I wanted to be a better brother, better son

postquest:08. cj + bj

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    you want to take the lead and hurt first.

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    Chiuse gli occhi, le labbra succhiate fra i denti e graffiate dai canini. Tossì un altro grumo di sangue, CJ Knowles, ma non gli diede alcun peso - non gli importava non gli importava non gli importava. E si sentì infantile, il Tassorosso, nell'improvvisa debolezza delle ginocchia, nel fiato corto e nel verso patetico sgusciato dalla bocca socchiusa. Che di vivere o morire non gliene poteva fottere un cazzo di meno; che Vasilov e Lancaster, quel cazzo, potevano leccarglielo dritti e precisi dai testicoli alla cappella - non gli importava non gli importava non gli importava.
    Quell'inaspettato vuoto al petto, nei polmoni e nel battito, non aveva nulla a che vedere con loro. O con sé stesso.
    Solo uno era il motivo a spingerlo a sgretolare l'aria fra i denti, i pugni serrati a cercare concretezza nella carne: non avevano salvato Joey.
    Non avevano, vaffanculo!, salvato Joey.
    Si erano fatti fottere Barrow dal Cappello Parlante giorni prima, e s'erano fatti fottere Joseph da un fulmine del cazzo. Sempre impotenti, loro, mentre la vita continuava a spalare merda sulle loro esistenze, ridendo di gola ogni qual volta fosse in grado di trovare una breccia attraverso la quale scalfire più in là della carne.
    Non avevano salvato Joey, loro che tacitamente si erano promessi di farlo sempre, di farlo ovunque, almeno loro di farlo: esercito di campioni invisibili del quale il mondo si sbatteva le palle, dita sporche di sangue a tenersi vicendevolmente a galla perché nella merda non ci si affogava, ci si nuotava e basta. Nascose le iridi acquamarina dietro le palpebre, un eccesso di tosse soffocato premendo la lingua sul palato. Deglutì, il cuore a scontrarsi acre sulle costole esigendo la sua attenzione.
    Erano in trappola.
    Erano soli.
    Ed erano solo dei ragazzini.
    Non lo udì William Lancaster - non volse la propria attenzione a Dragomir Vasilov. CJ Knowles, comprimendosi nel suo stesso corpo, aveva fiato solamente per ingiurie e bestemmie fra i denti, sputi ad una guerra che non aveva chiesto ed era sempre stata sua comunque. Non mandare tutto a puttane: e dire che CJ, un qualunque CJ, avrebbe dovuto saperlo che era quel che gli veniva meglio. Se avesse potuto, se avesse potuto, si sarebbe rannicchiato al suolo con la testa incastrata fra le ginocchia, una risata secca al pavimento ed un vaffanculo a bruciare sulla lingua; avrebbe chiesto scusa, CJ, a quelle teste di cazzo dei suoi migliori amici - della sua famiglia - per non essere stato in grado di fare fottutamente qualcosa: poco importava che razionalmente sapesse di non avere voce in capitolo, che ci aveva provato. CJ, un qualunque CJ, non se la viveva bene se nel tentativo non ci moriva. Non c'erano redenzioni per i ragazzi come lui, solo condanne a più o meno breve termine. Joey, Joseph Moonarie, era come lui; Sersha Kavinsky, della quale ancora sentiva l'agrodolce sapore sulle labbra, era come lui; Sunday De Thirteenth, in una vita o nell'altra, sarebbe sempre stato come lui. Loro quattro, e Barry oltreoceano, se l'erano vissuta un po' troppo e con eccessiva voracità, l'esistenza, bruciandola in tiri di sigaretta fino al filtro ed oltre.
    Ma BJ.
    Ed un altro singhiozzo opaco di cruda frustrazione gli masticò le corde vocali facendogli sputare sangue sul mento, la motosega ormai spenta ed inutile fra le dita. Tu lo rovini. Sei un pericolo per te stesso e gli altri. Uccidi tutto quello che ti circonda. Non poteva odiare i Reynolds per essere stati onesti, lui che di verità ci si stampava la pelle - eppure l'aveva fatto, perché la verità non piaceva a nessuno. Perché Caleb Jefferson Reynolds, Bernadette Julian Reynolds, l'aveva lasciato entrare dove per anni non era entrato nessuno - dove per tutta una vita, non era entrato nessuno. Ed era stato il suo miglior amico, prima di essere suo fratello; ed era stato tutto ciò di cui aveva avuto bisogno - eccolo, il punto: CJ avrebbe sempre avuto bisogno di BJ.
    Era il contrario, a fottere nel buco sbagliato.
    CJ lo rovinava. CJ era un pericolo per sé stesso e per quelli intorno a lui. CJ uccideva tutto ciò che lo circondava.
    CJ Knowles era tabacco puro fumato senza filtro, buono solo ogni paio d'ore. Ti ammazzava lentamente ed istantaneo, consumandoti graduale fiato e battito. Non aveva mai avuto nulla da offrire, a BJ - che di fratelli come CJ, buon Dio, poteva tranquillamente far a meno; che infilava gli artigli nella pelle fino ad incastrarsi nelle ossa, il Tassorosso, ed aggrappandosi di peso tirava giù con sé. Un pacco di medicinali scaduti venduto a prezzo più basso dove la gente crepava di malaria.
    Avevano avuto sempre, fottutamente, ragione, i Reynolds: CJ non andava bene per BJ.
    Dio, CJ non andava bene neanche per CJ.
    Avrebbe dovuto salvarlo - avrebbe voluto, ne aveva un lancinante bisogno fisico.
    Ed invece non poteva, CJ Knowles.
    Ed invece non aveva potuto, CJ Hamilton.
    Perché non potevano e basta, i qualunque CJ.
    Umettò le labbra, sollevò appena le palpebre. Incrociò gli occhi altrettanto verdi di Heidrun, prima di far scivolare il denso ed appiccicoso sguardo chiaro su Gemes. Era difficile credere che fossero i suoi genitori - ed assurdamente impossibile pensare che potessero non esserlo. La favola di Gwen s'era insinuata sotto pelle colmando i vuoti con i quali il Knowles s'era abituato ad esistere come stucco al muro, e respirarsi s'era fatto d'improvviso troppo naturale e mai abbastanza semplice. Aprì la bocca, il Tassorosso, in quel primo passo all'indietro. Un secondo, un terzo, il battito a vibrare sulla lingua.
    Quello era esattamente il fottuto motivo per il quale alla Markley, non aveva voluto credere: il Knowles sapeva quanto fosse facile perdere qualcosa, quando si nasceva a metà come lui. Così aveva sempre avuto nulla, finché non erano apparsi i Freaks - e già loro uscivano di troppo dalle righe, spaccando schemi di sopravvivenza senza il quale lo sapeva, buon Dio, lo sapeva sarebbe morto: e che morisse il corpo gli andava pure bene, ma quando il corpo viveva ed il cuore non riusciva a reggerne il ritmo, non se la gestiva più. Quel gruppo di sociopatici bastardi, era già un più nel nulla che i CJ si meritavano. Non poteva - non aveva spazio per altro, capite. Non sapeva dove infilarseli. E non sapeva come farli andare via, perché era bastato il dubbio a scivolare in vene malate perché CJ, egoista in entrambe le vite, se li ritrovasse già lì.
    Tempo scaduto: ironico, che non fosse la loro prima volta. Un ghigno spaccò le labbra del Prefetto bagnando il mento di sangue, un sorriso a metà denso di quelle cose da dire che non avrebbe avuto alcun senso dire, e che allora si accartocciavano seguendo la curva della bocca - lui e loro, i Crane Hamilton sbagliati.
    Tardi lo era arrivato troppo presto, in quella vita.
    Un altro passo indietro, indice alle labbra in direzione di Sersha, Sandy. BJ. «ci si becca all'inferno, merde»
    Ed ancora non sapeva quanto fottutamente avesse ragione.

