[flash party #01] ain't my fault

better run, 20.01

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    HEIDRUN ryder CRANE
    Allacciò le dita alla catena di ferro della palla di cemento, uno sguardo pigro lanciato al pavimento più in basso di tanti, troppi, metri rispetto a lei. Deglutì, la gola secca ed i palmi sudati. L’elmetto giallo non riusciva a contenere i corti capelli castani, che pigri e disordinati dondolavano attorno al viso di Run smossi dagli sbuffi con i quali la mimetica cercava di spostarli, gli spessi occhiali ad appannarsi ad ogni fiato.
    Il cuore a mille, in gola e sulla lingua.
    Heidrun Ryder Crane sorrise, puntando i piedi con più decisione sull’instabile superficie liscia.
    Era quasi mezzanotte, ma le luci del locale erano ancora spente. Abbarbicata sul soffitto, con i corti pantaloncini di jeans che non arrivavano a coprire neanche mezza coscia, Run lanciò un’occhiata all’orologio, mentre sotto di sé la stanza cominciava a riempirsi.
    Il cuore a mille, in gola e sulla lingua.
    Non aveva nulla, la ventenne, che fosse suo. Il battito che vibrava nelle costole seguendo un ritmo distante ed acuto non era suo, il respiro che troppo spesso le si strozzava sul palato non era suo, la casa che condivideva a New Hovel con Euge e Jade non era sua, il tatuaggio sul braccio che la marchiava come Adescatrice non era suo, anche T-Jade le aveva voltato le spalle per dedicare il suo affetto alla Beech; perfino i Milkobitch non erano realmente suoi.
    Perfino suo padre.
    La vita di Heidrun apparteneva più a tutti gli altri, che non a lei. Così fragile, malleabile, adattabile da un palmo all’altro. E Dio!, oh Dio, neanche potevano immaginare, tutti loro, quanto la cosa la distruggesse, quanto dipendere da qualcosa l’avesse sempre logorata bruciando la pelle fino a trovare la carne nuda. ma quello è un avicustus selvatico! la tua psw speciale è: due
    Da sola, la Crane, neanche esisteva. A malapena un riflesso negli occhi altrui. Ma ne aveva bisogno, capite? Aveva bisogno di qualcosa che fosse solamente ed esclusivamente suo, che le appartenesse, dove rispecchiarsi e ritrovarsi. Dove dirsi, finalmente, sei qui.
    E come le più belle cose della sua vita, l’aveva trovato - l’aveva trovata- per caso: doveva essere un hotel, le avevano detto. Non l’hanno mai aperto, avevano infine ammesso. Quando Run aveva messo piede dentro ciò che era rimasto della palazzina, aveva deciso – anzi, forse ancor prima.
    Suo. Almeno quello, almeno sempre. E le avevano sbattuto le porte in faccia, sputandole addosso il suo essere babbana, speciale. E l’avevano obbligata a cercarsi un padrone che la tenesse al guinzaglio, ringhiando di rimando ai sorrisi languidi che le avevano curvato le labbra. Quanti fascicoli aveva sfogliato, Heidrun, prima di trovare qualcuno che facesse al caso suo? Un mago che non le avrebbe messo i piedi fra le ruote, a cui non sarebbe interessato quel che faceva o come lo faceva, purchè avesse un guadagno di qualche genere – ad esempio, un comodo cuscino riscaldabile dove dormire in forma di bradipo. Avrebbe potuto chiedere ad Eugene Jackson di farle da “garante”, ma non l’aveva fatto.
    Perché quel posto era suo, il suo segreto.
    Il suo riscatto, un soffio di libertà nella prigione che era divenuta l’esistenza, la pelle stessa con il quale condivideva ogni istante della giornata.
    Così, non l’aveva detto a nessuno. E ci aveva lavorato così tanto, che il solo vedere i primi passi muoversi fra le assi distrutte del pavimento, bastò a riempirle il cuore di ingenua e pura commozione.
    Dopo tanto, troppo tempo, Run era felice. Le notti passate con la guancia premuta su fogli contabili, le piume spezzate per il nervosismo ed i fogli accartocciati sotto la scrivania, la polvere sotto le unghie e le schegge nei polpastrelli. Ogni goccia di sudore e sangue versata in quella sontuosa e disabitata dimora, a parere della Crane, ne era valsa la pena.
    Ogni
    Fottuta
    Goccia
    Credevate davvero che Run fosse solo sesso, droga e alcool? Stolti. Poteva essere qualunque cosa, semplicemente la maggior parte del tempo sceglieva di non farlo; ma, come diceva un vecchio saggio, <’>c’era un luogo e momento per ogni cosa (e sì, stiamo parlando del prof. Oak).
    Ma torniamo a noi.
    Mezzanotte.
    Le porte si chiusero, ed un silenzio pesante e gonfio d’attesa si fece largo nei polmoni dei presenti, soffocando la Crane in quei sorrisi rivolti al nulla. Dalla posizione nella quale si trovava, nella sua stropicciata maglietta bianca, nessuno era in grado di vederla; lei, al contrario, poteva vedere tutti loro. Chinò il capo verso la tasca presente sul petto, incrociando i pigri occhi neri di P-Gemes. T-Jade si era venduta al miglior offerente, e Owen dava amore solo alle foglie di lattuga. Da quando i suoi coinquilini avevano pensato bene di mettere al mondo un mini essere umano con le loro sembianze, unico motivo per il quale non lo repelleva del tutto, quel piccolo ornitorinco era la sua unica gioia. Lui, e il locale.
    Non aveva neanche più il Palmer originale a cui rompere i coglioni, porca merda.
    Il cuore a mille, in gola e sulla lingua.
    Si schiarì la voce e si umettò la lingua, un cenno d’assenso verso l’animale tascabile che le pesava sul cuore (letteralmente). «si va in scena» bisbigliò, prima di battere le mani.
    E luce fu.
    Delle piccole lampadine colorate illuminavano l’intera stanza con una luce flebile ma calda, dando nuova vita alla smunta carta da parati color vermiglio che, di tanto in tanto, si staccava dalla parete come la buccia di un frutto troppo maturo. Il pavimento in legno era lustro ma consumato, come se piedi più grandi di quelli umani li avessero consumati. Il bancone del bar brillava di marmo nero, ma era l’unica cosa apparentemente nuova, lì dentro.
    Il resto, era devastato. V’erano poltrone, divani, sedie, attaccapanni, perfino dei cestini di vimini ed una vecchia lavatrice. A quanto pareva, quello che doveva divenire un hotel (e che di conseguenza, di suo, possedeva un certo tipo di arredamento) era diventata la discarica personale dei maghi e degli special; Run aveva tolto ciò che era umanamente classificabile come spazzatura, cartacce e bottiglie vuote, ma aveva lasciato il grosso per la festa.
    E che festa.
    Osservando la vasta parete dietro il bancone dove non dimorava alcuna bottiglia (tranquilli, l’alcool lo ha), era possibile seguire le luci che, nel loro sinuoso percorso, formavano una scritta: Better Run.
    Quello, era il nome del suo locale. E quello, che piccolo lampeggiava a fianco dell’insegna, era il marchio che dedicava al suo garante: un bradipo. Ai posteri decretare il significato del nome, ma io e Run abbiamo solo una cosa da dirvi.
    Vi avevamo avvisati.
    Un piccolo faretto illuminò la palla demolitrice, coperta di piccoli specchi, ch’ella aveva fatto installare per l’occasione al posto di quello che era stato un pesante lampadario dall’aria antica e costosa. Avvicinò alle labbra la versione magica di un microfono, mentre in sottofondo iniziava a pulsare la musica. I suoi sottoposti, aka ragazzi che aveva rimorchiato e che si erano offerti di aiutarla per quella serata, tolsero i teli dalle ceste che occupavano i lati della stanza. Run non ebbe bisogno di guardarli per sapere cosa contenevano: elmetti gialli, occhiali da saldatura, ginocchiere, gomitiere, e attrezzi di ogni genere – martelli, chiavi inglesi, cacciaviti, qualche vecchio estintore e tutto ciò che aveva trovato e aveva creduto potesse esserle utile.
    Aveva fatto terrorismo psicologico a chiunque le fosse passato sotto mano perché partecipassero a quell’evento, la Crane. Sì che era il suo segreto, ma dai!, non potevano mica lasciarla da sola!
    Così, innocentemente, credeva.
    Li osservò, i capi reclinati verso di lei ma ancora ciechi alla sua presenza, ed estrasse un piccolo taccuino che passò al suo fedele segretario (sì, sempre P-Gemes l’ornitorinco). «segna…quei due stronzi dei miei coinquilini, che nella prossima glassa troveranno veleno per topi» sussurrò, rapida e pragmatica. «quello stronzo di mio padr- ah no, hai ragione, lui c’è già in lista» difficile perdonargli di aver messo incinta Charmion Hamilton. «shia, che chiamarlo sciaia sarebbe un complimento. Perfino quell’ingrato di amos, non ho parole. Segna, segna» neanche dovrei specificarlo, ma lo faccio comunque: era la sua lista nera. «anche gemes? Che bastardo! Segna direttamente gli Hamilton» continuò a scandagliare la folla, turbata ed intimamente offesa. «perfino la sinuke mi ha paccato, e non in senso buono. No, jeremy non segnarlo: alla famigghia si perdona tutto» tranne darle un fratello, Hamilton per giunta. C’era rappresentanza Todd, poteva perdonare i Bitches. «neanche i fremelli. Neanche i miei spacciatori, akelei e jon. Segna, segna» corrugò le sopracciglia e scosse il capo, un’occhiata furtiva alla creatura. «è il momento di trovarci nuovi amici, P» sibilò, celando la delusione dietro uno sbuffo irritato.
    Oh, neanche Brandon.
    Elysian.
    Gli Als.
    I due tappi malvagi (aka #jeriton). Il mimetico a cui voleva già bene come un Crane, anche se era astemio.
    Che gente greve.
    Vi odio tutti.
    «nuovi fottuti amici» ripetè, bussando infine sul microfono per attirare l’attenzione. In ogni caso, era la sua festa e non si sarebbe fatta rovinare l’umore da quegli stronzi che avevano preferito rimanere a casa a spaccarsi di Netflix.
    Sì, sto guardando voi.
    Si dipinse sulle labbra un sorriso sornione, quando tornò a guardare la sua platea pronta per il suo spettacolo; era ormai coricata sulla palla demolitrice, la testa a penzoloni e le gambe attorcigliate alla catena per evitare di cadere.
    Il cuore a mille, in gola e sulla lingua.
    «bene, bene, bene… vi starete chiedendo perchè vi ho riuniti qui» in realtà, dato che nessuno sapeva dell’inaugurazione di quel loco –né sapevano che era di Run- era difficile che qualcuno lo pensasse, ma suonava sempre bene. Si strinse nelle spalle. «mi andava» sbattè languidamente le ciglia, anche se dal basso nessuno poteva vederne con esattezza i tratti del viso. Sentì un peso mancarle dal petto, e rapida si tolse l’elmetto giallo per tenerlo appeso sotto di sé, cogliendo al volo quel pirla di P prima che si spiattellasse contro il pavimento. Era così stupido, e lei lo amava così tanto. «non sentite mai la mancanza di qualcosa?» domandò osservando le travi sopra di sé, quasi dimentica di avere degli spettatori. «di smettere di…» essere, esistere. Fingere. «…anche solo per un po’» ecco cos’era per lei, Better Run.
    Ed ecco cosa sarebbe stato per tutti loro.
    «potete essere chi volete, qua dentro. non importa a nessuno» si alzò rapida in piedi lanciando l’ornitorinco in tasca ed infilandosi nuovamente l’elmo sul capo. Un sorriso sbilenco, mentre con il piede picchiettava sulla palla. «di certo, non a me»
    Picchiò ancora, questa volta con più forza, e la superficie cominciò a ciondolare così prepotentemente da causarle una stretta allo stomaco, il palmo sudato. Adrenalina. Paura. Così sorrise ancora, tamburellando le dita sulla plastica gialla. «non siete mai arrabbiati? Frustrati? Stanchi?» di tutto, di tutti. Di sé stessi, e di nessuno.
    E la musica lentamente si alzava, accompagnando ritmata le sue parole.
    «ho preso questo locale» più o meno. «e voglio rimetterlo a nuovo» ancora, fece spallucce. «sapete qual è la prima cosa da fare per creare qualcosa?»
    Lo sapevano? L’avrebbero saputo.
    Sorrise, in quel modo un po’ pericolante ed un po’ pericoloso che le faceva spesso brillare gli occhi verdi.

