so many things left unsaid

Will

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    Ashley Stewart ( ) - 19 - Muggle - Ribelle - Cronocineta- Baciatutti
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    Ultimamente passava più tempo nel quartier generale che a New Howel, per i continui richiami da parte di Idem per l'atteggiamento scontroso e strano della cronocienta. Ma aveva un motivo, Judas era sparito da diverse settimane, senza preavviso. Inizialmente aveva pensato che fosse in qualche vicolo a farsi, ma aveva setacciato la città diverse volte, eppure di lui non c'era traccia. L'aveva abbandonata! Era uno stronzo come tutti gli altri, eppure non era stata lei a dirgli volontariamente del figlio, lo aveva scoperto per colpa di quel maledetto labirinto. Non era stata lei a chiedergli di aiutarla nel ritrovarlo, aveva deciso di fare quella cosa anche senza di lui, ma il veggente si era impietosito probabilmente o forse non voleva dire di no così sfacciatamente, ma aveva deciso lui di darle una mano. non posso stare senza di te Ashley....Ti voglio aiutare e lo farò....Ti ho aspettato da una vita e non ho intenzione di lasciarti andare ora...e sei blablabla altre parole così sdolcinate da farle venire il diabete, ma ci aveva creduto. Che idiota. Ashely aveva davvero pensato che un ragazzo ventenne potesse mettersi sulle spalle un suo problema? Andiamo non lo avrebbe fatto neanche il padre biologico, quasi, perché, lui che era un estraneo praticamente, doveva immischiarsi in quella faccenda? Nessuno voleva essere padre di un figlio non suo. Se solo glielo avesse detto subito, non era una ragazza permalosa, sicuramente non se la sarebbe presa, anzi lo avrebbe capito; addiritura avrebbe anche accettato se avesse voluto prendere le distanza da lei. Lo sapeva che era molto più strano il fatto che avesse accettato subito. Ah gli uomini. Lei era autonoma, indipendente e sopratutto sapeva cavarsela da sola, come aveva fatto negli ultimi anni, era scappata da un laboratorio era viva quindi qualcosa doveva pur contare? Non aveva bisogno di Judas, si bastava da sola, per lei il ragazzo era un argomento chiuso. Morto. Forse. Scosse la testa, doveva calmarsi non voleva far del male a qualcuno ed era capitato negli ultimi giorni, insomma era così furiosa per quella sparizione che accidentalmente aveva fatto esplodere diversi oggetti. Purtroppo gran parte della sua capacità di gestire il potere dipendeva dalle sue emozioni, ultimamente non stava passando un bel periodo, con tutto quel rancore in corpo si era ritrovata a dover scappare dai posti per non farsi scoprire perché faceva esplodere di tutto, bloccava le persone, ad una ragazza aveva provocato un graffio profondo su di un braccio, non era sicura di averlo creato lei ma di sicuro lo aveva peggiorato, per non parlare che aveva fatto spuntare un capello bianco ad una ragazzina. Ops, l'aveva fermata per chiedere informazione e quasi la uccideva. Ed eccoci al motivo per cui Ashley si trovava lì al quartier, era stata chiamata da Idem. La conversazione in effetti era stata alquanto strana perché la donna aveva deciso di chiamarla al telefono pubblico di New Howel, visto che un cellulare sembrava impossibile averlo doveva accontentarsi; ma alla fine non le interessava, lei non aveva nessuno da chiamare, i suoi la credevano morta.
    “ Ciao Ashley sono Idem, sai la segretaria dell'ufficio. Ah no così non va bene, cancella. Ok allora ciao A...aspetta come si chiamava? Ah si. Cancella. Ciao Ashley. Sono. Idem. Potresti passare? Non ho detto dove. Cancella. Ciao Ashely sono Idem potresti passare al Q punto G ? grazie “
    Ci furono vari minuti di silenzio in cui Ashley non sapeva se era morta o forse stava aspettando che il telefono le rispondesse qualcosa, magari sarebbe stato carino che proprio la mora intervenisse. Alla fine le aveva detto “ Ok Idem, gr.... “ “ ahh chissà se premo...tuuu tuu”. Aveva chiuso la chiamata. Perché nessuno le insegnava come fare? Perché? Almeno aveva fatto ridere la babbana, visto tutto quel periodo nero. Ci voleva una Idem per tutti ogni tanto, o qualche sua perla di saggezza da mettere nei cioccolatini. Oh si, avrebbero risollevato il morale a molte persone, poteva proporlo o magari poteva annotarsi quello che diceva per poi farle pubblicare. Ahaha neah, era troppo pesa culo per poter mettersi davvero a fare una cosa del genere, poi aveva anche una missione personale da compiere, perché anche se Judas era sparito, lei doveva comunque continuare la ricerca. Peccato che era legata lì, tra la resistenza e New howel.
    Oh eccoti cara, vieni accomodati nel mio ufficio disse la mora con gli occhiali, sembrava essersi persa o magari era solo quell'aria perennemente confusa che dava quell'impressione. Era davvero adorabile e quasi la invidiava, sempre così tranquilla, serena e con un dolce sorriso, riusciva a mettere a proprio agio anche una come Ashley, sempre acida e asociale, era impossibile non voler bene alla segretaria.
    Ciao Idem, mi hai fatto venire qui, volevi dirmi qualcosa? sapeva cosa stava per succedere, ma fingere di essere innocente era importante in quel mondo, visto che tutti erano colpevoli ma dei santi, quindi poteva provarci anche lei. Sapeva che era lì per una bella sgridata, in stile mamma con la bambina disobbediente, non aveva un protettore da diversi mesi e si era sentita libera di agire in completa libertà, peccato che quelle settimane non erano andata molto bene.
    ah allora hai ricevuto il mio messaggio, bene bene bene bene disse e sembrava quasi fiera perché era riuscita a farle recapitare via telefono un messaggio, forse era la prima volta che lo usava o magari era semplicemente Idem. Ashley annuì mentre la donna prendeva alcuni fogli, sembrava sempre preferirli al computer, quasi ne aveva paura.
    Come saprai ogni ragazzo speciale ha un aiuto per questo mondo... che dolce, non voleva dire che ogni mostro,lì, aveva un segugio a fargli compagnia, in pratica ogni babbano era sempre monitorato da un “protettore” che lo aiutava a non fare casini. OK forse lei ne aveva bisogno, ma sperava anche che se ne fossero dimenticati, invece tutti quei guai creati nei giorni precedenti avevano, probabilmente, riaperto il suo fascicolo. Che poi perché dovevano avere dei documenti su di loro? Non voleva saperlo, stava bene con loro nonostante tutto, si fidava e bastava così.
    Si...ma io al contrario.. Ne sei sprovvista esatto, e sai Ashley purtroppo devo affidartene un altro. Ma sono sicura che lui ti piacerà, era uno di noi da anni e finalmente è tornato.
    Oddio no, non poteva essere lui vero? Potevano esistere altri ragazzi che se ne erano andati per poi tornare vero? Sicuramente. Chi? chiese quasi intimorita, magari si era sbagliata, dai non aveva detto che era il capo dei ribelli fino all'anno prima e che da poco gli era tornata la memoria, vero? VERO?
    Beh il nostro ex capo, William Barrow, ricordi? disse Idem con un sorriso a 42 denti, era così felice che anche una stronza come ashley non volle rompere quel momento, sembrava essersi così impegnata per far sì che la cronocineta avesse Barrow come protettore. Così annuì Si ricordo....e non si può cambiare vero? ci doveva provare non voleva averlo come cane da guardia, sarebbero stati a stretto contatto, e non poteva capitare. NO.


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    William si premette entrambi le mani sul viso, asciugando rapido con i pollici le gocce salate scivolate dalle palpebre abbassate. Poggiato davanti a sé, sul bancone lercio di uno squallido bar londinese, la home page di faceboh; lo sapeva che era una minchiata, non avrebbe dovuto registrarsi su un sito malvagio del genere. Avrebbe dovuto essere più Mitchell, e non cagarsi di pezza quelle cose rumorose, cinesi, e babbane. Il respiro usciva regolare, eppure non riusciva ad impedire a quelle sciocche lacrime di scivolare lungo il naso. «qualcosa non va?» se qualcosa non andava? Il Barrow non rispose per una manciata di secondi, attendendo che le tracce lasciate dal pianto si asciugassero. Quindi, repentino, alzò il capo lanciando un’occhiataccia al barista, che preoccupato si era sporto verso di lui. «quel cane… come hanno potuto» tirò su con il naso, rimettendo da capo il video comparso sulla sua bacheca. Girò lo schermo verso l’uomo, indicandogli con l’indice di guardarlo. «lo vedi? L’hanno maltrattato, ma ora guardalo: si sente di nuovo a casa, si fida. Sembra che sorrida» ormai la voce era un sussurro, ma non era imbarazzato. Affatto. Perché avrebbe dovuto? Era un uomo, santiddio, ed un uomo non si vergognava delle proprie lacrime. Peccato che il barista aldilà del bancone sembrava pensarla diversamente: gli lanciò uno sguardo languido a metà fra compassione e tristezza d’esistere, scuotendo impercettibilmente il capo. «beh? Io piango PER IL CAZZO CHE VOGLIO, OKAY?» gridò d’impulso, sbattendo con veemenza il pugno sul legno.
    E quello spiegava come, venti minuti dopo, Will barcollasse sul marciapiede con un labbro spaccato, alle sue spalle imprecazioni colorite seguite da una porta che sbatteva. «uomini» sibilò, sputando un grumo di sangue per terra mentre s’infilava una sigaretta fra le labbra. Se Niamh non avesse percepito il suo stesso dolore, sarebbe rimasto volentieri al centro della rissa; invece, da bravo fratello maggiore, al primo cenno di violenza se n’era andato di sua spontanea volontà, così da limitare i danni. Certo, se solo sua sorella fosse stata così gentile da ricambiare il favore e non farsi venire il fottuto ciclo mestruale, neanche si sarebbe trovato in una situazione del genere. Ma come facevano le donne a vivere in quelle condizioni tutta una vita? Ringraziava di essere nato con un pene, perché le ovaie non facevano per lui. Si sentiva, come in ogni periodo del mese, tutto scombussolato. Gli dolevano parti del corpo che normalmente neanche pensava di avere. Avete presente i famigerati arti fantasma? Ma sì, perdi una mano in guerra, ed ancora sei convinto di averla. Ecco: quando Niamh Lynch aka Barrow aveva il ciclo mestruale, William si sentiva le tette gonfie e pesanti. Non sapeva come, ma giuro su Dio che era così. Si ritrovava a massaggiarsi i pettorali (ossia i capezzoli, perché pettorali avrebbe implicato un fisico che Yolo non vantava) senza un motivo apparente, piegato in due da fitte dove non sapeva neanche che organo ci fosse.
    Una vita di stenti, quella degli Elementali.