    «cristo dio» Amen, fratelli.
    Ah, se solo avesse potuto sapere che in quello stesso momento, a distanza di cent'anni e di un universo parallelo, suo padre stava prendendo i voti! La religiosità blasfema era chiaramente un difetto di famiglia: padre Abrahams, inizia a predicare il cigeismo ai californiani, che con il Signore in sandali si arriva poco lontano.
    Rotolò supino sputando fiori scarlatti sulla neve, il gelo ad insinuarsi nelle ossa bruciando come la candida di una puttana. Tossì infossando la bocca nella brina ed il ghiaccio, un brivido involontario a scuotergli le spalle ed il cuore. I denti battevano così prepotentemente fra loro da poter reggere tranquillamente il confronto con una battona in tangenziale. «madonna» e li invocò un po' tutti, quei santi in cui non credeva, mentre le dita affondavano nel terreno cedevole sotto di sé. Battè le ciglia, la lingua carta vetrata sul palato. Prima ancora di capire dove cazzo fosse, o come cazzo stesse, strinse le palpebre aguzzando la vista nella radura: c'erano troppe teste, per i suoi gusti.
    Ed al contempo, troppe poche.
    «cazzoni?» tentò, gracchiante, costringendo i muscoli delle braccia a flettersi per permettergli di sollevare il busto: e cercò Sandy, Sersha, BJ. Quel che trovò, fu invece: «MOONARIE» biondo bastardo ed intossicato dal quidditch. Il sollievo fu tale che si sentì in dovere di respirare, CJ, pur consapevole che quei respiri non potesse più permetterseli. E vide Sersha, poco distante. Sandy. BJ. Un sorriso umido curvò la bocca del Tasso, corposo di parole che, a loro e con loro, non avrebbe mai avuto bisogno di dire. Si spinse in piedi, le gambe a trascinarlo stancamente verso gli altri; non aveva abbastanza forza di guardarsi meglio attorno, il Knowles. Non voleva così tanto sapere chi mancasse all'appello, ed il fatto che loro ci fossero, gli bastava per tutte le sue brevi vite. «gesù» concluse la Trinità con una piega sbeccata della bocca, soldato in congedo che riguardando casa pensasse bella merda - e lo intendesse sul serio.
    «brutti stronzi»
    Impossibile.
    Impossibile.
    Sollevò la testa di scatto, le iridi verdi a scivolare opache sulla folla fino a trovare la fonte di quella voce: ma era o non era quella «puttanella di un cuper»? La era. Appena un sussurro, quello del Knowles, mentre i denti scivolavano fra le labbra dischiuse mostrandosi in tutta la loro cremisi bellezza, un'ondata di sollievo a rendere calde le pozze acquamarina. Avevano trovato Barry - si erano ripresi quella merda umana e platinata di Barrow Cooper, che a dirla tutta pareva stare una cazzo di meraviglia. «PEZZO DI MERDA» ribatté in un grido di battaglia, allungando le mani per prendere fra le dita quella testa di minchia del Corvonero - Dio, se gli era mancato. Non si era reso conto di quanto avesse temuto di non rivederlo, CJ Knowles, finché quel tossico blu bronzo non li aveva stretti a sé ed il cuore era tornato a scandire un ritmo quasi sano nello sterno.
    Erano insieme. Erano insieme. Vaffanculo, erano insieme.
    E pur morendo ad ogni respiro, avrebbe potuto giurare di non essersi mai sentito così fottutamente vivo.
    Fu bello, finché l'ennesimo grumo di sangue non richiese la sua attenzione torcendogli budella e fegato, un singhiozzo ramato sputato sulla neve - neve dell'Aetas, si rese conto.
    Cristo, erano ad Hogsmeade. Erano in quel buco di culo che s'era costretto a chiamare casa, perché casa erano coloro che ci vivevano dentro. Un fiume di ricordi gli appannò la vista obbligandolo a cedere alla forza di gravità, ginocchia contro il ghiaccio e petto sconquassato da spasmi.
    Me l'avevi promesso.
    In un grumoso battito di ciglia, poté quasi vederla, Adelaide Milkobitch - celata nell'ombra degli arbusti a ricambiare triste la sua occhiata. Un verso strozzato accompagnò il sangue a sgorgare sul mento, il freddo di dicembre a congelarlo sulla pelle. A malapena si rese conto di essere infine caduto a terra, CJ - e solamente per un fortuito caso del destino, aprendo un paio d'occhi che non s'era reso conto di aver chiuso, riconobbe la figura dell'ex infermiere di Hogwarts: Dakota Wayne. Si umettò le labbra frustrato, incapace ed impossibilitato a dirgli che non ne aveva bisogno, di quelle cure - perfino il Knowles sapeva quando limitare le proprie puttanate. Lo osservò praticare l'incanto di trasfusione, sangue pulito a sostituire quello corrotto e marcio nelle vene: «non mi avrebbe creduto nessuno» fu quello che disse al posto dei blandi ringraziamenti, palpebre nuovamente chiuse. Qualche giorno prima gli aveva domandato perché non avesse detto prima del Preside, ed il Knowles non aveva mai risposto. Non gli piaceva essere in debito con qualcuno, e quello sarebbe stato il suo pagamento di pegno: onestà in cambio di sangue.
    Gli pareva equo.
    «ho solo diciassette anni e frequento ancora il quinto anno, sono un sangue sporco ed un delinquente» un sorriso dimezzato ed impuro, quello di CJ Knowles. E si fece ancora più rarefatto mentre s'alzava in piedi asciugando il sangue su maglia e pantaloni, gli occhi a guizzare dalla neve al Grifondoro. «non ero disposto a pagare il prezzo del segreto di qualcun altro» concluse secco, la voce eco flebile. In altre parole: non poteva rischiare di perdere tutto quel poco che aveva, CJ Knowles; tutte le persone che amava erano in quella fottuta scuola del cazzo, ed il Preside li aveva a portata di mano ad ogni battito di cuore. Dragomir Vasilov non era solo un sadico bastardo, ma anche uno stratega che quella guerra psicologica se la sapeva giocare meglio di molti altri figli di puttana in circolazione - e tutta quella brillantezza d'animo s’era persa con un colpo di bazooka di un ragazzino morente, ed un Crucio di un sedicenne in slip: chi l'avrebbe mai detto.
    Portò due dita alla fronte in segno di saluto, i morbidi occhi chiari a scivolare sulla folla ivi riunita; ne classificò gran parte come non me ne fotte una sega, soffermando invece il proprio sguardo su Amalie (e Barrow: ah, cosa non si fa in tempo di guerra) ed Al. Inutile specificare che suo nonno stava morendo male.
    Tipico.
    Ed ignorò, CJ, l'insulsa fitta nel rendersi conto di chi mancasse all'appello. Decise che non potesse permettersi che gli importasse, il Knowles - dopo tutto, non erano niente per lui quanto lui non era nessuno per loro. Anche se fossero morti, non sarebbero stati un suo problema. Così strinse i denti, i pugni serrati lungo i fianchi. Rivolse un pigro sorriso alla Shapherd, un sopracciglio allusivamente inarcato alla zia acquisita ed un pollice sollevato in direzione di nonno Crane, decidendo bonariamente e magnanimamente di ignorare tutti gli altri stronzi del quale non poteva sbattersene un belino di meno. Il mondo era pieno di persone, buon Dio: se a CJ fossero interessate tutte, non sarebbe stato CJ. Ebbe solo un fremito che non comprese, ma a cui rispose canticchiando in tono basso un TAKE ME AWAAAY, quando gli occhi verdi scivolarono in quelli a mandorla di un tappetto dall’aria killer: ciao Ken, questo è per te. Piegò la bocca in un sorriso stanco e forzato, la mano destra a sollevarsi per afferrare la maglia rossa di BJ nel pugno, quella sinistra a strofinare le nocche sulla testa ramata di suo fratello. «sei sopravvissuto, reynolds. Non ci avrei scommesso un penny» che lo sapevano entrambi, fosse una gran cazzata: nessun CJ al mondo, ed in nessun fottuto tempo, avrebbe mai permesso a BJ di morire – perlomeno, non senza di lui. Se vai giù, mi porti con te. Il ghigno divenne sornione e languido, una pacca sulla spalla mentre indietreggiava d’un passo ed iniziava a trascinarsi fuori dall’Aetas ignorando il freddo che tentava d’insinuarsi sotto la maglietta - non se ne faceva un cazzo, di quel freddo. Era vivo, ed era con i Freaks.
    Non aveva bisogno d’altro, CJ Knowles. Troppo stanco per porsi domande sulla missione appena conclusa, su ciò che non era riuscito a tenere per sé ed aveva vomitato senza mezzi termini sul Serpeverde: v’erano sicuramente modi e momenti più opportuni per dire a qualcuno ch’era tuo fratello, ma al Tasso il tempismo non piaceva poi così tanto. Anti conformista.
    Ed il sorriso vacillò, quando si rese conto che erano tornati - erano tornati davvero. Dovevano tornare a scuola, dovevano affrontare il “nuovo” Preside (tra l’altro, dov’era Dragomir?) dovevano – si immobilizzò, il braccio ad allungarsi istintivamente al proprio fianco per impedire a BJ e Sandy di avanzare, fermando così il trenino Beatles dei Freaks sul nascere. Corrugò le sopracciglia, il capo piegato sulla propria spalla. Si trovavano sull’acciottolata strada di Hogsmeade, l’insegna dei locali a pendere pigra sul viale; un panorama familiare, tipico: ed allora perché CJ, che d’istinto era fatto e finito, sentiva che c’era qualcosa di diverso? Piccole sfumature, odori nelle narici a prudere nello stomaco, lingua ad intorpidirsi sul palato. Non sapeva perché si fosse fermato, ma sapeva per certo di non voler proseguire. L’adrenalina aveva di nuovo contagiato le vene accelerando il battito dietro il costato, le ferite in via di guarigione a ribellarsi a quella pulsazione folle. Quando la risata di qualcuno scivolò malata sulla pelle strappando sangue e carne, il Knowles drizzò la schiena e fece d’istinto scivolare le dita sulla mazza, mascella serrata ed un’occhiata d’intesa al resto della Compagnia: i Freaks, la puzza di rissa, se la portavano addosso come fottuto chanel numero cinque.
    Eppure non si mosse, CJ, quando il ragazzo venne scagliato contro il muro al loro fianco. Non una piega quando venne congelato, e poi spaccato sotto il piede di una ragazza qualunque di un mondo qualunque; si limitò a sorridere con distrazione, sopracciglia arcuate e palpebre assottigliate a rendere schegge di vetro le iridi azzurro sporco. Conosceva quel gioco, il Knowles, e ne conosceva le regole abbastanza da sapere quando ignorarle – non era quello il loro caso. Paladino lo era stato un po’ sempre ed un po’ troppo, ma dopo aver passato tre (quattro? venti?) giorni a tranciare uomini e donne con la motosega, era diventato più… elastico, malleabile. Un modo come un altro per dire che ne aveva pieni i coglioni di essere l’eroe corrotto che quel mondo necessitava come sole per la fottuta fotosintesi. Che se ne occupasse fottutamente qualcun altro, per una volta.
    Forse. Quando la giovane rivolse loro un’occhiata che non gli piacque, sollevò apatico ed intenzionale un dito medio: perché CJ, un qualunque CJ, non era mai stato bravo a scegliere le proprie battaglie. Si fiondava in tutte quelle che gli capitavano a tiro, il corpo a ribellarsi esausto e la risata folle a vibrare calda nelle iridi acquamarina. Non ebbe bisogno di chinarsi per sapere che non ci fosse più nulla da fare, per quella granita d’uomo sotto i loro piedi. Battè le ciglia, affatto impressionato, sporcando il sorriso di crudele malizia: «ora sì che siamo a casa» commentò, gli occhi a cercare quelli dei Freaks – ed a soffermarsi su Joey, su Sersha. Quel genere di violenza ingiustificata, era più roba loro che non della restante terza generazione di Fratti: di quella merda, i tre poveri, ci vivevano ogni fottuto giorno. Veder crepare qualcuno appena girato l’angolo, avrebbe dovuto essere una novità - ed invece non lo era mai, e la novità stava nel non essere il corpo rannicchiato a terra ad incassare l’ennesimo calcio privo di motivo. Che poi CJ, le sue botte, se l’era sempre prese con giustifica: a nessuno importava che la spiegazione avesse semplice origine nel suo mero esistere.
    A CJ, non importava.
    Ma qualcosa, sotto pelle e fra i denti, continuava a gridare sbagliato alle orecchie del ragazzino. Quando il Gruppo Vacanze s’inserì in un vicolo casuale (ottima scelta di marketing, fra l’altro: avevano evidenti lacune sui serial killer, se un viottolo buio era la loro versione di territorio sicuro - ma non lo disse, perché dubitava che a quel mondo esistesse un fottuto terreno fottutamente sicuro) li seguì senza pronunciarsi in proposito, le dita della mano sinistra ormai aggrappate alla mazza senza più cercare di nasconderlo: non aveva timore di passare per paranoico e suscettibile, era solo realismo. Ed i passi? Prevedibili. Lanciò uno sguardo alle proprie spalle, nauseato e discreto, assicurandosi che il culo di quei pochi stronzi a cui teneva fosse al sicuro – ed era convinto di aspettarsi qualunque cosa, CJ Knowles, oramai. Che nulla l’avrebbe stupito: non dopo la lettera, dopo le foto, dopo il fottuto video.
    «dove sono le vostre fascette?»
    La gola secca.
    La lingua ruvida sulle labbra.
    Il cuore a martellare nei polsi.
    Perché quello, non era possibile - quello, non aveva alcun senso.
    O forse sì? Forse stava diventando troppo suscettibile; era plausibile, seppur difficile, che dopo l’esplosione di Salem Donald Armstrong si fosse salvato. E Nathan Withpotatoes? Era verosimile, seppur arduo, che in quei tre giorni d’assenza fosse stato ritrovato vivo – d’altronde non avevano riesumato alcun resto, dalle macerie francesi. Umettò la bocca, il sangue denso nelle vene. Quali fascette. Si disse che doveva essersi esposto troppo nei giorni precedenti, che doveva aver perso più liquidi corporei di quanto avesse potuto permettersi – che il qualcosa a non tornare, fosse CJ.
    «tenete» Non prese alcuna fascetta, il Knowles, rimanendo impassibile ad osservare le dita nervose dell’elettrocineta armeggiare nelle proprie tasche. «che cazzo succede» fu il suo unico, sputato e masticato, commento, gli occhi a scivolare lenti sugli adulti della situazione: gliela dovevano, una spiegazione. Gliela dovevano: il Tassorosso era fottutamente stanco di non capire, di quel mondo che s’aggrovigliava su sé stesso soffocando le risposte e tacendo le domande. La realtà era più troia che puttana, interessata a fottere per piacere e non per richiedere un conto – ma ad un certo punto, il culo cominciava a fare un po’ male.
    Ed era a quel certo punto, che CJ Knowles rispondeva all’offesa nella maniera più cruda e brutale: sorridendo corposo di sangue non suo. «perché non avete le fasce?» perché lo stava guardando? Aggrappandosi al proprio labile buon senso, CJ credette di essere stato riconosciuto. Avevano passato gran parte dell’estate insieme, d’altronde, loro due. Ma non fu quel che vi lesse negli occhi azzurri, in quella domanda che sembrava più importante di quel che potesse apparire. Il Tassorosso arcuò le sopracciglia seguendo lo sguardo dell’Armstrong, trovandosi a posare le iridi verdi su BJ ed una biondina (Cora? C’erano due Cora? Cos’era la vita). Schioccò la lingua sul palato osservando con accademico interesse gli elastici di colore differente smistati dal giovane a tutti loro; notò che ci fosse un certo modus operandi, nella distribuzione: arancione i maghi, bianco gli special. Arancione i maghi. Allora perché a loro tre non l’aveva offerto? Battè le ciglia, la logica a rincorrersi e mordersi cercando un appiglio dal quale partire per trovare un senso. Pragmaticamente, accantonò gli interrogativi per guardare il gruppo di minchioni appena apparsi sul fondo della via; dovevano aver l’ebola, o qualcosa del genere, da come l’Armstrong si scansò spingendo lontano il Withpotatoes.
    Cosa stava succedendo. Gli mancava un pezzo - forse due, forse cento.
    «sono solo Scelti, fate qualcosa.»
    Perché lo stava guardando pt. II. E cosa significava Scelti. CJ Knowles si ritrovò nuovamente a battere le ciglia con morbida pigrizia, una risposta piccata ed una bestemmia a premere sulla punta della lingua. «non siamo a casa neanche per il cazzo, giusto?» Quanto gli era mancato, il Blustronzo della situazione – che CJ aveva già carezzato il pensiero, ma sentirlo pronunciare ad alta voce ebbe maggior impatto. Fu con occhio diverso che si guardò attorno, con un sapore differente che ingoiò domande ed imprecazioni. «din din din» ribattè indolente alle parole del Cooper, imitando il suono di un campanello mentre gli angoli della bocca si sollevavano inerti verso l’alto.
    Ecco cosa c’era, che non andava.
    Fate qualcosa.
    Donald Armstrong, per guadagnar loro del tempo, c’era morto. Non sapeva quanto potesse essere utile un fottuto Nessuno alla causa del babbano, ma non si sarebbe tirato indietro - perché glielo doveva e se lo doveva, se voleva tornare a respirare un poco più leggero. Stette al gioco, CJ Knowles, come se quel gioco l’avesse capito. Decise di fidarsi, il Tassorosso: se Donnie credeva che potesse far qualcosa, buon Dio, perlomeno ci avrebbe provato. Impugnò la mazza e la sollevò davanti a sé frapponendosi fra i Prescelti ed i Cazzoni in Divisa, un ghigno sbilenco a gocciolare sangue ed ironia sul mento. «problemi?» domandò, spingendosi ancora più avanti, facendo scorrere la mazza sul muro del viottolo mentre annullava la distanza fra sé e loro. «andate a fanculo un po’ più in là» galante come al solito, indicò loro la zona con la punta del bastone, il più stomachevole e dolce dei sorrisi a rendere bollenti gli occhi chiari.
    Cominciava a farsi un’idea di cosa ci fosse sbagliato, e cosa ci fosse di giusto, in quel mondo – un’idea che, ad essere onesti, non gli piaceva proprio per un cazzo. Innanzitutto, come Cristo c’erano finiti lì? Dov’era, lì, di preciso? Umettò le labbra, il pensiero del fulmine a solleticargli gli angoli della memoria.
    Ma non aveva alcun senso, giusto? Che cazzo, quand’erano finiti sul set di un film di Spielberg?
    Eppure, la Squadra si allontanò. Eppure, CJ Knowles, si ritrovò a costringere i polmoni a gonfiarsi d’aria.
    Corrugò le sopracciglia, biasimando all’adrenalina la corsa frenetica del battito pur consapevole che si trattasse di fottuto terrore - temeva un po’ troppe cose, per essere un bastardo menefreghista.
    Non capiva.
    Non aveva alcun senso.
    Cosa cazzo sta succedendo.
    Ed allora fece quel che più gli veniva naturale - dopo frantumar costole e sorridere sangue - un gesto spontaneo e scontato quanto aprire gli occhi al mattino: cercò BJ Reynolds, CJ Knowles.
    Cercò suo fratello.
    Umettò le labbra, chiuse gli occhi. Gwendolyn e Kieran erano assenti ingiustificate, probabilmente morte - non c’era nessuno a ricordargli i fottuti duemilaquarantrè motivi per i quali non avrebbe dovuto aprire fottutamente bocca, ed a CJ ne bastava uno, ed uno soltanto, per decidere che le regole dei Custodi non valessero per sé.
    E quel motivo, era CJ.
    Il Reynolds gli aveva detto che se fosse andato giù, l’avrebbero fatto insieme; che era stanco, e cito testualmente, di lasciarlo. Era il momento di metterlo alla prova.
    Benvenuto al giorno della verità, fratellino: perché quella merda degli Hamilton, era roba loro. Erano stronzate che, credibili o meno, dovevano viversi assieme. Non ne poteva più, Cristo, non ne poteva più di esistersi da solo: aveva bisogno di suo fratello, CJ.
    Fosse Hamilton o Knowles, fosse lì o fosse sempre.
    «blowjob,» gli angoli delle labbra sollevati, gli occhi verdi a cercare quelli scuri del Reynolds. Aveva detto di non voler sapere, e se CJ fosse stato un buon fratello, l’avrebbe accontentato - se la sarebbe meritata, BJ, quell’ignoranza.
    Ma CJ era una puttana egoista, ed a quel punto avrebbero dovuto saperlo entrambi così bene da scagionare il sorriso colpevole sulla bocca ferrosa del Knowles.
    CJ Knowles non sarebbe mai stato un buon fratello, così come l’Hamilton non lo era stato per il gemello: il punto era che nessuno dei due, con nessun BJ, aveva mai dovuto essere buon - e se n’erano resi conto tardi, sempre troppo tardi. Non l’avevano mai capito, i CJ del mondo, che ai BJ andavano bene così; che la colla la compravano apposta, loro, per attaccare pezzi e glitter sui CJ spaccati.
    Se n’erano resi conto tardi, sempre troppo tardi, che per i BJ, i CJ erano perfetti com’erano: non i migliori sul mercato, loro, ma sempre quelli che fottutamente ci provavano più degli altri. Ch’erano sbagliati per tutti e con tutti, Knowles ed Hamilton – e che da donare avevano poco, ma davano il fottutamente tutto ciò che avevano, per i propri fratelli.
    Per il proprio BJ.
    «voglio fare un gioco con te» sopracciglia sollevate, un cenno con il capo per indicargli di seguirlo poco distante. «si chiama le tre cose di CJ» cercò gli occhi di Sandy mordendosi il labbro inferiore, e poco importava che il De Thirteenth fosse troppo lontano per cogliere il gioco di parole sulla soap opera le tre rose di Eva: sapeva che nel suo cuore, Sunday, si sarebbe sentito chiamato in causa. «sono tuo fratello» alzò l’indice verso BJ: quella, perlomeno, era la parte facile. «mi chiamo crane junior hamilton» il medio: anche quello, a dire il vero, era semplice. CJ era Crane Junior Hamilton da diciassette anni, pur non essendolo mai del tutto. C’era nato due volte, con quel nome.
    Il sorriso spaccò le labbra del Knowles rivelando denti ed onestà, la lingua a gocciolare sangue e miele impregnando le parole di ruvida dolcezza: non distolse mai lo sguardo da BJ, il Tassorosso.
    L’anulare raggiunse indice e medio. «e veniamo dal futuro»
    Che di scegliere e scegliersi non ne aveva più alcuna cazzo di voglia, lui - toccava al Reynolds fare la propria parte.
    Perché CJ Knowles ci credeva davvero, nell’essere fottutamente stanco di andarsene: e tu, fratellino, quanto ci credi nel non lasciarmi?


