Don't let me do this to myself

run x shia

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    heidrun ryder crane
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    La guancia premuta contro il ruvido muro del vicolo, il fiato strozzato sul palato. Una mano le cingeva la vita, mentre l’altra scivolava sotto la maglietta. Il respiro di Heidrun accelerò quando il tessuto venne strappato senza troppi complimenti, strappandole un ansito fra i denti. Polpastrelli stranamente delicati che sapevano esattamente cosa stavano cercando, sfiorando voraci la carne morbida della Crane, che sotto quelle curate attenzioni non riusciva neanche a muoversi. Il cuore batteva così forte da causare un tremito pressochè continuo nelle ossa di Run, il petto ad alzarsi ed abbassarsi rapidamente, mentre le iridi verdi seguivano consapevoli ed impotenti i movimenti di quelle dita. Tutto tacque per un istante, in maniera così improvvisa da farle temere, se solo non fosse stata particolarmente conoscente del Limbo, di esservi ricaduta. Immobili, appiccicoso ozono che antecede il primo tuono. «è lei» ed in quel momento le dita trovarono quello che stavano cercando. «gesù caro» boccheggiò buttando fuori l’aria, sentendosi improvvisamente mancare, tanto che se non l’avesse tenuta ferma dai polsi, sarebbe scivolata a terra.
    «era proprio necessario?» gorgogliò mentre i polpastrelli dell’uomo rimanevano lì, come chiodi a reggere un quadro, nel caldo, tenero, e morbido ventre della neo ventenne. Letteralmente. I polpastrelli andarono ad aprire la ferita già in via di guarigione poco al di sopra dell’ombelico, un sorriso sadico sulle labbra sottili.
    Che vita di merda.
    «no» ah, pure. Inspirò tremula, alzando gli occhi sulle proprie mani intrappolate sopra di sé. Poteva anche essere un’ottima combattente, Heidrun Ryder Crane, ma quando uno al posto delle mani aveva dei fottuti badili c’era ben poco da fare. Bolton, così aveva deciso di chiamarlo in amicizia (insomma, ormai erano amici) bastava per immobilizzarla da sé: era alto qualcosa tipo due metri e ti dico fermate, era spesso quanto T Jade, e sembrava non sentire alcun dolore. Sul serio, tipo zombie. Doveva essere affetto da insensibilità congenita al dolore con anidrosi (lo so, è scioccante apprendere che Run in realtà sia acculturata, vero?); Guardone, come aveva deciso di chiamare il tipello biondo e dall’aria intelligente che si limitava ad osservare senza intervenire, sventolò pigramente la bacchetta di fronte a sé. A quanto pareva, i cari e dolci nonni della Crane si erano ricordati che la loro nipotina preferita poteva attingere ai poteri altrui, quindi avevano optato per mandarle alcuni maghi ed un paio di magonò ancora… vergini, come piaceva loro chiamare coloro che non erano ancora stati sottoposti agli esperimenti. Insomma, niente cazzi per la Crane –in tutti i sensi. «smettila di giocare, Bi» Bi tipo mi chiamo Bertoldo e mi vergogno del mio nome, Bi tipo basta che si muovi, o Bi Bee? Oddio, come minimo si chiamava Bolton sul serio. Sarebbe stato così bello da piangerne arcobaleni.
    Comunque, ricapitolo ferite, giusto per non lasciarsi sfuggire nulla: Run aveva un polso rotto, il labbro superiore spaccato, un trancio di pizza poco sotto lo stomaco, ed un cazzo di piccolo e fastidioso pugnale di merda nel muscolo della coscia, in qualche fottuto punto nevralgico che a nessuno importava. Le bastava sapere che ogni movimento, anche il più piccolo, le causava un male del Morgan in tutto il corpo. Quindi: gamba sinistra inutilizzabile, polso destro fuori gioco, e probabilmente non sarebbe riuscita a fare addominali per un po’. Poteva bastare. «ci avevano detto che sarebbe stato difficile, invece non ha fatto troppa resistenza. Non mi piace» evidentemente Guardone aveva una mano nel culo di Bolton, perché le sue parole avevano immediatamente scatenato una reazione fisica in quest’ultimo, una spinta con il pollice che fece scorrere altro sangue su ciò che era rimasto dei pantaloncini di Run. L’avambraccio, barbaramente esposto dalla rudezza di Bolton, mostrava il marchio sanguigno degli Harvelle, classificandola come Gamma: agathokakological. Beh, sì, direi che era proprio lei: ma non potevano chiedere invece di rovinarle la sua fottuta maglietta? Fino a quel momento aveva (più o meno) collaborato. Beh, okay, forse Ops e Ididitagain non la pensavano allo stesso modo, riversi al suolo qualche metro più in là. Ma ehi, nessuno era perfetto. E poi Ops aveva veramente sfracellato le ovaie con la sua maledetta katana: qualche taglietto andava bene, ma diventare un hamburger non rientrava, non più, nelle sue priorità. Se si era lasciata mettere in trappola? BEH, diciamo sì e no. nel senso che le servivano vivi; no nel senso che anche lei si serviva viva, e non si era messa in una posizione particolarmente facile – fisicamente e moralmente. Le piacevano le sfide, ma quello era uno strip poker in Antartide. «magari mi mancano i nonni» provò, sorridendo con velata malizia. Per tutta risposta, Bolton premette il gomito sulla sua guancia sinistra schiacciandole più forte metà della faccia sul muro. How rude. «ah, che effetto faccio agli uomini» o almeno, le sarebbe piaciuto dirlo, con tanto di sopracciglia allusivamente inarcate. Invece quello che ne uscì fu «ch fft fasc gluomn» ma tanto era abbastanza certa che non avrebbero apprezzato comunque. Fino a meno di ventiquattro ore prima, Run sarebbe stata disposta a smettere di combattere. Avrebbe alzato le mani in segno di resa, arrendendosi ad una fine scritta per lei prima della sua nascita. L’aveva creduto inevitabile, aveva creduto sarebbe stata la soluzione più semplice.
    Ma cosa le avevano fatto.
    Avevano preso una delle cose più buone ed innocenti della sua vita e l’avevano corrotta, trasformandola in un’arma contro Run stessa. Conosceva abbastanza bene gli Harvelle da sapere che non era stata una coincidenza: avevano l’inquietante capacità di trovare ogni debolezza, e renderla letale. Come Heidrun: la bambina del Limbo divenuta una rivoltella carica nelle loro mani. E quello, quello, Dio, non poteva permetterlo. Se fosse morta, smettendo semplicemente di combattere, chi sarebbe rimasto a prendersi cura di tutte le persone alle quali teneva? Probabilmente qualcuno ci sarebbe stato, ma non sarebbe stata lei. E Heidrun Ryder Crane, per certe cose, si fidava solo di sé stessa. Se se ne fosse andata, sciogliendosi come neve al sole, chi le avrebbe assicurato che i prossimi non sarebbero stati i Milkobitch? Certo, senza Run non avrebbero più avuto motivo, gli Harvelle, di prendersela con loro.
    Fidarsi è bene, ma non fidarsi mantiene in vita.
    Sapeva che la stavano cercando, e li aveva sentiti arrivare. In quattro, quasi offensivo, mentre lei era da sola, provata da una giornata che non avrebbe augurato a nessuno. Incazzata, per di più. Pensava di aver toccato il fondo, ed invece aveva scoperto con immensa sorpresa che un fondo neanche esisteva. Si precipitava e basta, in quella vita.
    La cosa positiva, era che non c’era bisogno di un paracadute.
    «posso ucciderla adesso?» così, senza neanche un minimo di preavviso. Bolton le piaceva sempre meno. «posso rispondere io?» «no» ribattè Guardone, lasciando la Crane nel dubbio: aveva risposto a lei o a Bi? «prima deve rispondere» ancora con quella storia. «dov’è johanna?» e ancora quel dolore, sordo, al centro del petto; e ancora quel bruciore, nelle vene. Rise, sentendo il taglio sul labbro riaprirsi, il sapore del proprio sangue sulla lingua.