    No I-I-I-I, can't be responsible
    If I-I-I-I, get you in trouble now


    Un altro colpo alla palla, la catena a cigolare sotto le dita.
    «distruggerla» Un bisbiglio appena udibile al di sopra dei bassi. Lei, fra tutti lei, lo sapeva fottutamente bene.
    Ed il terreno sotto i piedi improvvisamente le mancò, uno strappo all’altezza dello stomaco che la avvisava di essere in piena caduta libera. Si aggrappò alla catena con entrambe le mani e chiuse gli occhi, finchè a meno di un metro da terra non si bloccò nuovamente. Si ritrovò seduta sulla palla come Miley in wrecking ball, e con le guance arrossate rivolse un sorriso estasiato ai presenti. Dondolò un paio di volte chinandosi per prendere qualche attrezzo da lanciare al popolo, indicando poi con un distratto cenno delle dita gli oggetti sparsi nella stanza. Allargò le braccia con il cuore gonfio d’orgoglio, i sottili occhi ferini ad ammiccare agli invitati.
    «la direzione si toglie ogni responsabilità per mutilazioni e/o ferite di media o grave entità. Ah, prima che possiate anche solo provarci… la magia, qui dentro, non funziona: benvenuti al fight club»
    Un occhiolino a perdersi fra la folla, la prima sedia a schiantarsi contro la parete.
    Le schegge a rimbalzare sul pavimento.
    Un sorriso.
    Il suo.

    It ain't my fault


    20.01.2017
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    ALLORA, ORBENE.
    Come funziona ON gdr è tutto chiaro nel post (spero); nessuno eccetto Nick Stilinski, che le fa da garante, sa che il luogo è suo e la festa l'ha organizzata lei, a meno che non siate davvero bravi stalker #wat
    andiamo al resto delle regole:
    OGNI GIORNO OFF GDR EQUIVALE A MEZZ'ORA ON GDR, QUINDI: la festa, on gdr, inizia a mezzanotte del 20.01.
    Alle 12:00 del 19.01 NOSTRO, nella festa sono le 00:15; a mezzanotte del 20.01 NOSTRO, sono le 00:30. Comunque passerò a specificare l'ora di tanto in tanto, o comunque basta chiedere #wat
    Potete portare UN SOLO PG, anche fittizi, e avete tempo per postare fino alle 23:59 del 22.01. La festa RIPRENDERà, non temete! #wat, a 00:00 del 26.01 #partyhard dove potrete, se vorrete, fare a cambio del pg presente.
    IMPORTANTE: la magia non funziona davvero. ♥

