art supplies and (pain)t

aperta a tutti, giovani artisti accorrete!!1!

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    meraki
    (noun) doing something with soul,
    creativity, or love
    Se Connor Walsh fosse stato intelligente almeno la metà di quanto i coniugi Walsh credevano che fosse, probabilmente a quest’ora il ragazzo avrebbe già vinto qualche premio Nobel in medicina o in chimica, e avrebbe avuto ogni mattina un risveglio felice, sapendo di aver davanti a sé una nuova, splendida, giornata di lavoro. Ma, nella realtà dei fatti, per il Walsh il lavoro che svolgeva non era altro che un immenso meh, un impiego scelto non perché fosse quello che amava fare di più, ma perché nel ramo di scelte a sua disposizione era quello che odiava di meno. E questo spiegava quanto al ragazzo pesasse svegliarsi ogni mattina al pensiero di un’ennesima giornata chiuso in ufficio al ministero, ancor di più quando durante il periodo estivo Hogwarts era chiusa e quindi non aveva l'opportunità di farsi un giro per la scuola e camminare tra quelle mura che sentiva famigliari quanto quelle di villa Walsh, dopo il controllo di routine a Different Lodge.
    Se Connor Walsh fosse stato intelligente almeno la metà di quanto i coniugi Walsh credevano che fosse, quindi, probabilmente avrebbe cercato di trovare qualcosa di meglio da fare che, semplicemente, non far nulla durante le ore di lavoro. Come quel pomeriggio, in cui stava completamente rilassato nel suo ufficio (suo era una parola grossa: era l’unico nella stanza solamente perché il suo superiore era in vacanza a Pechino con la sua famiglia) con i piedi sulla scrivania tra gli innumerevoli fogli che avrebbe dovuto compilare in quel momento, pile su pile di burocrazia che il ragazzo preferiva di gran lunga ignorare, troppo preso a scegliere i pin più aesthetic per riempire le sue bacheche: il ragazzo aveva poche certezze nella vita, ma sicuramente il suo amore per pinterest era tra queste. Con la solita flemma indolenza che lo caratterizzava, finì per scorrere e riguardare i suoi stessi pin, troppo abbattuto dal caldo estivo di Luglio persino per trovare la forza di pinnare senza il rischio di sbagliare e commettere un crimine contro il mondo intero, ma soprattutto, contro l'aes. E fu in quel momento che, osservando la bacheca in cui raccoglieva tutte le cose che avrebbe desiderato fare un giorno, la sua bucket list, che si rese conto di una cosa: che diamine stava facendo? Si guardò intorno, rendendosi conto forse solo in quel momento di quanto tempo sprecava ogni giorno, di quante cose avrebbe potuto fare e puntualmente non faceva mai: era sempre stato consapevole, il Walsh, di essere svogliato, ma cercava sempre di ignorare il quanto. E quindi poi arrivavano rari momenti, come quello, in cui sembrava rendersi sul serio conto di ciò, ed allora desiderava esser migliore: fare di più, trovare nuovi interessi, riprendere quelli vecchi. Solitamente, quell'energia improvvisa non durava mai più di qualche giorno, e quindi il ragazzo tendeva a riempire di mille impegni le proprie giornate finché, lentamente, iniziava a non aver più voglia di fare nulla e, lentamente, tornava al suo stato di pigrizia iniziale: era come un bradipo, Connor Walsh, a cui saltuariamente venivano fatte iniezioni di adrenalina che lo trasformavano in una lepre. Sfortunatamente, l'effetto durava troppo poco perché il ragazzo riuscisse a goderselo sul serio.
    Ma, nonostante ciò, ogni volta almeno ci provava. Da quanto tempo non dipingeva?? Nelle ultime settimane, ogni volta che prendeva in mano il pennello e guardava la tela bianca davanti a sé, l'idea di dover riportare nella realtà ciò che esisteva solamente nella sua mente gli appariva come un azione così estenuante da non riuscire a far altro che fissare il vuoto per poi abbandonare ogni tentativo.
    Aveva l'urgente bisogno di trovare un'ispirazione per tornare a dipingere. Non sapeva ancora come, ma era piuttosto fiducioso nel fatto che l'avrebbe trovato a breve: quando si impegnava, una soluzione al problema la trovava sempre.
    Del resto, Connor Walsh non era stato smistato tra i corvonero per caso.
    O forse sì

    «Ammazzatemi» Sbuffò tra sé, il Walsh, con un tono troppo basso per farsi sentire da qualcun altro dei presenti. Troppi presenti: quando aveva avuto la brillante idea che, per superare il blocco del pittore, gli sarebbe bastato osservare altri dipingere, aveva preparato dei volantini in cui invitava chiunque volesse ad una lezione di pittura all'Amortentia. Voi direte..una spa?? Beh, erano stati gli unici abbastanza gentili da concedergli uno spazio per la sua iniziativa. E poi avevano l'aria condizionata, dettaglio fondamentale per Connor: per quanto sarebbe stato bello dipingere all'aperto, farlo sotto il sole di Luglio sarebbe stata un'esperienza insopportabile. Quindi, quando aveva distribuito quei volantini, mai avrebbe creduto che qualcuno si sarebbe presentato sul serio: confidava in Maple, e magari forse per pietà sua sorella si sarebbe portata dietro qualcuno dei suoi amici, ma mai Connor aveva sperato in qualcosa di più. E invece, stranamente, molti erano lì sul serio. Ed il ragazzo non aveva idea di cosa dire: se fosse stato più furbo, probabilmente, avrebbe preparato un discorso in anticipo.
    «Mh..benvenuti a tutti» Si accoglievano così le persone agli eventi, no? Boh. Cercò di fare appello alla sua memoria per ripensare a eventi simili, e a come venivano accolti i partecipanti da chi li organizzava «mi fa piacere vedere così tanti di voi qui» meh, mica tanto. Al ragazzo, sarebbero bastate anche solo due persone: aveva semplicemente bisogno di vedere altri dipingere ed aiutarli nel farlo così da trovare l'ispirazione adatta per un quadro - o almeno, questo era il suo piano.
    «Questo sarà un corso un po' fuori dagli schemi. Non metterò al centro della sala una cesta di frutta chiedendovi di disegnarne con esattezza i dettagli» una cosa del genere, del resto, potevano farla anche a casa «diciamo che ci concentreremo...sui concetti » potevano esser definiti tali? Ki lo sa. «ciascuno di voi può sedersi in una postazione» grazie a dio, lo staff dell'amortentia aveva preparato tutto, allestendo la sala con cavalletti, tele e colori: non avevano neppure chiesto nulla in cambio, probabilmente accontentandosi della pubblicità gratuita. «ed iniziare a dipingere la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic» Si, il suo amore per pinterest gli stava leggermente scivolando di mano
    Connor Walsh
    qui andrebbe una bella quote
    che non riesco a scegliere
    quindi amore e capoeira
    cachaça e luna piena
    sfaticato
    perditempo
    un po' scemo


    post inutile, vi prego non leggetelo, non credo sia italiano.
    DISEGNATE QUELLO CHE VI VA, ANDATE LIBERI COME IL VENTO #cosa CIAO BELLI :pomelo3: :pomelo3:
     
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  2. alter/native‚ beech!
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    Gotta kiss myself
    I'm so pretty
    Quell'estate non era iniziata benissimo per la giovane Beech, che ancora si rotolava tra i ricordi malinconici del terrore che emanava camminando tra i corridoi di Hogwarts. E' difficile andare in vacanza quando sei a capo di un regno come quello che le mean girlz avevano costruito, c'era bisogno di una costante presenza su tutti i social dove potersi vantare ancora e sempre della propria superiorità. Ma cosa avrebbe dovuto postare su magistagram se per tutto quel mese non era riuscita ad organizzarsi con le sue amiche. In casi come quelli, le sarebbe bastato mandare un messaggio a Kieran e dirle che sarebbe passata a prenderla per un frappè o chissà quali compere sfrenate in quei curiosi negozi che solo la mora conosceva. Ricordava ancora quando per la prima volta era andata con la ragazza nel mondo babbano, lasciandosi trascinare in un luogo che vendeva le più stravaganti ed inutili sciocchezze: ovviamente uscirono entrambe con decine di buste firmate Tiger tra le braccia. Ad una strega come lei non sembrava vero che i comuni mortali potessero creare oggetti talmente stupidi da dover essere comprati. Cosa se ne sarebbe fatta di quella cannuccia a forma di occhiali non lo sapeva, ma le aveva fatto guadagnare migliaia di likes quell'unica volta che li aveva indossati. Le mancava la Sargent, l'unica che riusciva a tirar fuori il meglio della Beech, l'unica ad accettarla anche se a volte era una vera o propria stronza. L'avrebbe voluta con lei in quel momento e non solo per non vergognarsi di star facendo l'asociale, la voleva abbracciare e voleva raccontarle tutto quello che le era successo a scuola.
    Certo, da un lato era felice che non fosse nei dintorni, vista l'intolleranza che si era stabilita nei confronti degli special. Non lo avrebbe mai ammesso, ma anche Nat si stava informando, anche la reginetta i cui unici interessi vertevano unicamente attorno al piccolo universo che si era creata in quel castello aveva paura degli strani a drastici cambiamenti che il Mondo Magico stava vivendo.

    «sicura che non vuoi che venga con te? hai detto che non conosci nessuno...» le bastò pensare all'idea di sua madre seduta affianco a lei a dipingere ed indicare i ragazzi più carini come una vera zitella, magari aveva pure un nuovo fidanzato, non si sarebbe stupita così tanto dopo tutto quelle che i loro genitori avevano nascosto a lei e ad Ego. Per un secondo desiderò poter andare a casa Eubeech... poi si ricordò che voleva bene a suo nipote e non voleva rischiare di soffocarlo in piena notte svegliata dai pianti del bimbo. «esatto e se mi presento con mia madre finirà che nessuno vorrà conoscermi, no offense» un po' era davvero così, un po' voleva fargliela pagare per l'inaspettata e indesiderata sorpresa che Jodie e Richard avevano fatto trovare a casa al ritorno da scuola. Forse la stava tirando troppo per le lunghe, alla fine se ci si fosse messa avrebbe anche compreso la situazione, but she lived for drama, dunque la cosa era ben lungi dal terminare #sksmammabitch.
    Si chiuse lo sportello dell'auto dietro ed entrò senza esitazione all'Amortentia rivolgendo un cenno alla receptionist che conosceva da mesi e allo staff alla quale era da sempre stata abituata. Bella la vita da rikki, eh? Sapeva benissimo dove il corso di pittura si sarebbe tenuto, non che avesse fatto minimamente caso ai dettagli riportati sul volantino, semplicemente conosceva quella spa come le sue tasche, dunque non era estranea alle iniziative che organizzava. Quando avevano trovato il foglio di carta sul parabrezza dell'auto per poco la grifondoro non aveva aggredito sua madre, pronta a gettare quelle che per lei era carta straccia. Al contrario di noi player, la metamorfomaga non era abituata ad una tale astinenza di relazioni sociali. Quel club di giovani Van Gogh e Giotti sembrava una cosa che in un altro momento non avrebbe degnato di uno sguardo, ma in quel momento era letteralmente in fibrillazione. Se fosse venuto a qualcuno un attacco di cuore avrebbero potuto usarla come caricabatterie per il defibrillatore senza problemi #wat. Quando ebbe recuperato il volantino dal pugno di Jodie si tuffò nella macchina, aprendo lo scompartimento nascosto che lei ed Ego avevano riempito di vestiti di ricambio (mai sottovalutare una Beech) alla ricerca del più orribile degli indumenti che potesse trovare. Non era mai stata più felice di entrare in quella spa.

