A Psychowitch as friend

xSaiph

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  1. #wynne
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    Experiment (Healing) Rebel Ex-Ravenclaw 46 sheet
    Only from the heart you touch the sky
    Wynne Lacroix-Winston
    Psychowitch
    I suoi sandali di cuoio erano comodissimi e permettevano ai piedi di respirare meglio rispetto alle scarpe chiuse che erano obbligatorie al Reparto di Psicomagia. In realtà pensava fosse solo uno stupido capriccio del suo capo la odiava semplicemente perché ormai non era una strega, dato che Idem era solita portare anche delle semplici infradito della Nutella (sicuramente rubate da suo fratello Nathan), come se il Reparto di Psicomagia fosse casa sua. Wynne tuttavia era troppo nervosa per poter eseguire gli stupidi ordini del Capo Psicomagi, aveva mille cose che le frullavano in testa. Pensare al fratello maggiore di Idem, Nathan, non fece che aumentare il suo nervosismo. Suo figlio era sparito, e il giorno prima pure Nathan Withpotatoes. Una madre che temeva per la sorte del proprio figlio cosa doveva fare? Preoccuparsi di portare dei sandali nel proprio luogo di lavoro? Una gonna in realtà li celava, una lunga gonna bianca con molti fiori rosa-arancio stilizzati.
    Quando si avvicinò al banco dell'Accettazione, estrasse la propria tessera lavorativa di Psicomaga del San Mungo, porgendola al dipendente che si occupava di far entrare visitatori e dottori, registrandone l'entrata e l'inizio del turno lavorativo per i secondi. Sulla targhetta spuntava il nome di Philemon McCourt. Un bravo ragazzo, un Gryffindor che studiava a Hogwarts, un tirocinante che era stato sbattuto lì invece che al Pronto Soccorso. Wynne immaginava che fosse per la sua condizione di Mezzosangue, condizione che lo sottovalutava agli occhi dei grandi capi del San Mungo. Alla Psicomaga dai capelli rossi invece Phil stava profondamente simpatico e sperava ardentemente che potesse raggiungere il suo sogno di diventare Medimago. Aveva le qualità ed era intelligente, così diceva sua figlia (per poi aggiungere subito “Ma resta un Gryffindor”, sottolineando la sua proverbiale ostilità verso quella casa, ostilità che non si era attenuata nonostante fosse diventata Insegnante di Incantesimi a Hogwarts).
    Quel bravo ragazzo si accorse del nervosismo di Wynne e, mentre scriveva i suoi dati anagrafici del registro le disse “Buon pomeriggio”, cercando di farle notare che non l'aveva nemmeno salutato, fatto estremamente insolito per una persona così educata e gentile quale era Wynne Winston. Ma lei non lo sentì, guardandosi attorno, come alla ricerca di qualcuno. Sperava che qualcuno corresse da lei per avvisarla, tutto esagitato, che suo figlio era stato ritrovato. All'improvviso sentì una mano toccare la propria: sobbalzò e, spaventata, ritrasse immediatamente la mano, voltandosi. Si portò una mano al cuore, dicendo un immediato «Scusami» contemporaneamente allo “Scusami” di Phil, che l'aveva spaventata toccandole la mano per richiamare la sua attenzione, dato che sembrava persa nei propri pensieri. Una piccola risatina sgorgò dalla gola di entrambi, poi Wynne recuperò la propria tessera, infilandola dentro la borsa trattata con Incantesimo Estensivo Irriconoscibile e scusandosi: «Ho la testa fra le nuvole, Phil. Perdonami. Come stai?». Senza nemmeno rispondere al Come stai? Phil si accigliò al vedere l'espressione stanca sul viso di Wynne. Prima che potesse parlare, la donna lo informò subito del fatto che «Mio figlio è sparito. Sai, le notizie del Morsmorde...». Scosse la testa, sorridendo. «Lavorare mi farà bene, Phil, non preoccuparti». Phil manifestò subito il suo dispiacere, aggiungendo poi che se avesse potuto si sarebbe iscritto alla Task Force. Purtroppo il tirocinio estivo gli portava via troppo tempo. «Grazie per il pensiero, ma è comunque meglio di no. È scomparso pure un membro della task force, un mio caro amico e fratello di Idem, hai presente?». Phil rispose che non sapeva chi fosse, ma conosceva Idem e non gli era sembrata turbata, quando era passata in Accettazione. Wynne sorrise debolmente, chissà quanto era in pena in realtà, quella ragazza. Dopo aver dato disposizione a Phil di mandare da lei, dandole le necessarie indicazioni quando sarebbe arrivata in Accettazione, una sua neo-paziente, Saiph Mitchell, la rossa lo congedò e si recò presso il suo ufficio.