    PRIMA CANZONE DELLA SERATAH


    Edited by #epicWin - 16/12/2018, 14:46
     
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  2. silvercain
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    travis cain cash
    Quella sera Cain si sentiva diverso dal solito, o meglio dire semplicemente si sentiva. Erano rare le volte in cui aveva il privilegio di vivere la notte con ancora i suoi vestiti addosso – e, no, non interpretate male questa frase anche se......– ma, di solito, era Silver che prendeva il suo posto nelle ore notturne. Ma non quella sera, quella sera era lui, solo lui. Oh, Diana l’avrebbe presa malissimo. SIL SEI PRONTA?! Tuonò sua sorella, rientrando in casa sbattendo il portone d’ingresso. Cain, pigramente poggiato sulla poltrona in cucina, puntò gli occhi su di lei quando aprì la porta. L'espressione sorpresa e delusa della ragazza, nel vederlo lì seduto, fu qualcosa di impagabile. Mi dispiace, Silver non c’è, la vostra seduta unghie stanotte salterà. Ghignò soddisfatto.
    Maledetto snaso in calore! Lei alzò gli occhi al cielo, sparendo dalla cucina, probabilmente per dirigersi in camera. Porta rispetto, figlia. Quando la chiamava figlia, non scherzava poi tanto, dopotutto l’aveva generata lui stesso, era davvero suo padre. Il suo genitore unico, colui che ne sapeva qualcosa più di lei, della vita senza alcun dubbio. (?) Era troppo divertito quella sera per permettere a Diana di metterlo di malumore, andiamo, non vedeva le stelle da circa due settimane, non poteva trattarlo così. Percorse pochi passi per arrivare in camera e vedere che Diana, quell’esserino antipatico che gli aveva dato dello snaso in calore, era china sui propri piedi per cambiarsi le scarpe. Te ne vai? Incrociò le braccia al petto, che triste destino quello di un fratello.
    Vado ad una festa, non aspettarmi alzato.
    Ah, ma alla stessa festa a cui vado io?
    E allo sguardo di fuoco di Diana, si sentì quasi ferito.
    Non ti aspetterai che rimanga qui a casa una notte stellata come questa…
    E quindi, niente da fare, aveva preso la giacca ed erano usciti di casa insieme.
    Il locale in cui si erano diretti, il "Better Run" era di nuova apertura, ma varcando la soglia della porta d'ingresso che aveva visto giorni migliori, non era necessario un interior designer (?) per capire che quella catapecchia aveva bisogno di un po' di restauro. Almeno, però, c'era il bar.
    A prima vista gli venne da pensare ad un covo per rave in cui lo spaccio di droga era l'attività massima. Lo sapeva che sua sorella si sarebbe cacciata in loschi traffici prima o poi. La guardò severo, prima di essere distratto da un movimento sospetto nella tasca della sua giacca. Sobbalzò, non immaginando che il suo indesiderato cucciolo di ...cos'è che era?... avesse deciso di far festa con lui quella sera. Allargò appena la tasca per intravedere i suoi occhi neri e la linguetta molesta che tentò di raggiungergli la mano. Diana...me lo hai messo tu questo mostro in tasca? Era colpa sua, sapeva che in questo modo avrebbe allontanato l'ottanta per cento delle persone a quella festa. Sbuffò, richiudendo la tasca, non aveva cuore di lasciarlo per strada povero cucciolo, lo avrebbe tenuto in tasca ed avrebbe fatto finta di niente. Prese posto su una lavatrice (?) posta lì a caso e sollevò lo sguardo verso il soffitto non riuscendo ad intravedere da chi provenisse quella voce che gli dava il benvenuto alla festa. Non riuscì a riconoscerla finchè non fu ad un metro da terra, seduta su una palla demolitrice cosparsa di specchi. Ma che...riconobbe Heidrun, con la quale aveva avuto non molto tempo prima dei trascorsi divertenti (?) Ma a Cain non tornavano troppe cose, che intenzioni aveva? Una sedia volò contro il muro andando in mille pezzi, così come altri oggetti. E Cain ci mise del suo, rovesciando un attaccapanni (?) anche se avrebbe sempre potuto usarlo per difendersi dalle schegge in volo #comelaquest.
    Guardò Diana, poco distante da lui e sollevò le spalle. Avrebbe dovuto trovarsi a proprio agio in mezzo a quel casino, ci era abituata dopo anni di allenamento a casa loro. Decise di spostarsi dai lati della stanza perchè rischiava di ritrovarsi qualche scheggia conficcata in luoghi strani, preferì quindi andare verso il centro e approfittarne per salutare Heidrun. Buonasera, serata negativa? Domandò, visto che lei aveva aperto le danze per la distruzione di quel locale. Il leeka leeka, con fare inquietante, fece spuntare la lingua dalla tasca della giacca di Cain, e l'avvicinò pericolosamente alla mano della mora senza farsi vedere. Ma qual'è il tuo problema? Domandò alla creatura, ignaro del suo funzionamento (?). Non ho capito come funziona... lo prese tirò fuori dalla tasca in tutto il suo splendore. Me lo spieghi? Dopotutto glielo aveva regalato lei....magari lo conosceva un po' meglio.
    24 y.o.
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    HEIDRUN ryder CRANE
    Si era sempre trovata più a suo agio nel caos, Heidrun Crane. C’era qualcosa di quieto ed al contempo stimolante nei rumori che si schiacciavano fra loro cercando di farsi valere sui precedenti, negli schiocchi umidi ed acuti del legno che si frantumava e piegava nei vari angoli della stanza.
    C’era qualcosa di così sbagliato da risultare tremendamente giusto, nel sospiro con cui Run sorrise ad una stanza cieca. «Buonasera, serata negativa?» Ci mise qualche istante a mettere a fuoco il suo viso, ma quando infine lo fece, non ebbe alcun dubbio sull’identità del suo interlocutore. Presumibilmente, esisteva qualche paragrafo fisico che permettesse ai gemelli di essere riconoscibili: Xavier aveva la barba, Jayson le occhiaie più acuite, Stiles piccole rughe ai lati delle labbra; Lydia era più alta di Freya, Mitchell più biondo di Jonathan. Chiaramente, tutto ciò per la mimetica non aveva alcuna rilevanza: lei, le differenze, le sentiva. Al contrario del resto del genere umano, Run dava (fin troppo) peso al proprio intuito, che nulla doveva a logiche deduzioni. Quello il motivo per il quale era certa di aver di fronte Cain e non Alexander Lowell, compagno di GO e di capanno a cui mai, al contrario del sopracitato Cain, avrebbe rivolto pensieri sessualmente espliciti (ma che avrebbe volentieri avvolto in una coperta di lana per proteggerlo dal freddo e da tutti i mali del mondo perché era too pure e too precious wat). «non ancora» rispose infine vaga, inarcando le sopracciglia. «ma la notte è giovane» Si tolse l’elmo giallo e glielo piazzò sulla testa, scuotendo brevemente il capo. «proteggi quella bella testolina. non ti mentirò, cain: è probabile che ci servano le tue capacità, questa sera» ah, quale immenso e raro dono quello di poter pronunciare la frase più innocente e sincera del mondo, con il tono divertito ed ambiguo che pareva intendere tutt’altro. Poteva intendere che servisse un guaritore, oppure… oh, lei l’aveva detto che doveva trovarsi altri amici.
    Qualcosa (P) le vibrò nella taschino, e con un’occhiata furtiva Run vide l’ornitorinco appallottolarsi e indicare, con quel suo piccolo becco dorato, una sottile… cosa rosa. P-Gemes non era esattamente la creatura più impavida sulla faccia della terra, in caso ancora non l’aveste capito. Seguì l’origine della cosa finchè non vide che giungeva dalla tasca di Cain; se fosse stato qualcun altro, l’avrebbe ritenuta la cosa più inquietante e raccapricciante della storia, ma in quel caso specifico lei sapeva di cosa si trattava. Spalancò le labbra sorpresa, dando una pacca incoraggiante a P-Gemes perché la smettesse di fungerle da vibratore slash cerca persone slash spazzolino elettrico. «l’hai portato!» esclamò allegra, osservando i piccoli occhietti neri del Leeka Leeka. Era una delle creature più brutte e terrificanti sulla faccia della terra.
    Lo amava in maniera viscerale.
    Aprì il palmo verso di lui, uno sguardo di sottecchi al corto naso scuro del Leeka. Ruotò poi le iridi verde bosco su Cain, che con la Bestia non sembrava essere particolarmente a suo agio. Un sorriso sottile le curvò le labbra mentre la lingua del Leeka le saggiava brevemente il dorso della mano, facendola ridere. «Non ho capito come funziona... Me lo spieghi?» Sotto le luci cangianti del locale, era se possibile ancora più orribile. Abbastanza da risultare meraviglioso, alla distorta lente della Crane. Grattò il mento del Leeka e avvolse un braccio attorno alla spalla di Cain, spingendolo verso il bancone. «volentieri, se…farai un gioco con me» ammiccò a bassa voce, senza resistere alla possibilità di lanciare una sfida in perfetto stile Crane. Gli occhi ridotti ad un’allegra fessura, le labbra a disegnare la smorfia del serpente che suggeriva ad Eva di assaggiare la mela. Saltò agilmente dall’altra parte del bancone, e dagli armadietti prese due bicchierini di vetro ed una bottiglia di rum che agitò, alzando nel mentre le sopracciglia, davanti a Cain. «ogni volta che si pronuncia la parola lingua o leccare, bisogna bere» la stappò e la posò aperta fra i due bicchierini, un’occhiata verso il ragazzo che oscillava fra minaccia e provocazione. «ci stai, cash
    20.01.2017
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    CANZONE, e ora... mh, 00:15 dai #wat

