cursed or some shit

fred x wando

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    tragic!
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    Due anni. Due anni.
    Due anni erano un sacco di tempo, per non avere più una vagina. Decisamente troppo. Ogni mattina si guardava allo specchio sperando che la situazione fosse cambiata, che nella notte il suo seno da coppa di champagne fosse tornato – ed i fianchi morbidi, i corti capelli ramati, le iridi di un verde smeraldo brillante. Ogni volta attendeva che dalla superficie riflettente, ricambiasse la sua occhiata Fray, la pelle bianca ed il sorriso pungente, gli occhi innaturalmente grandi per quel viso rotondo.
    Ma no, figurarsi: la prima cosa che vedeva aprendo gli occhi, era una padella deforme. Aveva una faccia quadrata (non squadrata, proprio quadrata), piatta (neanche avesse aperto le porte sbattendocela sopra); sopracciglia folte, occhi di un verde più opaco rispetto al proprio, labbra troppo sottili per essere definite tali. «ancora tu» sibilava Fred, da quella stessa bocca distorta, aggrottando quei due bruchi che si ritrovava come sopracciglia.
    Sempre Fred. Due anni.
    Eppure, quella mattina, Fred non seguì l’usuale routine quotidiana; quando si guardò allo specchio, si sorrise, le dita a pistola ad ammiccare al proprio (brutto) riflesso. Perché, lo sentiva, sarebbe stata la sua ultima mattina. Il giorno dopo, avrebbe fatto pipì seduta con giusta causa (chiaramente, anche in versione Fred urinava da seduta: comodo il pistolino, ma #sbatti reggerlo ogni volta che doveva svuotare i reni).
    Il giorno dopo, finalmente, si sarebbe svegliata Fray – Friday De Thirteenth.
    Ed avrebbe avuto la sua maledetta, e quasi nuova!, vagina.
    Aveva atteso abbastanza a lungo.
    «addio, pene»
    Ma forse, dovremmo iniziare dal principio.

    Friday De Thirteenth era sempre stata una ragazza particolare; direi sopra le righe, ma le righe non sapeva neanche dove fossero. Amava scrivere, e sempre – sia a Salem che ad Hogwarts- aveva cercato di far su qualche soldino stendendo articoli per le più svariate testate, comprese (se non soprattutto) quelle di gossip. Si trattava quasi di un family business, dato che includeva tutta la progenie De Thirteenth: Wednesday, sua sorella gemella, si occupava della fotografia; Sunday, il fratello minore… beh, diciamo che si occupava del settore marketing. Non dico che facesse pubblicità, o per carità divina, si sbattesse per trovar loro giornali disposti ad accettare i loro pezzi, ma aveva un certo intuito: essendo magonò, passava inosservato sotto la maggior parte degli sguardi, e per questo riusciva a raccogliere informazioni del tutto inedite. Sì, marketing era solamente un altro modo per definire ricatto: dandogli un altro nome, suonava decisamente più legale di quanto in realtà non fosse.
    Nella loro anormalità, erano una famiglia del tutto nella norma. Avevano ereditato dal padre il gene della morfomagia, e sin dalla tenera età avevano dimostrato di poter cambiare aspetto a piacimento. Cose stupide - il colore dei capelli, la punta del naso più affilata- fino a mutamenti più incisivi nell’età dello sviluppo – seno più pronunciato, curve a clessidra. Nulla che valesse la pena d’essere menzionato ai posteri, in ogni caso.
    Finchè.
    Finchè un giorno, Friday De Thirteenth, non s’era svegliata con un nuovo progetto. Aveva sempre mille progetti, e non ne attuava neanche la metà; aveva sempre mille idee, ma piuttosto che concretizzarne una, ne inseguiva altre cento. Se avesse accantonato anche quello, la sua vita sarebbe stata decisamente più semplice.
    E invece, aveva un certo je ne sais quoi per le pessime decisioni.
    «wendy, ci facciamo crescere un pene? Così, a scopo didattico» Una persona normale, non si sarebbe neanche sprecata ad ascoltarla.
    Ma se Wendy fosse stata normale, non sarebbe stata una De Thirteenth.
    Avevano scelto accuratamente le loro forme maschili, stropicciandosi e modificandosi come un bambino alle prese con Paint. Wendy era sempre stata l’artista, il che aiutava a comprendere come fosse riuscita a dar forma a quel pezzo di manzo universalmente conosciuto come Wando.
    Poi c’era Fray. Artista anche lei eh, però diciamo più… stile Picasso, ecco.
    Ci provò, a divenire almeno simmetrica. Davvero. Cercò di dare un senso a quell’abominevole creatura che ricambiava la sua scocciata occhiata dallo specchio, ma non ci riuscì: decise quindi, in un impeto di ottimismo, che era sempre stata sua intenzione, creare un mostro. Voleva essere il dottor Frankenstein, diceva, perché non c’era bellezza nel divenire un Dorian Grey.
    Diceva.
    Diceva anche che certo, quando si era universalmente brutti, era più semplice entrare nelle grazie di qualcuno, accaparrarsi la sua fiducia: si dubitava di meno, delle persone deformi. Forse una specie di compassione per i meno fortunati, ossia i disabili. Non sapeva se ci fosse uno studio scientifico nel determinare l’affidabilità di qualcuno in base al suo aspetto fisico, ma aveva testato negli anni che era così che funzionava il mondo. Diceva che, ovviamente, aveva voluto lei far nascere il Mostro, universalmente conosciuto come Fred: voglio dimostrare, diceva, che l’esteriorità non conta. Che sono bella dentro, diceva, e riuscirò comunque a conquistare i cuori più temerari.
