how to get away with murder.

per chiunque uau lo so

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    only illusions are real

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    rea hamilton
    Non le era mai piaciuto particolarmente, Sloane Masters. Il docente di pozioni aveva neri occhi porcini che sembravano sempre vedere più di quanto non fosse lecito, fronte sempre sudata e radi capelli di un biondo pallido e malato. E le mani? Con la scusa dell’essere un musicista, Masters non aveva mai pensato, in nessuno dei sette anni della Hamilton, di tagliarsi le unghie. Dire che le mettesse i brividi, sarebbe esagerato. Perché qualcosa la potesse inquietare, Rea avrebbe effettivamente dovuto provare delle emozioni – cosa che, per inciso, non faceva: erano troppo complesse, troppo impegnative. Tendevano ad essere solamente una distrazione, una limitazione, tutti paletti che la Serpeverde non poteva permettersi. Al suo settimo anno ad Hogwarts, la Hamilton era oramai intoccabile: la scalata per giungere alla triste cima gerarchica della scuola di Magia e Stregoneria era stata impervia, sfida resa ancor più difficile dagli sfortunati casi umani a cui aveva magnanimamente deciso di dare uno scopo divenendo loro amica, ma non impossibile. Ed eccola lì, la fu nata babbana che, nei suoi primi anni, era stata oggetto di sevizie e tormenti per colpe che non aveva. Non c’era studente nell’intero istituto che non conoscesse, perlomeno di fama, Rea Hamilton – in pochi i fortunati ad avere avuto l’onore di poter scambiare qualche parola con lei.
    Decisamente più numerosi quelli che, insieme a lei, avevano passato un interessante seduta nella Sala delle Torture: erano due anni oramai che la Hamilton era assistente nella Camera, di conseguenza la sua nomea tendeva a precederla. Se non errava, e non lo faceva mai, era stato proprio il professor Masters a fare il suo nome alla commissione, ed al vicepreside Holt: una ragazza impeccabile, doveva aver detto; sarebbe perfetta per l’incarico.
    Più che perfetta, a voler essere onesti. Nel corso degli anni passati fra le fila verdi argento, Rea s’era costruita un certo numero di… contatti, che le permettevano di muoversi liberamente all’interno di regole apparentemente rigide ed immutabili della scuola. Aveva sviluppato, ovviamente, un senso della giustizia tutto personale: si rifiutava di punire qualcuno solamente perché sangue sporco - prima d’alzare la frusta, voleva prove - ma era fin troppo diligente nel proprio compito – difficile che qualcuno ritenuto colpevole dalla Serpeverde, fosse poi in grado di tornare nel rispettivo Dormitorio con le proprie gambe. Non torturava mai nessuno, se non per motivi personali – ed a quei motivi personali, era ben più che lieta di trovare un motivo per il quale i docenti ritenessero opportuno fosse necessaria una Seduta.
    Insomma. S’era fatta una certa reputazione, sapete. Aveva eliminato preconcetti e pregiudizi con sangue e carne, sua ed altri, finchè non era riuscita a far brillare il proprio nome a proprio modo - lei, a sistemare i riflettori; lei, a decidere dove indirizzare le ombre. E mancava così poco, così poco!, al conseguimento del diploma: un paio di mesi e Rea avrebbe finalmente abbandonato gli studi, lasciando alle proprie spalle tutti coloro che, fino a quel momento, avevano fatto parte della sua vita – di nuovo, distrazioni e limiti. Non aveva mai avuto dubbi su cosa fare del suo futuro: sarebbe diventata una Pavor, avrebbe scalato la gerarchia fino a divenirne un’amministratrice – avrebbe poi puntato a Superpavor, ed avrebbe ancora alzato la posta in palio fino a porsi come obiettivo la cattedra del Ministero. Insomma: si potevano dire tante cose della Hamilton, ma non che non fosse ambiziosa. O che non raggiungesse il suo scopo. Non era una sprovveduta: studiava le debolezze altrui con la stessa minuzia che riservava alle proprie, e se per sé stessa cercava il cavillo dove farli divenire punti di forza, per gli altri analizzava la breccia dove far sgorgare il sangue. Non le sfuggiva nulla, sapete. Aveva sempre ben chiaro il disegno più grande, la scacchiera dove muovere le pedine per giungere, se non l’indomani il giorno seguente, allo Scacco Matto.
    Il che ci riporta a: non le era mai piaciuto particolarmente, Sloane Masters.
    Ma da morto, le creava ancora più problemi.
    Allentò la cravatta verde argento e sospirò, Rea Hamilton. Si era affacciata quasi per errore nell’aula di Pozioni nei sotterranei, diretta invece nel proprio dormitorio – un grave, gravissimo, errore. Quand’era entrata, aveva trovato il professor Masters impegnato a fare una lezione speciale a dei ragazzini – gente di tutte le età, a dire il vero: qualcuno del primo anno, altri del terzo, se non ultimo come Rea stessa. Nel dubbio, non aveva ritenuto opportuno salutare nessuno loro.
    Aveva una reputazione da difendere, la Serpeverde.
    Prese un fazzoletto da uno dei banconi dell’aula, e si asciugò indispettita il sangue sul collo – perfino la divisa era ormai inutilizzabile. «calmi» ordinò, in tono apatico e secco, avanzando fino al centro della stanza. «qualcuno vi ha visto entrare?» una domanda pragmatica, quella della Hamilton. Sloane Masters aveva decisamente sottovalutato il suo ruolo di professore – pozioni proibite? Davvero? – e indubbiamente sopravvalutato le proprie capacità.
    Altrimenti, la poltiglia di carne rosea sul pavimento, non sarebbe stata tutto ciò che di lui era rimasto.
    Tamburellò l’indice sul labbro inferiore, la lingua a scivolare fra i denti. Quella che sarebbe stata una notevole macchia sul suo curriculum – anzi: se il Preside avesse scoperto delle lezioni supplementari del Masters, avrebbe, nel migliore dei casi, sospeso tutti loro. Come avrebbe potuto convincerlo che lei, lì, v’era passata solo per caso?
    Non poteva. Non con i resti di un docente esploso - letteralmente- a coprirle abiti e capelli. «dobbiamo liberarcene» asserì infine, chinandosi sull’ammasso di sangue e pelle grande una ventina di centimetri. «incompetente.» appena un sussurro, il sospiro di Rea Hamilton.
    No rest for the wicked, uh.

    slytherin, VII
    31.03.2009 | 18:45
    bee queen
    antisocial diva
    "you look unapproachable"
    and here you are...approaching me



    role del tutto random ambientata nel 2009, APERTA A TUTTI FATEVI AVANTI ♥ dai, non volete bloccare la crescita ai vostri pg? vi dico che
    i 1991 sono al VII anno
    i 1992 sono al VI anno
    i 1993 sono al V anno
    I 1994 sono al IV anno
    I 1995 sono al III anno
    i 1996 sono al II anno
    i 1997 sono al I anno
     