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    «muph. muph?» Difficile che qualcuno riuscisse a svegliare la Skywalker prima di mezzogiorno, soprattutto quando non aveva programmi per la giornata - capitava spesso -, e quella mattina la versione la versione in miniatura di Elijah non avrebbe fatto eccezione. Si girò sul fianco opposto, tirando il piumino fin sopra la testa mentre un mugugno biascicato le sfuggiva dalle labbra, qualcosa come ancora cinque minuti, mamma. Non era poi così raro che il bambino aprisse gli occhi in anticipo rispetto a Murphy, ma solitamente le lasciava i suoi spazi preferendo riservare la sua speciale tortura psicologica a Sin per costringerlo a preparare la colazione, rompendo le palle come solo una creatura di quattro anni era in grado di fare. Peccato si trattasse di una situazione completamente diversa. «muph, ti svegli. dai ti svegli.» Un'affermazione, più che una domanda. E per sottolinearla, le manine cicciotte si infilarono sotto le coperte, andando ad afferrarle la maglia del pigiama per scuoterla e riportare in superficie il subconscio ancora abbandonato tra le braccia di Morfeo. «mmh, eli, lo sai che se vuoi dormire con qualcuno devi andare da Sin...» Spinse indietro lenzuola e affini con un gesto di esagerata esasperazione, gli occhi ancora chiusi, ma perfettamente consci del fascio di luce accecante che gli avrebbe colpiti in pieno una volta presa la decisione di aprirli. Chi aveva insegnato al nanerottolo ad accendere la luce? Chiunque fosse stato andava punito, severamente. «muph.» avrebbe mai imparato a pronunciare le r? e se poi l'avesse avuta moscia come ari? sarebbe stato un sogno. «qualcuno mi ha sgonfiato il palloncino a foma di cane.» what a news. Prima di tutto la geocineta doveva capire a quale palloncino si riferisse, sfida di un certo livello considerati i pochi neuroni fino a quel momento attivatisi. Per avere anche solo una possibilità di comprendere la gravità della faccenda, Murphy si costrinse a sollevare le palpebre, uno spiraglio appena sufficiente per riconoscere la figura del biondino in piedi di fianco al suo letto. Sul pavimento, a strusciarsi contro le gambe di Eli Jr tentando poi un salto disperato tra le coperte, Pomelo, l'agnello ribello. «e ti hanno messo una cosa sulla fonte.» Ecco, quello sembrava proprio un valido motivo per svegliarsi completamente, o quantomeno tentare lo sforzo. Si mise a sedere, la ventenne, fissando quel particolare duo a pochi centimetri da lei, la mano destra sollevata a riparare gli occhi dalla luce. E il coniglio Elijah dov'era finito? Con Athena che minacciava quotidianamente di bollirlo in pentola, Murphy non poteva mai stare tranquilla. «Possiamo ricominciare da capo?» chiese, mentre le dita sfioravano il foglietto che qualche simpatico burlone le aveva incollato alla fronte, come in 'E' un pg di Sara'? Damn, adorava quel gioco, soprattutto dopo un bel bicchiere di Fragolino. «sì. qualcuno mi ha sgonfiato il palloncino. e hai una cosa sulla fonte.» Perspicace, il cucciolo. doveva proprio insegnargli a pronunciare la r, c'era poco da fare. Il pensiero che qualche stalker molesto fosse penetrato in camera sua per appiccicarle quel post it addosso mentre dormiva fu spazzato via nel momento in cui gli occhi cisposi di sonno si soffermarono su ciò che vi era scritto: pesaculi, siete invitati alla festa dell'anno!. Ma pensa. La frase, seguita da un indirizzo che a Murphy diceva poco e niente, non lasciava adito a dubbi, tranne forse quello del chi e come gliel'avesse recapitato. Dettagli. Erano passati ormai venti giorni dal Capodanno e, tutto sommato, la ventenne poteva affermare di essersela cavata egregiamente nonostante la quantità di alcol e droghe presenti, dimostrandosi vera anima da party hard. Almeno secondo il suo punto di vista, questo dovrebbe essere ormai chiaro. E poi, dai, chi non vorrebbe partecipare ad una festa organizzata da sconosciuti in un luogo sconosciuto? Tutti, tipo, ma Murphy stava cercando di recuperare il tempo perduto, ovvero quegli anni in cui avrebbe dovuto pensare a fare baldoria tutte le sere (?) invece che limitarsi a qualche capatina in spiaggia per spezzare il ritmo convulso di lavoro e allenamenti. Sotto quel punto di vista raggiungeva a mala pena il livello di Erin, Scott e Skandar, dimostrando così il motivo per cui si trovavano tanto bene insieme. «Eli hai sentito?» no, perché non aveva letto il biglietto ad alta voce «Stasera vado ad una festa. Che mi metto? Non ho niente da mettermi. Ugh!» Sulla scia di quella rivelazione era saltata giù dal suo talamo non nuziale (?), trascinandosi dietro coperte e lenzuola per un pezzo prima di riuscire a sciogliere il groviglio delle stesse attorno alle gambe, arraffando alla bell'e meglio il cellulare abbandonato sulla scrivania la sera precedente. Non voglio mentirvi: tentò prima di contattare i Chips, telefonando ad entrambi senza avere successo. Dormivano, loro. Abbassò rapidamente lo sguardo quando Pomelo prese a farle le fusa contro le caviglie - gli agnelli fanno le fusa? fingiamo di sì -, e fu mentre grattava amorevole la testolina dell'animale che ebbe un'illuminazione, dettata più dalla mancanza di alternative realizzabili che altro. Shot non era esattamente tipo da festa e, conoscendolo, avrebbe fatto di tutto per andarsene appena messo piede nel locale o ovunque fosse stato organizzato quel parti, ma non se la sentiva di chiedere a Phil; non tanto perché fosse praticamente suo padre, quanto perché temeva seriamente di vederlo uscire di nuovo strafatto e con un paio di minorenni a braccetto. Coca e mignotte tutta la notte, ma solo fino ad un certo punto #wat.

    sveglia sveglia bello di paeglia (?)
    dove sei che fai
    oh stasera ci vieni ad una festa?
    e non spifferare a sin



    Better Run. Quanto era stata scema a non capirlo subito! Il realtà il dubbio aveva serpeggiato nella mente di Murphy per tutto il pomeriggio, il che spiegava perché il suo subconscio non le avesse suggerito di scrivere ad Heidrun per invitarla all'ormai famoso flash party, ma non ci aveva davvero pensato , capite? E poi la questione dress code l'aveva tenuta impegnata per gran parte del pomeriggio (terminata infine con una scelta ovvia e, ma non diteglielo, alquanto banale), e tutto il resto le era sfuggito inevitabilmente tra le dita. Aveva indossato una salopette di jeans, scovata nell'armadio di Athena, alla quale era stata costretta a fare dei bellissimi risvoltini per non inciampare, sopra ad una maglietta a righe bianche e nere che sarebbe potuta andare bene forse a Eli jr, tanto era corta. Perdoname madre por mi vida loca. Ma fuori c'erano comunque cinque o sei fucking gradi, e prima di uscire e saltare in sella alla sua bicicletta, la geocineta si era lasciata avvolgere dalla giacca pelosa di Chuwecca che Skandar le aveva regalato a Natale (vero, frá?), con tanto di cappuccio provvisto di orecchie calato sulla testa. Jeesus, sembrava proprio una cretina. Così, spavalda e indifferente ai mille pericoli della notte (?), si era avviata pedalando e probabilmente sudando sotto la spessa pelliccia arruffata, fino a raggiungere l'ormai familiare roulotte di Shot. Non avrebbe mai compreso perché il ragazzo seguitasse a fare il senza fissa dimora invece che chiedere a Sin di andare a vivere insieme come una vera coppia moderna, ma considerato come procedevano rapidamente le cose tra la sinuke, alla Skywalker andava più che bene anche così. «Mettiti il casco, prendiamo la moto.» Lì per lì Murphy aveva finto di non capire, rimanendo impettita a cavalcioni della sua Graziella arruginita, allargando entrambe le braccia come a voler sottolineare l'ovvio. «Ma ho portato la bici! Dai Shot, puoi metterti seduto sulla canna!» «No.» Spaccagioia nell'anima, proprio.
    Better Run. Un classico. Le labbra della ventenne si erano distese in un sorriso estasiato, quando Heidrun era apparsa aggrappata alla palla da demolizioni, e solo per puro caso aveva evitato di prendersi una chiave inglese in faccia nel momento in cui l'amica aveva cominciato a lanciare attrezzi vari sul pubblico (?); quella sí che era una fucking festa. «ME LO SENTIVO CHE LA SALOPETTE ERA L'OUTFIT PERFETTO!» E, infatti, sembrava proprio un muratore.
    20 y.o
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    20.01.2017
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    Il resto al prossimo post che c'è il signore degli anelli in tv ciá
     
