we are the mean girlz

[pre quest #06] eugebello x run

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    Poggiò il piede sul tavolino, sfilando il pugnale dalla guaina al polpaccio. I vestiti erano ormai abbandonati in un angolo di quello spogliatoio che tanto aveva insistito ad avere al Ministero, malgrado l’agguerrita battaglia con Harrison Palmer, il capo dei cacciatori. La maglia era strappata e bruciata in più punti, ed i pantaloni aveva letteralmente dovuto staccarli dalla pelle, dove il sangue raggrumato che era trapelato attraverso il tessuto aveva macchiato le flessuose gambe della Crane. Maledetti pirocinetici. Si infilò sotto il getto caldo della doccia che era riuscita a far installare in un angolo di quel misero locale adibito ai Cacciatori, cercando di far scivolare da sé più del liquido scarlatto che le imbrattava la carne: quegli occhi, quelle mani, quella disperazione. Ed infine quel sorriso, tacito ringraziamento per un destino spezzato molto prima che il percorso di Heidrun Ryder Crane si incrociasse con il suo. Aveva chiarato mesi prima al suo capo di non farle trovare alcun fascicolo. Le bastava una foto, un accenno della zona dove cercare; i fascicoli con le informazioni riservate, erano utili solamente a quei due straccia palle degli Hamilton, che se man i man non si facevano i cazzi di tutta la Gran Bretagna, non erano felici. Quando si trovava dinanzi al malloppo cartaceo sbolognato dalla segretaria di Palmer, Run non riusciva a resistere: sadicamente ne sfogliava le pagine, leggendo vita, morte e miracoli del malcapitato di turno. Famiglia. Hobby conosciuti. Era sempre dannatamente più difficile doverli eliminare, quando si sapeva il nome del loro animale da compagnia. Harrison Palmer sembrava farlo apposta, sapendo quanto poco Heidrun riuscisse a tollerare una cosa del genere; pareva nato per irritarla, e buon Morgan, se quello era il suo scopo nella vita, ci stava riuscendo più che egregiamente. Chiuse il rubinetto dell’acqua, rabbrividendo per il contatto con l’aria fredda ed al contempo grata, in modo perverso, che quella fosse solamente una reazione fisica; non c’entrava Roger. Era solo freddo. Non si preoccupò di indossare un asciugamano mentre si dirigeva al proprio armadietto, consapevole di essere l’unica sul piano. Fra Rea e Gemes, non sapeva chi fosse più assenteista –in realtà, non le importava un granchè. Era l’unica fra i cacciatori a fare il suo stramaledetto lavoro, e Palmer lo sapeva: se non voleva rimanere solo con il duo stellare, avrebbe dovuto cominciare a trattarla con un minimo di riguardo. Quando la porta cigolò indicando l’entrata di qualcuno, Heidrun indossava solamente la biancheria intima. Alzò le sopracciglia quando un gridolino non meglio identificato venne accompagnato da un grugnito. Il capo dei cacciatori si copriva gli occhi come un pudico hamish, avanzando all’interno della stanza senza nascondere la stizza. «crane, vestiti buon Dio» non gli rispose, poggiando le mani sui propri fianchi. «non si usa più bussare?» inutile sottolineare che non aveva la più pallida intenzione di indossare degli abiti, non se rimanendo mezza nuda poteva infastidire il suo capo. «dobbiamo parlare» strano. Harry aveva sempre qualcosa da dire, anche se nessuno l’aveva mai ascoltato –probabilmente, proprio per quello. Heidrun inspirò dalle narici, dandogli le spalle per non urtare la sua sensibilità mentre indossava almeno un paio di pantaloni. «non puoi andare domani» eccalà. Tutti al Ministero sapevano della missione del giorno dopo; Heidrun era stata fra i primi a confermare la sua presenza, reprimendo a stento l’eccitazione. D’altronde, i laboratori erano la sua specialità. «e per quale motivo, di grazia?» «non abbiamo nessuno che possa sostituirti» Ora, chiariamo la faccenda: Palmer era un pesa culo di dimensioni epocali, ed aveva rifiutato l’offerta usando come scusa il non è faccenda dei cacciatori, se ne occupino i Pavor. Era un codardo, e fin lì erano tutti d’accordo –lui compreso- ma non bastava: era un codardo egocentrico, e non poteva accettare che qualcuno del suo dipartimento andasse a fare qualcosa da cui lui si era dissociato così categoricamente. «cristo, Palmer! I gemelli del destino?» Lui deglutì, e Run potè quasi vedere lo sforzo immane che faceva per reggere il suo sguardo. Ora lo affogo nella fottuta doccia. «li chiami e gli faccia fare il loro dannato lavoro» sibilò, avanzando di un passo nella sua direzione. Un tempo aveva pensato che il problema fossero gli Italie; quando era stata rapita dai nonni, il suo astio si era spostato per ovvi motivi sugli Harvelle.
    Non aveva ancora conosciuto gli Hamilton. «non abbiamo il loro numero» L’incompetenza del loro capo dimostrava quanto il loro mestiere fosse visto come di Serie B. Probabilmente avevano adibito quell’organo solo per tranquillizzare gli animi irrequieti, ma senza sforzarsi neanche un minimo per renderlo efficiente. Lo superò come una furia, entrando negli uffici dove alcuni dipendenti ancora svolgevano le loro faccende. Se essere in reggiseno la preoccupava, non lo dava a vedere. Si piazzò dinanzi alla segretaria, picchiando le mani contro il legno della scrivania. «hamilton. ora» con un cenno del capo le indicò il telefono, e lei, tremante, compose il numero. Uno squillo, due squilli, osate non rispondere e vi vengo a prendere a calci nel culo a Buckingham Palace, tre squilli. Alla fine, una voce delicata rispose all’altro capo della cornetta. Suo figlio! «ciao Amos, sono la mamma. Mi passi Rea o Gemes? Ah, sono al lavoro? Gesù Cristo d’un Morgan, sarebbe stato più credibile se avessi detto che erano alla mensa dei poveri. Metti il vivavoce, grazie» Attese qualche secondo, respirando a pieni polmoni, ricominciando a parlare solo quando udì il ticchettio del tasto dell’altoparlante. «non me ne frega un cazzo se avete il pigiama party con il ”team hamilton”, siete pregati di portare il vostro culo al ministero e cominciare a fare il vostro lavoro. Quello vero» sottolineò allusiva, sapendo benissimo che per loro, essere cacciatori, significava mietere vittime da incastrare con filamentose fibre argentate alla loro tela. «ciaone» concluse, sbattendo con forza la cornetta sul petto di Harrison Palmer. «e lei cominci a tirare fuori le palle» sibilò irritata ad un palmo dal suo viso, per poi sorridere come se nulla fosse accaduto e posare le labbra sulla sua guancia liscia. Tornò nello spogliatoio, dove rimase una manciata di secondi con la schiena poggiata alla porta chiusa. Aveva chiarito sin dal primo momento al suo boss che lei sarebbe andata, ed anche lui doveva sapere benissimo che rientrava nelle loro competenze: laboratori, esperimenti. Cacciatori. Sarebbe stato un po’ come tornare a casa per la Crane, che aveva sprecato la sua adolescenza fra quelle mura asettiche. Abituata troppo giovane a non fare una piega di fronte al dolore altrui. Abituata troppo giovane ad esserne artefice, senza farsi sfiorare dal rimorso. Palmer le aveva chiesto perché per lei fosse così importante, ed il suo tono era stato, per la prima volta da che lo conosceva, così urgente da spingerla ad osservarlo. «è compito mio» si era limitata a rispondere, senza distogliere lo sguardo da quegli occhi troppo scuri ed indagatori. Ci fu un breve momento in cui le parve di cogliere comprensione, forse perfino rispetto, nel viso del suo capo. Non che fosse durato a lungo, considerando che un secondo dopo aveva ricominciato la tiritera del licenziarla. «senza giusta causa, posso denunciarla al Wizengamot» aveva affermato con certezza, malgrado certa non lo fosse affatto. Era una nata babbana, non meritava la loro attenzione. «stai trasgredendo ad ordini diretti del tuo capo?» «vuole spiegare lei al ministro che mi ha licenziata perché non voleva partecipassi alla missione da lui indetta?» touchè. In molti, Heidrun compresa, si interrogavano sulla questione. Sembrava normale amministrazione, uno dei tanti laboratori abbandonati in fretta e furia dai Ribelli; allora perché quello spreco di forze che avrebbero potuto essere più utili altrove? Il seme del dubbio si era insinuato nel suo animo, andando a titillare quella parte remota, ma non del tutto sopita, che ancora si permetteva di avere paura. «run, il tuo lavoro è pericoloso?» le aveva domandato Ian, con quei suoi occhioni sinceri. Heidrun aveva riso scompigliandogli i capelli, ma senza rispondere. Nessuno avrebbe capito quanto la Crane avesse bisogno di essere una Cacciatrice. Lei, Gamma, glielo doveva. A tutti loro. Faceva la predica agli Hamilton, ma era la prima a vedere nei soggetti difettosi una possibilità per sé stessa. Cercava il perdono nell’unico modo in cui le era stato insegnato: violenza. Chi l’avrebbe mai detto, guardandola, ch’ella non era altro che un’arma? Non una ragazza, non una persona. Morgan, non aveva neanche un futuro, con quella sciabola a pesarle sul capo. Ed aveva taciuto, a Ian Todd Milkobitch, che quel lavoro l’aveva scelto anche per la sua pericolosità; finchè poteva, voleva proteggerlo ancora un po’ dalla nuda e cruda realtà degli adulti.