    Ed eccolo, il familiare spazio bianco e vuoto di Gamma, a far capolino dagli occhi verdi di Run; ma c’era anche qualcos’altro, qualcosa che prima le era sempre mancato. C’era una scintilla, tutta di Heidrun -sempre di Heidrun.
    Non era mai stata brava a gestire la rabbia.
    «chiediglielo tu»

    «merda» si infilò una mano fra i capelli, stringendo la spessa chioma corvina in un pugno mentre l’altra scivolava sul proprio viso. Con la punta del piede, spinse i corpi stesi al suolo, aspirando l’aria fra i denti. «merda» si era fatta prendere dal momento, e di nuovo non aveva ottenuto nessuna risposta. Dire che non avessero ribattuto ai suoi interrogativi in merito a dove si trovasse il Laboratorio principale (che era l’unico motivo per il quale Bolton e Guardone non avevano seguito Ops e Ididitagain sull’iniziare di quel teatrino), sarebbe stato falso: non gliel’aveva neanche più chiesto, impegnata com’era ad ucciderli. Dannazione, avrebbe dovuto smetterla di essere così impulsiva.
    Non era mai stata brava a gestire la rabbia.
    «ne arriveranno altri, e sarà peggio. Non avresti dovut-» queste le ultime parole di Guardone, una ben mera consolazione per quest’ultimo. Di certo non sarebbero diventate particolarmente famose. Ma ora torniamo al problema principale: Heidrun stava cercando gli Harvelle, e gli Harvelle stavano cercando Heidrun. Loro, però, avevano un modo per trovarla ovunque ella fosse, mentre lei non aveva un cazzo. Senza contare che avevano molti più mezzi e persone a disposizione, mentre lei era sola e non aveva nulla.
    Aveva fatto una cazzata.
    Il mondo perse consistenza per una manciata di secondi, mentre un retrogusto di bile le saliva alla bocca. L’adrenalina dello scontro le aveva impedito di sentire dolore, ma… Abbassò, con una lentezza preoccupante, gli occhi su sé stessa. Merda. Aveva un taglio sulla coscia dove, evidentemente, aveva strappato il pugnale; la ferita sul ventre si era allargata, obbligandola a portarvi le mani per premere con forza. Un gemito la scosse, e prima che potesse rendersene conto aveva cominciato a tremare. Aveva perso abbastanza sangue da rallentare l’intero organismo, e perfino la Guarigione non faceva miracoli. Stava guarendo, sì, ma ad una velocità a mala pena tollerabile. Quando si allontanava dagli altri poteri per più di un paio d’ore, perdeva la capacità di poterli controllare a proprio piacimento. Poteva immagazzinarli, ed in caso di necessitá attingervi, ma non quando era messa così male. Si era aggrappata con così tanta ferocia alla Guarigione da lasciar scemare tutti gli altri nell’oblio. Tossì, strappando quello che era rimasto della maglia per fasciarne un lembo attorno alla ferita sul ventre, e l’altro sulla coscia. Quando i problemi erano troppi, bisognava darsi delle priorità; o almeno, così le avevano insegnato – le aveva insegnato Shot. Ai Dottori non importava realmente che fine avrebbero fatto quelli come loro, il che significava che nessuno era disposto a rattopparli quando tornavano dalle missioni. «okay» qual era la seconda cosa da fare, di necessaria e vitale importanza? Ovviamente, guardare l’ora. Alzò gli occhi sul Big Bang, le cui lancette segnavano le…tre e mezza. Semplicemente meraviglioso. Quando aveva lasciato il Wicked Park diverse ore prima, si era materializzata lì; non voleva rischiare che qualcuno finisse in mezzo ai suoi casini, e c’era troppo nel mondo magico che non sarebbe stata disposta a perdere. Era stato stupido, perché sapeva di essere più vulnerabile quando lontana da altri esperimenti, ma era stata l’unica scelta possibile.
    Di nuovo.
    Abbassò nuovamente gli occhi sui corpi a terra, calata dentro un asettico vuoto nel quale non riusciva a sentire niente. Non rabbia, non paura, non dolore. Nessun senso di colpa. Ironico che credesse di proteggere la sua famiglia, andandosene, quando non faceva che proteggere sé stessa. Ironico che, alla fine dei giochi, l’unico vero pericolo fosse lei. Non voleva che la vedessero così. Aveva solo vent’anni, Heidrun Ryder Crane; cos’era diventata? Cos’era sempre stata? Cosa avrebbe pensato Ian se l’avesse vista in piedi in mezzo al vicolo, imbrattata di sangue suo e altrui, circondata da quattro uomini morti? Non era la stessa Run di tre anni prima; avrebbe pensato che era un mostro, ed avrebbe avuto ragione. Era davvero quella la ragazza che voleva salvare? Meritava di essere salvata?
    No.
    Le importava?
    Vaffanculo, no.
    Si chinò per frugare nel taschino di Ops, trovando un pacchetto di sigarette ed uno zippo. «grazie» beh, una forma di moralità. Ne infilò una fra la labbra, mentre appoggiata al muro rifletteva sulla situazione. In realtà, aveva già una risposta – e ce l’aveva da un pezzo – ma… non le piaceva, non le piaceva per niente. «che palle, cazzo» fu il suono della propria voce, ruvido e gracchiante, che le fece notare di star piangendo. Aveva solo vent’anni, Heidrun Ryder Crane; non era giusto. Si strinse le braccia al petto, piantando le unghie nella carne; aveva freddo, ed aveva paura, e voleva solo andare a casa. Il fatto era che non poteva, e forse non avrebbe più potuto. Solo vent’anni. Tirò un calcio ad un innocente bidone dell’immondizia, ed una stilettata di sofferenza la costrinse ad un basso grugnito viscerale. Erano appena passate ventiquattro ore, e stava già impazzendo. Non sarebbe riuscita a continuare così ancora a lungo, semplicemente non ce l’avrebbe fatta. Il pensiero di dover continuare a fuggire, sapendo di averli sempre, sempre alle spalle, era intollerabile: non sarebbe stata vita, quella. Si era appena liberata dei quattro mandati dai Doc, e già si sentiva osservata da altri occhi. Poteva quasi percepire altri passi nella notte, respiri più pesanti. Non sapeva quanto fosse dovuto alla perdita di sangue, ad una naturale inclinazione paranoica, o ad un sincero pericolo. Neanche le importava. Si asciugò le guance con un gesto stizzito, aspirando una nervosa boccata dalla sigaretta. «okay, perfetto. Va bene. Vaffanculo» sì, parlare da sola la faceva sentire meglio. Problemi?
    Il fatto che avesse preferito farsi circondare da troppi nemici, possibilmente letali, pur di non ricorrere all’altra opzione, la diceva davvero lunga. Sollevò le bende improvvisate con un suono umido poco incoraggiante, ma appurò che entro un paio d’ore sarebbe tornata come nuova (o almeno, non sarebbe morta: cominciava a diventare non troppo scontato). Bene, e cosa se ne faceva degli uomini morti? Prima cosa, controllare che fossero definitivamente morti: « se tu sei bello e vivo grida oooh » Nessuno gridò oooh. Lo prese come un segno positivo. «mi raccomando ragazzi, non vi muovete. Tornerò prima che possiate dire ciao troietta »
    Aveva davvero un pessimo senso dell’umorismo, ma che ci volevate fare: nessuno era perfetto.
    Heidrun Ryder Crane, se hai finito di parlare da sola, questo è il momento di muovere il culo.
    Giusta osservazione.

    «fottuti hamilton» si appoggiò con una mano al muretto, l’altra premuta sullo stomaco. Ma dove abitavano? sul serio, dove abitano? Mistero della fede Aveva pensato di rubare una macchina, ma poi si era resa conto di essere troppo stanca per guidare; camminare mi sveglierà, si era detta, considerando che doveva essere quanto più vigile possibile. Tanto non è lontano, si era detta.
    Ed invece era quasi l’alba.
    Beh dai, almeno nel mentre si saranno cicatrizzate le ferite.