    Diceva.
    Scuse, cazzate, stronzate, chiamatele come più vi aggrada: giustificava il suo essere un umano inetto, Fray, ammantando un’eticità morale che non possedeva realmente. Ma ci voleva credere. Se l’era ripetuto così spesso, che aveva seriamente cominciato a crederci.
    Se avesse saputo che sarebbe rimasta bloccata in quella forma per anni, magari si sarebbe impegnata un po’ di più nella propria simmetria facciale - magari, perché in realtà era troppo pigra e suscettibile per persistere nella riuscita di un obiettivo.
    Alla fine, si era abituata a Fred; vi dirò, ci si era perfino affezionata all’alter ego, che borioso spediva alle feste al posto suo per indagare sui pettegolezzi più piccanti (o ancora, per tastare il territorio con la sua crush di turno: «ma quindi… Friday de thirteenth, mh? KE GNOKKA, compiace i miei istinti animaleschi»). Nessuno sapeva di Fray/Fred, così come nessuno era a conoscenza di Wendy/Wando – eccetto il fratello, Sandy, e la cugina, Freya, con la quale non riusciva a mantenere un segreto neanche quando Freya l’avrebbe preferito.
    Dopo i primi cinque anni a Salem, le gemelle si trasferirono a Londra per proseguire gli studi ad Hogwarts; quando si furono (non senza fatica, almeno per Fray) diplomate, decisero di comune accordo di iniziare la Ricerca.
    La Ricerca si era rivelata l’idea più folle, assurda, e senza senso della loro breve esistenza – eppure, anche dopo anni da penedotata, Fray l’avrebbe rifatto altre cento volte. Avevano setacciato l’intero mondo, magico e non, alla ricerca di Nemo! un mago che fosse in grado di dare la magia al fratello minore. Qualcuno diceva che si trattava di un fattore psicologico, altri che qualcosa, in lui, non andava - ma alle gemelle non importava quanto quella sfida potesse apparire impossibile: erano le De Thirteenth, per la miseria. Impossibile non faceva parte del loro vocabolario.
    Ed infatti. Nel lontano, lontanissimo 2015, trovarono infine qualcuno disposto a dar loro una possibilità. Un mago losco, trovato dopo anni di stalkeraggio ossessivo compulsivo; l’intero dark deep webmagico parlava di lui, ma nessuno era mai riuscito a rintracciarlo – e chi l’aveva fatto, non avrebbe saputo ripeterlo. Figurarsi, quando alle #Frendy si diceva che non avrebbero potuto fare qualcosa, l’avrebbero fatto e reso più grande. Ricordava ancora quando a scuola avevano loro vietato di portare Babe, il loro maialino, a lezione («grugnisce troppo! Sporca! Si muove! NON POTETE PORTARE UNA LETTIERA DI FANGO!»): il giorno dopo, magikamente, le aule erano state invase da dolci, e rosa, maialotti.
    Non era magia – almeno, non quella conosciuta: avevano il carisma, dalla loro. Sarebbero state in grado di convincere anche il più scettico degli uomini, che la luna era fatta di formaggio.
    Anzi, l’avevano fatto. Ma quella era un’altra storia.
    Il Grande Mago di Oz, che non era di Oz ma di Pittsburgh, si chiamava Kosmo. Ma certo che vi aiuto, pelle pampine, ed aveva stretto loro la mano. Domani a mezzogiorno, Sunday De Thirteenth avrà la magia quale gioia, per le sorelle. Dovete solamente punzecchiarvi il dito, e firmare con il sangue questa nient’affatto creepy e poco rassicurante pergamena. Sono 123456789 pagine di indicazioni e controindicazioni, se volete leggerle.
    Figurarsi.
    F
    I
    G
    U
    R
    A
    R
    S
    I
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    Il giorno dopo, a Sandy erano giunte due sorprese: la prima, come da contratto, la magia.
    La seconda, il ciclo mestruale.
    «ho… ho una patata?»
    Sì, l’aveva.
    «io… io l’ho persa»
    Sì, l’aveva persa.
    Così, in un giorno d’aprile come un altro, ecco lo SKERZONE DA PAURA: Wendy e Fray De Thirteenth si svegliarono Wando e Fred, senza possibilità di tornare donne; Sandy, in compenso, era diventata una bellissima signorina. «sun, kuanto sei karina» «sempre saputo che sarei stata una donna più figa di voi» già troietta.
    Ma torniamo a noi.
    Aveva pensato fosse provvisorio, Fray; aveva creduto che fosse uno scherzo, un errore – magari qualcosa che avevano bevuto la sera prima. Eppure anche il secondo giorno – ed il terzo, ed il sesto, ed il centesimo- s’era svegliata Fred. Come skerzone, non faceva ridere proprio per niente.
    Scoprirono così che Kosmo aveva un anello in grado di controllare la mutazione: avevano voluto la magia per Sandy? Bene, quello era il suo prezzo. Avrebbero dovuto seguire ogni suo ordine, senza possibilità di dire no, ed avrebbero dovuto farlo con la falsa identità con cui negli anni avevano trollato ed ingannato gli altri.
    Bello, il karma. Una meraviglia.
    Due anni senza vagina. Due anni di frequentazioni assidue di bar gay, nell’ombra di Wando che attirava tutti gli sguardi su di sé; due anni di pipì in piedi, di alza bandiere mattutini, di prurito alle palle.
    Due anni di Fred.