    Non era certa che finita la serata avrebbe avuto il tempo di tornare a casa per cambiarsi, quindi si assicurò due guaine agli avambracci e ivi assicurò i sai - che preferiva perfino all’ascia, magico!- così da essere già pronta per l’alba che l’attendeva. Sperando che Morgan gliela mandasse buona, e non fosse la sua ultima alba. Comunque, preferiva partire prevenuta: come le aveva insegnato il cugino dei Milkobitch, yolo. Se quella fosse stata realmente la sua ultima notte? Avrebbe potuto cercare Elysian e smezzarsi con lei qualche cannetta dell’amicizia, chiedere a Lienne di farle compagnia in un orribile bar da quattro soldi. Lei e la bionda si erano viste giusto quella mattina per la colazione dei campioni fatta di torte, chiacchiere a caso sulla vita, e per Heidrun un Montenegro corretto con il caffè wat. Della serie, conversazioni normali fra persone altrettanto normali: «Allora quali sono le ultime novità? Gemes ha deciso di regalarti un anello e portarti all'altare? No? Dovrebbe.» «l’unico anello che vorrei vedergli fra le mani, è il cappio. O un collare» «senza borchie, o rischia di farsi male» gliel’aveva concesso –e poi dicevano non fosse magnanima! Che poi, ridendo e scherzando, quella sera avrebbe perfino potuto chiedere a Gemes di andare a lerciarsi come paguri in memoria dei vecchi tempi…se solo non fosse stato un Gemes. eauuu sembra proprio un bellissimo pappagallo pirata! la tua psw speciale è: massone William sembrava più stonato del solito, i Milkobitch erano a scuola, e Jade non era il tipo da godersi una serata. Il che, a conti fatti, era meglio per la Crane: le donne nei bar la squadravano chiedendosi cosa ci facesse una ragazza come lei tutta sola in posti del genere, ma loro non sapevano che lei era sempre stata quasi esclusivamente in compagnia di uomini, e fra loro si sentiva a casa. Inoltre, come una vecchia volpe del mestiere, sapeva ormai che il modo migliore e più sicuro per consumare tequila come un’alcolica cascata del Niagara era presentarsi al bancone da sola: meno competizione per le attenzioni dei clienti del locale, e più barman per sé stessa. Insomma, come diceva un vecchio saggio cinese, alcool before friends. O qualcosa del genere. Indossò una camicia cremisi di una taglia più grande della sua infilandone l’estremità dentro i pantaloni neri; un paio di stivali ed una giacca di pelle dopo, Heidrun era pronta per la sua sbronza portafortuna. L’ultima volta che aveva partecipato ad una missione che accoglieva più persone, non era stata una missione: era stata rapita da gente incappucciata come nel peggiore dei film horror, trascinata in un fottuto Labirinto, e non aveva avuto la possibilità di toccare alcool per ben quattro giorni –giusto per festeggiare la morte della mamma, allegria. Non voleva più ripetere un errore del genere. Si strinse le braccia al petto, ingollando il fastidioso magone alla base della lingua. Sentiva le bocca improvvisamente arida, e sapeva che non c’entrava nulla con il vento che, leggiadro, le solleticava i capelli castani. Jo. Heidrun l’aveva rimossa dai suoi pensieri, dalla sua vita. Se voleva continuare a rimanere in piedi, se non voleva diventare l’ombra di una ragazza accartocciata su sé stessa con il viso solcato dalle lacrime, non poteva permetterselo. Ed Heidrun, cazzarola, voleva vivere. Non le era stato concesso per così tanti anni, fra Limbo e Laboratori, che voleva assapoarla per davvero. E lei, lei che sapeva che tutto avrebbe potuto finire da lì ad una manciata di mesi, non poteva permettersi di rimanere incatenata al passato. Era facile dirselo quando i fuochi fatui dei lampioni baluginavano sulla sua giacca; era facile dirselo, con quel sorriso sghembo sulle labbra carnose. Più difficile crederci la notte, quando gli incubi le troncavano il respiro; più difficile quando le dita sfioravano la collana di Al. Rivedeva la scena ancora, ancora, e ancora. Uno credeva che nei sogni la situazione potesse migliorare, che forse sarebbe arrivato in tempo. Troppo tardi, sempre troppo tardi.
    I suoi piedi l’avevano portata nel solito bar da squattrinati nella via più inculata del Mondo Magico, ovviamente. Sospirò e sorrise, alzando gli occhi sull’insegna del pub. Un pub così squallido che neanche a Caracas (che poi, è un posto? Una città? Google è lontano) potevano vantarlo, e senza alcun dubbio il suo preferito. Spalancò le porta di SPACOBOT come se fosse lei la proprietaria di quel luogo, lasciando che l’espressione, da divertita ch’era, si facesse maliziosa ed allusiva. Ticchettò sul lercio pavimento fino ad arrivare al bancone, grata della scarsità della luce che le aveva impedito di vedere cosa avesse calpestato nel tragitto. I clienti erano i soliti, vecchi o ragazzini che cercavano nei quartieri malfamati l’eccitazione di un adolescente sulla sua prima copertina di playboy. Perfino l’alcool era scadente, come se avessero atteso che il vino offerto a messa scadesse e l’avessero rubato dalla spazzatura del parroco; i super alcolici non parliamone, era tutta robaccia fatta in casa con ingredienti più scadenti della carta igienica usata da Muciaccia, o chi per esso, nelle sue creazioni. La vera attrazione era un’altra: il barista, nonché proprietario di quel piccolo angolo di paradiso. Sorniona, prese posto saltellando su uno degli sgabelli traballanti, osando perfino poggiare i gomiti su un bancone che non vedeva detersivo da quando Putin si dilettava con Risiko –e quando quel Risiko era ancora solo il gioco da tavola. «ciao spaco» «ciao troietta» se avesse avuto quarant’anni di meno, avesse cominciato a radersi e lavarsi, e si fosse cambiato i vestiti più di una volta ogni tre mesi, avrebbe potuto essere l’uomo della sua vita.
    Ma andiamo, era comunque l’uomo della sua vita. «che cazzo vuoi?» «il solito» gli indicò la bottiglia di Tequila, tamburellando le dita davanti a sé. «che ore sono?» domandò. Ormai era una sfida: lei glielo domandava ogni volta, e lui ogni volta le rispondeva la stessa cosa. Erano come una vecchia coppia sposata da più anni di quanti potessero ricordarne. «l’ora di scoparmi tua madre» e Heidrun sorrideva, attendendo con la mano aperta che lui facesse scivolare gli shottini verso di lei. «arrivi tardi, spaco» strinse il bicchiere fra le dita, e quasi simultaneamente piegò il braccio per buttare giù il contenuto in un unico sorso. «Grazie» «prego testa di cazzo» Ah, l’amour!
    Sometimes to win, you've got to sin.
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    Edited by #epicWin - 24/9/2018, 18:39
     
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    Eugene 'Jack' Jackson
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    Missione. Laboratorio. Roba da recuperare. Di tutta la faccenda Eugene aveva capito solo queste tre cose, sprazzi di voce giunti alle sue orecchie nonostante avesse provato in tutti i modi a tenerle chiuse. Stava giusto pensando a quanto gli sarebbe piaciuto mangiare un bel cestino di gnocchi fritti con salame e prosciutto, quando Adams aveva preso la parola puntando lo sguardo sui suoi sottoposti con un'aperta espressione di disappunto dipinta sul volto fin troppo giovane. «Come già saprete, Palmer si è ritirato con la coda tra le gambe...» e il disappunto divenne disgusto. Anche senza mettersi nei panni del Capo Cacciatore - too much responsability, per il pavor - Euge una lancia a suo favore era comunque in grado di spezzarla: avere paura di soffrire, o di morire, rendeva una persona umana, persino quando di umano rimaneva poco e niente. E, fidatevi, quel lavoro poteva spremere un uomo fino all'ultima goccia se lo si prendeva troppo seriamente, da qui spiegato come mai Jack non lo faceva.
    Anyway, poteva tollerare l'istinto all'autoconservazione mostrato per l'ennesima volta da Palmer, se solo quell'incapace avesse avuto abbastanza coglioni da ammettere di non essere fatto per le missioni sul campo, e avesse chiesto di essere relegato dietro ad una scrivania lasciando il suo posto a qualcuno di più competente. Ma si trattava di una speranza vana. Ehh, è dura rinunciare alla poltrona, quando ti ci hanno praticamente spinto sopra incollandoti le chiappe al tessuto. «Inutile dire che voi siete considerati volontari, ho bisogno solo di una conferma... Jackson?» Gli gnocchi fritti. «Jackson.» Una fetta di salame con la faccia inespressiva di Harrison Palmer. Buondio che incubo. «Jack!» La gomitata del collega seduto alla sua destra gli arrivò dritta dritta in quel fianco, cancellando - fortunatamente - l'immagine creatasi nella sua mente riportando quest'ultima sull'ordine del giorno. Io verrei, capo... cominciò, sporgendosi in avanti con il busto accarezzando la barba morbida su entrambe le guance con i palmi, senza trattenere un sospiro profondo e decisamente esagerato, tanto per creare la giusta suspance. Ma non voglio. (cit.)
    Si strinse nelle spalle, mostrando ai presenti i palmi aperti delle mani come a volee chiedere perdono, mentre sul volto di Adams andava dipingendosi una sorta di pacifica rassegnazione. Qualcuno nella sala si lasciò sfuggire un risolino coperto repentinamente da un sonoro colpo di tosse e anche senza dirigere lo sguardo in quella direzione, Euge seppe (seppe? Ma che parola è?) che si trattava di Aloysius. Buon vecchio Al, gli dava sempre tante soddisfazioni! E qualche preoccupazione, ma di questo possiamo parlare più tardi. okay okay, non ridete tutti insieme. C'era troppo poco senso dell'umorismo in quel sotterraneo, perdio. Una missione suicida di vitale importanza, ho capito, i volunteer! Ma de che? Boh. Agitó la mano sinistra in aria, le dita chiuse a pugno, prima di battersi lo stesso contro il petto. Diciamocelo, il motivo per cui non l'avevamo ancora licenziato in tronco era che nel suo lavoro se la cavava egregiamente. E portava una ventata d'allegria laddove l'apatia regnava sovrana. Ogni tanto riusciva persino ad essere serio, se l'occasione lo richiedeva, e Adams sapeva che durante quella missione Eugene avrebbe richiamato a sé la propria professionalità per dare il massimo. Ma senza mai essere triste e musone eh!