    Prese il telefono, che miracolosamente aveva resistito alla malinconica ira di Will, e digitò uno dei suoi numeri preferiti. «STU? Stu, sono Will. Sìsì, ciao anche a te. Senti Stu, di a Mitchell di accendere quel maledetto computer, lo voglio su skype fra venti minuti. Venti minuti, rendiglielo chiaro. TUTTO MUSCOLI E PURE CERVELLO MITCHELL SE SEI IN ASCOLTO TI ODIO PIÙ DEL SOLITO CIAO mi manchi ti voglio bene amico» senza attendere risposta dall’assistente del Winston, il suo amatissimo Stu Pidis – greco, come si denota dal nome – Will riattaccò il telefono, i pigri occhi azzurri a vagliare le alternative in quella scarsa cittadina babbana. C’era un alimentari aperto giorno e notte, di quelli dove ti regalano anche le tartarughe portafortuna. Spense momentaneamente la brace della sigaretta sotto la suola, infilando poi la suddetta nella comoda tasca sulla t shirt. «let the fucking game begin»
    Venti minuti dopo, William Barrow si trovava a Godric’s Hollow. Fra le mani un sacchetto della spesa più grande di lui, e sotto braccio il proprio, fedelissimo, personal computer. Bussò con la punta del piede sulla porta di Villa Italie, spettinandosi i capelli biondo cenere con la mano libera. Fece per bussare una seconda volta, quando il volto di Lucas fece capolino sull’uscio. William Yolo Barrow, le palpebre spesse a coprire metà degli occhi, lo fulminò con un’occhiata. «italie» aveva detto che ci avrebbe provato, ma non era facile quando era sempre consapevole di ogni coito ch’egli aveva con la sua sorellina. La quale, per inciso, avrebbe potuto non so, mandargli un messaggio. Anche un segnale di fumo. Sapete quanto imbarazzante era trovarsi a sostenere una lezione ad Hogwarts nel bel mezzo di un mistico orgasmo di gruppo? No? Will sì. «è la mia serata, gira al largo bello» che gangsta. «no sul serio, ti voglio bene lux, ma levati dalle palle. NIV SCENDI, È LA SERATA» La ritrovata famiglia Barrow, sotto le pressioni del primogenito, aveva una serata, ebbene sì. Quella puttanata degli ormoni condivisi anche degli uomini, gli aveva davvero fatto cambiare prospettiva sulla vita. Inoltre, lui doveva farsi perdonare per i cazzotti che, di tanto in tanto (sempre) non riusciva proprio ed evitare, mentre Niamh… beh, doveva farsi perdonare a) la vita sessualmente attiva, una cosa che un fratello non dovrebbe mai sapere b) il ciclo. Entrò in casa mandando bacini a Lucas, svuotando poi il contenuto della busta della spesa sul divano: gelato, gelato, cioccolato, biscotti, e tre DVD. Manco a doverlo specificare, Ghost, Titanic, e Il Re Leone. Aprì poi il pc, che sentendosi a casa propria (ma cosa sto dicendo) si collegò automaticamente al wi fi. Come ogni volta, chiamò Mitchell Winston su Skype - che maledetto figlio di sua madre doveva lavorare in culonia, lui. God bless America stocazzo. Jeagnignignignignigne. «c’è anche mitch» disse a Niamh, stringendo protettivo il computer al petto ma volgendo lo schermo verso di lei, così che potesse salutarlo. Si spiaggiarono sul divano, come di consueto, con due grandi cucchiaini ed un vaschetta di gelato stretta gelosamente fra loro. Solitamente, a William Yolo Barrow quei film, e s’intende proprio il genere, non piacevano affatto; eppure, quando tutti avevano il ciclo emotivo, non c’era null’altro al mondo che desiderasse vedere, e nessuna compagnia migliore a Niamh. Quando erano entrambi nella fase, erano perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda: si insultavano, Will piangeva, Niamh lo insultava di più, e facevano pace spezzandosi silenziosamente tavolette di cioccolato.
    Vi dirò, in realtà il Barrow si trovava quasi a suo agio, fra ciclo e luna di Patrick. Almeno aveva un motivo per giustificare gli sbalzi d’umore, le lacrime, la rabbia, e quel carattere di merda che si ritrovava. Non che l’avrebbe mai ammesso. Gli piaceva fare il bello (ma quando) e dannato, con la sigaretta stretta fra i denti e lo sguardo apparentemente annoiato, a vegliare su tutto senza guardare niente. Il menefreghista, quello che non si lasciava tangere dal passato che, marchiato sulla pelle, gli ricordava ogni giorno i suoi fallimenti. La sua morte. Perfino quando ne parlava con gli altri del Cerchio, Will fingeva di non essere soggetto alle allucinazioni, a quei dolori improvvisi che sembravano cogliere loro. Si stringeva nelle spalle, lasciando che fosse il proprio silenzio ad omettere. Cambiava discorso, creando complesse teorie su cosa fosse l’oggetto di William Lancaster. Cercava un senso, una scintilla che cancellasse i torbidi crimini e lo aiutasse nella redenzione dei suoi errori.
    Fra i Ribelli, William Barrow era tornato come un codardo, lo sguardo chino e la coda stretta fra le gambe. Non aveva guardato in faccia nessuno, imitando l’arroganza tipica dei Barrow: preferiva essere lo stronzo insensibile, che non colui che li aveva portati sull’orlo del fallimento. Preferiva lo odiassero perché era un pezzo di merda, piuttosto che ricevere il loro perdono. Non lo meritava ancora. Si era candidato come rebel scout, tornando, dopo anni, a quelle che erano state le sue origini. Tornando alla speranza, dopo anni di oblio.Aveva cercato di rendersi utile nell’unico modo che conosceva, nell’ombra, rimanendo il più lontano possibile dagli altri. Non sapeva dove avesse sbagliato nella mimetica tattica opossum, ma sicuramente qualcosa era andato storto, perché il giorno prima Idem Withpotatoes l’aveva convocato alla sua scrivania. Normalmente, Idem era la persona meno terrificante sulla faccia della terra. Sul serio, roba che se avesse dovuto scegliere fra lei e Winnie the Pooh, avrebbe scelto lei. Ma quando si calava nei panni professionali della Segretaria, suscitava un sincero timore nel Barrow. «will!» era sempre così felice. Le aveva chiesto più volte quale fosse la sua droga («dai, a me puoi dirlo» «la vita!» «fottiti») «idem…» cauto, mentre prendeva posto nella sedia posta di fronte alla scrivania. Lei, con il sorriso allegro dell’elfo prediletto di Babbo Natale, gli aveva sventolato davanti al naso una foto. «ti ricordi di Ashley?» odiava le domande con ti ricordi. Sapeva che si trattava solo di formalità, e che di certo Idem Withpotatoes non era intenzionata a tirargli una frecciatina, ma non poteva fare a meno di irrigidirsi. La memoria era un fottuto tasto dolente, per William Barrow. «sì» rispose, prendendo la foto di Ashley fra le proprie mani. «è diventata una babbana speciale. Lo sapevi?» Will annuì grattandosi la nuca, posando nuovamente la pellicola sulla scrivania. Non capiva dove volesse arrivare, ma cominciava a provare paura. «sì» ripetè, di molte parole come al solito. Idem non si lasciava scoraggiare dai suoi monosillabi, mantenendo invece quella smorfia da cocainomane felice stampata in volto. Da grande voleva essere come lei – o trovare il suo spacciatore. «ultimamente ha avuto dei… problemi. Sta affrontando diversi traumi, è comprensibile» comprensibilissimo. Ma cosa c’entrava Will? Vedendo che William non rispondeva, Idem proseguì. «mi piacerebbe che te ne occupassi tu. Lei è una ragazza indipendente, quindi potresti svolgere benissimo il tuo lavoro senza alcun disturbo. Devi solo proteggerla» «da cosa?» domanda idiota. Idem si spinse gli occhiali sul naso, guardandolo come un adulto avrebbe potuto guardare un bambino colto con le mani nella marmellata. Sì, si sentiva decisamente idiota. Ma soprattutto, era scioccante rendersi conto che Idem, oltre ad essere un peluche vivente, era anche un essere umano. ADULTO, PERFINO! «da sé stessa» rispose lei, accennando un sorriso triste. «puoi farlo?» poteva farlo? Ma per favore, non sapeva neanche proteggere le proprie piante quando fuori cominciava a piovere. Quali piante, Will? Appunto. E fu lì lì per farlo notare, un sentito diniego sulla punta della lingua, ma… era impossibile dire di no a quegli occhi troppo azzurri. Lo faceva sembrare così facile, Idem. Faceva sembrare a William di essere la scelta giusta, che lui valesse quel ruolo. Che certo, poteva farlo. Anzi, doveva. Lo doveva alla Resistenza, lo doveva ad Ashley.
    Soprattutto ad Ashley.
    «sì… spero?» Idem saltò in piedi, allungandosi sopra la scrivania per abbracciarlo. «te la caverai benissimo! Sono così felice che siate tornati» Una risata amara da parte dell’ex corvonero, quasi acida sul palato, mentre goffamente ricambiava la stretta. «anche io» ed era vero. Ma faceva male ad ogni respiro. «ti scrivo un messaggio quando riesco a mettermi in contatto con lei, va bene?»
    Inutile dire che seppur la conversazione fosse avvenuta solamente il giorno prima, Will già aveva rimosso. Quando il telefono vibrò, strappandolo all’intensa scena del vaso, sussultò così prepotentemente da far cadere la scatola di biscotti per terra. «merda!» che cuore sensibile, lo so. Prese l’oggetto con l’idea di lanciarlo contro il muro, trattenendosi da un tale atto solo riconoscendo il nome di Idem. Era in compagnia di Niamh e Mitch, quindi non doveva allontanarsi per rispondere alla chiamata. «sì?» «siri, chiama william barrow. Siri, chiama william barrow. Siri, chiama william barrow» «…l’ha chiamato» «siri, di a william che è arrivata ashley, per piacere. Grazie siri!» Fine. Corrugò le sopracciglia inumidendosi le labbra, osservando il telefono come se questi, dal canto suo, potesse spiegargli l’arcano. Se la Withpotatoes era diventata Segretaria dei ribelli, non era certo per il suo stretto rapporto con la tecnologia -rasentava quasi i livelli Winston-, ma buon morgan, perché nessuno glielo insegnava? Un giorno avrebbe chiamato Damian Icesprite rivelando ogni segreto della Resistenza, era solo questione di tempo. Scosse il capo grattandosi un sopracciglio, le sottili labbra imbronciate. Vi infilò rapido una sigaretta, mentre si alzava abbandonando i suoi compagni di serata. «devo andare. Niv, maledetta, questa volta lasciami un po’ di gelato al pistacchio» la ammonì, infilando le mani nelle tasche dei jeans.

    «Ne sei sprovvista esatto, e sai Ashley purtroppo devo affidartene un altro. Ma sono sicura che lui ti piacerà, era uno di noi da anni e finalmente è tornato» era arrivato al momento giusto, nel clou della conversazione. Si avvicinò alla scrivania con passo lento e morbido, senza annunciare la propria presenza. «Chi?» Ma come chi! Fece per entrare in scena, trionfale come una pioggia di coriandoli all’assegnazione delle medaglie, quando Idem lo anticipò. «Beh il nostro ex capo, William Barrow, ricordi?» ecco, quello era il momento di fare la propria entrata. Inspirò, ignorando l’ansia ingiustificata che gli stringeva il petto (o forse era un preludio di un ictus, lo sapeva che fumava troppo), dipingendosi un sorris- «Si ricordo....e non si può cambiare vero?»