    Il Pianterreno era riservato al PS - Pronto Soccorso - e al RPM - Reparto PsicoMagia. La zona del PS era sempre e comunque in attività, alcune notti l'attività diventava frenetica e insostenibile. Diventava un vero e proprio inferno di dannati. Il RPM invece era sempre molto tranquillo: un corridoio quasi interminabile con centinaia di uffici. Quello di Wynne si trovava a metà corridoio, facilmente riconoscibile per una targhetta d'ottone verniciata d'arancio in cui spuntava Wynne Lacroix-Winston, incorniciato da fiori magici che crescevano in pochi minuti per poi appassire e rinascere. La cosa bella era che rinascevano sempre fiori diversi: prima girasoli, poi fiori di pesco, poi margherite, poi nontiscordardimé... Inserì la chiave nella fessura ed entrò, spalancando per prima cosa la finestra, fasciando entrare la brezza dell'estate e la luce del sole. Dovette poi indossare il camice dopo aver posato la borsa per terra, accanto alla sedia, sedendosi su di essa, dietro la propria scrivania adorna di fiori e cornici fotografiche. Davanti alla porta del proprio ufficio vide passare Idem in un abito colorato pieno di disegni floreali.
    Subito si alzò, andandole incontro prima che potesse sparire e la strinse in un forte abbraccio che Idem ricambiò. «Stai bene, tesoro?», le chiese poi con affetto materno, staccandosi dall'abbraccio per poterle accarezzare amorevolmente la guancia. Idem si affrettò ad annuire, ma Wynne vide nel profondo degli occhi della ragazza più dolce del mondo un po' di tristezza e paura per la scomparsa del fratello. Ma anche una profonda determinazione e una grande speranza, com'era normale. Sorridendole, le stampò un grosso bacio sulla guancia, lasciandola andare a svolgere il proprio lavoro, poi entrò nel proprio ufficio. Era tutto pronto: delle sedie di plastica trasparente erano poste attorno a un tavolino di vetro su cui era appoggiato il mazzo di fiori. La porta fu volutamente lasciata aperta, in modo che la ragazza potesse entrare tranquillamente, senza bussare.
    Una volta che Saiph fosse arrivata, Wynne le avrebbe sorriso, invitandola ad accomodarsi: «Ciao, Saiph! Siediti pure su una di quelle sedie», l'avrebbe invitata, indicandole le sedie trasparenti. Avrebbe quindi chiuso la porta, per poi sedersi sull'altra sedia non occupata da Saiph. «Studi a Hogwarts, vero?», si sarebbe informata con un sorriso gentile e affettuoso. «Sicuramente conoscerai Maeve Winston, è mia figlia», l'avrebbe inoltre informata, piegandosi verso il vaso di fiori e prendendolo con entrambe le mani. L'avrebbe ruotato velocemente, lasciandolo girare pazzamente su se stesso. Ci fu un lungo ma leggero e non fastidioso swiiiiish che sarebbe terminato fra un paio di minuti, lasciando tempo a Saiph di rispondere prima di scoprire cosa sarebbe apparso nella nuvoletta arancione che in quel momento avrebbe avvolto completamente il vaso-trottola di fiori, nascondendolo completamente alla vista di chiunque.