    Così era finito in lista. Storia breve e nemmeno troppo interessante. Sapeva che la maggior parte dei suoi colleghi sarebbe tornato alle proprie dimore, per prepararsi al meglio e arrivare all'alba carichi e riposati, ma Jack aveva tutto un altro concetto di riposo. Non sarebbe riuscito a dormire nemmeno volendo, come sempre prima di una missione. O di un esame, quando ancora era abbastanza giovane per sostenerli. Ah, bei tempi quello di Hogwarts! Volendo escludere la parentesi di omicidi e gente che ti fotte la testa lasciandoti per mesi con il cervello in pappa. C'era un solo posto dove valesse la pena di passare qualche ora prima della battaglia, ed era alla suddetta bettola che il ragazzo si diresse una volta lasciato il Ministero: SpacoBot.
    Un locale che piú lercio non se ne potevano trovare, nemmeno a cercare bene, il cui standard di clientela solitamente rifletteva la qualità di alcolici e personale, ma sempre aperto e pieno di vita. Seh. Di sicuro i funghi della muffa sulle pareti erano vivi. Resta il fatto che Euge si divertiva troppo lì dentro, osservando la crème de la crème londinese di passaggio - soggetti strambi da 10 e lode - e rompendo le scatole al migliore dei baristi nell'intero quartiere, forse addirittura nella città. Migliore, non perché fosse affabile o ci sapesse fare con i drink, semplicemente perche sembrava babbo natale appena uscito da un centro di riabilitazione per tossico dipendenti. Insomma, uno spasso.
    Si strinse nel bavero della giacca di pelle, buttando sul marciapiede quanto rimaneva di una sigaretta fatta in casa, schiacciando il mozzicone sotto la scarpa da ginnastica prima di spingere la porta del locale e fare il suo ingresso trionfale. CIAO TROIETTA! urlò, rivolto al padrone dello SpacoBot, prima che questi potesse aprire bocca, battendolo sul tempo. Ah, che goduria. L'uomo - se cosí vogliamo definirlo -, sollevò lentamente la testa dalla ragazza seduta al bancone, volgendo su di lui lo sguardo assolutamente privo di vita, annacquato come una damigiana di Tavernello. «Jackson, sei utile come un paio di mutande in un porno». Vabbè, come si faceva a non amarlo? Euge gli sorrise sornione, scoprendo i denti superiori per poi strizzare l'occhio destro, cimentandosi in ammiccamento da manuale. Me lo dicono in tanti, Spaco! Ed era vero, sapete?
    Magari non con quei termini precisi, ma il concetto gira e rigira risultava sempre lo stesso. Stai diventando grande, Eugene, dovresti deciderti a pensare al futuro. E a maturare. Già, molto utile concentrarsi su quello che verrà, fare piani. Almeno sembrava esserlo per la gente normale, quella che poteva permettersi di sognare un lavoro, una famiglia, la casa con il giardino e un paio di cani. Ma Jackson non credeva in qualcosa dal millenovecentonovantuno, tanto meno credeva di avere un futuro da programmare: viveva la vita sul filo di un rasoio invisibile, e la sensazione di vuoto creata dall'essere in bilico era l'unica a dargli la forza per andare avanti. Quella, e Lardina. Gli mancava tanto Lardina sua ♡ peccato fosse troppo pieno di ego maschile per contattarla per primo, farle sapere di essere tornato a casa. Forse temeva la reazione della gemella se le avesse messa al corrente del suo nuovo lavoro. Anzi, togliete il forse, se la faceva sotto. Ma comunque haters gonna hate hate hate, non sei d'accordo Crane? Si, aveva appena canticchiato una canzone di Taylor Swift. E si, la figura della ragazza seduta al bancone gli era parsa familiare fin dal primo istante: lunghi capelli color cioccolato, corpo da favola, gomiti coraggiosamente appoggiati al bancone lercio. Una visione! Le si sedette accanto, sporgendosi nella sua direzione mentre Spaco gli spingeva di fronte due bicchierini di vetro senza nemmeno aspettare un'ordinazione, riempiendoli subito dopo con un dito di rum ciascuno. Grazie Spaco, tu mi leggi nel pensiero «Prego, testa di cazzo.» Touché.
    Prese il primo shottino, portandolo alle labbra e bevendone il contenuto in un sol sorso, prima di ruotare di novanta gradi sullo sgabello per poter osservare Run. Sarebbe potuto sembrare invadente, ma è anche vero che non gliene fregava un beneamato nulla. Allora, Palmer ti ha dato via libera per domani? chiese, sinceramente incuriosito, sapendo non solo che la ragazza si era offerta volontaria per la missione, ma anche che il Capo dei Cacciatori avrebbe tentato di mascherare la sua mancata partecipazione con la scusa del 'non è compito nostro', sebbene fosse vero l'esatto contrario. Non perseguivano forse lo stesso obiettivo? Spaco direbbe che certe stronzate puoi metterle bel buco da cui sono uscite. Giusto per essere fini.
    Anyway, c'era da scommettere che Palmer - vero campione di 'salvaculo' - avrebbe tentato di convincere i suoi a non partecipare alla missione, per convalidare quella scelta di posizione. Ma Heidrun si sarebbe lasciata convincere? Euge si lasciò sfuggire un sorrisetto, a quel pensiero tanto surreale, osservando gli occhioni da gatta che lo fissavano a pochi centimetri di distanza. Faticava a credere che quella creatura fosse realmente figlia di Aloysius: doveva aver preso tutta quella figaggine dalla madre, andando per logica. Oh, non potete capire l'emozione divampata nel cuore del giovane Jackson nel momento in cui aveva scoperto quella stuzzicante verità sul legane di parentela tra i Crane. Non dimentichiamoci che, sebbene fondamentalmente buono di cuore, Euge era anche un piccolo bastardo vendicativo, soprattutto quando si toccava il tasto Delilah, e si puó dire che Al avesse pigiato quel tasto anche troppo. O, almeno, questa era la sua convinzione. Errata, ma voi non diteglielo che così é più divertente #playersimpy Voleva bene al biondino, ma questo fatto non annullava automaticamente il suo desiderio di rendere pan per focaccia. Aka: provarci con Run era una conseguenza del tutto inevitabile. Se poi aggiungiamo che per il ragazzo farfalloneggiare con le belle damigelle, indipendentemente dal fatto che avessero la sua età o meno, fosse un istinto primario impossibile da reprimere, ecco fatta una bella frittata. Gustosa.
    Attese la risposta di Run spostando l'attenzione da lei al bancone, dove ancora si trovava intatto il secondo shottino: il liquido ambrato all'interno puzzava peggio della benzina, e c'era la seria possibilità che Spaco avesse cominciato a servire proprio quella ai suoi clienti per risparmiare qualche sterlina babbana, ma la cosa più importante è che faceva il suo porco effetto. Eugene reggeva bene l'alcol in generale, ma con quella roba anche uno come lui flippava via più veloce della luce, senza neppure dover mescolare i drink tra loro. Minimo sforzo, massimo rendimento. Alla vostra salute, ragazzi. Domani a quest'ora potremmo anche essere morti! Sollevò il bicchierino, socchiudendo gli occhi con fare solenne mentre Spaco dall'altro lato del bancone gli mostrava fieramente il dito medio, prima di strizzarsi i gioielli di famiglia con la stessa mano da vecchiardo rattrappito. Di nuovo il rum finì con un solo sorso, bruciando gola e stomaco, Di quel passo avrebbe avuto bisogno di un trapianto di fegato prima dei trenta, ma #yolo. Aahhh, che schifezza. Comunque un po' di musica potresti metterla, vecchio bastardo, sembra sia in corso un funerale qui dentro. Musica. Allo SpacoBot. Magari una compilation di Maroon5 e Beyoncè, tanto per gradire. Okay, lo stava dicendo solo per irritare l'uomo, anche perchè Eugene Jackson non aveva bisogno della musica: lui portava il rumore e il funk ovunque andasse (cit., di nuovo).
    Sir, I bring the noise and the funk wherever I go.