    cj knowles / eletto
    2043: hamilton
    prefect hufflepuff
    welcome to the freakshow
    damaged beyond repair
    I think I lost my halo
    I don't know where you are,
    You'll have to come and find me, find me.
     
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  2. im;perfect
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    User deleted


    neutral. slytherin: bj reynolds
    my name's blurryface and [now] i care what you think
    2001's, slytherin, timetravel, ex Hamilton
    Dopo tutto quello che aveva sentito dire in giro, la neve sarebbe stata l'ultima cosa che si sarebbe aspettata dall'Inferno, e anche il primo scherzo che il Diavolo avrebbe potuto giocargli.
    Ricordava appena l'elettricità percorrerlo come un filo di rame, il sangue spinto con forza sul palato dalla sua stessa lingua, il corpo immobile nella rassegnazione di quella sconfitta, che la vita di false vittorie gliene aveva concesse tante.
    Ma mai troppe.
    Perchè essere morto sarebbe stata una soddisfazione di troppo, non dover sentire più nulla sulla pelle e nel cuore, nelle orecchie e nel cervello. Si era quasi tranquillizzato al pensiero di non dover più affrontare domani, da rimanere tristemente deluso nel sentire il primo dei molti suoi battiti. Un suono sordo, una campana a volerlo svegliare da quel sogno: di soddisfazioni finite in fumo, BJ, poteva riempirci un Rotolone Regina, che tanto tutte merda erano diventate.
    Sembrava che lo avessero messo al mondo per completare la vita di qualcun altro, che i suoi giorni li vivesse in funzione di qualcosa non suo e non per il semplice desiderio di risvegliarsi al mattino. Quella vita non gli era mai calzata a pennello, non si era mai sentito a suo agio nelle vesti di quel BJ, ma erano le uniche che avesse mai ricordato di avere e cazzo se avrebbe lottato per avere quello che voleva, perchè non si sarebbe trascinato a fatica obbedendo alle regole del destino. L'unica legge alla quale era sempre stato soggetto era quella che lui stesso dettava, che se coincideva con molte delle regole convenzionali, era solo per far piacere alla società, che se non fossero state parte integrante di lui, ormai, nulla lo avrebbe fermato dal dare un pugno al primo passante che avrebbe visto.
    Erano lo stesso animale, BJ e CJ, solo che uno era stato messo in una teca di vetro ad ammaliare i più con la rarità di quei colori, l'altro sfruttava quella stessa qualità per non farsi mangiare vivo. Alla fine dei conti, nemmeno aveva importanza chi dei due fosse il fortunato, che la fortuna era talmente cieca da non poterinciampare nelle loro vite nemmeno se li avesse visti.
    Soffocò un colpo di tosse nell'erba gelata, il mormorio a prendere forma alle sue orecchie, ogni timbro più distinto dall'altro, le parole ad avere senso nei freddi e morbidi contorni dell'inverno.
    «c...casa?» una domanda sussurrata a quegli alberi, di un'Aetas talmente immacolato che non sembrava aver mai visto il sangue di cui tutti loro erano testimoni. Si puntellò sui gomiti, il gelo a penetrargli nelle ossa, mentre i profili si collegavano alle voci, come una videocamera che aveva faticato a mettere a fuoco l'obbiettivo. Erano tutti vivi, persino i due biondi mancanti all'appello da troppo tempo.
    Sembravano giorni da quella battaglia, con le ferite fresche di secondi a chiedere di essere curate.
    Nemmeno si fece domande sullo strano tizio che si avvicinò al più vecchio di loro (ciao nonno AL!), correndo subito verso i Freaks che si stavano riunendo lentamente, come falene attratte da un fuoco. Le braccia a stringere i due membri dati per dispersi, i due che avrebbero lasciato sola Sersha nella sua candida biondaggine. Come avrebbe fatto senza il Moonarie da proteggere dal sarcasmo e il Barry a cui chiedere aiuto nei periodi di magra? Come avrebbe fatto senza di loro, a ricordargli da dove veniva più di quanto potesse immaginare? Che tra i Freaks era sempre spiccato, diverso addirittura da Sandy, con quella bellezza sporca e quel sorriso affilato, perchè aveva sempre pensato di esserci finito lì solo per CJ, eppure non si era mai tirato fuori, aveva sempre cercato le somiglianze in quei disegni imperfetti: cercava un pezzo del sè stesso che nessuno conosceva, frammenti di un BJ sconosciuto a qualsiasi specchio, che la superficie su cui riflettersi doveva essere spigolosa come la sua immagine e tagliente come il sorriso che nulla era riuscito a smussare. «Ti avevamo già dato per morto, pensa un pò» ammise con un sorriso stanco nei confronti del Cooper, tutti ad ignorare il freddo che penetrava nella carne facendosi spazio tra le ferite. L'ultima volta che avevano avuto l'opportunità di essere tutti insieme era stato giorni prima, a pochi minuti dall'essere spediti incontro a quella che era sembrata morte certa, chissà cosa gli avrebbe attesi ora che la missione era finita. Che fine aveva fatto l'esercito di Vasilov? e Lancaster dove si era cacciato? L'adrenalina aveva abbandonato il suo corpo, ma i muscoli ricordavano bene la sensazione che aveva preceduto l'arrivo di quei fulmini: i pugni che battevano senza sosta sulla barriera, le escoriazioni esposte ore alla fredda neve, la rabbia e la consapevolezza di essere spacciati, che non importava di quanto sangue si fossero coperti, non avrebbero mai ingannato il oro destino.
    Non di nuovo.
    Eppure eccoli lì, in piedi, chi più vivo dell'altro, le risate sporche a grattare l'aria bianca e acquosa dell'inverno. C'erano state volte in cui aveva seriamente messo in dubbio le ragioni per cui continuava a frequentare quel gruppo di psicopatici, c'erano state volte in cui si era chiesto se valeva davvero la pena di tutte quelle cazzate per stare con qualcuno che gli ricordasse chi sopravviveva sotto la sua pelle coriacea. Erano quei momenti di debolezza, quella stanchezza di vivere che lo assaliva più volte di quanto le sue occhiaie potessero raccontare. Nemmeno lui lo sapeva, ma le cicatrici non erano un'esclusiva dei suoi amici: nascoste sotto la propria ignoranza, diverse dai tagli argentati a marcare la pelle con delicatezza, perchè non c'era bisogno di un coltello per aprire un taglio nel cuore, non un pugno per far lacrimare quegli occhi. Oh, se era debole quel finto palestrato di un Reynolds, ma pensate che fosse mai importato a qualcuno? Che lui aiuto lo aveva chiesto, ma la risposta non lo aveva mai soddisatto, perchè nessuno capiva cosa non andasse in lui se BJ per primo non aveva idea. Ed erano finite dimenticate, coperte dalla polvere di chi si abitua a vederle certe cose, cicatrici cadute nell'ovvietà dello sguardo del sepreverde, di tutti.
    «sei sopravvissuto, reynolds. Non ci avrei scommesso un penny» no che non era sopravvissuto, che quella vita gli era passata sopra enza frenare, veloce e dolorosa, che se era ancora vivo era solo grazie all'aiuto che si era dato da solo, il riflesso di un lui migliore a tendergli la mano con la promessa di non soffrire. «tu sì che sai come tirare su il morale, Knowles» borbottò sarcastico al tassorosso.
    Era tutti finito, dove, però, era ancora da vedersi.
    La detestò quella presa ferrea sul braccio, l'imposizione di qualcosa che il Reynolds avrebbe preferito ingorare, che ci era abituato ad eleiminarle dalla sua vista le cose che non gli andavano giù. E l'aveva odiato il sapore tagliente dell'essere tornati a casa, ogni passo come sale e ghiaccio contro la pelle. Non era stupido, BJ, al contrario, ma usava la sua inteligenza in modo poco... ortodosso: si fingeva nella media -anche sotto per quello che dicevano i Freaks, perchè nascondeva il suo potenziale a tutti, tirandolo fuori solo quando lo riteneva opportuno, una lama nascosta in un comune bastone da passeggio a sottolineare un'handicapp che in effeti non c'era. Ma si fermò, perchè non poteva imporre le sue cortine di fumo agli altri, eppure il mondo sarebbe stato così semplice se tutti semplicemente decidessero di non vedere certe cose. Si voltò verso CJ pronto a chiederli cosa ci fosse, quando dovette ammetterel'esistenza di quel suono che congelò l'aria, una nube velonosa a far riecheggiare il suono di quella risata. Un fragore sbagliato, come il cadere di uno spillo in un sielnzio tombale: inopportuno e non ignorabile.
    E non si poteva ignorare quel mago, un blocco di ghiaccio finito in frantumi sotto lo stivale della ragazza che poco prima aveva lanciato quella risata al cielo. La mano del Reynolds aveva già impugnato la bacchetta, un ironico Incendio a chiedere di essere pronunciato a fior di labbra, ma sarebeb stato inutile: ebbepaura di vedere quella vita distrutta, il terrore di intravedere un occhio cristallizzato, la pupilla a gridare per una voce rimasta ammutolita. Sarebbero bastati pochi istanti di anticipo per impedire quella piccola tragedia, che con lo stesso rumore del ghiaccio distrutto si era sgretolata anche la loro ricompensa: quella non era casa.