    ✖ schema role by psìche
     
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    Cosa c’era di meglio al mondo che passare un pomeriggio al San Mungo con Akelei Beaumont e Gemes Hamilton? Le risposte potevano essere varie, ma includevano solamente un cambio scenario – più intimo, possibilmente – perché la compagnia era la migliore che potesse chiedere. Con le mani strette fra loro, iperattiva come una cocainomane bambina sotto effetto di troppi zuccheri, Heidrun continuava a camminare da una parte all’altra del corridoio, fermandosi talvolta a sospirare sulla spalla della bionda, e talvolta a poggiare un distratto gomito sulla spalla dell’Hamilton. In teoria si trovavano lì per la fantastica perizia psichiatrica richiesta da Palmer a tutti i cacciatori; in pratica, sapendo tutti che non l’avrebbero mai passata, erano lì per affascinare la signora Winston, e rubare tutti gli psicofarmaci forniti dai colorati armadietti del suo ufficio.
    Sempre più bello.
    Incapace di abbandonare l’allegro sorriso sulle labbra, Heidrun fece scivolare gli occhi verdi dall’uno all’altro dei suoi colleghi sentendosi infinitamente benedetta dal Signore: aveva una Akelei da guardare per quando il panorama si faceva brutto e triste, ed un Gemes da annoiare per quando si tediava a girarsi i pollici. «cerca di sorridere» ripetè sottovoce, per la centesima volta, all’Hamilton, allungando le dita per tirare gli angoli della bocca di lui in una smorfia quasi umana e felice; ritraeva sempre la mano prima che potesse staccarle le falangi con un ben assestato morso. «tu non hai bisogno di tips» commentò invece verso Akelei, battendo languida le lunghe ciglia brune. Risaputo che fosse una distrazione di natura – e non sorridere era parte del suo fascino. Era piuttosto certa che in un ambiente di lavoro normale, avrebbero tutti e due potuto denunciarla per molestie sessuali – da quando si erano ritrovati quello stesso pomeriggio alle porte dell’ospedale, aveva già proposto diverse volte ad entrambi intrattenimenti alternativi, guadagnandosi un più tardi dalla Beaumont ed un’occhiata impassibile dall’Hamilton - ma il loro non era un ambiente normale.
    E nessuno dei tre, certo, era particolarmente normale. «ricordate cosa ci ha chiesto i palmer: fate i bravi» un consiglio superfluo, da parte di Harry: non erano bravi, erano i migliori. Semplicemente mai in quello che chiedeva lui, ecco. In quello specifico caso, avrebbero dovuto fare i bravi distraendo la rossa Winston, e fregandole da sotto il naso tutta la scorta di medicinali tenuta per le emergenze. Entrarono nell’ufficio senza sprecarsi a bussare, trovandolo occupato da una ragazzina. Run corrugò le sopracciglia.
    «via dal cazzo» Si spostò dalla porta giusto in tempo per permettere alla fanciulla di schiantarsi sul muro opposto come una pallina di patafix. Portò incredule, ed affascinate, iridi smeraldo sul moro. «stai flirtando con me?» fece scivolare una mano sul cuore, piegando lievemente il capo. Si sapeva che il miglior modo per giungere alle mutande al kwore di Run era sempre un po’ di sana violenza – se accompagnata dall’alcool, era già una proposta di matrimonio. Sorrise ad entrambi, arcuando uno scuro sopracciglio verso Akelei, prima di portare lo stesso caldo sorriso in direzione della psicomaga. La salutò agitando allegra la mano, indicando l’uscita con il pollice.
    Ovviamente non uscì. Quando i due si furono avvicinati alla donna abbastanza da nasconderla, forse, alla vista, la Crane si lanciò verso gli armadietti, aprendone metodica uno dopo l’altro; in mancanza di una borsa, riempì le tasche ed il reggiseno, scegliendo con scientifica cura le pasticche che sapeva le sarebbero piaciute.