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    ok scusa fremells il post fa schifìo ci devo ancora prendere la mano lalalala
    euge parla un sacco btw, non sono abituata *3*


    Edited by #eu(genius) - 17/3/2016, 13:09
     
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    C’erano posti e posti nel quale passare le proprie serate; probabilmente qualcuno avrebbe biasimato Heidrun Ryder Crane, per una scelta del genere. Qualcuno avrebbe avuto perfino l’ardire di giudicarla, trovando qualcosa da ridere dalla punta del sorriso malizioso alle gambe incrociate ed attorcigliate attorno allo sgabello. Quei qualcuno, di certo, non avevano mai scambiato due parole con Spaco, altrimenti avrebbero compreso subito perché Run avesse scelto quel pub, e non un più moderato e scintillante bar del sobborgo magico. Non che fosse un appassionata di lerciume o avesse strani fetish per i pidocchi, per quello c’era papà Al skste vivo dagli Hamilton Crane, ma per quel barista avrebbe affrontato luoghi anche più indomiti. Senza contare che più qualcosa aveva il sentore di proibito e lezioso, più era per Ryder d’un fascino inestimabile. Era la falena che andava volontariamente a cercare il fuoco sapendo che si sarebbe bruciata; e lei, intrepida, stringeva la sfacciata friendzone di Spaco senza arrendersi mai. A volte lui sembrava sfidarla, propinandole i cocktail più laidi e contrabbandati dell’intera Gran Bretagna, roba che per passare la dogana doveva sicuramente essere ingurgitata ed espletata da qualcuno in luoghi altresì poco consoni. Ma lei, forse, si arrendeva? Nossignore. Provocata diventava provocante a sua volta, ingollando il contenuto di bicchieri -che un tempo dovevano essere stati trasparenti- per poi richiederne un secondo, se non un terzo, giro. Sarebbe morta giovane, ne era piuttosto certa. D’altronde, se avesse potuto scegliere fra morire assassinata dai Doc e contorcersi le budella fra un vomiticcio e l’altro esalando infine l’ultimo respiro, hell yeah, avrebbe sicuramente prediletto la seconda opzione. Forse non la più pulita, ma almeno sarebbe stata una sua scelta. Una scelta fatta per amore. «potresti essere mio nonno» esordì rammaricata, senza celare il profondo affetto che nutriva nei suoi confronti. L’ironia della situazione le fece appena inarcare le labbra: considerando la sua particolare circostanza, avrebbe anche potuto essere vero. Ma sarebbe stato un peccato, perché Run diceva #noall’incesto e #sìaSpaco. «la lingua ha sempre vent’anni» Con quella voce rude e quei lucidi occhietti porcini, sensuale come il pulisci cessi di un autogrill, Heidrun pensò seriamente di abbandonare tutto e concedersi a lui vita natural durante. Il loro momento d’intimità venne interrotto, con disappunto di Heidrun, da un allegro vociare all’entrata. Probabilmente se ne avesse sentito solamente la voce, non sarebbe stata in grado di associarla ad un viso, considerando che metà delle chiacchierate con l’individuo che aveva appena fatto la sua teatrale entrata in scena erano state più oniriche che effettive (com’è che faceva la canzone? The power of rum? Lei la sapeva così). Ma come, la Crane, avrebbe potuto ignorare quel «CIAO TROIETTA» esordito con fierezza ad una stanza che aveva smesso di ascoltare le porcate di Spaco, e compagnia, anni e anni prima? Come avrebbe potuto non capire che si trattava di Eugene ho un nome di merda chiamatemi Jack Jackson, l’unico che sembrava comprendere quanto Spaco dovesse essere una creatura protetta dal WWF, se non dall’UNESCO stessa in qualità di ottava meraviglia? «Jackson, sei utile come un paio di mutande in un porno» Ahia, quella era una frase di repertorio per quando la situazione cominciava a farsi grave. Inspirò fra i denti, facendo sibilare l’aria sulla lingua. «ci andiamo giù pesanti» ammonì al vecchio burbero, sbattendo le ciglia civettuola. «Run, spaco botilia e ti amazo familia» Heidrun inarcò le sopracciglia, indicando il bicchiere vuoto da riempire: la notte poteva essere giovane quanto voleva, ma la Crane non lo era più. «mettiti in fila» ammiccò a voce così bassa che potè sentirla solamente lui, mentre una scintilla si accendeva nelle iridi verde bosco. Poteva sembrare adorabile, poteva essere divertente. Ma c’era qualcosa che neanche l’alcool di Spacobot avrebbe potuto cancellare: Heidrun Ryder Crane, prima di essere tutte le altre etichette che le avevano affibbiato nel corso degli anni, era un’assassina. La cosa più preoccupante, era che sembrava non crearle alcun problema. E lei l’aveva detto, a Joanna Harvelle. Ma troppo tardi, sempre troppo tardi. «Ma comunque haters gonna hate hate hate, non sei d'accordo Crane?» Illuminò Jackson con il migliore dei suoi sorrisi in repertorio, roteando poi gli occhi sul loro migliore amico aka sogno erotico aka never give up united will win. «ma soprattutto, heart-breakers gonna break, break, break» riprese canticchiando, rendendo palese nell’amarezza della voce quanto il suo fosse stato spezzato da Spaco. Lui sì che frantumava cuori; probabilmente li sbriciolava e li infilava nei loro shottini, ed era quello il motivo per il quale tutti gli alcolici serviti allo Spacobot avevano il sapore agrodolce del mainagioia. «allora, Palmer ti ha dato via libera per domani?» Run gli lanciò un’occhiata di sottecchi, sollevando il bicchierino che Spaco le aveva diligentemente riempito fino all’orlo. Jackson era un Pavor, e per definizione, i Pavor non le piacevano; tirando le somme, a Heidrun Ryder Crane stavano sulle ovaie tutti i dipendenti ministeriali, e le eccezioni si potevano contare sulle dita di una mano. La faida con i Pavor era però più radicata, fai perché ci lavorava paparino, e fai perché Palmer continuava a tirarli in ballo nelle situazioni più disparate: il caro, dolcissimo Harry, credeva di poter vantare una superiorità morale. Se i Pavor avessero fatto il loro lavoro, lui non avrebbe dovuto rimediare ai loro casini. Nessun Ribelle, nessun Esperimento fuori di banana. Non faceva che sottolinearlo con sorrisi condiscendenti, pur sapendo di essere un fottuto caga sotto inefficiente. Insomma, la sua battaglia personale con il livello dei Pavor, aveva fatto sì che per osmosi anche Run non li tollerasse –ed aveva già i suoi buoni motivi, considerando che se avessero scoperto prima i Laboratori, forse lei non sarebbe diventata quell’abominevole creatura che poteva vantar d’essere, con la malizia nelle labbra, seduta a quel pub. Le eccezioni erano due, e guarda caso ad entrambi non sembrava fregare una ceppa di quello che facevano – e lei li amava per quello: Eugelato, e L(i)apistolera. «no» Alzò il bicchiere in un brindisi, inclinando poi il capo all’indietro per buttare direttamente in gola quel Demonio sotto forma di liquido. Non voleva avere il tempo di assaporarlo sulle papille gustative. Prima di vomitare, doveva essere almeno lercia come un paguro. «non che io gliel’abbia chiesto» con una smorfia di pura, quanto gioiosa, sofferenza, Heidrun sorrise sorniona. Indicò nuovamente con l’indice il bicchiere vuoto a Spaco, che come al solito mostrava allegria infinita, fra una grattata di chiappe ed una rapida annusata portando le dita alle narici, nel versare la sua sputacchiosa brodaglia incolore. «Alla vostra salute, ragazzi. Domani a quest'ora potremmo anche essere morti!» Solo in quel momento, portandosi la mano al petto, Heidrun volse il proprio sgabello fino a trovarsi dirimpetto a Jackson. Lo vide bere con coraggio il secondo shottino, ancora immobile a causa dello shock termico (senza il termico), blaterare qualcosa sulla musica. Quindi balzò a terra con un rapido salto, afferrandolo per il colletto in modo attirarlo a sé. Lo squadrò da pochi centimetri di distanza negli annebbiati, più dalla vita che dall’alcool, occhi azzurri, corrugando le sopracciglia. «chi sei e cosa ne hai fatto di jackson» sibilò, per poi stringere fra pollice ed indice il viso di lui. Schiacciò abbastanza da fargli muovere le labbra come un pesce (wat), quindi si ritrovò nuovamente a sorridere. «vieni anche te? Spaco, hai sentito quello che ho sentito io?» domandò al barista senza lasciare la presa, ma distogliendo lo sguardo dal Pavor. «sto cazzo» avrebbe dovuto aspettarselo, ma con Spaco era sempre una goduriosa sorpresa. «come mai ci onori della tua presenza? EHI, il prossimo giro offre Jackson!» Attirò l’attenzione generale alzando il braccio libero, guadagnandosi boccali alzati in cielo e grida di approvazione. La risata brillava ancora negli occhi chiari della Crane, quando si chinò per stampare un bacio sulla fronte al ragazzo. «allora dobbiamo festeggiare!» si ritrasse rapida, mentre un’idea malsana –strano- prendeva corpo nella sua labile quanto malvagia mente criminale. Poteva percepire il potere scivolarle ancora addosso, aggrappandosi ad ogni cellula, implorandola di usarlo. Il sorriso che rivolse al resto della sala, mentre ancora dava le spalle a Eugene, non fu affatto piacevole. Leggiadra si avvicinò a ciascuno dei clienti, sfiorandone con delicatezza le pelle e chinandosi appena per sussurrargli cose oscure alle orecchie. Gente peggiore di Spaco: vecchi, giovani, alcolizzati, drogati, gente con i risvoltini, allatta cacciaviti, gattofili. Il peggio della razza umana sembrava riunito da SpacoBot.
    Quanto li amava.
    «e uàn» Iniziò, avvicinandosi di nuovo al suo sgabello. «end ciù» si sedette con un agile balzo, alzando le braccia come un maestro d’orchestra. «end uàn ciù frì for!» Battè le mani, e tutti insieme gli avventori cominciarono a cantare – un classico, che non poteva mai mancare. Ah, la Persuasione sembrava un potere così innocente, e poi di punto in bianco poteva trasformare il bordello più lordo della zona in un musical invidiabile a Broadwa(t)y! «crane, sei utile come una stufa in estate» come mai tutta quella dolcezza? Anche lui un amante delle Spice Girls? «Ti amo Spaco» «ti ano anche io anore» Su di giri come solo un Heidrun Ryder Crane poteva essere, passò il braccio attorno alle spalle di Jackson; il coretto dell’Ave Maria, better than a jukebox, accompagnava la loro serata. E come si soleva dire…«TUTTA LA NOTTE?» Sollevò il bicchiere, nuovamente pieno di quel ben di Morgan, verso Spaco. «COCA E MIGNOTTE!».