    Ed invece aveva sprecato tutte le proprie energie nella passeggiata, rimanendo a corto di carburante –magico e non.
    Madonna, quanto era bionda.
    Si ritrovò a ridere da sola, altro sintomo dell’ingente perdita di sangue. Aveva seguito tutte strade secondarie per evitare di farsi vedere da chicchessia, dato che non era nelle condizioni adatte per mostrarsi ad un normale genere umano: i pantaloncini strappati, il sangue raggrumato sulla pelle bronzea, in reggiseno e con bende aka quella che un tempo era stata una maglia sporche di polvere. Come si era ridotta in quella maniera? Ma era sopravvissuta. Alla fine era l’unica cosa che contava, perché del prezzo non le era mai importato. Sarebbe stata una vita molto più semplice se avesse semplicemente potuto suonare, tanto nessuno di loro si sarebbe scandalizzato per le condizioni in cui versava (al massimo le avrebbero intimato di non sanguinare sul tappeto), e di certo non si sarebbero preoccupati di qualche taglietto.
    Se solo.
    Se solo non avessero avuto il maledetto vizio di raccattare ogni randagio trovato per strada; se solo dietro quel fottuto portone non ci fosse stato anche suo padre. Non aveva alcuna intenzione di spiegargli perché si trovasse lì a quell’ora, né voleva che si preoccupasse. Come per gli altri, preferiva la sapessero dispersa nel mondo, preferiva credessero li avesse abbandonati –di nuovo-, piuttosto che renderli partecipi della verità. E, di nuovo, non lo faceva per loro: per sé stessa, sempre per sé stessa. Si inumidì le labbra, mordendosi l’interno della guancia. Normalmente sarebbe stato un gioco da ragazzi: con tutti i poteri che gravavano su villa Hamilton, prenderne uno in prestito sarebbe stata una sciocchezzuola, rendendo tutto più semplice. Ma era troppo stanca, Heidrun; era troppo debole per riuscire anche solo a percepirli. Erano appena una carezza sotto pelle, e si rendeva perfettamente conto che se avesse attinto a loro, avrebbe perso la guarigione. Gesù, Crane, stringi i denti e muovi il culo. Era stata addestrata per eventualità del genere, cavarsela anche quando si trovava nelle situazioni più merdose.
    Ma perché doveva sempre fare un male del Dio?
    Si arrampicò sul cancello sentendo i tagli ribellarsi a quel gesto, obbligandola a serrare le labbra per impedirsi di urlare. Ruzzolò nel cortile silenziosa, gli occhi resi umidi a causa del dolore. Dovette prendersi qualche secondo per ricordarsi come respirare, prima di dirigersi verso l’abitazione. Approfittò di ogni ombra, un talento naturale affinato nel corso degli anni, finchè non giunse alla villa. L’aveva già vista a Capodanno, ma non la ricordava così… grande. Era cresciuta? Tentò di allungare il proprio potere per sondare la casa, ma un giramento di testa le ricordò che poteva fare l’invincibile quanto voleva, ma era ancora un essere umano. Deglutì, premendosi i polpastrelli sulle palpebre abbassate.
    E saltò.
    La guarigione aveva fra i pro un’agilità sovrumana, quindi le bastò un balzo ben assestato per arrivare al primo davanzale. Tutto il suo corpo si oppose allo sforzo richiesto, divenendo un unico fascio di dolore; per poco non lasciò la presa, lasciandosi nuovamente cadere a terra. Ma non lo fece. Forse non lo faceva nel modo migliore, ma era la più brava a sopravvivere. Forse rischiava un po’ di più, correndo pericoli che avrebbe tranquillamente potuto evitare; ma alla fine, Heidrun arrivava sempre dove s’impuntava. Fece forza sulle braccia e si spinse all’interno della camera, punta di piedi e respiro incastrato in gola. Attese qualche secondo, ma non ci fu alcun movimento. Si tranquillizzò, svuotando quietamente i polmoni. Dov’era? Abbastanza vicina da non doversi sforzare troppo, riconobbe la telecinesi. Grazie Morgan, almeno non era la fotocinesi. Sarebbe stato esilarante se si fosse sbattuta così tanto, per poi ritrovarsi in camera di Al. Infilò un pugno fra i denti per impedirsi di scoppiare in una sentita ed alquanto nervosa risata: quanto sangue aveva perso? @betta sto morendo vero? Aprì l’armadio il più silenziosamente possibile, ma un rumore sul letto la indusse a voltarsi, le mani a palmo aperto in segno di resa. Ci mise più di quanto fosse necessario, per mettere a fuoco il ragazzo: Xav? No, aveva la pirocinesi. Jay. Si portò lentamente un dito alle labbra, mentre l’altra frugava nell’armadio alla ricerca di una maglietta. «ch-…» «shhh è solo un sogno» credibile. E voi direte, perché Jayson Matthews avrebbe dovuto sognare Heidrun Ryder Crane?
    Perché era adorabile.
    Perfino sporca di sangue e con gli abiti a brandelli. Era risaputo che gli Hamilton aveva un debole per i Cranes. *high five emotivo con papà* Prima che il ragazzo potesse effettivamente mettere a fuoco la vita (dopotutto erano le cinque di mattina), Run gli sorrise e con un occhiolino uscì rapida nel corridoio, dove con una smorfia si infilò la maglia così da nascondere i tagli più evidenti. Non era un furto, era un prestito a tempo indeterminato.
    E la vita sarebbe stata così semplice, e così bella, se solo avesse saputo dove fosse Shia Hamilton. Aveva dato per scontato che abitasse insieme al resto della Big Mafia, ma non riusciva a percepire la generazione di acidi da nessuna parte. In realtà, non riusciva a sentire proprio un cazzo, neanche i propri piedi. Forse era ferita più gravemente di quanto non avesse creduto. Forse se si fosse seduta un attimo, cinque minuti… era così stanca… così…premette sulla ferita, ed una fitta di sofferenza mista ad adrenalina la costrinse a spalancare nuovamente gli occhi. Pochi cazzi, aveva poco tempo a disposizione. Doveva concludere quella faccenda il prima possibile. Avrebbe tranquillamente potuto assorbire l’energia di qualcuno per guarire prima, ma lei non era così, e non voleva diventarlo. Che vita difficile quella dei Crane, così tanta moralità e nessun cazzo di posto dove infilarla: non era un mondo che lasciava spazio agli scrupoli di coscienza.
    Vabbè, vaffanculo.
    «shia?» tentò infine in un sussurro, andando a casaccio in giro per il corridoio. «sciaia del mio cuore?» E sti cazzi il non farsi scoprire. Il peggio che potevano fare era ucciderla, ma per quello dovevano prendere il fottuto numero, perché la fila era dannatamente lunga.
    - rule #1 never be #2 - code by ms. atelophobia


    Edited by selcouth - 24/7/2016, 18:48
     
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    SHIA RYAN HAMILTON (x)- 26 - EXPERIMENT - ACIDIC AND POISON GENERATION
    «You became the oxymoron I did not dare to solve »
    Ma tu da che parte stai? Era davvero una domanda interessante, ed in effetti era difficile rispondere sinceramente a quella frase. Era stato un esperimento, aveva subito torture di ogni genere e sofferto molto durante il suo soggiorno in quelle celle; aveva passato molte notti ad urlare per il dolore, aveva sentito ogni parte del suo corpo bruciare, molto spesso aveva desiderato morire pur di non sentire più quella sofferenza. Eppure sentiva di essere rinato dopo quella esperienza, stranamente doveva la sua nuova vita grazie ai dottori, perché prima di ricevere il dono la sua esistenza era stata triste e fatta di solitudine, aveva perso anche una cugina per colpa del padre. Ancora oggi non riusciva a perdonarsi per quello specchio rotto e la mancata possibilità di stare con Rea, di aiutarla, ma era tornato e voleva rimediare con lei, col tempo ci sarebbe riuscito.