    Si legò i capelli in una coda di cavallo alta, un cardigan sbiadito a compiere il ruolo di un grembiule per non sporcarsi e gli occhi concentrati sulla sua postazione. Un deliziosa e limpida tela bianca aspettava di essere deturpata dalla (poco) talentuosa mano della strega. Doveva ammetterlo, le piaceva disegnare, ma era certa che avrebbe trovato una scusa per lasciare la sua opera in bianco pur di spendere del tempo con persone vere parlando di gossip non altrettanto veri, ma sempre meglio dei soliti bisticci tra Taylor e Kanye su twitter. Non che non si divertisse, ma era abbastanza stanca di essere una semplice spettatrice: il prossimo tweet scandaloso voleva scriverlo lei. Fu per questo che non appena vide Connor spiegare il "senso" di quel pomeriggio sperò che quel tipo nuovo, Scott forse?, che aveva conosciuto tra i Tassi si presentasse all'Amortentia. Non sarebbe mai stata così azzardata da fare nomi completi nei suoi post, Polgy Girl docet, ma un "ho sentito C. e C. sembrano avere una strana affinità, eppure uno è studente e l'altro è assitente ad Hogwarts!! Che amore proibito!" avrebbe fatto andare in brodo di giuggiole tutti i suoi followers. «Ehi Connie!» salutò l'assistente di Controllo Poteri come se fosse il suo miglior amico, attirando la sua attenzione e sperando che si avvicinasse a lei «sai se quel tassorosso del TOT anno ci sarà? dovevamo parlare con urgenza» ammettiamolo, senza la Beech certe ship non si sarebbero mai realizzate e lei si divertiva tanto a punzecchiare le persone con un bastoncino come se fossero animaletti morti, giusto per vedere cosa succedeva. Cattiva? Meh.
    Curiosa? eh, forse.
    Pettegola? yep.
    Shipper? a b s o l u t e l y
    Vegetariana? no
    Paninara? boh
    Dovrei scirvere l'altra role? eh magari
    Ciao? Ciao
    Okay? Okay
    Alter Native Beech | 15 y.o.
    gryffindor
    11.07.2018
    metamorfomagus


    EDIT: il disegno #aes!!!&&


    Edited by alter/native‚ beech! - 11/7/2018, 20:35
     
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    “Lo and Lily are so my OTP forever” !!!! «anche la mia!!» Diciamo che era parecchio triste dover fare commenti ad alta voce senza nessuno ad ascoltarlo, ma del resto Behan Tryhard era abituato a situazioni simili. Quanti nuovi telefilm aveva iniziato senza riuscire a convincere il fratello a fare altrettanto? Quanti libri aveva letto da solo, innamorandosi delle ship senza avere la possibilità di commentarle con nessuno?? Il ragazzo era il tipo da provare ad incoraggiare gli amici a unirsi a lui in quelle nuove scoperte, ma odiava esser troppo insistente: si trasformava in un petulante bambino di cinque anni solamente per cose più concrete, i life goals della sua breve esistenza, come quando non aveva lasciato il fratello in pace per settimane, mesi, a dirla tutta, per riuscire ad ottenere da lui di esser seguito su maginstagram da Nat Beech, la sua fidanzata - ah, loro non avevano mai definito quella sorta di relazione come tale? Non importa, nella testa di Beh erano già sposati.
    E così, il Tryhard se ne stava chiuso nella propria stanza a leggere il quarto volume della serie che, iniziata solo due giorni prima, l'aveva tenuto praticamente incollato al kindle ventiquattro ore su ventiquattro: aveva fatto delle brevi pause solamente per mangiare e, sfortunatamente, anche per dormire. Non ce l'aveva fatta a privare del tutto il suo corpo dal sonno, anche se c'era andato molto vicino. Si era persino dimenticato di controllare instagram, vi rendete conto? Essersi affezionato così tanto ai protagonisti di Addicted stava avendo su di lui un cattivo effetto. Ma erano così bellini da render impossibile fare altrimenti!!
    Sarebbe volentieri rimasto a casa – ancora – per poter continuare a leggere, ma all’improvviso sentì la sveglia del suo telefono squillare e, leggendo il promemoria segnato il giorno prima, si ricordò del corso di pittura da cui nemmeno il bisogno di sapere se finalmente Ryke e Daisy si sarebbero messi insieme sarebbe riuscito a trattenerlo: non per la pittura in sé, sia chiaro, anche perché il ragazzo era tremendo a disegnare. Ciò che al Tryhard importava sul serio era la speranza di incontrare Maple, visto che il tutto era organizzato da suo fratello, e per questo motivo era riuscito a convincere anche Meh e Nicky ad accompagnarlo, ben consapevole di quanto fossero disinteressati all’arte – come lui, del resto. Ma grazie a dio non l’avrebbero lasciato da solo, pronti a chiudergli la bocca da pesce lesso nel caso in cui si fosse incantato a guardare la Walsh.

    Aesthetic . Ovvio che uno come Beh conoscesse bene quella parola: quando finiva di vedere storie e post su instagram, passava subito a pinterest. Solo che un conto era osservare le immagini e decidere quelle più adatte da pinnare nelle proprie bacheche, ben altro invece era disegnare sulla tela bianca davanti a lui qualcosa. Non aveva molta fantasia, Beh, e soprattutto non riprendeva in mano un pennello e le tempere dai tempi delle elementari. Lanciò un’occhiata nervosa prima a Nicky e poi a suo fratello, sollevato nel vederli praticamente nella sua stessa situazione. Non voleva fare brutta figura davanti a tutti, il Tryhard, ma non riusciva a trovare nella sua testa un’immagine da riportare sulla tela. Così, alla fine, decise di barare. Non completamente, sia chiaro, ma sicuramente non era proprio del tutto giusto nei confronti degli altri presenti tirare fuori il cellulare, ben attento a nasconderlo alla vista di Connor, e aprire Pinterest alla ricerca di ispirazione.
    Visto che si trattava comunque di un Behan Tryhard, il ragazzo decise di prendere a modello la prima immagine della home: la guardò per un attimo titubante, non sicuro di saperla disegnare in modo che sembrasse anche lontanamente ciò che era, ma alla fine decise di provarci. Ai suoi occhi, era comunque abbastanza aesthetic. Il problema era capire come far vedere ciò anche a tutti gli altri.
    Alla fine, dopo quelle che sembrarono ore di sofferenza, il ragazzo tirò indietro la sedia dal cavalletto per osservare da lontano il fiacco tentativo di copiare l’immagine sul suo telefono. E gesù se era mal riuscito. «nonèpornologiURO»
    Anche se lo sembrava
    O forse era stato contagiato da Lily Calloway

    behan beh tryhard
    ormai qui vi ci butto
    tutte le trashate estive
    quindi portami giù
    dove non si tocca
    Dove la vida è loca
    2002's | 16y/o
    HUFFLECLUMSY
    LOSERS SQWAD
     
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    Addentò con voracità l’ultimo morso di quel che restava del suo tramezzino, mandandolo giù per la gola senza neanche darsi il tempo di masticare. Secco come il cemento già asciutto, sembrava che un pezzo di piombo le fosse scivolato giù nell’intestino, portandosi dietro ogni centilitro di saliva che aveva in bocca. “Doppia maionese per favore! Su entrambi i lati del pane!!” si era preoccupata di specificare alla ragazza dietro il banco, consapevole di quanto il loro pane sembrasse fatto con lo stucco piuttosto che con la farina; evidentemente però, era stata ignorata. Detestava quando succedeva. I commessi sembrano sempre così gentili e pronti ad accogliere ogni tua singola richiesta e poi, ZAZAN, si dimenticano della tua maionese extra condannandoti a mangiare un pezzo di cartone. Varcò la soglia dell’Amortentia e, con la stessa eleganza di un camionista gettò la carta della sua terza merenda nel cestino all’ingresso, senza curarsi dello sguardo incredulo delle ragazze alla reception. Dovevano star per arrivare le sue cose, perché 1) aveva inspiegabili sbalzi di umore e 2) sarebbe stata capace di divorarsi l’intera corsia di patatine e snack da festa (??) del supermercato, se solo avesse avuto i soldi.
    Maple non si domandò perché il fratello avesse deciso di fare una lezione di pittura all’interno di un centro massaggi, né tantomeno perché qualcuno volesse prender parte ad una lezione d i pittura all’interno di un centro massaggi. Maple Walsh, certe domande, non se le poneva e basta. Cominciò a saltellare qua e là, tentando di superare i presenti stalloni che le impedivano di scorgere il fratello, in piedi dall’altra parte della stanza. Agitò anche le braccia, per fargli capire che lei era lì per lui; un po’ in ritardo, forse, ma era comunque lì. Al primo accenno di fiatone si fermò, soprattutto perché avvertì quel terribile tramezzino farle su e giù per lo stomaco. Piantò i piedi ben per terra e posizionandosi dietro la prima tela libera.
    Aesthetic. Pinterest. PINTEREST. Connor era fissato con quel dannato Pinterest. Lo vedeva sempre scrollare il pollice su quel dannato social e salvare a raffica foto su foto, una dietro l’altra, insaziabile. Creava qualcosa come dieci bacheche diverse al giorno, poi ne aggiornava di vecchie e, non contento, ne teneva alcune anche private. Maple sospirò rassegnata, usando il manico del pennello a mo’ di manina metallica che viene usata per grattarsi i punti più remoti della schiena. Fece per alzare gli occhi al cielo ma, proprio a metà del sospiro più petaloso (eh?) della storia, il fondoschiena i lineamenti di Beh Tryhard entrarono nel suo campo visivo e per poco non cadde all’indietro. Gesùgiuseppemaria cosa ci faceva lui lì? La giovane Tassorosso aveva tappezzato la sala comune di volantini, ma mai si sarebbe aspettata di ritrovarselo lì, in quel centro massaggi. Fortunatamente, la postazione de Tryhard se ne stava più avanti rispetto quella di Maple, rossa quanto un camion dei pompieri e rigida come un palo della luce. Ancora se le ricordava, tutte quelle torte.
    Passati i cinque, forse dieci, minuti di completo trans, tornò con lo sguardo sulla bianca tela che aveva dinnanzi, con la parola aesthetic a ronzarle intorno. Inspirò. Pennello nel colore. Espirò. Pennello sulla tela. Trattenne il fiato e cominciò a muovere il polso. Obbrobrio fu.