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  2. akrasia.
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    mean girl
    1992's | VI year
    the rich bitch
    the wasted youth
    Yvonne O'Sullivan
    slytherin
    31.03.2009
    «Ho sentito dire che si è fidanzato»
    «Lui? Mettere la testa a posto? Non credo proprio »
    «Io ci starei comunque, anche se mi mettesse le corna ogni settimana»
    «Anche io, è come un dio sceso in terra»
    Yvonne alzò gli occhi al cielo per quella che doveva essere almeno la ventesima volta, quel giorno. Era arrivata sugli spalti del campo da Quidditch, raggiungendo le sue amiche: per loro, vedere i ragazzi giocare era il massimo del divertimento, mentre la serpeverde si ritrovava lì ad annoiarsi ascoltando i loro commenti e chiedersi come diamine avesse fatto a trovarsi delle amiche così. Che poi, definirle amiche era un eufemismo : semplicemente erano quattro oche che aveva deciso di frequentare perché semplici da influenzare, potendo così fargli fare tutto ciò che desiderava. Non aveva mai sentito il bisogno di avere vere amicizie, Yvonne O'Sullivan, non riuscendo a fidarsi di nessuno o a mostrare la sua parte più vulnerabile che, intendiamoci, aveva anche lei: del resto era umana. Solo che, rispetto a chiunque altro, rappresentava uno 0,001% del complesso generale, e dunque era naturale che tutti ritenessero che la ragazza non avesse un cuore.
    Ed a volte era lei stessa a dubitare di averne uno. Era consapevole di avere qualcosa di sbagliato, ma non l'avrebbe mai ammesso a qualcuno, soprattutto non ad una di quelle quattro idiote che si era ritrovata come "amiche" . L'unica persona al mondo a cui aveva confidato, qualche anno prima, i suoi problemi era stata sua sorella Pearl: ma se n'era pentita un secondo più tardi, quando la ragazza le aveva consigliato di andare dallo psicomago della scuola per farsi prescrivere qualche antidepressivo. Sapeva che l'aveva detto per lei, per la paura di perderla ma cristo, avrebbe dovuto conoscerla abbastanza bene da sapere che la serpeverde avrebbe preferito di gran lunga tenersi il desiderio di togliersi la vita ogni due per tre piuttosto che annebbiassi la mente assumendo pasticche.
    «Yvonne? Ci sei??»
    «No, siete noiose come le lezioni di storia della magia » Osservò i loro volti incupirsi, senza però provare il minimo dispiacere
    «Ma..non commenti mai i ragazzi con noi..» Perché aveva fatto entrare una come Lindsay nel gruppo? Se lo chiedeva ogni giorno, soprattutto quando se ne usciva con quelle osservazioni davvero idiote.
    «Perché dite sempre le stesse cose, e non avete mai le palle per agire» Detto questo si alzò, tirandosi un po' più giù il top per mettere più il mostra la scollatura e poi si girò verso il campo: voleva dare una dimostrazione. Così, senza pensarci due volte, scese dagli spalti e camminò diretta verso Bowden Moses, battitore dei serpeverde nonché protagonista dei discorsi di poco prima delle amiche. Quando la videro in campo, alcuni giocatori sembravano volerla ammazzare, altri le gridarono di uscire di lì, ma lei continuò a camminare incurante di tutto il resto. «Moses! Vieni qua un attimo» e quando il ragazzo fu a qualche passo da lei, Yvonne si alzò sulle punte dei piedi per poi portare una mano al collo del ragazzo e avvicinarlo a sé. Aveva già pomiciato con lui quante? Dieci volte nel corso degli anni? Forse un po' di più. E per questo motivo non riusciva a capire cosa ci trovassero di così speciale quelle quattro oche: aveva un fisico ben scolpito, questo glielo doveva, ma per il resto non era nulla di speciale. Fece durare quel contatto tra le loro labbra poco più di mezzo minuto, per poi staccarsi di botto, girare i tacchi e iniziare a camminare per uscire dal campo. Nemmeno portò lo sguardo sugli spalti per assaporare l'espressione certamente senza parole delle amiche, o del resto dei presenti, e al «O'Sullivan, concedimi almeno un altro mezzo minuto!» rispose semplicemente alzando il dito medio in aria, senza voltarsi o dire altro.
    Il problema di fondo, se si poteva definir tale, era che Yvonne aveva iniziato a perdere interesse nei ragazzi. Non provava nulla nell'osservare i suoi coetanei giocare a Quidditch o fare i giri di campo senza maglietta, vedendoli semplicemente come bambini. Era ormai da un po' che provava attrazione solamente per gli uomini adulti, ed inutile dire che, in una scuola come Hogwarts, aveva cominciato a puntare tutti i professori. E a farsene almeno la metà, e non con il solo scopo di sistemarsi la media e passare l'anno.
    Non le fregava più tanto dell'aspetto esteriore: era il carattere ad importarle, la cultura e l'esperienza. Se poi a ciò si aggiungeva un Eccellente in pagella, di certo non poteva guastare. Tra i suoi preferiti c'era certamente il professor Masters, docente di pozioni nonché suo privato insegnante di chitarra. Non sto nemmeno qui a raccontare in che modo la ragazza ripagasse quelle lezioni speciali.
    E così, quel pomeriggio, decise di andare proprio da lui, certa di trovarlo in aula pozioni preso in qualche esperimento. Così, quando aprì la porta e si ritrovò davanti Rea Hamilton, si sentì personalmente tradita: se la faceva anche con lei? Sciokkanteh. Sapere di non essere l'unica serpe tra le grazie del professore la faceva decisamente innervosire.«Hamil..TON MA È ESPLOSO? » Li notò un attimo più tardi gli altri studenti lì dentro, ed i resti del professore a terra. Vaffanculo, e adesso? Chi le avrebbe raccontato tutti quegli aneddoti sui musicisti babbani deceduti secoli prima? E chi sarebbe arrivato a sostituirlo? Se avessero assegnato la cattedra a qualche neo diplomato, Yvonne si sarebbe volentieri andata a buttare dalla torre di astronomia.
    «dobbiamo liberarcene»
    «Col cazzo che tocco quel..coso» Definire persona Sloane Masters era ormai impossibile. E lei era sempre Yvonne O'Sullivan, e di certo non aveva intenzione di macchiarsi di sangue i suoi tacchi a spillo Miu Miu per occultare quel disastro «Al massimo vi cerco guanti e candeggina e qualcuno di voi» Puntò un dito minacciosa contro qualche primino presente nella stanza «pulisce questo disastro»
    Yeah, I wish I'd been, I wish I'd been, a teen, teen idle.Wish I'd been a prom queen, fighting for the title
     
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    friday de thirteenth
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    salem | beakloose
    Friday De Thirteenth frequentava Hogwarts da sei mesi, ed era stata già esiliata da tutte le attività extra curriculari. Sarebbe stato un nuovo, entusiasmante record, se solo la Grifondoro non avesse deciso che se loro non la volevano, beh, potevano anche fottersi: si sarebbe impegnata di prima mano a fondare nuovi club (che avrebbe smesso di frequentare dopo il secondo incontro) e gruppi di studio (dove non studiava, ovviamente, perché farlo sarebbe stato mainstream). Gli inglesi si vantavano tanto del loro english humor, ma fra tutte le cose che l’americana avrebbe loro incriminato, il senso dell’umorismo non rientrava neanche in top ten. Colta da un profondo senso di ingiustizia, la De Thirteenth aveva deciso di fondare yikes!, una testata giornalistica (amatoriale) dove pubblicava, in maniera del tutto (…quasi.) anonima, articoli di profondo interesse comune – tutti di natura polemica, chiaramente. La sedicenne aveva opinioni su qualunque cosa, e non lesinava di spargerle in giro in cerca di discussioni, o per il puro gusto di scatenare un po’ di sano caos. Yikes! era, ovviamente, vietato fra i bui corridoi di Hogwarts (evviva la libertà di stampa, uh?) ma Friday aveva abbastanza denaro alle proprie spalle, da potersi comprare il silenzio di chiunque.
    Avrebbe anche potuto comprarsi Hogwarts stessa, volendo, ma non le piaceva il panorama.
    Allungò un braccio per stringere una mano sulla spalla del suo nuovo amiko Eligia, le dita ad attorcigliarsi sul maglioncino della divisa. «lo senti quest’odore?» si alzò sulle punte per annusare l’aria, labbra arricciate a mostrare la dritta arcata superiore. Si trovavano poco distante dal corridoio dove si affacciava l’aula di Pozioni dove Fray s a p e v a si sarebbe tenuta una lezione super segreta con il professor Masters; non potendo ella stessa partecipare, dati i suoi precedenti, aveva incastrato il Grifondoro per fare il lavoro sporco al posto suo: lui avrebbe partecipato alla lezione ed avrebbe posto al docente domande che l’avrebbero incastrato oltre ogni ragionevole dubbio, e Fray si sarebbe nascosta a prendere appunti per l’articolo che avrebbe messo fine a quelle barbarie una volta per tutte. Pozioni proibite? A dei ragazzini - stupidi, per di più - ? Non credeva proprio. L’Yikes l’avrebbe smascherato. «giustizia, my amigo» strinse il pugno sinistro nell’aria, gli occhi verdazzurri a perdersi in un punto indefinito del corridoio. «g i u s t i z i a e con una spintarella, indusse il concasato a proseguire verso l’aula senza di lei.
    Era così, che si cambiava la storia. Nessuno lasciava <s>baby Fray in un angolo.