    Rivoleva la sua vagina.
    Dovevano riprendersi quell’anello.
    E, madonnaemanuele, l’avrebbero fatto.

    Avevano elaborato quel piano a lungo, valutando ogni minimo fattore che avrebbe potuto vanificare i loro sforzi (ossia, la sera prima, si erano riunite ad una tavola calda babbana con due milkshake corretti –corretti, aka, con la panna- ed in cinque minuti avevano scelto il modus operandi). Non potevano fallire; Friday era così disperata, che di tanto in tanto indossava reggiseni malgrado non ne avesse bisogno, girando frustrata per casa alla ricerca delle tette perdute. Capite? Non sarebbe riuscita a mantenere ancora a lungo quel poco di sanità che aveva, se non le avessero ridato le sue ovaie.
    «allora wendy, tu distrai e io colpisco»
    «non credi che mi starebbe bene quella bandana?»
    «cosa?»
    «cosa?»
    «cosa?»
    «scusa, non ti stavo ascoltando»
    «dicevo, tu distrai Kosmo, e io prendo l’anello»
    «okay, io prendo l’anello e tu distrai Kosmo»
    «no, wendy, NO. il contrario»
    «okay, allora io colpisco»
    «WENDY»
    Era deliziosamente semplice, lineare, e apparentemente privo di falle.
    Lo dicevano anche del Titanic.
    La mattina in cui avevano deciso di attuare la loro strategia, Fred s’era alzata con il sorriso (deforme ed orrido, ma vabbè, era quello che passava il convento) sulle labbra. Si era rasata, timorosa che una volta tornata donna avrebbe potuto avere l’ispida barba dell’uomo, si era fatta la doccia, ed aveva anche usato un ingente quantità di dopobarba. Per l’occasione, aveva indossato i suoi vestiti migliori, ossia una semplice maglietta nera ed un paio di jeans: quando si era un Fred, c’era davvero ben poco che potesse essere definito vestito migliore. Da due anni a quella parte, la loro era una vita da randagi: viaggiavano tanto, andando in ogni luogo che Kosmo ritenesse opportuno e lecito, indi per cui passavano da un motel all’altro come le peggio sgualdrine sul mercato. Si sentiva sempre un po’ abusiva, Fred, quando si affacciava dalla finestra della sua stanza, quasi che il solo trovarsi in un motel significasse che cercava amore ad ore. Quando accendeva il materasso vibrante, poi, si sentiva davvero sporca dentro.
    Sorrise alla sorella, gli occhi blu di lei a brillare nell’opaca luce mattutina. Wando era vergognosamente bello, porca miseria. Perché lei non era riuscita a fare un sé maschile così gnocco? «un po’, credo che mi mancherà» accennò, facendo scivolare distrattamente le dita sullo scorrimano della scala antincendio. Più che camminare, Fred saltellava, baldanzoso e gioioso come solo un Fred poteva esserlo. Brillava di allegria e speranza, l’uomo. Ne rifulgeva così ardentemente, che perfino la sua faccia deforme pareva aver trovato un suo senso d’esistere: non dico che fosse bello, ma almeno non induceva il gentil sesso a spruzzargli spray al peperoncino, spinte dall’idea ch’egli fosse un maniaco – progressi. Capitava spesso che parlasse senza realmente mettere un contesto ai propri pensieri, e chi diceva che i gemelli avessero un mistico modo telepatico per comprendersi, diceva cazzate: Fray e Wendy si amavano, si sentivano, avevano un legame speciale.
    Ma non si leggevano ancora nella mente, perdio.
    «raderti?» Tentò lui, corrugando le sopracciglia corvine, dallo scalino sopra al suo. Fred si fermò alla base della scala, il mento poggiato al palmo della mano destra. «ma no, masturbarmi» specificò stringendosi nelle spalle, un sopracciglio inarcato a sottolineare l’ovvietà della risposta. Era così semplice procurarsi piacere in versione Fred, lo strumento era già lì - e sempre pronto, eh. Che strani, gli uomini: perfino essere come loro per due anni, non aveva risolto l’antico mistero del sesso opposto.
    «ti ricordi cosa dobbiamo fare?» domandò, fermandolo prima che potessero entrare nell’auto che, come ogni giorno, li attendeva all’entrata del Motel. Si trattava di una limousine magica, guidata da solo Kosmo sapeva chi: l’uomo che li aveva imprigionati in quei corpi li aspettava sui sedili posteriori, un largo sorriso ed un nuovo incarico per la giornata.
    K bllzz.
    Quando Wando annuì, Fred seppe con assoluta certezza che non ricordava.
    Neanche lei, d’altronde, ricordava.
    «ok, fuuuu» soffiò l’aria fra i denti, chiudendo gli occhi ed ondeggiando con il collo per sciogliere i muscoli. «facciamolo, fratello»
    Si diressero verso l’auto senza più aggiungere altro, respiri regolari e battito quieto dietro le costole. Fred già pregustava il momento in cui avrebbe potuto indossare un perizoma, o una gonna, senza apparire un coglione – e non vedeva l’ora di palparsi le tette, signore!: quelle di Sun non erano belle quanto lo erano state le sue, ed al fratello sembrava non piacere particolarmente farsi stritolare il seno dalla sorella maggiore («è un antistress» «PER TE.»).
    Era lì. La macchina era lì, Kosmo era lì: ce l’avrebbero fatta. Quel giorno, finalmente, sarebbero tornate ad essere Fray e Wendy.
    Voleva quasi piangere di gioia.