    #50SfumatureDiSpaco #CiaoTroietta

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    Edited by selcouth - 12/3/2016, 02:26
     
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    Eugene amava il Natale. L’atmosfera, le luci colorate, l’albero, i regali. Scartare questi ultimi fregandosene altamente del contenuto, perché si sa, la cosa importante è il pacchetto e quanto ci metti a distruggerlo dopo che i tuoi hanno studiato gli origami giapponesi (?) per far uscire qualcosa di decente. Uno dei suoi primi ricordi della nuova famiglia nella quale lui e Delaliah avevano trascorso infanzia e adolescenza una volta allontanati dalla madre, era la signora Jackson che gli raccontava di Babbo Natale. Un tizio ciccione e dismesso su una slitta volante trainata da renne magiche. Ed è qui che arriva il nocciolo della questione, quello fondamentale per capire la psicologia del ragazzo: il piccolo Euge non aveva fatto domande, nemmeno mezza, prendendo per buono il fatto che esistesse tal Babbo come fosse la cosa più scontata del mondo. Non si era forse comportato nello stesso identico modo una volta venuto a conoscenza della parentela tra Aloysius e Heidrun? Una persona normale si sarebbe quanto meno sorpresa, concentrandosi sulla differenza minima di età che i due dimostravano, tale da rendere surreale il solo pensiero, ma Eugene Jackson non era una persona normale. Quando la vita gli offriva limoni, non stava certo a sbattersi per farne limonata. Piuttosto si mangiava i limoni, per quanto schifo potessero fare. Sarebbe cambiato qualcosa se avesse deciso di impicciarsi degli affari loro per svelare l’arcano mistero? Non per lui. Il risultato dell’equazione non cambiava: Al aveva una figlia gnocca e apparentemente maggiorenne – ci teniamo a sottolinearlo, capito Nate? -, così come quel panzone di Babbo Natale riusciva a farsi il giro del mondo in una notte sgusciando nelle case della gente peggio di un ladro professionista. Quindi sticazzi – no, non il figlio adottivo spastico dei Lovinsky -, non era affare suo il perché o il percome, gli interessava solo il risultato. Questa sua visione della vita lo aveva reso popolare da adolescente, perché chi non ama i giovani dall’aria un po’ bulletta che sembrano sbattersene della vita?, ma allo stesso tempo era riuscita ad allontanare molte persone, soprattutto quelle che negli anni avevano tentato di approfondire una relazione sentimentale: il suo non chiedere veniva interpretato quasi sempre come una mancanza totale di interesse. Il che, vorrei spezzare una lancia in favore di queste povere ragazze, era vero nella maggior parte dei casi. Anche perché, se hai quindici anni e la tipa con cui sei stato per tipo tre giorni arriva piangendo dicendoti ‘basta è finita’, te che devi dirle se non ‘okay ciao, ci vediamo in giro’? Tsk. Sto divagando? Sto divagando.
    «ma soprattutto, heart-breakers gonna break, break, break» Avrebbe potuto sposarla, una donna del genere. Solo per tre donzelle, nella vita, aveva formulato quel pensiero estatico e tutte appartenevano a sara, anche se una di queste era sua sorella quindi sorvoliamo allegramente. Che, non vi è mai capitato di guardare Game of Thrones? Secondo Freud è una reazione normale al vivere quasi in simbiosi, e se lo dice il cocainomane, io ci credo #wat. Tornando a noi, inizialmente per Euge fu difficile dire chi riusciva a fargli più sesso in quel momento, se Run intenta a canticchiare la canzone che lui stesso aveva mugugnato poco prima, o Spaco con i suoi vestiti maleodoranti e lo sguardo vitreo da pesce decisamente non fresco, ma dopo qualche istante decretò la vittoria di quest’ultimo, vedendo l’uomo riempirgli due bicchierini di rum senza nemmeno averli ordinati.Una persona che ti ama davvero sa quello che vuoi prima ancora che tu lo chieda.
    Eugene non ci pensó due volte prima di scolarsi lo shottino numero uno, rabbrividendo al contatto con quel liquido infuocato di dubbia natura, voltandosi poi in direzione della sua musa per stuzzicarla a dovere. E la risposta negativa di Run non lo sorprese affatto. Palmer doveva pur pararsi il culo, no? E quale modo migliore se non convincere i suoi sottoposti - al giovane Jackson veniva dal ridere al pensiero che Rea Hamiltom fosse, sulla carta, una dipendente di quel buffone - a desertare la missione? Stranamente furbo, da parte sua. Anche se probabilmente non aveva fatto i conti con i suoi polli. «non che io gliel’abbia chiesto» Gli occhi di Jack, azzurri come un cielo d'estate (?), ma gravati da cerchi scuri dovuti alla vita da #partyhard, si illuminarono all'istante. Un misto di orgoglio e amore, quello che gli passò sul viso, mentre osservava la brunetta mandare giù coraggiosamente l'ennesimo drink. Brava la mia ragazza! esordì, battendo il secondo bicchierino contro il suo, nel brindisi che sanciva in modo definitivo la loro amicizia fuori da comune.
    Non sapevano praticamente nulla uno dell'altra, Run e Euge, eppure si capivano al volo, come due anziani giocatori dibocce compagni di vecchia data. E comunque Palmer è un fesso anche solo per averci tentato. e per molte altre cose, almeno a parer suo. Dopotutto... com'e che diceva sempre tuo nonno, Spaco? Avrebbe fatto di gran lunga meglio a non chiederlo, ma la tentazione era troppo forte, soprattutto sapendo perfettamente cosa sarebbe uscito dalla bocca del proprietario, al punto da poter urlare la frase successiva parola per parola, in contemporanea. Si lavora e si fatica per il pane e per la fica! Parole sante, che non c'entravano una beata mazza con la discussione in atto God bless Spaco e suo nonno. Concluse quell'ovazione annuendo, per poi coinvolgere entrambi nel brindisi successivo, ricevendo in cambio un -meritato- dito medio e una reazione contraria ma altrettanto esagerata da parte di Run. chi sei e cosa ne hai fatto di Jackson Euge stava già pensando alla musica e quanto gli mancasse un sottofondo ritmato per rendere al meglio il suo spirito festaiolo - ma soprattutto stava cercando un modo per irritare Spaco piú di quanto già non fosse -, motivo per cui non capì all'istante l'insinuazione della Crane, nemmeno quando se la ritrovò a pochi centimetri dal viso, le dita sottili a premergli contro le guance.
    «vieni anche te? Spaco, hai sentito quello che ho sentito io?» «sto cazzo» «come mai ci onori della tua presenza? EHI, il prossimo giro offre Jackson!» Gli ci volle qualche secondo - intrattenuto magistralmente dal duo SpacoRun - per arrivare infine al nocciolo della questione, e a quel punto si limitò a sollevare le iridi chiare verso il soffitto biaognoso di una riverniciata. Le macchie di muffa facevano ormai parte integrante del locale, cosí come le tre dita di sporco presenti sul bancone. sempre questo tono di sorpresa, Crane. Sai che sono sempre in prima fila quando c'è da offrirsi volontari! lo disse con fierezza, mentre le labbra della ragazza si posavano sulla sua fronte - portandosi via una buona fetta di ego maschile con quel bacio della buonanotte -, ma resistette con quell'espressione seria solo una manciata di secondi. No dai, era troppo ridicolo. Pffffff ridacchió sotto i baffi, fiero di se stesso per quella battuta memorabile, battendo il palmo della mano sul legno zozzo di fronte al suo sgabello. Eugene era come un Nick Miller dei poveri: schifava le responsabilità come la peste e considerava fuori di testa chiunque agognasse l'occasione per mettersi in mostra. Da una parte partecipare a quel genere di missioni lo galvanizzava, ma dall'altra l'idea di avere un obiettivo da perseguire gli faceva prudere la pelle peggio di un eczema. Quindi si poteva dire che Heidrun avesse avuto tutto il diritto di sorprendersi, e Jack non aveva intenzione di difendere il proprio orgoglio da certe accuse nemmeno tanto velate. Roba che costi poco, Spaco. Ho solo spiccioli. Chiusi in una busta di plastica dentro la tasca interna della giacca di pelle, che di lì a pochi minuti avrebbe sfilato per avere maggiore libertà di movimenti. Vi teneva anche la bacchetta, infilata in un ritaglio creato ad hoc nel tessuto, comoda da afferrare in caso di bisogno, ma invisibile ad un occhio poco attento. Il barista rispose con un grugnito, mentre la folla ignara inneggiava a gran voce il suo nome (?), ed Eugene non poté fare altro se non allungare la mano destra posandola sul braccio dell'uomo, con delicatezza. Sì, lo so. Sono utile come un culo senza il buco. La classica conversazione tra padre e figlio, insomma.
    Dovette interrompere quell'intenso scambio di sguardi annacquati, quando la voce di Run gli risuonó nelle orecchie squillante e già leggermente alticcia: era andata da qualche parte? Le aveva dato le spalle per cinque secondi, e lei aveva imbastito un vero e proprio numero alla Glee, convincendo quei quattro storditi seduti ai tavolini a cantare a cappella una canzone... DELLE SPICE GIRLS. Buon Morgan, Euge amava le Spice Girls. Quando frequentava la scuola per babbani, da piccolo, le sue compagnucce gli chiedevano sempre di fare Geri, perché era quello che ballava meglio. Immaginatevi un ragazzino di sette anni simile ad uno spaventapasseri con gli occhiali spessi tre dita che canta Stop and now. Brividi. E il fatto di avere una caga del diavolo nei confronti della Crane per il potere che possedeva - Jackson per il sociale dice no al controllo della mente - non lo tratteneva dall'innamorarsi di lei ogni secondo di piú. Sposami, Crane. Sono disposto anche ad avere Al come suocero. Che bella famiglia sarebbero stati. Magari non complicata come gli HamiltonS, ma altrettanto figa e forse persino un po' piú #unagioia, anche se di questo non era convinto al cento per cento. Passò il braccio attorno alla vita della ragazza, imitando il suo gesto, lo sguardo perso ad osservare gli avventori dello SpacoBot che si muovevano come tanti burattini, costretti a cantare Wannabe invece di dedicarsi ai pessimi drink preparati dal proprietario. Oh bella, almeno non stavano ammazzando nessuno contro la loro volontà. COCA E MIGNOTTE! si unì al grido estatico di Spaco, che improvvisamente sembrava essersi rianimato - Spice Girls better than metanfetamina - sollevando l'ennesimo shottino di rum/benzina pura. Ma quando gliel'aveva riempito? Boh. Meglio non porsi certe domande.
