sorry u thought I was dead

fray x jess

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    145
    Spolliciometro
    +349

    Status
    Offline

    jessalyn goodwin
    You've got a beautiful brain.
    But it's disintegrating,
    From all the medicine.

    «Dovresti provare a capire il perché»
    La ragazza se ne stava seduta sul davanzale dell'unica finestra presente nella stanza, i piedi a penzolare a pochi centimetri da terra e le punte a colpire leggermente le bottiglie di superalcoli sul pavimento, mentre non riusciva a far altro che pensare a quella frase.
    Aveva sentito come un click dentro di sé, a quelle parole, e da quel momento non aveva fatto altro che riflettere su cosa fare. Del resto, aveva ignorato quel problema per troppo tempo.
    Aveva fatto finta che non esistesse.
    Quando, due settimane prima, ai mini reb era stato affidato Swift (più appioppato, forse: dopo quasi un anno, i coniugi Markley si erano evidentemente stufati della presenza dell'animale in casa e così avevano deciso di liberarsene spedendolo in un pacco regalo, con tanto di gabbietta colorata e crocchette, agli unici amici della figlia che conoscessero, avendoli incontrati ogni volta che andavano al quartier generale) tutti e tre non avevano fatto altro che salti di gioia. E Jess era stata più che entusiasta di avere un nuovo animale a farle compagnia, anche per colmare l'assenza di Loki, Thor e Sif al castello. E come ogni kooler che si rispetti (?), Swift aveva da subito iniziato ad esaudire i desideri dei tre ragazzi: portava loro i biscotti a letto appena svegli, i popcorn mentre vedevano un film, la pergamena ad Erin quando aveva l'ispirazione per scrivere qualche fanfiction o una busta di McNugget a Nate quando aveva fame.
    Ma a Jess? La maggior parte delle volte la pizza, ma sempre accompagnata da un qualche tipo di alcolico. Se non era birra allora gin, se non gin allora vodka. All'inizio, tutti loro avevano preso la cosa sul ridere: del resto non era un segreto l'amore della ragazza per gli alcolici. Ma poi, col passare dei giorni, la Goodwin aveva smesso di ridere quando Swift continuava a riempirle il bicchiere di birra mentre quello di Nate ed Erin era colmo di Coca Cola: non aveva mai, nemmeno lontanamente, immaginato di poter avere un problema serio. Ma se il kooler era in grado di percepire i desideri del proprio padrone, allora significava che inconsciamente la ragazza desiderasse bere sempre? Non riusciva a capirne il perché, e per anni non aveva voluto farlo: sapeva che la risposta era nascosta negli anni di vita completamente rimossi dalla sua memoria, così come sapeva che, una volta deciso di indagare più a fondo, non sarebbe più potuta tornare indietro.
    E la cosa la terrorizzava a morte.
    Aveva sempre provato a prendere la vita alla leggera, incurante delle conseguenze delle sue azioni e preoccupandosi soltanto di divertirsi e passare del tempo con le persone che amava. Le situazioni difficili non sapeva come affrontarle: l'aveva capito con la perdita di April e Nathan, quando al quartier generale era arrivata la notizia e lei ci aveva messo più tempo del normale, a metabolizzarla e rendersi conto che fosse la realtà. L'aveva capito quando avevano dovuto evacuare casa loro, e nei giorni seguenti al fatto suo cugino Dakota doveva puntualmente andare a riprenderla e portarla a casa sua, lì dove lui e Mae li avevano accolti, perché la ragazza si ostinava - senza nemmeno rendersene conto - a tornare al QG. L'aveva capito quando, da un giorno all'altro, aveva perso persone che amava e aveva continuato a comportarsi come se non fosse successo nulla, preparando la colazione anche per i Makota o continuando a inviare commenti in diretta a Kieran mentre vedeva Riverdale.
    E per questo, quando mesi prima Fray le aveva offerto il suo aiuto per recuperare i ricordi, lei aveva rifiutato, spaventata da qualunque cosa le potesse esser accaduta in quegli anni: non una, ma ben due vite, e nessuna era finita bene. Una volta morta in un incendio, l'altra sotto circostanze ignote: per questo aveva preferito esser semplicemente Jess, e vivere senza avere più problemi di quanti non ne avesse già.
    Incredibile come, alla fine, fosse bastato un kooler per mandare all'aria tutti i suoi piani.
    Per questo motivo se ne stava lì, nella torre dell'orologio, uno dei pochi luoghi della scuola in cui poteva stare più tranquilla e non indossare il mantello dell'invisibilità, lì dove teneva la sua scorta di alcolici: aveva intenzione di buttarli via tutti, ma prima doveva capire il motivo per cui sentiva sempre il bisogno di bere. E conosceva una sola persona in grado di aiutarla a comprendere: Friday DeThirteenth.
    Jess sperava solo che avesse ricevuto il suo messaggio ("TOP SECRET !!!! Torre dell'orologio, 10/10 h:16.00, La scimmia, pls ti aspetto tvb <3) e, soprattutto, avesse il buon cuore di farsi tutte quelle scale per arrivare lì da lei.




