sul vero carattere di Sharyn e allo stesso tempo nessuna delle due avrebbe rischiato di annoiarsi nell'ascoltare quale fosse il colore preferito dell'altra e perchè.

    Eleanor Quinn
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    Cosa c’era che non andava in Jericho Karma Lowell? Quale assurdo motivo l’aveva spinta a voler partecipare a quella gita? Lei davvero non lo ricordava; era accaduto, forse in uno dei rari momenti d’esuberanza della ex grifondoro, ed ormai si ritrovava invischiata in quella cosa senza averne alcun desiderio. Aveva fatto un bel casino. Chiunque con un po’ di sanità mentale, avrebbe pensato che Jer fosse preoccupata per il ritorno di suo fratello, che quel pugno ancora le bruciasse le nocche, la rabbia, il dolore e la paura che le impedivano di chiudere occhio; ed in parte, per ovvi motivi, era così. Ma, e non pensava avrebbe mai creduto una cosa del genere, almeno aveva Nate. Aveva fatto così tanto per evitarlo, per evitarsi, che seppur probabilmente fosse ormai impossibile ricostruire un rapporto spontaneo -avevano perso troppo, avevano perso tutto- non poteva che essere sollevata dal saperlo dalla sua parte. Non da sola, non di nuovo. Da mesi, il pensiero di Jericho si arrovellava su altro, mozzandole il respiro quando meno se lo aspettava. Risentiva il calore di Jack, il suo sapore sulle labbra, una ferita inflitta fisicamente fra le scapole. Si premeva le mani sulle palpebre abbassate, domandandosi il perché avesse dovuto rovinare tutto; il perché aver spaccato la sua famiglia, gli Hades, dovesse essere così… Dio, come aveva sempre voluto. Non era facile far convivere la razionalità, l’amore fraterno e quello che di fraterno aveva sempre avuto ben poco; l’amica, la sorella, con quel più sempre presente sotto pelle, in ogni respiro, battito. L’avrebbe distrutto, lo sapeva. L’avrebbe odiata, e lei non avrebbe potuto dargli torto. Che spiegazioni avrebbe potuto dargli? Gli aveva mentito, l’aveva tradito, l’aveva ferito in più modi di quanto mai nella vita aveva meritato. Lui, poi, che a suo modo per lei c’era sempre stato. Jack e Jer. Jer e Jack. Non capiva come potesse essere possibile amare così tanto ciò che rovinava un’intera vita; non capiva come i brevi momenti passati con Jack alla spiaggia potessero compensare ciò che avrebbe perso, lasciandola vivere il resto dei suoi giorni con un vuoto incolmabile. Eppure, mentre rannicchiata nel letto stringeva a sé le lenzuola, era così che si sentiva. Se voi aveste visto i suoi occhi, se voi aveste sentito la sua mano nella vostra, forse avreste potuto avere un’idea di ciò che la Lowell provava. Aveva accusato Nathaniel Lowell di essere egoista; aveva detto a Brandon Lowell che era un mostro. Se erano la sua famiglia, un motivo doveva pur esserci. Qualcosa in comune, fil rouge che concatenava le loro identità, causa ed effetto di ciò che erano stati, pensati, di quello che avevano vissuto. Sangue, ce l’aveva nel sangue quell’intrinseca necessità di spazzare tutto ciò che aveva cuore, vivendo nel limbo delle scelte sbagliate. «aveline, credo che potrei cominciare ad odiarti, sinceramente e con trasporto» bofonchiò in direzione della rossa, spazzolandosi i capelli biondi con gesti secchi ed irritati. Non sapeva se la odiava perché non ci sarebbe stata, e di conseguenza l’avrebbe lasciata “sola”, o perché anche Jericho avrebbe voluto non esserci. Gli occhi zaffiro ricambiavano la sua occhiata perplessa allo specchio, chiedendosi se avrebbe dovuto fare qualcosa: per natale, Devon le aveva regalato dei trucchi, i quali ancora la osservavano con aria colpevole dall’interno della scatola. Cosa siete, sconosciuti. Che poi, perché avrebbe dovuto farsi bella? Sperava con tutto il suo cuore che Jack non ci fosse; da quell’estate, aveva cercato d’evitarlo in ogni modo umanamente possibile, soffrendone ella più di quanto Jack avrebbe mai saputo. Lui, d’altro canto, ancora piangeva –metaforicamente? Parlando- la scomparsa della sorella: ed era lei la chiave, lei a poter togliergli quel fardello. Perché non lo stava facendo? Egoista. Mostro.
