i bet my death on you

cimitero × 3 agosto '17 × nate j

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  1. ƒad/ed
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    40 y.o. metamorphmagus ex gryffindor rebel
    i still remember these old country lanes
    edward wellington
    dead man walking
    Edward Wellington era morto da oramai più di diciannove anni. Suo figlio, Nathan, era ufficialmente nato senza padre a poche settimane di distanza. A sapere la verità riguardo a come quell’uomo in teoria deceduto camminava ancora su quel suolo terrestre, su come li aveva effettivamente abbandonati al loro destino, molti lo avrebbero giudicato negativamente. A nessuno aveva rivelato molto sul suo passato, presentandosi solo a pochi all’interno di un piccolo nucleo della resistenza irlandese come se stesso, per il resto del mondo magico era diventato Mathieu Dubois. Essere Metamorfmagus, perlomeno, aveva i suoi vantaggi. Nonostante tutto, non era mai riuscito a voltare realmente le spalle al proprio passato. A quella moglie lasciata vedova oramai felicemente risposata, o al figlio che non aveva mai realmente conosciuto. Mai come se stesso, perlomeno. La famiglia che aveva messo da parte per poter essere attivo all’interno della Resistenza senza metterli in pericolo. A suo modo, aveva tentato di mettersi in contatto con loro tramite piccoli gesti non riconducibili con esattezza a lui. I regali indirizzati a Nate lasciati ogni singolo anno a Mielandia, in occasione del compleanno del ragazzo. Era un’abitudine che lui e sua moglie mantenevano mentre stavano insieme, di festeggiarlo in quel luogo e aveva sperato e presupposto -correttamente- che quella piccola tradizione fosse rimasta persino a lui. Aveva letto della morte del figlio e lì, aveva rischiato di cadere in una spirale di sensi di colpa senza fine. Gli venne in mente solo dopo qualche mese che forse, alla fine non erano poi così diversi. Pur non essendosi mai realmente conosciuti, ebbe la certezza che si trattasse di suo figlio quando contattò il quartier generale della Resistenza, a Londra. Si trovava con loro. Il giorno della sua “morte” era diventato il compleanno di Mathieu, ma non era questa la ricorrenza festeggiata. Se di ciò si poteva parlare, visto il luogo dove era diretto.