    1999's - special
    mini reb - ghost™
    pancake's queen


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Bolla
    Posts
    1,306
    Spolliciometro
    +524

    Status
    Offline
    La pazienza di Friday De Thirteenth era limitata – dove con limitata, intendo pressoché inesistente. Chiuse gli occhi cercando di richiamare il proprio Chi interiore, le mani giunte in preghiera sul petto; quando espirò seccata dalle narici, volle immaginare di aver soffiato del fumo, così da intensificare il proprio potere spirituale - la sola idea, infatti, la faceva sentire meglio. Più leggera.
    Invulnerabile.
    Socchiuse le palpebre, rimase perfettamente immobile. Quando anche la caramella rimase, finalmente, ferma e sospesa a pochi centimetri da lei, tentò uno scattò ferino in avanti: inutile dire che quando spalancò le fauci cercando di prendere il dolcetto al volo, fallì miseramente, ingurgitando aria e picchiando fastidiosamente i denti fra loro. Grugnì, reclinò il capo all’indietro ed iniziò a girare in tondo facendo ciondolare le braccia – un antico rito eschimese insegnava che tal movimento aiutava a riequilibrare il proprio potere, e lungi da Friday combattere la tradizione di chi ancora, nel 2018, viveva negli igloo. Ma di chi era stata quella STUPIDA idea di comprare quelle STUPIDE caramelle?
    Sua. Lo sapeva, dannazione!, lo sapeva! Ma sullo scaffale del Red Velvet le ButterMints erano parse così…affascinanti: caramelline alla menta che si libravano in volo sfuggendo alle imposizioni della società che le volevano nella bocca di ignavi consumisti? SOLD. Peccato non avesse valutato quanto quella sfida personale potesse effettivamente diventare una sfida: era mezz’ora che cercava di mangiare una ButterMints, e mezz’ora che volteggiava per la stanza con nulla in bocca se non l’amaro sapore della sconfitta. Spalancò i (troppo) grandi occhi verdi adocchiando la caramella diversi metri sopra di sé. Allungò inutilmente le braccia, alta quanto Bono degli U2 (la faceva sentire più alta paragonarsi a Bono piuttosto che a Elijah Wood), cercando di concentrare i propri poteri mentali nel mero compito di piegare a suo favore lo spazio permettendole di raggiungere la caramella. In preda ad una disperazione isterica, guidata dall’istinto più che dalla ragione, Fray fece quel che da anni eseguiva ogni qual volta qualcosa si trovasse troppo al di fuori della sua portata: «SANDYYYYYYYYYYYYYYYYYYYY» solo quando lo strillo riecheggiò piatto tornandole indietro, si rese conto di quanto appena detto. Era così, così abituata ad averlo sempre intorno, che perfino dopo quasi un anno - quasi un anno - tendeva a dimenticare non ci fosse, lasciando che l’irrazionale prevalesse su quel che sapeva con ferma certezza: suo fratello non c’era. Era sempre difficile da masticare, taluni giorni più di altri; capitava che appena sveglia, quando ancora i sogni tendevano a mescolarsi con la veglia, non sapesse affatto quel che l’avrebbe attesa una volta aperti gli occhi: non sapeva di Sandy, non sapeva di Akelei, non sapeva di Alec. Si svegliava felice solamente per farsi strappare quella gioia al primo respiro, avvolta maggiormente nella coperta nell’infantile speranza che bastasse quel calore a portare via il gelo dentro.