    Lo finì in un sorso, premendo le labbra una contro l'altra in una smorfia di soddisfazione e leggero disgusto, prima di alzarsi in piedi togliendo finalmente la giacca. Quello era il segnale che il gioco stava per farsi duro, e i duri dovevano entrare in azione. Osservò il coretto, tirando le maniche della maglia fin sopra i gomiti, e quando questo raggiunse il giusto pezzo del testo, si unì a loro saltellando sul posto con grazia inaspettata. I'll tell you what I want, what I really really want, so tell me what you want, what you really really want. I wanna, I wanna, I wanna, I wanna, I wanna really, really really wanna zigazig ha! Tre anni passati ad imitare Geri Halliwell insieme ad un gruppo di ragazzine urlanti stava decisamente dando i suoi frutti.
    Sir, I bring the noise and the funk wherever I go.
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    Inspirò a pieni polmoni l’aria rarefatta del locale, senza sprecarsi a nascondere il sorriso sornione non troppo diverso da quello di un felino che, satollo, fra i denti acuminati ancora stringeva una manciata di piume. Tranquilla non era mai stato un aggettivo affibbiabile alla Crane, e Heidrun ne era perfettamente consapevole. Il massimo di calma che era in grado di esprimere, era l’immobile vacuità che sempre anticipava una tempesta, gonfia di aspettativa e delicata pioggia al sapore di ozono. Era energia repressa nella forma più pura, perfino quando se ne stava semplicemente seduta al bancone di un bar senza azzardarsi a fare nulla di specifico. Si aveva la sensazione che se ci si fosse avvicinati abbastanza, si sarebbe percepita quell’energia formicolante a danzare sulla pelle; e si aveva sempre timore di quell’aura inspiegabile di vivacità mista a qualcosa di più profondo, tipica nella smorfia perennemente divertita di Heidrun Ryder Crane. Un intrinseco istinto nell’uomo che lo perseguitava sin dalla sua nascita, che lo spingeva a riconoscere nella mora ciò che a conti fatti era, quando privata di ogni giocosa malizia: predatrice. Anche quando non faceva nulla più che ammiccare al barista, i suoi occhi verdi lasciavano trasparire la natura non troppo lasciva dietro il largo sorriso che mostrava i denti bianchi. Non tutti riuscivano a coglierla, ma chiunque tenesse abbastanza alla propria vita da preoccuparsi di ricercare eventuali minacce, sapeva riconoscere in fondo allo sguardo felino l’oscurità priva di scrupoli. Come ogni bravo predatore che si rispetti, a primo impatto non poteva che apparire affascinante; in quale altro modo sarebbe stato possibile attirare a sé una preda, se non mostrandosi per il frutto dall’aspetto più brillante con la tacita promessa di essere il più buono dell’albero? Ormai era parte di lei, tanto che faticava a farci caso ella stessa – figurarsi gli altri. Era nella sua natura, o meglio, nell’artificiosità in cui era cresciuta. Aveva sempre avuto il dono di piacere alle persone, perfino quando ancora era stato in grado di vantare un briciolo d’innocenza. Era difficile, se non impossibile, che qualcuno stesse in allerta quando era nei suoi paraggi: ispirava fiducia, con quell’allegria straripante che caratterizzava perfino ogni suo passo. Ispirava simpatia, con quelle lunghe ciglia scure ad adombrare un paio d’occhi più animali che umani. Era stato quello, assieme al singolare potere della giovane, ad affascinare i genitori di sua madre; quello a spingerli a fare di lei il loro gioiello più lustro, punta di diamante di una stirpe di cacciatori. Come si soleva dire, da un grande potere derivavano grandi responsabilità: il dono con cui era nata si era ritorto contro di lei, divenendo maledizione. E l’aveva usato, Heidrun Ryder Crane; aveva prosciugato quell’apparente ingenuità a suo vantaggio, plasmandola finchè dell’originaria fonte non ne era rimasto nulla se non un vago ricordo, inafferrabile quanto lo sbocciare d’un fiore. Ormai non poteva più cancellare Gamma, la quale si affacciava senza remore nello sguardo leggero di Run; convivevano, sempre che di convivenza si potesse parlare. Vederla in un locale come Spacobot, in maniera oggettiva, avrebbe potuto far storcere il naso ai più; eppure bastava guardarla, osservare come l’ambiente pareva modellarsi attorno a lei adattandosi quant’ella si coordinava a sua volta su di lui, per non trovarci nulla di sbagliato. Quello, in un mondo ed in un modo perverso, era il suo posto. Tutti avevano bisogno di un posto nel mondo, e per quanto Run avrebbe potuto mimetizzarsi in qualsiasi situazione, era cristallino che quello fosse il loco ch’ella, se avesse potuto, avrebbe scelto: lercio, odoroso di sudore e di alcolici più forti dell’assenzio, ricco di ogni sussurro affidato all’oscurità. Ecco cos’era Spacobot per Heidrun: un segreto fra lei ed il mondo, bisbigliato dalle labbra carnose quasi con timore riverenziale. Lì era dove poteva semplicemente essere, che fosse stata la Cacciatrice, l’assassina o la ragazza in cerca d’alcool dove affogare le proprie membra. Lì nessuno la giudicava, né giocava a fare il macho con lei: la gente che frequentava il bar del vecchio sapeva chi lei fosse, perché si affidava all’istinto come in molti avevano ormai dimenticato di fare. Si affidavano al profumo, quasi che l’aroma dolce della Crane potesse lasciar sulla lingua un retrogusto del tutto diverso. E sapevano, loro, che quei brividi non erano solo dati dalla sua appariscente, perché di certo non passava inosservata, persona. Eppure, a quei tre stronzi che frequentavo il posto, lei piaceva così. Un interessante misto di schiettezza e segreti lasciati a veleggiare nella notte, il frustino stretto fra le mani di Christian Grey: era impossibile prevedere se la percossa sarebbe stata violenta o piacevole. Era una linea troppo sottile quella che separava il rischio del pericolo, e Heidrun ci sguazzava come delegante e delegata. Non sarebbe stato equo se non si fosse lasciata a sua volta ammaliare dal binomio rischio - pericolo, ed a lei piaceva, anche se in maniera del tutto peculiare, essere coerente. Chi cedeva a solo una delle due facce della medaglia, rischiava di perdere sé stesso. L’equilibrio non era solo importante a livello etico e morale, ma necessario per rimanere aggrappati alla realtà. Spaco la insultava come le merde, o al contrario si proponeva in maniera così esplicita ed oscena che se solo avesse conosciuto il pudore, Run non si sarebbe più azzardata a mettere piede in quel loco malfamato, eppure l’aveva riconosciuta subito per quel che era. Sembrava un minchione, ma se con una lingua così biforcuta, e come già ricordato ancora ventenne, era sopravvissuto a lungo, non era solo per la stazza da giocatore di football fallito (e che, quelle palle, aveva deciso di ingoiarle insieme a litri e litri di birra e liquori di dubbia provenienza). Spaco, sotto gli occhi da pervertito figlio di puttana, era più sveglio di tutti loro messi insieme.
    E voi, se avete seguito attentamente i nostri eroi, potrete sottolineare senza neanche troppa ironia che non ci volesse molto ad essere più svegli di Run o Eugene Jackson. E io vi dirò: touchè. Non che fossero stupidi, ma avevano fatto del fancazzismo un’arte raffinata per pochi eletti. Se solo non ci fosse stato Spaco ad esigere le loro attenzioni come una Jessica Rabbit del Bronx, affascinandoli con il suo mero esistere, probabilmente Heidrun avrebbe riversato tutto il suo amore sul Pavor, e non nel solo senso platonico. Invece il cuore non sentiva ragioni, e Spaco aveva catturato il suo mesi or sono. Il pensiero che fossero passate solo settimane e non anni, era per Heidrun scioccante. Ma, ormai si sapeva, lei aveva una concezione tutta particolare del tempo. Un giorno poteva durare un anno, quanto undici anni durare un battito di ciglia. Non dovette sforzarsi per ricambiare il sorriso di Eugelato, quando battè il bicchierino contro il suo in un gioioso brindisi. Erano davvero due anime affini, ma incomprensibilmente solo fra le mura di Spacobot; quando lo incontrava per caso al Ministero le sembrava un altro, così come anch’ella si sentiva diversa, pur sapendo che in realtà erano sempre gli stessi. Questioni di sfumature, supponeva. Lo salutava e civettava come al solito, perché se Heidrun non faceva gli occhi languidi a qualcuno almeno una volta al giorno si sentiva male fisicamente, eppure mancava quel cameratismo che altresì li caratterizzava da Spaco. Era Spaco a legarli, come il galeotto libro che spinse Lancillotto e Ginevra a tradire la fiducia di Artù (che c’è? nel Limbo la televisione non andava, aveva pur dovuto trovare un modo per occupare il suo tempo). «A Palmer è toccato il reparto più difficile. se non fosse un così irritante e fastidioso cazzone, proverei compassione per lui» In realtà non era il reparto ad essere difficile, ma i soggetti che ci lavoravano. Giusto per dare un’idea, e per sottolineare quanto quella vita fosse ironica e bastarda, lei e Palmer erano gli unici non Hamilton del piano (non uno signori, non due, ma bensì appena viola farà la role di prova per Shia tre!), e i Principini erano difficili da trattare. A volte provava un forte senso di affetto misto a solidarietà per Harry. Si era offerta più di una volta di eliminare il problema alla radice, ma lui non voleva. Eh vabbè, a una certa, se le andava anche a cercare. Fortuna voleva che non fosse un mestiere per il quale serviva un forte lavoro di squadra, altrimenti ciaotreno. L'unico Hamilton con cui aveva avuto il piacere di lavorare, era stato Amos: ma si sa, a cuor di mamma non si comanda. Si strinse nelle spalle, scuotendo impercettibilmente la testa mentre un sorriso faceva capolino sulle labbra rosee. «ma quando mi stancherò di Harry, potrò sempre venire ad aiutare qui. Spacobot will always be there to welcome you home, giusto Spaco?» Lui la squadrò qualche istante, masticando saliva così densa che, per quanto ne sapevano loro, poteva essere midollo osseo di bambini morti. «provaci e te faccio incula’ dai negri sordi, così quanno dici basta n’ te sentono» Alzò le mani in segno di resa, volgendo allusivamente lo sgabello verso Eugene per prendere le distanze dal suo Vecchio zozzone xenofobo preferito. «non sembra, ma è un sì» Anche perché diciamocelo, dire no ad Heidrun era pressochè impossibile –più che altro perché aveva il magico potere di sentire anche quando la risposta era negativa, chissà se era un talento di famiglia.