    ciao sono lucia sono una sirena
     
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    Non si preoccupò di cercare un parcheggio, Jericho Karma Lowell; frenò all’entrata di Amortentia, sfiorando con la gomma anteriore i vasi all’ingresso del negozio, e lì abbandonò il suo veicolo: tutti oramai sapevano che la Kawasaki Ninja fosse sua, e (stupefacente, lo so) erano abbastanza svegli da sapere di non doverla toccare, se volevano mantenere intatti i loro arti. Sfilò il casco, passò distrattamente una mano fra i lunghi capelli castani sciogliendo i nodi causati dal vento. Fece una bolla con la chewing gum alla menta, scoppiandola rumorosamente mentre con occhio critico studiava l’ambiente circostante: come prevedibile, Hogsmeade era agghiacciante - tutte quelle…persone. C’era un motivo se la Lowell evitava di uscire di giorno, ed era da biasimare unicamente alla triste esistenza degli esseri umani, nonchè la sua impotenza di fronte alla prospettiva di non poterli davvero asfaltare tutti con la sua moto: tragico. Alzò gli occhi al cielo, umettò le labbra scendendo dal mezzo con un agile balzo ferino. Aveva deciso di fare un eccezione unicamente per poter partecipare a quel corso, anche se non certamente per reale interesse nei confronti di un Connor Walsh qualsiasi – anzi, tutto il contrario: la presenza di Jericho al corso tenuto dal Legionario nasceva dall’esigenza della telepata di rompere il cazzo, e trovare quante più persone in unico posto da odiare contemporaneamente.
    …sì, okay, anche perché amava disegnare, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. Specialmente non all’insegnante: Jericho ancora non era riuscita a perdonare il blitz Ministeriale a New Hovel in cui le avevano portato via il suo, amato, kalashnikov. Non le importava che non fosse realmente colpa del Walsh, e stesse, cito testualmente, facendo solo il suo lavoro: tutti avevano bisogno di un capro espiatorio, ed il fratello di Maple era il suo. Le bastava ripensarci, letteralmente, per sentirsi ribollire di rabbia; per abitudine, lanciò un’occhiata furibonda, senza alcun motivo specifico, al giovane (“giovane”, pareva aver già un piede nella fossa) fuori da Amortentia che pareva guardarla con più attenzione del necessario, un cinico sopracciglio arcuato: «problemi?» masticò a denti stretti, aggressiva e già sul piede di guerra, piegando il capo verso di lui. Il biondo non parve affatto impressionato; si strinse nelle spalle, labbra avvolte attorno ad una sigaretta già consumata a metà. «qualcuno», replicò unicamente, entusiasta quanto un dinosauro al museo di storia naturale. Lo osservò ancora una manciata di secondi, bocca dipinta di viola piegata verso il basso, prima di superarlo ed entrare in uno dei (numerosi.) luoghi dove non credeva avrebbe mai messo piede – e sì, nel passargli affianco si premurò di dargli una spallata, giusto per sottolineare la propria posizione alfa. Era in ritardo? In anticipo? Non le importava particolarmente. Entrò nella stanza adibita al corso come un uragano in (molta.) miniatura, indumenti esclusivamente neri come la sua anima a far spiccare maggiormente la pelle chiarissima – beh? non tryhard non le piaceva il sole. Fece guizzare gli occhi su tutti senza soffermarsi su alcuno, prendendo passivamente conoscenza dei visi conosciuti o meno; non che facesse qualche differenza, li avrebbe comunque ignorati in egual maniera. Piantò gli occhi chiari sul professore, ma non lo salutò. Voleva solo fargli sapere che non lo stava salutando intenzionalmente, fosse mai che credesse la Lowell non volesse disturbare la lezione, o chissà quale altra mistica cortesia da essere umano ipocrita e falzoh: avrebbe potuto, educatamente, salutare.
    Ma voleva che sapesse avesse scelto di non farlo. Con il casco sotto braccio, ruotò lo sguardo su un tizio (o tizia? Vuoi essere tu? Fatti avanti!) a caso, un secco cenno con il capo ad intimargli di levarsi. Caso mai il gesto non fosse stato abbastanza esplicativo, «via dalle palle.» non avrebbe dovuto lasciar posto a fraintendimenti. Si lasciò cadere pesantemente, con la grazia di un mammuth alto poco meno di un metro e sessanta, sullo sgabello vicino a Noah. Cosa? Se si era seduta vicino a lui intenzionalmente? No, mai. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione, era già troppo egocentrico senza l’aiuto di Jericho. Con finta distrazione, lo osservò di sottecchi come se fino a quel momento non avesse fatto caso alla sua presenza, e la questione non le cambiasse granchè. Un debole cenno con la testa fu l’unico saluto che si permise – Noah, oramai, doveva conoscerla abbastanza bene da sapere che fosse la sua versione di un brofist e pacca sulla spalla; era già troppo, per gli standard della Lowell. «ed iniziare a dipingere la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic»
    Facile. Osservò la tela piegando il capo sulla propria spalla, le palpebre a battere lente sugli occhi zaffiro. Non aveva bisogno di prove, Jericho; tutto sentimento. Afferrò il pennello e, dopo averlo intinto in una scura mistura d’intenso porpora, dipinse il suo ideale di aesthetic.
    Alzò la mano attirando l’attenzione generale, già scocciata dall’esistenza – ce l’aveva scritto in faccia, Jericho Karma Lowell, che odiava quel posto ed odiava tutti loro. Adorabile. «senti, ma» finse di non sentirsi a disagio, quando diverse paia d’occhi si voltarono verso di lei. «non dovremmo usare tinte più naturali? Per proteggere l’ambiente» scandì lenta ed incolore, masticando la chewing per sottolineare quanto disinteressata fosse. Nei film funzionava. Sollevò pigramente gli angoli della bocca verso l’alto, ma quel sorriso non giunse mai alle iridi zaffiro. «roba tipo il sangue.»
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    «problemi?» Non battè neanche le palpebre, Hyde Crane Winston. Dal cono d’ombra vicino ai vasi nei quali era riuscito a rifugiarsi, allergico al sole come sara un albino, portò la sigaretta nuovamente alla bocca, stringendo i denti attorno al filtro ed aspirando fino a sentire la gola bruciare. Se nella sua situazione, e con la sua storia alle spalle, ci fosse stato chiunque altro, probabilmente avrebbe sorriso della domanda; ironico, tagliente, derisorio, ma l’avrebbe fatto: perché di problemi, quelli come Hyde, ne avevano abbastanza da riempirci un rotolo di carta igienica Regina. Il solo fatto che non fosse di quel fottuto, stra maledetto, tempo, avrebbe potuto, di suo, impiegare tutta la carta di una qualsivoglia maledetta fottuta fabbrica – ma poteva forse dirlo, a Jericho Karma Lowell? Manco per il cazzo. La osservò senza muovere alcun muscolo, il fumo ad uscire sottile dalle narici. Dopo un anno in quel tempo, il CW avrebbe dovuto farci l’abitudine a quelle sbiadite ombre di un passato futuro; tutti i giorni di Hyde erano un cazzo di Natale di Dickens, fantasmi di ogni epoca a palesarsi alla sua porta per ricordargli quanto fosse un pessimo esempio di essere umano: guardali, Hyde; nel tuo tempo sono morti tutti! guardali, Hyde; conoscevi i loro figli! Guardali, Hyde; stanno mandando di nuovo tutto a puttane, e tu non puoi farci niente! Li odiava più di quanto avrebbe mai immaginato, e non faceva alcuno sforzo per nasconderlo. Non poteva pensare di aver barattato visite al cimitero e pomeriggi a depennare la lista dei sopravvissuti nel 2043 per quello, un manipolo d’ingrati pezzi di merda che lo osservavano chiedendosi se fosse un cocainomane o un malato di febbre gialla. Picchiettò sul cono di tabacco facendo cadere la cenere sul pavimento acciottolato di Hogsmeade. «qualcuno» il solito tono apatico e privo d’alcuna flemma di chi la fretta non sapeva neanche cosa fosse, e che doveva sforzare più dei soli muscoli facciali per decidersi a comunicare con il popolo. Pareva sempre facesse un favore, il Crane Winston, quando veniva interpellato e rispondeva – e sapete perché? Perché era così: la maggior parte delle domande che gli rivolgevano erano stupide ed inintelligibili, ed il solo fatto che prendesse in considerazione di replicare avrebbe dovuto farli sentire dei privilegiati. Nessuno lo obbligava a farlo, sapete; la buona educazione e l’etichetta li aveva chiaramente lasciati da qualche parte fra lo sterminio della sua famiglia, e quel cazzo di viaggio della (poca.) speranza, quindi non aveva alcuna morale a spingerlo a comportarsi decentemente. Con il fatto, poi, che non temesse né fosse interessato ai giudizi altrui, o per Dio a creare delle relazioni amichevoli, gli rimanevano ben pochi (nessuno.) motivi per i quali degnarsi di parlare con il resto della popolazione.
    Non aveva neanche più Mabel a cazziarlo.
    Non trasalì quando la Lowell, senza aggiungere altro, lo superò colpendolo, intenzionalmente, al fianco. Chiuse semplicemente gli occhi, rassettò la maglietta verde, e tornò a fumare come se quel sipario neanche si fosse mai aperto. Che cazzo poteva farci, d’altronde? Non aveva nulla da dire, e niente a cui aggrapparsi per reclamare un briciolo di rispetto: non la voleva, la loro stima. Non si meritavano né un Hyde, sant’anima, né un Jack Daniels che in tribunale avrebbe potuto spaccare i loro culi, e lanciarli senza rimorsi (letteralmente: vi direi che avrebbe continuato a dormire sonni tranquilli, ma con l’insonnia perenne non aveva mai realmente saputo cosa significasse dormire) ad Azkaban. Non gliene fregava, davvero, un cazzo della maggior parte degli insignificanti germi che contaminavano quel tempo millantando d’essere persone. Le eccezioni a quella visione drastica e quasi totale, erano infinitesimali; statisticamente parlando, prendendo in esame i circa 7,442 miliardi abitanti della Terra, erano di molto inferiori al 0.000001%.
    Di molto. Più della metà, per giunta, era a grattarsela nel Far West o fra cappellini d’alluminio della fashion week 118 – il restante, era a quel corso d’arte. Soffiò il fumo dal naso, spense il moncherino della sigaretta sotto il piede destro ed affondò le mani nelle tasche dei pantaloni. Idealmente, in quell’ambiente, avrebbe potuto mimetizzarsi bene: era un’artista, Hyde, e se avesse voluto avrebbe potuto passare inosservato nella folla, interessato unicamente alla lezione di Connor Walsh.
    Ma non gliene fregava una sega di adattarsi. Non era nato per adattarsi, Hyde Crane Winston: era nato per adattare il resto del mondo alla sua (geniale) persona, o sbattersene il cazzo e fare l’outsider.
    Entrò mantenendo l’usuale espressione impassibile ed intoccabile, profonde occhiaie (il suo marchio di fabbrica) a risaltare sulla pelle lattea e sottile. Portò le dita alla fronte in un saluto generale e nient’affatto amichevole, equivoca parodia di un quasi vent’enne realmente simpatiko – ma perlomeno, nelle vesti di Jack, fu cortese. Era già troppo per lui, non potevano domandargli anche di essere divertente o espansivo. Ci si poteva morire, di roba del genere.
    E lui sì, voleva morire, ma preferiva non farlo con il (ew.) sorriso sulle labbra. «ciascuno di voi può sedersi in una postazione ed iniziare a dipingere la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic» Guardò prima i cavalletti, e poi Connor Walsh.
    Non avevano neanche tele decenti, in quel decennio di merda. Alzò gli occhi al cielo prendendo elegantemente posto su uno sgabello, facendo guizzare distrattamente, ma mai disattento, lo sguardo sulle varie legacy sparse nella stanza, o vari membri della sua famiglia più giovani di quasi trent’anni.
    Più vivi, anche. Per dirne una, eh.
    Iniziò a disegnare distrattamente sul cavalletto, donando ai compagni di corso un perfetto sunto della non vita di Hyde Joyce Crane Winston – e sì, all’incirca tutte le sue opere erano così. Talvolta inseriva un po’ di colore.
    Tipo sangue, smembramenti, o edifici in fiamme. «è una vagina?» domandò impassibile ad uno dei gemelli Tryhard, indicando con la punta del pennello la sua tela. Cosa? Se l’aveva chiesto per metterlo in imbarazzo? Lui, prendersi gioco di un suo studente?
    Sì, certo. Sempre. Gli angoli delle labbra si sollevarono perfino, perfino!, di almeno due millimetri verso l’alto – il che significava che in quel momento fosse davvero molto, molto allegro.
    A ciascuno i propri passatempi.