    Ma nonostante i suoi buoni propositi, lui era un doppiogiochista perché aveva deciso di lavorare per le stesse persone che lo avevano preso e fatto diventare una divinità. Si Shia si definiva in quel modo visto il cambiamento radicale della sua esistenza, si sentiva così potente. Ma si poteva dire che stava dalla loro parte no? Forse si, forse no ma a lui davvero poco importava. Tra l’altro, sapeva della difficoltà in cui si trovavano perchè i laboratori, uno ad uno, venivano smantellati e gli esperimenti scappavano, non importava quanto lui e Run facessero a gara per portarne di nuovi, la situazione peggiorava col passare dei mesi, rischiava di non avere un lavoro di quel passo. Ma quanto poteva importargli? Meno di zero, lui non seguiva di certo i comandi dei dottori per una qualche sorta di fedeltà ma solo perchè si teneva occupato in qualche modo, magari pensava come loro di poter donare come era successo con lui, poteri a persone che nella vita avevano avuto delusioni. Ma sarebbe stato troppo profondo anche quel pensiero, Shia in realtà non aveva idea di chi portava dentro, lui eseguiva solo gli ordini. Beh si il ragazzo non aveva le idee molto chiare al riguardo, era uno spirito libero e fino a che gli conveniva stare dalla loro parte avrebbe continuato con quel gioco, se ne sarebbe andato al momento giusto, quale ancora non si può sapere ma presto o tardi avrebbe preso anche quella decisione.
    Beh allora tu da che parte stai? che domanda impegnativa, lui non stava da nessuna delle così dette fazioni, insomma era anche vero che ogni tanto lavorava pure per il governo, a tradimento e non perchè sapessero del suo essere un esperimento, anzi al contrario era stato preso perchè ritenuto un abile mago. Ahahah, chissà forse lo sarebbe stato, peccato che non poteva dirlo visto che era nato un magonò, ma cosa se ne faceva della magia con quel potere? Stava decisamente bene in quel modo, aveva un buono stipendio. Che poi non era quello il motivo, viveva nel lusso e non aveva bisogno di soldi in realtà, ma adorava da morire poter esercitare il proprio potere, anche se in segreto, ma sopratutto, quello che più gli piceva di tutto quello era la libertà, dopo anni era comunque un elfo uomo libero.
    Shia, allora da che parte stai? Vieni con me a ballare o rimani a parlare con il tuo nuovo ragazzo? chiese Charmion. Ah già, erano andati a ballare insieme e puntualmente il ragazzo aveva trovato qualcuno con cui tornare a casa che non fosse l'amica bionda, ma non sembrava essere dispiaciuta solo stufa di aspettare che Ryan si decidesse, ma si era distratto, chissà perchè aveva preso a pensare a qualcosa di così profondo proprio in quel momento e con quel ben di dio tra le mani.
    Eh? Ah si si vai pure, ci vediamo domani bellissima disse e le diede un bacio sulla guancia per poi prendere per i fianchi del compagno e uscirono dal locale.

    Rimani per la notte? chiese George, già Shia ricordava i nomi dei partner, non era un cafone come una persona qualunque che andava a letto con le persone senza sapere il nome; si, era uno stronzo doppiogiochista ma rimaneva comunque una persona seria e di un certa eleganza. Ahah si certo, si sicuro non lo pensavano le persone che aveva portato nei laboratori che era gentile o che fosse educato, pensavano sens'altro il contrario.
    Non posso, mi dispiace ma ho il coprifuoco
    Si certo, come minimo hai un altro ragazzo dov--- e sonno fu, insomma aveva appena detto che doveva andarsene e l’unico modo era stato quello di addormentarlo, almeno avrebbe fatto un bel sonnellino rigenerativo e lui poteva andarsene senza dover intavolare per forza un qualche discorso pieno di bugie, no che avesse problemi a mentire eh, lui viveva nella menzogna da anni, ma quella sera decisamente non ne aveva voglia.
    Tornò a casa, facendosi una passeggiata notturna, in completo silenzio, mentre si fumava la sigaretta alla cannella, già aveva preso quel vizio da Shane. Ogni tanto gli capitava di fumare ma aveva iniziato ad apprezzare quel gusto grazie al rossino. Ah Shane, chissà che stava facendo, per un attimo pensò di passare da casa sua, giusto per ricevere un bel vaffa e dormire così felice; certo che gli ricordava Will in una maniera impressionate, non solo fisicamente, ma era il carattere che più lo affascinava, pensare che era nata così la loro storia d’amore. Sospirò mentre spegneva la sigaretta e infilò la chiave alla porta. La casa era stranamente silenziosa, che fossero tutti a dormire? O forse erano fuori a succhiare il sangue da qualche parte o a fare qualche sacrificio. Si godette la calma di quella casa, e succedeva di rado che fosse così, quindi era meglio approfittarne, infatti si recò prima in cucina, giusto per mangiare qualcosa, il sesso metteva sempre appetito. Non amava la solitudine al dire il vero, era stato segregato in camera per molto tempo a giocare con la propria ombra quindi raramente restava per così tanto tempo da solo, ma doveva ammettere che non avere nessuno tra i piedi a volte era piacevole.
    Bene, andiamo a letto va disse a se stesso per poi incamminarsi per le scale, verso la propria camera, quando sentì alcuni passi in vicinanza. Ecco allora non era vuota la casa. Chissà, forse era Gemes che faceva il guardiano notturno e controllava che tutti fossero a dormire, o magari era Rea che stava cercando di trascinare via un ennesimo corpo morto. Ma che diceva piuttosto avrebbe svegliato Amos per farlo al posto suo.
    «shia?» Ma non era nessuno di loro, bensì una mora ridotta male, era Heidrun e lo stava cercando?! «sciaia del mio cuore?» Beh si era proprio la sua sgualdrina preferita, ma come mai lo stava cercando a quell’ora? E soprattutto come mai lo aveva cercato a casa? Non lo sapeva che lui non c’era praticamente mai in villa? Il fatto che fosse lì in quel momento era solo una pura casualità. Si avvicinò a lei, alle spalle Piccola mia, mi vuoi così tanto da venire a cercarmi qui eh? ma non ti ricordi che sono gay?! rise delicatamente per la battuta stupida. Ma non appena vide in che condizioni era sgranò gli occhi Ma che diamine hai fatto? chiese scrutandola lasciatelo dire non sei in forma oggi disse per poi prenderla dal fianco e mettersi il braccio della ragazza dietro al collo. Chi ti vuole morta a questo giro? chiese tranquillo, non era di certo una novità che la mora avesse qualche nemico, con tutte le persone che aveva portato nei laboratori anche lei non era molto al sicuro in quel mondo.