    Non lo faceva, per inciso. Non lo faceva mai. Riabbassò le braccia e chiuse la bocca, spalmando la lingua sul palato ruvido e secco. Quello era il momento in cui, in circostanze normali, Friday andava a bussare alla porta della gemella chiedendole se potessero vedere un film insieme: si sarebbero raggomitolate sul divano a guardare Ghost, o Dirty Dancing, e ad un punto imprecisato della pellicola avrebbero cominciato a piangere sussurrandosi che mancava loro Sandy. Non aiutava realmente a lenire il dolore, ma sapere di dividerlo lo rendeva tollerabile.
    Ed invece, non poteva fare neanche quello. Si guardò attorno notando, non per la prima volta, quanto squallida fosse la Capanna del Guardacaccia, non biasimando affatto Pearl O’Sullivan per aver alzato il gomito sul posto di lavoro: era un edificio terribilmente triste e deprimente – non aveva neanche la jacuzzi! - e puzzava. Sempre! Non importava quanto a fondo Firday e gli Elfi la pulissero, pareva che l’olezzo fosse intrinseco nei maledetti muri. Ed era davvero un luogo… squallido, delle dimensioni di una camera mortuaria – o almeno, così Fray le aveva sempre immaginate. Gorgogliò un patetico verso di gola, le mani a coprire il viso ed uno sbuffo lagnoso. Voleva tornare a casa. Era lì da dieci (dieci!) giorni, e già si sentiva più povera. Non aveva Alpaca, non aveva il golf cart con il quale passare da una stanza all’altra, non aveva la piscina ed il guardaroba - e la sauna? La palestra? Non aveva il dispensatore di champagne - inconcepibile. Soprattutto… non aveva elettricità, il he significava niente netflix, niente lavatrice. Niente lavatrice. Neanche la sapeva fare, una lavatrice, ma le pareva comunque una perdita importante e degna di nota. Voleva credere che almeno la propria presenza potesse effettivamente aiutare i ragazzi; voleva trovare lati positivi della sua permanenza come Guardacaccia, davvero, ma per quanto volesse bene ad Halley, neanche la presenza della ragazzina riusciva a tirarle su il morale: si sentiva in trappola. Sentiva di non possedere più le proprie ali. Su cosa poteva scrivere, reclusa lì dentro? Sul cibo nelle mense scolastiche? Sulle torture? Le trovava ancora medievali, perfino dopo tutto quel tempo – ed insensate.
    Eppure, continuava a non poterci fare niente. Si lasciò cadere lì dov’era, ormai ignara della caramella che, simpatika, continuava a svolazzare sul soffitto; il rumore le ricordava vagamente quello di una cimice.
    C’ERANO LE CIMICI?
    Santo cielo. Aveva evitato di costringere Hogwarts ad un’ispezione sanitaria solamente perché non voleva peggiorare la situazione di Pearl, ma – ma quella Capanna l’avrebbe meritato, e conoscendo le basi dell’igiene (e dei basici diritti umani.), sarebbe anche stata bocciata. Umettò le labbra, incrociò le gambe sul pavimento. Lanciò un’occhiata allo STUPIDO orologio da cucù (sapete quanti anni di vita le aveva già fatto perdere? Abbastanza perché, con un breve calcolo, la sua morte fosse approssimativamente…l’anno successivo, a voler