    (hyde cw) jack daniels
    I'm cold, It's dark,
    I'm fighting with myself
    Sometimes, I wish,
    that I was someone else
    wizlawyer | 1998's
    To live, to die,
    I'm running out of time
    I've been places you'll never know,
    hope you never go
    i'm not a boy or a girl, i'm dead



     
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    Solitamente, la Winston non era il tipo di persona da partecipare ai laboratori, specie se si trattava di qualcosa di artistico. Non aveva un chissà quale talento a disegnare e il massimo a cui avrebbe potuto aspirare erano un paio di case con gli omini stilizzati. Eppure, l’aesthetic del volantino aveva catturato immediatamente il suo sguardo, portandola ad approfondire la lettura. Dopo qualche minuto aveva concluso che non poteva essere così male, e aveva deciso di segnarsi tutte le informazioni utili. Avrebbe trascinato anche Isaac, ma lavorava anche il pomeriggio al suo contrario. Sarebbe stato per la prossima volta, non si sfuggiva all’aesthetic.
    La disposizione degli sgabelli era abbastanza per scatenare in Sharyn un misto di ansia e imbarazzo. Non le piacevano quelle situazioni, le quali dove si era costretti a prendere posto vicino ad altri, siccome nella mente contorta della Winston sistemarsi in una postazione significava considerare diversi fattori: chi e come. Sedersi da soli dava un vibe di asociale e strano, e questo sarebbe rafforzato dalla decisione di accomodarsi lontano da tutti. Al contrario, se si fosse messa vicino a qualcuno, si sarebbe preoccupata di non piacere a questa persona o di occupare il posto riservato a una loro amica. Vedete perché la vita della bionda era un continuo stress? Pensava di aver superato i traumi legati alla scuola, e invece tornavano sempre a tormentarti. Dopo cinque minuti di pura agonia, optò per sistemarsi in una postazione libera, pregando di aver scelto bene. «Mh..benvenuti a tutti» osservò Connor, il quale sembrava essere a disagio almeno quanto lei – erano livelli difficili da raggiungere, ma ci si avvicinava. «Questo sarà un corso un po' fuori dagli schemi. Non metterò al centro della sala una cesta di frutta chiedendovi di disegnarne con esattezza i dettagli» quello, o Sharyn aveva anche immaginato dei modelli nudi in mezzo alla stanza e l’idea non le dispiaceva. Ehi, ce li aveva ancora gli occhi! Peccato che come la sfigata che era, si era scelta la /classe/ d’arte innovativa e diversa dalle altre. Mentre Connor parlava, la bionda soffriva fisicamente per non poter prendere appunti sulle cose più importanti da ricordare; era sicura che si sarebbe dimenticata tutto e avrebbe fatto un casino, purtroppo si conosceva. «ed iniziare a dipingere la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic» un grande sorriso illuminò il volto di Sharyn non appena sentì la parola aesthetic, e subito pensò a Pinterest, una delle sue droghe peggiori. Voleva sapere a cosa pensava? Alle fottute persone che mettevano le descrizioni, ma non era sicura che fosse capace a rappresentarlo. Così, ripiegò su qualcosa di più semplice e che sarebbe stato difficile da incasinare. Si sentiva a disagio a disegnare sulla grande tela (disegnano sulla tela? Facciamo di sì), uno spazio troppo vasto perché riuscisse a strutturare il discorso come voleva.
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    Just 'cause
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    So what if
    I'm fucking crazy?
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    Edited by cocaine/doll - 13/7/2018, 14:52
     
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    «noi non... disegnamo.» si sentiva punto sul vivo, mehan tryhard, quasi il fratello gli avesse proposto di uccidere qualcuno per sport. indignato, era la parola giusta. e non tanto per l'arte in sé - in casi particolari il ragazzino dimostrava di possedere un certo gusto estetico -, quanto perché a parti inverse i losers non si erano mai degnati di dargli retta; quante volte ancora doveva /invitarli/, con relativa minaccia di morte, alle sue lezioni di danza classica?
    quanti rifiuti sgarbati e crudeli gli toccava ancora sopportare?
    ecco perché cercava di fare il sostenuto, mentre suo fratello lo pregava in cinese mandarino, senza gran successo: come si poteva resistere a quel faccino cuccioloso? e poi, non raccontiamoci balle, mehan un sospettuccio che la pittura non c'entrasse una mazza con l'improvvisa vena artistica di beh ce l'aveva. gli era bastato leggere il nome del professore sul volantino stropicciato, per farsi un'idea abbastanza chiara.
    Il vero motivo per cui, in fondo, aveva accettato.
    Behan ancora non lo sapeva, ma portare il proprio fratello nella stessa stanza in cui si trovava la sua cotta voleva dire darsi inevitabilmente la zappa sui piedi. «vabbè, ok, non guardarmi così, vengo. ma ad una condizione.» avrebbe potuto chiedergli qualunque cosa, il neo sedicenne, ma decise di usare quella carta speciale con intelligenza, pensando soprattutto al proprio quieto vivere. Il fratello annuí, già pronto a consegnargli un rene, dando a meh la possibilità di unire la punta delle dita tra loro sotto il naso, rendendo quel momento insieme sacro ed inviolabile. «smettila di parlarmi di addicted perché se no sclero.»
    lecito.

    «Questo sarà un corso un po' fuori dagli schemi. Non metterò al centro della sala una cesta di frutta chiedendovi di disegnarne con esattezza i dettagli» ah, no? tu guarda a volte nella vita che disgrazie. dopotutto, le aspettative di mehan erano già drasticamente calate nel momento in cui aveva capito che di dipingere soggetti senza veli non se ne parlava nemmeno per scherzo, più di così non poteva rassegnarsi. e in ogni caso, con la fame che aveva, la frutta nel cesto se la sarebbe sicuramente mangiata, di conseguenza la sua assenza era un punto a favore del professore.
    passiamo oltre: poggiando la mano destra sotto il mento, il grifondoro si sporse leggermente in avanti, tentando di dimostrarsi quanto meno interessato alla spiegazione, ma dando comunque un'occhiata alle proprie spalle per controllare la situazione. non si sorprese di ciò che vide - maple che abbassava lo sguardo sulla propria tela intonsa con le guance in fiamme, dopo aver ripassato come uno scanner le forme sinuose (quali) di suo fratello -, ma ancora una volta non poté fare a meno di chiedersi se behan fosse davvero uscito dal suo stesso utero. come poteva non accorgersi dei segnali? doveva insegnargli proprio tutto, insomma. perché mehan tryhard di segnali femminili se ne intendeva alla grande, un vero esperto, ed ecco perché si era seduto più lontano possibile da nat beech; una volta intercettate le frequenze omicide, bisognava avere il buon gusto di girare loro a largo.
    «[...] ed iniziare a dipingere la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic» oh, magari non aveva ancora raggiunto i livelli di follia su pinterest di beh e nicky, ma anche il sedicenne in cuor suo era un esteta ok? apprezzava le cose belle come chiunque altro, e stava facendo passi da gigante nel riconoscere il vero aes quando lo vedeva, così come, al contrario, nel disprezzare ciò che rischiava di rivinarlo: le descrizioni sotto i pin, tanto per fare un esempio. «ma si, nicky, ti do il permesso di dipingermi, non c'è bisogno che ti scaldi.» l'amica gli aveva forse chiesto qualcosa? certo che no. non vi dico che rimase perplesso quando lei, tutta contenta, prese a disegnargli sul braccio più a portata di mano - in fondo la conosceva anche troppo bene -, ma un po' la fronte gli si corrugó comunque. «eeeee...va bene.» insomma, era sua amica anche per quello. Abbandonó il braccio sinistro alla mercé della winston, afferrando con le dita della destra il mozzicone di un carboncino, i polpastrelli a macchiarsi immediatamente di polvere grigio fumo; ci voleva un bell'effetto retrò, per valorizzare la sua opera, il cui soggetto si trovava per ora solo nella mente del tryhard. ma presto, molto presto, la fantasia sarebbe diventata realtà. e allora sarebbero stati cazzi (per beh. scusa beh). «tra rose e fioooor..» sottovoce, ma perfettamente udibile fino a qualche postazione di distanza. il carboncino a scorrere rapido sul foglio, un capolavoro in attesa di prendere forma «nasce l'amooor!» evitó di cantare il resto solo perché voleva davvero bene a suo fratello, ma continuò la filastrocca (?) fischiettando gioviale - behan e maple si vanno a sposaaar. lui dice siii, lei fa cosííí, poi ci ripensa e dice di sì! -, mentre la rappresentazione di un amore in boccio prendeva forma.
    Cosa poteva esserci di più aes di una otp? dai avevano anche la bacheca!