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    diana cash
    Diana era sempre in vena quando si trattava di partecipare ad una festa dove correvano fiumi di alcool sotto cui avrebbe potuto fare persino la doccia. Lo shopping pre-party era quasi d'obbligo, se Silver fosse stata disponibile a quell'ora l'avrebbe portata con sé per dello sano shopping, ma caso voleva che nelle ore diurne doveva sorbirsi il fratello.
    Non che non gli volesse bene, al contrario, ma di accompagnarla a fare shopping proprio non se ne parlava, era un uomo non capiva cosa significava entrare in un negozio, e lei come donna sapeva che oltrepassata la soglia non c'era modo di tornare indietro, i camerini sembravano inviarle strane vibrazioni, chiamandola a loro. E così era trascorso un pomeriggio, tra abiti e scarpe di tutte le forme e colori.
    Al rientro a casa non si era certo aspettava di trovare Cain comodamente seduto in cucina. Era la serata perfetta, sapeva cosa dovevano lei e Silver, in fin dei conti lui sapeva sempre tutto ciò che le ragazze facevano, peggio che avere una balia 24h. Era difficile trattenersi dal prenderlo a schiaffi sopratutto quando la chiamava figlia, perchè se un giorno avesse cominciato a considerarlo un padre avrebbe fatto bene a chiudersi in un convento babbano e buttare la chiave. AL solo pensiero rabbrividì. Vado ad una festa, non aspettarmi alzato gli aveva detto cominciando a prepararsi incurante della presenza dell'altro nella camera da letto. Sappi che mi vendicherò per la serata donne rovinata gli aveva detto mentre uscivano di casa insieme, come sempre d'altronde. Insieme.
    le chiese il fratello e lei non potè che sorridere angelicamente Non so di che cosa tu sia parlando... padre strizzò l'occhio entrando nel locale, ignorando deliberatamente le occhiate che riceveva. Mica lo aveva obbligato lei ad andare in quel locale, poteva starsene a casa, telescopio alla mano e cartina astronomica nell'altra. Dal nulla comparve una ragazza che Diana ricordava di aver visto quella notte insieme ad Alec, sembrava che ogni cosa dovesse ricordarle il passato, un passato di cui ancora portava le ferite, troppo fresche per essere anche solo lontanamente rimarginate. Si separò dal fratello andando alla ricerca di qualcosa da bere, qualcosa di molto forte da bere.
    La cosa più forte che tu abbia dolcezza disse mandando un bacio scherzosamente al barista, hot barista. L'alcool l'avrebbe aiutata a distendere i nervi ed a lasciare libera la mente, niente più pensieri di morte e distruzione, voleva solamente sentire la musica scorrerle nelle vene ed il corpo muoversi tra la folla (quale folla?). Grazie tesoro, sei stavo velocissimo! prese un paio di sorsi dal bicchiere sentendo subito il liquido percorrere il tratto lasciando lingue infuocate ed entrando in circolo dove avrebbe presto cominciato a fare effetto. Attorno a lei era il caos, per lo più c'erano una sfilza di oggetti che volava a destra e sinistra rischiando di colpire chiunque. Lanciò uno sguardo al fratello trovandolo impegnato in una conversazione con la mora di prima, Haidrun? QUando mi hanno parlato di questa festa pensavo si trattasse di alcool e droga, non di un'impresa di ris- ehm distruzione. Dammene un altro bello e continua così D, prima o poi riuscirai ad ubriacarti ed a smettere di tenere tuo fratello sott'occhio, è un bimbo cresciuto e può fare ciò che vuole!
    21 y.o
    deatheater
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    We live in a society because we need each other. People need people ©
    scusate il post, ho scritto prima di andare a letto xD avevo anche sbagliato account, ciao non leggete
     
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  6. silvercain
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    travis cain cash
    La mattina di Natale, in cui aveva trovato quella creatura (o meglio quella creatura aveva trovato lui) era stata terrificante. Molti sperano di svegliarsi la mattina di Natale con bei pensieri, magari ridestati dalla fragranza di qualche dolce alla mela appena sfornato, mentre Cain aveva aperto gli occhi ritrovandosi riverso sopra di sé quello strano essere, con la lingua a minacciargli il volto ancora assonnato. Aveva gridato, e sapeva che da qualche parte dentro di sé aveva gridato anche Silver, e poi, come sempre, era esploso in un DAIANA. Convinto che la ragazza fosse l’artefice di uno scherzo, ma poi gli era stato spiegato, con troppa calma, che quello era un regalo di Run. E Cain era “esperto” del mondo magico fino ad un certo punto, non conosceva tutte le creature che lo popolavano, non conosceva quel leeka leeka. Ma, bè…avrebbe piacevolmente atteso di scoprirlo dopo aver bevuto qualcosa. Era un gioco fin troppo facile per chi avesse voglia di ubriacarsi. Ci sto...e ad ogni bicchiere una caratteristica del mostro...sono sicuro che serva a qualcosa. Ne era più che certo, anche perché quando una volta quell’esserino aveva leccato il suo vicino di casa - dopo essersi infiltrato in casa sua – lo aveva reso l’essere più purtrido e fetido sulla faccia della terra, Cain aveva persino pensato di cambiare appartamento per almeno due ore, ed era stato ad un passo da contattare l’agenzia per stargli lontano. Insomma, non una reazione tanto normale (?) Lanciò un’occhiata a sua sorella, che poco distante da lui aveva iniziato a bere. Aveva sempre un po’ di timore quando la vedeva con un bicchiere di alcol in mano, perché era apprensivo, temeva che avrebbe potuto diventarne dipendente poi, o stare male, o fare qualcosa di stupido, poi distolse subito lo sguardo, non dandole peso. E’ una festa, dannazione, rilassati. Da quanto tempo non partecipava ad una festa? O meglio, una festa di quel tipo? - No, non in cui vengono distrutte le stanze, ma una festa in cui viaggia alcool a litri… - in genere, questo tipo di feste si svolgono di notte, a meno che non si tratti di un compleanno di un qualche adolescente e Cain non vi partecipava da anni. Ma adesso, cosa più importante, il gioco. Si concentrò completamente sulla ragazza che aveva dinnanzi, i cui occhi color bosco ricordavano tanto i suoi, un colore simile, ma più chiaro. Più erba che legno, nel suo sguardo. Quante lingue parli, Run? Domandò, bevendo il suo primo bicchiere, lasciando che questo gli bruciasse la lingua, e storcendo il naso per un istante, un mezzo secondo appena visibile, era un piccolo vizio che aveva quando beveva. Lingue è plurale, quindi vale due #WAT e riempì il bicchiere una seconda vola. BARO.
    24 y.o.
    pureblood
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  7. Thalitha
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    25 anni
    Purosangue
    Occlumante
    Erano passati dei giorni da quando aveva conosciuto il mondo che si era creato, li aveva passati chiusa in una stanza a cercare disperatamente nella sua memoria tracce che la conducessero verso i suoi ricordi purtroppo era stato tutto inutile. Ci aveva provato in ogni modo, seguendo qualunque consiglio, eppure la sua mente e la sua memoria erano una tabula rasa, una lastra di cera pulita su cui scrivere una nuova storia. Profonde lacrime avevano solcato il suo viso bruciando crudeli sulla bianca pelle di lei, avrebbe voluto urlare tutto quello che provava eppure aprendo le labbra non usciva nessun suono, forse perché alla fine nemmeno lei sapeva cosa provasse.
    Nonostante ciò che le era successo, nonostante i laboratori e gli esperimenti subiti, lei non era ancora capace di capire le emozioni. "Sono una sciocca." si era detta più volte pensando a quanto fosse naturale per le persone essere empatiche, quando per lei quella era la cosa più impossibile del mondo. "Le emozioni non hanno senso! Perché dovrei voler bene a chi mi ha fatto male?" si domandava guardandosi allo specchio pensando a quei genitori feriti dai figli che ancora gli volevano bene. Magari prima di perdere la memoria era empatica e capiva quel arzigogolato incastro di logica,sensazioni e cuore; forse lo era e non lo ricordava, non l'avrebbe ricordato più.
    Sospirò allo specchio osservando il suo volto pallido incorniciato dalla liscia chioma nera, sorrise appena pensando che alla fine aveva solo buttato tempo utile e qualcosa fuori dalla finestra la colpì: la voce di qualcuno diceva che ci sarebbe stata una festa in un locale chiamato Better Run. Le parve incredibile che in quel mondo ci fosse qualcuno che promuoveva feste, eppure un sorriso brillante le aveva illuminato il volto; voleva andarci, voleva vedere se era in grado di essere una semplice venticinquenne come le altre, voleva provare l'ebrezza della vita fuori dalla sua stanza anche se avrebbe significato perdere la tranquilla sicurezza della sua stanza.
    Non vi pensò oltre e si guardò intorno alla ricerca di un vestito che andasse bene per l'occasione, trovò solo un minidress di tartan rosso con una sottogonna di tulle nero le spalline nere e una fascia in trasparenza sulla gonna; vi abbinò un paio di calze a rete nere, un braccialetto di borchie nero e uno strangolino nero con un teschio di metallo levigato sul davanti, poi dato il freddo aveva infilato una cappa di lana grigia con dei bottoni rettangolari neri; si era guardata allo specchio decidendo di lasciare i capelli sciolti per poi passarsi solo un filo di rossetto rosso e quindi era uscita.
    Il risoluto sorriso che le illuminava il volto pareva la risposta a tutte le domande e in quel momento la faceva sentire sicura e felice, capace di tutto. Vi mise un tempo quasi interminabile per raggiungere il locale, che alla fine si rivelò una bettola, ma quando arrivò era quasi mezzanotte e mezza. Dentro pareva di stare in mezzo ad una demolizione con una sorta di celebrità che scendeva su una palla di cemento per poi chiacchierare con un uomo, una ragazzina in salopette aveva evitato una chiave inglese che Lita aveva afferrato al volo: aveva scoperto di avere una buona coordinazione in fatto di ricezioni. Si guardò attorno per qualche minuto domandandosi se fosse quello il genere di feste che seguiva anni prima, ma nessun ricordo le fece largo nella memoria, peccato, così decise di avvicinarsi al bar evitando di prendersi qualche oggetto addosso e di ordinare qualcosa da bere: cosa avrebbe ordinato che nemmeno sapeva cosa bevesse?! "Una caipirinha, per favore." chiese tranquillamente sorprendendosi di conoscere il nome di un alcolico.
    Thalitha
    O'Connell
    Non avere più memoria di sé non significa essere morti.
     