    the heart is deceitful above all things,
     
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    Avrebbe dovuto essere semplice, naturale. Non avrebbe dovuto impegnarsi così tanto, con le palpebre abbassate, a respirare. Ogni boccata d’aria era una fitta al ventre che la obbligava a stringere i denti, la mano appoggiata al muro alla ricerca di un supporto. Le energie che l’avevano tenuta in piedi fino a quel momento, di fronte all’eventualità che Shia avesse potuto non essere in casa, vennero a mancare tutte insieme. Non sapeva a chi altro chiedere, e dannazione, non sapeva dove cercarlo. Non aveva tempo. Si morse il labbro inferiore, mitigando il principio di una risata nervosa con un sorriso sghembo. I suoni le arrivavano a stento, soffocati dal battere impetuoso del proprio cuore; poteva quasi sentire i lembi di pelle cicatrizzarsi, combattere contro il flusso di sangue pompato sempre più rapidamente. Assordata da quel corpo malandato, neanche si accorse di trovarsi di fronte a qualcuno; di primo acchito, neanche riuscì a riconoscere Shia Hamilton. Per quanto ne sapeva, poteva essere Morgan in persona sceso in terra per darle uno strappo nell’Aldilà. «Piccola mia, mi vuoi così tanto da venire a cercarmi qui eh? ma non ti ricordi che sono gay?!» Non era mai stata così felice di sentire la voce di Sciaia, o di vedere quella barba castana muoversi laddove sapeva esserci una bocca dalle labbra morbide. Era sempre stato un suo grande dubbio, fatele causa. Chissà se prima di morire sarebbe riuscita a vederlo imberbe. Viste le condizioni, probabilmente no. Una risata bassa ed asciutta le scosse le spalle, divenendo in breve un grugnito di sofferenza. «non ho bisogno del tuo corpo, mi basta il tuo cuore» bisbigliò soffiandogli flebilmente un bacio. Da quando Shia aveva la moltiplicazione? Quanti ce n’erano! Ah, un mondo pieno di Shia Hamilton sarebbe stato un mondo davvero perfetto dove vivere – o dove morire, una ragazza si accontentava. «Ma che diamine hai fatto?» L’angolo delle labbra di Run si alzò in una smorfia ironica, mentre gli occhi scivolavano sul proprio outfit, insanguinato e sporco di polvere. Da dove cominciare? «scelte sbagliate» si limitò a rispondere, muovendo impercettibilmente le labbra. Deglutì, lasciando gran parte del proprio peso sulle spalle di Shia mentre si aggrappava a lui, incespicando sui propri piedi. «Chi ti vuole morta a questo giro?» Avrebbe voluto essere tranquilla quanto lui. Avrebbe dovuto. E invece, al contrario di Shia Hamilton, sapeva di trovarsi proprio nella merda. Non quella a cui era abituata e che aveva imparato a gestire, non quella in cui nuotava giornalmente. Un paio di sicari poteva gestirli, gente incazzata con lei per quello che aveva fatto, anche. Poteva tranquillamente affrontare psicopatici in fottuti labirinti ed in laboratori sotterranei, così come se la cavava perfettamente con gli special impazziti, o con le cavie da portare nei Laboratori: lei lo sapeva, e Shia lo sapeva. Ma quello? Quello era diverso. «è libera?» domandò soffocando un mugolio, indicando una porta a caso nel corridoio. Senza realmente attendere risposta, si trascinò dietro il ragazzo verso la stanza, spalancandola con una poco convinta spallata. Non raggiunse neanche il letto, lasciandosi scivolare invece con una smorfia sofferente sul pavimento. Respira, respira, respira, respira, vaffanculo! Alzò il palmo verso di lui, indicandogli con il cenno universalmente conosciuto di attendere cinque minuti. O cinque ore. O cinque giorni, per quanto la riguardava. «la lista della gente che mi vuole morta si allunga in continuazione; non so come sia possibile, sono così adorabile» iniziò schiarendosi la voce, le palpebre abbassate ed il più effimero dei sorrisi sulle labbra. Dopo mesi di finta ignoranza con chiunque le fosse appresso, era confortante poter parlare con qualcuno che condivideva i suoi stessi problemi – all’incirca – o che perlomeno poteva capirli. Non erano in molti a sapere l’identità segreta di Run, Gamma, e quelli che avrebbero dovuto saperlo non ne avevano memoria, o fingevano di non sapere. Se da una parte rendeva più semplice la convivenza, dall’altra rendeva più difficile render conto delle visite a sorpresa da parte dei suoi non troppo fans. Shia, invece, aveva colto la situazione al volo, e con la leggerezza data dall’abitudine. Se non fosse stata in quelle condizioni, probabilmente l’avrebbe abbracciato ricordandogli con una stretta da orso quanto il suo amore per lui valicasse la sonogayzoned: un amore disinteressato, da sgualdrina a sgualdrina – semi cit. Il sorriso si sciolse in una smorfia seria, più adulta. Troppo spesso il mondo tendeva a dimenticarsi che, per quanto la maggior parte del tempo si divertisse a fare la giovane buffona, nelle iridi verdi bruciava qualcosa dal sapore antico. «sono in una brutta situazione, Shia. Davvero brutta» Sillabò con un tono di voce freddo e distaccato, misurando ogni parola. Era stanca, Run. E non aveva tempo. Non aveva voglia di giocare, né era nelle condizioni per altre battute sagaci ed oltremodo poco differenti. Il che, di suo, avrebbe dovuto dirla lunga riguardo la merda nel quale stava sguazzando. Era ferita, emotivamente e fisicamente, era incazzata, e Gesù!, frustrata. Amava il gioco di squadra quando si parlava di football o palle di neve, non in quei casi. Non era una questione di sfiducia, semplicemente non voleva che altri sapessero gli affari suoi – avrebbe pagato per non saperli lei stessa. Si inumidì le labbra, girando il volto per poggiare la guancia sul pavimento. «come dice un vecchio saggio» Ken il guerriero valeva come saggio? E terminator? «sono già morta, ma non lo so ancora»
    Ed ecco qual era la tetra, ed alquanto ironica, verità: aveva vissuto la sua intera esistenza fuori dal tempo, fosse in senso reale o metaforico; non ne aveva mai avuto per sé, non ne aveva mai avuto per gli altri. Heidrun Ryder Crane neanche esisteva. Inarcò le sopracciglia, alzando gli angoli delle labbra nel suo adorabile e familiare sorriso alla Run. «ma non sono qui per lamentarmi, per quello avete già papà» il petto si alzava ed abbassava ritmicamente, lo sguardo divertito puntato sulla figura in controluce di Shia. Era vero: non era lì per chiedere soccorso, per piangersi addosso, o per riversare i propri problemi su qualcun altro. C’era solo un uomo che poteva aiutarla, poteva vedere le sue lacrime, e sobbarcarsi tutti i suoi problemi.
    Jack.
    Jack Daniels.
    Perchè, a scanso di equivoci, l’unico vero amore dei Crane era l’alcool. Doveva essere per quello che facevano schifo nei rapporti personali, chi per un motivo e chi per l’altro. «ho bisogno di un favore» di nuovo asettica, professionale. Il tono di chi era abituato a ricevere più porte in faccia che non portoni diligentemente aperti. Il tono di chi era certo di star facendo una cazzata, ma non aveva altre opzioni. Non le aveva mai avute. Voleva bene a Shia, davvero, ma sapeva anche che chiedergli un favore era pericoloso. Non lo era sempre, d’altronde? Eppure fu nuovamente un sorriso a far capolino sulle labbra carnose, mentre una mano andava a poggiarsi pigramente sulla fronte. «anzi, facciamo due» Perché , voleva davvero vederlo sbarbato prima di morire, a costo di fare un patto con il diavolo per esserne testimone.
    Priorità, sempre questione priorità.

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    Ma cosa faceva alle donne Shia? Era così irresistibile, che tutte lo volevano, peccato che non aveva nessun interesse nei loro confronti, anche se c'era qualche eccezione. Le donne che erano nella sua vita si potevano contare sulle dita di una mano, come Charmion; lei era la donna della sua esistenza e lo sarebbe stata per sempre. Per non parlare di Kendall, lei era la sua gioia, la luce alla fine del tunnel, la sua piccola creaturina, era la persona che più non identificava gli Hamilton, era troppo pura per esserlo, doveva essere stata adottata. Magari lo fosse, avrebbe avuto una vita più facile, invece era proprio sua sorella, quanto ci avrebbe messo la vita a farla diventare come lui? Sperava mai.
    Poi c'era anche la mora, la Craine, che in quel momento era lì con lui, messa in condizioni pessime, erano spesso in competizione ma l'adorava e condividevano molti segreti, erano molto più simili di quanto potevano ammettere. scelte sbagliate disse la ragazza, come la capiva, sapeva esattamente cosa voleva dire, anche lui aveva fatto molte cazzate e presto o tardi avrebbe pagato lo conseguenze come stava succedendo all'amica. Era sempre in attesa, pronto a vedere quella bomba esplodergli nelle mani, era solo questione di tempo e sarebbe stato travolto e distrutto dall'urto. Sospirò Capisco dolcezza disse soltanto ciò e continuò ad aiutarla a camminare verso la camera.