    ----

    Poteva essere sembrato normale per alcuni, forse, eppure nessun Pavor era accorso ad arrestare, forse anche uccidere, quei due special. BJ non si considerava razzista, sebbene riconoscesse le differenze tra le due specie: ovviamente loro maghi erano in svantaggio, con la bacchetta come un arma che facilmente poteva scivolare via dalle loro dita, ma, finchè avessero mantenuto la supremazia sulla specie più recente, non erano loro a doversi preoccupare della paura. Era sbagliato, lo sapeva, ma non aveva mai visto un mago uccidere uno special in mezzo alla strada, quindi vaffanculo se era sbagliato, il governo sapeva meglio di loro come mantenere la pace, che dopotutto erano stati gli Esperimenti a mettere l'Inghilterra in mezzo a quella futile guerra.
    Nonostante ciò, non furono pochi i volti ad ingorare quel sangue sparso con meno evidenza di quella che avevano usato loro pochi minuti prima contro Vasilov. Ma bastò l'arrivo di due fantasmi per far aprie gli occhi a tutti, che nessuno studente aveva mai realizzato che i fantasmi di Hogwarts erano tali. Sembravano essere tati in quella scuola da sempre, da talmente tanto che la loro morte era diventata la loro vita, che nessuno aveva mai pensato al fatto che, un tempo, anche loro avevano avuto carne ed ossa a coprire la patina opaca della loro anima in pena.
    Ma chi avrebbe dimenticato il volto di Donnie? Il terrore in quegli occhi, lo sguardo di chi non sapeva più cosa farsene di quei giorni marcati dall'assenza dei suoi cari. E il volto di Nathan era impresso nelle loro pupille, come se lìesplosione che l'aveva ucciso avesse fatto da flash ad una foto impressa nelle iridi di ognuno di loro. La prova vivente che qualcosa era andato storto. «abbiamo sbagliato qualcosa?» chiese a Sandy riferendosi alla battaglia. Lo sguardo confuso di chi non capiva l'utilità di quelle fascette, e ovviamente nessuno sapeva di cosa l'Armstrong stesse parlando. I primi dubbi affiorarono, su come erano arrivati lì, su che fine avessero fatto tutti gli altri, su cosa stesse accadendo in quella Hogsmade. Quando qualcuno ebbe il coraggio di dire a voce alta ciò che tutti pensavano, troppo occupati a cercare segni di morte nelle due figure davanti a loro, Christopher Jeezus Knowles era già dieci metri più avanti con la faccia di un cazzone che non ci avrebbe messo molto a sporcare di nuovo la mazza da baseball. «e andiamo! Siamo appena tornati, ma non si stanca mai?» strisciò i piedi sui ciottoli ghiacciati, il rischio di rompersi il coccige più invitante del dover davvero fermare suo fratello: non aveva davvero più la forza di prenderlo per un braccio e dovergli dre tutto per filo e per segno, che voleva tutto chiaro e cristallino CJ, perchè leggere tra le righe non gli bastava mai. Lui poteva permettersi di essere l'indovinello di Satana, gli altri erano libri aperti per lui o altrimenti non sarebbero stati affatto. Dopo tutto era quello che era accaduto con lui, dimenticato sullo scaffale finchè non si era deciso a cadere in testa al Knowles, un sonoro "leggimi" per costringerlo a sollevare la copertina rosso rame.
    Non avrebbe mai detto di odiarlo, non sarebbe stato sincero con nessuno dei BJ che esistevano e sarebbero esisiti, che era incompleto senza la sua metà selvaggia, che al contrario dell'altro, da solo non sarebbe campato un giorno nonostante tutte le bugie che si raccontava, che quei muscoli non avrebbero potuto nulla contro gli schiaffi che la realtà era solita dare in omaggio ai nuovi arrivati.
    E CJ ci si era abbonato a quella violenza psicologia, tanto da imparare a praticarla -su sè stesso per primo. Non lo odiava, ma avrebbe voluto non volergli così bene quando gli sputava in faccia la verità, quando lo biasimava per colpe che non sapeva d avere. Che l'affetto era troppo per potergli dire che non aveva idea di cose lo avesse fatto incazzare, che la paura di saperlo era troppa per lasciare via libera alla curiosità. Si erano detti di non lasciarsi più, di rimanere uniti, e ad ogni respiro la corda si tendeva di più, che sembravano destinati a quella vita di incomprensioni.
    CJ sicuramente non era d'aiuto, e non aveva mai detto di esserlo stato, quindi che colpa poteva dargliene? Lo aveva scelto il Reynolds di farsi il culo per lui, di fare il diavolo a quattro pur di sentirsi completo.
    No homo, bro, ma senza CJ chi avrebbe retto le sorti di quella famiglia con lui?
    Ed era sempre più difficile, ma mai impossibile, sebbene fossero l'uno la croce dell'altro, erano sempre lì a sopportarsi e a supportare. Un insulto cento vote meglio di quegli aspri complimenti, quei sì che suonavano come castighi e non come vittorie strappate dalla bocca dell'altro.
    Che non erano fatti per stare insieme, ma ci erano nati così e ci sarebbero morti così.
    Il problema era il tempo che restava in mezzo.
    E non voleva crederci a quelle parole, perchè era più facile pensare che il Tassorosso avesse già trovato una bottiglia da mandare giù piuttosto che ascoltare quelle parole. Scherzi senza risate, battute che ridere non facevano.
    «basta con le cazzate» gli abbasso la mano che faceva il simbolo degli scout, il simbolo di tre bugie che, fino a quel momento, erano state le più sincere che avesse mai sentito. «abbiamo fatto una promessa, giusto?» cercò la conferma in quello sguardo rotto, che non si sarebbe fatto prendere per il culo da quel ragazzino di nuovo «io non mi tiro indietro, ma ti conviene fare la tua parte» e se CJ aveva il diritto di essere il fratello che nessuno voleva, BJ sarebbe stato quello di cui l'altro aveva bisogno. Era come guardarsi ad uno specchio dove il riflesso era corretto, dove non bisognava leggere al contrario le scritte, doveva ciò che era giusto sembrava sbagliato. E Bernadette era stanco di vivere così, che uno specchio del genere faceva venire il mal di testa ad ogni sguardo che lo sfiorava: «se devi dirmi qualcosa fallo qui ed ora, ma basta giochetti, basta battute. Pensi che questi tre indizi mi abbiano detto qualcosa? Ovvio che no, era solo per mettermi alla prova» ridacchiò, senza divertimento e senza allegria, quella risata che reprime le lacrime. Ogni parola a fare più male al rosso di quanto avrebbe potuto farne al calvo.
    «Non ti lascio» ribadì scandendo ogni parola «ma devi darmi una mano CJ, devi aiutarmi a capire» e se non lo avesse capito nemmeno in quel modo, il Reynolds avrebbe davvero perso le speranze, rassegnandosi a dover semplicemente annuire, lo stesso falso sorriso che, però, non avrebbe ingannato CJ. Quel sorriso a ribadire quanto BJ avesse rinunciato a tentare se Christopher non l'avesse afferrato prima di cadere.
    «ti credo sul nome, sei un o-» un nodo in gola ad impedire di completare quella frase, sbagliata nella sua teorica correttezza «siamo orfani, e dell'essere fratelli non ho mai dovuto avere prove» confessò sentendosi sul bordo di un baratro dal quale difficilmente sarebbe tornato. «ammettiamo anche che io ti creda su questa storia del futuro -dopotutto siamo finiti in una versione più malata di casa, no?» sentì i talloni nel vuoto, un sospiro prima di sentirsi perso, la mano tesa e gli occhi chiusi prima di quell'ultima domanda, le pupille incollate in quelle del Knowles, pronte a non lasciarsi sfuggire una sola reazione.
    «e adesso? cosa succede adesso?»
    non lasciarmi cadere, crane junior hamilton, per favore non lasciarmi cadere
    do it for the aesthetic -- ms. atelophobia

    «Bj Reynolds»
    «altri»
    DOMANDA: come hanno fatto i primissimi Esperimenti a sovvertire il potere che esisteva nel mondo magico prima dell'apertura dei Laboratori?
    O i laboratori sono sempre esistiti fin da quando sono esistiti i maghi?
     