essere ottimisti.) appeso alla parete, notando che mancasse un quarto d’ora alle quattro. Non aveva la più pallida idea del perché Oph-Jess. Del perché Jess fosse ad Hogwarts, ma non avrebbe domandato: preferiva non sapere e peccare d’ignoranza, piuttosto che sapere e divenire Traditrice per il Ministero. Non sapeva neanche perché le avesse dato appuntamento, soprattutto perché alla Torre: lo sapeva quante scale c’erano? Lo sapeva che non c’era un ascensore??? Se voleva fare due chiacchiere, poteva raggiungerla lì in qualunque momento – non che avesse molto da fare, la De Thirteenth. Si alzò in piedi con un brontolio, quasi schiantandosi contro la caramella ancora in volo. Riuscì a prenderla, secondo voi? Riuscì, infine!, a mangiarla?
    No. La risposta era no. Spolverò gli abiti, in linea con la Buzzurra abitazione in cui viveva (sì, era roba tipo…boh, quella immaginava avrebbe indossato Sunday nel Far West se fosse stato ancora Sun), e si trascinò pesantemente fuori dalla Capanna. La Torre dell’Orologio era…così….alta. Mugolò a denti stretti cercando di convincersi che un po’ di movimento le avrebbe fatto bene, ma per quanto amasse ritenersi una donna sportiva, nell’esercizio fisico era una mezza tacca – a voler essere ottimisti. Amava il Quidditch, e l’aveva praticato ai tempi di Hogwarts, ma…? Mica si correva, nel Quidditch – né si facevano infinite scale alla Rocky. Sperò d’incontrare Jess alla base della Torre, così da poter deviare la conversazione alla propria umile (davvero…troppo umile) Capanna, ma la fortuna decise di non baciarla neanche quel giorno.
    Classic.
    Iniziò la scalinata decidendo di distrarsi con la discografia dei Queen. Non la cantò per non perdere fiato, che già ne aveva poco, ma nella sua testa era già al secondo album quando (svenne.) raggiunse la cima della Torre: avrebbe potuto esultare trionfante della propria vittoria, ma per farlo avrebbe dovuto avere meno acido lattico e più polmoni in cui incamerare aria. Più realisticamente, si lasciò scivolare sul pianerottolo come una balena che avesse infine raggiunto la sua ora, le braccia a proteggere il viso dalla polvere e le gambe scomposte ancora abbandonate sugli scalini. «jeeeeeeeeeess» non alzò neanche il capo, lasciando che la voce rimbalzasse sulle pietre del pavimento. «jeeeeee/eeeeee/ss» rotolò supina spiegazzando il tessuto in avanzo del vestito (che sì, era una specie di classy sacco di iuta) per creare un cuscino, le dita intrecciate sul ventre come tutti i cadaveri che si rispettassero. «spero sia molto importante» sbocconcellò, tra un ansito e l’altro, poggiando il palmo fresco sulla fronte madida di sudore.
    «non ho più l’età.» severo, ma decisamente onesto. Millenials.
    when
    what
    - fray -
    (friday de thirteenth)
    Say oh, got this feeling that you can't fight
    Like this city is on fire tonight
    This could really be a good life
    A good, good life
    more
    10.10.2018
    big money
    blood
    school
    pureblood
    gryffindor
    b-day
    job
    17.01.1992
    journalist
    good life - one republic
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco



    + 5 candies UAUUU
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    145
    Spolliciometro
    +349

    Status
    Offline

    jessalyn goodwin
    You've got a beautiful brain.
    But it's disintegrating,
    From all the medicine.

    I primi cinque minuti, rimase seduta sul davanzale della finestra a far dondolare le gambe a pochi centimetri da terra, lo sguardo fisso sulla porta d'ingresso della stanza in attesa dell'arrivo di Fray: certo, sul bigliettino le aveva scritto le quattro, ma non si era certo aspettata che sarebbe arrivata in orario. Ne passarono altri cinque, e rimase comunque speranzosa: non era tipo da far caso ai ritardi, la Goodwin, specialmente perché di solito era lei quella che, ad un appuntamento, uscita di casa minimo cinque minuti dopo l'orario concordato. Poi però ne passarono altri dieci, ed iniziò a sospettare che la DeThirteenth non sarebbe più arrivata: magari non aveva ricevuto il bigliettino della ragazza, o forse l'aveva fatto ma poi si era dimenticata di leggerlo.
    Nell'attesa, furono diversi i momenti in cui per poco Jess non cedette all'istinto di afferrare una delle bottiglie ai suoi piedi: attendere sola in una stanza piena di alcolici non era certo facile, soprattutto quando tutte quelle bottiglie non sembravano far altro che gridarle di stapparle. Erano lì, a portata di mano, eppure stava riuscendo a non toccarle!! (anche se, onestamente, dubitava sarebbe riuscita a farlo ancora a lungo) Se avesse avuto il suo cellulare a portata di mano sarebbe stato tutto più semplice: avrebbe potuto controllare se fosse uscita una nuova clip di skam, o spoilerarsi su tumblr la nuova stagione di riverdale - che, per amor proprio, non aveva ancora iniziato - o leggere qualche post delle pancine. Invece, a causa di quel rifiuto incomprensibile della scuola nei confronti delle tecnologie, la ragazza non aveva modo per distogliere l'attenzione dalle bottiglie.
    Altri cinque minuti, e probabilmente avrebbe ceduto. Fortunatamente però, proprio quando era sul punto di afferrare il suo amato Jäger, udì dei passi provenire dalle scale, e subito ritrasse la mano per afferrare il mantello dell'invisibilità: difficile che qualche professore arrivasse fin lì, certo, ma ad Hogwarts non si poteva mai esser sicuri al cento per cento. «jeeeeeeeeeess» Era....era lei?? Lasciò la presa sul mantello e scese dal davanzale, anche perché era già da un po' che il suo fondoschiena le stava implorando di alzarsi ma lei non si era mossa di un centimetro, per evitare di avvicinarsi agli alcolici e prender una decisione di cui si sarebbe pentita da lì a breve «jeeeeee/eeeeee/ss» Ed eccola lì, Friday, con il suo ingresso poco trionfale nella stanza. Jess l'amava sempre, ma quel giorno ancora di più per essersi fatta tutte quelle scale per lei: la Goodwin era abituata a salire fin lì, ma capiva bene che per chiunque altro era uno sforzo considerevole (una volta ad esempio aveva proposto ai losers di andare con lei, e a seguirla alla fine erano stati solo Meh e Halley, ovviamente) «spero sia molto importante» lo era davvero!! Sapeva che Fray avrebbe capito, una volta spiegato il perché le avesse chiesto di incontrarsi lì: si era offerta subito, la De13, di aiutarla a recuperare la memoria, e Jess si era sempre rifiutata, preferendo una vita all'oscuro di tutto, almeno per un altro po'. Ma era arrivata alla conclusione che fosse arrivato il tempo di far i conti con il proprio passato, qualunque esso fosse. «non ho più l’età.» Intanto... «ti va qualcosa da bere??? Per reidratarti!!» Nessuno le aveva mai spiegato per bene che l'alcol non faceva altro che disidratare il corpo ancora di più, e per questo porse all'amica una bottiglia, mossa dalle migliori intenzioni «è brandy, ancor meglio dell'acqua!!!» eh, quando uno è biondo dentro non c'è proprio niente da fare. Dopodiché, per non farla sentire in obbligo di alzarsi e volendo darle i tempi di recupero che meritava (#wat) si sdraiò al suo fianco, con le mani intrecciate dietro la nuca e gli occhi fissi al soffitto della stanza che....era davvero sporchissimo????? Da quanto tempo qualcuno non andava a far pulizie lì dentro????? Altro che casa, i ragni probabilmente ci avevano costruito un'intera metropoli! Ma stava divagando, doveva mantenere la concentrazione: il suo cervello ce la metteva tutta, a distrarsi e distogliere la sua attenzione dalle cose veramente importanti. Le conveniva dir tutto, e soprattutto prima di perder la forza per farlo. «un kooler mi ha fatto capire che sono un'alcolizzata» Breve e coincisa #wat
    L'aveva sempre sospettato, eh, così come probabilmente le persone al suo fianco, ma fino a quel momento non aveva mai avuto il coraggio di dare un nome preciso alla sua condizione «e penso che il problema abbia a che fare con il mio passato, con tutta la vita che mi è stata.. » tolta? rubata? volontariamente allontanata? Non ne aveva la minima idea «...obliviata. E penso sia arrivato il momento di riaverla in dietro»
    Si sentiva pronta? No Ma probabilmente non lo sarebbe mai stata davvero.
    «mi aiuteresti a ricordare?»