    Ah. Quello faceva male. «rude» commentò, poggiando la spalla contro l’uscio della porta. Incrociò le braccia sul petto, sollevando le chiare sopracciglia in un misto fra divertimento ed offesa. «mi spiace, sono un regalo senza scontrino» sorrise a labbra serrate, avanzando di un passo nella sua direzione. «e poi scusa, perché dovresti cambiarmi? Sono simpatico. Vero Idem?» Idem annuì, alzando i pollici nella sua direzione. Una spalla migliore di Mitch.
    La amava.
    «vedi? anche idem è d’accordo» concluse, strascicando come di consueto le parole, con un sorriso ironico e sbilenco.


    - rule #1 never be #2 - code by ms. atelophobia


    Edited by lama del barrow. - 25/8/2016, 03:10
     
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    Ashley Stewart ( ) - 19 - Muggle - Ribelle - Cronocineta- Baciatutti
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    William Barrow. Non voleva averlo come protettore. Di tutte le persone che non voleva vedere in quel momento e in quel posto era proprio Barrow, perché tutto le doveva remare contro? Aveva avuto bisogno di Judas e questo al contrario era sparito,per non parlare di quello che le stava succedendo proprio in quel momento, insomma cosa aveva fatto di male per dover subire quelle ingiustizie, in fondo era diventata una babbana speciale non per colpa sua. Ne avrebbe fatto davvero a meno visto che aveva vissuto benissimo la sua vita come una banalissima non maga. Ma perché aveva seguito la resistenza, era stata davvero molto stupida, forse se avesse dato retta quando le dicevano che era troppo giovane e inadatta per quella battaglia non sarebbe diventata uno sperimento. Ma ahimè era successo e doveva farne in conti, ma ritrovarsi proprio Will, padre di suo figlio, non era quello che voleva in quel momento. Non era pronta ad affrontarlo, visto che aveva anche riacquistato la memoria, avrebbe sicuramente voluto saperlo o magari poteva fingere di averglielo già detto e che dopo, questo si fosse rifiutato di fare da padre. Ah, non poteva averlo pensato davvero, era stata molto meschina. Non appena chiese a Idem di cambiarlo, come se fosse stato un regalo poco gradito, ed era così, udì la sua voce alle spalle, si raggelò all'istante e non perché fosse in imbarazzo per le parole appena dette, le pensava quindi perchè rimpiangerle di averle dette, era solo perchè non era pronta a vederlo, per parlargli. Non voleva averlo come protettore.
    Rude disse fingendo di essere toccato, ma quanto era rimasto uguale? Nonostante avesse perso la memoria e poi fosse tornata non era assolutamente cambiato niente per lui, era il solito Barrow, quello che l'aveva affascinata quel giorno prima della battaglia, quel famoso giorno in cui insieme avevano praticamente dato inizio ad una nuova vita. Ah se solo avesse saputo. Chissà se quella faccia da cazzone sarebbe scomparsa, magari si, avrebbe voluto dirglielo solo per vederlo sbiancare e negare tutto. Rise quasi, ma doveva mantenere un certo contegno, in fondo il ragazzo stava continuando quella falsa. «mi spiace, sono un regalo senza scontrino» ah si era paragonato ad un regalo, proprio come pensava lei, peccato che era uno di quello poco graditi, fatti quasi per dispetto che di solito precedeva quello vero, quello da far venire il capogiro da quanto era bello, ma ahimè sapeva benissimo che non sarebbe successo e Idem non sembrava per niente interessata a cambiarle protettore. Lo vide avanzare, che gran coglione, gli piaceva vederlo in quel modo ma allo stesso tempo avrebbe voluto volentieri sbattergli la testa contro il muro, peccato che c'era Idem, doveva trattenersi e subirsi l'egowill.
    «e poi scusa, perché dovresti cambiarmi? Sono simpatico. Vero Idem?» disse guardando poi la ragazza e cercando il suo appoggio, che ebbe tra l'altro. Ma due contro uno non era giusto. Alzò gli occhi al cielo, per poi tornare a guardare quel ragazzo. Sul serio Will, non sono adatta ad essere protetta, non ho bisogno di te e di nessun altro disse alzandosi, ne aveva davvero abbastanza di tutto quello, di quel posto e di lui. Ok di lui forse no, ma dove era Judas quando serviva. Gli mancava davvero tanto anche se a tratti lo odiava, invece doveva avere a che fare con Barrow. Non poteva averlo come protettore, non era pronta ad averlo sempre intorno, doveva cercare loro figlio e con lui tra i piedi non avrebbe potuto farlo. O forse si, magari l'avrebbe lasciata muoversi in libertà, sembrava un tipo così menefreghista e molto “fai come ti pare”. No no, non voleva averlo come protettore, sapeva che presto o tardi gli avrebbe detto del figlio ma né lei né lui erano pronti per affrontare un discorso del genere. Magari si, magari no. Ah, si stava davvero facendo troppe paranoie, era davvero complessata. Quando era diventata in quel modo? Di solito era più una ragazza dai pensieri facili, della serie mi piaci quindi usciamo oppure non mi piaci ciao ciao bello. Perché era diventato così difficile? Lo sapeva era perché c'era di mezzo suo figlio, quel piccolo cucciolo finito chissà dove che, andava trovato in tutte le maniere, sarebbe morta nel cercarlo. Doveva sapere dove fosse, se stava bene. E parliamoci chiaro, Ashley era cocciuta, orgogliosa e non voleva mai chiedere aiuto a nessuno, aveva sempre pensato di farcela benissimo da sola in tutto quello che le si presentava, aveva sempre pensato di bastare a se stessa, quindi doversi fidare di altre persone era sempre stato difficile. Lo aveva fatto con Judas ed era rimasta scottata, quindi non avrebbe più chiesto aiuto o supporto a nessun altro anche se era il padre in questione. Non voleva niente da lui, niente.
    Guardò Idem Idem, grazie davvero ma non credo di averne bisogno disse seria, ma non acida, non riusciva ad esserlo con lei, anche se un pochino la odiava perché continuava a starle addosso da mesi, e il fatto che fosse per via del suo atteggiamento nell'ultimo periodo era solo un dettaglio, doveva lasciarla in pace. Guardò Will, gli diede una spalla per passargli poi accanto Non ho bisogno di te né di nessun altro, posso benissimo cavarmela da sola disse acida. Sapeva che il punto non era quello, tutti sapevano che poteva farcela in solitudine, lui era lì solo per aiutarla a non commettere cazzate. Ma che diamine, era solo un periodo, avrebbe smesso prima o poi di far scoppiare oggetti o di far diventare i capelli bianchi alle persone, stava provando a gestire le proprie emozioni da quando era sparito Judas, aveva solo bisogno di tempo e non di un guardiano, anzi di un segugio a sorvegliarla. e magari anche te hai voglia di fare qualcosa di meglio che starmi dietro, quindi sentiti libero di farlo. Vattene Barrow ok forse un paio di anni fa non si sarebbe mai permessa di rispondergli in quel modo ma gli eventi l'avevano cambiata, l'avevano indurita e inacidita ( compreso la fuga dello stronzetto chiaroveggente), quindi non era da biasimarla se era diventata in quel modo, per aver solo vent'anni ne aveva passate anche troppo no? Lei voleva solo esser lasciata in pace, non chiedeva poi molto. Cosa aveva fatto di male? Niente. Non voleva averlo come protettore.

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    Eau la Madonna. William era abituato ad essere trattato a pesci in faccia, anche orche assassine quando faceva proprio lo stronzo, ma così, senza apparente motivo, gli sembrava esagerato. Dire che non capiva le donne, sarebbe stato un eufemismo. Nella sua brillante carriera da womanizer QUALE aveva avuto ben due fasi: la prima, come prevedibile, era stato ignorare il genere femminile perché lo terrorizzava, probabilmente colpa di Daphne e Rebecca (seriamente, cosa non andava nelle Grifondoro donne? Davano loro acidi, voglia di fare a botte e malvagità a colazione? Davvero, perché anche Niv non scherzava); la seconda fase, quando finalmente gli ormoni si erano decisi a risvegliarlo dal suo torpore, equivaleva in “cos’hai da fare stasera?” “niente” “allora vieni a casa mia”. Fine -il che, fra l’altro, spesso si concludeva con porte sbattute o chiamate minatorie nel cuore della notte, ma quello era un altro discorso. Neanche legarsi indissolubilmente a femmine con il ciclo mestruale perenne aveva aiutato nella comprensione del genere, un intricato labirinto di cuccioli, arcobaleni, e morti. Guardò Idem alla ricerca di supporto morale e psicofisico, consapevole (come tutti) ch’ella stava al di sopra di tale umana classificazione: non era una donna, era una Idem. Purtroppo anche lei si rivelò inutile alla causa, in quella triste stretta fra le spalle che gli rivolse.
    Merda.
    Cosa doveva fare? Cosa si aspettavano facesse?
    Perché a lui tutte le donne con il ciclo? E sua sorella, e le sue amiche, e Akelei, e i gemelli Winston (certo, valgono come donne). Non si meritava un po’ di sana gente normale? Non comprendeva se fossero così tutte le donne, o se solamente a lui fossero capitate le peggiori della loro specie – neanche a dire che se le andasse a cercare, perché gli erano capitate tutte per sbaglio. Inconcepibile. Osservò Ashley senza battere ciglio, le braccia incrociate sul petto ed un cipiglio confuso sugli occhi rotondi. Le aveva forse fatto qualcosa? Non poteva neanche accusarlo di non averla richiamata il giorno dopo la notte passata insieme, considerando che era stata rapita – e beh, da quanto aveva capito nei Laboratori non passavano le telefonate, ecco. Si inumidì le labbra, un’unica domanda a titillargli i pensieri: cosa farebbe Mitchell al mio posto? Ebbene sì, era il quesito con il quale si interrogava su quasi ogni aspetto della vita, quando si trovava in difficoltà. Aveva provato con cosa farebbe Keanu?, ma aveva scoperto che il tè non gli piaceva poi così tanto - e con la pipa non sembrava badass quanto lui, appariva solamente come un minchione con la pipa. «sul serio Will, non sono adatta ad essere protetta, non ho bisogno di te e di nessun altro»
    Idem Withpotatoes, io sento che tu cogli la telepatia. Non so come, magari sei come gli unicorni che sentono quando qualcuno è vergine (wat), ma so che puoi farlo: ti supplico, Idem. Aiutami. Fai qualcosa. Dì qualcosa.