    Ma almeno avrebbe potuto essere un bel mostro. «mi trucchi?» domandò alla rossa, roteando sulla sedia girevole posta vicino allo specchio. «qualcosa di leggero che dica: ti prego non odiarmi, ti prego cerca di capire. In alternativa accetto un ti prego uccidimi prima che sia troppo tardi, ma non sono convinta che esista uno stile del genere. O sì? Sei te l’esperta» Si strinse nelle spalle, lasciando fare all’amica –la quale dolcemente la rimproverava per il suo pessimismo- il lavoro sporco. Quando si guardò nuovamente allo specchiò, notò che il lavoro era stato così delicato da essere quasi invisibile, ma c’era: gli occhi sembravano più ferini, le ciglia più scure a contrastare con le iridi cerulee, le guance illuminate da luce divina wat. Poteva quasi sembrare una persona seria. «mi avveleni?» domandò cupamente, dal nulla, lasciandosi avvolgere da un’aurea di oscura mainagioia cronica. «Jer…» La Lowell fece spallucce, roteando gli occhi su Aveline. «sei una medium. Potremmo rimanere amiche comunque. per sempre» aggiunse con un sorriso inquietante, alzando un sopracciglio. C’era un motivo se aveva pochi amici, d’altronde. Si legò i capelli, fingendo che i ciuffi che le ricadevano attorno al volto fossero apposta, quindi indossò vestiti a caso: un paio di jeggins (si chiamavano jeggins? Boh, la pubblicità li chiamava così) scuri, anfibi neri che avevano visti giorni migliori, un maglione giallo ed una giacca. Fine. Cappelli, guanti e sciarpa erano troppo mainstream. Ovviamente una decina di braccialetti, fra cui quelli ricevuti a Natale – quello sottile che le avrebbe permesso di focalizzare il proprio potere- e la collana in grado, misticamente per la mente limitata di Jer, di fermare il tempo. Insomma, partiva poco prevenuta. Prima di lasciare la stanza, prese la palla, regalo di Carrie: «come andrà oggi?» domandò all’oggetto, agitandolo per osservarne la saggia risposta. “neanche oggi morirai, ritenta domani e sarai più fortunato”. Fuck. Si trascinò con poca solerzia fino al piano terra, dove incontrò Freya, l’unica a darle la sottile gioia di presenziare e non lasciarla sola in mezzo a tutti i maghi. Almeno i fenomeni da baraccone sarebbero stati due, l’unione fa la forza. «Jer dobbiamo muoverci» Un mugolio strozzato le proruppe dalle labbra socchiuse, mentre ad ogni passo cercava l’appoggio del muro. «siamo proprio sicure di voler andare? C’è il ghiaccio» grazie Jericho, siamo a Gennaio. Seguì la rossa fuori, alzando gli occhi tristi su Nathaniel, il loro accompagnatore. Non sapeva se esserne felice o meno, quindi nel dubbio si limitò ad un cenno del capo poco convinto nella sua direzione. Quando si riunirono agli altri tentò di farsi il più piccola possibile, abbassando gli occhi per non incontrare lo sguardo di nessuno. Troppo tardi. Vedere Killian fu una pugnalata al petto, abbastanza concreta da dover stringere i pugni per non indietreggiare di un passo. Si portò istintivamente le mani alle labbra, lasciandole poi ricadere ai propri fianchi. Il suo profumo, il suo sapore; il suo miglior amico, suo fratello, il suo primo amore. Tutto ciò che aveva voluto, e tutto ciò che, incapace di affrontare, continuava a spingere lontano da sé. Il cuore accelerò, ben celato dietro le costole, quand’egli le si avvicinò. Avrebbe voluto posare la propria mano sulla sua, affondare il volto nel suo petto e chiedergli scusa, azzerare le distanze fra loro senza più finzioni. Aprì la bocca, in procinto di rivelargli la verità –anche perché andiamo, tutti la conoscevano ormai, il segreto non poteva reggere a lungo- quando lui la anticipò con strani ed alquanti inquietanti versi gutturali. «Kyārēya sanaśā'ina khūbasūrata cha. Huṁ tamanē prēma» Corrugò le sopracciglia, guardandolo di sottecchi. Non comprese neanche una parola, sempre che di parole si trattasse, ma le bastò il tono, il suo sguardo, per sentirsi morire. Cos’ho fatto? Cosa sto facendo? Ed avrebbe voluto fregarsene, godersi quello stato di impasse nel quale lui ancora non sapeva, stringerlo a sé ancora una volta. « Parantu tamē kyārēya khabara paḍaśē» Invece lo guardò mentre si allontanava, quel sorriso triste a stringerle il cuore in una morsa dolorosa. Non andare Jack, aspetta. Ti prego. Ma era troppo tardi per chiedere scusa.