    Gattonò all’interno della stanza senza farsi vedere, Friday De Thirteenth. Non appena il docente iniziò la lezione, fu rapida come un ninja a lanciarsi, sempre gattonando, verso il bancone dove sperava fosse era seduto il Dallaire, rubando le mosse ai soldati in trincea per strisciare fra le gambe del Grifondoro, ed acciambellarsi sotto il tavolo. Occhiali? Inforcati. Penna prendi appunti? Celo. Le domande ad Elijah le aveva date? Ma certo che sì.
    Strinse la lingua fra i denti, le ginocchia a sfiorarle il mento: let the game begin.
    «pst, eligia» strattonò i pantaloni del compagno. «chiedigli dov’era la notte scorsa»
    «pst, eligia» diede un pugno alla gamba del Dallaire. «chiedigli da quanto va avanti questo approfondimento»
    «pst, eligia» una gomitata nello stinco. «chiedigli dove ha preso il materiale per le pozioni»
    «pst, eligia» la mano a scuotergli convulsamente il ginocchio. «dì a nate di smetterla di dondolare la gamba, mi fa venire il mal di mare»
    «pst, eligia» si affacciò fra Nathaniel ed Elijah squadrandoli dal basso, rendendo visibili solamente gli enormi (troppo.) occhi chiari. «chiedigli se è vero che ha un intrallazzo con la guardiacaccia diaz» la patata bionda di un Dallaire corrugò le sopracciglia: «perchè?» ma che domanda era? Come perché. Cosa significava perché. Si strinse nelle spalle con ovvietà, tornando a rannicchiarsi sotto il tavolo. «curiosità» già che c’erano, oh.
    Vi fu un forte boato, un rumore liquido a spandersi nell’aria. Sentì alcuni dei suoi compagni trattenere il respiro, altri sibilare imprecazioni – alcuni ancora, a singhiozzare sottili un gridolino. Quando nessuno ebbe la decenza di informarla sull’accaduto, si decise ad uscire allo scoperto facendo scivolare la testa fuori dal proprio nascondiglio, i gomiti poggiati sulle gambe dei suoi compagni. «perché avete smesso di – oh.» la voce le morì in gola, quando vide le espressioni degli studenti. Si sporse fuori dal bancone affacciandosi nell’aula, un fischio fra i denti a rispondere alla scena raccapricciante di fronte a sé. «eau la,» commentò atona, battendo le lunghe ciglia ramate. «voi inglesi siete proprio gente nasty, uh» perché la De Thirteenth era chiaramente incapace di intendere e di volere tenere per sé qualunque pensiero le frullasse per la testa: il cervello era direttamente collegato alla bocca, priva di filtri e selezioni.
    Beh. «non credo che l’articolo mi serva ancora» commentò, piegando gli angoli della bocca verso il basso. Sembrava di essere nell’epicentro di un film molto trash e molto splatter (i suoi fav!) motivo per cui non ritenne opportuno, che so, preoccuparsi per la faccenda o rimanerne traumatizzata: sembrava tutto troppo finto, perché potesse essere vero. «calmi» gli occhi chiari della Grifondoro saettarono sulla Serpeverde appena entrata nell’aula.
    Ecco. Quello era un segno ancestrale che «è il momento di filarmela ciauz» si lanciò a pesce sul pavimento, e sperando che nessuno la notasse, cercò di gattonare fino all’uscita. Se l’avessero beccata , in un contesto simile, avrebbe dovuto trasferirsi in qualche scuola magika dimenticata dal Signore – tipo la Pippo (© liale) in Corea, sapete. – quindi preferiva…come dire? Evitare di essere coinvolta. «permesso, skste, sì-» sfrecciò fra le gambe dei suoi compagni fino a che non si ritrovò a fissare la punta insanguinata delle scarpe di qualcuno. Deglutì, alzò il capo.
    Sorrise a Rea Hamilton. «ehilà. che casino, eh? stavo giusto per -» «no» Okay, va bene, chill Fray, chill. «- per alzarmi e rendermi utile, o v v i a m e n te» si spolverò la divisa, schioccò le dita.
    Era giunto il momento di far valere le sue conoscenze da CSI addicted? Un sogno. «dovremmo cominciare…» spinse maggiormente sulla radice del naso gli occhiali da sole, un cenno con la mano al corridoio dal quale erano arrivate Hamilton e O’Sullivan. «chiudendo la porta.» così, eh.
    Un velato suggerimentoh.


    I stay out too late Got nothing in my brain
    That's what people say, mmm-mmm, That's what people say
     
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    yeah on a scale of one to ten BYE