    Ma Idem non disse niente, preoccupandosi di sistemare dei raccoglitori già perfetti – forse per lasciar loro un poco di intimità. In quell’istante gli sovvenne ciò che il suo vecchio responsabile casata gli aveva ripetuto più di una volta quando l’aveva visto con qualche pozione fra le mani: BOOOOOOONE if you purchase one, you will be maimed. E, finalmente, comprese ciò che aveva avuto insegnargli. Deglutì allentando il colletto della maglietta, le sopracciglia arcuate nella massima espressione di cinismo confuso che poteva permettersi. «mi permetto di dissentire» e temette per ogni parola uscita dalle proprie labbra. Non voleva morire – di nuovo. Parlare con le donne era sempre un campo minato per William Barrow, e puttanamerda finiva sempre su tutte le mine: quando aveva concluso una conversazione con loro, non aveva neanche più mani con le quali patpattarsi da solo. Com’era prevedibile, venne ignorato spudoratamente dalla cronocineta, la quale parve non udire nessuna di quelle quattro parole sputate nel vento. Idem alzò brevemente gli occhi su di lui, prima di riportarli sulla ragazza di fronte a sé. Vedere che anche la Withpotatoes era in difficoltà, egoisticamente, lo fece sentire meglio. Un lento sorriso sbilenco gli curvò le labbra, soddisfatto che il problema non fosse solo suo – andiamo, era pur sempre un Corvonero: quando non capiva qualcosa, gli giravano i coglioni. Quando Ashley si alzò, Will non alzò un dito. Non appena ella volse le spalle alla ex Tassorosso, quella cominciò ad agitarsi ed a mimargli di fare qualcosa, il capo a scuotere così violentemente nell’aria da fargli temere che avrebbe cominciato a frustarsi con i suoi stessi capelli. Spalancò gli occhi, sempre più turbato dalle circostanze, quindi riportò la propria attenzione su Ash.
    La quale, doppiamente rude, gli passò accanto tirandogli una spallata.
    Eau la Madonna parte due.
    Inspirò profondamente cercando nello scarso ossigeno della stanza la Forza suprema per affrontare la vita, le labbra strette fra loro a supplicarlo di accendere una sigaretta. «non ho bisogno di te né di nessun altro, posso benissimo cavarmela da sola» Oh buon signore, possibile che nessuno gliel’avesse detto? A vedere l’occhiata schiva della Withpotatoes, dedusse che , era possibile.
    Quindi toccava a lui.
    Merda.
    Si portò la mano destra a massaggiare la radice del naso, prima di far passare le dita fra gli spessi capelli biondi. «ashley…» un tono di voce cauto, il quale di per sé lasciava intendere che ciò che aveva da dire, non sarebbe piaciuto alla giovane. Strano: in quel momento, probabilmente, non le sarebbe piaciuto neanche se le avesse detto che in centro regalavano cuccioli di koala. Evitò, da bravo machoman, di massaggiarsi la spalla – checché ne dicessero, perfino lui aveva una reputazione da mantenere. «non fare la bambina» sbottò infine, incapace di tenere per sé quell’accusa. «ti stai comportando in maniera infantile ed alquanto stupida» continuò, allungando un braccio per poggiarlo dall’altra parte della porta bloccandogli così il passaggio. Ve lo dice la Narratrice: dopo ben sette quest e due morti, quello fu l’atto più coraggioso della carriera di William Barrow.
    Anche perché quel braccio gli serviva, ed era piuttosto certo che Ashley gliel’avrebbe staccato a morsi. Will doveva davvero redimersi per le cazzate fatte in passato, il che implicava, purtroppo per lui, correre qualche rischio. Dio santo, quand’era stato Direttore della Resistenza, nessuno gli si era mai rivolto con quel tono: cos’era quel razzismo? Non meritava più rispetto solamente perché li aveva dimenticati? Buon Gesù, l’aveva fatto per loro. Bastò quel pensiero a farlo alterare, quasi avesse assorbito per osmosi la rabbia della Stewart. Strinse i denti ed indicò con un secco cenno del capo ad Idem di uscire. «lasciaci soli» ordinò, senza distogliere lo sguardo da Ashley. «…per favore» aggiunse, ruotando repentino gli occhi su Idem. La Withpotatoes, raccolto un quaderno di probabili ricette di qualche immangiabile biscotto, si alzò guardandoli entrambi con circospezione. «andrà tutto bene?» domandò, facendo sorridere di sincera tenerezza Will. «non le farò niente» lo guardò di sottecchi. «conoscendo ashley, non ho dubbi in proposito. Infatti parlavo con lei» Ah. Un duro colpo per il suo ego maschile. Si grattò la nuca liberando la strada ad Idem, che ancora rivolse loro un’ultima occhiata dubbiosa. «andiamo idem, è pienamente in controllo di sè» lei corrugò ancora le sopracciglia. «sì lo so. Per questo ho chiesto» e con un ultimo sorriso, li lasciò da soli.
    Va che infame, pure lei. La osservò con le labbra dischiuse mentre si allontanava, il gomito ancora poggiato allo stipite della porta. Perché dovevano tutti essere così rudi? Con lui poi, che meritava solo amore. In pratica gli aveva appena detto che incitava all’omicidio.
    Non che fosse una novità, ma non era mai bello sentirselo dire. Arricciò il naso e chiuse la porta, lanciando un’occhiata ad Ashley. «e rimasero in due» si sperava rimanessero in due ancora per un po’, per inciso: davvero Ash, non uccidermi. Aprì la finestra dell’ufficio di Idem e si infilò una sigaretta fra le labbra, accendendola con un lesto movimento dello zippo. Prima di cominciare una conversazione che già sapeva avrebbe decretato la sua morte, voleva un’ultima sigaretta d’addio – lecito, no? «forse non sei stata informata, ma non è facoltativo» ticchettò sulla sigaretta per far cadere la cenere al di là del davanzale, un fugace sguardo al panorama londinese. «in qualità di special, sei obbligata ad averne uno. Protettori è un termine molto ampio, probabilmente l’hai inteso nel modo sbagliato» un sospiro, la sigaretta stretta fra i denti e gli occhi azzurri ora puntati con decisione su Ashley.
    Perché era un cazzone, William Yolo Barrow, e su quello non c’erano dubbi: ma v’era un motivo se era riuscito ad istituire un nucleo di ribelli, e se ne era stato a capo per anni. Non girava intorno alle questioni, e per quanto poco piacesse agli altri, tendeva sempre ad andare dritto al punto: «stai causando problemi» si inumidì le labbra. «non devo solamente proteggere te, devo assicurarmi che tu non faccia stronzate» aspirò e soffiò poi il fumo in lente volute, senza distogliere lo sguardo da Ashley se non per assicurarsi che la cenere non cadesse all’interno dell’ufficio di Idem. «non possono rimetterci gli altri solamente perché tu sei incazzata. Il fatto che finora non sia successo nulla di grave non significa nulla, lo sai tu, e lo so io: non sai cosa potrebbe succedere la volta dopo. Forse potresti convivere con qualche sconosciuto, ma se facessi del male ai tuoi amici? Se accidentalmente facessi invecchiare Idem portandola alla morte? Andiamo, Ashley» si picchiettò il filtro sulle labbra, scuotendo il capo. «non fare la stronza egoista» e se doveva metterla giù pesante, così fosse. «senza contare che il governo non vede di buon occhio i problemi: hanno giustiziato gente per molto meno, non dargli motivo di prendersela con te» decretò, concludendo l’arringa di presentazione e gli argomenti per i quali ella necessitava di un protettore. «se hai problemi con il sottoscritto, sputa il rospo» una risata grezza gli graffiò la gola, ed un sorriso sbilenco rimase a pendere pigro dalle labbra, le sopracciglia inarcate. «perché ne ho abbastanza di queste stronzate»
    Ed era drasticamente, terribilmente, vero: William era stanco di sentirsi in colpa, di chiedere scusa e ricevere porte in faccia, di provarci e rimanere con briciole di marzapane fra le dita. Era stanco di essere il capro espiatorio di ogni problema.
    Ed era stanco di sentirsi tale, ogni stramaledetto giorno.
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    Ashley una volta era ragionevole come persona, non era sempre stata così acida con le persone e non si sarebbe mai permessa di essere così scontrosa con uno come Will, potete non crederci, ma era una ragazzina solare (non come Hope ma ci si avvicinava molto), aveva tutto nella vita: una famiglia che l'amava, un fratello maggiore che la proteggeva e che adorava. Era una cheerleader, coccolata dalle sue amiche e perché no, si poteva anche dire che era leggermente superficiale, sempre alle prese con i bei vestiti e con la fila di ragazzi che volevano uscire con lei. Ma la vita era stata crudele con la Stewart e aveva deciso di punirla per quello che aveva; in pieno stile saw l'avevano presa e messa alla prova per vedere se era una persona grata alla vita, se davvero voleva vivere. E dannazione se lo voleva, aveva lottato per non morire in quei laboratori, aveva sofferto, aveva pianto e ne portava ancora i segni, non solo perchè aveva ricevuto in cambio quello stupido potere, ma era soprattutto per quei ricorrenti incubi che non la lasciavano libera, anche se erano già due anni che era libera. Per non parlare di suo figlio, non ricordava niente di lui e non era sicura che fosse un maschio, non sapeva di che colore avesse gli occhi se era sano e dove fosse; quindi come poteva essere felice e solare come una volta dopo tutto quello che le era successo? Era anche normale che fosse così acida, forse si arrabbiava troppo facilmente ma era dura non essere scontrosa, tutto gli dava sui nervi e non c'era da stupirsi se nel momento in cui Barrow si mise tra lei e la porta la cronocineta assottigliò gli occhi, fulminandolo all'istante. Per la fortuna di Will, davanti a lui non c'era Anjelika però, perché sicuramente quello che avvenne dopo non sarebbe mai successo se ci fosse stata lei davanti a lui. Stolto. Ashley si voltò lentamente, non tanto per il gesto, ci stava che la fermasse, il ragazzo non amava farsi mettere i piedi in capo, anche perché un tempo era lui il boss lì dentro ed era ovvio che volesse rispetto anche solo per quello. Furono comunque le parole a innervosire la mora, come poteva darle di bambina? Cazzo, aveva il diritto di fare quello che le pareva, era una persona e aveva bisogno della propria libertà. Le balenò l'idea di bloccarlo, dargli un bel calcio tra le gambe e scappare ma Idem la bloccò, non fisicamente, furono le parole a farla desistere e anche sorridere, smorzando così la rabbia e frustrazione che la mora stava mostrando in quel momento.