    «è libera?» domandò sofferente e senza neanche aspettare che Shia potesse dire di si o che l'aprisse, la ragazza entrò per poi cadere a terra. Piccola... fece per avvicinarsi ma questa lo fermò con il gesto della mano, così si limitò a chiudere la porta e a sedersi sul bordo del letto. La guardò in silenzio, pensando che probabilmente sarebbe capitato anche a lui un giorno, sperava di essere preparato. «la lista della gente che mi vuole morta si allunga in continuazione; non so come sia possibile, sono così adorabile» disse con un debole sorriso, Shia rise Potremmo unire la lista e vedere se abbiamo qualcuno in comune, forse potremmo scambiarci gli aguzzini. disse cercando di sdrammatizzare, ma sapeva che la faccenda era seria, visto per come era ridotta la ragazza era sicuramente una situazione di merda.
    «sono in una brutta situazione, Shia. Davvero brutta» ecco appunto, anche se era ovvio che fosse messa male, lo si vi vedeva. Piccola posso alleviare il tuo dolore disse mettendole una mano sulla spalla, magari con un qualche sorta di antidoto o rilassante avrebbe aiutato la ragazza a non sentire più dolore, almeno avrebbe parlato o dormito qualche ora.
    «sono già morta, ma non lo so ancora» continuò sofferente, mentre Shia le passava lentamente qualcosa per farla rilassare, sarebbe bastato qualche altro secondo e sarebbe arrivato l'effetto.
    «ma non sono qui per lamentarmi, per quello avete già papà» rise per quella frase, in effetti Al non era così gioioso, aveva degli alti e bassi, come tutti del resto. Poi bastava drogarlo e tutto diventata più roseo perfino per lui. Dai ultimamente non se la sta cavando male, diamogli del merito intervenne in sua difesa – si Lele, a Shia piace Al -.
    Dai arriva al punto dolcezza, cosa ci fai qui? chiese poi, era così ovvio che la mora non era lì per un saluto, ma per chiedergli qualcosa, doveva solo sapere cosa ricevere in cambio. «ho bisogno di un favore...anzi, facciamo due» Shia fece un gran bel sorriso, adorava quando qualcuno gli chiedeva dei favori, anche se era da vero bastardo gioire in quel momento, ma non sarebbe stato un Hamilton se non avesse riso delle disgrazie degli altri. Bambolina ora mi chiedi troppo, due favori sono molti e non sono gratis lo sai. disse famelico, la ragazza aveva appena iniziato il suo cammino verso un accordo e Ryan era molto bravo a contrattare, era una specie di Tremotino del nuovo secolo, solo più affascinante; faceva piaceri solo in cambio di qualcosa, insomma era dell'idea che niente veniva dato per niente. Se tu dai a me...io darò a te, chiaro no? Dimmi cosa vuoi piccola e cercherò di aiutarti, ma tu poi dovrai fare qualcosa per me. Non mi muovo mai se poi non ho un qualche vantaggio ovviamente non erano i soldi che lui voleva,era un reciproco scambio di favori, di aiuti nel momento del bisogno e sapevano entrambi quanto il barbuto ne avesse bisogno.
    Non sapeva bene cosa chiedere ma avere un credito nei confronti di Run era qualcosa di molto pregiato, visto che la mora era sempre stata restia a chiedere aiuto, piuttosto la morte o quasi visto che alla fine, era lì a chiedere aiuto. Come tutti gli essere umani, pure lei ci teneva alla pelle e aveva deciso di cedere, ma con Shia,quello le sarebbe costato parecchio. Gli piaceva avere il comando della situazione,sentirsi potente; in effetti succedeva spesso negli ultimi anni,in particolare da quando aveva acquisito quel dono, le persone lo temevano o si rivolgevano a lui, chiedendo aiuto, come se lui potesse davvero sapere tutto, ovviamente per gli altri era così e ci teneva che rimanesse in quel modo. Da piccolo non aveva mai fatto accordi con i suoi, non era mai riuscito a discutere per poter uscire anche solo cinque minuti perché di solito usavano la magia su di lui per non farlo muovere, o per far dimenticare, ma la storia era cambiata e in quella sua nuova vita poteva fare tutto ciò che voleva, sempre.
    Di cosa si tratta ? chiese poi, prima doveva sapere il piacere che la mora voleva da lui, per capire cosa chiedere in cambio.
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    Ruotò gli occhi verdi su Shia, osservandolo dalla posizione supina nella quale si era abbandonata. Cercava di misurare ogni respiro, Heidrun Ryder Crane, in modo da muoversi il meno possibile. Non che quello fosse il problema principale di Run: l’unica cosa a cui riusciva a pensare, sopraffatta da un dolore dal quale cercava di alienarsi, era l’Hamilton. Non capiva cosa ci fosse di intrinsecamente sbagliato in quella famiglia, perché ormai aveva compreso che si trattava di un disturbo genetico dal quale si salvava solamente Amos; guardava Shia, e vedeva il sorriso di Rea da sopra i fascicoli in ufficio ogni qual volta Run gliene sbatteva qualche plico dinnanzi. Aveva conosciuto un sacco di famiglie, ma mai con un concentrato del genere di stronzi su una percentuale così bassa di tester. Un principio di risata nervosa le grattò la gola, soffocato prontamente dalla mano che premette sulle labbra. Aveva saputo fin dall’inizio cosa avrebbe comportato bussare alla sua porta, ma non lo rendeva meno… difficile. Sapeva che ogni cosa avrebbe avuto il suo prezzo, e se si era presentata al suo cospetto era perché pronta a pagarlo.
    Ma non riusciva a capire, Run, perché dovesse sempre tradursi in una trattativa simile. Il baratto non era finito nel medioevo? Stupida lei, evidentemente, a non mettere un prezzo al loro rapporto.
    In effetti, tanto furba non lo era mai stata.
    Avrebbe voluto dirgli, quando lui accennò a premerle la mano sulla spalla con un «posso alleviare il tuo dolore», che non stava aiutando. Qualunque cosa introdotta nell’organismo di Run, a meno che non fosse una fottuta trasfusione di sangue, avrebbe mandato in tilt il suo già labile controllo del potere. Droga, rilassanti, o morfina che fosse, tendevano a rallentare – se non inibire – la percezione della realtà, impedendo al cervello di lavorare nel modo corretto. In parole povere, Heidrun non sarebbe stata in grado di guarire più rapidamente, ed avrebbe dovuto attenersi ai ritmi di una persona chiunque.
    Peccato che una persona qualunque, con quelle ferite, non sarebbe arrivata a vedere l’alba.
    E razionalmente sapeva che era sbagliato accettare quel delicato tocco sulla pelle, come era perfettamente conscia di quanto, l’aiuto di Shia, potesse rivelarsi fatale. Ma non ci potevano fare niente, loro: ogni volta che cercavano di fare qualcosa di buono, peggioravano la situazione in maniera esponenziale. Cercavano di salvare un fringuello ferito, e finivano per sterminare un intero stormo. Come avrebbe potuto dire, a quelle dita che ormai sfioravano l’epidermide, di fermarsi? Come avrebbe potuto rifiutare quell’invito, consapevole di quanto rara fosse una situazione del genere? Le persone tendevano a non offrire più, quando venivano respinte; e Run non voleva che Shia pensasse di essere inutile, o che smettesse di offrire il proprio supporto. Era così che si creavano i mostri.
    Così, pur sapendo di fare una puttanata, sorrise nel momento in cui i muscoli finalmente si rilassarono, afflosciandosi sul pavimento come un palloncino vuoto.
    Come già detto, tanto furba non lo era mai stata. E almeno il dolore era passato. «mi droghi e mi ami solo a convenienza» una risata liquida scivolò dalle labbra dischiuse, mentre Run intrecciava le dita a quelle di Shia attirando la sua mano a sé, dove lasciò un bacio sul palmo. «sei indubbiamente il mio tipo» e continuò a ridere, il nervosismo a fluire sul pavimento insieme a quell’artificioso divertimento frutto del ridere per non piangere, filosofia di Heidrun since sempre. Perché vi assicuro che in quel momento, come in tanti prima di quello, voleva davvero piangere. Fu perfino tentata, mentre allargava i capelli in un ventaglio scuro scuotendo il capo, di chiedere a Shia di abbracciarla. magari di farci un figlio mentre Al ingravidava charmion così da fare due baby cramilton: e run l’avrebbe anche fatto, se solo non avesse saputo con certezza che se Al avesse potuto rimanere incinto, sciaia avrebbe scelto lui. Essere la seconda scelta faceva schifo, ma essere la seconda DOPO suo padre, era anche peggio.