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    Il sorriso scivolò denso dalla bocca senza abbandonarla del tutto, un pigro premere a sollevarne gli angoli verso l'alto. Il verde degli occhi di CJ Knowles, nel vicolo scarsamente illuminato di una Hogsmeade perfetta sconosciuta, brillava pulsando qualcosa di vivo in ogni striatura oro. «basta cazzate» ed aveva ragione, BJ Reynolds: basta cazzate.
    Il problema era quando le cazzate diventavano la cosa più reale nel quale affondare i denti strappando ad ogni morso pezzi di sangue e verità, ed allora si viveva nel limbo di scissione fra ammesso e compromesso, fra accettabile e costrizione: non sapeva più quali fossero cazzate, il Tassorosso. Per lui, lo era sempre stato un po' tutto - ma scegliere il male minore non gli era mai parso così arduo.
    Non sapeva più cosa smettere di essere o di fare, a quale Dio imprecare la propria inadeguatezza. Mantenne il sorriso solamente perché da fare, non c'era molto altro. «abbiamo fatto una promessa, giusto? io non mi tiro indietro, ma ti conviene fare la tua parte» Gli conveniva? Alzò metodico e lento un sopracciglio, una decina di risposte pungenti a grondare acido fra i denti - eppure le ingoiò tutte, lo stomaco a bruciare di quel nuovo buco corroso nel tessuto. La sua parte? Erano forse in affari, loro due? Era una fottuta trattativa? In quel sopracciglio arcuato, linea morbida di un biondo poco più scuro dei capelli, CJ mise tutto il proprio tacito che cazzo stai dicendo, trasparente quanto il fondo abusato ed asciutto di una bottiglia di vodka. Gliel'aveva già detto, ma non dubitava di doverglielo ripetere ancora - ed ancora ed ancora, finché non l'avesse capito.
    Non bisognava avere aspettative, con i CJ del mondo. I para ginocchia non ti salvavano il culo quando i Knowles ti buttavano a terra - e se ne fottevano, le protezioni di plastica, che lui non volesse. Nessuno aveva mai domandato agli effetti collaterali se fossero intenzionati ad arrecar danno: li si biasimava e li si incolpava, ma si sapeva non potessero fare altro. «se devi dirmi qualcosa fallo qui ed ora, ma basta giochetti, basta battute. Pensi che questi tre indizi mi abbiano detto qualcosa? Ovvio che no, era solo per mettermi alla prova» il secondo sopracciglio, con naturalezza data dall'abitudine, seguì il primo. CJ metteva alla prova BJ ogni giorno della sua vita, l'aveva sempre fatto, ma quello non era decisamente il caso: era una sfida, quella del Knowles, ma verso di lui. Con lui, per loro. Un per una fottuta volta guardami ed ascoltami, perché BJ era il migliore a cogliere solamente quel che preferiva o più gli veniva comodo - sceglieva la sua storia calibrandola piano, togliendo l'eccesso per poter guardare lo schema finale. Il fatto era che CJ, in quello schema finale, non ci stava - non c'era e non lo voleva. Che CJ Knowles era il fottuto eccesso, quel che il mondo scartava perché poco necessario: era tutti quei non detti che a BJ non dicevano nulla, e che per CJ erano complete opere d'arte. «Non ti lascio ma devi darmi una mano CJ, devi aiutarmi a capire» fu in quel momento che la giovane età del Tassorosso venne a galla, una sfumatura azzurro cielo a spingere per salire in superficie. Talvolta ci si dimenticava che CJ Knowles avesse solo diciassette anni, ma c'erano momenti, come quello, in cui era impossibile metterlo in dubbio: era un ragazzino, il Prefetto dei Tassorosso. Ed era frustrato. Ed era spaventato - Dio, era fottutamente terrorizzato.
    Ed era CJ, come lo era sempre e quanto mai, e non capiva: non posso aiutarti, sussurravano i suoi occhi. Speravo mi aiutassi tu, una supplica ancor più sottile a cercare il conforto della mazza nel palmo sudato. C'era stato un tempo in cui, un CJ bambino, aveva voluto solamente quello - conforto. Nessuno all'epoca s'era sprecato a mostrargli la differenza conforto ed auto difesa - nessuno l'aveva ritenuto opportuno. Quando cercava sicurezza, l'ormai Christopher, cercava d'istinto le armi nascoste nelle tasche.
    Che senso avrebbe avuto spiegare ad un CJ Knowles che c'era più d'un tipo di paura. Che non si esisteva solamente per far sopravvivere la pelle.
    «siamo orfani, e dell'essere fratelli non ho mai dovuto avere prove» uno sbuffo sgusciò fra le pieghe umide del sorriso del Tassorosso, il capo reclinato di lato. Mi fa piacere, avrebbe cinicamente voluto rispondere, ma ero io ad averne bisogno. Non lo disse solamente perché il Reynolds avrebbe frainteso, ed il fu Hamilton non credeva d'aver mai avuto meno voglia in vita sua di mettersi a polemizzare la propria etica morale - soprattutto perché avrebbe richiesto un dibattito preventivo riguardo la sua discutibile esistenza: lavori da filosofi, non da Bicigins. Ammettendo, ma non concedendo, che BJ considerasse l'ipotesi del viaggio del futuro, CJ poteva solamente: «non siamo orfani.» arricciò il naso, la testa piegata languida all'indietro. Si strinse nelle spalle. «non lo eravamo. al momento qualche dubbio mi sorge» un'occhiata alle labbra di CJ avrebbe dimostrato ai più scettici che taluni sorrisi potevano nascere già morti. Che i giochi di prestigio non necessitavano sempre d'un cilindro - che bocche come quella di CJ Knowles fungevano da sole da portale fra realtà ed inganno.
    E che l'inganno, nel suo falsare la realtà, era sempre la cosa più reale del trucco.
    «e adesso? cosa succede adesso?»
    Si limitò a guardarlo, odiandolo per quel volere una risposta che CJ non aveva, ed odiandosi per non avere una risposta del quale BJ aveva bisogno.
    Non ne ho fottutamente idea.
    Deglutì, i pugni ad aprirsi e chiudere con gelida lentezza lungo i fianchi.
    «ti sei chiesto perché abbiamo questi?» infilò un dito sotto la fascetta viola, l'interno del labbro inferiore a sanguinare fra i denti. Poteva non sembrare, me ne rendo perfettamente conto, ma CJ era un ragazzo sveglio. «o perché questa sia una versione più malata di casa, ma non casa?» Alzò pigramente gli occhi al cielo, le poche stelle a riflettersi nello sguardo del Tassorosso. «ho valutato diverse opzioni.» era un ottimo osservatore, per quanto poco fosse interessato a dimostrarlo.
    «ma prima c'è...» ingoiò la saliva distogliendo lo sguardo, una risata di scherno verso sé stesso a prudere sul palato.
    Aveva solo diciassette anni, CJ - ed era già un rifiuto, ed era già uno scarto rigettato. Era chiedere tanto che non volesse esserlo almeno per suo fratello? Troppo pretenzioso domandare a BJ di credergli e basta, ma anche l'unico responso che sarebbe stato in grado di accettare. Magari non era un ora o mai più, ma era un noi o io e te - per i Knowles, un fato peggiore e più definitivo del mai più: il tempo non lo capiva, ma sulle fazioni di guerra non aveva dubbi.
    «c'è una cosa che dovresti vedere.» battè le ciglia senza guardarlo, abbassando la spallina dello zaino per farlo scivolare a terra. Sentiva il cuore battere frenetico scontrandosi con le costole, un sapore agrodolce sulla lingua ed una stretta alla gola che andava di pari passo con il respiro. Si illuse che se non avesse fatto caso alle dita a tremare sulla zip, non l'avrebbe notato neanche BJ. Deglutì, una mano ad infilarsi nella borsa per cercare la superficie ruvida delle foto.
    Le loro, foto. La loro, famiglia.
    La loro, famiglia?
    Le passò al Serpeverde senza guardarlo, i loro volti più adulti e più giovani a ricambiare lo sguardo di BJ con sorrisi a cui CJ non aveva creduto. I loro cugini, i loro zii. I loro genitori. «non me ne intendo particolarmente di genetica, e non ho la più pallida idea se il gene special sia recessivo o dominante, » umettò le labbra ignorando deliberatamente l'elefante nella stanza - il viaggio nel fottuto tempo. La loro famiglia - disumanizzarli rendendoli soggetti di studio prettamente scientifico, rendeva più semplice ingoiare aria e saliva. «ma dato che entrambi sono special, le probabilità che io e te siamo nati maghi, è irrisoria» osservò asciutto.
    «nel...» puoi dirlo, CJ. Provava lo stesso pudore di una suora costretta a dire cunnilingus. «futuro» serrò denti e palpebre, l'ombra di un ghigno nelle labbra distese. «devono aver sviluppato un modo per renderci ciò che siamo oggi - maghi. Una specie di...laboratorio inverso?» fece spallucce. «c'era una missione in ballo, bisognava tornare indietro nel tempo per...sistemare alcune faccende.» avete detto di sì. Tacque. «abbiamo detto di sì» l'eco delle parole di Gwen nella voce di CJ, gli occhi ora aperti a studiare il muro alle spalle del Reynolds. «presupponendo che il 2043 - l'anno dal quale arriviamo - fosse in parte come il nostro 2017, avrebbe...avrebbe avuto senso, diventare maghi» arcuò un sopracciglio, un sorriso sbilenco.
    «razza superiore, sticazzi vari. statisticamente più possibilità di sopravvivenza» a meno che tu non sia un CJ Knowles. «ma. Donnie» un'incrinatura nel tono piatto del Tassorosso.
    «non ci ha dato la fascetta arancio. E ci ha riconosciuto, il che esclude la possibilità che in questa...linea temporale? Siamo babbani. Non ci ha dato neanche la fascetta bianca degli special.» ticchettò pensoso le unghie corte e mangiucchiate sulla mazza, evitando tatticamente gli occhi scuri di BJ. Non voleva... non poteva e non sapeva come rispondere, cosa aggiungere. Buon Dio, anche CJ non aveva la più pallida idea di cosa quello, tutto quel fottuto quello, fosse: non aveva certezze per il Reynolds.
    Non ne aveva neanche per sé stesso, ed ignorare il problema di base gli pareva la mossa più astuta per convincersi che respirare non fosse un problema. «noi, e la krum. Non le riconosco mai - Cristo, sono uguali - ma una delle due aveva la fascia arancio, quindi deduco fosse Cora. L'altra dev'essere Lorelei» una pausa, labbra masticate fra i denti. «una special. Il punto è:» aveva bisogno di riflettere ad alta voce, di riempire quel silenzio fatto di vuoti e battiti mancati. Doveva concentrarsi su qualcosa, qualunque fottuta cosa. Sollevò le iridi di un opaco verde brillante su BJ. «da quanto?» ma non guardò realmente il fratello, impegnato ad aggrapparsi a quel lieve filo rosso che andava dispiegandosi, lento ma inesorabile, di fronte a sé - una pista da seguire finché fosse stata calda. Talvolta il più ignobile e fittizio degli indizi poteva divenire abbastanza per tentare; talvolta la palla era troppo in alto, ma non escludeva che un homerun fosse impossibile. Solo più difficile - quel più di troppo, era sempre stato materiale da CJ.
    In qualunque vita.
    «seguimi» non attese di avere conferma dal Serpeverde, un'occhiata sbilenca rivolta invece al resto dei Freaks nell'universale gesto del see ya later, sluts, ed in questo stesso posto. Non diede possibilità a BJ di ribattere, mentre si apriva una strada nella poco trafficata High Street, bocca serrata e sguardo distratto che disattento, non riusciva ad esserlo mai. «quindi ecco la mia conclusione,» continuò, senza fermarsi per attendere che il rosso rimanesse al passo: sapeva, semplicemente sapeva, che l'avrebbe fatto. «abbiamo da sempre avuto un potere, il che ci rende i purosangue degli special - giustificherebbe il... trattamento di favore nei nostri confronti. qua non siamo mai diventati maghi, perché non saremmo stati la razza superiore, quindi abbiamo mantenuto la modifica genetica della nascita» si fermò d'improvviso in un punto casuale della via, la testa a ruotare prima a destra e poi a sinistra facendo rimbalzare le gemme smeraldo da un muro all'altro. «è una teoria molto azzardata,» arcuò un sopracciglio verso il Reynolds, un angolo della bocca ad alzarsi al cielo. «ma o stiamo vivendo un allucinazione collettiva, o» ed anche l'altro lato delle labbra si sollevò, palpebre ad assottigliarsi nel rendere lo sguardo ferino e pericoloso. «siamo in un mondo parallelo» aveva escluso la possibilità che fosse il loro mondo, ed il loro tempo, non appena i braccialetti erano stati smistati fra i Prescelti - ed in quel momento aveva cominciato ad elaborare la situazione, cercando di cavare supposizioni da quei pochi fatti a portata di mano. «donnie ci ha riconosciuti, quindi esistiamo anche qui.» fece schioccare la lingua sul palato, ancora un passo avanti nella buia strada di Hogsmeade. «il che significa che, secondo la mia ipotesi, al momento ci sono due CJ e due BJ» tornò a guardare il fratello, gli occhi a farsi intensa lamina di metallo pronta a fondersi. Che labile equilibrio, in quella realtà; quale provocazione infilare due Knowles a sopravviversi, quando a malapena lo facevano da soli. Rimase in silenzio una manciata di secondi, il respiro a farsi quieto sulla lingua. Dovette chinare il capo sull'acciottolato della cittadina magica, una prima fitta di incertezza a far capolino sul delicato labbro inferiore. «non so un cazzo, bj.» ammise in un soffio, evitando così alla voce di tremare - fosse per rabbia, fosse per quel vacuo senso di impotenza. «non capisco -» indicò loro due, la frase lasciata in sospeso. Non capiva il loro essere Hamilton. «potrebbero essere tutte stronzate» parole a farsi caute, a stropicciarsi nel sorriso affatto divertito del Tassorosso. Perché era vero, poteva trattarsi di un'immensa stronzata.
    Ma poteva anche non esserlo.
    Aprì la bocca, la richiuse. Il vuoto bollente a scavarlo dall'interno, il fiato a condensarsi in rapide nuvolette a fior di labbra. «sarebbe così sbagliato?» un bisbiglio, lo stesso che aveva rivolto a Sandy - quello carico d'incertezza, la speranza infantile di un compromesso che rendesse tutto tollerabile. Perché, vaffanculo, CJ Knowles voleva fosse vero. La sua vita non sarebbe cambiata di una mezza cazzo di virgola, ma avrebbe avuto un...premio di consolazione, per quell'esistenza a metà. Non sarebbe cambiato nulla, ma l'avrebbe fatto lui - essere soli al mondo non era divertente, quando soli lo si era davvero. «siamo una famiglia» io e te. Noi e i freaks. Morse il labbro superiore tenendo gli occhi incollati ai propri piedi. «ma non ne abbiamo mai avuta una» essere ed avere, differenze che nel mondo di CJ cambiavano le carte in tavola.
    Ed aveva già detto troppo, lui; così non disse che per una volta, che magari per poco, volesse sapere cosa si provasse ad averne una. Anche solo fingere, sapete. Non era un ragazzo di molte pretese.
    «in ogni caso. se le mie congetture sono corrette, e siamo davvero in una realtà parallela...» attese che il Reynolds giungesse alla conclusione da sé. Perché se Donnie era vivo, e Nathan era vivo... gettò una foto fra le mani del Serpeverde. «non sono tornati con noi, ma se ci sono due CJ e due BJ -» lasciò che a rispondere fosse lui, quindi annuì. L'ombra di un sorriso a piegare la bocca, un fremito a costringere il muscolo cardiaco a saltare un battito. Da qualche parte, c'erano un Gemes ed una Run ed un Jay - ed egoisticamente, non gli importava neanche troppo se potessero o meno essere utili alla loro causa; se avessero partecipato alla loro stessa missione, seppur in modo differente, e sapessero cosa stesse accadendo. CJ Knowles era una bestia avara ed egocentrica, in fin dei conti. Non aveva neanche avuto il tempo di farsi odiare.
    E adesso? Cosa succede adesso?
    Il Tassorosso sorrise, tutto denti affilati e labbra tirate: «e adesso li cerchiamo.» reclinò il capo verso BJ, una domanda a premere negli occhi chiari e nella forma sbilenca della bocca. Era il momento di una riunione di famiglia. Fu in movimento prima ancora di deciderlo razionalmente, i muscoli a flettersi per lui rispondendo a stimoli che non ricordava d'aver dato - un braccio allungato per fermare un passante dalla fascia arancio che aveva scelto il momento ed il luogo meno opportuno per la sua passeggiata quotidiana. La gentile persuasione non era mai stata nelle corde di CJ Knowles. Figurarsi CJ Hamilton. Strinse le dita attorno alla spalla del ragazzo schiacciandolo contro il muro più vicino, il proprio corpo a premere su quello di lui per impedirgli di muoversi; tenne la testa del Mago contro la parete, la guancia ad appiattirsi sui mattoni mentre questi singhiozzava un verso acuto. Che esagerato. «ehi, forestiero» un ghigno amaro, parole a scivolare piccate ed arroganti sull'orecchio del malcapitato. Era uno showman, CJ. «sai dove posso trovare Gemes Hamilton?» senza un po' di sano bullismo, cos'era la vita. Prima che il giovane potesse rispondere, piegò un innocente ed innocuo sorriso a BJ Reynolds.
    «sei con me, fratellino?»
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    DOMANDA: come hanno fatto i primissimi Esperimenti a sovvertire il potere che esisteva nel mondo magico prima dell'apertura dei Laboratori?
    O i laboratori sono sempre esistiti fin da quando sono esistiti i maghi?