    «e rimasero in due» disse tranquillo, non sembrava terrorizzato da lei, in fondo era quasi meglio che non la temesse e poi non era così terribile no? Sospirò E va bene Barrow... si rassegnò e si preparò al rimprovero del capo. Era diventato così serio, forse era anche incazzato per come lo aveva trattato fino a quel momento, non che le importasse molto o che fosse spaventata ma doveva ammettere che vederlo sotto quel lato era diverso, nel giro di pochi minuti era riuscito a calmarla, non come faceva di solito Judas; il veggente aveva un modo più dolce per farlo. Di solito la guardava negli occhi, e parlava con dolcezza, spesso non se lo meritava la mora, ma come se avesse un potere diverso dalla chiaroveggenza riusciva a farla ragionare a farla tranquillizzare, altre volte se ne andava prima che potesse arrabbiarsi davvero dicendole “ So come andrà a finire, ti lascio sbollire. Ci vediamo tra qualche ora” ah, che rabbia quando faceva in quel modo, ma stroncava ogni possibilità di litigio, prevenendola. Ah, Judas, dov'era finito quell'idiota? Gli mancava davvero anche se da una parte aveva una gran voglia di picchiarlo. Sospirò e si fissò sul biondo, era così serio, ma come poteva non esserlo la stava praticamente rimproverando. «stai causando problemi» disse tra le tante cose. Era diretto eh?Ashley alzò gli occhi al cielo, in fondo non stava causando davvero così tanti problemi o forse si. «non devo solamente proteggere te, devo assicurarmi che tu non faccia stronzate» continuò con quel suo discorso così serio. Non aveva torto, come non lo aveva avuto Idem in quelle settimane; era diventata ingestibile, il suo umore cambiava così rapidamente che era diventata pericolosa per le persone, doveva ammetterlo e doveva accettare quel tipo di sorveglianza.
    «non possono rimetterci gli altri solamente perché tu sei incazzata. Il fatto che finora non sia successo nulla di grave non significa nulla, lo sai tu, e lo so io: non sai cosa potrebbe succedere la volta dopo. Forse potresti convivere con qualche sconosciuto, ma se facessi del male ai tuoi amici? Se accidentalmente facessi invecchiare Idem portandola alla morte? Andiamo, Ashley» Continuò ad ascoltarlo, incapace di interromperlo, e non per paura, ma stava notando in lui il suo essere leader, quel modo di fare che aveva portato la babbana ad infatuarsi di lui. Già, anche lei aveva degli ormoni sotto quell'acidume, sennò come pensavate che sia rimasta incinta? Aveva trovato attraente Barrow dal primo momento in cui aveva messo piede alla resistenza, era stata sopraffatta dal suo modo di parlare, di atteggiarsi quella volta prima della battaglia e alla fine aveva ceduto o forse è stata la player a decidere tutto e incastrare non solo il pg ma pure Sara facendo diventare pure padre il suo piccolo Barrow lo aveva sedotto lei. Ah, non doveva permettersi di pensare a lui in quel modo, non dopo tutto quello che era successo. Si mise a sedere mentre questo continuava il suo monologo,cercando di non dargli soddisfazione, non doveva capire che lei lo stava ascoltando davvero e che stava riflettendo sulle parole che gli stava dicendo.
    «non fare la stronza egoista» Ancora una volta usava quella parola, che rabbia. Capiva perchè Idem aveva deciso di affidargli lui invece di qualcun altro, credeva in quello che diceva più di altri. Chissà però, se a muoverlo, tra le tante cose anche, era la paura nei confronti di Ashley, in fondo era una special e se Barrow usava una banalissima bacchetta per la magia, a lei bastava un movimento di mano. Capiva perché il mondo magico aveva paura di persone come lei, alla fine erano delle creature pericolose se non gestite bene, lei in primis. «senza contare che il governo non vede di buon occhio i problemi: hanno giustiziato gente per molto meno, non dargli motivo di prendersela con te» giocava duro eh? Ma cosa aveva da perdere la ragazza? Niente. La sua vita al momento faceva davvero schifo, se era ancora su quella terra era solo per poter ritrovare il figlio niente di più. Senti Barrow, non mi spaventerai con queste parole disse ma risultò una frase gettata al vento perché Will non sembrò ascoltarla, anzi come se lei non avesse detto alcunché la guardò «se hai problemi con il sottoscritto, sputa il rospo...perché ne ho abbastanza di queste stronzate» Quelle parole la colpirono, dava davvero l'impressione di avercela con lui? Non era così, cioè lei odiava l'intero mondo e lui ne faceva parte ma non aveva davvero problemi con il ragazzo. Tu hai la minima idea di quello che ho passato negli ultimi due anni? Sai cosa vuol dire esser strappata dalla propria vita e diventare un mostro agli occhi delle persone? Perché alla fine si tratta di questo, non vado bene per babbani come li chiamate voi ma non vado bene neanche per voi maghi. Dimmi Will cosa deve fare una come me in questo mondo? Sono stata un esperimento e ora sono come un animale in gabbia. Come dovrei comportarmi? chiese ma alla fine non voleva davvero una risposta, aveva già affrontato quel discorso diverse volte con Judas e mai ne erano venuti a capo. Si sentiva inadatta per quel posto ma in un certo senso se l'era fatto andare bene lo stesso. Davvero, non l'ho con te. Alla fine non sei male. disse e accennò un sorriso, in fondo non era così acida, bastava avere pazienza con lei. Si alzò e si avvicinò a lui Mettiamo che io mi arrenda ad averti come protettore, come pensi di comportarti con me? lo ammonì prima che questo potesse interromperla, lei non era brava a parlare, stava anche giorni senza proferire parola, ma era arrivato il suo turno e decise di tirar fuori tutto quello che da mesi la stava opprimendo. Stare senza Judas era stato duro,aveva persino perso Aveline, anche lei era scappata ed era rimasta praticamente da sola. Ok aveva Jericho, Elysian e Donnie ma era difficile confidarsi con loro, non era più brava come una volta. Sospirò e si mise a guardare l'ufficio di Idem, così da Idem, c'era un caos quasi rilassante Ho una cosa da fare e vorrei che tu non mi fermassi. disse ora in ansia, come poteva essere delicata? non era proprio il tipo, si poteva dire che era incapace, non era brava come lui nei monologhi Sto cercando una persona, per l'esattezza un bambino. Il mio bambino poteva farcela, doveva solo prendere un gran respiro e Sono madre Will. Nei laboratori ho partorito e mi è stato portato via. Voglio ritrovarlo. forse non era stata molto chiara, chissà se il ragazzo avrebbe capito in quel modo o doveva essere più diretta, decise di aspettare a dirlo in modo esplicito, magari ci arrivava da solo.
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    william yolo barrow « remember why you started »
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    William temeva sinceramente per la propria vita, e non era un modo di dire; aveva più paura di una donna incazzata che non di una missione della resistenza, e questo avrebbe dovuto dirvela lunga riguardo il suo altalenante rapporto con il gentil (ma chi aveva avuto il coraggio di definirle GENTILI? Evidentemente non conoscevano le stesse ragazze che conosceva lui) sesso. Mentre parlava alla Stewart, sputando verità come un mitra in zona di guerra, riusciva quasi a vedere il proprio triste epitaffio, gli elogi funebri con un font terribile come il comic sans, e gli uomini vestiti eleganti a piangere sulla sua tomba solamente per cercare gnocca – e le donne, con il velo ricamato a coprire parte del viso, a cercare vecchi a cui fottere l’eredità (Akelei, sto guardando te).
    Era quella la sensazione che provavano i chiaroveggenti? Bella merda.
    Beh, comunque, dai, cerchiamo il lato ottimista: in modo del tutto peculiare, ma Will la sua vita l’aveva vissuta. L’avrebbe abbandonata quasi con sollievo – Carrie l’aveva forse infettato? Il suicidio era contagioso?- e l’unica cosa che gli sarebbe andata un po’ di traverso, sarebbe stato portarsi con sé, nella sua dipartita, anche la sorella.
    Ma oh: infame nella vita, infame bastardo anche nella morte, William Yolo Barrow. Avrebbero dovuto conoscerlo abbastanza da saperlo.
    Probabilmente solo Ashley fu più stupita di Will ch’egli fosse sopravvissuto a quella ramanzina, e senza neanche un occhio nero. Quando lei, incredibilmente pacata malgrado la situazione, cominciò a rispondere, l’ex Corvonero riuscì a percepire la rabbia a sfrigolare nelle sue parole – ma una rabbia secca e ragionevole, con la quale Will era certo di riuscirla a spuntare. O, perlomeno, a non morire nel tentativo. Aspirò il fumo fra i denti, gli occhi socchiusi nella sua direzione. «tu hai la minima idea di quello che ho passato negli ultimi due anni? Sai cosa vuol dire esser strappata dalla propria vita e diventare un mostro agli occhi delle persone? Perché alla fine si tratta di questo, non vado bene per babbani come li chiamate voi ma non vado bene neanche per voi maghi. Dimmi Will cosa deve fare una come me in questo mondo? Sono stata un esperimento e ora sono come un animale in gabbia. Come dovrei comportarmi?» Non aveva tutti i torti, ma non aveva neanche ragione. Chiaro che Barrow non avesse la minima idea di ciò che la Stewart avesse passato, dato che quella con il cazzo che si apriva a qualcun altro, rivelando le sue paure o le sue angosce. Non era certo colpa di Will, anche se lui non aveva –effettivamente- fatto nulla per andarle contro. Avrebbe potuto dire che poteva immaginarlo, ma non era così: avevano affrontato entrambi dei cambiamenti, ma in modo troppo differente perché potesse, l’assistente di strategia, fare un paragone. Così attese, in tacito silenzio solidale, mentr’ella continuava la sua giustificata sfuriata.
    Era di quello, che Ashley Stewart aveva bisogno. Ecco il motivo per il quale Idem, fra tutti i ribelli, aveva scelto proprio lui: aveva un talento naturale nel far incazzare le persone. Fottuta Withpotatoes - ma il solo pensarlo lo fece sentire in colpa, perché Idem era too precious perché le si affibbiassero tali termini volgari. «Davvero, non l'ho con te. Alla fine non sei male» Oh, miei dei. Il sorriso della ragazza fu così inaspettato, che per poco non si soffocò con il fumo della propria sigaretta. Impossibile non ricambiare, un abbozzo sgualcito ma sincero di sorriso a curvare anche le sue labbra. Ma pensa te: alla fine, non era così male.
    Avrebbe potuto essere il titolo della sua biografia.
    «Mettiamo che io mi arrenda ad averti come protettore, come pensi di comportarti con me?» Lo sentiva, sottile ma percepibile: era una minaccia, non una vera domanda. Will passò la lingua sui denti, lo sguardo a saettare dalla finestra al volto tirato della Stewart. Dov’era Mitchell quando aveva bisogno della sua fottuta saggezza? Infido figlio di buona madre. Fortunatamente per entrambi, dato che William non sapeva come cazzo rispondere alla domanda, fu Ashley a continuare il discorso, mettendo un contesto entro il quale il ragazzo potesse orientarsi nel trovare la risposta più… sicura. Voleva dire adatta, ma poi si ricordò che pur apparendo un tenero cricetino, la Stewart ci avrebbe messo meno di due secondi a metterlo al tappeto, minando così la sua salute personale.
    Sicura era decisamente il termine più adatto.
    «Sto cercando una persona, per l'esattezza un bambino. Il mio bambino. Sono madre Will. Nei laboratori ho partorito e mi è stato portato via. Voglio ritrovarlo.»