    Sospirò, lasciando che quella consapevolezza le riempisse i polmoni ed il flusso sanguigno, speranza iniettata direttamente nel muscolo cardiaco. Fece un cenno del capo a Wando, le dita sulla portiera e bacchetta magica alla mano, nascosta dalla visuale di Kosmo.
    Okay. Calma, e sangue freddo. Uuh. Calma, e sangue freddo.
    Spalancò la portiera con un gesto secco, una rapida occhiata all’uomo.
    Calma, e sangue freddo.
    «WATTAAAAAAAAAAH» scattò in avanti come la migliore delle super (checche) chicche, il palmo a premere con più potenza possibile contro il setto nasale del mago.
    Non era quello il piano. NON ERA QUELLO IL PIANO. Che palle, non sapeva reggere l’ansia. Era andata in panico.
    Calma e sangue freddo, UN CAZZO – il suo, per inciso.
    «WANDO, PRENDIGLI LA MANO. NON LO SO COME, IMPROVVISA! PRENDIGLI L’ANELLO, E CORRI. CI PENSO IO A LUI. WATTAAAAAAAAH» con l’altro pugno, rapido come Kung Fu Panda, lo colpì dritto e secco alla bocca dello stomaco.
    «QUESTO È PER LA MIA VAGINA, STRONZETTO.»
    Ce la faranno i nostri eroi a riavere le loro ovaie? Lo scopriremo nel prossimo capitolo.
    Stay tuned.
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia
     
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    I Do Believe In Fairies
    I'm Blonde...girl Blonde! --ex donna|Wando è figo | Sandy fratello ingrato
    La vita era davvero imprevedibile e per Wendy in modo particolare, lo era sempre stata al dire il vero, questo le piaceva, molto. Fin da piccola adorava fare pazzie considerate tali solo dalle gemelle visto che in realtà non erano altro che azioni molto stupide e infantile, spesso non avevano neanche senso, ma loro si divertivano così tanto («Wendy, vestiamo Sandy da femmina?» « sii, secondo me gli sta bene quello rosa e fiori » « Saaaaaandyyyyyyy» ) quanto avevano riso quando erano riuscite a catturare loro fratello per vestirlo da femmina, anche se tanto bambine non erano, ma era stato più forte di loro e poi stava davvero bene vestito da donna. («Sei una metamorfomagus anche te, visto? » « Bitch » ). Se avesse saputo che le sarebbe stato ritorto contro un giorno, non lo avrebbe mai fatto. Ahah, ovviamente no, avrebbe fatto esattamente tutto quanto; dai, era stato così divertente. Ma stava rimpiangendo Wendy ogni giorno da due anni e francamente erano davvero troppo persino per lei, ed essere Wando non era così figo come poteva sembrare; si aveva un sacco di donne al suo seguito e con Fred facevano diverse cazzate come se niente fosse, ma quanto le mancava fare la pipì seduta ( si lei, a differenza di Fray, da uomo la faceva in piedi, anche perché da seduta richiedeva più impegno), le mancava farsi la ceretta, non tanto per il dolore quello proprio no ma voleva tanto rivedere i polpacci o sentire sul proprio petto anche se perfetto ( «Ehi, Fred guarda che tartaruga ») il seno, anche se scarso. Invece no, due anni di Wando, anche se era meglio di Fred, ma non poteva dire che non le mancava indossare una gonna senza sembrare un trans, o radersi le braccia e le gambe senza sembrare un ciclista o gay (che poi, dove stava scritto che gli omosessuali si facevano i peli? ).
    Quindi avevano deciso, finalmente, che avrebbero ripreso le loro vagine, perché dopo vari tentativi («TI DO MILLE GALEONI DAMMI LA TUA VAGINA» - «ma tesoro, io faccio cinquanta a ora» - «Ora? Ma a noi ci serve per sempre») ancora non ci erano riuscite e sembrava che l'unico modo fosse quello di rubare l'anello al loro caro amico mago e magari avrebbero anche vinto ma si parlava delle De Thirteenth e ogni loro piano falliva miseramente non perché non fossero ben pensati, anzi di solito erano ben congeniali, descritti nei minimi dettagli con tanto di disegni (« Fray, guarda ho messo anche il sole e le rondini » - « ma dovevamo agire di notte no?») eppure riuscivano ogni volta a stravolgerli nel peggior modo possibile, ritrovandosi a non concludere mai niente. (« Fred non trovi che questo cappello mi doni? » -«eh? » -« si questo bellissimo cappello a forma di tempio cinese»- «ma c'è uno scoiattolo? » - «sii » - « è vivo! » - « sii » -« ma cosa c'entra col fatto che dobbiamo prendere Sun mentre dorme?» -«Ah si, perchè? » )
    Ma quella era solo una delle tante volte, ovviamente non imparavano niente dalle loro esperienze, non lo facevano mai, potevano cadere nello stesso scherzo anche più volte, dalla stessa persona e nello stesso giorno,insomma non eccellevano per la loro intelligenza anche se ci provavano, davvero, a essere migliori a fare qualcosa di bello nella loro vita. Avevano ideato un così bel piano e Fray sembrava così convinta di farcela, forse era il giorno buono.
    Loro era convinte ogni volta di farcela, sempre perché erano sempre pronte e cariche ad ogni loro folle avventura, peccato che andava sempre tutto alla malora in un modo o nell'altro, le cose prendevano sempre una piega strana e assurda. ( si l'ho già detto shh ). Se provavano a raccontare quello che gli succedeva nessuno gli credeva perché non era possibile che potessero fallire davvero ogni singola volta; insomma una cosa del genere non poteva essere, come non riuscire a pubblicare un articolo su una sparizione perché a lei, Wendy, era caduta in un tombino aperto.