    Una passo dopo l’altro lungo la ghiaia del sentiero che conduceva alle due tombe. Entrambe vuote, padre e figlio simbolicamente accanto, in realtà separati tanto quanto lo erano stati durante la loro vita ufficiale. Il volto era ancora quello di Mathieu, con tanto di quei due centimetri in meno per evitare di dare nell’occhio. Un accenno di barba, ma dei capelli decisamente più ordinati degli originali. Nonostante la temperatura elevata, il lato positivo della magia era un poter regolare i propri vestiti per non disturbarlo troppo. Indossava quindi un cappotto lungo e nero, che avrebbe quasi potuto fargli da mantello, oltre a questo dei pantaloni eleganti tenuti su da una cintura a cui era legato il fodero con la propria bacchetta. Quello che sarebbe dovuto essere l’ennesimo regalo, per un figlio in realtà vivo, consegnato in un modo diverso dai precedenti. Un gesto particolare, forse la ricerca di conferma di quel legame, quella somiglianza che già sembrava unirli. Un sospiro, prima di compiere ancora qualche passo sullo sterrato, il rumore degli stivali che sembrava quasi aumentare man mano che si avvicinava. Lo sguardo cadde sulla figura presente non troppo distante, una persona che non vedeva oramai dall’ultimo compleanno prima della morte di costui. Sapeva fin troppo, di lui. Aveva fatto sì che buona parte dei suoi conoscenti lo tenessero informato sulla vita della sua famiglia. Andarsene e lasciarli a loro stessi non significava certamente non tenerci. Edward era semplicemente… strano, anche nel modo in cui avrebbe potuto dimostrare affetto. Qualcosa accadde, però. La concentrazione, semplicemente nel notare il volto dell’altro, era completamente scomparsa. Un ritorno immediato alla quarantina ed al metro e ottantadue di prima. Deglutì, incrociando per un momento le braccia. Nervoso, in parte. Un sospiro, prima di finire per posizionarsi accanto al più giovane, osservando quelle due tombe. Per il momento, non sembrava avere intenzione di effettivamente sopportare il contatto visivo. Tese la mano destra in direzione di Nathan, il libro circondato da una carta regalo rossa ed il nastro oro. «Devo dire Nate, è leggermente più tetro rispetto a Mielandia.»Avrebbe atteso, col braccio vicino all’altro, che lui potesse effettivamente accettare il regalo, prima di muoversi in alcun modo. «E non mi aspettavo nemmeno di incontrarti, a dir la verità.» Una pausa, prima di alzare le spalle. «Meglio così.» Lo sguardo finì per cadere sulla tomba del figlio, senza muoversi da lì. A malapena maggiorenne, quel ragazzo oramai era cresciuto, addirittura raggiungendolo in altezza. Non lo vedeva, di persona, dall'ultima volta in cui si era azzardato a recarsi ad Hogsmeade il giorno del compleanno dell'allora bambino, parecchi anni prima. «Auguri, comunque. Diciannove, di questi tempi, è un gran bel traguardo.» Specialmente quando hai una tomba che ti segna alcuni anni in meno #simpy.
    ✕ schema role by psiche
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Che fare a poco meno di due settimane dallo Skandalo Lafayette, con ancora sul groppo la morte di amici e compagni, civili e soldati ignoti, ad un brevissimo passo da una guerra civile magica? Ma certo: «stare a novanta ti dona» un sorriso melenso, quello rivolto a Princeton Hilton, mentre si arcuavano come cigni fra una tomba e l’altra.
    Era sempre un buon momento per fare yoga. Stirò i muscoli e si concentrò sulla respirazione, soffiando l’aria per svuotare ritmico i polmoni. Quale posto poteva essere più rilassante di un cimitero? Voglio dire, non c’era anima viva XD I parchi erano sovraffollati da bambini e tossici, casa propria mancava del verde - un cimitero, era la soluzione perfetta. Quando pioveva, c’era anche la soluzione mausolei e catacombe: tutto tornava.
    Tranne Lemon e Ham (spoiler!).
    «e piegati connor, e pieeegatiii» i giovani non prendevano abbastanza seriamente la necessità di allenare il proprio fragile, cagionevole corpo alla terza età che li attendeva dietro l’angolo; Will ci teneva, a mantenersi flessibile anche a quarant’anni (il massimo di terza età a cui poteva aspirare; a quindici anni, infatti, era già in menopausa). Il perché Mitchell Winston non fosse presente a quella sessione di yoga, era riassumibile in «no, William.» che era testualmente la risposta ricevuta dal Barrow alla proposta di Navasana in due fra un morto e l’altro.
    Difficile per tutti comprendere perché fossero amici, ma ehi, in qualche modo riuscivano comunque a funzionare, quindi vaffanculo. Si rialzò stiracchiando le braccia verso l’alto, un’occhiata bieca ad un tipo sospettoh poco distante; ebbene sì, per William Yolo Barrow era più sospetto un uomo in lutto ad un cimitero, rispetto a chi – come lui – ivi si recava per dello sano yoga. Le priorità erano chiare, 74 centimetri di tappetino in Cloruro di polivinile. Prese dalla tasca una sigaretta, ben deciso a compromettere il proprio esercizio per un po’ di tossicità evergreen. «principe, guarda che non vale staccarti il braccio per essere più flessibile, eh» portò indice e medio di fronte agli occhi, perché CHI BARA NON PIACE A NESSUNO. Dopodichè, dato che
    No one:
    literally no one:
    not a single soul:
    William: «connor ma è vero che te la fai con i ragazzini?» e chi giudicava? SOLO KOMPLIMENTI, sabrina non c’è bisogno di intervenire; Will era un grande fan della carne fresca. Avrebbe cambiato idea una volta scoperto di essere padre? Nah, avrebbe solo escluso i suoi criminali dalla categoria carne fresca - anche perché se erano roba sua, erano avariati dalla nascita. «a noi puoi dirlo» cosa? «no kink shaming» RESPECT
    I bless the rains
    down in Africa
    william
    yolo barrow
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    Per quanto amasse le telecamere, persino Princeton Hilton alle volte si ritrovava alla ricerca di pace. Pace nel mondo, pace della guerra tra le forze del bene e del male, qualsiasi tipo di pace lo facesse diventare più famoso. In quel caso era una pura e semplice pausa dal suo reality, un ritiro di disintossicazione che gli avrebbe fatto restaurare abbastanza chakra per sbloccare il suo terzo occhio. Era proprio per quel motivo che quel giorno aveva deciso di uscire dal suo appartamento di Londra con un tappetino da yoga arrotolato sotto il braccio e un’aura che faceva invidia ai più dedicati maestri cinesi di zen. Sperava che con la sua dedizione alla pratica dello yoga il suo Io interiore si sarebbe innalzato ulteriormente verso il Divino, così da donargli la pace che tanto ricercava quando si trovava davanti alla telecamera. Si trattava di uno stato di rilassamento dove il mondo esterno perdeva ogni suo valore, è solo il Cielo lo separava dal toccare i limiti della simulazione in cui viveva. «ehi, tu» si avvicinò al moro che aveva osato calpestare il suolo pubblico di quel parco, nello specifico il pezzo di prato che Prince utilizzava la domenica mattina per migliorare la sua flessibilità e il suo kamasutra. «vuoi diventare mio discepolo?» vedeva del potenziale in quel giovane ragazzo, glielo leggeva nella sua espressione mezza addormentata. «si tratta della grande arte dello yoga, migliorerà la tua vita spirituale e sessuale. Fidati, ho già una figlia» non era sicuro che Connor fosse interessato a figliare tanto presto, ma un try non poteva certo fare male. E poi, sapeva di poter contare su di William «oggi voglio andare sulla tomba degli Sherwood, dicono che lì l’energia di Saturno sia più forte» si rivolse al Barrow al suo fianco, il quale aveva insistito per seguirlo nella sua pratica domenicale nonostante Princeton avesse cercato di dissuaderlo. Supponeva che una mano in più a raggiungere la posizione del coniglio non avrebbe fatto male. «connor-san hai mai avuto esperienza come cheerleader? è importante» la severità che lo sguardo di Prince holdava era quella tipica di un maestro che si rivolgeva al suo alunno, un maestro che l’avrebbe guidato fino si cancelli del Paradiso dove avrebbe scoperto la Verità su quel mondo. Quello, era il vero yoga trascendentale dei monaci tibetani dell’ovest.
    mentre il gelo si avvicinava
    sentivo anche molto freddo
    il celo si oscuri
    vecchio fuori | braccio rolex | no pago affitto
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    princeton
    hilton
     