    Ma
    Che
    Cazzo
    William Yolo Barrow, fiero adepto e sostenitore del suo responsabile di casata Raymond Holt, rimase a guardarla impassibile. Non sapeva quale espressione avrebbe potuto tranquillizzare o confortare Ashley, quindi optò per… non esprimersi. Non sapeva neanche lui, in realtà, cosa pensare in proposito. Doveva essere… scioccato? Empatico? Cosa bisognava fare con una ragazza madre. Non ne aveva idea.
    Diciamo che ondeggiava fra l’incazzato e l’incuriosito: cristo, l’avevano fatta partorire nei laboratori? Ma che razza di posto… creepy as fuck. Cosa facevano ai bambini? Li mangiavano? Li usavano per fare abat jour come i nazisti? Socchiuse la bocca, lanciando il mozzicone di sigaretta ormai spenta al di là della finestra. Prima di rispondere, ritenne saggio ed opportuno infilarsi un altro cilindro di tabacco fra i denti, gli occhi azzurri a vagare senza alcuna meta nell’orizzonte.
    Attese almeno un minuto buono, cercando di riordinare le idee, prima di trovare ufficialmente un filo di voce con il quale rispondere alla Stewart. E la prima cosa che disse, sull’orma di un clichè ormai rinomato, fu: «mi dispiace» ma non c’era pietà nella sua voce, non biasimo. Era sinceramente dispiaciuto di ciò che le avevano fatto, di quello che le avevano portato via. Scosse il capo, accendendo rapido la sigaretta con un guizzo dell’accendino. «per tutto quanto. Può non sembrarti, ash, ma ora fai parte del nostro mondo: fa schifo, ma è così. non credere a chi ti dice il contrario» perché lo sapevano entrambi che i maghi serbavano pregiudizi nei loro confronti, ma Ashley, ribelle, avrebbe dovuto sapere che non si trattava solamente di loro: ghettizzavano anche chi, pur avendo la magia dalla nascita, era nato con un sangue sbagliato. Era semplicemente, ed inevitabilmente, così che funzionava. «non fartelo portare via da un cazzo di nessuno, questa vita ti appartiene. E no, non sei prigioniera. È così… scandaloso che ci preoccupiamo per te? Che vorremmo aiutarti? Non ti viene un crampo al culo se accetti una mano, stewart. Non è debolezza, è fottuta umanità» soffiò il fumo fuori dalla finestra, una risata ironica a grattargli la gola. «e, gesù cristo, pensavi davvero - davvero- che ti avrei legata in casa senza permetterti di uscire? Non l’avrei mai fatto» La osservò a palpebre socchiuse, cercando di farle comprendere quanto quella paranoia fosse ingiustificata. Non era il suo carcerario, né tanto meno aveva alcuna intenzione di diventare il suo baby sitter.
    Voleva solo, buon Dio, rendersi utile. E salvarla, come non aveva potuto farlo anni prima. «dio lillo, ashley stewart: fosse l’ultima cosa che faremo, ritroveremo quel bambino. Ma scherziamo» si alzò in piedi, la sigaretta stretta fra i denti e le mani ad aggiustare le pieghe della maglia. Lanciò un’occhiata ad Ashley, indicandole la porta. «anche subito. Sono un po’ stronzo, ma non così tanto» le rivolse un sorriso sghembo, piegato dal lato dove non reggeva la sua droga personale.
    E poi fece la domanda - a saperlo, che quel minuscolo interrogativo avrebbe cambiato tutto, forse avrebbe aspettato. O l’avrebbe esposto con più tatto, anziché con il tono biondo e distratto con cui la scagliò senza rimorso verso la cronocineta. «e il padre, in tutto questo, dov’è?»
    Ah, giovane, ed innocente, William Yolo Barrow.
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    Ashley non voleva che qualcuno provasse pietà per lei, anche se si lamentava per quello che le era successo non voleva di certo sentirsi dire poverina oppure essere guardata con compassione. Alla fine dei conti non era proprio una vittima, ma una sopravvissuta; già, era riuscita a non uscire pazza dai laboratori e cosa più importante era uscita, ecco. Spesso quando si guardava intorno, vedeva indifferenza – che le stava bene – ma soprattutto paura, probabilmente perché aveva sempre quella faccia minacciosa e spesso bloccava le persone a caso. Tutta colpa del ciclo e di Judas.
    Ma quel «Mi dispiace» , detto in quel modo da Will la colse impreparata. Lo aveva detto dopo qualche minuto il silenzio e sembrava così sincero. La mora, cosa poteva rispondere? Non era assolutamente pronta a sentirsi dire una cosa del genere da lui. Rimase in silenzio, per un attimo perdendosi negli occhi azzurri del ragazzo, chiedendosi se loro figlio o figlia avesse le iridi della stessa tonalità, sarebbe stata sicuramente una bellissima creatura. Una morsa le chiuse lo stomaco, quella sensazione di vuoto era ogni giorno più forte. Aveva provato a chiudere tutti quei pensieri negativi in un angolo, ci aveva provato, davvero. Aveva tentato in tutti i modi di non cedere a quella sofferenza provando a fare l'umana ma aveva fallito e quel dolore pungente arrivava puntualmente, peggio di un pugno alla stomaco,facendole mancare il respiro. Ogni giorno che passava sentiva anche di perdere quel briciolo di speranza, quella che l'aveva guidata fino a quel momento. Ogni volta che apriva gli occhi dopo gli incubi della notte si sentiva debole, un pezzo della speranza spariva e si faceva sempre più strada, in lei, l'idea che suo figlio potesse essere morto. Eppure quando si alzava e poggiava il piede sul pavimento freddo della camera di New Hovel, si muoveva in automatico per andarlo a cercare, si lasciava guidare dal suo istinto, soffocando in tutti modi quelle paure nascoste, non poteva permettersi di perdere davvero la speranza. Quindi doveva continuare a cercarlo, lo avrebbe fatto fino al giorno della propria morte, Anche da morta , non si sarebbe arresa al mondo magico e non.
    «per tutto quanto. Può non sembrarti, ash, ma ora fai parte del nostro mondo: fa schifo, ma è così. non credere a chi ti dice il contrario» era così tranquillo e capiva come mai si era fidata un anno o forse erano due prima di lui. Era schietto, chiaro e se era stato il leader dei ribelli un motivo c'era. Lo guardò mentre con aria da figo si accendeva una sigaretta e soffiava fuori dalla finestra il fumo. Era così bravo non solo con le parole ma anche con quell'atteggiamento da finto saggio, era molto persuasivo in tutto quello che diceva e faceva, doveva dargliene atto. Rimase a fissarlo, ormai completamente calma, non aveva neanche più voglia di picchiarlo tanto che si mise persino a sedere per ascoltarlo, visto che sembrava voler continuare la paternale. «non fartelo portare via da un cazzo di nessuno, questa vita ti appartiene. E no, non sei prigioniera. È così… scandaloso che ci preoccupiamo per te? Che vorremmo aiutarti? Non ti viene un crampo al culo se accetti una mano, Stewart. Non è debolezza, è fottuta umanità»
    Poteva davvero credergli, quando le diceva che era una persona libera, ma non si sentiva più così da diverso tempo e le ammonizioni di Idem, non avevano aiutato. E che lui era lì per tenerla sotto controllo, altro che libera e felice, doveva comunque rendere conto al biondo, doveva comunque rientrare a New Hovel all'orario stabilito, quindi quanto era davvero libera se alla fine aveva delle regole da rispettare? Capiva che magari volevano aiutarla, ma non in quel modo non ci stavano riuscendo. E diciamocelo, perché doveva chiedere aiuto lei? Anche se non avesse avuto un crampo al culo, lei non aveva bisogno di nessuno. Ok, forse si, doveva accettare e allungare la mano per prendere quella tesa del ragazzo. Ma se si fosse ritirata come era successo con Judas che era scappato all'improvviso dopo che si era proposto di aiutarla? Non poteva illudersi di nuovo. No. E poi si parlava di Barrow, del padre di suo figlio e sarebbe sicuramente scappato nel momento in cui avrebbe sentito le parole “è tuo figlio”.
    Ma una cosa era certa, il biondo la stava anche convincendo che forse il mondo magico non fosse così terribile come pensava, ma che fosse solo Judas lo stronzo in quella situazione visto che era scappato senza guardarsi indietro. «e, gesù cristo, pensavi davvero - davvero- che ti avrei legata in casa senza permetterti di uscire? Non l’avrei mai fatto» continuò, stava praticamente smentendo ogni pensiero negativo avuto fino a quel momento, anche se beh, che non l'avrebbe legata lo aveva capito, non era il tipo. Non era così rigido e magari avrebbe potuto anche supportarla in quella pazza ricerca, se non avesse saputo la verità. Ma non era giusto non dirlo. Andiamo era meglio che non sapesse niente. (si contraddice da sola si u.u)
    «dio lillo, ashley stewart: fosse l’ultima cosa che faremo, ritroveremo quel bambino. Ma scherziamo» Lo vide alzarsi in piedi, tanto che lei lo imitò, aveva davvero deciso di darle una mano con loro figlio? Ah se solo avesse saputo. Davvero Will? magari potevano essere un team migliore che da sola, sentì la speranza nel cuore riaccendersi magari potevano davvero trovarlo. Si potevano farcela, aveva un mago dalla sua parte ora.
    «e il padre, in tutto questo, dov’è?» Ed eccola la domanda che forse neanche lei era pronta a sentire. Doveva dirglielo che stavano per andare a cercare proprio loro figlio? Che il padre assente era proprio lui? Poteva dargli un colpo del genere? Se avesse fatto la domanda anche solo tre mesi dieci minuti prima probabilmente glielo avrebbe sbattuto in faccia senza problemi, anche solo per vederlo sbiancare e scappare incredulo per quella scoperta. Ma dopo quella gentilezza, quel trattamento carino che le aveva riservato, nonostante non se lo fosse meritato, come poteva dirgli una cosa del genere? Non era brava ad essere delicata nelle faccende personali. Si morse il labbro e incrociò le braccia al petto. Doveva trovare il modo per dirglielo, non poteva tornare indietro, le aveva posto una domanda così diretta, non poteva girarci intorno e per una volta decise anche di essere un'adulta responsabile e non una ragazzina viziata e piagnucolosa. Will aveva il diritto di saperlo. Prese coraggio e Will, sei tu il padre. altro che delicata o dolce, aveva detto la verità senza troppe parole, forse anche troppo diretta. Che avrebbe fatto se fosse svenuto? Chi doveva chiamare? Come doveva soccorrerlo? Non era brava decisamente in queste cose. Ti prego non svenire disse supplichevole, cercando di capire come avrebbe preso quella dura realtà, Barrow.


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    William Yolo Barrow esisteva da ventitré anni, oramai. In linea ideale, non sarebbe stato un lasso di tempo esageratamente lungo, anzi. Qualcuno, basandosi sulla superficialità dei dati anagrafici, avrebbe potuto definirlo giovane - un mondo basato sulle etichette il quale, dalla data di nascita, traeva giudizi affrettati. La verità, però, era ben diversa, e chiunque vivesse nella loro realtà, ne era perfettamente consapevole. Will, di quei ventitré anni, ne aveva vissuti almeno il triplo. Come minimo, e si parlava davvero di approssimazione per difetto, due vite intere – meno metaforicamente di quanto potesse apparire. Ne erano accadute tante, troppe cose, in quegli anni.