    Quella volta però sarebbe andata diversamente, non avrebbero fatto cazzate, ne andava della loro vita; erano stanche di vivere da uomini, nonostante lei fosse davvero un gran bel manzo, aveva davvero bisogno per la propria sanità mentale di tornare una donna. Era stanca di doversi radere la barba ogni mattina per rimanere così affascinante, anche se da donna doveva depilarsi quindi non è che cambiava molto, ( già detto anche questo).
    Erano preparate e pronte si. Quando videro la macchina di Kosmo, si guardarono un attimo prima dell'attacco, annuirono come se si fossero detto qualcosa d'importante ma chissà invece cosa stava passando in realtà nella loro testa (« finalmente potrò rimettermi lo smalto » - «Rivoglio il mio colore di capelli » ).
    Poi un secondo dopo ci fu il caos, aprirono la portiera e vide Fred gettarsi su Kosmo «WATTAAAAAAAAAAH» disse la sorella mentre Wando ancora doveva capire cosa stava succedendo, non era quello il piano, o forse si? Oddio non ricordava più il piano. Ma esisteva un piano? Lo sapeva che doveva stare attento. Ma lo avevano spiegato o si era persa nei propri pensieri? Si era persa ancora una volta, chissà in cosa. Ah si aveva qual nuovo cappello. Dove lo aveva messo, appena tornava donna doveva rimetterselo,sicuramente le stava meglio con i suoi capelli biondi e lunghi.
    «WANDO, PRENDIGLI LA MANO. NON LO SO COME, IMPROVVISA! PRENDIGLI L’ANELLO, E CORRI. CI PENSO IO A LUI. WATTAAAAAAAAH» la voce di Fred lo fece tornare sul pianeta terra, così si gettò su Kosmo insieme alla sorella.
    Tu tienilo fermo disse come se la cosa fosse semplice, e provò ad afferrargli il polso mentre era ancora piegato per il dolore allo stomaco. Ma poteva essere facile? E perché non stavano usando la magia? Non ci è dato saperlo perché neanche loro sapevano davvero quello che stavano facendo.
    Eppure in un modo mistico Wando riuscì, non solo ad afferrargli la mano ma riuscì persino a sfilare l'anello dal dito PRESO. FRED, HO PRESO L'ANELLO esultò il ragazzo per poi mettersi l'oggetto in tasca. Era arrivato il momento di scappare SCAPPIAMO FRED. ORA disse ancora una volta e prese dal braccio il gemello, anzi la gemella al momento maschio, e lo trascinò via. Dovevano correre il più lontano possibile e prima che l'uomo si ricordasse di reagire e che usasse la magia contro di loro, perché i due pirla non avevano pensato di usare la bacchetta contro Kosmo e soprattutto non aveva pensato di toglierla a lui. Due pirla.
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    Sembrava una di quelle pessime telenovelas che Sandy, sbracciato sul divano di castello!De Thirteenth, amava tanto guardare e commentare. Il problema era che non si trattava di una telenovela argentina, per quanto simili le situazioni potessero apparire: era la vita vera. La surreale, mistica, vita di Friday De Thirteenth, la pene dotata per obbligo. Era appena accaduto ciò che lei criticava sempre nei film, lanciando pop corn allo schermo per sottolineare il proprio indignato disappunto: l’eroe, aka lei, non aveva rispettato il piano prestabilito, mandando tutto a puttane. Voleva prendersi a schiaffi da sola, chiudersi la testa nella portiera della limousine di Kosmo, tornare indietro e riprovarci: no, skste, era solo una prova, la rifacciamo. Ciak, azione. Ma non era così che funzionava nel mondo reale, un mondo dal quale Fray era stata tagliata fuori sin da bambina: aveva leggi proprie, la De Thirteenth, ed il realismo non ne faceva parte. Eccentrica, egocentrica, viziata e capricciosa, abituata a chiedere – talvolta, anche senza farlo- per ottenere qualunque cosa volesse. Non si era resa conto di quanto fosse abituata alla bella vita, finchè il pene non era divenuta una costante nelle sue mutande. Si era convinta di essere una ragazza determinata ed indipendente solamente perché, conscia di avere il mondo nel proprio palmo, si era sempre intestardita a fare tutto da sé, contando il meno possibile sulla propria eredità – ma in fondo, Fray, aveva sempre saputo di aver aperta quell’opzione.
    In quella situazione, potevano contare solo su sé stesse.
    Se conoscevate un minimo le gemelle De Thirteenth, avreste compreso quanto nella merda si trovassero.
    «jeeeez.» sibilò, lacrime sofferenti a gonfiarle gli occhi, mentre agitava la mano con la quale aveva colpito Kosmo nell’aria. Nei film sembrava tutto più pulito e semplice: avete mai visto Jackie Chan massaggiarsi le nocche dopo un pugno? Non credo proprio. «credo di essermi rotta qualcosa.» lanciò un’occhiata di pura disperazione a Wando, le dita dolenti premute contro il labbro inferiore. Sapeva che, al momento, avevano altre priorità – tipo non so, riprendersi la vagina- ma al diavolo, faceva un male Caino. «SEI FATTO DI TITANIO?» accusò il Grande Mago di Pittsburgh, puntando l’indice contro il suo petto. Il fatto che Friday avesse accelerato la strategia per quel furto, non significava che potessero rimanere a girarsi i pollici, attendendo un occasione più propizia: ormai erano lì, e dovevano portare a termine ciò che avevano iniziato. Un vero peccato che il cervello di Fray fosse caduto in un loop infinito di frasi badass con i quali avrebbe potuto concludere quel tête-à-tête, e non riuscisse a concentrarsi su cose più pragmatiche – come, la butto lì eh, arrivare al punto di poter dire frasi badass senza sembrare una tossica fatta di metanfetamina che faceva la paternale ad un adolescente sotto anti dolorifici. Una cosa per volta, signori e signori. Si iniziava sempre dalla fine, se si voleva il colpo di scena.