    La sua voglia di morire prima di affrontare le conseguenze, aumentava considerevolmente di passo in passo. Quasi attratta dall’aurea di macabra tristezza emanata dalla Lowell, una mano fredda le raggiunse la spalla, un braccio sulla schiena. Morte, sei tu? Grazie. Alzò gli occhi di scatto, specchiandosi nello sguardo azzurro e naturalmente provato wat di Carrie Krueger: beh, non c’era andata così lontano. Abbozzò un sorriso nella sua direzione, grata che anche lei si fosse unita a quell’assurda gita. Vedevano entrambe il mondo in un modo… particolare, che sfuggiva ai più –ma a chi importava? Non poteva essere un caso, d’altronde, se fra tutte le persone con cui avrebbe potuto fare amicizia nei primi giorni a Different Lodge era stata immancabilmente attratta dalla medium. Sguazzava nello humour nero, e per quanto avesse sfottuto la Jodene, lei le era rimasta accanto: quella sì che era magia . La differenza principale fra Jericho e Carrie, era che la prima avrebbe voluto sterminare l’umanità, la seconda si sarebbe accontentata di sterminare sé stessa. Cose che univano più del sangue, della casata e della squadra di quidditch bigwat. Salì sul pullmino, evitando di nuovo accuratamente Jack Hades per prendere posto vicino a Freya, alla quale rivolse un debole sorriso. Ci stava provando a fingere di essere un adolescente normale, davvero (e ci riusciva egregiamente, considerando che era l’archetipo del il mondo non mi capisce perché tutti ce l’hanno con me vi odio). La rossa prese un libro, e Jericho passò il resto del viaggio a fissare il vuoto stringendo nervosamente le mani fra loro. Soffriva di vertigini, non le piacevano gli strumenti volanti, non le piacevano le persone… too much da gestire tutto insieme.
    Quando giunsero a destinazione, continuò a evitare lo sguardo di chiunque, rimanendo appiccicata morbosamente alla Gardner. Plis don’t leave me alone in this moment. Accadde però l’impensabile: un uomo, era un uomo?, interruppe il loro tragitto, obbligandoli ad ascoltare il suo farneticare. Perse il filo dopo la prima parola pensando che fosse un testimone di Geova, quindi non comprese il palco che di lì a poco apparì davanti ai suoi occhi, così come le sfuggì il perché tutti si fossero allontanati di un passo. Vide le prime ragazze rapite dall’uomo del male, obbligate a presentarsi. Ma chi era? cosa voleva da loro? Perché non lo aveva ascoltato? Si trovò impreparata a ciò che l’attendeva, e non potè che lanciare un’occhiata mortificata a Nathaniel. Sperava ancora che un meteorite facesse la sua entrata in scena colpendo la cittadina, ma considerata la sua fortuna non sarebbe accaduto nulla che potesse toglierla dall’impiccio.
    Era il momento della verità.