    Non è mai esistito un periodo antecedente: gli special, seppur rari, sono sempre esistiti. Quando sono stati creati i laboratori, il numero è fortemente incrementato, ma già prima erano loro ad avere il potere.
     
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    Le dita afferrarono la foto come se fosse potuta sfuggirgli di mano da un momento all'altro, la pellicola vecchia di anni passati al contrario, e sembrava impossibile quella figura, quel Bj dallo sguardo gentile, buono... migliore. Il Bj che non era mai riuscito ad essere, il Bj che aveva sempre cercato di imitare, che lo sapeva di non poter più mentire sulla propria natura e che prima poi avrebbe dovuto accettarsi, per quanto doloroso sarebbe potuto essere.
    Ma quell'immagine, quei sorrisi impressi su quel rettangolo sottile come le speranze che gli erano rimaste, tutta quella storia lo stava distruggendo. Che era pronto a doversi accettare presto o tardi, era cosciente del fatto che un giorno, eventualmente, avrebbe dovuto smetterla di nascondersi, ma non era pronto a riacquistare fiducia nelle bugie e nelle illusioni che si era detto, promettendosi un riflesso che nessuno specchio avrebbe mai potuto mostrargli.
    Quell'ancora anonimo Brandon Junior Hamilton era un fantasma che, ad ogni parola del Knowles, diventava più vero e meno impossibile, più presente e meno futuro. E ci avrebbe voluto credere solo per quello, che l'egoismo era sempre più forte dell'empatia, in quella vita, che gli avrebbe fatto comodo non mettere in discussione quelle parole.
    Perchè avrebbe dovuto farlo, poi? Lo stesso Cj sembrava soffrire ogni qualvolta si trovava a parafrasare l'indovinello che gli aveva posto prima, le sentiva le lacrime come se anche lui le stesse ingoiando, e di piangere ne avrebbe avute di ragioni, che aveva promesso di non lasciarlo andare, ma sull'andarsene non avevano detto niente. Aveva aspettato due vite intere suo fratello, le lacrime ad implorare che gli dicesse la verità, ma ora la verità non era più bella abbastanza da poter essere sentita. Avrebbe potuto intestardirsi, arrabbiarsi con lui accusandolo di starlo prendendo in giro, l'ennesimo scherzo per girare il dito nella piaga che si era aperta quando quella sera i suoi genitori erano tornati senza Chris a casa. Eppure rimase fermo lì, le parole a bruciare nelle sue orecchie, una tortura che avrebbe dovuto sopportare, che nessuna confessione era mai stata più amara di quella.
    Non poteva tradire la sincerità del fratello, non dopo tutto quello che gli aveva detto, glielo doveva, che in debito col Knowles lo era stato anche da prima di quanto potesse immaginarlo.
    «c'era una missione in ballo, bisognava tornare indietro nel tempo per...sistemare alcune faccende.» e si chiese che genere di faccende fossero talmente tanto importanti da spingerlo a rinunciare ben due vite, che non avrebbe sprecato la sua esistenza correndo dietro problemi di un tempo non suo, e non avrebbe mai lasciato casa sua volontariamente, persino in quell'universo ci era finito contro il proprio volere. Le teorie di Cj erano... poco ortodosse, sebbene avesse sentito e visto di peggio e, perlomeno, nel quadro dipinto dal tassorosso sembrava che tutti i dettagli si incastrassero alla perfezione. Ma c'erano numerosi spazi vuoti, spazi che avrebbero dovuto riempire loro, mai nati per il solo scopo di vivere, sempre esistiti in funzione di qualcos'altro.
    Si sentiva come un rotella dentata a girare in un grande orologio, spinta e tirata dalle altre senza che potesse fermarsi davvero, eppure sarebbe bastato un errore per far saltare in aria tutto quanto. Un errore e loro non sarebbero potuti esistere affatto. «ma... ma non è pericoloso?» domanda stupida, quando mai la loro vita non era stata pericolosa? bugie e proiettili, lacrime e sangue i loro marchi di fabbrica, che quella vita non li voleva lì, come intrusi in un organismo che reagisce sguinzagliando quanti più anticorpi possibile «insomma, noi non apparteniamo a questo tempo, qualsiasi nostra azione potrebbe compromettere il futuro» un'ultima occhiata a sorvolare su quei volti conosciuti al momento sbagliato, sconosciuti a rivelarsi tutt'altro. «basterebbe una sola azione perchè nessun Cj e nessun Bj nasca in quel futuro... o sbaglio?» non era esattamente un fan delle teorie sul multiverso o i viaggi nel tempo, sebbene non avesse mai escluso tali possibilità.
    La cosa con cui aveva più fatica era, però, il dover realizzare che non solo esistevano, ma che lui ne era una componente attiva, che lui aveva attraversato pareti fino a quel momento ritenute infrangibili.
    «abbiamo da sempre avuto un potere, il che ci rende i purosangue degli special - giustificherebbe il... trattamento di favore nei nostri confronti. qua non siamo mai diventati maghi, perché non saremmo stati la razza superiore, quindi abbiamo mantenuto la modifica genetica della nascita» si risvegliò, lo sguardo ancora perso, confuso da quella cascata di informazioni a piovergli addosso, che un po' di tempo per anche solo fingere di aver metabolizzato la situazione avrebbe potuto concederglielo, ma il tempo a quanto pare non era esattamente loro amico.
    Eppure così tante cose avevano perso senso, ancor di più lo avevano acquistato, che se il tempo non era mai stato dalla loro parte forse era perchè non era quello giusto, che magari la vita nel 2043 non doveva essere stata così dura per loro. «stai dicendo che chiunque ci abbia mandati indietro ci abbia dato una garanzia sarebbe stato ingenuo credere che lo avevano fatto per le loro vite, quando si trattava ovviamente del fatto che avessero bisogno della loro presenza, una garanzia per il piano, non per loro, mai per loro.
    Odiava sentirsi uno strumento nelle mani di persone che non ricordava, una causa che non ricordava ad averlo mosso, che per quanto poteva saperne poteva essere una bugia, una storia della buonanotte.
    Ma in quelle lacrime poteva vederla, la tranquillità di Christopher, un pensiero che nemmeno lo aveva sfiorato, che forse era un bene sapere quelle cose.
    I reietti, quelli che continuavano ad essere messi da parte, finalmente avevano trovato un posto, uno scopo, che forse sarebbe stato meglio costruirselo con le proprie mani il destino, ma perlomeno in quel modo ce lo avevano. E avevano la certezza di non essere null'altro.
    Fu un sì, quello che Berandette Julian si disse, e fu un sì per sè stesso ma, soprattutto, per i Freaks. Non gli stava facendo un piacere, non era una cortesia: accettava quella vita, accettava quella verità, perchè rifiutarla avrebbe significato vanificare il sacrificio di tutti loro.
    Che se era solo la sua vita a dover essere rovinata, il serpevrde sarebbe riuscito a mettersi l'anima in pace, ma, improvvisamente, rendere le loro vite vuote, privarle di quel compito, non sembrava giusto.
    E, senza saperlo, Bernadette Julian Reynolds aveva compiuto il primo passo per tornare ad essere Brandon Junior Hamilton.
    «potrebbero essere tutte stronzate... sarebbe così sbagliato?» non era a suo agio davanti a quel Cj, un fiore delicato che si sarebbe chiuso immediatamente se lo avesse sfiorato con troppa intensità, che non lo aveva mai visto in tutta la sua debolezza, senza la rabbia a rendere la pelle coriacea e quei sorrisi a pungere chiunque si avvicinasse troppo. Non era abituato ad essere il più forte tra i due quando erano insieme, che sena volerlo aveva caricato il fratello con un po' delle sue colpe, la schiena curva di chi se le era portate senza mai fiatare, che nessuno avrebbe osato contraddirlo se si fosse sfogato, se avesse detto la verità su tutto. «no, forse queste stronzate sono l'unica cosa buona che potrebbe esserci mai capitata» una mano posata sulla spalla, un sorriso timido e triste ad aprirsi sulle labbra, che le pensava davvero quelle parole, che per quanto avessero potuto incasinare le loro vite, quelle stronzate avrebbero dato un senso alle ingiustizie che avevano subito. Non era sbagliato credere che, dopotutto, qualcosa di buono lo si poteva fare davvero, che fosse per le faccende irrisolte o per gli amici per i quali non aveva mai creduto di essere abbastanza. Non si era mai sentito inutile o superficiale per quella vita, ma mai si era nemmeno sentito utile e fondamentale, non una speranza che quella vita lo rivestisse di un ruolo importante, che non si era mai sentito abbastanza fortunato da vivere abbastanza a lungo da poter fare qualcosa di buono.
    Aveva iniziato ad accettarsi per quello che era, Bernadette, ma non poteva ignorare che Brandon era una versione di sè decisamente più allettante.
    Forse non avrebbe vissuto abbastanza di nessuna delle due vite, forse non sarebbe diventato mai abbastanza buono da farsi perdonare i propri peccati, ma se avesse potuto rendere giustizia ad entrambe le versioni di sè stesso, cazzo se lo avrebbe fatto.
    Non ci avrebbe provato, ci sarebbe riuscito.
    Sentendo le parole del ragazzo, l'occhio cadde ancora una volta sulla foto di famiglia, i tre volti che entrambi sapevano essere mancanti all'appello, finiti chissà in quale altra versione di casa loro.
    «- dovranno esserci anche un Gemes, una Run e... almeno tre Jay» sollevò lo sguardo, assicurandosi che il prefetto giallo-nero lo avesse inteso «be, immagino che anche qui ci siano i suoi gemelli, no?» e chi poteva dirlo, in un mondo dove gli special erano a comando del regime, chi c'era e chi non c'era.
    Mettersi alla ricerca di parenti che non erano esattamente loro consanguinei, ci sarebbe voluto un esperto in multiversi e genealogia, faceva sembrare la missione di Salem ancora incombente sulle loro teste, non più il sapore del sangue a grattare sulle tonsille, ma il peso dell'ignoranza e del mistero ancora presenti, a trascinarli in un ulteriore mare di rivelazioni. La magra consolazione era che quel mondo non aveva nulla a che fare con loro, turisti casuali a passeggiare per quelle strade, fortunati nell'essere i sosia di membri dell'Elite magica.
    Afferrò un giornale da una pila incastrata in una delle ceste di metallo disposte lungo il muro dell'edificio vicino la quale si trovavano e iniziò a sfogliarne le pagine animate, girandolo e rigirandolo per leggere le scritte stampate in improbabili disegni grafici. Se lo zio Jay era uno special anche in quel mondo, magari avrebbe potuto ricoprire una carica che sarebbe stata degna di essere nominata su un giornale, o magari qualcosa di meglio di un barista -senza offesa ai baristi, custodi notturni degli eroi caduti in un bicchiere di troppo.
    «sei con me, fratellino?»
    «che domande, se andiamo giù, ci andiamo insieme» un sorriso soddisfatto, quasi compiaciuto di sentire quel appellativo a fine frase, benchè fosse abbastanza sicuro che nel futuro era il Serpeverde ad essere il maggiore credici.
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    ihihi.

    allora, non ha un vero lavoro. quando fa "le sue cose" (cosa) le fa da solo, in proprio (???)
     