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  8. Arachibutyrophobia
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    James "cope" Simmons
    Delle volte l'unica cosa di cui tutti hanno bisogno è semplicemente di un po' di pace. Un momento di tranquillità in cui non fare nulla se non ascoltare il battito del proprio cuore. Ma, quando sei un ribelle poco ben visto da quasi tutta la tua stessa "fazione, è difficile trovare quell'attimo di serenità, in particolar modo se ti trovi in un laboratorio dove i pazienti urlano in preda a dolori atroci e quasi disumani. Si premette(?) le mani contro le orecchie, chiuse gli occhi e lasciò che i gomiti atterrassero pesantemente sul tavolo pieno di fogli. Perchè non avevano deciso di insonorizzare quella parte dei laboratori? Insomma, come si aspettavano di trovare una cura se le urla degli Esperimenti continuavano a perforare i loro acuti ed ingegnosi cervelli? La porta si spalancò cogliendo di sorpresa Simmons che, inavvertitamente, tolse le mani dalle orecchie «guarda qui!» esordì Fitz porgendogli una sorta di volantino. Per qualche attimo lo sguardo di James rimase perso da qualche parte sul volto di Lena, non capendo cosa stesse succedendo: le urla erano finite, terminate di colpo senza alcun preavviso. I suoni acuti e strazianti degli Esperimenti si erano interrotti non appena la maniglia aveva cigolato sotto la presa della sua amica, ma gli bastò poco per fingere che non fosse successo nulla e prestare attenzione al pezzo di carta presentatogli di Lena. «vestitevi comodi 00.00 20/01/17» lesse ad alta voce portando il manifesto all'altezza degli occhi, quando lo abbassò uno sguardo scettico incontrò quello della sua migliore amica «ti prego, dimmi che non è una di quelle feste come quella di capodanno» i ricordi di quella notte erano piuttosto confusi, ma ricordava chiaramente di aver baciato qualcuno che nemmeno conosceva, qualcuno che non avrebbe dovuto baciare quella sera (ma chi non aveva fatto la stessa cosa quella sera?). Rabbrividì al pensiero e scrollò le spalle <i>«preferisco rimanere qui a finire questa... cosa. Lo sai che le feste non sono il mio forte» anche quando andavano a scuola James non aveva mai partecipato attivamente a quel genere di cose, certo aveva preso ovviamente parti ai pranzi natalizi e alle cene di Halloween, ma il Ballo del Ceppo? Le feste organizzate ad Hogsmade o chissà dove e che erano piene di studenti che avevano oltrepassato i confini durante l'anno scolastico? In sette anni si potevano contare sulle dita di una mano il numero di aventi di questo genere a cui aveva acconsentito di partecipare e, se non fosse stato per Lena, probabilmente non ci sarebbe il bisogno di contarli oggi. Non le dava certo la colpa, ma sapeva bene che senza Fitz lui avrebbe avuto molti meno amici a partire proprio da lei. Le doveva molto, ma non poteva rimanere a "casa" almeno quella volta, magari guardando Netflix con una bella ciotola di popcorn? No? No. «Sappi che me la paghi questa, Fitz»

    20/01/2017 ore 00.02


    Inutile dire che si crepava di freddo fuori e che fu un sollievo entrare in quel locale, stranamente fornito di riscaldamento nonostante le condizioni fatiscenti. Indossare solo una camicia e un cardigan troppo leggero per l'inverno non era stata esattamente l'idea del secolo, ma il volantino diceva di vestirsi comodi e un piumino caldo e confortevole non era proprio il massimo della comodità. «c'è troppa gente per i miei gusti, non credo che sarà quel genere di festa dove ci si riunisce attorno ad un bicchiere di champagne a chiacchierare di tematiche raffinate» non che quest'altro genere di evento lo allettasse più di quello a cui stava prendendo parte, ma almeno a quelle feste nessuno rischiava la morte, di solito. Quando la musica iniziò e una gigantesca palla stroboscopica iniziò la sua discesa, la figura di Run si presentò chiaramente agli occhi del dottore, sorridendo e applaudendo per l'ingresso ad effetto: ricordava che anche quando era un'adescatrice amava fare quel genere di entrate, gli era rimasto particolarmente rimasto impresso quando una volta entrò seguita da un corteo di ballerini vestiti da pappagalli blu mentre cani che portavano cesti di frutta sul dorso le giravano attorno in chissà quale danza tribale amazzonica. Per non parlare delle piogge di coriandoli che, inspiegabilmente, scendevano al momento giusto praticamente ovunque. Run era un personaggio davvero singolare ed unico nel suo genere, probabilmente era proprio quello a garantirle l'affetto di un po' tutti. «distruggetela» il sorriso di James si spense di colpo mentre gli occhi si sgranavano dopo aver sentito quell'unica di parola. Ora, Simmons non era molto ferrato in ambito economico o finanziario e ancor meno sapeva circa al gestione di un locale, ma temette che quella non fosse stata esattamente la mossa più astuta per inaugurare il posto. Povero illuso, Heidrun Ryder Crane aveva ovviamente un piano geniale.., vero? Dai, Simmons si sarebbe accontentato anche solo di un piano non necessariamente prodotto da una mente sopraffina, bastava che ce ne fosse uno. La regia si era tolta ogni responsabilità ma, immaginando che gli ingegneri e architetti a quella festa non dovevano essere molti, non sarebbe stato difficile vedere gente accanirsi contro colonne portanti, causando poi il crollo della struttura. Si augurò che le parti fondamentali del Better Run fossero magicamente assicurate e si incamminò verso una delle ceste contenente gli elmetti. Prese due caschi gialli e ne porse uno a Lena «visto che siamo in ballo, tanto vale ballare». Strano ma vero, anche il timido James Simmons aveva degli inaspettati momenti di intraprendenza e questo sembrava essere uno di quelli. Prese quello che sembrava un tubo di ferro, staccato da chissà quale lavandino in chissà quale autogrill sul ciglio di chissà quale strada, e lo fece roteare qualche volta nel palmo. Nonostante si illudesse di avere delle skills nel combattimento, effettivamente doveva molto alla sua estrema fortuna. Fu proprio quella che evitò la castrazione di un Serpeverde, la cecità di un chiaroveggente e un bellissimo ematoma viola sul volto di una Mangiamorte. Ma, visto che anche per James c'era un limite alla fortuna, il tubo cadde a terra con un casino bestiale, amplificato dall'assenza di musica poichè il dj (c'è un dj? Be' ora sì, dai) stava cambiando brano. E Lena aveva ancora il coraggio di chiedersi perchè Simmons odiasse tanto le feste?! Lo sguardo di almeno venti persone si rivolse verso l'ex-Corvonero che, rosso per l'imbarazzo fino alla radice dei capelli, si chinò velocemente per riafferrare l'arma (?) e nasconderla dietro la schiena. La musica ripartì e tutti sembrarono essersi improvvisamente dimenticati dell'accaduto, tutti tranne Simmons che, ovviamente, avrebbe pensato a quell'episodio per i prossimi otto anni ogni sera prima di addormentarsi. «iniziamo bene» sussurrò a sè stesso per poi guardare Fitz sorridendole mentre stringeva saldamente il tubo. Avrebbe preso dei guanti, delle ginocchiere, delle gomitiere, un giubbotto antiproiettile, un giubbotto salvagente e anche il proteggi-pancione che Run doveva aver preso per Jade, ma quando era rrivato non aveva trovato molto altro a decine decine di caschetti gialli. Le schegge iniziarono a volare, facendo temere James per la propria vista, così come le urla divertite e i suoni di oggetti che andavano in frantumi.
    Secondo la teoria delle finestre rotte il vandalismo e la criminalità si spargerebbero a macchia d'olio lì dove è già presente una testimonianza di esse: Ad esempio l'esistenza di una finestra rotta (da cui il nome della teoria) potrebbe generare fenomeni di emulazione, portando qualcun altro a rompere un lampione o un idrante, dando così inizio a una spirale di degrado urbano e sociale.
    Fu proprio vedendo gli altri scatenarsi nel vandalizzare quel luogo che James si disse «perchè no?» e menò il tubo metallico a destra e manca vicino a quella che sembrava una reception da albergo. Il bancone iniziò a cospargersi di macchie chiare, segno che Simmons stava rimuovendo la vernice e pezzi di legno scuro, rivelandone l'interno di un marrone meno scuro. E visto che le figure di cacca non erano mai troppe, per poco non frantumò la spalla di una ragazza la spalla «Oh mio Darwin! Scusami, stai bene?» poggiò un mano sulla schiena della ragazza per attirare la sua attenzione (come se il tubo non lo avesse già fatto) e, quando questa si girò, James fu lieto di non aver quasi-mutilato una sconosciuta «Muprhy! Che bello rivderti!» in effetti era da un pò che non vedeva la sua geocineta preferita ed era stata davvero una piacevole sorpresa incontrarla lì «come facevi a sapere che avremmo distrutto/ricostruito questo posto? Run ti ha dato informazioni che non ha dato anche a noi?» disse perplesso notando la salopette della ventenne «se è così, mi reputo ufficialmente offeso. Pensavo che ci fosse un po' di complicità tra noi!» disse riferendosi alla castalab. Insomma, dopo aver fatto esperimenti su cavie umane insieme si stringe una sorta di legame non facilmente trascurabile.
    25 y.o.
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    20.01.2017
    might be a sinner and might be a saint ©