    Cosa? Cosa.
    Chinandosi per terra, gattonò fuori dall’ufficio con non curanza. Attese un paio di minuti, quindi si affacciò nuovamente all’interno dell’ufficio, battendo delicata le nocche sulla porta. «raghiz, dobbiamo andare, harry chiama!!&&» schioccò un bacio verso Wynne, agitando ancora la mano nell’aria per salutarla, rendendosi fastidiosamente conto di aver acquisito diverse taglie di reggiseno in pochi minuti. Cosa non facevano i farmaci moderni! Uauuu. «grazie per il suo tempo, buona serata, ci si becca» ma anche no, potendo scegliere.
    Spoiler: ed in effetti anche no. rip wynne winston.
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    Akelei era sicura che prima o poi il mondo sarebbe stato liberato da individui come Harrison Palmer, fatti a pezzi uno ad uno da coloro che avevano le skills necessarie per sopravvivere. Un po’ come quelli che la mattina alle sette andavano a trenta km/h bloccando tutto il traffico, anche il Capo dei cacciatori meritava di morire. Perché? Nessun particolare motivo, se non che non era capace a fare il suo lavoro; la bionda continuava a sostenere che il suo ufficio sarebbe stato mille volte meglio a lei, se solo avesse avuto la concreta voglia di prendersi quell’impegno. Per il momento preferiva farsi di cocaina e mettersi lo smalto, ma c’era sempre tempo per take up a new hobby. Quel giorno, con poche ore di preavviso, Harry l’aveva avvisata di una perizia psicologica e al chiedergli perché non l’avesse avvisata prima, si era limitato a scrollare le spalle e marciare verso il suo ufficio.
    Varcando le porte del reparto di Psicologia, la Beaumont era già con le palle che le giravano e ore della sua vita perse a trovare quella fottuta ala dell’ospedale. Storse il naso all’odore sterile nell’aria, odiava l’aria di morte che l’intero edificio trasmetteva, e se fosse restata ancora un momento lì sentiva che si sarebbe presa un cancro come. «povera, vieni qui» fece segno ad una giovane infermiera di avvicinarsi, e quando si guardò intorno per poco non la inchiodò al muro: aveva poca pazienza quel giorno «vedi qualcun altro in giro? dimmi dove si trova l’ufficio di wynne winston» era più un ordine che una richiesta, ma supponeva che alle bionde belle, ricche e tettone come lei si potesse concedere qualsiasi cosa «è-è la prima porta a destra» «comprati un paio di scarpe nuove» per ringraziarla dei suoi servigi le infilò qualche centone nella tasca nel camice, facendo riferimento alle scarpe ortopediche (cosa) che portava ai piedi. E poi c’era pure chi osava dire che la Beaumont non faceva la carità. Allo svoltare l’angolo fu compiaciuta dal trovare le sue mean girlz preferite: Run e Gemes, appostati dietro la porta ad aspettarla. A quanto pare erano stati incastrati insieme ma k bll. «entriamo?» sentiva delle voci provenire dalla stanza, ma non le interessava abbastanza da fermarsi dall’aprire la porta. Spalancarono il legno come la stessa teatralità delle ragazze hot dei ogni film americano, con tanto di vento in faccia a scompigliare i capelli e musica trash sotto «scusa ti levi dal cazzo» e via di telecinesi fuori dalla porta per la ragazzina, la quale andò a schiantarsi contro qualche muro. Meh, non le interessava abbastanza per andare ad accertarsi delle sue condizioni. Per lei poteva restare a morire sul pavimento e poi sks, si trovavano in un ospedale, che qualcuno facesse il proprio lavoro. «penso che avessimo un appuntamento, una perizia psicologica» che non sarebbe davvero avvenuta, ma dettagli. Prese posto sul divano insieme a Gemes, lasciando a Run il compito di rubare i medicinali «ha mai pensato di rifarsi il seno? mi hanno detto che fa ringiovanire di vent’anni» così, per fare conversazione.