    mehan barolo tryhard
    Jack, voglio che tu mi ritragga come una delle tue ragazze francesi con questo addosso. solo con questo addosso.
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    Friday De Thirteenth non era un’artista – perlomeno non nel campo del disegno o della pittura. Una specifica necessaria, obbligatoria, considerando lo zerbino sul quale sostava da oramai dieci (10) minuti, l’insegna di Amortentia ad ammiccarle sopra la testa: il corso d’arte si sarebbe tenuto lì, dicevano i volantini.
    Uau. Non era certo la prima volta che l’americana metteva piede nella SPA (figurarsi: quando frequentava Hogwarts era una delle sue mete più frequentate, probabilmente anche più delle aule dove avrebbero dovuto tenersi le lezioni) ma era la prima volta in cui lo faceva consapevole che nessuno le avrebbe massaggiato la testa o le spalle, né nessuna kinese le avrebbe dipinto le unghie di rosso rubino. Arricciò il naso azzardando un passo dentro il locale, abbassando sulla punta del naso gli occhiali da sole dalla montatura bianca per studiare meglio la zona; li rispinse sulla cima perché faceva più kool, i capelli rossi lunghi fino alle spalle raccolti in una finta disordinata crocchia dietro al collo. Aveva usato una matita, come i poveri che non potevano permettersi un elastico, solamente per immergersi nell’ambiente artistico dei pittori: era o non era una ragazza meravigliosa? La era. Aveva un suo modo peculiare per mimetizzarsi (non facendolo affatto.) ed un suo metodo personale per abbassarsi al livello delle fasce meno abbienti (di nuovo, non facendolo); non ci metteva né malizia né cattiveria, nel suo essere esageratamente stravagante: era cresciuta nel lusso e nella consapevolezza di far parte di una razza superiore (i ricchi, non i Purosangue: sks van lidova, sks vasilov, c’abbiamo certe priorità qui) ed era per lei difficile scendere a patti con la realtà terrena, dove simili differenze non cambiavano nulla. Non nascondeva la propria indole viziata, ma non ne faceva neanche vanto – e mai Fray aveva pensato che tutti quei tesori e quella vita di favoritismi fossero solo per lei, o dovessero essere sprecati. Quello il motivo che la vedeva impegnata su qualunque fronte, qualunque attività – e sempre quello il motivo che l’aveva spinta a cercarsi non uno, ma ben due (2!) lavori: era obliviante al Ministero, ed una Giornalista nel suo tempo libero.
    Proprio a causa del suo secondo mestiere, quel giorno, si trovava da Amortentia. Inspirò dalle narici gli odori chimici dell’acqua ragia (???????) e le vernici, scegliendo di credere che la punta amara fosse dovuta alle lacrime delle anime più dotate e complesse incapaci di trovare ispirazioni piuttosto che l’olezzo di sudore di un gruppo di adolescenti che non sapevano cosa fosse il deodorante. Sorrise, le labbra dipinte di rosa curvate verso l’alto. Lungi da lei piazzarsi dietro uno dei cavalletti (non si voleva così male) preferendo partire impettita verso il centro della stanza: uno, avrebbe dato a quelle povere creature qualcosa di bello da guardare (la sua ritrovata vagina!!!! Non letteralmente, eh; le gambe fasciate nei pantaloni verde pastello erano chiuse, giuro) e, bonus, avrebbe potuto fare quello che le veniva meglio.
    Gli affari loro. Fece ticchettare la penna piazzandosi al fianco di Connor Walsh, il suo assistente quando sedeva (quando?) in cattedra. «Friday de thirteenth, giornalista free lancer» si presentò allungando la mano verso di lui, sopracciglia arcuate ed allusive. Sì, lo sapeva che si conoscevano già, ma stava cercando di fare il SUO lavoro ed essere professionale – poffarbacco. Si schiarì la voce prendendo in mano il proprio immancabile taccuino, la punta della penna a tracciare linee a caso fingendo di aver già iniziato a prendere appunti (tutta strategia). «posso farvi qualche domanda?» Non attese risposta, l’indice ad inumidirsi sulla lingua mentre, con studiata competenza, cambiava pagina sul quadernino. «ditemi, cos’è per voi l’arte?» ma soprattutto. «e chi di voi è ancora vergine?» beh, gli articoli sulla proporzionalità arte – vita sessuale mica si scrivevano da soli, skste.
    E poi era curiosa: gen Z, a me!!!

    I stay out too late Got nothing in my brain
    That's what people say, mmm-mmm, That's what people say
     
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    «maple» La Goodwin aveva una gamba allungata davanti a sè, nel vano tentativo di colpire lo sgabello dove sedeva la Walsh, qualche centimetro davanti a lei: il tutto sarebbe stato molto più semplice, in altre circostanze, ma attirare l'attenzione dell'amica era piuttosto complicato per svariate ragioni, prima tra tutte lo stato quasi di trance in cui Maple sembrava trovarsi, intenta a contemplare il fondoschiena del ragazzo seduto qualche postazione di fronte a lei. Alla distrazione dell'amica, si aggiungeva anche il fatto che Jess stesse praticamente sussurrando per non attirare troppo l'attenzione su di sé: erano praticamente tutti volti noti, quelli nella stanza, anche perché non vedeva altro motivo al di fuori di amicizia o pietà per cui qualcuno si sarebbe dovuto presentare a quel corso di arte, tenuto in una spa. In cui Jess non era mai stata, tra parentesi: non aveva mai messo piede all'Amorentia, o se l'aveva fatto, non ne aveva più il ricordo. Magari ci era stata prima di perder la memoria, quando ancora aveva un conto in banca e dei soldi da poter spendere in trattamenti di bellezza. O dei soldi in generale. Quando poteva ancora girare tranquillamente per le vie di Hogsmeade con il suo, di volto, e non dopo aver escogitato un piano degno da agenti della CIA per racimolare gli ingredienti della polisucco e poter unicamente confidare nelle abilità di insegnamento della professoressa Queen: la preparazione di mezzo anno di scuola,razionalmente, non poteva esser così tanta, ma Jess si fidava ciecamente dei Chips, tanto che, nel momento in cui quella mattina le avevano dato la boccetta con la pozione, la ragazza l'aveva bevuta senza pensarci due volte.
    E così, per un giorno intero, si era guadagnata la libertà di camminare liberamente senza doversi guardare intorno per paura di esser riconosciuta o peggio, senza dover girare con il mantello dell'invisibilità avvolto intorno al corpo: usarlo ad Hogwarts insieme a Nate era stato divertentissimo, avendo la possibilità di assistere alle lezioni e fare scherzi in giro, ma d'estate stare lì sotto era una vera e propria tortura. E poi era bello, per una volta, che la sua biondaggine interiore si riflettesse anche esteriormente: sapete quanto era complesso esser mora e scema? Una tortura
    «m a p l e» questa volta, la ragazza allungò un po' troppo la gamba, sbilanciandosi all'indietro e ritrovandosi a terra nel giro di qualche secondo.
    Mannaggia però eh, uno non poteva nemmeno chiamare un'amica in pace. Si rialzò in fretta, facendo finta di nulla, e rimettendo in piedi il suo sgabello con una tale nonchalance che, osservandola, sembrava difficile creder che fosse appena caduta all'indietro da esso come un sacco di patate. Jess era più che abituata alle figuracce, tanto oramai da non considerarle più tali, e grazie a dio in quel momento praticamente tutti quelli nella stanza erano concentrati ad ascoltare le parole di Connor. Rassicurò subito con un sorriso ed un pollice in su Erin, seduta al suo fianco, per poi darsi persino una manata alla schiena e dimostrare di non essersi fatta nulla, soffocando un lamento di dolore: era piuttosto certa che nel giro di qualche ora le sarebbe spuntato un grosso livido nel punto in cui aveva colpito il pavimento della stanza, ma un po' sperava nel fatto che il segno sarebbe svanito insieme al suo travestimento, una volta finito l'effetto della polisucco. Era troppo da chiedere?
    «posso farvi qualche domanda?» UH In un attimo dimenticò il dolore alla schiena, o il disegno che stava miseramente provando a realizzare. Quello che fece, invece, fu girarsi verso i Chips ed esclamare un «c'è fray!!» sottolineando l'ovvio, e trattenendo a stento un gridolino felice: inutile dire che la De13 era per Jess un idolo indiscusso. Soprattutto con la faccia originale, e non con quel volto di padella che aveva visto quando l'aveva incontrata per la prima volta. Ancora riusciva a credere di averla avuta come babysitter quando era bambina, sciokkante!!! Ed anche se non aveva idea di come rispondere alle domande che aveva appena posto, Jess era felice del fatto di poter dire ciò che voleva senza alcun filtro: non che nella vita di tutti giorni ne applicasse qualcuno, ma aveva ancora più libertà in quel momento, con le sembianze di un'altra ragazza. «Posso?» a chi stava chiedendo il permesso per parlare? Boh, un po' a tutti. Non attese nemmeno una risposta, o un cenno da parte di Fray, per continuare «Vado. Sono Je..-ss. Un'idiota. Sulle capacità di mentire doveva decisamente lavorarci meglio -..mma. Diciamo che arte e verginità per me sono molto simili, ho perso interesse in entrambe molto presto» Cosa? Cosa. Boh, nella sua testa le era suonata come cosa molto intelligente e simpatica da dire, ma ad alta voce aveva perso tutta la sua magia «ma sto cercando di rimediare» ?????????
    Tanto con la faccia di Jemma, Jess non doveva temere l'ambiguità delle sue parole: con quei capelli biondi e il volto alquanto inquietante, poteva tranquillamente aggiungere un TI METTI? a caso in una qualunque frase, lasciando agli altri il duro lavoro di interpretare le sue parole.

