We are the new Americana

invasione degli USA con Brodino. Temete l'ira dei tappi. #wat

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    Thad Clayton | 15 Luglio '16, L.A.
    « we've been migratory animals, living under changing weather »
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    Le certezze che anche gli semi-sconosciuti potevano avere su Thad Clayton erano poche, ma determinanti. Cercava di non far avvicinare nessuno a sé stesso per chissà quale ragione, all’apparenza odiando il mondo. Secondo, ma non meno importante: non sopportava quando qualcuno anche solo accennava a parlare di altezze. Abbastanza comprensibile, considerato come il ragazzo fosse direttamente alto. Chiunque fosse riuscito a sopportare quel guscio per abbastanza tempo, o fosse stato fortunato da beccarlo in una delle sue giornate sì, avrebbe finito per scoprire molte più cose sul babbano anche da semplice conoscente. Mostrava un ribrezzo verso il mondo in cui si era ritrovato particolarmente maggiore di quanto si potesse immaginare e molto spesso finiva per perdersi nei suoi stessi pensieri, o nella lettura. Qualche rara volta lo si poteva vedere sorridere e, chi era arrivato a conoscerlo meglio degli altri forse poteva addirittura rendersi conto di quando i suoi occhi si illuminavano scoprendo novità su creature magiche, o piccoli sprazzi di quella nuova realtà di cui solitamente si lamentava più spesso. Poche erano le persone che avrebbe osato definire “amici”, visto che con la maggior parte aveva perso i contatti fin troppi anni prima ed era difficile trovare argomenti su cui fondare un’amicizia quando ciò che aveva in comune con molti era un periodo passato ad essere cavie di laboratorio, o informazioni e sprazzi di vita all’interno del mondo babbano che più non gli apparteneva. Quindi si lasciava andare al caso sul fare amicizia, o sull’umore del momento. Le eccezioni alla regola esistevano, senza alcun dubbio, ed il ragazzo con cui si trovava era una di esse. Non appena si era ritrovato un altro alto quanto lui -un centimetro in più, per essere precisi-, sapeva che non avrebbe potuto perdere quell’occasione. Un rapporto fondato sul non potersi prendere in giro a vicenda per l’altezza e di conseguenza alzarsi un minimo l’autostima, unito all’odio verso… tutti, o quasi. Erano sicuramente destinati a divertirsi, insieme, pronti a condividere un infinito quantitativo di insulti verso le persone alte.
    Un ultimo dettaglio riguardo a Thad che non aveva fatto presente a nessuno e che gli altri potevano solo immaginare, era il semplice fatto che era squattrinato come pochi. Insomma, da quando aveva cominciato a lavorare nell’infermeria stava finalmente mettendo da parte dei soldi, ma avendo perso quasi tutti i contatti con l’intera famiglia, doveva occuparsi di se stesso e quindi andavano quasi tutti verso i vestiti per sopravvivere al rigido inverno scozzese, mentre cercava di metterne via una piccola parte per il futuro. Chissà, magari sarebbe potuto riuscire a comprare un piccolo appartamento e non sarebbe dovuto vivere in quello che probabilmente era l’orrore di New Hovel. Non avrebbe nemmeno osato immaginare di riuscire ad andare in vacanza, nemmeno in un milione di anni. Ogni frazione di secondo, da quando gli era semplicemente stata proposta l’idea alla partenza vera e propria, gli sembrò irreale. Viveva con il costante terrore di svegliarsi da uno dei sogni più piacevoli di sempre, eppure era la realtà. Amos era ufficialmente il migliore tra tutte le persone con cui aveva avuto a che fare. Sì, persino rispetto ad Archibald che l’aveva sopportato durante una ricerca di unicorni. Non si era mai considerato materialista, ma avere un assaggio di lusso dopo aver perso praticamente tutto era… semplicemente incredibile. Ha praticamente passato la prima parte del viaggio in aereo a sforzarsi di non saltellare dalla felicità per evitare di far capire di non aver mai volato ed era bastata un’ora in quella trappola di metallo per fargli cambiare completamente idea, trasformandolo in una specie di gomitolo terrorizzato. In qualche miracoloso modo, era riuscito a mantenere la dignità quanto bastava per non chiedere a nessuno nelle vicinanze di tenergli la mano perché aveva paura. Missione compiuta. Certo, non era riuscito ad addormentarsi ed aveva avuto un jet-lag assurdo per i due giorni seguenti, ma ne valeva la pena. La nave da crociera era sicuramente più grande di qualsiasi costruzione Thad avesse mai visto prima di allora e nel vedere una pista da pattinaggio su ghiaccio, per quanto piccola fosse, forse poteva essergli scesa una lacrima. Forse. Era certamente la zona all’interno dell’intera nave per cui era più esaltato, alla faccia del surf artificiale all’ultimo piano, il muro dell’arrampicata o una delle svariate piscine. Insomma, anche la sistemazione era meglio di ciò che avrebbe mai potuto sperare persino prima dei laboratori. Non bastava solo l’essere su una specie di hotel in movimento, ma avrebbero visitato l’America, salendo quasi fino al Canada, che si poteva considerare terra dell’hockey per eccellenza. Forse sarebbe riuscito a giocare, dopo fin troppo tempo. Chissà quanti colpi aveva perso, senza allenamenti.