    E loro lo volevano.
    Forse?
    Dovevano improvvisare.
    Ciak, azione.
    «Tu tienilo fermo» Sissignore. Annuì, le labbra strette in una linea dura e testarda. Avrebbe potuto, boh, scagliare un incarceramus con il quale bloccarlo, ma perché perdere tempo ad estrarre la bacchetta, quando poteva: «BOMBA.» si lanciò su Kosmo con tutto il corpo, stringendolo come un koala avrebbe fatto sul suo ramo preferito d’eucalipto. «CE L’HAI? CE L’HAI? IO CE L’HO EH. PRENDILO» gridò alla sorella, la testa premuta contro il petto di Kosmo e le braccia allacciate alla sua vita, così da contenere qualunque movimento. «PRESO. FRED, HO PRESO L'ANELLO» Non ci poteva credere. Davvero? Fu colta da un sollievo così prepotente, che per poco non svenne fra le braccia del Kattivo, gli occhi serrati a nascondere lacrime di gioia. Stavano davvero… davvero per dire addio a Fred e Wando? Sarebbero tornate le bellissime Fray e Wendy?
    Troppo bello perché potesse essere reale.
    «SCAPPIAMO FRED. ORA»
    Era il loro momento, quello che Fray aveva atteso, senza saperlo, tutta la vita. Quelli che chiunque sognava di vivere almeno una volta, così da pellicola cinematografica da stampare un ebete sorriso soddisfatto sulle labbra – quelli da raccontare ai figli, ed ai nipoti. Magari avrebbero potuto scriverci un libro, e diventare famose come Anna Frank.
    … Aveva appena paragonato il ritorno della propria vagina ai campi di concentramento tedeschi. Aveva appena pensato ad Anna Frank come ad una vippina.
    Era diventata un mostro.
    Fortuna che nessuno poteva leggerle la mente: avrebbe portato quel segreto con sé nella tomba. «aspetta.» supplicò Wando mentre tastava la tasca dei propri jeans, sempre aggrappata a Kosmo, alla ricerca di qualcosa.
    La bacchetta, direte voi. Qualunque essere umano dotato di un minimo di senno, effettivamente, avrebbe cercato la propria bacchetta, così da assicurarsi la riuscita di quella rapina a mano non armata.
    Non Friday De Thirteenth.
    Strinse il cellulare nel palmo, scorrendo le canzoni su spotify: che razza di fuga sarebbe stata, senza una degna colonna sonora?
    Tonight I'm gonna have myself a real good time Chiuse gli occhi,i muscoli tesi.
    I feel alive and the world I'll turn it inside out - yeah
    And floating around in ecstasy
    .
    Tre, due.
    «SO DON'T STOP ME NOW » Uno. Con un balzo feline, scattò all’indietro e si lanciò fuori dalla macchina, rotolando sul cemento. Con una capriola, si rialzò in piedi ed afferrò il braccio di Wando, trascinandolo con sé. « DON'T STOP ME - » Si volse giusto per alzare il dito medio in direzione del mago, quindi continuò a correre. «'CAUSE I'M HAVING A GOOD TIME HAVING A GOOD TIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIME.» Strillò con quanto fiato aveva in gola, spingendo con le gambe come mai aveva fatto in vita sua. «A ZIG ZAG, WANDO. A ZIG ZAG» Intimò alla sorella, mostrandole come si faceva – ed allora cominciò a muoversi a zig zag, così da essere un obiettivo più difficile da colpire.

    Non seppe per quanto tempo corsero (probabilmente, due minuti e mezzo). Friday si lasciò cadere a terra con le gambe a pezzi, il fiato in rantoli così rotti da darle i conati di vomito, un dolore pulsante alla milza. Perché non si erano smaterializzate?
    Mistero della fede. Sul momento, correre, sembrava la soluzione più semplice. Poggiò la schiena al muro, la testa piegata all’indietro alla vana ricerca di ossigeno che, in quell’organismo, sembrava proprio non arrivarci. «wa-» wasabi. «wan-» wannabe. «wando.» ansimò ad occhi chiusi, il cuore a pulsare così rapidamente da incrinarle le costole – ne era certa, sarebbe morta. Ma, almeno, sarebbe morta da donna libera. «mostrami l’anello.» aprì il palmo e vi picchiettò sopra con l’altra mano, indicando alla sorella di lasciarle la reliquia. Aveva bisogno di vederla, sentirla fredda contro la propria pelle, e poi sciorinarci sopra tutti i fantasiosi insulti che aveva elaborato in quei due anni.
    E quando fossero state libere, ci avrebbe pure pisciato sopra.
    E l’avrebbe fatto con la sua vagina.