    Parla con Fotz e poi con Murphy, dopo averle quasi fratturato una spalla #viacosìSimmons
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    ci ho messo più a scegliere la canzone che a scrivere il post, ma che vita è?
     
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    HEIDRUN ryder CRANE
    Il sorriso si allargò sulle labbra di Run, la mano ad indugiare sopra la bottiglia di rum appena aperta. Lanciare sfide era il suo stile di vita, e raramente qualcuno resisteva alle implicite scommesse della Crane – ed era consapevole, lei, che quell’arrendersi era dovuto perlopiù alla possibilità di levarle quella scintilla compiaciuta che brillava nelle iridi verdi.
    La amavano così.
    Distrattamente, riempì uno dei due bicchierini fino all’orlo, per poi stringerlo nel palmo e buttare giù una golata di liquido infiammabile e di pessima qualità, quelli che ti danno la sbronza facile al minor prezzo. Indovinate da chi si era fatta smerciare la robba? Beh, smerciare forse era una parolona.
    Dubitava che Spaco lo sapesse, ma contava il pensiero. Scosse il capo in un sibilo fra i denti, mettendo nuovamente a fuoco Cain di fronte a sé. Ah già, il giochino alcolico era per entrambi. «stavo pensando a lingua, dovevo bere» si giustificò sovrappensiero, stringendosi nelle spalle. Lo disse con una tale innocente naturalezza, che per quanto la frase potesse suonare ambigua, era chiaro ch’ella non stesse pensando a nulla che potesse essere esplicitato solamente fuori dalla fascia protetta. Di fatti, lo sbadato ed assorto pensiero di Run era volato sulle sfide in spiaggia con Murphy, dove con la lingua dovevano disegnare faccine sul gelato. Una volta, e ne erano state concorde entrambi, la Crane aveva palesemente dato vita ad un icecream!Sinclair; Murphy, più di una volta, aveva approfittato del gelato alla crema solo per una cosa («il fatto che sia giallo, murph, non lo fa assomigliare ad un biondo» «lasciami sognare, run»). Il sorriso con il quale accompagnò quell’affermazione, però, non fece nulla per inibire il doppio senso. Heidrun sapeva che non c’era nulla di osceno nei propri pensieri, ma che Heidrun sarebbe stata se non l’avesse almeno lasciato intendere? « Quante lingue parli, Run?» Run si morse il labbro inferiore per soffocare una risata, mentre riempiva entrambi i bicchieri e porgeva il proprio per fare un cin cin. «davvero è la prima cosa che ti è venuta in mente parlando di lingua e tre shottini erano già belli che serviti, mentre i due ne buttavano giù uno dopo l’altro. Inutile dire che alla Crane ormai non facevano neanche più effetto, acqua minerale per un corridore esperto. «vagamente offensivo» sottolineò, infilando le braccia nelle bretelle scure e facendole schioccare contro le spalle. «comunque, per inciso, tutte: posso assorbire l’omnilinguismo dagli altri poteri» si sedette sul bancone pensierosa, le gambe a pendere da un lato. «quindi… qualunque lingua tu vuoi che io parli» e quattro, mentre a sopracciglia allusivamente inarcate riempiva nuovamente i bicchierini.
    Indovinate chi sarebbe andato in coma etilico entro l’alba? Cain e Run, la risposta era Cain e Run. Battè le mani fra loro, l’aria aspirata a denti stretti per rinfrescare una gola in fiamme. Allungò la mano per farsi porgere Sciaia, così Run aveva deciso di chiamarlo in onore di una vecchia amicizia, che tenne sul palmo per osservarlo da vicino. «sostanzialmente i Leeka-Leeka hanno la capacità di individuare se qualcuno è intenzionato a far del male al proprio padrone» gli grattò il mento, guadagnandosi un’occhiata felice di Sciaia ed un brontolio irritato di P-Gemes (aw, ma che faceva agli Hamilton? #simpa). «se è così, quando lo leccheranno» pausa shottino, morte in avvicinamento. «perché ovviamente lo faranno, la loro lingua» shottino, evviva la vita! «secernerà una sostanza che li renderà repellenti per un paio d’ore, così che nessuno gli si avvicini; in caso contrario, invece, grazie alle particolarità della saliva rendono più facile la conversazione» si schiarì la voce, porgendo nuovamente Sciaia a Cain. «considerando che mi ha già leccato» shottino! «se non mi trovi repellente, probabilmente significa che non ti farò alcun male» sbattè languidamente le ciglia. «mi trovi rivoltante?» il solo pensiero che qualcuno potesse trovarla rivoltante, le metteva i brividi. Lei era Heidrun Crane, non esisteva anima al mondo a cui non piacesse – e si intende in senso buono, come compagnia per finire la pizza fredda del giorno prima #wat. «domanda retorica, è impossibile. E lo so per certo perché non intendo farti nulla» per ora, ma quello non lo disse ad alta voce, espresso solamente nel morbido sorriso che le curvava le labbra. Lanciò il bicchierino al suolo, osservandolo affascinata mentre sbocciava come un fiore in primavera in mille schegge; quindi, soddisfatta, saltò giù dal bancone tornando vicino a Cain, e schiacciò tali frammenti con gli scarponcini. Alzò le braccia per stiracchiarsi, un gatto satollo in un mondo morbido e colorato dove nulla poteva tangerlo. «ma ciò non significa che tu possa fidarti della sottoscritta» bisbigliò appena con espressione scherzosa, lo sguardo una scintilla di malizioso divertimento.
    Ed in fondo a quella smorfia, sotto le foglie smeraldo di quegli occhi verdi, il briciolo di verità promesso e promosso dall’alcool. «raccontami qualcosa di te» perché sentire le storie degli altri era sempre più facile, tollerabile, che non ascoltare e riascoltare la propria, un eco infinito fra pareti sottili. «anzi…» si picchiettò l’indice sul labbro inferiore con aria pensierosa, prima di alzare gli occhi sul suo interlocutore. «sei bello, lo sai?» esordì con un commento totalmente random, sottolineando l’ovvio. Tipico di Run fare complimenti casuali nel tono leggero che neanche s’imponeva di suonare come elogio, ma perlopiù come dato di fatto. «comunque, dicevo: anzi, voglio sapere di tutti un po’» non sapeva neanche più lei quanto stava andando blaterando, con il sorriso di chi prometteva un passatempo screziato di meraviglia e tanti vaffanculo, Run che già sentiva aleggiare nell’aria. Senza alcuna avvisaglia, prese uno degli sgabelli vicino al bancone e lo tenne stretto fra le mani, prima di scagliarlo con forza contro il bancone stesso. Il suono prodotto dal legno che si spezzava non era poi così differente da quello delle ossa umane; il sorriso con il quale lo pensò, diede tutto un altro significato a quell’innocente osservazione.
    Se già prima Heidrun Crane funzionava al contrario, da un paio di mesi a quella parte funzionava al contrario e ribaltata, come la pellicola di un film riprodotta a testa in giù e sull’anta di un armadio. Tenne solamente una gamba di quello che era stato un sgabello, e lo soppesò fra le mani con calibrata attenzione. «EHI, TU» gridò in un punto imprecisato della folla, sovrastando la musica che faceva vibrare i mobili e le costole. Nuovamente senza avvisare, Run lanciò l’arma con precisione chirurgica verso la testa di uno dei presenti (e noi tutti confidiamo che nessuno sia così pirla da non indossare il casco), indicando poi con l’indice di avvicinarsi. «facciamo un nuovo gioco, cash» sussurrò a Cain, senza guardarlo. «domande random a gente random, ed è richiesta assoluta verità. Per coinvolgere qualcuno nella partita, bisogna colpirlo – o, perlomeno, provarci. Dopo la risposta, meritato shottino per tutti, chiaramente offerto dalla casa» che ciatella di merda.
    La amavano così.
    «e poi il giro ricomincia. colui, o colei, che maggiormente aprirà il suo cuore, vincerà un giro con la sottoscritta» velata malizia nella piega delle labbra, negli occhi ridotti a fessura. P-Gemes, percependo il suo momento di entrare in scena, cominciò a sbatacchiare la coda contro il bancone. Il suo personale rullo di tamburi. «…SULLA PALLA DEMOLITRICE!» concluse in un grido, alzando le braccia al cielo con una risata giovane e friabile come zollette di zucchero.
    Che strano e meraviglioso miscuglio di audacia ed innocenza consapevole, era Heidrun Ryder Crane.
    «hai mai pensato di cancellarti la memoria e ricominciare da capo?» domandò quindi al nuovo arrivato, senza neanche guardarlo, mentre cercava di recuperare un mini casco giallo da mettere al suo ornitorinco.
    Che mamma premurosa.
    20.01.2017
    20 y.o. / mimesis
    death eater
    party now rehab later
    i got 99 problems but dying ain't one ©