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    «Prova prova uno due tre. Qui Captain Shipper. Gryffinumberuan, mi ricevi? Passo» «Qui Gryffinumberuan, affermativo. Pas-» «Digli che lo saluto!» «Shhh sì, sì, ora lo faccio. Captain Shipper, ti saluta Tasso Gourmet. Passo«AWWWWW gli dica che sono molto felice e ricamb-» «Captain Shipper. Per favore, concentrati sulla missione.» «OH. Si, giusto. La missione» un momento di pausa. «Passo»
    Nate sapeva che non ci fosse alcun bisogno di dire passo alla fine di ogni frase usando uno specchio gemello, ma così come il professor Peralta (suo grande maestro di vita) se ne fotteva, e lo diceva comunque sentendosi molto una spia. Ne aveva visti un sacco di film alla mission impossibile, ed era certo di aver imparato da loro tanta roba utile per le sue missioni; sapeva rotolare in giro senza farsi vedere, fare un'entrata o un'uscita di scena, scegliere la giusta colonna sonora ad ogni scena... Ma di che missioni si trattava, vi chiederete voi?
    Beh, ovviamente segretissimi, importantissimi, purissimi levissimi incarichi affidatigli da niente poco di meno che dallo shipper club di Hogwarts. Shipping before blood.
    Esatto, era a Hogwarts, intruso nonostante stesse ufficialmente frequentando il sesto anno a Salem. Era andato in America in fretta e furia pregando i docenti di concedergli uno scambio culturale che lo allontanasse dalla città dove viveva anche sua sorella; come dire, si sarebbe dovuto trovare nelle colonie ora, invece che continuare a fare capatine alla scuola inglese. But here we are.
    Non è che a Nathaniel non piacesse la scuola di Salem, figuriamoci: era così scialla, così aperta, e poi il suo accento londinese gli faceva cuccare un sacco (ma rea sempre nel kuore anche quando nei pantaloni entra chiunque ♥♥♥)... però Hogwarts era stata per anni quanto di più simile ci fosse stato a casa nella vita di Nate dai dodici anni in su, i suoi abitanti erano la sua famiglia. E non è compito di un buon cuginopronipoteziononnocose interferire nella vita personale dei parenti? Per quel motivo (e in realtà tanti altri come, idk, la ricerca dovuta alla sparizione di uno dei suoi migliori amici, la nostalgia nei confronti di Eli e Rea...) Nate, da dopo le vacanze di Natale, aveva iniziato a fare apparizioni random nella scuola inglese. A volte visto, altre volte in incognito. Era suo dovere salvaguardare le ship che aveva fatto sbocciare negli anni, aiutare la nascita di bellissime nuove coppie, e soprattutto distruggere le notp che si erano malauguratamente create senza il suo occhio vigile a impedire ciò. Elijah era un buon vicepresidente dello shipper club, ma Nathaniel aveva il sospetto che non fosse al cento per cento dedito alla causa e che avesse accettato di entrare nel club solo perchè obbligato dagli occhioni da cucciolo di Nate. Mah. Fortuna che c'erano i prof Peralta e Boyle su cui contare, il cui motto, quando si ritrovavano Nathaniel nel loro ufficio con ancora la divisa dei Wildcats di Salem, era sostanzialmente "lui non dice noi non chiediamo". Nate non aveva interesse a spiegare a loro come facesse a entrare a Hogwarts rivelando il passaggio segreto scoperto al primo anno con Rea, e loro preferivano non saperne nulla per non rischiare di dover essere obbligati a prendere provvedimenti in cambio di usarlo come mercenario per la realizzazione di otp. Era il patto migliore del mondo.
    Con una capriola, Nate rotolò dalla parte opposta del corridoio. Bisbigliò contro lo specchietto: «Obiettivo individuato, passo e chiudo». Gli era giunta fino a Salem voce che Millicent Dollarbaby (perchè chiamarla millicent quando puoi chiamarla fiftycent, lo so), shippata dai più fin dal primo anno con Edgard Ramos, avesse deciso di intraprendere una losca tresca con un ragazzetto del sesto anno di nome Joyce Kendall (dove per losca tresca noi comuni mortali diremmo "lecita relazione sentimentale", visto che Milly ed Eddie non avevano mai finito per uscire insieme, ma acab).
    Joyce si trovava ora seduto su una panchina, le lunghe gambe accavallate mentre spiava l'orologio in attesa dell'arrivo di «Milly!»
    Nate lo vide alzarsi sorridente per dirigersi verso l'amata, e di conseguenza il Wildcat portò le mani alla bocca per fare un'ocarina, soffiando fra le dita il verso del gufo perchè Boyle e Peralta (ovvero Gryffinumberuan e Tasso Gourmet) sapessero che stava entrando in azione). Era giunto il momento.
    L'Henderson si alzò da dietro la pianta (finta) dove si era nascosto, e iniziò a camminare per il corridoio verso gli obiettivi. «Ehi, Kendall!» Joyce, già in atteggiamento equivoci con la sua signora (ma come osava, RIGHT IN FRONT OF NATE'S SALAD!!!1111), si staccò leggermente confuso.
    «...ciao» come il Team Shipper aveva immaginato, Joyce non si era osato dire subito di non conoscere Nate. Perfetto.
    Le labbra di Nate si aprirono in un sorriso caldo «Come sono andati alla fine gli esami di incantesimi? Eri parecchio preoccupato» e così, come se nulla fosse, Nate e Joyce stavano chiacchierando amabilmente (niente di troppo personale: scuola, quidditch, questo o quel professore); Peralta aveva avvisato Nate - dopo attenti pedinamenti - che il Kendall era un allocco e avrebbe sicuramente abboccato, felice di poter fingere di essere popolare di fronte a Milly. Un «Eh-ehm» interruppe Joyce a metà parola, e entrambi i ragazzi si voltarono a guardare Millicent.
    «Oh cielo, perdonami!» Nate afferrò la mano della ragazza facendo un mezzo inchino, posando poi le labbra sul dorso della mano di lei. La vide arrossire. «Sono stato un maleducato. Io sono Nate. Joyce mi ha parlato di te. Tu... tu devi essere Daisy, giusto? »
    Nathaniel notò immediatamente il raggelarsi dell'aria.
    «Millicent»
    Nate aggrottò le sopracciglia, lanciando uno sguardo confuso a Joyce. «Oh. Certo... Millicent Tornò a sorridere, guardando nuovamente la ragazza. «Devo essermi confuso. E' che Joyce mi ha raccontato di quella volta nelle vacanze in cui siete andati al Lago Nero a vedere le stelle e wow» si portò una mano al cuore sognante «Dev'essere stato così romantico. Vorrei avere anche io qualcuno da portarc- ho detto qualcosa che non dovevo?» Occhioni enormi da cucciolo di foca stupito, Nate passò lo sguardo da uno all'altro dei due di fronte a lui. Joyce sembrava voler morire, e dagli occhi di Millicent era chiaro che sarebbe stata ben lieta di accontentarlo.
    «Era quella troia della Kimber, vero?» «Milly, posso spiegare... non è successo niente» «Se non è successo niente perchè non me l'hai detto?» «Perchè avresti reagito così!» «Aspetta... è per questo che non sei voluto venire a passare le vacanze a casa mia, vero? Perchè dovevi farti quella puttana» «Lo sai che non è così. E' che hai così tanti cani...» «I miei cani non sono il problema, quella troia di Kinberly è il problema!» «MA IO SONO ALLERGICO AI CANI» «E IO SONO ALLERGICA ALLE TROIE»
    Eh ma quanto avrebbe voluto un sacchetto di popcorn Nathaniel in quel momento. Si schiarì la voce. «Se posso intromettermi, non ho visto Joyce farsi Daisy Kimber» «Ecco, diglielo!» «... a meno che per farsi non intendiate limonarsela duro. In quel caso - Gesù! - se l'è fatta eccome!»
    Il sonoro sciaf prodotto dalla mano che sbatteva contro la guancia di Joyce fu musica alle orecchie di Nathaniel «STRONZO!» «Milly, MILLY ASPETTA!» «SE MI SEGUI DIRO' A TUTTI QUANTO CE L'HAI PICCOLO!»
    Nathaniel non provò neanche a nascondere il sorrisetto, e quando Joyce si voltò verso di lui, fece semplicemente spallucce. «ops. Ho parlato troppo?» In sua discolpa, era tutto vero. Non aveva fisicamente visto Daisy e Joyce, ma era importante? No. Qualcuno li aveva visti (ciao Boyle), e Nate aveva fatto il lavoro sporco. Un soddisfacente, lavoro sporco. «Non mi sono fatto Daisy. La stavo solo consolando!» «Con la tua lingua nella sua gola?»
    Il pugnò arrivò leggermente prima di quanto si sarebbe aspettato, ma meno forte del previsto. Indietreggiò, portandosi una mano sul labbro. Nate si guardò le dita, sporche di rosse. Rude.
    «Perchè cazzo hai dovuto dirglielo?»
    Nathaniel Tornò a guardare Joyce. Possibile fosse così cieco? «Per la Milligard»
    «...la cosa?»
    «The shipper club sends his reguards»
    E finalmente il pugno fu ricambiato.