    Jessalyn Jess goodwin
    continuando la tradizione,
    Vedrai che il lavoro
    nemmeno ti sfiora
    E anche se piove
    la musica suona
    1999's | 18y/o
    pancakes queen
    in incognitoh!!!!


    Il disegnino lo faccio domani, la scrivania è troppo lontana al momento
     
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    zoel coke sargent
    Alle volte si chiedeva come la gente potesse leggere nel suo malato subconscio, e soprattutto cosa li spingesse a continuare. Non era un bello spettacolo, fidatevi di lui. Piegò la testa, assottigliando lo sguardo verso la bionda – era una sua impressione o stava canticchiando motherlover? In uno stripper club, poi, gli sembrava la solonna sonora adatta «lo stai facendo davvero?» sollevò il sopracciglio, le labbra a curvarsi in un sorriso divertito – non aveva bisogno di specificare a cosa si riferisse, purtroppo Ricochet era tra le persone che il più delle volte riusciva a entrargli nella testa. «e te ce l’hai davvero addosso?» un’altra volta? Zoel ruotò gli occhi, rivolgendole poi un’occhiata annoiata: era la terza volta che gli faceva notare quanto odiasse la sua camicia fuxxia, poteva anche trovarsi altro da fare. Ignorò quell’ingrata di una bionda, alzando invece la mano in aria per attirare l’attenzione della ragazza al bancone – se volesse osservare meglio le sue tette? Ma figurarsi. No, davvero, Zoel non era il tipo d’uomo da fissare come un’ossesso i petti della gente: aveva di meglio da fare. «il solito, sophia» annuì in direzione della rossa, spostando poi lo sguardo su Tex «un vodka tonic, grazie» la velocità con cui la Carter liquidò la barista lo sorprese, anche se decise di non commentare, gli era bastata la sua chiave inglese sul piede per imparare a tenersi le proprie opinioni per sé. Un incidente l’aveva chiamato, quell’infame, come se sua maestà Satana avrebbe mai fatto qualcosa per caso. Sentì i suoi occhi cremisi bruciare sul suo profilo, quasi stesse cercando di mandarlo all’Inferno col solo sguardo «dovresti venire con me domani» #tekamolowho Zoel corrugò le sopracciglia, l’indice ad accarezzare la barba, aveva sentito bene? Di solito non era la Carter a trascinarlo fuori, quanto il contrario – se fosse stato per lei, persino quella sera si sarebbe rintanata in officina. E lui in una delle sue tanto amate polveri, ma torniamo alla donna. «uuuh» partorì un urletto acuto degno di una dodicenne, allungandosi sul bancone con un sorriso furbo stampato in faccia «puoi sopportare la mia vista per due giorni?» insomma, siamo onesti, chi non avrebbe voluto? La Carter era tuttavia un’altra storia, e non era facilmente impressionata dall’abilità di Zoel di pomparsi di droghe – molto male, chiunque lo sarebbe stato. «meglio uscire con me che farsi di adderall» sembrava molto sicura di sé, la donna, a definirsi meglio dell’Adderall. Evidentemente, non aveva idea di cosa stava dicendo. «non ne sarei così sicuro» alzò le mani davanti a sé, mentre gli occhi scuri brillavano di curiosità «quindi dove andiamo?» voleva sapere se Ricochet l’avrebbe portato in uno di quei bar alla From Dusk Till Dawn o a lanciare sassate ai ragazzi nel parco – la conosceva solo da pochi mesi, non poteva essere sicuro che fosse fuori di testa quanto lui. «lo scoprirai quando saremo lì» quanta big dick energy che percepiva da lei in quel momento, avrebbero dovuto fare un meme su di lei. Ma tagliamo corto che sono le tre.

    Amortentia. L’aveva portato a fare una pedi-mani? Appena si tolse il casco, non poté fare a meno che alzare un sopracciglio verso la Carter, scettico sull’intera faccenda «davvero, ricochet?» pensava che l’avrebbe portato a buttarsi giù da una scogliera, non dall’estetista, e onestamente, lo trovava offensivo. Cosa voleva dire, che aveva bisogno di una spuntata alle sopracciglia? «entra dentro prima di lamentarti» le rivolse un’occhiata scettica, per poi scrollare le spalle ed entrare nella stanza. Sbatté lento le sopracciglia, le labbra dischiuse come se non potesse crederci, e in effetti era ancora confuso. L’aveva portato a una lezione d’arte? Chissà come mai ma si aspettava poi qualcosa sui migliori killer in Inghilterra di tutti i tempi. «non dovremmo usare tinte più naturali? Per proteggere l’ambiente. Roba tipo il sangue.» per poco non si strozzò con la saliva, sorpreso da quello che aveva sentito. Immaginava disse normale parlare di sangue e simili cose, insomma, bisognava vedere qualche sostanza funzionava meglio per la tela e altre discussioni artistiche di cui non si intendeva. Ignorò la risposta della Carter, sapeva che in fondo era un sicario travestito da meccanico, e in quel momento non aveva bisogno di alte informazioni.
    You don't know what's in my head
    This conversation makes me want to choke
     
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    Ricochet Carter
    Finse di non vedere le scarpe che si fermarono accanto alle sue gambe, concentrandosi invece sulla vite sopra di lei, dandole una seconda avvitata per essere sicura che fosse sufficientemente stretta. Si domandava per quanto potesse continuare a ignorare Zoel prima che incominciasse a molestarla, fino a quel momento il suo egocentrico essere non era durato più di due minuti, ma poteva sempre migliorare. Lo sapeva di aver preso un impegno con lui, e quella volta non poteva nemmeno attribuire la colpa all’alcool – era sobria ed aveva ainse di non vedere le scarpe che si fermarono accanto alle sue gambe, concentrandosi invece sulla vite sopra di lei, dandole una seconda avvitata per essere sicura che fosse sufficientemente stretta. Si domandava per quanto potesse continuare a ignorare Zoel prima che incominciasse a molestarla, fino a quel momento il suo egocentrico essere non era durato più di due minuti, ma poteva sempre migliorare. Lo sapeva di aver preso un impegno con lui, e quella volta non poteva nemmeno attribuire la colpa all’alcool – era sobria ed aveva avuto la forza vitale di invitarlo da qualche parte, ecco perché i ghiacciai si stavano sciogliendo. O forse erano le calotte. Non ne aveva idea, di solito anzi di seguire la televisione preferiva mangiare. Udì un colpo di tosse da sopra di lei, più falso e costruito di una Soleil a Uomini e Donne «vuole annunciarsi, altezza?» domandò alzando la voce di un’ottava, come avrebbe fatto la Valentina della situazione con Mariano. E sì, lei e Zoel si erano recuperati l’ultimo trono solo pochi giorni fa, nonostante l’iniziale riluttanza sul programma. Non poteva dire lo stesso del Sargent, ma lei si considerava una persona seria. Trovava conforto nel fatto che, almeno, non avesse iniziato a guardare Love Island. «i tuoi piedi non mi meritano» se avesse potuto, avrebbe scosso la testa sconsolata «neanche la mia faccia» si prese qualche momento per collezionare i vari arnesi in mano, per poi scivolare da sotto la macchina verso il Sargent. Anche da dove si trovava, poteva chiaramente vedere quanto fosse oscena la camicia che aveva addosso – da quando i gamberetti erano stampati sul tessuto? Non voleva saperlo, era già abbastanza orribile doverlo vedere. Accettò la mano che le pose e si rialzò in piedi, le dita sporche di grasso a sfregare sul grembiule giallo «sembri un venditore di cocco» corrugò le sopracciglia, rivolgendo un ultimo sguardo alla camicia: sì, era altrettanto orribile anche da quella posizione. «è un regalo di compleanno» le labbra della bionda si curvarono in un ghigno, mentre gli faceva segno di seguirla «allora ti devono volere male» insomma, datele torto. Fosse stata lei, l’avrebbe usata come straccio o per lucidare i suoi trofei, soprattutto non le avrebbe mai permesso di vedere la luce del sole. Era una persona semplice, la Carter, per lei solo t-shirt di colore neutro e un paio di jeans. «ho finito la tua moto ieri pomeriggio, se ti interessa» si fermò davanti a una Guzzi, il braccio esteso a indicargliela con un certo orgoglio – doveva ammettere di aver fatto un’ottimo lavoro, come sempre. «la mia bambina» l’uomo si avvicinò alla moto per accarezzarne il sedile, e se Ricochet non ne avesse avuto una, l’avrebbe preso per pazzo. Forse lo erano, due pazzi. «che ne dici di portarla a fare un giro?» gli occhi chiari della Carter si accesero, le mani a frugare nella tasca e a tirare fuori un paio di chiavi «va bene, ma guido io» non aveva intenzione di dirgli dove stessero andando, non si fidava abbastanza di lui. E poi, aveva sempre voluto guidare quella Guzzi.