    Quando balzò al suolo afferrando Eugene per la collottola, la risposta di lui non la fece vacillare neanche per un secondo. «sempre questo tono di sorpresa, Crane. Sai che sono sempre in prima fila quando c'è da offrirsi volontari!» Non alzò ulteriormente le sopracciglia con cinismo perché sarebbe stato superfluo, ma quando il sorriso si allargò sul bel volto del Jackson, Heidrun non riuscì a trattenere anche il proprio. «saresti credibile solo se si parlasse di sbronze collettive. Cosa che, purtroppo, mi sa che non ci toccherà» Sospirò con disappunto, attirando l’attenzione di Spaco perché gioisse con lei alla gaudia notizia della presenza del Pavor alla missione. «sarà un onore morire con te, Jackie» asserì seria, alzando l’ennesimo bicchierino verso il cielo. Spaco era il più figlio di puttana dell’intero quartiere, ma quando si parlava di efficienza… No, neanche in quel caso. Diciamo che quando qualcuno voleva tornare a casa sui gomiti, quello era il posto giusto. Considerando che per Run oggi giorno era il giorno, non era poi così difficile comprendere perché fosse il suo locale preferito. C’era un che di tremendamente inquietante nello sguardo serio di Run, che poco s’accompagnava alla smorfia ambigua delle labbra. Era un pregiato quadro di Picasso, dov’era difficile individuare cosa appartenesse a chi, come se l’avessero incollata nel modo sbagliato. Eppure sempre sincera, ostentandosi come l’opposto ed il suo contrario. Chi diceva che fuoco e ghiaccio non potevano coesistere, non conosceva Heidrun Ryder Crane, Milkobitch a tempo perso. Rise quando Jackson disse di versare per tutti roba da poco: sapevano entrambi che era superfluo specificarlo, considerando che gli shottini sembravano pagarsi in affetto. Praticamente Spaco li tirava dietro, un altro dei motivi che lo rendevano tanto caro alla Crane, probabilmente temendo che il Ministero della Salute Magica facesse un ispezione obbligandolo a chiudere. Se Spaco avesse chiuso, Heidrun si sarebbe ritrovata con qualche culo da rompere. Quando si cercava di seguire le regole, una prospettiva del genere non poteva che suonare seccante – e lei, per una volta, ci stava provando davvero ad essere una cittadina modello. Allegra come una libellula roteò leggiadra per tutto il locale, sfiorando la pelle degli avventori con vaghi sussurri al loro orecchio. Forse non il modo più consono di usare la persuasione, ma indubbiamente efficace. L’espressione di pura gioia che si dipinse sul viso del suo Eugebello preferito, valse il maltrattamento telepatico di quelle povere e labili menti. Senza contare che i due, Pavor e Cacciatrice, condividevano un’altra passione: ammorbare Spaco. Questione di hobby. «Sposami, Crane. Sono disposto anche ad avere Al come suocero.» Run inclinò la testa all’indietro, lasciando che i capelli corvini scivolassero oltre le spalle, mentre una risata gorgogliava dalle labbra come musica, degno accompagnamento del coro alle loro spalle. «Oh Jackson, è la cosa più romantica che qualcuno mi abbia mai detto» In realtà, se proprio vogliamo dirla tutta, quell’affermazione sbuffata con divertimento non era poi troppo lontana dalla verità. Heidrun e le relazioni seguivano due percorsi paralleli, che come binari non s’incontravano mai (ciao treno). Considerando che c’è sicuramente un papà in lettura, perché stalker gonna stalk ma pidi gonna omg dammi almeno il tempo di postare, limitiamoci a dire che chiacchierare non era fra le sue attività preferite, quando poteva usare la bocca in maniera decisamente più divertente. «ti stancheresti presto di me» sorrideva, Heidrun Ryder Crane, con quel velo di scaltrezza che non lasciava mai completamente le sue labbra, ma si vedeva lontano un miglio che quell’espressione altro non era che l’ennesima maschera impenetrabile, funzionale quanto un broncio o l’impassibilità. Perché era dannatamente seria, con la lista sempre più lunga alle spalle di gente che se ne andava. Perché c’era un motivo, se aveva cominciato ad essere lei quella a voltarsi per prima. «se sei davvero intenzionato a prendere la mia mano, devi anche sapere che ho un figlio» Beh, forse non di sangue, ma di cuore sicuramente: Brobimbo a Capodanno, Brobimbo tutto l’anno. Ammiccò alzando ed abbassando le sopracciglia, lanciando il guanto di sfida mamma single #wat. Insomma, Heidrun era un fardello non da poco però, fino a prova contraria, nessuno se n’era mai lamentato.
    Poteva aiutare il fatto che la maggior parte delle persone fosse sparita in circostanze misteriose, ma ora non è che siamo qui per andare a pettinare Sticazzi – Sì, questa volta il figlio Lovinski.
    Dopo l’urlo di battaglia della SpAckRun (wat), Heidrun diede completamente le spalle al bancone, poggiando la schiena (che coraggio, figli miei!) per poter osservare al meglio i preparativi di Eugene. Si portò le mani a coppa attorno alla bocca, emettendo brevi grida di apprezzamento ed un «ESCILE!» a cui erano seguiti diversi fischi di approvazione. « I'll tell you what I want, what I really really want, so tell me what you want, what you really really want. I wanna, I wanna, I wanna, I wanna, I wanna really, really really wanna zigazig ha» Man mano che la canzone proseguiva, Heidrun sentiva che era il suo momento di entrare in scena. Appoggiò anch’ella la giacca sullo sgabello, non sprecandosi a tirare su le maniche della camicia per mantenere coperte le armi, quindi saltò dietro il bancone, dove uno Spaco molto incazzoso non sembrava molto felice di vederla? Ma a noi importa? No. Ad Heidrun importava? Quando mai. «If you want my future forget my past» Come uno squalo, circumnavigò lo scoglio ch’era Spaco passando, sempre coraggiosamente, l’indice sul corpo possente, maleodorante e peloso perfino dove non avrebbe dovuto esserlo, di lui. Non voleva sapere né da quanto tempo quelle chiazze fossero su quegli abiti, né che origine avessero. Davvero. «If you wanna get with me better make it fast» Spaco portò le sue infide mani grassocce a dare una pacca sulle chiappe di Run, e se lei non avesse temuto di prendersi l’ebola, probabilmente si sarebbe infilata il dito fra le labbra ammiccando languidamente a quel figlio di buona donna. «Now don't go wasting my precious time» Lanciò un’occhiata allusiva a Jackson, sporgendosi al di là del bancone per porgergli una mano. Sapevano entrambi quale sarebbe stato il passo successivo. «Get your act together we could be just fine»
    Bancone. Spaco. Threesome. (ma soprattutto, l’immancabile wat)

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    Laddove Heidrun Crane era elettricità, Eugene Jackson rappresentava la classica acqua cheta che smuove i ponti. Apparentemente innocua con il suo scorrere pacifico, poteva trasformarsi in forza della natura con la giusta quantità di pioggia. Poteva distruggere, spazzare via, per poi tornare apparentemente immobile nel letto di un fiume. Run era la predatrice per eccellenza, mentre Jack occupava nella catena alimentare lo stesso posto di un elefante: non cacciava e non poteva essere cacciato. Come nella vita quotidiana, il ragazzo viveva in disparte, tenendosi fuori dall'eterna lotta tra il bene e il male. Sguazzava nelle cinquanta sfumature di grigio presenti tra il bianco e nero della vita, per niente intenzionato a scegliere uno schieramento. Persino il suo militare tra le file dei Mangiamorte non rappresentava una vera e propria presa di posizione: lui vi direbbe che era andata così. Il bello di stare in bilico, senza pendere eccessivamente da una parte o dall'altra, era sostanzialmente la possibilità di non finire per pestare i piedi a qualcuno. Persino ai tempi di Hogwarts nessuno riusciva a capire come facesse ad avere conoscenti e amici in tutte le case, senza distinzione alcuna tra purosangue o mezzosangue. Eugene era l'ago della bilancia più squilibrata del mondo.
    Inutile dire che questo suo stile di vita aveva anche dei contro: non tutti apprezzano la totale incapacità di prendere una posizione, soprattutto su certe questioni. Per sua fortuna la figlia di Aloysius non sembrava far parte di quest'ultima categoria. «A Palmer è toccato il reparto più difficile. se non fosse un così irritante e fastidioso cazzone, proverei compassione per lui» Si strinse nelle spalle, senza trovarsi d'accordo con quel tentativo di spezzare una lancia a favore del Palmer. Euge non invidiava affatto la posizione occupata dal Capo dei Cacciatori, ma era anche vero che quella poltrona l'aveva cercata e sembrava disposto a tutto pur di tenersela. Insomma, alla fin della fiera tutti i problemi e le difficoltà riscontrate da Harry per far funzionare il reparto erano semplicemente una risposta del Karma. Per la serie: hai voluto la bicicletta senza le rotelle anche se non sei in grado di andarci? E allora pedala e evita di rompere le palle. Un sospiro gli sfuggì dalle labbra piene, mentre le iridi cerulee roteavano al soffitto e poi giù velocemente allo shottino rimasto. Lo bevve tutto d'un fiato, ascoltando il botta e risposta tra Run e Spaco: era come assistere ad una scena provata e riprovata piú volte, un copione imparato e interpretato alla perfezione. Ma, come per i migliori capolavori, non ci si stancava mai di guardarlo, pur conoscendo il finale. Sorrise divertito all'insulto del barista, convinto che prima o poi avrebbe trovato qualcuno poco incline ad amare quel genere di linguaggio e forse l'avrebbe pagata cara, rimettendo poi il bicchierino vuoto al suo posto. Run gli fu addosso in un attimo, dita sottili a stringergli le guance e occhioni spalancati. Era una piccola stronzetta malfidente e Euge l'amava. Per questo furono capaci di ridere insieme, subito dopo l'affermazione azzardata del ragazzo, aggiungendo all'effetto dell'alcol anche un senso dell'umorismo tutto loro. Uno come Palmer si sarebbe certamente offeso a morte, da bravo spaccagioia quale era. #eugevspalmer2k16 «sarà un onore morire con te, Jackie» Il sorriso di Jackson si addolcí.