    1999's - special
    mini reb - ghost™
    pancake's queen


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Bolla
    Posts
    1,306
    Spolliciometro
    +524

    Status
    Offline
    Friday tendeva a dimenticarsi (troppo.) spesso di avere ventisei anni, e di essere, conseguenzialmente, un’adulta fatta e vaccinata; erano rari i momenti in cui la pesantezza della sua vecchiaia si facevano sentire, ricordandole – non in maniera particolarmente piacevole – di dover fare la badger dei ragazzini ancora in età adolescenziale o poco più. Alle offerte di Jess di bere qualcosa, troppo spossata per commentare, arcuò semplicemente entrambe le sopracciglia, lasciando che lo sguardo divenisse abbastanza esplicito da non aver bisogno di parole: jessy, ti voglio bene come ad una sorella minore, ma sei proprio ……..babba. Un peccato che la fu Ophelia non potesse ricordare quello stesso sguardo da un’adolescente Friday che intimava ad una Helidaile bambina di abbandonare l’Operazione Cimici Army: intento nobile, pratica barbara. Rimase in silenzio cercando di recuperare l’uso dei polmoni, usando le tecniche che le avevano insegnato i monaci buddhisti (sì, sempre loro; erano rimasti amici, si mandavano cartoline ogni Agosto!) per riempire e svuotare con lentezza i bronchi. Ruotò il capo verso Jess – vedete? già progressi! - quando la ragazza si distese al suo fianco, tornando poi a guardare il soffitto come la Goodwin: il fatto che sembrasse non ci fosse nulla da guardare, non significava che – fra ragnatele e polvere – non possedesse una storia. Significava semplicemente che non avesse voce con cui raccontarla, testimone di sussurri e bisbigli dalla creazione di quella torre.
    E quel pomeriggio, la sua voce sarebbe stata quella di Jessalyn Goodwin. «un kooler mi ha fatto capire che sono un'alcolizzata» Battè le ciglia, ma non replicò. Il primo passo per accettare un problema, era capire di averlo: con il tempo, e facendo progressi, Jess si sarebbe resa conto che il kooler non avesse fatto nulla, se non evidenziare quel che i suoi amici tentavano di farle notare da sempre – e che Jess, invero, avesse sempre saputo. Sorrise leggermente, compiaciuta di sentire il tono adulto, seppur reticente, della ragazza. Come sei diventata grande, pensò con nostalgica nitidezza, espirando piano. «e penso che il problema abbia a che fare con il mio passato, con tutta la vita che mi è stata…obliviata. E penso sia arrivato il momento di riaverla in dietro» Arricciò il naso fissando testardamente il muro sopra la loro testa, cercando sulla lingua le parole adatte a quella situazione. Non era brava, a fare l’adulta – o a parlare di argomenti seri. Scrivere? Sì, sempre; parlarne, però, richiedeva un’immediatezza che la De Thirteenth trovava solamente nelle cause in cui si incastrava come un’aragosta nelle trappole dei pescatori, e solamente quando si decideva a salire sui tavoli per attirare l’attenzione generale.