    A quanto pare, il fatto che avesse altri interessi al di fuori della meccanica sembrava turbare Zoel non poco. Era proprio vero, il multitasking non esisteva. Ignorò la faccenda, principalmente perché ci sono fatte le sei «non dovremmo usare tinte più naturali? Per proteggere l’ambiente. Roba tipo il sangue.» lei e Zoel si scambiarono uno sguardo sorpreso, chiedendosi se fossero finiti agli assassini anonimi. «il sangue ha una pigmentazione straordinaria, se vuoi provare» difficile dire se stesse scherzando o se fosse seria, o se avesse precedenti esperienze con il pitturare col sangue. Si sistemò meglio sullo sgabello e cominciò ad osservare il foglio bianco, immaginando diverse figure e colori a crescere su di esso, senza però portarsi a tracciare nessuna linea. Aveva bisogno di tempo per decidere, ecco, non era come se potesse improvvisare qualcosa su due piedi: le piaceva essere sicura. «ditemi, cos’è per voi l’arte? e chi di voi è ancora vergine?» spostò lo sguardo verso la rossa, riconoscendone i tratti solo qualche secondo: ma sì, era quella dell’articolo sui milkshakes. Ah, chissà chi sarebbe stato così stupido da risponderle! E no, non si fidava dei giornalisti.
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    Certamente a Nicky l'arte piaceva, dire il contrario sarebbe stato come insistere sul fatto che non amasse mangiare, o la musica, o stare con le persone; non le piaceva forse mangiare i cavolfiori, non le piaceva forse la musica trap, nè le piaceva essere obbligata a passare il tempo con gente noiosa o che non conosceva, ma in generale era impossibile dire che non amasse quelle attività. Lo stesso si poteva dire dell'arte: amava i quadri più famosi, seguiva su instagram e tumblr artisti di tutto il mondo che la deliziavano giornalmente con fanart di ogni tipo, e aveva persino un account DA... ma la sua era una passione leggera, quella della gente comune che guarda un Van Gogh e afferma "che carino!" senza neanche cercare di cogliere il malessere interiore dell'autore, o che davanti alla Monna Lisa apprezza la donna ritratta ma non si va a chiedere come sia stato fatto tal tratto, il perchè di un albero su uno sfondo e va discorrendo. Era una persona nella media per cui l'arte era , generalmente bella, ma che non impazziva per essa nè, buon signore, era fatta per quel genere di cose. Disegnare? No, assolutamente non faceva per lei e lo avrebbe potuto giurare chiunque avesse visto i suoi schizzi al bordo della pergamena di Storia della Magia.
    Se si trovava al corso di disegno di Connor Walsh era solo per Behan Tryhard. e perchè era un'inguaribile shipper.
    E perchè le ragazze che dipingono di solito sono bellissime e super aes. Ma questa era una motivazione secondaria, eh (nonchè una motivazione ideale dettata da internet; non è che conoscesse tante pittrici, a dir la verità), il motivo numero uno era l'amico e la sua cotta per Maple, la quale aveva pubblicizzato tanto quella giornata da Amortentia che sarebbe stato davvero rude non prendervici parte.
    Nicky trasse un piccolo respiro di sollievo quando il fratello di Maple spiegò che non ci sarebbero stati nudi da copiare (Nicky aveva ben chiaro in testa un certo concetto di corsi di disegno, e diciamo che per un po' aveva temuto modelli svestiti con le grazie al vento - aveva decisamente letto troppi manga scolastici), ma non si rilassò sulla propria sedia neanche a consegna data.
    C'era così tanta gente, di tutte le età e sconosciuta. Non era quello che si era aspettata, non era quello che voleva. Sapeva di dover essere felice per Connor e il successo del suo corso, ma... no??? Voleva già morire. E se tutti lì dentro a parte lei e Meh erano dei Michelangelo e si sarebbero fatti una figura di merda? "Disegnerò un solo punto rosso nel centro della tela e dirò qualche cazzata, o magari la strapperò direttamente dicendo che non era abbastanza mmmh... telosa, sì; gli artisti fanno così, no???" Era un ottimo piano, poteva funzionare. ... o forse no.
    «...la prima cosa che vi viene in mente sentendo la parola aesthetic» "Pinterest." Senza alcun dubbio. Ma mica poteva disegnare il logo dell'app.
    ...
    ...
    ...non poteva, giusto? "...beh... l'arte non ha regole (?), e Connor non ha dato indicazioni................."
    «ma si, nicky, ti do il permesso di dipingermi, non c'è bisogno che ti scaldi.»
    Portandosi la mano al petto, la Winston sorrise estasiata. «Oh Tryhard, non aspettavo altro» solo, non nel modo in cui intendeva lui. Gli afferrò il braccio, pasticciandoci sopra con i colori usando l'amico stile antistress (un po' come quei libri per adulti da colore, dai), tutta felice. Ci scrisse anche un po' di cose sceme (il tatuaggio MOMMA'S BOY sul bicipite con un abrobrio stile rosa era la cosa di cui più era fiera), perchè, aveva il cuore di una dodicenne. «eeeee...va bene.»
    Bando alle ciance ciancio alle bande, Nicky non aveva nessuna intenzione di fare una brutta figura, quindi si mise veloce a scarabocchiare sul proprio foglio, per poi spiare quello degli amici. Per poco non si strozzò dalle risate quando vide il matrimonio disegnato da Meh (proprio uno shipper antisgamo, l'Henderson sarebbe stato fiero di lui), e quando giunse alla tela di Beh- «nonèpornologiURO» «E' una vagina?» OMG! CONOSCEVA QUEL PIN, AVEVA GIA' VISTO QUELLA FOTO! «LA RICONOSCO! LA SUCO CON UNA!!!!!» ... ... aveva appena-...?«non... nel... nel senso... non la vagina» porca melinda, l'aveva... l'aveva davvero gridato? La suco con una alla domanda è una vagina???? Si era così emozionata a vedere il disegno, che neanche ci aveva pensato all'ambiguità del termine. sperava lì tutti giocassero a la suco con una, e capissero il contesto. "Sì. Certo. Sicuro. Quel tipo lì avrà qualcosa come sessant'anni come Ryan Gosling, mica starà su pinterest a fare questi giochi scemi" e invece (?) «Da pinterest. Ho... ho riconosciuto l'immagine. Non la vagina. Cioè... non è una neanche una vagina» Guardò disperata Beh, sperando andasse in suo soccorso. Sprofondò leggermente nello sgabello, cercando di nascondersi dietro la propria imbarazzante tela. Poteva sparire?? Lo sperava. Aveva appena detto tre (3) volte vagina. Davanti a suoi professori. Davanti ai Chips. Davanti alla sua possibile futura moglie (cosa? Chi? Idk, magari era lì da qualche parte in agguato, e ora avrebbe chiesto il divorzio).
    «ditemi, cos’è per voi l’arte? e chi di voi è ancora vergine?»
    «Diciamo che arte e verginità per me sono molto simili, ho perso interesse in entrambe molto presto»

    Ohgesùdov'erafinita. Era colpa sua che citando la patata aveva dato inizio a quei discorsi?? O Fray era così e basta? Sperava di non finire su un articolo del timeturner: "Sedicenne suca le vagine e le riconosce da un disegno".
    «non dovremmo usare tinte più naturali? Per proteggere l’ambiente. Roba tipo il sangue.»
    Roba tipo il sangue.
    Se possibile, si abbassò ancora di più. «Se te lo chiedi, Meh» borbottò «Questo è il motivo per cui non vengo alle tue lezioni di danza: persone» e anche perchè aveva la mobilità di un palo della luce, ma soprattutto persone «E la mia totale incapacità di averci a che fare»
    d.d. nicky winston
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    acapella
    (noun) specifically group or solo singing without instrumental accompaniment.
    Non si poteva dire che non fosse, a suo modo, abituato ai modi strani della gente – da dove proveniva, poi, sembrava fin troppo classico (quasi main stream) non riuscire a camminare senza venire infastidito... e quindi il callo se l'era fatto. Tuttavia c'erano limiti, limiti – a suo dire – che nessun umano avrebbe dovuto superare, per evitare di peccare di ubris cecilia a fine post avrà voglia di cambiarlo in greco? Non credo, di offendere la più importante divinità di qualunque forma di religiosità... appartenente ad oltre un miliardo di pantheon tra antichi e moderni.
    L'anti-cagacazzo.
    Mars vi era più che devoto: per lui codesta entità andava venerata non solo la domenica, ogni giorno della settimana, ogni ora del giorno; a differenza di molti altri culti, inoltre, non serviva nemmeno chissà quale tipo di sforzo per ottenere la sua benevolenza... principalmente si trattava di mantenere fede, tutto il giorno, ad un solo ed unico comandamento: non cagare il cazzo al prossimo tuo... ma anche a quello prima e quello affianco, insomma, il succo nell'essenziale era questo.
    Mars si era sempre ritenuto uno dei migliori fedeli, uno dei più ligi e modesti – umile e ormai veterano, si poteva dire, per il numero di anni trascorsi fedelmente a seguire quell'unico comando nel modo migliore possibile. Non ne faceva un vanto, ma viveva bene, meglio di molti altri, che s'affannavano per ricercare la collera di un così giusto e sapiente dio.
    Ora, mars era certo che il più grande nemico del dio, il Cagacazzo per eccellenza, avesse deciso di portare disordine e caos sulla terra per mezzo dei suoi più fidati scagnozzi: ragazzi del volantinaggio, testimoni di geova, vucumpra'... tutti si erano uniti, richiamati dal terribile richiamo dell'oscuro signore, con un'unica missione.
    Creare scompiglio su una terra che da trump a young signorino – si poteva tranquillamente ammettere – iniziava a vedere i primi segni di cedimento, caos, distruzione. Il 2018 sembrava inaugurare l'apice della disfatta umana... ed ora, Cagacazzo era tornato, più agguerrito che mai, con le sue armi volanti e veloci,
    «eddaje, li mortacci tua» arrivò, come era sospettabile – lui, da bravo paladino dell'anti-cagacazzo, era diventato il nemico numero uno dell'oscuro signore... e questo significava avere la porta di casa infestata di testimoni di geova e, soprattutto, non poter girare per le strade di londra /ma di qualsiasi località/ senza venir puntualmente bersagliato di giovani scaltri e assatanati, in bicicletta – lo strumento del demonio – nella maggior parte dei casi, con in mano il volantino caldo, pronto per essere spedito proprio lì, , dove nessun crist-- ehm, anti-cagacazziano si aspetterebbe di venire colpito. In pieno petto. Con il cono di patatine saltato in aria per lo spavento, e praticamente rovescio a terra il contenuto. «tu si figlio di bottana,» e un'altra serie di insulti che sarebbe superfluo riportare, ma che probabilmente nessun altro, oltre a lui, in quel frangente sarebbe stato capace di tradurre.
    Tuttavia non arrivarono a nessuno quegli insulti: mars, solo in mezzo al sentiero del parco, si guardò attorno rendendosi conto di essere ormai rimasto solo – vittima perfetta. Guardò al cielo, maledendo gli dei che non lo proteggevano /l'anticagacazzo e la sua combriccola di nirvana-in-terra e del pastafarianesimo/ e con frustrazione si strappò il volantino dal petto, deciso a prendersela col pezzo di carta.
    C'è una leggenda, tuttavia, che narra di come – una volta ogni 100 anni, di luna crescente – il volantino che ricevi mal volentieri e di cui non riesci a sbarazzarti prima di aver dato un'occhiata veloce, risulti quasi... – signore e signori, non scandalizzatevi, vi prego – utile. O quanto meno interessante. Inutile dire che mars a 'ste leggende metropolitane ci credeva poco e nulla, scettico e cinico, preferiva arricciare il naso e accartocciarli prima di anche solo intuire a cosa si riferissero. Ma forse fu il destino. Forse lo stesso anti-cagacazzo intervenne allungando una mano verso il suo più fedele sottoposto per bloccarlo, e costringerlo a posare lo sguardo su quel maledetto volantino che gli era appena costato metà delle sue amsterdam chips. /poi vabbè, non è che gli piacessero così tanto da farci un caso di stato.../
    Le dita si strinsero sulla carta, e gli occhi per un istante vi si posarono sopra: strano, molto – per una volta non era il volantino della palestra a 35 euro (ah già, che non siamo più in euro... boh, arrotondiamo a 35 £) né l'ennesimo apericena nel bar dietro l'angolo... e, udite udite, nemmeno del nuovo sushi aperto fra sushi-mania e giappolandia – ma pensa te, «un corso di pittura alla spa dell'amortentia» che, dall'alto delle sue finanze, una spa poteva vederla solo passando di sfuggita in tram... meh, non era poi così l'ennesimo inutile volantino. se organizzi un corso alla spa, sicuro c'è un momento ristoro cioè, non funzionavano così le cose a londra????, che diamine, non erano mica in qualche barbaro paese come l'america o la francia...
    In quel momento you spin my head right round, right round ♫ interruppe il flusso di pensieri, costringendolo ad afferrare il telefono – piuttosto vecchio – per vedere chi avesse bisogno della sua maestosa persona. Sullo schermo verde vi era digitato in lettere cubitali buffy bunny, che poteva significare tutto e nulla conoscendo mars – ma roteando gli occhi premette il tasto di gomma morbidoso /vero anti stress/ col simboletto rosso, staccando al poveretto senza veri motivi. Possibile dovesse stressarlo anche quando si regalava un'allegra passeggiata misantropa???, Cagacazzo era davvero capace di assumere forme diverse... e buffy bunny ne era l'esempio più lampante.
    Quell'essere sapeva sparire per giorni dietro le sue stronzate senza farsi vedere per giorni, ammuffendo nella sua camera come il peggio dei nerd – e la settimana dopo saltellare attorno a lui come un viziato gatto affamato. Inutile dire che mars amava il buffy bunny che se ne stava per ore in camera sua, spostando solo per ritirare le pizze ordinate /ma mai per pagare il fattorino, infame bastardo taccagno/.
    «boh sì, ci farò un pensierino» che solitamente significava dimenticarsi, nel giro di un secondo, di quanto appena accaduto – valeva coi volantini così come i ragazzi che gli avevano presentato per tutto quel tempo le sue amiche, ignorando come solitamente preferisse i loro ragazzi, mani avanti. Eppure. Il giorno e l'ora dell'appuntamento mars aprì gli occhi e si rese conto di aver ricordato l'appuntamento – come il peggiore dei cliché, si osservava allo specchio chiedendosi perché?, cosa vi fosse di speciale in quel volantino per aver attirato tanto la sua attenzione, costringendolo persino a memorizzare... in piedi dal letto all'improvviso, andò ad afferrare il coinquilino «c'mon buffy bunny, ti porto alla spa» «cos... non chiamarmi così – perché la spa?» il poveraccio poté appena cercare di non cadere male alla presa sul braccio, mentre gli veniva lanciata la giacca e veniva trascinato malamente fuori dal polveroso appartamento, giù lungo la pericolante scala del condominio – con l'ascensore al solito rotta. «è un regalo. Ti piacerà» «un giorno capirò perché ho sempre timore di morire nel seguirti...» #rude.