    Ma che tentata, vaffanculo. «vieni qui» indicò lagnosa il pavimento, sporgendo il labbro inferiore all’infuori. Il contatto fisico aveva raramente qualcosa di sessuale per la Crane, era più un… tic, confortante e molesto. Sentire altra pelle calda contro la propria, le ricordava che c’era qualcuno. Aveva vissuto nel nulla più assoluto, e dopo quasi dieci anni trovava ancora stupefacenti (nel caso di Shia, letteralmente) gli altri esseri umani. La stupivano, la ammaliavano, la facevano innamorare, la incuriosivano. Sempre.
    Che poi le sue attitudini non fossero delle più gentili, era solo un dettaglio poco utile ai fini della causa. Poteva rimanere stupita, ammaliata, innamorata ed incuriosita dalla stessa persona contro cui premeva la punta affilata del sai. Forse non la più equilibrata sulla faccia della terra, ma senza dubbio era la più divertente. «Bambolina ora mi chiedi troppo, due favori sono molti e non sono gratis lo sai» prevedibile, lo sapeva, ma non potè fare a meno di voltarsi dall’altra parte serrando con decisione i denti. Era decisamente, e riconosciuto universalmente, una sgualdrina.
    In quel momento Run lo amò davvero e profondamente, nell’unico modo ch’ella riconosceva come sincero e disinteressato: odiandolo con ogni fibra di sé stessa. Non lo faceva nel modo giusto, Heidrun. Per questo come sorella, amica o figlia, faceva davvero schifo. «mini pony arcobaleno del mio cuor, sei proprio una puttana» però sorrideva già, lei, con quella smorfia di chi prima o poi avrebbe smesso di sperarci. Cosa vi devo dire, le piaceva farsi male. «vacci piano con me spirit cavallo selvaggio, mi sono innamorata per molto meno» ammiccò con un sorriso sghembo e sornione, sbattendo le lunghe ciglia scure. Perché continuava a paragonare Shia a cavalli? Ma che ovvietà: perché era uno stallone! E se quel pensiero normalmente l’avrebbe semplicemente fatta sorridere, priva di freni inibitori non potè che riderne di gusto, le dita premute contro la bocca a causare rumori, se possibili, ancora più molesti. Il threesome in piscina rendeva lei e Shane cavallerizzi? Aveva sempre sognato di essere Xena. Shia stallone selvaggio avrebbe potuto essere a) il titolo del loro tape porno, tanto Morgan svendeva filmati del Grande Oblivion come Spaco il suo rum o b) un cartone per bambini dalla moralità molto in discussione.
    «hai anche una criniera bellissima» continuò ad alta voce i propri pensieri, allungando una mano per palpare la barba di Sciaia. «posso farti le treccine?» e senza neanche essersene resa conto, si era alzata in ginocchio ed aveva allacciato le braccia attorno al collo dell’Hamilton. «Se tu dai a me...io darò a te, chiaro no? Dimmi cosa vuoi piccola e cercherò di aiutarti, ma tu poi dovrai fare qualcosa per me. Non mi muovo mai se poi non ho un qualche vantaggio» Lo squadrò da vicino, inclinando appena il capo. In quel momento non aveva abbastanza percezione di sé stessa da sentire il dolore causato dal taglio, o per rendersi conto che stava peggiorando ancora la soluzione. Non era solo il tranquillante che le aveva trasmesso Shia; era un genere di stanchezza esasperata che portava a parlare a sproposito, andando a sfiorare argomenti che, normalmente, forse non avrebbe mai toccato. Era bravissima a rompere i coglioni, ma quando c’era da fare sul serio, Michael Jackson levate che te faccio un moonwalk da paura. «perché ti sforzi così tanto a non avere amici?» domandò, serissima. Sembrava inopportuna, e invece per lei era una questione importante. Doveva capire fin dove si spingesse la malattia dell’Hamilton, perché andiamo: se al posto di Run ci fosse stato chiunque altro, quello sarebbe stato un ottimo modo per concludere un’amicizia. Una vera fortuna che la Crane avesse un debole per i casi sociali. Sospirò. «ti dirò: posta in questa maniera, in altri contesti la tua affermazione avrebbe un chè di eccitante» gli stampò un bacio sulla fronte, tornando a coricarsi sul pavimento. «in realtà, anche nel contesto sbagliato non scherza» continuò sovrappensiero, stringendosi nelle spalle. In caso a qualcuno ancora non fosse stato chiaro dopo un anno di role, il sesso non era uno dei tabù di Run; il fatto che ne parlasse liberamente, non significava che avrebbe sbattuto Shia contro il primo muro disponibile.
    Okay, magari lui non era l’esempio giusto, ma avete capito il concetto.
    Con il fatto che Shia fosse omosessuale e manipolatore di acidi, aveva perso tre delle sue tre monete di scambio («orgasmo? Droga? Alcool? No eh? Una volta era più facile corrompere la gioventù»). Cosa aveva da offrirgli? Un cazzo.
    Anzi, magari l’avesse avuto.
    Alzò una mano, cominciando ad elencare. «posso offrirti: un rene, perché l’altro mi serve; un utero, in caso decidessi di voler figliare con il giovanotto della piscina – ha la mia benedizione, fra l’altro, ma immagino di averlo già fatto intendere» alzò le sopracciglia, sorridendo languida a Shia. Quant’era simpa? Lo so, lo so. E quanto stava procrastinando? Tanto. «il mio primogenito, o il secondogenito di Al – ho già due fratelli, direi che può bastare; un bacio in fronte; un origami a forma di airone – lo so fare anche con la carta stagnola; una torta con la glassa colorata, due se fai il bravo; nelle vene non ho più sangue vergine da concedere a satana, ma posso procurarmelo; un appuntamento con Eugene Jackson; un attaccapanni di glitter, starebbe una favola nell’atrio; un cuore pulsante, grazioso accessorio per ogni evenienza; una lapide scolpita dalla sottoscritta, posso farle anche di famiglia se vi serve» in tutta sincerità, non le veniva in mente nulla che non fosse disposta a cedere a Shia anche senza ricatto. Erano simili lei e l’Hamilton, ma a quanto pare non troppo.
    Cosa voleva, Heidrun? Cosa giustificava la sua presenza in quel fottuto luogo dimenticato (volontariamente) dal signore, in una notte qualunque di una vita qualunque?
    «mi serve un blackout nell’area supervisione del Laboratorio Centrale. Mi basta un’ora di vuoto nella sala di comando» deglutì, socchiudendo le palpebre sui sottili occhi verdi. Era sempre stato così… comodo, il pavimento? Le sembrava la stesse abbracciando, cullandola in un sonno privo di incubi. Era quasi caldo, e le dava la stranissima sensazione di adattarsi al suo corpo come un organismo vivo.
    Non era un buon segno.
    Affatto.
    «mi rimane poco tempo» disse ad occhi chiusi, in un filo di voce. Aprì una palpebra, un sorriso storto sulle labbra. Non pensava che la cosa potesse preoccuparlo particolarmente, ma l’assurda solennità con il quale le era sgusciato dalle labbra, aveva preoccupato lei. «intendo dire che devo andarmene da qua. Non ho alcuna intenzione di morire» oggi, perlomeno: domani è un altro giorno, e si vedrà.