    Aveva finito per aprirsi sempre di più, manco a farlo apposta. Tra una battuta improbabile e l’altra e serate passate a trovare qualcuno che gli spacciasse alcolici nonostante sembrassero dei dodicenni, la seconda tappa della crociera era giunta. Los Angeles, città in cui aveva sede Hollywood, un luogo vergognosamente magico e, in teoria, strapieno di Pokèmon in alcune zone. Cosa che sapeva per semplice voce di corridoio, ma che non poteva certo verificare visto il cellulare datato che si ritrovava: era un miracolo anche solo il fatto che riuscisse ancora a connettersi ad internet. Anche per quello si era armato di una amorevole cartina geografica del secolo scorso, pronto a cercare strade senza navigatore e perdersi nel tentativo di trovare i luoghi più belli da visitare. «Allora… la Hollywood Walk of Fame dovrebbe essere da quella parte, non troppo lontana. Da lì dovremmo riuscire a vedere la scritta.» Aveva avvicinato la cartina ad Amos, sperando in un eventuale aiuto a decifrare il tutto. Non era esattamente riuscito a pianificare itinerari, ma aveva studiato svariati luoghi dove sarebbero potuti andare. Diciamo che stava dando precedenza incondizionata a ciò che voleva visitare il più grande perché… beh, aveva pagato e di conseguenza ne aveva più diritto. Quindi lui selezionava un paio di luoghi e se tutto andava bene, sarebbe riuscito a vederli. «Il Santa Monica Pier non dev’essere male… Però com’è fare il bagno qui? L’oceano è abbastanza pericoloso.» Se era un nerd ex patito di biologia che negli ultimi periodi era passato alle creature magiche a dirlo, forse non sarebbe stato neanche troppo male ascoltarlo. Dettagli che fosse anche leggermente paranoico e terrorizzato dagli squali, eh? Non c’era bisogno che nessuno lo venisse a sapere, in ogni caso. La mappa della città, praticamente più grande di lui stesso -non che ci volesse molto-, era ancora tenuta aperta a forza, gli occhi che vagavano da una parte all’altra. L’idea più stupida gli giunse nel cervello, ma probabilmente sarebbe terminata in uno schianto con papabile morte di uno dei due e non ci teneva affatto. Insomma, per quanto lo tentasse proporre di noleggiare una macchina, non era certo che fossero esattamente in grado di guidare. Insomma, Amos forse avrebbe avuto la possibilità di guidarla, ma chi lo sa a quale età era finito in mano ai ribelli? Non avrebbe apprezzato lui stesso una domanda simile e proporre la sua idea avrebbe significato doverla porre all’altro. Erano quelle questioni un po’ troppo scomode che cercava di evitare il più possibile. «Se prendessimo qualcosa per muoverci? Non lo so, dei pattini, una hoverboard o uno skate. Quelle robe lì.» Come evitare i mezzi pubblici puzzolenti -davvero, quelli non gli mancavano affatto- e non andare comunque troppo lenti. Insomma, non poteva proporre lui una cosa da riccastri come il taxi, non potendosela permettere. «Ah, ma tu cosa vuoi vedere?» Di nuovo, l’interrogativo più importante che avrebbe potuto cambiare l’intero itinerario nella testa dell’inglese.
    Era quasi incredibile come fosse bastato un riavvicinamento ad una vita babbana “di tutti i giorni” per far sì che l’umore del ragazzo cambiasse. Certo, chissà la ricaduta che avrebbe avuto in futuro nel realizzare definitivamente che non sarebbe mai tornato definitivamente a quel mondo, se non per visite passeggere come quella. Sempre brutto fare i conti con la realtà, ma in quei giorni stava facendo del suo meglio per ignorare quell’incombente peso sulle spalle. C’erano lui e quel ragazzo che riusciva miracolosamente a categorizzare come amico ed avevano una costa d’America da conquistare. «Se ci sono centri magici… Ci andiamo solo per recuperare da bere. Magari chiedo?» No, non a persone a caso. All’esperto di fiducia e unico altro effettivo amico recente ed effettivamente mago. Non avrebbe mai evitato di aiutarlo, se si trattava di un tentativo di bere senza aver raggiunto l’età minima per farlo. Nell’aprire lo zaino per raggiungere il cellulare, scontrò con il gomito un altro povero turista. Giapponese senza quasi ombra di dubbio visti i tratti visivi e la fotocamera al collo pronta ad uccidere, ma allo stesso tempo vista l’imprecazione nei confronti di Thad. La cosa più strana, forse per chi gli stava attorno, fu la pronta risposta del tappeto. «ごめんなさい… しかし 和らぐ» (“Gomen’nasai shikashi yawaragu”), il tutto nella testa del Clayton era semplicemente un “Sì, scusi, ma lei stia calmo” in inglese, come dovrebbe essere. Perché no, non ha mai studiato alcuna lingua al di fuori di quella, eppure è qualche giorno che se ne esce con delle gaffe simili. Prima o poi se ne sarebbe reso conto. In ogni caso, telefono recuperato. «Chiedo ad Arci come fa a vivere con meno ossigeno e mi faccio dire riguardo ad eventuali segreti o robe così.» Capita? Meno ossigeno perché in altitudine ce n'è meno e il Serpeverde è praticamente un mezzogigante? Ok, vabbé. In ogni caso, punta a luoghi come il Paiolo per racimolare cose. Ed usare effettivamente i suoi soldi perché il cambio galeoni/dollari è più complicato di quel che sembra.
    - rule #1 never be #2 - code by ms. atelophobia