    «la spa. Davvero.» «non farmi fare brutte figure, e sorridi» lo rimproverò mars, andando a colpire la tela con una pennellata elegante «che... diamine, perché dovrei sorridere?, mi avevi promesso un regalo» era proprio un bambino, roteò gli occhi e controllando nella tasca dei pantaloni, afferrò una caramella (???) e gliela lanciò in pieno petto, vedendolo sorpreso afferrarla per miracolo prima che cadesse «è – una caramella?, ti odio. E smettila di dirmi di sorridere, che vuoi» mars allargò trionfante il sorriso, osservando il suo capolavoro «sei il mio modello... con la tua faccia verrà fuori il pene più bellerrimo di sempre ♥» e raramente si sbagliava, marzio signorini. Del resto, il giovane non aveva assolutamente specificato che genere di concetto dovessero esprimere... e andava detto, mars aveva un estro assolutamente fantasioso e meravigliosamente ad arcobaleno.
    Nonché un certo talento per i dettagli anatomici, gli andava riconosciuto.

    marzio mars signorini
    now we in this bitch
    admit it get borin' with no me
    in this bitch
    queer as fuck
    pizzapastamafia
    22 yo | magician


    in onore del cactus che cecilia fece esplodere alla tenera ma micidiale età di 12 anni
    sì è un cactus stronzetti
    iPiBQ2T
     
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    shiloh abbot
    Non importava quante volte ci riprovasse, ogni volta che metteva due parole l’una dietro l’altra le sembravano così sbagliate da cancellarle nel giro di un battito di ciglia. Ancora prima di sedersi davanti al computer aveva avuto la sensazione che quel giorno non sarebbe riuscita a combinare nulla, troppo infastidita dal bidone dei suoi amici per riuscire a buttare giù qualcosa: più fissava allo schermo bianco e più le giravano le palle, pensando al caffè che avrebbe potuto sorseggiare in quel momento. Cosa voleva dire che c’era una partita da vedere? Non pensavano a lei, quella che li aveva pregati affinché uscissero per almeno una settimana. Basta, erano delle bestie e non la meritavano.
    E continuavano a ignorare le sue gif pregne di disperazione.
    Sapete cosa avrebbe detto loro? Qualcosa di rude, perché Shiloh sarebbe dovuta essere la priorità numero uno di qualsiasi essere umano. fottetevi tutti, spero vi strozziate su quelle patatine” vorrei dirvi che non inviò seriamente il messaggio, ma non avete idea di quanto la Abbot manchi di un filtro quando scazzata. Neanche la prospettiva di un pomeriggio privo di impegni e rilassante riusciva a riaccendere il lei l’ispirazione, e l’unica cosa a cui poteva pensare era a quanto odiasse i mondiali. E la Francia. Non si capacitava di come potesse piacere a qualcuno, lasciando fuori i suoi stessi cittadini – in più, avevano contribuito a rovinare il suo maledetto pomeriggio, quindi quel giorno si meritavano una doppia dose l’odio e di pessimi memes. Lasciò scivolare il dito sullo schermo, scendendo nei messaggi fino a trovare il contatto di Hades, non ci pensò più di due secondi prima di premere sulla cornetta verde e chiamarlo – ecco, così imparava lo stronzo ad abbandonarla e ad andare a fare il fighetto in giro «sei libero ‘sto pomeriggio?» non gli diede neanche il tempo di aprire bocca, che subito partì all’attacco – beh, non aveva certo tempo da perdere al telefono. Pregava che non la liquidasse con la scusa dei mondiali, o giurava che avrebbe trovato un modo di raggiungerlo e scuoiarlo come nelle ff di Harry Styles. «innanzitutto, buongiorno» non poteva vederla, ma Shiloh alzò comunque gli occhi al soffitto, da quando si salutavano? Pensava di aver superato quello stadio della loro relazione. «e penso di sì? Non ho niente da scrivere» ah sì, i suoi testi trap. Si chiedeva ancora come fosse passato dalla poesia a quell’aborto di musica, se avesse sempre avuto quel trash a nascondersi in qualche parte della sua anima. Forse anche per lei c’era un percorso oscuro da seguire nel mondo delle telenovelas. «ma pensa, neanche io. Usciamo? Non rispondere, non puoi davvero rifiutare» gli aveva dato anche troppe vie di fuga da quella situazione, ne era conscia. Dopo essere stata paccata una volta quel giorno, non gli avrebbe lasciato quell’opzione. «avevo promesso a Meh che sarei andato a una cosa d’arte, se vuoi» «una di quelle mostre con i nudi?» doveva chiederlo, perché vedere nudi esposti in pubblico la metteva in imbarazzo. Era una ragazza sensibile e pudica, che volete farci. «no, più qualcosa come una lezione penso?» ah beh, se ne era così sicuro non poteva fare a meno che credergli. Sperava più in un cesto di frutta che in uno stripper mascherato da modello, nel caso della lezione. Si voltò supina sul materasso mentre contemplava il soffitto con un’attenzione che non gli aveva mai dedicato, chissà, forse quel pomeriggio sarebbe servito da distrazione e si sarebbe sbloccata. «ci sto, mandami i dettagli per messaggio che se no mi dimentico» onesto, era metà bionda dentro.

    Shiloh doveva ammettere di non aver mai messo piede ad Amortentia, troppo scettica delle SPA per solo pensare di passare un pomeriggio lì – non poteva dire lo stesso di Hades, il quale le stava illustrando i trattamenti da almeno quindici (15) minuti «e dovresti provare i loro massaggi thailandesi, davvero ottimi per stimolare l’ispirazione!» la ragazza annuì piano, non risparmiandosi un’occhiata scettica nella sua direzione: non credeva che i massaggi fossero per le sue poesie, ma va bene. «quando non saprò più mettere una parola dietro l’altra ti farò sapere, tipo fra trent’anni» davvero, aveva troppa paura che qualcuno la palpasse dove non voleva essere toccata, e non si fidava degli impiegati!11!!! Erano così che i peggiori porno iniziavano, sapete?
    La stanza non sembra così male, e Shiloh doveva ammettere che era troppo sollevata dal fatto che ci fosse l’aria condizionata per lamentarsi: ok, stavano guadagnando punti. «buon-ciorno» rivolse un cenno di saluto al ragazzo che sembra essere l’insegnante (non ne era certa, ma percepiva i vibes) «buon.....ciorno? Abbot, mi fai pentire di essere nato certe volte» intendeva dire sempre? eh vbb, l’amava purissima e levissima com’era. Finse di non accorgersi del fatto che Hades la stesse trascinando in direzione dei suoi amiki luzers, e non pensò di obbiettare: tanto non era così sfigata da avere amici in quella stanza vicino a cui sedersi. Sedutasi alla sua modesta postazione, cominciò a pensare intensamente a qualcosa che le paresse aesthetic, ritrovandosi come spunti solo la lattina di Coca Cola che aveva bevuto come colazione e sarebbe anche potuta andare bene, se avesse avuto idea di come disegnarla. Ma nope, non sapeva neanche da dove cominciare. «e chi di voi è ancora vergine?» le sue antenne drizzarono sull’attenti, lo sguardo a voltarsi immediatamente nel cercare la ragazza. Finalmente qualcuno che poneva le giuste domande! Altro che aesthetic e disegno, lei voleva il tea. «perché, pensi che ci possa essere una correlazione sull’attività sessuale degli artisti e la loro arte?» si rivolse alla rossa, sinceramente incuriosita da quell’argomento. Chissà, forse le avrebbe dato addirittura spunto per la sua scrittura.
    The world moves on, another day, another drama
    But not for me, all I think about is karma
     
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