    «Ouch ouch» Nathaniel strinse i denti, la sua voce un bisbiglio indispettito «Vuoi stare un po' ferma? Ogni volta che mi sfiori mi sento morire»
    E chi l'avrebbe mai detto che Joyce lo avrebbe pestato così forte da far quasi rimpiangere a Nate di essere intervenuto nella sua vita sentimentale? Assurdo, e dire che il Kendall era semplicemente il battitore di sta cippa di minchia; nessuno aveva mai detto all'Henderson che i battitori erano abituati a prendere i bolidi addosso quindi, a differenza dei film, un pugno in faccia non bastava a stenderli. Ne' che picchiassero così duro, porca puttana. "Eh, cosa si fa per amore"; almeno la fase uno dell'operazione Milligard era andata come previsto: aveva piantato il seme del dubbio; ora avrebbe solo dovuto far accidentamente incontrare Milly e Edgard, proprio ora che lei era più debole, e voilà!
    Ovviamente, prima doveva togliersi da quella situazione di merda.
    Dal posto in cui si trovava Nate - ovvero nascosto sotto uno dei banchi dell'aula di pozioni -, poteva vedere benissimo la poltiglia spappolata poco distante (RIP prof), e soprattutto poteva vedere benissimo i dolci piedini di Rea fucking Hamilton appena entrata in classe.
    "Mi ucciderà. Ooooh mi ucciderà"
    Non era sicuro del perchè, ma se lo sentiva. Non solo era entrato illegalmente a Hogwarts pur essendo uno studente in scambio culturale in America, non solo era andato ad una lezione segreta di pozioni e ci aveva trascinato Elijah (cioè, in realtà Fray aveva trascinato Elijah e elijah lui (????), ma agli occhi della Hamilton non sarebbe importato granchè), ma in più in quella unica, stupida lezione che aveva seguito, il professor Masters era finito in pezzi. E dico letteralmente.
    In molti pezzi, fra l'altro.
    Lui e Elijah erano così fottuti. "che palle non vedrò mAI LA MASTERDIAZ CANON CON I MIEI OCCHIETTI BELLI" «Eli, ti amo» confidò (si può usare il verbo confidare anche se una cosa si è detta più volte in più anni quindi non è davvero un segreto?), le parole a impappinarsi fra loro per la velocità «quindi voglio che tu sappia che se morirò oggi, ti lascio la guida dello shipper club e tutti i suoi lavori sporchi. Distrarrò Rea, tu nel mentre scappa» Gli strinse la mano, cercando l'azzurro dei suoi occhioni da labrador «E' stato un onore suonare con voi sta sera»
    Stava per alzarsi dal posto, quando vide spuntare dalla porta anche un'altra tipa. Non diremo che Yvonne O'Sullivan gli faceva paura, però meh, non era esattamente suo grande fan, tanto più che era sorella di Pearl, la dannata rastafatta ("copioni di merda") che continuava a pensare di essere la grifa migliore. Arianna non ricorda davvero se Nate odiasse Peral o meno, ma adesso la odia. E' lunatico, oggi va così.
    si riabbassò rapido «VBB facciamo che vediamo come si risolvono le cose»
    Era felice di aver coperto lo specchietto che lo collegava a Peralta e Boyle; meglio che non sapessero che aveva assistito alla morte di un uomo solo perchè Fray l'aveva convinto di andare in incognito alla lezione a fare domande. «Ma si dai, non vieni neanche a scuola qui, NON CI SARANNO RIPERCUSSIONI!!111».
    E invece era successa Rea Hamilton. «Friday The Thirteen, se muoriamo oggi giuro che ti ammazzo» legit
    soprattutto perchè non l'avrebbe mai fatto davvero.
    soprattutto perchè fray non era più lì e se ne stava sgattaiolando via.
    «Eeee no carina» strattonando il braccio di Eli per farsi notare (?), strisciò dietro la De13. In effetti, era una bella idea filarsela il prima possibil- «Ouch» si massaggiò il naso «Perchè ti sei fermaaaaaAAAAAAaaaaa. Rea. Ciao Rea.» distraendosi 10 secondi era riuscito ad andare a sbattere contro i piedi di Rea. «Mi amor. Tesoro. Donna della mia vita. Ti amo. Sei bellissima. Cosa? Cosa. Io non sono qui»
    «dovremmo cominciare… chiudendo la porta.»
    Fantastico.
    chiuso in un aula con Rea. Proprio il sogno di una vita. "In realtà, sì, solo che di solito siamo da soli e OK questo non è il momento di fantasticare"
    EUGEBELLO DOVE SEI FAI L'ENTRATA DI SCENA DA SUPER EROE E SALVACI!!!!!!1111
    wildgryff, 1991's
    r.i.p. to my youth
    aes teen + adult
    the shipper club
    sends his reguards

    prima pezzo inutile
    non fa niente mai, in realtà. Nascosto sotto i banchi con eli e fray
     