    GIOCHINO STUPIDO TUTTI INVITATI FATEVI AVANTI
    Dato che dal post non si capisce, ve lo spiego. Allora:
    - A lancia un piatto (?) contro B, B è ufficialmente parte del gioco
    - A fa una domanda a B, e B deve rispondere
    - Tutti bevono
    - B lancia qualcosa a C, che entra a far parte del gioco
    ecc.

    Run parla con Cain e lancia qualcosa a qualcuno a caso, non ho specificato chi, VUOI ESSERE TU? SARAI TU!

    canzone:

    Video
     
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  10. hufflemuffin
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    charles 'nikolaj' doyle
    Il nipote dell'ex capocasata tassorosso, che dallo zio aveva preso fin troppo -tendenza a shippare compresa- si era aggirato quasi un'ora per Quo Vadis Town, alla ricerca del nuovo locale che, a quanto aveva capito, era ad una specie di inaugurazione. O almeno così aveva capito, lui mica si intendeva di queste cose. Credeva semplicemente che fosse giusto fare amici e divertirsi con gli altri e quindi eccolo lì, a vagare con un sorriso sul volto e dei vestiti che urlavano "porto disagio". Jeans decenti, addirittura, ed una semplice t-shirt bianca con una fantasia. Chiunque gli avrebbe dato del pazzo per aver deciso di girare vestito in quel modo, ma chi conosceva Charlie sapeva il perché. L'Inghilterra era troppo mite, per un mezzosangue che viveva a nord della Scozia che praticamente più a nord non si può, talmente a nord che Salvini sarebbe così orgoglioso di lui #wat. Era famoso per lamentarsi di come facesse caldo ogni qualvolta la temperatura superava gli zero gradi (celsius, fortunatamente, e non kelvin, sennò ci sarebbe stato davvero da preoccuparsi). Era entrato nel locale con convinzione, un sorriso sul volto e la voglia... più di fare amicizia che non di bere, a dir la verità. Dettagli. Poi, nel sentire il fatto che si sarebbero spaccate cose... Ok, forse non era il genere di festicciole a cui era abituato, con brownies di erba e discorsi filosofici improbabili, nonché condivisione di tutte le ultime ship che erano nate. Ovviamente, il compito principale del ragazzo era di comunicarle immediatamente allo zio. Charles Boyle, colui che aveva dato inizio al suo involontario cambio nome in "Nikolaj" con cinquanta chili di "J", era non solo un suo parente, ma il suo più grande idolo. Il vero fondatore di ogni ship club, amato da tutto e da tutti, che amava tutto e tutti. Specialmente quando stavano insieme e facevano pubbliche dimostrazioni d'affetto. Si sentiva in dovere, praticamente in ogni occasione, di dimostrarsi degno di quel sangue Boyle che gli scorreva nelle vene, per quanto il cognome variasse di una lettera. Quella era pura casualità, sia chiaro. Teneva stretto un bicchiere di vodka pesca lemon in una mano, alzandolo di tanto in tanto ed urlando/cantando convintissimo, mentre in testa aveva il casco per la protezione e... Davvero, gli sarebbe senza dubbio servito. «EHI, TU!» Si voltò in direzione dell'urlo, lo sguardo incontrò la sagoma di Heidrun, riconosciuta giusto per le foto sparse un po' ovunque a causa della sua sparizione. Non ebbe tempo di risponderle, o di ragionare, ma solo di notare la gamba del tavolo che, svelta, rischiava di colpirlo senza alcuna esitazione. Spostò leggermente il capo, giusto per evitare di venir colpito in pieno, ma magari un po' più di striscio, di modo che fosse meno doloroso. «Yo?» Disse in direzione di Run, anche se ancora stordito, con un sorriso da ebete sul volto. Insomma, la domanda era molto più profonda di ciò a cui una persona come Charlie poteva essere preparato. «hai mai pensato di cancellarti la memoria e ricominciare da capo?» Ricominciare da capo? Cosa poteva intendere con una frase simile? Non poteva essere macabra, insomma, erano ad una festa. Ripensò per un momento a Erin e Nathan, al Quartier Generale, a cosa loro avrebbero pensato, e si rese conto che forse aveva davvero capito. «Una serie tv o un libro? Beh, CERTO, sai quanto sarebbe figo?» Come al solito, aveva lasciato ogni tipo di serietà alle spalle. Buttò giù il resto del drink, rimanendo con in mano un bicchiere in vetro vuoto. Insomma, non era ovvio il suo dovere a quel punto? «Ricciolobarbuto, per di qua!» Parlava con Shot, ovviamente, ed allo stesso lanciò il bicchiere, puntando chissà dove, tanto tirava peggio di un bambinetto. Senza nemmeno sapere che a capodanno si era smezzato una canna col fratello minore, ooops. La ragazza di prima, però, lo prese immediatamente in simpatia e si avvicinò a lui. Gli suggerì una domanda ed annuii, osservando i due malcapitati con un sorriso. «Tu e... lei» Indicò Murphy con l'indice, per poi posare di nuovo lo sguardo su Shot. «beh, avete già...» Rimase in silenzio per qualche minuto, guardando in basso, poi l'altro, ma faceva tutto parte della scena. «sì, insomma, avete capito...» Si mise a fare un cerchio con la mano sinistra, per poi indicarlo con l'indice della mano destra. Il significato era abbastanza ovvio, non trovate forse? «catturato un pokèmon leggendario?» Beh, fate i vostri saluti a Charlie. Nipote di Boyle, suo degno erede e Peter Pan perenne. Si voltò verso Run, come a controllare se l'altra fosse rimasta orgogliosa di lui. Poi? Beh, tempo di un effettivo shot. «Comunque sono Charles Doyle, piacere.» "Charlie" per gli amici, "Nikolaj" per gli amici di suo zio.
    20.01.2017
    18 y.o.
    rebel
    halfblood
    hufflepuff
    in case of emergency break DANCE ©


    anch'io spammo una canzone <3