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    Calciò un sassolino dal marciapiede, le dita intrecciate dietro la nuca ed una sigaretta a bruciare fra le labbra secche. CJ Knowles masticava il cemento di quella Londra a denti stretti e sorriso tirato, occhiate di sottecchi al fratello al proprio fianco – affari di famiglia. Quale CJ, una settimana prima, avrebbe mai detto che lui e BJ si sarebbero ritrovati a quel punto, ed insieme?
    Un CJ qualunque.
    Era… strano quanto perfettamente normale, respirare in silenzio vicino al Reynolds mentre, in un (forse?) universo alternativo, bracciale viola al braccio, ispezionavano i numeri civici alla ricerca di quello indicato dallo sfortunato passante di Hogsmeade come abitazione di Gemes Hamilton. Schioccò la lingua sul palato fingendo di non aver ignorato le domande sollevate dal Serpeverde a cui non aveva saputo, ovviamente, cosa rispondere: del viaggio dal 2043 non sapeva un cazzo, la possibilità di non nascere era effettiva e concreta, e , immaginava ci fossero tre fremelli in circolazione, ma non ne aveva alcuna certezza. «conosci i chipmunks?» domandò, un’occhiata di sottecchi al ragazzo. Un ghigno contorse metà della bocca, il cilindro di tabacco a rimbalzare ad ogni parola. «nanetti, sembrano sempre smarriti, lasciano una scia color arcobaleno alle loro spalle – beh, sono i nostri cugini» palpebre assottigliate nello studiare un portone, prima di procedere verso quello successivo. «e la sargent, quella fissata con gli ufo amika di sandy e barry? idem» il ghigno s’increspò maggiormente, gonfio d’ironia ed isterico divertimento. Il Knowles trovava esilarante essersi trovato, in meno d’un battito di ciglia ed appena uno di cuore, nel mezzo di un fottuto bordello di fili colorati – cugini, zii, sticazzi vari. E non aveva alcun fottuto senso, ma non lo rendeva meno esilarante; loro che, ad eccezione di loro stessi, non avevano mai avuto nessuno, s’erano ritrovati con più parenti che mutande (almeno per il bicigino povero) nel cassetto.
    Fottutamente allucinante.
    «amalie è, tipo, nostra zia acquisita?» si strinse nelle spalle, il cuore ad accelerare dietro le costole ritmando ogni fiato. Non riusciva a prendersi sul serio, ma non riusciva neanche a non farlo: era incastrato in un circolo di incredulità e terrore, linee viziate di miraggio e fiducia corrosiva. Deglutì, masticò le parole sul palato sentendole dense e stomachevoli quanto miele d’acacia. Si fermò d’improvviso, i piedi ben piantati al suolo ed il capo reclinato da un alto. Prese la sigaretta fra indice e pollice e lasciò cadere la cenere a terra, il fumo soffiato dalle narici a gravitare pesante nell’aria davanti a sé. Un colpo di tosse suonò umido in gola, unico rumore nella notte di una Londra profondamente addormentata. Con i soli lampioni ad illuminare la via, il freddo ad insinuarsi nelle ossa, la sua non gli parve più un’idea particolarmente brillante: quale persona sana di mente andava a bussare a casa di qualcuno a quella fottuta ora? Però oh, non sapevano un cazzo, andare ad indagare alla fonte gli era sembrata la cosa più utile che non continuare a vagare nella nebbia dell’incertezza. Avrebbero potuto trovare vere informazioni, lì.
    Forse.
    O forse sarebbero morti provandoci, ma almeno l’avrebbero fatto insieme.
    «mh,» osservò la casa, la cui natura è a Sara e CJ sconosciuta, aspirando acre dalla sigaretta raccattata da un passante. Probabilmente avrebbe dovuto rendere partecipe BJ del suo piano prima di trascinarlo fin lì, ma allora dove sarebbe stato il divertimento? Il Knowles aveva vissuto in strada per anni, e nessuna serratura poteva essere a prova di CJ; Dio, avrebbe potuto scassinare il Vaticano e rubare la papalina al Messia dei poveri, se solo ne avesse avuta voglia: una casa qualsiasi di una Londra qualsiasi, non sarebbe mai stata un problema per il Tassorosso. Un sorriso ampio e pieno, sincero ed onesto, sollevò gli angoli della bocca del Knowles, gli occhi una fessura verde giada a studiare il profilo della costruzione. «quanto ne sai di biscotti?» domandò al fratello, adocchiando finestre e porte – doveva pur avere un retro, no? Sì, dai. «tira fuori la girl scout che è in te, blowjob» ed una risata vibrò silenziosa nel tono di voce basso e misurato del ragazzo, la sigaretta spenta sotto gli scarponcini. Gli diede una pacca sulla spalla, iniziando ad avanzare silenzioso nel vialetto «sii convincente, altrimenti siamo fottuti» appena un sussurro, il suo.
    Ed era lì, davanti al portone.
    «ci vediamo all’uscita» e prima che BJ potesse aggiungere qualcosa, dopo avergli rivolto un finger gun di classe, suonò il campanello – e non appena il rumore del citofono iniziò a vibrare all’interno dell’abitazione, CJ Knowles sgusciò quieto come un ninja alla ricerca di un’entrata alternativa.


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    Era più ovvio, ora, il sapore sbagliato che l'aria lasciava passando per la bocca, la stessa luce invernale pareva quasi cinerea, più simile ad una nebbia che ad una fonte luminosa. Il rumore dei passi riecheggiava sbagliato nei timpani, come tutti gli altri suoni, un mondo che suonava la sua melodia un tono più bassa del loro battito, tamburi a stonare contro le costole. Non era il loro posto, quello, non lo era mai stato nemmeno il mondo che si erano abituati a chiamare casa, ma lì sembrava esserci un continuo pensiero a rimuginare in un angolo della testa. Una sorta di monito, ricordati di non affezionarti troppo, che quell'universo prima o poi lo avrebbe lasciato ed era più facile mantenere quel distacco che mancava invece con l'epoca in cui era stato mandato da qui a ventisei anni.
    Il traffico londinese sembrava lo stesso di sempre, eppure continuava ad essere tutto sbagliato, che forse si era lasciato trasportare dalla fantasia e non cerano differenze nelle sensazioni di quel mondo. Il dubbio gli rimase, le acque del Tamigi di quel marrone sudicio, ma non il loro, le fusa dei motori troppo profonde, troppo fredde e meccaniche anche per delle automobili. E gli venne il dubbio che fosse tutta un'illusione, che qualcuno n qualche modo fosse riuscito a riprodurre una versione sbagliata del presente, e prima che potesse rendersene conto si guardava già attorno cercando occhi indiscreti e videocamere mimetizzate. Non sarebbe stata la prima volta, che osservati lo erano sempre stati, figure a camminare nelle ombre e a carpirli quando lo avrebbero ritenuto necessario. Non si sarebbe stupito, lo sapeva che la Grande L. nascondeva segreti anche a loro maghi, che custodi dell'ignoto lo erano per definizione. Ogni città aveva i suoi misteri, le sue leggende da raccontare e quelle da lasciar scorrere sul fondo delle fognature e si chiedeva se fossero gli stessi anche per quella Londra.
    Perlomeno Diagon Alley pareva essere sempre lo stesso segreto, uomini e donne a girare per le strade affaccendati e pieni di buste e pacchi, la confusione di un qualsiasi giorno, la routine ininterrotta seppur nuova per loro due.
    «conosci i chipmunks?» si fermò sulla strada acciottolata, il fratello a continuare la sua passeggiata, come se quella domanda non fosse stata strana. Che genere di persona ti chiedeva se conoscevi un tipo di scoiattolo? A quanto pare, una persona tipo CJ Knowles.
    «nanetti, sembrano sempre smarriti, lasciano una scia color arcobaleno alle loro spalle – beh, sono i nostri cugini» continuò lui, il serpeverde a recuperare la strada fra di loro tentando di scorrere tra i suoi ricordi «credo... credo di aver visto Scott... ha un fratello?» ricordava il ragazzo timido e impacciato con cui condivideva la sala comune verde e argento, ma non aveva idea del fatto che ce ne fosse un altro. In realtà non sapeva molto del Chipmunks, nè si era mai davvero interessato a lui. Perchè avrebbe dovuto? Non avevano molto in comune, poche o quasi inesistenti le parole scambiatisi, che non c'erano ragioni per avvicinarsi l'uno a l'altro.
    E giacquero lì, in perfetta sincronia con la routine di una realtà che non era loro, che non se li sentiva suoi quei legami di sangue, che non aveva mai sentito la necessità di test del DNA per sapere chi la sua famiglia era. Non aveva bisogno di sconosciuti nella sua vita, una vita quasi completa, una vita passata ad adattarsi al non avere immensi cenoni natalizi, che i Reynolds sembravano non avere nulla a che fare con i loro genitori e fratelli. Non li voleva quei sconosciuti a mostrare i geni comuni, a tentare di sostituirsi alla realtà che si era creato. Quando vivi una vita di bugie basta una sola verità a strapparti via tutto quello a cui il proprio cervello si era abituato a credere e rimettere insieme i pezzi era ogni volta più difficile, con la verità a soffiare sulla sottile fila di tasselli del domino.
    Ogni scoperta un danno e a quello ne seguiva un'altro e quell'opera costruita con maniacale precisione crollava, il caos a mischiare ogni frammento. «e la sargent, quella fissata con gli ufo amika di sandy e barry? idem» non sembrava rendersi conto, il Tassorosso, di quanto quelle parole potessero influire sul fratello. Aveva accettato quelle parole, le aveva prese per vere, ma non significava che fosse ancora pronto a vedersi le carte cambiare in tavola, il controllo a sfuggirgli di mano con ogni volto a rivelare un nuovo nome, un rapporto mancato che, se ritrovato, sarebbe stato così inadeguato e forzato. Quanto c'era in loro di Hamilton? E quanto negli altri c'era di quello che quelle foto dicevano? La nonchalance in quelle parole, come comunissime chiacchiere a scorrere sulle labbra, nemmeno l'urgenza della voce nell'assicurarsi che le informazioni arrivassero all'interlocutore. Bj si limitò ad annuire, subendo passivamente quelle informazioni, non si poteva fare molto altro quando si scopriva di avere una zia della tua età. Anche volendo, non avrebbe potuto negare che Amalie sarebbe potuta facilmente passare per quella persona che ti dà i biscotti solo dopo aver fatto i compiti. «cosa stiamo cercando, esattamente?» non aveva ben capito il perchè di quelle indagini, sapeva solo che tra le righe del Corriere Chiaroveggente non era apparso nemmeno una volta suo zio Jay e sperava solo di poterne trovare traccia nei pressi dell'abitazione di Gemse, suo padre. Il problema era che, una volta trovati i due, cosa avrebbero fatto? Stavano cercando indizi forse sulle loro vite, cercando di capire meglio parenti mai avuti? Non sapeva quanto sarebbe potuto essere stato utile in un universo alternativo, ma non avevano esattamente di meglio da fare -non loro che di scappare non ne avevano bisogno. Cercare una via di ritorno a casa non pareva saggio, mettere mano negli affari delle realtà parallele poteva comportare danni su più livelli e nessuno dei Prescelti sembrava essere abbastanza ferrato sull'argomento anche solo per fare ipotesi.
    Cj si era azzardato a dar voce a qualche pensiero, ma si era comunque contenuto, limitando le considerazioni alla situazione presente, non un accenno al ritorno, per quanto eventuale quell'evento potesse essere.
    «tira fuori la girl scout che è in te, blowjob»
    «solo perchè mi chiamo Bernadette non significa che tocca a me mettermi in imbarazzo, non basta già il nome?» si oppose facendo comparire tra le sue mani cinque scatole di biscotti al cioccolato, un gesto discreto della bacchetta per non attirare l'attenzione degli scelti. Credeteci o no, ma quella non era la prima volta che Bernie doveva fingersi un'Apetta Operaia per lasciare che Cj si intrufolasse da qualche parte.
    «sii convincente, altrimenti siamo fottuti»
    «dimmi qualcosa di diverso ogni tanto» sbuffò, tentando di ripensare ad una sola volta in cui non avevano rischiato l'osso del collo, ovviamente senza successo. Il campanello trillò, l'ultima nota a risuonare nell'aria, sempre sbagliata, sempre diversa alle orecchie del rosso. Si stampò il sorriso più innocente che ricordasse di avere e mantenne le cassette di biscotti come avrebbe potuto fare una bambina in un film su un gruppo di giovani scout. Tamburellò con i piedi, nervoso ed insicuro: quante cose sarebbero potute andare male?
    Gemse, o chi per lui, avrebbe potuto notare la bacchetta infilata nei pantaloni; Jay poteva non conoscere l'uomo; Cj avrebbe potuto farsi sentire dall'interno; Bj avrebbe potuto la sua prima bugia poco convincente... insomma non era esattamente la sua comfort zone.
    La porta si aprì, un ultimo respiro a farlo trasalire prima che l'uomo sulla porta potesse vederlo, uno spicchio di luce calda che sapeva di casa e snodarsi fuori dall'uscio come un rivolo dorato.
    «Gemes Hamilton?» quasi si soffocò con la propria saliva respirando dopo quella domanda. «Jayson Matthews ha ordinato cinque confezioni di Dolci Cuori dalla squadra Gamma delle Api Operaie» avrebbe potuto ripetere quella frase anche nel sonno tanto suonò naturale fuori da quelle labbra, un viso pulito di chi sembrava essere nato per lavorare nel volontariato.
    Nulla di più sbagliato.
    «ha lasciato questo indirizzo come riferimento, è in casa?» si spostò cercando una visuale migliore dell'interno, cercando di vedere se il Knowles avesse già forzato chissà quale porta, portone o finestra per farsi largo nella tana del lupo. «sono dodici galeoni e otto falci, più un'offerta libera per supportare il suo Alveare di quartiere! se se la fosse bevuta, Berandette Julian Reynold avrebbe trovato il modo di far arrivare l'informazione a Brandon Junior Hamilton così da prendere in giro suo padre all'infinito.
    Prima che potesse perire assieme a Run, ovviamente.
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    «Bj Reynolds»
    «altri»
    dove vivi zioh?
    [indagando su Jay Matthews]
     