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    Sherman Victor Parker
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    Silenzio e pace erano ovunque, sembrava quasi surreale la calma che c’era in quella stanza che per lui era estranea, la biblioteca non era proprio il posto per lui dato che di aprire libro non se ne era mai parlato nonostante frequentasse il quinto anno ad Hogwarts e aveva sempre pieni voti, voi direte come? Aveva una memoria fotografica, quasi istantanea delle persone e degli argomenti, bastava solo leggerla una volta che poteva dirtela come se la studiasse da settimane, ma ovviamente il dare fastidio era da lui e dove c’era calma e gente concentrata doveva per forza creare un po’ di scompiglio non facendosi mai davvero i cavoli suoi.
    Si avvicinò a uno dei tanti scaffali pieni di libri tutti colorati e alcuni un po’ impolverati e ne prese uno a caso facendolo scivolare via dalle mani e così facendolo cadere a terra con un tonfo sordo che rimbombò in tutta la biblioteca facendo girare una ragazza con un paio di occhiali troppi enormi per il suo volto troppo magro che lo fulminò con lo sguardo.
    Stai più attento c’è gente che studia e detto ciò tornó con lo sguardo sul suo stupisco enorme libro.
    Scommetto che tu sei una di quelle persone che la propria vita gira intorno ai voti perfetti e che vuole la lode dei compagni disse lasciando il libro dove era caduto in modo accidentato (ovviamente) e si sedette di fianco a lei mettendola in soggezione.
    Che cosa studi? chiese senza avere una risposta da parte sua ancora con la testa chinata a cercare di concentrarsi e si mantenere la calma, Sherman se era davvero bravo a fare qualcosa era dare fastidio a qualcuno, tutti con lui perdevano la calma e dopo poco si ritrovavano a piangere in un angolo o scappare via.
    Sai che è educazione rispondere? Credo che tu lo abbia studiato questo disse facendo un sorriso accennato per poi prenderle il libro da sotto il naso e inziare a sfogliare qualche pagina facendo finta di essere interessato.
    Hey, ridammi il mio libro disse la ragazzina sporgendosi in avanti, ma Sherman che era alto anche da seduto alzò il libro in aria facendo in modo che non lo prendesse e farla infuriare ancora di più.
    Oh...incantesimi, io sono molto bravo, stavi studiando...oh la Maledizione Geminio, se vuoi posso darti una ma...
    Non voglio il tuo aiuto grazie e non te l’ho chiesto
    Oh oh ohhh nessuno osava usare quel tono con lui, nessuno che lo conoscesse almeno, la signorina gli sembrava proprio che avesse dimenticato chi fosse e che cosa poteva fare, non l’avrebbe davvero aiutata era solo un modo per divertirsi ulteriormente, ma il gioco sarebbe finito prima di quello che avrebbe sperato.
    Sorrise, un largo e luminoso sorriso che faceva solo quando c’era aria di guai, era un sorriso finto che mascherava la realtà.
    Mh...ok disse chiudendo il libro e con uno scatto fulmineo tirò fuori la bacchetta pronunciando piano, incendio e il libro sul tavolo inizió a prendere fuoco sotto gli occhi increduli di quella ragazza che lo aveva sottovalutato troppo e aveva fatto davvero male.
    La ragazza tirò un urletto di paura allontanandosi da quelle fiamme che lo stavano divorando affamate, poi si spensero e salì solo fumo nero dal libro che non era più un libro ormai #wat, non c’era nessuno nella biblioteca e come lo sapeva? Prima di fare tutto ciò aveva guardato bene se ci fossero testimoni oppure se poteva giocarsela tranquillamente.
    Si avvicinò alla ragazza che aveva iniziato a piangere guardando il suo libro distrutto, come avrebbe fatto a studiare, che cosa avrebbe detto ai professori?
    Studiavi troppo dovevo farlo era per il tuo bene si avvicinò a lei e disse sottovoce guardandola in quegli occhi pieni di lacrime e di paura, non provare a dire a qualcuno che cosa è successo e soprattutto che sono stato io, ai professori dirai che provando a fare qualche incantesimo ti sei sbagliata e lo hai bruciato, lo verrei a sapere e non sarà il libro la prossima volta a bruciare disse per poi mettersi le mani nelle tasche e uscire da quel posto che stava davvero iniziando a chiudergli la gola, l’allarme non era suonato perché il calore non era salito più di tanto e aveva lasciato solo un puzzo incredibile.
    Tu sei un pazzo sentì gridare da lontano la ragazza che stringeva i pugni lungo i fianchi.
    Non si girò continuando a sorridere come aveva fatto per tutto il tempo da quando aveva bruciato il libro inerme sul tavolo, amava quando la gente aveva paura di lui e le lacrime scedevano sui volti degli altri per causa sua, amava provocare dolore.
    È un piacere cara averti conosciuta disse ridendo una risata metallica per poi chiudersi la porta alle spalle.
    Dopo quell’episodio divertente si incamminò verso il dormitorio dei Serpeverde fiero di quello che aveva fatto, ma un forte rumore lo fece fermare di botto seduta stante increspando la fronte non capendo che cosa potesse essere stato.
    Si incamminò curioso verso quella direzione sempre con il suo passo tranquillo e sicuro di chi non teme nulla e nessuno, ma sono gli altri che devono temere e spostarsi quando arriva.
    La porta di pozioni era socchiusa ed era strano dato che a quell’ora non dovrebbe esserci nessuna lezione, ma poteva sbagliarsi non sapeva i suoi orari figurati se sapeva se pozioni c’era o non c’era a quell’ora.
    Aprì lentamente la porta vedendo tre figure femminili in piedi girate di spalle, un ragazzo vicino a loro e altri studenti di varie età a sedere sconvolti sugli spalti, tutti in silenzio e già solo quello poteva far venire dei dubbi.
    Entró chiudendo la porta e lo spettacolo che si trovò davanti era raccapricciante, brandelli di carne e sangue erano sparsi ovunque, anche la parete dietro la cattedra era un po’ sporca di spruzzi di sangue.
    Quella vista non gli faceva venire il voltastomaco, ma lo elettrizzava perché la vista del sangue era per lui piacere e felicità.
    È il professor Masterchef, no ho sbagliato, mh.... si girò verso la porta dove era entrato vedendo il suo nome e cognome scritto a caratteri enormi su un foglio ah si, Master Sloane, ma che cazzo era successo? Perché era esploso letteralmente in mezzo alla stanza? Non doveva avere lezione, perché se no non si sarebbe spiegato il fatto di vedere ragazzi di tutte le età li, che pozione stava spiegando?
    Vide Rea vicino al corpo intenta a dire qualcosa a tutti come state calmi, dobbiamo liberarcene e bla bla bla
    Si appoggiò al muro poco distante dal corpo facendo un sorriso divertito questo è davvero divertente disse avvicinandosi ai resti delle provette che erano saltate in aria per l’esplosione, una miscela blu colava dal bordo della cattedra al pavimento provocando un puzzo orrendo e capì.
    Pozioni proibite...e bravo il nostro professore ha voluto giocare con il fuoco e ci è rimasto secco, peggio per lui disse avvicinandosi a un ragazzo che aveva un pacchetto di patatine appena aperto vicino a lui e che aveva smesso di mangiare sicuramente per non vomitare.
    Lo mangi? Ok grazie disse non aspettandosi una sua vera risposta e iniziò a sgranocchiarle come se fosse al cinema noncurante che qualcuno di indesiderato avrebbe potuto varcare quella soglia.
    La smetti di dire cose senza senso ragazzo? disse a un certo Nate che blaterava cose a caso, come lo conosveva? Lui conosceva tutti!
    Rea come avresti intenzione di liberarti di questo ammasso di carne putrefatta? Anche se lo mettessimo in un qualsiasi sacco o cassa l’odore di morte sarebbe troppo insopportabile da farci scoprire, io opto per lasciare tutto così e sparire rapidamente, capiranno che era un folle, che faceva cose che non avrebbe dovuto fare e che non aveva fatto bene i conti e se ne faranno una ragione disse succhiandosi le dita sporche, se non ti lecchi le dita godi solo a metà #wat.
    25 ◆ Wizard ◆ Genera acidi e veleni ◆ Mangiamorte
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    idem withpotatoes
    hufflepuff | V | 16 y.o.
    31.03.2009 | h: 18:45
    Lisciò le pieghe della gonna, i capelli ordinatamente raccolti in una coda a solleticarle la nuca ad ogni passo. Idem Withpotatoes non era decisamente il genere di ragazza che avrebbe partecipato, di sua spontanea volontà, ad una lezione sulle pozioni proibite - non era interessata ad una simile branca della magia, e se l’avessero colta in flagrante avrebbe rovinato la sua impeccabile carriera scolastica: non era quello l’esempio che voleva dare ad April -, ma non aveva mai avuto una reale scelta sul non aderire: i ragazzini del primo anno erano facilmente corrompibili da tutto ciò che portava l’etichetta illegale, ed a quanto pareva le lezioni del professor Masters attiravano più matricole delle partite di Quidditch. Non poteva far loro una colpa, la Tassorosso – ancora non sapevano come funzionasse Hogwarts, erano all’oscuro delle dinamiche socio culturali della scuola -, ma certamente poteva colpevolizzare il docente Sloane: non si rendeva conto del pericolo in cui metteva, volontariamente!, gli studenti? Ed a quale pro? Non potevano richiedere crediti extra, e non potevano mettere in pratica quegli insegnamenti senza infrangere la legge. Non erano molte le cose che la Withpotatoes trovava stupide, ma quelle lezioni rientravano indubbiamente in categoria. Senza contare che, solo per sfoggio, stava mettendo a repentaglio non solo la propria carriera, ma anche la sua stessa vita: uno qualunque di loro avrebbe potuto denunciarlo alle autorità competenti, e lasciare che il resto del lavoro venisse fatto davanti ad una giuria - se non direttamente ad Azkaban. Avrebbe potuto perdere tutto.
    Perché?
    Se lo domandava, Idem Withpotatoes, mentre stringendo i libri al petto avanzava nel deserto corridoio dei sotterranei verso l’aula designata. Perché, ovviamente, non aveva mai avuto una reale scelta sull’astenersi dal partecipare, una volta consapevole di ciò che accadeva con il professor Masters: doveva assicurarsi che nessuno si facesse del male, e che il docente non si spingesse troppo in là - i ragazzi, si sapeva, erano troppo suggestionabili. Senza un adulto responsabile a dir loro cosa fosse opportuno fare e cosa no, non erano in grado di cogliere i limiti – e quando li coglievano, s’imponevano di superarli per il puro principio di non rientrare nelle regole. Sospirò piano, un’occhiata di sottecchi verso la porta socchiusa. Non le piaceva affatto, quella situazione. Un Nathan Withpotatoes avrebbe sicuramente saputo cosa fare, ma lei? Non aveva la prontezza del Corvonero. Poteva solamente imporsi di attutire i danni: se non poteva essere spada, sarebbe almeno stata scudo.
    Non avrebbe smesso mai di provarci.