    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 03:06
     
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    Penn Hilton era davvero una grandissima gnocca, e non era lei di solito a dirlo, ma tipo 3/4 della popolazione mondiale: se fosse stato diversamente, probabilmente la ragazza non si sarebbe ritrovata ad esser lanciata sulle passerelle dei più importanti marchi di alta moda all'età di soli quattordici anni, così come ad occupare le prime pagine delle più importanti riviste del settore. E c'erano momenti in cui si odiava dannatamente per il suo aspetto, in cui avrebbe desiderato solo nascere in una famiglia normale e non costretta a crescer con alle spalle il peso degli scandali che sua cugina Paris aveva causato, ma ancor di più della fama, ciò che avrebbe desiderato era semplicemente essere brutta. Nemmeno carina, passabile: BRUTTA. Tutto, nella sua vita, sarebbe stato dannatamente più easy. L'unica cosa buona del suo aspetto era che nel tempo libero le dava la possibilità di bombarsi Leonardo Di Caprio (e #spoiler: farci un figlio. potevi starci un po' più attenta, penn) e le garantiva alcol gratis in ogni locale in cui andasse, ma per il resto si odiava.
    Fortuna che c'era suo cugino Yale che sapeva sempre come tirarla su di morale, trascinandola alle meglio feste e facendola ubriacare così da farle affogare tutta la frustrazione per la sua carriera nell'alcol. «voglio soltanto continuare a studiare, capisci? vorrei solo poter studiare» quante lacrime da ubriaca avesse versato a quella festa sarebbe rimasto un segreto tra lei ed il cugino: era passata nel giro di una mezz'ora dal ballare in piedi come una matta su un tavolo dopo aver esagerato con gli shot di tequila, al chiudersi in un bagno a piangere per il suo futuro andato a rotoli «non ho il coraggio, capisci? Dovresti aiutarmi tu a dirlo a papà» barcollante ed ancora risentendo degli effetti di tutto ciò che aveva bevuto, la ragazza barcollava reggendosi con una mano al braccio di Yale e tenendo nell'altra il paio di tacchi che aveva deciso di indossare prima di uscire: rispetto al cugino sicuramente era più brilla, ma non era colpa sua se era alta tipo....venti centimetri? in meno di lui e soprattutto non mangiava da settimane alcun tipo di carboidrato. Per quella bevuta? Il suo personal trainer e la sua manager sicuramente l'avrebbero ammazzata, se lo fossero venuti a sapere. «ti vuole bene, sicuro ti ascolterà più che a me!!&» in realtà la ragazza non aveva mai detto esplicitamente di odiare il suo lavoro, e mai si era imposta per far capire al padre quanto davvero volesse proseguire con gli studi: aveva sempre avuto troppa paura di deludere lui e le aspettative che il mondo si era fatta su di lei, per farlo «quando torniamo a casa dovrem...» fu interrotta, la Hilton, da una visione paradisiaca: erano forse cornetti appena sfornati, quelli????? «NE VOGLIO DODICI» perchè? così, le piaceva come numero. E naturalmente anche solo dopo tre si sarebbe sentita male, ma sognare era così bello «sai da quanto non mi fanno mangiare carboidrati, Yale????» Era agosto, che mese di merda per una come lei . Un po' come tutto l'anno del resto, ma vabbè «TRE-FOTTUTISSIMI-MESI» Aveva: fame. Ed in quel momento non gliene fregava assolutamente nulla delle conseguenze, o di tutte le persone che avevano puntato gli occhi su di loro «FOTTETEVI TUTTI, HO FAME» Già detto quanto ancora fosse ubriaca?
    Tanto ubriaca
    NOIS
    19 y/o | top model | hilton clan
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Penn
    Hilton