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    Dopo giorni nei quali l'adrenalina era stata tutto ciò che il suo organismo avesse conosciuto e consumato, quando ne era rimasto senza non s'era reso conto di quanto quella sensazione gli fosse mancata, credendo ingenuamente di averne avuto abbastanza per un'esistenza intera - talvolta CJ Knowles dimenticava quanto il battito acidulo dietro le costole lo facesse sentire vivo, e quanto fosse assuefatto al neurotrasmettitore che causava quell'improvvisa accelerazione nello sterno. Dimenticava che la paura ed il pericolo non sempre avevano a che fare con la sopravvivenza. Dimenticava quanto gli piacesse. Strinse fra i denti il fil di ferro, comprimendolo fra i molari finché il nodo non si appiattì nella forma desiderata. Umido di saliva, infilò il piccolo archetto sotto l'infisso della finestra, permettendosi un grugnito ed una spinta verso la levetta di metallo solamente quando la voce di BJ gli giunse ovattata e distorta - distrailo. Un sorriso pendette atipico e distratto sulla bocca del Tassorosso, giudice e boia a condannarlo. Dovette mordersi le labbra per mettere a tacere l'istintivo verso di gola che sentiva arrampicarsi nella trachea. «Jayson Matthews ha ordinato cinque confezioni di Dolci Cuori dalla squadra Gamma delle Api Operaie» Cristo Signore.
    Sarebbero morti malissimo.
    Piegò il viso sulla spalla soffocando una risata, le dita ad armeggiare nel tentativo di scassinare una delle finestre dell'abitazione di Gemes Hamilton. Perché, poi - non sapeva cosa a quel punto avesse meno senso, se quel fottuto mondo o quel fottuto CJ. Più passava il tempo, più si convinceva che non si trattasse d'altro che di un incubo, un illusione: forse qualcuno l'aveva imprigionato in sé stesso, e l'unico modo che aveva d'uscirne era scoprire la morale della favola. Aveva bisogno di credere che fosse così semplice, che in quel suo intrufolarsi di nascosto nel cuore della notte in casa di un perfetto sconosciuto, ci fosse una ragione vera - non avrebbe potuto accettarsi, CJ Knowles, se avesse riconosciuto i motivi che l'avevano spinto in quella direzione: egoismo, fondamentalmente. Fottute questioni di principio.
    Malsana curiosità.
    Click - appena percettibile sopra il battito frenetico nel petto. Un sorriso tronfio si dipinse leggero sulla bocca del Knowles, mentre cauto apriva la finestra per sgattaiolare all'interno. Dovette sbattere le palpebre più volte prima di riuscire a mettere a fuoco l'interno della casa; non attese oltre, CJ, prima di inoltrarcisi come aveva fatto decine di volte prima di quella. Il Reynolds stava intrattenendo Gemes, il che significava che, finché fosse stato attento e silenzioso, avrebbe avuto il tempo necessario per esplorare i dintorni. All'incirca. Asciugò i palmi sudati sui pantaloni, muovendosi piano nel corridoio di fronte a sé, le dita a sfiorare appena il muro. Non poteva permettersi di aprire ogni porta gli capitasse a tiro, ma non aveva importanza - quella a cui puntava CJ, teoricamente, avrebbe dovuto già essere aperta. Ispirò a denti stretti, il fiato trattenuto sulla lingua per timore che un solo respiro di troppo potesse tradirlo. Uno, due, dieci passi - ed ecco la porta aperta. Si guardò attorno cercando di cogliere quanti più dettagli possibile, e senza porsi ulteriori domande s'infilò in camera da letto. Non conosceva l'Hamilton, ma in generale era entrato in abbastanza case deserte da sapere che la maggior parte delle persone custodiva in quella stanza le cose più importanti - i ricordi di una vita. Così si affacciò all'interno, la voce di BJ a farsi sempre più sottile mano a mano che poneva muri fra sé e l'entrata. Se ne avesse avuto l'opportunità, CJ Knowles si sarebbe fermato un po' di più a guardare quella casa - un po' di più a respirare quel profumo che un tempo, che un giorno?, sarebbe stato anche casa sua. Ma non l'aveva, e quel genere di interesse, in un momento come quello, poteva essere non solo nocivo, ma letale. Ovviamente, lungi dal Tassorosso preoccuparsi di sé stesso: era BJ il boyscout in prima fila a vendere biscotti, e pur non avendo idea di chi fosse Gemes Hamilton, non aveva alcuna intenzione di sfidare la sorte premendo sulla sua pazienza più del necessario. Umettò le labbra, gli occhi ad abituarsi alla flebile luce dell’ambiente di respiro in respiro. Quello era il momento di darsi una fottuta mossa - in quanto sarebbe riuscito a fuggire da quella stanza, se necessario? Sperava in breve, perché non poteva più permettersi di fare il silenzioso ninja di sto cazzo: doveva solamente andarsene. Aprì metodico ogni cassetto infilando cose random all’interno dello zaino – fogli, documenti, fotografie. Non diede loro neanche una seconda occhiata prima di metterli al sicuro nella borsa, d’altronde avrebbe potuto osservare in seguito quanta di quella cianfrusaglia potesse rivelarsi utile, e quanti invece fossero i giornalini porno raccattati con innocenza dalla camera del babbo. Morse l’interno della guancia spostandosi nella stanza, le dita a scivolare delicate sul comodino afferrando libri ed oggetti casuali, la testa a pendere oltre il materasso per controllare che sotto il letto non vi fosse qualcosa di fondamentale – tipo un cadavere, cose così. Chiuse gli occhi un solo istante, CJ - uno solo - domandandosi per quale fottuto motivo la sua vita dovesse così essere una fottuta presa per il culo – e perché lui fosse il primo a farsi beffe di sé stesso, sorridendosi sbilenco quando l’unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata prendersi a pugni in faccia. Deglutì, il pollice a premere sul legno di una scrivania.
    Non farlo, CJ.
    Il capo reclinato, le iridi verdi a brillare di bronzeo menefreghismo.
    Davvero, CJ, non è necessario - ed invece lo era, per lui.
    Per tutti quelli come lui. Represse un ghigno ed un sibilo mentre premeva i polpastrelli sulla carne del ventre riaprendo le ferite in via di guarigione, il cremisi a gocciolare denso sulle dita. Girò il palmo facendo scivolare il sangue sulla mano, impedendogli di finire sul pavimento, quindi lasciò che le dita si sporcassero di scarlatto.
    Come dire: nel modo sbagliato e nel mondo sbagliato, voleva che gli fossero riconosciuti i suoi meriti Alla fine il ghigno prese il sopravvento sulla bocca del Knowles, mentre l’indice tracciava le proprie iniziali sull’immacolato mobile della stanza.
    Magari Gemes Hamilton non ci avrebbe fatto caso. Magari non avrebbe avuto importanza.
    Magari CJ Knowles aveva appena firmato, letteralmente, la sua condanna a morte.
    Magari non gliene fotteva abbastanza.
    Ripercorse i propri passi affacciandosi nella stanza dal quale sentiva provenire la voce del Serpeverde; dalle spalle di Gemes, gli rivolse un denso sorriso ed un pollice alzato, prima di fare un cenno con il capo verso la direzione nel quale avrebbero dovuto incontrarsi. «s a l u t a m e l o» mimò con le labbra, macchiandosi le labbra di un sorriso sardonico, prima di uscire dal corridoio – e dalla finestra, e dalla fottuta casa di suo padre.
    CJ aveva un futuro brillante nella delinquenza.
    Prima di parlare, attese che entrambi fossero lontani dal luogo incriminato – decise di sedersi su una panchina, prima di rivoltare lo zaino mostrando a BJ quel che aveva trovato all’interno dell’abitazione. «i Dolci Cuori» rise sghembo, ricordando le parole di suo fratello. «siamo proprio una bella fottuta squadra» ed alzò la mano attendendo il palmo di BJ, il ghigno ancora ad indugiare sulla bocca.
    Sempre onesto, ma in quel momento un poco di più.




    cj knowles / eletto
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    «è sicuro che questo sia l'indirizzo del signor Matthews?» chiese nel tentativo di prendere tempo, conservando il bigliettino che lo avrebbe condotto a casa di Jay. Il tempo passava e di Cj nemmeno l'ombra: avrebbe fatto meglio sbrigarsi, non aveva idea di quali fossero i limiti che la pazienza dell'Hamilton poteva raggiungere e non ci teneva molto a scoprirlo. «ed è sicuro sicuro sicuro di non voler lasc-» la figura smilza e magara del Knowles sbucò da dietro il telecineta, mimando qualcosa con le labbra e indicando il retro dell'edificio. Soffocò un sospiro di sollievo in gola, le mani più rilassate e i nervi meno tesi «okay, grazie, buona giornata e ricordi: bee lives matter!» finse di dover attraversare la strada fino a quando non sentì la porta chiudersi, a quel punto si voltò e raggiunse il fratello che sbucava fuori dal vicolo. Tra le mani lo zaino ancora mezzo aperto, fogli di carta a sbucare stropicciati.
    «siamo proprio una bella fottuta squadra» non potette resistere alla tentazione di un sorriso, soddisfatto del lavoro compiuto. Era quasi pronto a battere il cinque, quando notò il fresco rossore tingergli le dita, una macchia scura a farsi lentamente largo sul tessuto della maglietta.
    Aveva cantato vittoria troppo presto.
    «cj ma cosa...» osservò il sorriso sbilenco sul volto pallido, nemmeno la più pallida delle preoccupazioni ad increspare il volto, che dopo un po' lo sapeva, Bj, che preoccuparsi diventava inutile, un freno ad impedirti di vivere quel poco di vita che ti rimaneva. Sapeva che Cj non aveva intensi desideri di morte, ma lo aveva visto sorridere a troppi pugni, troppi silenzi lì dove chiunque avrebbe chiesto pietà, e non se la andava cercare la morte, la maggior parte delle volte, ma nemmeno tentava di evitarla. «ti prego, cj, ti prego dimmi che non hai lasciato tracce» e invece lo aveva fatto, aveva lasciato letteralmente la sua firma su quella scena del crimine. Potevano solo sperare che se la prendessero con il Cj di quel mondo, più privilegiato, più incline a scamparla davanti ad un tribunale.
    Ignorò la cazzata che aveva fatto, concentrandosi sul risultato di quell'ennesima missione: «ho l'indirizzo di Jay, hai trovato quel cercavi?» foto e pagine scritte a mano o al computer si accumulavano nello zaino senza fondo, un sorriso ancora più fiero a fargli capire che, dopotutto, ne era valsa la pena. «adesso, però, lo fai tu il testimone di Geova» lo prese in giro mettendogli un braccio intorno al collo, che non aveva senso arrabbiarsi più di tanto per quella cazzata. Il danno era fatto, dovevano scappare, prima che Gemes potesse riaprire la porta di casa e farsi qualche domande. Due più due poteva essere un livello di matematica per il Gemes che conoscevano loro, ma quello... quello poteva anche essere un fottutissimo ingegnere missilistico.
    Si incamminarono nel folto della strada piena di negozi, il buio a farsi largo nel cielo mentre le lanterne prendevano fuoco una ad una, il caldo della luce a illuminare le strade come aveva sempre fatto. Inutile dire che, però, per Bj nulla poteva ricordargli meno casa di quello scenario, quasi come se i suoi occhi avessero uno stupido filtro fotografico a distorcere i colori, le ombre e i contorni di quella strada così familiare eppure estremamente sconosciuta. «dici che dovrei fare lo stesso a casa del Matthews? Intrufolarmi e rubare quel che posso?» non gli sembrava il modo migliore per condurre la sua indagine, sebbene con Gmese avesse funzionato alla grande (o quasi). Riprese la foto di famiglia ripiegata nella tasca dei jeans, i volti ad aprire sorrisi forzati e sguardi fotogenici a bucare la lente della macchinetta: sulla parte di dietro, vari nomi annotati a penna in una calligrafia che Bj non seppe ricondurre a nessuna mano. Ciò che attirò la sua attenzione, però, fu un nome che si riferiva chiaramente al fremello in questione: Freddie Hamilton. Il nome chiariva i legami di sangue, ma non come un Jay potesse essere un Freddie allo stesso tempo (e Bernie decise di non voler credere all'esistenza di un quarto Dylan O'Brian in quella vita o in qualsiasi altra).
    L'amnesia sapeva essere una dei più frequenti effetti collaterali dei laboratori e, se Jay era ancora un esperimento, poteva essere possibile che non fosse a conoscenza di quel cambio di identità.
    «credo di avere un'idea...» disse con un sorriso debole rivolto a quelle figure in movimento sulla fotografia.
    do it for the aesthetic -- ms. atelophobia

    «Bj Reynolds»
    «altri»
    la domanda era poco chiara duuunque edit: ha mai dimenticato di essere Freddie e non Jayson?
    [indagando su Jay Matthews]


    Edited by im;perfect - 21/12/2017, 18:06
     
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