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    Da uno con dei capelli del genere, sinceramente ci si poteva aspettare di tutto: era in una fase buia e tremenda della sua vita, Connor Walsh. Un po' la depressione da ultimo anno di scuola, un po' da voglia di morire che l'aveva caratterizzato da sempre. Anzi no, non è che volesse proprio schiattare: semplicemente a vivere gli pesava il culo, quindi avrebbe preferito non far nulla per sempre, chiuso in casa come un orso in letargo. Chissà, poteva farlo? Sarebbe stato bello fare come gli animali, ma anzichè solo per la stagione invernale, lui avrebbe voluto dormire per sempre. E per riflettere sulla morte e su quanto non avesse voglia di scegliere una carriera dopo aver finito scuola che era finito nel cimitero quel giorno? Ki lo sa, forse sì. O più probabilmente era finito lì mentre cercava la sua scimmia personale (sua sorella maple, ndr.) e senza neppure accorgersene si era ritrovato in quella sessione di yoga.
    Ora, chiunque sano di mente si starebbe chiedendo: yoga? in un cimitero?? Ma perchè no, dai. C'è chi ci va per salutare i propri cari defunti, chi per rubare qualche osso dall'ossario, chi per spettegolare su quale tomba abbia i fiori più belli e chi semplicemente per godersi il panorama e sperare in qualche incontro paranormale. E chi, come william barrow e princeton hilton, a farci yoga: del resto chi era connor per contraddirli? Will era corvonero come lui, prince era una superstar: era stata la scelta più naturale del mondo per il ragazzo quella di affiancarsi a loro e seguire attentamente le loro mosse. Inutile dire che, dopo le prime due posizioni, già iniziava a sentire la schiena implorarlo per avere pietà: poteva pure /ufficialmente/ far parte della squadra di quidditch, ma rimaneva sempre un anziano. Mica a caso si era guadagnato l'onore di andare a guardare i cantieri con Sin, era un vero professionista. «gli chiediamo di unirsi a noi?» noi era una parolona grossa, visto che connor si era semplicemente accollato a loro senza chiedere o presentarsi, ma orami nel suo cuore erano best ed era già pronto a far loro i braccialetti dell'amicizia con le perline - quelle belle con le letterine, mica roba di bassa qualità, con tanto di scritta "I♥︎yoga" - e forse pure le magliette??? POTEVA DIPINGERE LE LORO DIVISE, SAI CHE BELLI SAREBBERO STATI TUTTI CON I LEGGINS ABBINATI In realtà comunque Connor aveva fatto quella proposta solo perchè così, nell'indicare il tipo losco a qualche distanza di tomba da loro, aveva colto l'occasione per stiracchiare la schiena e prendere tempo per riposarsi «ma a voi non fa male la schiena????» Crito santo, a lui la posizione del re danzatore l'aveva praticamente ammazzato, loro sembravano ancora entrambi vivi??? In forze????? Di che si facevano, lo voleva assolutamente sapere: nei suoi giri ad hogwarts il ragazzo si limitava a spacciare (e fumare) erba perchè era una persona umile, ma forse era arrivato il momento di estendere i suoi orizzonti «giovani» chissà se esisteva un incantesimo per toglier la vecchiaia dalla propria anima.

    NOIS
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    Connor
    Walsh
     
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3 replies since 16/7/2017, 00:24   207 views
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