    «professore, non-» si alzò in piedi scagliando la sedia alle proprie spalle, un braccio allungato verso il docente - ma tardi, Idem. Con un fratello come Nathan, era stata costretta ad apprendere quali boccette dovessero essere tenute lontano dalla portata dei bambini (+ Gemes) e quali assolutamente non dovevano entrare in contatto fra loro – il Withpotatoes maggiore aveva il brutto vizio di far esplodere le cose, di conseguenza la Tassorosso s’era fatta una certa cultura un merito. Ed aveva visto, aveva visto, che il professore avesse preso l’ingrediente sbagliato – forse era distratto, forse voleva prendere quello affianco.
    Non che avesse importanza, ormai. Ebbe appena il tempo di chiudere gli occhi e soffocare un singhiozzo, la quasi sedicenne, prima che un tonfo umido le tappasse le orecchie e qualcosa la investisse in pieno – non aveva il coraggio di guardare, Idem. Tenne le palpebre serrate e la bocca chiusa, i polmoni a supplicare un ossigeno ch’ella si rifiutava di far arrivare. «eau la, voi inglesi siete proprio gente nasty, uh» Strinse i pugni per impedire alle mani di tremare, e lentamente abbassò le braccia lungo i fianchi. Quando aprì gli occhi, desiderò non averlo mai fatto; come desiderò non aver ricominciato a respirare dal naso, quando l’odore di sangue e carne le lambì le narici.
    Sapeva con certezza assoluta che se avesse aperto la bocca, avrebbe cominciato a gridare.
    Gli occhi azzurri le si riempirono di lacrime che si rifiutò di versare, deglutendo febbrile, mentre volgeva la propria attenzione ai ragazzini più piccoli - non dovevano vedere. Deglutì ignorando il sapore amaro e ferroso sulla lingua, e con quanta più lentezza possibile si pose fra quello che era stato il docente di pozioni, e loro. «non guardate» bisbigliò in un soffio, imponendosi di non abbracciarli – perché si sentiva sporca, letteralmente: era certa di non fare una bella impressione, in quel momento. Ingoiò saliva e bile mentre il resto della classe cominciava a muoversi, cogliendo solo di sfuggita qualche battuta. Idem Withpotatoes, immobile al centro dell’aula e con lo sguardo fisso sull’ammasso di carne sanguinolenta, sembrava sotto shock - e si sentiva, sotto shock.
    Ma una parte di lei, sapeva che non era così. Una parte di lei, a brillare opaca nelle iridi azzurre, trovava quello spettacolo… affascinante. «dobbiamo liberarcene»
    Così.
    Due parole. Dobbiamo liberarcene - come se si fosse trattato di immondizia, e non del loro professore. Spostò lo sguardo visibilmente ferito sulla Serpeverde, labbra ancora strette fra loro e spalle involontariamente incurvate. Come poteva dire una cosa del genere? Come poteva anche solo pensarla? Lentamente, il sangue tornò a circolare e la Withpotatoes riuscì a raccogliere quanto bastava di sé stessa per soffocare la nausea. «col cazzo che tocco quel..coso» Quel…coso? Ruotò il capo verso la O’Sullivan, esprimendo in una sola occhiata tutta la propria delusione. Davvero? Erano quelli, i suoi compagni? E dire che gliel’avevano detto, e dire continuavano a dirglielo: non sono tutti come te, Idem. Abituatici.
    Come potevano pensare che potesse abituarsi a quello?
    « io opto per lasciare tutto così e sparire rapidamente, capiranno che era un folle, che faceva cose che non avrebbe dovuto fare e che non aveva fatto bene i conti e se ne faranno una ragione» Scosse il capo alle parole del Parker, i pugni chiusi ad imprimere la mezzaluna delle unghie nei palmi. Si umettò le labbra, alzò la testa cercando lo sguardo di coloro che conosceva: Elijah, anche tu? Nate? Non poteva, né voleva credere che si fossero ridotti a quello.
    Così disse quel che tutti si rifiutavano di pensare, perché tutti lo stavano pensando: «era una persona» e fu la prima a stupirsi del tono stranamente calmo delle proprie parole, perfettamente lucido. Non guardò nessuno di loro, ferita e delusa dalle loro reazioni. Aprì la bocca credendo di voler dire che non solo era loro insegnante, ma aveva una famiglia – se non mogli, aveva dei genitori. Magari dei fratelli. Magari aveva una colonia di pappagalli ad attendere il suo ritorno a casa. Magari non aveva mai detto alla ragazza del fruttivendolo che la amava – magari quella sera avrebbe dovuto chiederle un appuntamento ma tutto quel che ne uscì, soffocato fra i denti in un sospiro, fu: «era una persona». Battè le ciglia, alzando finalmente la testa verso gli altri. «non vi chiederei mai di rimanere, ma vi prego, non possiamo…» scosse ancora il capo, palpebre socchiuse. «posso rimanere io. Posso contattare il preside, gli dirò che – che mi stava facendo ripetizioni in previsione dei GUFO.» tirò nervosamente il bordo del maglioncino, sopracciglia corrugate verso i propri piedi. «potete andarvene e fingere non sia mai successo nulla» abbozzò un sorriso cercando di apparire rassicurante, piccole fossette ai lati delle labbra. «potrei perfino obliviarvi, se – se vi fidate» di certo, un trattamento del genere l’avrebbe riservato senza possibilità di scelta ai ragazzini più piccoli: sì che voleva imparassero la lezione, ma non a quel prezzo.
    Mai, a quel prezzo.

    You were too good to be true, gold plated
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    La situazione stava diventando drastica – più di quanto, di suo, non fosse la morte di un docente. Fortunatamente per tutti, Friday De Thirteenth era una rinomata problem solving. Certo, prima di raggiungere quello stato di nirvana doveva superare l’agitazione e l’impulso a darsela a gambe, ma nel momento in cui veniva messa all’angolo, zacchete, era la stratega che non meritavano, ma di cui avevano bisogno. Si schiarì la voce e spolverò nervosamente gli abiti, spingendo (i finti) occhiali sulla radice del naso. Lanciò una severa, per quanto potesse permettersi una sedicenne Fray alta un metro e tanta voglia di vivere con la pelle candida d’un giglio e disordinati capelli ramati, occhiata al poco utile compagno di fuga Henderson: era colpa sua, se li avevano beccati impedendoli di scappare. Friday lo sapeva, lo sentiva nel profondo del suo kwore – e poco importava che, razionalmente, non fosse vero.
    Non poteva di certo essere colpa di Fray, lei era una ninja. «lampone» esordì, gli occhi chiari a scivolare sulla folla ivi riunita.
    Dove nessuno, ovviamente, la cagò di pezza. Tossì ancora per attirare l’attenzione generale, spingendo così tanto da doversi realmente fermare e tossire perché le era andata per traverso la saliva, quindi sollevò un inflessibile indice di fronte a sé. «lampone» ripetè più intensamente, attendendo che la consapevolezza illuminasse i loro sguardi vacui.
    Non lo fece. «possiamo dire che ha avuto una reazione allergica» spiegò, priva di alcun fondamento scientifico, spostando la mano in direzione della…cosa sanguinolenta sul pavimento. «che…yvonne stava cercando un caricabatterie» guardò la bionda annuendo fra sé. «ed ha sentito qualcuno star male – in un ufficio assolutamente vuoto e dove certamente non c’era alcuna lezione abusiva» drizzò la schiena iniziando a camminare per l’aula, sentendosi sempre più Detective Conan nel mostrare il piano ai suoi compagni. «quando è arrivata rea, ha notato il ..mh, portafoglio, ed ha scoperto che si trattava del professore» si fermò, pugni sui fianchi e testa leggermente reclinata verso l’alto. «ovviamente era troppo tardi per salvarlo. E nessuno di noi, giunti dopo per aiutare, è riuscito a…allontanarlo dal ventilatore» quale ventilatore? Beh, avrebbero potuto procurarselo. Erano o non erano maghi? Santo cielo, alla De Thirteenth bastava fare una telefonata ad Ambrogio, il suo cameriere personale, e avrebbero avuto ventilatori di ogni forma, dimensione, e sapore cosa. «che l’ha reso… come dire» gesticolò in direzione del sangue in giro per la stanza. «un frullato. » sorrise soddisfatta, un’occhiata eloquente al resto dei ragazzi. Colta da un’improvvisa illuminazione, iniziò a tastarsi le tasche della divisa. «A PROPOSITO DI FRULLATO! T o h » sventolò uno scontrino di fronte a sé, labbra strette con orgoglio fra loro. «oggi ho comprato un milkshake. Possiamo dire che… » si strinse nelle spalle. «che abbiamo trovato lo scontrino qui per terra. Un milkshake al lampone» sospirò drammatica, gli occhi chiusi e la voce a vibrare di sentito, profondo, cordoglio. Era un’ottima attrice, oh. Non si diventava mica giornaliste d’inchiesta per sport!!&& «un così brav’uomo. Lo ricorderemo…» felice? Simpatiko? Brillante? Fece ancora spallucce, tirando su con il naso per enfatizzare la propria tristezza. «intero» badabum, tsss.
    I stay out too late Got nothing in my brain
    That's what people say, mmm-mmm, That's what people say
     