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    Lui era nato per essere un corridore, l'aveva sempre saputo e il fatto che da donna fosse una schiappa era solo un dettaglio,per questo da uomo era meglio, correva come una saetta attraverso la città, con Fred al suo fianco, sentendo il vento e l'aria marcia di Londra ( sono lì vero?) sbattere sulla sua bellissima faccia. Provò a correre persino a zig zag, come un emerito idiota, ma magari funzionava davvero per non farsi prendere dagli attacchi o da qualsiasi cosa stesse provando a fare il mago Kosmo.
    Dopo quello che sembrava una maratona di non sapeva quanti chilometri, si fermarono in una stradina, per riprendere fiato o per meglio dirla tutta per morire senza che nessuno pestasse i loro cadaveri ecco,volevano almeno morire in pace, se lo meritavano dopo quello che avevano passato no?
    Che poi, la domanda del giorno era perché non aveva usato ancora la magia, per combattere, per scappare. Cazzo loro erano delle streghe, possibile che diventando uomo si era bruciate quella poca intelligenza che avevano? Forse era vero quando dicevano che un maschio due cose contemporaneamente non poteva farle, come scappare e usare la magia insieme, quasi sicuramente richiedeva un livello di saggezza e maturità che i De Thirteenth non avevano e quasi certamente non sarebbero mai arrivati ad averla. Poveri noi.
    Eppure s'impegnavano sempre in tutto quello che facevano, volevano davvero aiutare Sun a tornare uomo, capiva quanto poteva essere fastidioso rimanere in un corpo non proprio, bastava guardare Fred, quanto era affranto in quella veste. Non aveva avuto la stessa fortuna di Wendy, che al contrario della gemella era diventata semplicemente divina. Dai, quel corpo era perfetto sotto ogni punto di vista, faceva bene agli occhi, e se non parlava poteva anche fare bella figura. Ma ripeto, erano pur sempre le gemelle De Thirteenth e non c'era mai da stupirsi se sia in veste di uomo che donna fossero completamente due pirla. Due pirla che in quell'angolo e da sole cercavano di far tornare i polmoni al loro posto e smettere, soprattutto per Wando, di far tremare le gambe per la paura. Ma cosa ci trovava di bello la gente nell'adrenalina? Sentiva il cuore esplodere e cazzo, stava per svenire? Hai cosa voleva chiedere? Una vagina? Un polmone nuovo magari. un...coso.. brutto segno, quando non trovava le parole. Credo che vomiterò.... disse sventolandosi con la mano. Ah, lo sport non faceva per lui, neanche da maschio, doveva decisamente rimangiarsi ogni pensiero di fare un giorno la maratona di New York. Alzò lo sguardo su fratello che stava morendo male come lui, almeno erano insieme e felici . Che fortuna vero? Se solo ci fosse stato Sandy con loro, era così cazzuto anche in versione donna. Ah, voleva indietro la vagina.
    wando disse Fred, all'improvviso, quasi insicuro se davvero fosse il nome del fratello, lui rimase a fissarlo annuendo; dai, che fosse Wando era ovvio, stavano scappando da qualche ora ( non è vero, sono solo tre minuti) e se non era morto, era lì ecco.
    «mostrami l’anello.» ecco la frase che avrebbe dovuto rendere i due ragazzi liberi, ripeto avrebbe perché Wando guardò la gemella come se si fosse appena sintonizzato su quel canale.
    l'anello dici... come si era potuto dimenticare dell'oggetto appena preso? Iniziò a tastarsi, a controllare nelle tasche, tra i capelli. l'avevo..mi ricordo di averlo sfilato dalla mano disse continuando a toccarsi, e non nel modo in cui faceva di solito a casa da solo in camera, ma niente, l'anello sembrava esser scomparso. non l'avevi te? magari glielo aveva lanciato prima della fuga. Ma Fred non sembrava molto convinto, la sua faccia aveva cambiato colore in pochi istanti e rimaneva fermo col palmo della mano aperto che aspettava un anello che non sarebbe mai arrivato. Forse è finito dentro i jeans si sbottonò i pantaloni, e frugò con la mano all'interno. Ma Niente. Fred. Ho perso l'anello. disse con la voce spezzata dal dolore. Aveva voglia di piangere, la loro vita era finita, senza quell'oggetto erano perduti, avrebbero tenuto il pene per il resto della loro vita e lei non voleva, aveva bisogno di sentire ancora le proprie tette, anche se poche, voleva specchiarsi la mattina vedendo quei bellissimi capelli biondi che madre natura le aveva donato. Invece sarebbe rimasta Wando per sempre, con uno fisico da paura si, con un petto simile ad una scultura ma dannazione non aveva la vagina.
    Fred... cosa poteva dire per farsi perdonare? Potevano tornare indietro. Che avrebbero fatto ora senza l'anello? In quali mani sarebbero finiti ora? Cosa facciamo? chiese in lacrime Wendy, mentre prendeva per la maglia la sorella. Si sentiva tremendamente in colpa per quello che era successo, non sarebbero diventate di nuovo donne ed era solo colpa sua. Se l'avesse odiata, che avrebbe fatto per il resto della sua vita da uomo senza Fred? Per non parlare di Sandy. Oh si, il fratello li avrebbe uccise, senza alcun dubbio. Odiava essere donna più di quanto loro odiassero essere uomini. Cosa avrebbero fatto ora?
    E...Questa era la breve e triste storia di due gemelle che diventate uomini per gioco, erano rimaste tale per molto tempo, un giorno avevano avuto l'opportunità di far tornare loro le vagine, ma chiunque abbia inventato il lieto fine, sappiate che mentiva, che tutte le rose e la felicità che una persona si aspetta non esistono. Già, desistete dall'ascoltare e dall'avere la speranza che un giorno il sole torni a splendere, perché il mondo fa schifo e Wando non avrà la sua vagina.