    Niente di intimo, sostanzialmente. Nulla da cui dipendesse la vita di una bambina che aveva tenuto sulle spalle, incantandola con l’ennesimo commento sul pubblico del cinema dal quale era appena uscita. «mi aiuteresti a ricordare?» Riempì le narici d’aria, chiuse gli occhi. Decise di prendere l’argomento per le lunghe, tastando il territorio mano a mano che lo percorreva. «avrei voluto esserci per te. vederti crescere» un sorriso s’impresse leggero sulle labbra vermiglio, le dita di Fray intrecciate sullo stomaco. Ricordava il momento esatto in cui aveva deciso, spiando la bambina iper attiva dei vicini, che avrebbe voluto conoscerla – tenerle la mano, spingere quel potenziale verso qualcosa di bello, qualcosa di vero. Aveva visto qualcosa, in Ophelia Helidaile, ch’era sempre mancato nel quartiere dei De Thirteenth: sincerità. «eri una creatura tremenda» non giriamoci attorno, la era - e l’aveva adorata anche per quello, Fray. «ma avevi…un modo tutto tuo per approcciarti alle persone. Avevi sempre un sorriso per tutti» Umettò le labbra volgendo il capo per incrociare gli occhi scuri di Jess, rivedendo nello sguardo la stessa determinata scintilla che, anni addietro, aveva convinto Friday a bussare alla porta dei vicini. «li facevi sentire speciali» e da quel che aveva visto di Jessalyn Goodwin, quel tratto non l’aveva perso insieme al resto dei suoi ricordi. Con un sospiro rauco, si spinse a sedere incrociando le gambe sul pavimento, invitando la ragazza a fare lo stesso. Allungò le mani con il palmo verso il soffitto, domandandole tacitamente il permesso di prendere le sue fra le proprie. «so di essere stata io a dirti che potevi riavere i ricordi» superficiale, Fray. Impulsiva, sempre pronta ad aprir bocca prima di riflettere sul reale peso delle proprie parole. «ma…non è semplice. Ed è pericoloso» cercò il suo sguardo abbassando lentamente il capo, lasciando che negli occhi verdi emergesse la cruda onestà di quelle parole. «non hai perso solo le cose belle, jess» scandì lentamente, lasciando che fosse la ragazza a comprendere da sé le implicazioni di quella frase: non sapevano cos’altro le avessero tolto. «e, detto fra noi, non credo che il tuo problema con l’alcool abbia a che fare con la memoria» tentò un timido sorriso cercando di ammorbidire il tono, ma non lo annegò in falso oro: credeva davvero alle proprie parole, ed anzi credeva che la memoria potesse peggiorare, quel problema. «se pensi che la sia la soluzione all’alcolismo, non è…» scosse il capo e distolse lo sguardo, cercando le parole adatte alla matassa di pensieri ingarbugliati dietro le iridi smeraldine. «non è la motivazione giusta per riavere indietro i tuoi ricordi» concluse quindi, tornando a guardare la Goodwin. «ma se sei sicura di volerli indietro, e se questo non ha nulla a che vedere con soluzioni facili alle dipendenze…» le diede un buffetto sulla guancia, scuotendosi appena nelle spalle con un intenerito sorriso a fior di labbra. «lo sai che puoi contare su di me.»


    when
    what
    - fray -
    (friday de thirteenth)
    Say oh, got this feeling that you can't fight
    Like this city is on fire tonight
    This could really be a good life
    A good, good life
    more
    10.10.2018
    big money
    blood
    school
    pureblood
    gryffindor
    b-day
    job
    17.01.1992
    journalist
    good life - one republic
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    145
    Spolliciometro
    +349

    Status
    Offline

    jessalyn goodwin
    You've got a beautiful brain.
    But it's disintegrating,
    From all the medicine.