    Arretrò nervosamente, lo sguardo puntato sui propri piedi. Presentarsi? Presentarsi avrebbe significato uscire allo scoperto, dire a Jack che era sempre stata Jericho; che non gliel’aveva detto, pur sapendo quanto lui stesse male per la sua comparsa. Un anno. Rabbrividì, e la vista si oscurò di una miriade di puntini multi colore, minacciandola di farla svenire da un momento all’altro. Perse perfino il controllo sul proprio potere, che impazzito guizzava da una mente all’altra, sfiorandole appena con dita impalpabili. Era il momento della verità, e Jericho ne era terrorizzata. Non era pronta. Ma quando mai, d’altronde, lo sarebbe stata? Rivide la propria infanzia, i primi anni al castello, la notte prima di essere portata nei laboratori; rivide la sua intera esistenza, e non ricordò un momento in cui Killian Hades non fosse stato con lei. Aveva pensato sarebbe stato per sempre, e non perché lui era il suo principe azzurro. L’aveva pensato perché non riusciva, la Lowell, ad immaginare una vita senza di lui. Il suo ossigeno, senza come avrebbe fatto a respirare? E sapeva che l’avrebbe perso, che perdendolo avrebbe spezzato qualcosa in entrambi. Non poteva. Deglutì, premendosi le dita sulle palpebre abbassate. Non obbligatemi a farlo. Cos’aveva fatto? «ragazzina, vieni su!» la invitò l’uomo, piantando gli occhi porcini nei suoi. Sfiorò il proprio bracciale, rendendosi conto che sarebbe stato semplice entrare nella sua mente, o in quella di Jack, ed impedire quella tragedia preannunciata. Peccato che sapeva, Jericho, che non sarebbe servito: prima o poi quel momento avrebbe dovuto arrivare, ma saperlo non lo rendeva più semplice. Ogni fine nella vita di Jericho, aveva rappresentato un nuovo inizio: perdere i Lowell, trovare gli Hades; perdere il proprio potere, trovare la telepatia; perdere un fratello, trovare un amore. Bisognava sempre trovare la forza di sopravvivere, accettare una nuova realtà. Non era certa, in quel caso, di volerlo fare. Si sentì pervadere da un freddo secco che le annebbiò i sensi, l’intero sentire.
    Allora stava per accadere. Sul serio. Codarda fino alla fine, incapace di guardare Jack negli occhi e dirglielo. Codarda, preferendo volgere i propri occhi sul pubblico riunito attorno a lei: non poteva affrontarlo, ma si rendeva conto che prima o poi avrebbe dovuto sapere. E preferiva così, Jericho, piuttosto che un faccia a faccia. Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe voluto baciarlo, avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva. Non fece nulla, passandogli accanto senza volgergli neanche un’occhiata. Apatica, nel suo solo essere dal quale a lungo era fuggita. «ho sedici anni. ero una grifondoro, prima di diventare un esperimento» Iniziò, gli occhi sul nulla e la voce piatta. Un vago sorriso di circostanza ad incurvarle le labbra, misto fra malinconia e sadica ironia verso sé stessa. «se pensate che sia figo leggere i pensieri altrui, lasciatevelo dire da chi deve ascoltarli ventiquattro ore su ventiquattro. È una merda» schietta, sempre verso il nulla. «quando frequentavo hogwarts ero invisibile, nessuno sembrava accorgersi di me; quando imponevo la mia presenza riuscivo solo a farmi odiare, troppo cinica ed ironica» il che, di suo, era una gran bella ironia. «ho un fratello psicopatico e uno psicolabile: uno è Henderson, salutate Henderson, ma vi lascerò indovinare quale dei due» il momento si stava avvicinando troppo rapidamente, aveva bisogno di tempo. Deglutì. «non mi piacciono le persone, non le odio solo perché implicherebbe troppo fatica. Da una parte penso di averne sempre avuto timore, fino all’anno scorso il pensiero di salire qui e presentarmi…» alzò le sopracciglia, immaginando un normale colloquio con la sé stessa di un anno prima: «ciao. Basta come presentazione?». Ormai non le importava più, semplicemente non le importava più. «vabbè. Non mi interessa se non vi interessa, non mi interessa se non vi piaccio, e non mi interessa se mi reputata strana» Si costrinse nuovamente a buttare giù la saliva, le mani che tremavano visibilmente. Aveva detto il vero: i loro giudizi non le interessavano. «mi chiamo…» l’unico che le interessava, era l’unico che in quel momento non riusciva a tollerare. Inspirò, puntando i propri occhi su Nate. Incomprensibilmente considerando il loro passato, aveva bisogno di lui, un’ancora quando neanche sapeva di esserlo. Lui l’avrebbe accettata lo stesso, vero? Non da sola, non di nuovo. «lowell» affermò, gonfiando il petto. «jericho lowell» ed il fiato le mancava, e l’ossigeno le mancava, ed il coraggio millantato dalla sua casata neanche pareva averla mai sfiorata. Si trattenne mordendosi la lingua dall’alzare il dito medio verso l’ometto, i suoi compagni, ed i suoi insegnanti.