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Borbottò un imprecazione a mezza voce e si schiarì la gola, il palmo premuto sulle labbra morbide ed i polpastrelli a sfiorare la barba sfatta. Quel giorno avrebbe avuto un aspetto di merda, se solo Dio avesse potuto permettere ad un Yale Hilton di averne uno – ma no, era troppo bello per i bad hair day che colpivano Shiloh e Fergie: neanche un post sbronza ed una sudata (letteralmente, non metaforicamente) nottata di bondage con sconosciuti poteva rovinare il fascino di Newhaven, candido come una rosa anche quando sulla pelle ancora permaneva l’odore di sesso ed alcool. Si stiracchiò arcuando la schiena e sollevando le braccia, lasciandosi poi ricadere al fianco della cugina. «penn, ho una domanda» ne aveva tante, e quasi sempre stupide o al contrario all’altezza solo dell’elevata mente suprema del cugino più piccolo (“ma il pepe si mangia? Ma si scioglie? Il pepe rosa è pepe? Ma lo filtri?” - DARTH SI CHE CAPIVA QUALI FOSSERO LE PRIORITà DELLA VITA, OCHEI), ma «seria.» la bocca ancora impastata di champagne e la testa leggera, Yale abbassò le lenti degli occhiali da sole per lanciare un sonnacchioso sguardo a Penn.
    Forse era ancora troppo sbronzo. Forse un po’ gli piaceva, essere l’adolescente triste con Paolo Meneguzzi nell’i-pod a palla – forse un poco di quel peso, voleva condividerlo come una teen qualsiasi sul cioè. «se io non fossi gay e tu non fossi mia cugina,» battè le palpebre intrecciando pigro le dita sul ventre, angoli della bocca piegati appena verso l’alto. «usciresti con me?» lungi da Yale essere insicuro, troppo megalomane per permettere a simili debolezze d’intaccare il suo spropositato ego, ma gli piaceva atteggiarsi come l’anima incompresa della festa – il cucciolo da coccolare. Tutto parte del suo fascino, ovviamente; funzionava con quasi tutti.
    Il quasi era per Riel, e la questione Saint-Luc frustrava l’Hilton più di quanto avrebbe dovuto. Non era il genere di ragazzo che fosse in grado di struggersi per amore, ma in parte l’avrebbe voluto. Essere un po’ più come gli altri, sapete. Aprì la bocca invitando Penn ad imboccarlo con un crostino, perché malgrado fosse ancora lercio come un mandarino e fosse, almeno in teoria, l’adulto badger, era pur sempre uno Yale, e farsi viziare dalle donnine che lo circondavano, era requisito base. Fece guizzare gli occhi blu attorno a loro, cogliendo qualche turista impegnato a fotografarli; avrebbe sorriso grondando fascino e seduzione, Yale, se solo i kinesi non sembrassero più affascinati dagli abiti che non da loro: cioè, skste, in oriente non conoscevano gli Hilton? «ma secondo te lo sanno, chi siamo?» il solo pronunciare una simile domanda, lo spingeva sull’orlo di un infarto. IMPOSSIBILE. SURREALE. Lanciò un crostino su un paio di nani da giardino, agitando il palmo nella loro direzione. Cioè, loro erano andati nei posti povery per fare un favore ai turisti dando loro LE OTTAVE E NONE MERAVIGLIE DEL!! MONDO!!! e quelli ancora non si prostravano? Lui shock basito. «lo sai chi siamo?» pollice ed indice sul mento, sopracciglia corrugate. «ah già» si tolse gli occhiali da sole con un sospiro, agganciandoli alla camicia sfatta con quieta eleganza. «clark kent, avevi proprio ragione» uau
    As I remember, you told me the first time I was just your rendezvous
    yale
    newhaven hilton iv
    21 y.o.
    wampus
    werewolf
    cowboy



    ciao allora
    yale attende un suo fan per la Giornata Con Un Hilton al better run. c'è la festa a tema texas, quindi vestitevi da cowboy come lui!!!!! fine
     
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2 replies since 30/8/2016, 03:58   285 views
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