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    tragic!
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    Se la bocca di Friday avesse potuto aprirsi maggiormente, sarebbe diventata un’autostrada. Erano poche le frasi in grado, con poche parole, di distruggere esistenze: sono incinta, non mangio il sushi, quale materasso - ma quella? Quella raggiungeva un livello nuovo perfino per Friday De Thirteenth, o Fred il Babadook. Quella era un incubo, qualcosa al quale si rifiutò di credere per infiniti secondi che divennero minuti, e che da minuti divennero vite.
    Perché era una tragedia.
    Perché non poteva essere vero. Dopo tutto quel tempo, dopo tutto quel tempo - e dopo le sue mosse da ninja che Iron Fist sei un poraccio – non poteva semplicemente accettare che avessero fallito così clamorosamente. E così pateticamente. Fray era troppo viziata, troppo abituata ad aver tutto per riuscire a credere che il loro ingegnoso piano non fosse riuscito.
    Anzi: che fosse riuscito, e poi «abbiamo perso l’anello» Non funzionava così. Non poteva funzionare così.
    Battè le ciglia un paio di volte, il volto di Wando a farsi più definito di respiro in respiro. Umettò le labbra, cercò supporto nella parete alle proprie spalle – dio solo sapeva quanto avesse bisogno di un appiglio in quel momento, la De Thirteenth, con le palle sudate a pruderle tra le cosce come un assorbente mal sistemato nelle mutande. Non solo Sandy le avrebbe uccise, non solo avrebbe dovuto continuare a girare con quella faccia per tutta la sua vita, ma… avrebbe dovuto tenersi il pene? Quella cosa pendula fra le gambe?
    Non lo accettava.
    «controlla meglio» ripetè, ovvia e pragmatica, allargando le braccia lungo i fianchi. Si lanciò su Wando con il fervore dei poveri agli stand della Apple durante il Black Friday, le dita ad infilarsi nelle tasche dei pantaloni della sorella alla ricerca del familiare peso tondo dell’anello - non era possibile. «SPOGLIATI» le (gli) intimò, cominciando ad alzarsi in piedi in preda ad un principio di attacco di panico. Cosa dovevano fare a quel punto? Tutta la strada a ritroso alla ricerca del gingillo? Una preghiera a Satana? Dedicare la loro vita a fare i cowboy? Fare i cowboy non c’entrava assolutamente nulla con il risolvere la loro situazione, ma se avesse dovuto decidere di sua spontanea volontà una disinteressata risposta al cosa facciamo ora, avrebbe indubbiamente scelto quella. Sfregò le mani sulla faccia, inutile tentativo di sfregarsela via come pelle morta durante uno scrub, il cuore a martellare sulla lingua come una creatura viva e, tristemente, non in via d’estinzione.
    Avevano… Santo Cielo, non riusciva neanche a pensarci. Avevano perso l’anello? La loro unica possibilità di tornare Friday e Wednesday De Thirteenth, le due gemelle più fike dell’Oltreoceano? (di questo no, da qualche parte in Europa c’era Akelei, quindi insomma: accettava la sconfitta, quando si trattava della bionda). «fred…cosa facciamo?» Sollevò un iracondo indice nella sua direzione, pur non guardandolo. Si costrinse a serrare le palpebre, le cespugliosa sopracciglia a rendere il gesto ancor più drammatico, quindi chiuse la mano a pugno ed abbassò il pollice: era ufficiale.
    Non erano più amici. Per almeno due minuti e mezzo.
    «non mi parlare» intimò, un sibilo rabbioso nel tono basso, mentre un tic nervoso la costringeva ad arricciare le labbra. Fray aveva sempre, un piano – e quando non lo aveva, lo creava. Possibile che in quel momento non le venisse in mente nulla? Era forse giusto che il suo cervello quale avesse deciso di abbandonarla proprio quando aveva più bisogno di lui?
    No, non era giusto. Ormai sull’orlo delle lacrime, Fred si accovacciò a terra con la testa incuneata fra le ginocchia. «quello che facciamo sempre, wando» ed eccola lì, la risposta a tutte e loro domande.
    Si rialzò, una maschera di serietà ad incutere un senso di generale soggezione. Sospirò, diede una pacca sulle spalle di suo fratello.
    Avevano perso l’anello. C’era solo una cosa, oramai, che potessero fare.
    «un cazzo» e si strinse nelle spalle, già arresa all’evidenza di quel fallimento. Prima o poi il destino le avrebbe portate nuovamente sulla retta via – lo sapeva, lo sentiva con la stessa convinzione con il quale era certa che esistessero gli alieni. Doveva, essere così.
    Friday e Wendy De Thirteenth avevano sempre avuto tutto senza dover fare nulla: quella situazione non avrebbe fatto eccezione.
    Perché ne era certa, che un giorno ne sarebbero uscite trionfanti – che l’avrebbero riavuta, la loro fiorella.
    Ne era certa, Friday.
    «patatine e milkshake?» propose al moro, come se quella fosse una normale giornata delle sorelle De Thirteenth – che poi, beh, la era. Anticipò il fratello avanzando già nella direzione della prima tavola calda più vicina, distanziandolo di un paio di metri per avere un poco di spazio personale tutto per sé.
    Era giunto il momento del giuramento.
    Abbassò la mano sinistra stringendosi il pacco, gli occhi chiusi: «vagina, io…» e citando Brokeback Mountain, chiudo i microfoni.
    Il resto, sarà una bella merda storia.


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