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    Shia non era solito drogare le persone a caso, lo faceva volentieri che sia chiaro, si divertiva anche ma mai lo faceva senza il loro consenso, o quasi. Insomma bastava poco, per lui, capire quando un soggetto aveva bisogno del suo tocco,uma doveva ammettere che spesso lo faceva anche solo per divertirsi; un esempio era proprio il padre della ragazza che aveva in quella stanza, spesso lo aveva drogato per dargli gioia in quei giorni bui a villa Hamilton, oppure durante le feste quando aveva dato qualche momento di felicità e di pazzia a dei ragazzi intimoriti. Gli piaceva da morire quando sentiva il proprio veleno passare dal proprio corpo verso quello dell'altra persona, adorava vedere come cambiava il volto del soggetto che diventava spesso più rilassato quasi grato per quello che Shia gli aveva fatto, quanto amava sentirsi Dio. Sorrise mentre sentiva sotto al proprio tocco i muscoli di Run sciogliersi, segno che il calmante stava facendo il suo effetto, magari non l'aveva davvero aiutata in quel modo ma sembrava davvero meno sofferente o era quello che voleva vedere Shia.
    «mi droghi e mi ami solo a convenienza» disse la ragazza facendolo sorridere, adorava davvero la mora, avevano uno strano modo di giocare i due, probabilmente non era normale e sicuramente per niente sano ma a loro piaceva così. Avevano una sorta di limite non scritto e mai detto, che nessuno varcava mai e ci si avvicinavano spesso ma non lo passavano mai. Era un rapporto particolare, poteva sembrare superficiale, fatto solo di battutine e doppi sensi. In fondo si volevano bene, non come i comuni mortali ma comunque c'erano l'uno per l'altro nonostante volessero sempre qualcosa in cambio, specialmente Shia. Il ragazzo non era in una situazione florida e ben presto sarebbe finito come la mora, per questo giocava in anticipo e se qualcuno andava in soccorso da lui doveva prendere la palla al balzo e fare degli accordi in pieno stile Tremotino. «sei indubbiamente il mio tipo» Si fece baciare il palmo della mano, ammirando la ragazza, così debole, ma per niente fragile, anche in quel momento sapeva come parlare, come muoversi tanto che Anche tu sei il mio tipo. Solo che dovresti diventare più uomo per farti sposare disse ridendo debolmente; non potevano davvero fare a meno di scherzare anche in un momento delicato come quello.
    «vieni qui» disse improvvisamente, ecco che divenne seria e gli fece cenno di mettersi con lei sul pavimento, come poteva non accontentarla? Non era così stronzo come poteva sembrare e ogni tanto si faceva anche dolce, così eseguì l'ordine mentre questa si lamentava in modo davvero molto particolare per il suo modo di agire.
    «mini pony arcobaleno del mio cuor, sei proprio una puttana» Shia rise e gli accarezzò il volto, mentre questa continuava a parlare «vacci piano con me spirit cavallo selvaggio, mi sono innamorata per molto meno» disse ammiccandogli così da provocare Shia che non resistette Oh piccola mia, lo sai che mi ecciti quando dici in questo modo, ma sei ferita e non possiamo farlo disse alla fine mentre le dava un piccolo bacio sulla guancia.
    hai anche una criniera bellissima, posso farti le treccine?» che gioia vederla in quello stato, era così drogata e senza pensieri che era davvero uno spasso parlare con lei in quel modo. A volte rimaneva a fissare le persone ubriache e fatte solo per notare ogni loro piccolo modo di fare per captare quello che potevano provare e sentire in quel momento, purtroppo da quando aveva quel dono non poteva godere del brio dei vino o della gioia della droga, doveva farsi beatitudine tramite gli altri e lo stava facendo proprio con Run in quel momento. Sei così adorabile mia sgualdrina disse dolce come se quell'offesa potesse essere davvero un complimento e per loro lo era in fondo l'avrebbe ricordata a loro figlio come bellissima sgualdrina di una madre erano Shia e Run. Si prese anche l'abbracciò della Crane, lui non era un tipo che odiava il contatto,anzi era l'esatto contrario e se lo si conosceva bene si poteva vedere anche quanto in realtà fosse una persona molto dolce e affettuosa.
    Poi arrivò finalmente l'accordo che tanto aspettava, così si staccò dall'abbraccio per guardarla negli occhi mentre questa parlava, era davvero messa molto male per decidere di scendere a patti con un Hamilton, specialmente con lui, insomma non era Amos.
    «posso offrirti: un rene, perché l’altro mi serve; un utero, in caso decidessi di voler figliare con il giovanotto della piscina – ha la mia benedizione, fra l’altro, ma immagino di averlo già fatto intendere» Shia scosse la testa, possibile che fosse in grado di fare la cazzona anche in quel momento? Rise, non poteva farne a meno, adorava quel lato in Run, aveva un modo di prendere la vita in modo del tutto diverso dagli altri, si poteva dire che quasi era la sua versione ma al femminile. Run.. L'ammonì il ragazzo, che anche se adorava i giri di parole, la suspance e fare il misterioso,doveva comunque essere lui a fare ciò, negli altri invece quasi con il lungo andare lo infastidiva. Odiava non sapere, essere all'oscuro; questo perchè aveva passato gran parte della sua vita senza sapere quello che accadeva intorno a lui, fuori da quella cameretta e quello che conosceva era solo grazie alla sua gemella. Peccato che il rapporto con lei era andato a declinarsi, sicuramente il peso di essere l'unica maga tra i due doveva averla cambiata profondamente e sapeva quanto fosse importante per la gemella far felice i genitori, al contrario di lui che sembrava esser nato per farli disperare.
    «il mio primogenito, o il secondogenito di Al – ho già due fratelli, direi che può bastare; un bacio in fronte; un origami a forma di airone – lo so fare anche con la carta stagnola; una torta con la glassa colorata, due se fai il bravo; nelle vene non ho più sangue vergine da concedere a satana, ma posso procurarmelo; un appuntamento con Eugene Jackson; un attaccapanni di glitter, starebbe una favola nell’atrio; un cuore pulsante, grazioso accessorio per ogni evenienza; una lapide scolpita dalla sottoscritta, posso farle anche di famiglia se vi serve»
    Shia rise, come poteva essere così spiritosa, poteva davvero innamorarsene se solo fosse stato un uomo, era davvero perfetta in quella sua imperfezione. Magari un giorno avrebbe avuto davvero bisogno del suo cuore o forse lo avrebbe donato lui ad Al , forse poteva prendere in considerazione la cosa del suo utero se non fosse stato che esiste CJ , anche l'idea del secondo figlio di Angus però non era male (vedi, era destino che il figlio Cramilton venga cresciuto da Shia ). Ma non disse niente in quel momento, forse non era ancora il caso di parlare di quello che avrebbe voluto lui per un favore Va bene piccola disse soltanto senza però specificare cosa voleva, prima doveva capire cosa voleva la mora da lui. Ma prima dimmi cosa cerchi
    «mi serve un blackout nell’area supervisione del Laboratorio Centrale. Mi basta un’ora di vuoto nella sala di comando»
    le sentì dire tutto d'un fiato, allora era molto seria la faccenda, ed era davvero nella merda, forse era persino spacciata. Fece un sorriso malizioso, soppesando ogni singola parola, doveva capire quanto gli poteva convenire aiutarla Mi chiedi molto lo sai. non aveva molto tempo però per pensarci perché la mora gli mise fretta dicendogli che doveva andarsene, che non voleva morire e altre cazzate che interrompevano i suoi pensieri. Qui sei al sicuro, puoi anche riposarti, magari domani ne riparliamo disse ma sapeva che sarebbe stato inutile rimandare la propria risposta, in fondo era facile, voleva aiutare Run oppure no? Si poteva dire che era una delle poche persone di cui si fidava, ma quello che gli chiedeva era davvero troppo. Sapeva fare il doppio gioco ma fino a quel punto ne era capace? Che domanda stupida, ovvio che poteva farlo, lui non aveva una parte, andava dove tirava il vento e poi chiamatelo sentimentale, ma ci teneva alla mora. Alla fine sapeva quello che doveva fare, e il giorno dopo avrebbe compiuto quell'azione meschina per aiutare un'amica, che se fosse sopravvissuta gli avrebbe dovuto una grande favore, ma proprio uno di quelli così immensi che avrebbe dovuto come minimo salvare la vita a Shia per essere in pari.


    the heart is deceitful above all things,
     
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