    Aveva conosciuto la violenza quand’era solamente un bambino, Will. Cenere a sfrigolare sulla pelle, ossa a cozzare contro la carne, lacrime soffocate nel cuscino o fra i denti, dove questi incidevano le nocche. Ricordava perfettamente la prima volta in cui aveva visto suo padre, Simon Barrow, picchiare sua madre, Elizabeth Milkobitch: quella, per il futuro Corvonero, era stata la violenza peggiore di tutte. Nulla a che vedere con il proprio sangue a languire sul parquet della magione, niente a che fare con i lividi che, come fiori in primavera, sbocciavano violacei sulla pelle chiara del costato. Non era paragonabile neanche alla pressione psicologica ed ai complessi da essi derivati che, durante la sua formazione, avevano cercato d’indurlo a diventare una copia malpensata di suo padre. Sua madre, la donna che l’aveva messo al mondo, accasciata al suolo con il viso nascosto fra le mani; suo padre, colui che per primo l’aveva stretto fra le braccia, con ancora il pugno sollevato a mezz’aria, gli occhi una fessura di fredda furia.
    L’impotenza di un bambino di fronte alle brutalità di un universo ancora ignoto. Spettatore immobile di quello spettacolo che sarebbe divenuto ordinario e taciuto, fra quelle mura; anziché essere denunciato, veniva atteso come il sorgere del sole al mattino, un fatto ovvio del quale non c’era di che stupirsi. Un impatto potente e prepotente, sulla psiche ancora labile del biondino: cruento, crudele, cruciale.
    Scontato, che Will avesse fatto della durezza la propria matrice. Se nella ragione e nella pura logica, riuscisse a trovare sempre il cavillo da cui trarre la carnale e meschina soddisfazione di far del male – per vendetta, per giustizia.
    A sedici anni, William, strinse fra le mani le pergamene che avevano cambiato il Mondo - l’oblivion, la storia che si distorceva e sovrapponeva a macerie d’oro fondendosi in grezzo metallo. Un segreto dall’immensa portata distruttiva, custodito fra i denti e gli ansiti con il quale abbracciava il sonno quando poggiava il capo sul cuscino. Nessun uomo, adulto o ragazzo che fosse, avrebbe potuto mantenere la propria sanità sapendo ciò che era stato fatto. Non si trattava solamente del sacrificio, una magia così oscura che il solo leggerlo torceva lo stesso cuore, ma la distorsione dittatoriale del cambiare la realtà di tutti, privandoli di una qualsivoglia scelta: avevano costretto ogni abitante del mondo magico a cambiare la propria versione dei fatti, convincendoli che paura e terrore fossero da sempre il loro pane quotidiano. Avevano sostituito ricordi felici in lacrime di sangue, caduti divenuti un tempo martiri in traditori da cancellare dal proprio lignaggio. Avevano stravolto l’universo, con quell’incantesimo: un adolescente William Barrow, non avrebbe potuto cambiare un cazzo di niente. Come prima, come sempre, subì in silenzio le ripercussioni di ciò che suo padre aveva contribuito a costruire.
    Conobbe la morte quando ancora, un uomo, non avrebbe dovuto esserlo. Lo fece nel modo peggiore, con l’invitante sapore della vendetta sulla lingua, ed il glaciale pragmatismo di una scelta obbligata: Simon Barrow non meritava di vivere – non l’aveva mai fatto, non l’avrebbe mai fatto. Meschino, distopico, spietato. Un gran figlio di puttana, in termini meno lusinghieri ma altrettanto efficaci. Rimembrava, in sonni più facilmente riconoscibili come l’opposto degli incubi, il raggio smeraldo dell’Avada Kedavra colpire al petto l’uomo. L’aveva creduto invincibile, Will, suo padre. Alla fine, s’era rivelato debole ed inadeguato quanto tutti loro. Umano. Al sangue di Simon si aggiunse quello di Elizabeth, la quale, privata della spina dorsale dell’uomo, s’era ritrovata priva d’appigli sulla vita – il figlio, non era mai stato nulla più che una scocciatura, per lei. Si era uccisa in un giorno come tanti di una vita come tante, senza che William potesse donarle il futuro che, per loro, aveva sperato - si era promesso.
    Ma il Barrow minore non sarebbe stato come loro, mai: aveva trovato qualcosa in cui credere, una causa per la quale uccidere o morire. La Resistenza non era solamente la lontana speranza di ribaltare la storia, ma una rivalsa per tutti coloro che non avevano ritenuto Will uno per il quale valesse la pena. Cambiare, lottare, vivere. I ribelli erano stati l’unica cosa che avesse – e non importava che l’avessero odiato, o ritenuto fastidioso ed immeritevole di tale onore. Erano poche, dannatamente poche le persone che potevano permettersi di dare un giudizio sincero su William: poco importava che, quelle stesse persone, spesso fossero d’accordo con le dicerie. Non si faceva piegare da un cazzo di nessuno, Will: non da suo padre, non da sua madre, non dalle critiche. Non da quella stronza della Lafayette, o da quell’infido bastardo di Lancaster: potevano muoverlo a piacimento sulla loro scacchiera quanto volevano, ma non avrebbero mai avuto un William Yolo Barrow per sé.
    E si era, ingenuamente!, convinto, di averle viste già tutte, in quei ventitrè anni di vita. Buon Dio, era perfino morto, ed era abbastanza sicuro che non fossero in tanti a poter vantare quel primato. Aveva creduto, decisamente superficiale da parte sua, che nulla potesse più stupirlo: aveva scoperto di avere dei cugini, una sorella. Aveva appreso che non tutti gli americani (Mitchell) mangiavano pizza e cheesburger a colazione. Si sentiva vissuto, William – insensibile ed immune alle novità, già acqua passata di fronte alle iridi cerulee.
    Che gran coglione, era stato.
    «Will, sei tu il padre.» Cinque parole non avrebbero dovuto avere quella sferzante e raccapricciante potenza. La stessa lingua avrebbe dovuto impedire cose del genere – almeno una decina di vocaboli, prima di cambiare la vita d’un uomo. Non se li era forse meritati? Corrugò le sopracciglia, William Yolo Barrow. La sigaretta dimenticata fra le dita, il capo reclinato verso sinistra e l’espressione granitica a scontrarsi contro la schiettezza della Stewart. Fortunatamente per tutti, tacque l’infinito fiume di parole che, spontanee, sorsero a bruciare sulla punta della lingua. Avevano scopato -perché di quello si era palesemente trattato, l’amore non era materia di Will- una volta. Una, santo Dio. La leggenda diceva che una volta bastava ed avanzava, ma il Barrow, come qualunque altro uomo, aveva voluto ignorarla, data l’esigua possibilità di riuscita. Non poteva neanche accusare Ashley di star mentendo, anche se avrebbe, e solo il signore sapeva quanto, voluto sbatterglielo in faccia con cattiveria – non era il tipo, la cronocineta, da dire cazzate su un argomento del genere. E sì, era chiaramente stata una bottarella di puro piacere e divertimento, ma Will apprezzava Ashley come persona, e la rispettava: non l’avrebbe mai trattata così.
    Però.
    «Ti prego non svenire» Una risata amara gli punzecchiò la gola, sfociando in una ridarella nervosa e vagamente isterica. Infilò le dita fra i capelli biondi, attorcigliando ciocche color cenere ai polpastrelli; quando tornò a guardare Ashley, però, non c’era più traccia di quel sorriso – di quell’isteria, di quel nervosismo. «vaffanculo, stewart» ed un primo, asfissiante sentore di rabbia a rendere quelle parole incandescenti, bollenti fra i denti e sulla pelle. «vaffanculo» Intrecciò le dita dietro la nuca, e cominciò a camminare in circolo imprecando a bassa voce, le dita a tamburellare sul collo. «da quanto lo sai? Vaffanculo, ashley» davvero? Poteva non essere il fottuto uomo da copertina da People, ma non era fottutamente giustificata, la cronocineta, nell’averglielo taciuto.
    Aveva un figlio? Uno vero, di carne e sangue. Qualcuno il cui cuore batteva grazie a lui - non era possibile. Strinse le labbra fra i denti, un retrogusto ramato sulla lingua. «avevo dimenticato la ribellione, ma potevi comunque dirmelo: non sapevo un cazzo della Resistenza, ma ero comunque qualcuno. Non ti ho mai, mai fatto un cazzo, Ashley.» Chiuse gli occhi, placando il tremore rabbioso delle mani con un sospiro profondo.
    Non era come suo padre, Will. A quanto pareva, era peggio: non meritava neanche di saperlo, di avere un bambino. Uno suo. «perchè.» una domanda, appena sussurrata. Non era mai andata a cercarlo, lei; se non fosse stato per Will, anzi, per Idem, probabilmente non sarebbe mai venuto a saperlo.
    Non solo era padre ignaro, ma suo figlio era perfino già fottutamente scomparso.
    I Barrow non erano fatti per diventare genitori.
    «sai una cosa? vaffanculo.» ripetè, con atona rassegnazione.
    Perché avrebbe almeno voluto provarci, Will.

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    Sheet | muggles | Cronocineta

    Ogni ragazzina nella propria esistenza immaginava d'incontrare un principe azzurro, che l'amasse e che la rispettasse sempre; ogni ragazzina sognava il proprio matrimonio come una grande festa con almeno duecento invitati e con una torta alta dieci piani; ogni ragazzina voleva un vissero felici e contenti e avere almeno due splendidi bambini. Già, chi non voleva una famiglia felice, con un marito che rientrava a casa dopo una giornata lavorativa, un bacio sulle labbra di una moglie stanca per aver badato i figli e sistemato la casa. Ripeto, chi non voleva tutto quello? Ashley Stewart. Magari una volta aveva fatto un disegno di lei vestita da sposa con tanto di sole a tre raggi e fiori che sbucavano dal cielo, ma era passato così tanto tempo e lei non era più quella bambina ingenua, non lo era da tempo. Non credeva nel lieto fine, nelle favole e nel vero amore, non si aspettava il principe azzurro. E voi direte, ma Judas non è una specie di principe? Ovviamente no. Nonostante lei provasse qualcosa per quel drogato di un veggente, era proprio quello il problema, non aveva niente di principesco; non che lei volesse qualcosa in stile Cenerentola, ma aver avuto un figlio e farselo portare via non era di certo nei suoi piani. Come non era calcolata la reazione di Will per la notizia che era diventato padre. Non era stupida la cronocineta, infatti non sperava in salti di gioia, non voleva neanche vederlo scappare dopo averglielo detto, ma cazzo quello sfogo proprio non lo aveva considerato.
    «vaffanculo, stewart» aveva sbottato, quasi ne ebbe paura, era così rammaricato per quella notizia, neanche spaventato o altro, era incazzato con Ashley , ma soprattutto sembrava deluso. Curioso di sapere, di capire perché di quel grande segreto.