    Nessuno dei due pensava seriamente di andare incontro alla propria fine, ma il giovane era convinto che nel peggiore dei casi l'avrebbero affrontata entrambi a testa alta, senza paura. Probabilmente a causa del dopo sbronza che li avrebbe accompagnati durante la missione come una vecchia amica apprensiva. E per me sarà un onore vivere con te, tesoro, nello sfortunato caso in cui dovessimo uscirne tutti interi. Ci teneva, Euge, a riportare quelle magnifiche chiappe a casa. Non aver paura di morire era un conto, ma desiderare di rimanerci secchi andava molto oltre. Forse se non avesse avuto Delilah, il Golden Trio e un ragazzino da crescere - ti ano arci ♡-, la sopravvivenza sarebbe schizzata istantaneamente in fondo alla classifica delle sue priorità, ma in quel momento occupava ancora un ragguardevole terzo posto. Rivolse le sue attenzioni a Spaco, per non farlo sentire estraneo alla conversazione, e in quei pochi istanti Run ne approfittò per mettere su un vero e proprio spettacolo. Yo I'll tell you what I want, what I really really want. Forse avrebbe potuto davvero morire felice, se si fosse reso strettamente necessario. Avvolse il corpo esile e snello di Run con il braccio destro, avvertendo la solida consistenza del suo fianco contro il palmo della mano, poggiando per un istante la testa contro quella della ragazza prima di dare libero sfogo ai sentimenti. Avrebbe potuto sposarla davvero, sapete? E in un altro mondo sarebbero vissuti felici e contenti, senza pensare a torture, laboratori, lavaggi del cervello, morte di persone care alle quali non erano stati capaci di dire ti voglio bene. «ti stancheresti presto di me» Forse a questo Heidrun credeva davvero. Come se parlasseper esperienza personale. Un'esperienza di cui Euge non era al corrente e così voleva che continuasse ad essere. Se fossero riusciti entrambi a tenere la merda caduta loro addosso nel corso della vita fuori da quella pseudo relazione di amicizia, forse avrebbero avuto una possibilita di godersela appieno. Vi immaginate che tristezza se le serate fossero vertite su mamma Jo e quante persone aveva ammazzato Euge mentre gli facevano il lavaggio del cervello? Mai Ripose, fissandola dritto nelle iridi verde chiaro, più simili a quelle di un felino che di un essere umano. Era serio, almeno riguardo a quel punto: la sua lealtà - evitiamo il termine fedeltà altrimenti partono gli sghignazzi - era a prova di bomba.
    Si sentiva ancora legato agli amici che aveva da ragazzino, sebbene fossero passati anni dall'ultima volta che li aveva visti, eppure mai li avrebbe abbandonati o traditi. Mai avrebbe negato loro il suo aiuto, in caso di bisogno. E una volta venuto a conoscenza delle scelte di vita di sua sorella, pensate che potrebbe anche solo tentare di allontanarla? Nah. Euge non lasciava mai andare. Vedetelo come il suo peggior difetto, se volete. «se sei davvero intenzionato a prendere la mia mano, devi anche sapere che ho un figlio» Ecco che la storia si faceva interessante. Aloysius Crane era nonno? Grazie Morgan per questa concezione divina. Sarebbe stato un altro spunto ideale per stuzzicare il giovane e prenderlo per i fondelli, attività nelle quali Eugene eccelleva, facendo pratica quasi quotidiana sul povero Spaco, testando il proprio livello anche su Capo e colleghi. Un giorno avrebbe preso un pugno in faccia, ma ne sarebbe valsa certamente la pena. Si alzò dallo sgabello, togliendo la giacca di pelle dalle spalle con un movimento fluido, abbandonandola sul bancone. Teneva la bacchetta nella fodera, insieme alla Beretta dalla quale non so separava mai. Visti i tempi, la magia da sola a volte risultava inefficace. Chi non ne ha uno di questi tempi? ammiccó, lasciando a Run la possibilità di farsi un'idea, qualunque essa fosse. Jack non era padre, troppe responsabilità, ma l'istinto ce l'aveva comunque nel sangue. Bastava vedere come si comportava con Arci, tenendolo stretto sotto la propria ala protettrice. Ok, forse no. Forse per il ragazzo rappresentava piú un fratello maggiore scapestrato, ma nella sostanza delle cose cambiava poco: archibald leroy era il suo bambino drogato e ogni volta che Euge lo guardava gli sembrava di rivedere se stesso da ragazzino. Magari un po' piú mainagioia di lui, ma altrettanto fancazzista. Ah, quanto lo amava ♡ Con le spinte giuste avrebbe potuto trasformarlo in un perfetto Minime.
    Abbandonò il bancone, dirigendosi al centro del locale per dar sfoggio delle sue mosse fluide e della voce calda da baritono (?) sulle note di una canzone che decisamente stonava con il suo aspetto da uomo delle foreste. Tutta scena, tutta scena. La barbetta, i tatuaggi, il fisico palestrato, tutto serviva a nascondere il suo animo da orsacchiotto, riuscendo nell'intento almeno fin quando Euge non apriva bocca per dire una cazzata delle sue, o distendeva le labbra in un sorriso da sciogliere il cuore. E calare le mutande #wat. «ESCILE!» Volse la testa in direzione di Heidrun, osservandola ammiccante da sopra la spalla destra, mentre ancora sculettava nella sua miglior interpretazione di Geri Halliwell dai tempi delle elementari babbane, portando entrambe le mani a sollevare la stoffa leggera della maglia, arrotolandosela fin sotto le ascelle. Attenta a quello che chiedi, Crane! Potresti ottenerlo! strizzò nuovamente l'occhio alla ragazza, lasciandosi poi andare quando arrivò il suo momento di cantare. Sublime. Euge poteva dimenticarsi di spegnere il gas quando usciva di casa, ma le parole di una canzone, soprattutto se del suo gruppo preferito in gioventù, quelle mai. C'era un che di magico, in quanto stava avvenendo: di lì a poche ore avrebbero entrambi partecipato ad una missione missione super segreta della quale nemmeno loro sapevano i dettagli, e probabilmente l'unico pensiero di senso compiuto per entrambi sarebbe stato if you wanna be my lover, you gotta get with my friends. Una lezione di vita dal valore inestimabile, ma probabilmente inutile nella situazione che li attendeva. #acab. Fece una piroetta su se stesso, schioccando le dita mentre il coretto continuava imperterrito senza mai steccare una nota, trovandosi di fronte l'orrendo spettacolo delle mani sudaticce e impestate di Spaco appoggiate senza ritegno sul sedere di Heidrun. Ew. Contenuti adatti solo ad un pubblico adulto e sconsigliati ai deboli di cuore. A tal proposito, Euge si portò una mano al petto, poggiando il palmo sulla pelle nuda proprio all'altezza del cuore, fingendo un infarto. Cristo santissimo, che brutta scena. Il proprietario del bar si limitò a ricambiare la sua esclamazione con un sorrisetto osceno, che stava più o meno a dire almeno io il culo gliel'ho toccato. Di nuovo touchè, bastardo di uno Spaco.
    «If you want my future forget my past. If you wanna get with me better make it fast» Cercando di dimenticare per sempre quanto appena visto, il ragazzo si concentrò sulla voce della cacciatrice, seguendo il ritmo della canzone muovendo la testa avanti e indietro, mentre tornava al bancone senza mai smettere di ballare. Una volta cominciato, è impossibile smettere. Afferrò la mano che Run stava tendendo verso di lui, immaginandosi per un istante in quella scena di Titanic dove Jack invita Rose a salire sul punto più alto della nave, facendole chiudere gli occhi. Ti fidi di me? Mi fido di te, Heidi dichiarò solenne, dandosi da solo la risposta e stringendo le dita attorno al suo palmo. Invece di saltare oltre al bancone come il cinquantenne della pubblicità dell'Olio Cuore, vi si arrampicò sopra, raddrizzando gambe e schiena tirando la ragazza verso di sé. Spaco, la bottiglia! urlò, già galvanizzato dall'arrivo del ritornello, al punto da non sentire nemmeno la caratteristica e quasi scontata risposta dell'uomo - stocazzo - mentre gli porgeva comunque la stessa bottiglia di rum scadente con cui aveva riempito i loro bicchierini fino a quel momento. Perché la verità è che a Spaco piaceva assecondarli, checchè ne dicesse! #SPUNCK #SHIPIT Bevve un sorso di liquido ramato direttamente dal vetro opaco del contenitore, prima di passarlo a Run in piedi al suo fianco, pronto per lo sprint finale. IF YOU WANNA BE MY LOVER, YOU GOTTA GET WITH MY FRIEEEENDS. MAKE IT LAST FOREVER, FRIENDSHIP NEVER EEEEENDS! Ah, se solo avesse potuto vederlo Lardina: certamente si sarebbe seduta in prima fila, battendo le mani e fischiando come una scaricatrice di porto, fiera del fatto che suo fratello fosse diventato finalmente una delle Ragazze del Coyote Ugly, con tanto di ammiratori pronti a palpargli le chiappe - vedi: Spaco -. Poi con tutta probabilità sarebbe saltata anche lei sul bancone a dare sfoggio delle sue qualità artistiche, ma questa è un'altra storia. Dopotutto erano gemelli mica per scherzo.

    Sfumatura sullo schermo nero. Pronti per la missione in 5 ore e mezza. #credici #ciaotrenomissione


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