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    1992 | deatheater
    chi cazzo è il tuo gioielliere, bitch?
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    «scusa» che poi, dispiaciuto, Gemes Hamilton non lo era affatto. Eccezion fatta per Idem, il magonò odiava tutti gli psicologi del mondo – in realtà, ampliando un po’ la prospettiva, gli stavano sulle palle tutti i medici, ma questo è un altro discorso. Osavano sempre, sempre!, additarlo come un sadico psicopatico, egomaniaco, megalomane e con più disturbi dello spettro sociale di gran parte dei pazienti psichiatrici della Gran Bretagna. Avevano ragione, e ne era orgogliosamente consapevole, ma preferiva quando a chiamarcelo erano coloro che lo vedevano commettere effettivi atti violenti, omicidi o criminali in generale: almeno, avevano le prove concrete e non soltanto postulati teorici ed ipotetici su cui basare una diagnosi.
    Indi per cui, quella mattina (pomeriggio?) era già partita di merda per il buon vecchio venticinquenne, già stressato dalla petulante compagnia della Crane – fortuna che aveva Akelei al suo fianco, che con la sua impassibile e costante voglia di morire (ed uccidere!) smorzava un po’ la cagacazzagine (marchio registrato) di Run. Doversi vedere il posto fregato da una ragazzina di merda qualunque che avrebbe probabilmente tenuto impegnata la loro psicomaga per ore con i suoi stupidi drammi adolescenziali da commedia rosa, non rientrava nei suoi piani.
    Del fatto che il loro turno fosse quello a seguire, se ne sbatteva allegramente i coglioni.
    «ti levi dal cazzo.» si levò dal cazzo - semi cit.
    O, per meglio dire, fu scaraventata fuori dalla porta con un secco gesto del polso da parte dell’Hamilton, che non si curò (Dio, perché mai avrebbe dovuto? Mica stavano alla Caritas là) di controllare che fosse viva: aveva sentito un potente tonfo, probabilmente del corpo della tipella che veniva schiantato contro il muro, ma eh!, cose che capitano. Tanto erano già in ospedale, avevano sicuramente una camera mortuaria già libera per ospitarla.
    «stai flirtando con me?» piegò il capo nella direzione della mimetica, piegando appena le labbra in un sorriso – divertito, assolutamente: aveva appena schiantato una bambina, come poteva non essere felice come un bambino la vigilia di Natale, quando scartando i pacchi di regali trovava dei bellissimi set di coltelli firmati dallo Chef Tony in persona (da usare solo per tagliare persone, non cibo!)? «non emozionarti troppo» ammiccò, per poi dedicare tutta la sua attenzione alla Beaumont.
    Il piano era semplice: stordisci ed uccidi confondi e ruba i farmaci.
    Fosse stato l’anno seguente, probabilmente si sarebbe portato dietro una radio vintage, di quelle enormi da mettere a spalla, ed avrebbe improvvisato un balletto sulle note di Vogue ma, ahinoi!, l’Hamilton era ancora una persona normale – negli standard, certo.
    Per questo si sedette sulla scrivania della Winston, le gambe accavallate ed un pugno sotto al mento. «sa, volevo parlarle di quella volta in cui con la ragazza che le sta rubando tutta la trocah ci siamo messi ad uccidere la gente in un labirinto – che oh, c’era anche lei né doc!!! uau k coincidenzzza!!! – ed ad un certo punto abbiamo spiaccicato un tizio vestito da thor contro una parete e l’abbiamo un po’ mutilato con armi a caso, poi run ha deciso di limonarlo e scioglierlo con l’acido. Secondo lei è denunciabile per molestia sessuale? secondo me sì, gli ha anche dato una martellata sulle palle»
    # no one is safe
    25 y.o. | telekinesis
    25.8.2016
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    gemes
    hamilton


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