    La verità faceva schifo, nulla faceva male quanto quell’infida bastarda. Sparì fra la folla, non più in grado di sentire il proprio cuore, il petto che quasi non s’alzava ed abbassava. Alla fine, era successo. Facile, eh? Facilissimo. Si lasciò condurre apaticamente ai Tre Manici, dove nuovamente ignorò il Nano; dove ignorò tutti, perfino sé stessa, chiudendosi a riccio. Quando venne malamente spinta verso uno dei tavolini, alzò gli occhi in preda al panico –fugace ed effimero, scheggia nell’indolenza di Jericho- riconoscendo la disposizione dei tavoli, il campanello, le coppie. Cristo. Dove cazzo è quel meteorite? Come minimo le capitava pure Jack, giusto perché la sfiga non aveva limiti. Perché non era rimasta al Different a strafarsi di zuccheri? Ormai era prossima all’attacco di panico, quando il posto di fronte a lei venne occupato da Freya. Non si era neanche resa conto di aver smesso di respirare, finchè i polmoni non si svuotarono tutto d’un colpo. Non riuscì a sorriderle, probabilmente stress post traumatico, ma nelle iridi cristalline era chiaro il sollievo nel riconoscere la ragazza. Probabilmente in un altro momento avrebbe riso di quell’incomprensibile botta di fortuna, forse perfino improvvisato una danza!, eppure non potè che rimanere inerme, oggetto e soggetto dell’incidente al quale, a mala pena, era sopravvissuta. Avrebbe voluto andare in contro a Freya; Gesù, metà del cosmo già non tollerava la Lowell, non poteva allontanare anche quelle poche persone che, con lei, ci avevano provato, ignorando la prima barriera di scetticismo e sarcasmo pungente. «Tutto sommato come primo incontro non è male, almeno per scogliere il ghiaccio» una risata amara le graffiò la gola, mentre si prendeva il volto fra le mani. «se riesci a sopravvivere a me, loro non ti faranno né caldo né freddo» ammise sincera, indicando con il capo gli altri ragazzi. Chi non s’arrendeva con Jericho Karma Lowell, meritava una medaglia al valore; chi ci credeva, tentava, ed ancora non era rimasto scottato. Ancora: ma sarebbe arrivato, quel momento. Arrivava sempre. «Ma quel vecchio si è sicuramente fumato qualcosa prima di venire qui, o come minimo è ubriaco» lanciò un’occhiata al nanerottolo, e non potè nascondere una punta d’invidia: anche lei voleva essere fatta come una pigna o lercia come un corallo. Tutto pur di non essere Jericho. «Dunque miss Lowell. Se tu fossi un animagus, qualche forma assumeresti?» Aggrottò le sopracciglia, lasciando che quella domanda le permettesse d’allontanarsi almeno con il pensiero, se proprio una fuga terra terra non era possibile. Si morse l’interno della guancia, volgendo lo sguardo su Freya. «quand’ero una strega, il mio Sicarius era un colibrì. Non perfetto, ero troppo giovane…» di nuovo rise con amarezza, sapendo che la Gardner avrebbe compreso dove quella frase andava a parare: non ne avremo più la possibilità. Non potremo mai completarlo. «ho sempre pensato che anche come animagus avrei assunto quella forma. Con il senno di poi, probabilmente sarei una qualche creatura parassita tipo il cuculo» Inarcò entrambe le sopracciglia con un sorriso sghembo, velando quelle parole della sua tipica ironia. E dire che lo pensava davvero. Si schiarì la voce, abbassando gli occhi sulle proprie mani che, distrattamente, disegnavano cerchi sul tavolo. «tu… tu credi nelle seconde possibilità? Se qualcuno a cui tieni dovesse …fare qualcosa di molto, molto brutto» scosse il capo stringendo le labbra, come se quella domanda fosse una semplice curiosità. Ed invece ho bisogno di un appiglio, dimmi che è così. «sapresti perdonare?»

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    aaa cercasi sicario per suicidio premeditato, pagherà poi nate. ciao. bran, non è che vuoi finire il lavoro? sì ciao.


    Edited by low/h/ell - 4/2/2016, 01:30
     
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52 replies since 26/1/2016, 20:57   1943 views
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