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    jaden f*cking beech
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    «Cazzocazzocazzocazzo» spalancando gli occhioni azzurri, la dodicenne si appiattì il più possibile contro l'armadietto in legno nel tentativo di non venir colpita dai pezzi (ben poco riconoscibili) di persona. In un altro momento sarebbe stato anche fiko, avrebbe potuto addirittura fingere di essere all'interno di un'apocalisse zombie... ma lì per lì, faceva solo un po' senso.
    Sua madre l'avrebbe così uccisa, se l'avesse vista in quel momento. I motivi erano così tanti che Jaden neanche avrebbe saputo decidere quale sarebbe stata la cosa che avrebbe per prima fatta sbottare Jodie Beech; il fatto che la sua piccola Jade fosse andata ad una lezione proibita e chiaramente illegale di un prof decisamente suonato? Che si ostinasse fuori dalle lezioni a indossare una finta giacca di pelle nera sopra la divisa scolastica? Il trucco pesante intorno agli occhi nonostante "Jaden, tesoro, hai i colori di una principessa delle favole, non potresti usare qualche tinta più delicata"? La sfilza di imprecazioni ben poco signorili che le erano uscite dalle labbra negli ultimi secondi, dopo che il suddetto professore era saltato in aria e in classe era entrata nientepocodimeno che sua sorella Rea? Il professor Masters - o meglio, parti di lui - finite sopra la borsa di cuoio che era stata della madre della ragazzina trent'anni prima ("you spilled- WHCHHAHWHEHVHAAHCHHA HUMAN IN MY VALENTINO BAG")? Difficile a dire cosa avrebbe vinto. "Sono combattuta tra il trucco e la finta giacca di pelle. La fa andare fuori di testa che non metta quella che mi ha comprato di Gucci". Sarebbe stato davvero divertente continuare a immaginare sua madre incavolata nera per com'era vestita la figlia ("gnnnn JayJay, non ti ho cresciuta per vestirsi come una delinquente! JayJay le figlie delle mie amiche alla tua età non si comportano come te! JayJay-..."), ma c'erano problemi più grossi da affrontare in quel momento.
    Tipo un cadavere e sua sorella.
    E non per forza in quest'ordine di gravità.
    Era capitato che Rea dicesse a Jade di non prendere per oro colato tutto quello che diceva Masters, di non fidarsi particolarmente del suo metodo di insegnamento perchè era un idiota (e insomma, la Hamilton non gliel'aveva detto, ma quel tipo aveva chiaramente l'aria da maniaco), e la biondina l'aveva ascoltata, davvero... ma quando sei affascinata da pozioni, quando credi che ci sia qualcosa che non va nel mondo, e il professore della tua materia preferita ti offre lezioni supplementari super segrete, vuoi non andare a darci un occhio per vedere cosa il governo non gli permette di insegnare nelle normali lezioni???? "A quanto pare, non gli lascia insegnare come sciogliersi con un ghiacciolo. Noted". Almeno aveva imparato gli effetti di una pozione finita male. Finita molto male.
    Forse Maeve aveva fatto bene a sopprimere il desiderio di conoscenza. Si era evitata una gran, gran rottura di palle.
    Ah, e l'aver assistito alla morte di un uomo ma MEH, era successo in modo così affascinante che era difficile restarne traumatizzati lì per lì; magari domani, mh? Non c'era neanche un cadavere con sguardo vitreo, solo... solo... polpa? Succo? Concentrato di essere umano? Dai, erano cose da Oltre i confini della realtà. Senza un corpo da piangere non era neanche facile accettare l'idea che il professore che era abituata a vedere ogni giorno da secoli fosse effettivamente morto, caput, defunto, ei fu, rip.
    «calmi. qualcuno vi ha visto entrare?»
    Gli occhi scuri della serpeverde non si erano ancora posati sulla sorella, e Jaden si chiese se fosse il caso adottare la tattica opossum e nascondersi, lasciando ad altri quel casino... d'altro lato, tutti lì dentro l'avevano vista a lezione, e probabilmente era meglio che Rea non scoprisse così che era immischiata anche lei (fosse stata nella Hamilton, ormai che era in ballo e doveva ballare - nonchè salvare la pelle a tutti - avrebbe chiesto i nomi di tutti i partecipanti, giusto per assicurarsi che nessuno facesse la spia. We're all in this togheter). Dopo essersi passata il braccio sulla faccia per pulirsi da.... beh, Masters, la ragazzina, alta quasi la metà di Rea, si fece avanti.
    «No. Masters ci ha fatto usare delle precauzioni: abbiamo controllato di non essere seguiti, e siamo entrati separatamente. Qualcuno è qui da lezioni precedenti» tossicchiò, grattandosi il collo. «Ehi, Rea» CIAO REA, NON UCCIDERMI REA. Incrociando lo sguardo della sorella, Jade non accenno ad abbassarlo, pur sentendosi le guance avvampare per la vergogna. Vergogna per essere stata beccata, non certo perchè era lì. "Era un'occasione per imparare qualcosa di diverso", pensò di spiegarle "Non c'è niente di male a essere curiosi, Priscilla lo diceva sempre". E prima di esplodere come uno spara coriandoli, il professor Masters aveva anche insegnato loro cose interessanti. Era lui il problema, che si era sopravvalutato e aveva rovinato a tutti il pomeriggio (e le notti a venire; ew), non loro lì dentro.
    Quando un'altra bionda entrò in scena, Jaden strinse gli occhi e si morse la guancia. Troietta. «Col cazzo che tocco quel... coso. Al massimo vi cerco guanti e candeggina e qualcuno di voi-» Lo sguardo della ragazza finì su di Jade così come il suo dito accusatore, e la dodicenne usò tutta la propria forza di volontà per non farle un suca neanche quando terminò la frase rivolta verso di lei: «-pulisce questo disastro»
    Si impose di tenere a freno la lingua, perchè La O'Sullivan per quanto una gran mignotta, era pur sempre fra le ragazze più popolari della scuola, e sarebbe stata davvero una pessima idea (nonchè un suicidio, sociale e forse materiale) mettersela contro in una situazione così delicata... ma nessuno avrebbe fermato Jade nei prossimi mesi a provare a cambiarle lo shampoo mentre Yvonne era sotto la doccia negli spogliatoi. Sks, principessa.
    Jade lasciò parlare per un po' i grandi, non sapendo bene cosa sarebbe stato più giusto fare. Non le piaceva particolarmente l'idea di pulire quel macello - sebbene l'avrebbe fatto, in caso di bisogno - ma... andarsene e basta?
    «era una persona». si voltò verso la tassa che aveva parlato, e il suo tono e la sua espressione la fecero sentire immediatamente in colpa; Jade non aveva pensato fosse sbagliato lasciarlo lì per una questione morale, quanto per mera praticità. In un film un killer pro che non sarebbe stato beccato avrebbe sicuramente ripulito tutto o pensato ad un piano geniale. «era una persona. non vi chiederei mai di rimanere, ma vi prego, non possiamo… posso rimanere io. Posso contattare il preside, gli dirò che – che mi stava facendo ripetizioni in previsione dei GUFO.»
    «Non faresti una bella fine» mormorò, dondolando sui piedi e senza riuscire a distogliere lo sguardo da lei. Era così... colpita, dal coraggio della ragazza; disposta a sacrificarsi per il bene di tutti, per un bene più grande. Così un'eroina delle favole. così un modello da seguire. «Non sarebbe giusto nei tuoi c-»
    «lampone»
    ascoltò la teoria della rossa a bocca aperta, cercando un senso logico. Non c'era. Jade aveva letto libri con piani meno elaborati. «Nessun ventilatore potrebbe fare questo» borbottò con tono saccente indicando Masters «E' un piano assurdo». Così assurdo, che forse, in qualche modo, chi lo sa, avrebbe potuto anche funzionare. Cercò Rea, l'unica di cui davvero si fidasse lì dentro.
    «Ma se pulissimo e basta, ci sarebbe il rischio di gente che inizia a fare domande su dove Masters sia finito», fece notare Nathaniel, e Jade non potè che incrociare le braccia sporgendo il labbro pensierosa.
    I'm the girl in the back of the class
    Pink hair but I'm wearing all black

    sì la pv è grande ma non trovavo bambine o video giffabili decenti di jade da piccola. CIAO AMY TI HO PRESA IN PRESTITO
     
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7 replies since 11/2/2018, 02:02   365 views
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