    «da quanto lo sai? Vaffanculo, ashley»
    Ehm...veramente... non riuscì a dire altro, non sapeva come giustificarsi con lui. Vedere Barrow in quello stato la paralizzò, non aveva considerato che a lui potesse importare così tanto di un bambino, va bene che era il suo, ma nessun ragazzo di solito faceva salti di gioia nel sapere di essere padre, soprattutto da una donna che conosceva poco e a stento riusciva ad avere un dialogo. Ashley non era così facile caratterialmente da affrontare, era acida, scorbutica e spesso si creava il vuoto intorno, solo le persone forti e non permalose riuscivano a starle accanto ( in sostanza nessuno).
    «avevo dimenticato la ribellione, ma potevi comunque dirmelo: non sapevo un cazzo della Resistenza, ma ero comunque qualcuno. Non ti ho mai, mai fatto un cazzo, Ashley.» Per la prima volta si trovava in difficoltà, vulnerabile e senza parole. Non capiva bene come comportarsi, aveva paura di dire o fare cose stupide, così rimase impalata, davanti a lui con le braccia conserte sui fianchi, incapace di rispondergli a tono. Difficile per lei, non averne, di solito non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, ma era ghiacciata da quelle parole e da quell'atteggiamento. Per la prima volta Ashley non sapeva rispondere per le rime, nonostante ci fosse modo di spiegare.
    Gli avrebbe voluto dire che anche lei lo sapeva da poco ( credo sia un anno, alla faccia del poco), era scusata perché le avevano cancellato la memoria del parto del bimbo, poteva persino fingere di piangere per tutto, ma non fece assolutamente niente, si fece mandare solo a fanculo ancora una volta dal biondo, esasperato.
    Si avvicinò alla fine a lui, non era così arrabbiato, anzi era rassegnato riguardo a tutto, gli toccò il braccio e abbassò lo sguardo, mortificata, certo che la rabbia e tutto era passato velocemente, doveva solo pensare a cosa dire per farsi perdonare.
    Mi dispiace Will disse a bassa voce, era bene che cogliesse il suo dispiacere in quel sussurro perché non lo avrebbe ripetuto, era fin troppo per lei ammettere di essere nel torto, figurarsi dire che le dispiaceva. Ma al ragazzo glielo doveva, aveva mantenuto un segreto troppo grande.
    Ho partorito nei laboratori e non ho idea di dove sia. Mi hanno cancellato la memoria al riguardo. Non so neanche se è un maschio. non era una scusa, in effetti, aveva avuto molte occasioni da quando aveva ricordato eppure aveva preferito non dirgli niente Avevo...io...credevo...insomma Will, guardaci, non pensavo che volessi prenderti questa responsabilità. Tu avevi una nuova vita, magari poteva andarti meglio, ti meritavi di essere felice che parolone, che presunzione, pensava davvero che senza dirgli niente la sua vita fosse migliore di adesso. Un pochino lo sperava, quel mondo faceva così schifo che avere anche un bambino era davvero una pazzia. Non volevo metterti sulle spalle un tale peso, non ho idea di dove sia. Se è ancora vivo, cioè io sono convinta che lo sia, ma non ho idea di cosa gli sia successo. abbassò lo sguardo, e si morse il labbro, non sapeva cos'altro dire per farlo calmare, ogni parola poteva sembrare una pessima scusa per quello che aveva taciuto. Ma mettiamola così, se fosse stata più egoista glielo avrebbe detto appena ricordato, così da scaricarsi la coscienza, poteva vedere il buon senso della mora no? No. Lui aveva il diritto di sapere e decidere se voleva o meno aiutarla nella ricerca. Non volevo che mi aiutassi a cercare nostro figlio per obbligo lei era convinta di trovarlo, presto o tardi, ci avrebbe anche impiegato tutta la vita se fosse stato necessario. Cosa pensi di fare adesso? chiese, egoisticamente sperava che dopo quello shock iniziale, il biondo fosse ancora più deciso nell'aiutarla, si parlava di loro figlio e se voleva magari essere davvero un padre, avrebbe provato in tutti i modi per farlo. Parliamoci chiaro Ashley non credeva in una grande famiglia felice, ma sperava di poter crescere quel bambino, magari lo avrebbe fatto in qualche modo anche con Barrow al suo fianco, come amico s'intende, i due non erano compatibili ma magari con un figlio sarebbero diventati anche amici.


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    E cosa poteva dirle, William Barrow? Cosa poteva rispondere a quella delicata stretta che parve non aver neanche sentito, od allo sconfortato tono con il quale gli disse di essere dispiaciuta? Nulla. Non poteva fare un cazzo di niente, Will – non avrebbe cambiato le cose a lui, a lei. A loro in generale. Serrò le palpebre rimanendo immobile, niente da ribattere e tutto ad intiepidirsi sulla lingua lasciando il saturo sapore asciutto della cena d’asporto della sera prima. Non retrocedette d’un passo evitando le dita di Ashley, malgrado quello fosse stato il suo primo istinto: aveva ventitré anni, non dodici.
    Più o meno.
    «Ho partorito nei laboratori e non ho idea di dove sia. Mi hanno cancellato la memoria al riguardo. Non so neanche se è un maschio.» Era una spiegazione? Una giustificazione? Nel dubbio ritenne più saggio mantenere la posizione, labbra strette fra loro e capo leggermente abbassato – non un respiro a scuoterlo più del dovuto. L’unico movimento che si concesse, fu corrugare le sopracciglia. «Avevo...io...credevo...insomma Will, guardaci, non pensavo che volessi prenderti questa responsabilità. Tu avevi una nuova vita, magari poteva andarti meglio, ti meritavi di essere felice» Si sforzò di socchiudere gli occhi lentamente, schegge azzurre a pugnalare la pallida figura della cronocineta. Diceva sul serio? Allora si divertiva proprio, a prenderlo per il culo. Nessuno dei due aveva avuto quella scelta. E, soprattutto, «la decisione non spettava te» sibilato atono, ovvio. Se gli avesse domandato se volesse un figlio, Cristo Santo, certo che le avrebbe detto di no. Le sarebbe perfino, e poco garbatamente, scoppiato a ridere in faccia: ma ce lo vedete un William Barrow genitore? Ed era solo un ragazzo, Will - ed era un ribelle, una famiglia non avrebbe potuto permettersela neanche fra cent’anni. Non era stata una scelta di William, il bambino, così come non lo era stata di Ashley: era capitato.
    Fine. Avrebbe dovuto essere una responsabilità di entrambi. Non significava che dovessero sposarsi (sperava. Non voleva alcun matrimonio, e sicuro come l’oro, se avesse potuto decidere, non avrebbe preso la mano della Stewart: sks Ash, ti vedo solo come la madre di mio figlio), Santiddio. Il che riportava alla blanda, e patetica, scusa del cazzo della cronocineta: avrebbe potuto farglielo notare, sopracciglio arcuato e vaffanculo a vibrare sulla lingua, ma non lo fece - e non perché non lo pensasse, cazzo. La triste verità era che non avevano abbastanza confidenza per una bella litigata in stile Barrows.
    Ed erano genitori. Uau. «Non volevo metterti sulle spalle un tale peso, non ho idea di dove sia. Se è ancora vivo, cioè io sono convinta che lo sia, ma non ho idea di cosa gli sia successo.» Supplicò tacitamente il Signore perché facesse tacere la Stewart – spoiler: non lo fece- sentendo lo stomaco bruciare di bile ogni qual volta la ragazza apriva bocca. Sperava che quelle frasette del cazzo le avesse lette su un fottuto manuale nella fottuta sala d’attesa del dentista, e non lo pensasse davvero, perché non averglielo detto non aveva cambiato assolutamente un cazzo di nulla. Il problema esisteva - da qualche parte c’era suo figlio, forse vivo o forse morto – e lui avrebbe potuto aiutare a… fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma cosa aveva fatto, la Principessa? Aveva pensato bene di tenerselo per sé, e quell’eroinomane del suo compagno: uau. Sono certo, Ashley Stewart, che fra una siringa e l’altra lo troverete – complimenti per la scelta. Umettò appena le labbra, una risata scheggiata a sfuggire dalla bocca dischiusa. Scosse il capo, incerto se quel diniego fosse per la special o per sé stesso. Probabilmente, entrambi. «Non volevo che mi aiutassi a cercare nostro figlio per obbligo»
    Però Ashley Stewart stava davvero esagerando. Ruotò i tondi occhi cerulei su di lei distanziandosi di un passo, il sorriso a tagliarsi una piega di fulgida ironia sul mento. « fammi capire: non volevi che per me fosse un obbligo, quindi – quindi hai deciso semplicemente di non dirmelo. e non è un obbligo, stewart? Vaffanculo.» concluse pacato, un’ultima volta, accendendo l’ennesima sigaretta da schiacciare fra i denti. Era incazzato, William Barrow, ma troppo bravo da troppo tempo ad apparire tranquillo, perché una scintilla di quella rabbia potesse scivolare dai lati della bocca. A guardarlo, pareva il ragazzo più pacifico della storia. A guardarlo. «sono solo stronzate» sbuffò insieme al fumo, reclinando il capo al soffitto. «stronzate» ripetè in un bisbiglio, masticandosi la carne delle guance.
    Era padre.
    Era padre, e suo figlio era sparito.
    Era padre, suo figlio era sparito, e lui non l’aveva mai cercato. Chiariamoci: non era d’improvviso diventato sentimentale, e nei confronti di quella creatura non provava alcun attaccamento affettivo – come avrebbe potuto, quando neanche sapeva se fosse maschio o femmina? Era principio, il suo. L’amore veniva dopo, quello andava guadagnato - una situazione non resa affatto facile dalla cocciutaggine di Ashley Stewart. Sinceramente, Will non credeva d’essere pronto per crescere qualcuno. Chiunque avrebbe potuto confermarlo: era palese che a malapena fosse in grado di prendersi cura di sé stesso, spesso neanche quello, ma.
    Ma, se non gli davano una cazzo di fottuta possibilità, come poteva imparare? Probabilmente avrebbe fatto schifo in ogni caso, ma Cristo Santo – Cristo Santo.
    «cosa pensi di fare adesso?» Quella era una domanda facile.
    Si strinse nelle spalle, il pollice destro a sfiorare il filtro della sigaretta. «ora ci riprendiamo nostro figlio» le lanciò una distratta occhiata apatica, alzandosi in piedi per avvicinarsi all’uscio. «ma stewart, non siamo amici. collaboreremo, ma non siamo fottutamente amici» aprì la porta, rimase appoggiato allo stipite dando le spalle alla Cronocineta. «scrivi su un foglio tutto quello che hai scoperto finora, passo a prenderlo più tardi.» Una pausa, indice a massaggiare le palpebre abbassate. «ho bisogno di…» un attimo. Di prendere fiato. Di non fottutamente vederti per almeno dodici ore. Di parlare con Mitchell e Niamh. Di Cristo Signore capire. Si scrollò nelle spalle, una mano alla fronte in segno di saluto prima di avviarsi nel corridoio. «ci aggiorniamo domani»
    Well guys, it’s been fun - i’m fuckin out.

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