    «non hai perso solo le cose belle, jess» Lo sapeva. Era ciò di cui aveva più paura, ma era anche il motivo per cui la ragazza avesse così tanto bisogno di ricordare. Aveva vissuto negando la cosa per troppo tempo, Jessalyn Goodwin, illudendo sè stessa di poter continuare a farlo per sempre. Mai, prima di allora, aveva dato troppa attenzione al fatto di non avere ricordi. Mai, prima di allora, aveva dato realmente peso a tutti i rapporti che aveva perso a causa della sua perdita di memoria, illudendosi che "tanto si possono ricostruire" e "non è poi così importante": lo era. Si era costruita una vita completamente nuova, Jess, e per anni aveva fatto finta che non le importasse scoprire quella precedente se non grazie ai racconti di altre persone. Il non avere ricordi era stato un po' la sua coperta di linus, confortevole, comoda e sicura. Ricordava che, mesi prima, Dakota le aveva confessato che i suoi genitori erano sempre stati distaccati dal resto della famiglia, come se avessero avuto il bisogno di mantenere un enorme segreto al resto dei parenti, e Jess aveva subito immaginato che si trattasse della loro affiliazione con la ribellione. Poi però, scavando più a fondo, aveva scoperto che anche tra le fila dei ribelli molte delle persone che avevano conosciuto i Goodwin avevano percepito quella sorta di muro tra loro ed il resto del mondo. Ed aveva cercato di non dare peso alla cosa, Jess, ma era arrivato il momento di scoprire la verità «e, detto fra noi, non credo che il tuo problema con l’alcool abbia a che fare con la memoria» Era più comodo, pensare fosse dovuto unicamente a quello, così come era comodo pensare che una volta riacquistata la sua memoria, ogni suo problema si sarebbe magicamente risolto «non è la motivazione giusta per riavere indietro i tuoi ricordi»«pensi che potrebbe...peggiorare?» era un'idea che non le era minimamente passata per la testa, fino a quel momento. Insomma, aveva sempre creduto di aver bisogno dell'alcol per colmare il vuoto lasciato da tutti quei ricordi che le erano stati strappati via, eppure inconsapevolmente aveva continuato a sceglierlo piuttosto che affrontare quel vuoto, come aveva deciso di fare quel giorno. Lo capiva anche lei: il problema non era il bere. L'alcol, al contrario, era sempre stato la sua soluzione: autolesionista e sbagliata, ma sempre un modo per risolvere, non incasinare ancora di più «non è per l'alcol» Il kooler le aveva fatto capire il problema mettendone in evidenza un aspetto. «è il perchè io ne abbia bisogno, ad importarmi» Che senso avrebbe avuto tentare di smettere di bere, se la ragazza avesse continuato ad avere quel vuoto dentro? Probabilmente avrebbe trovato un altro modo per colmarla: forse più sano, più produttivo o, nella peggiore delle ipotesi, più distruttivo, ma si sarebbe trattato in ogni caso di un semplice cerotto. Quello di cui aveva bisogno la ragazza, invece, era guarire il problema dalla radice. «sono sicura» Lo era, ancor di più di quanto lo fosse stata quando aveva inviato il messaggio a Fray e prima che l'amica arrivasse sulla torre «mi hai detto che avresti voluto vedermi crescere» se le era scesa la lacrimuccia quando la De Thirteenth si era messa a parlare di quando era una bambina? Ovvio che sì, con chi credevate di avere a che fare?? «beh, non potremmo mai riavere indietro quei momenti, ma perlomeno vorrei tutti quelli che abbiamo vissuto insieme» Un'infanzia in compagnia di un'adolescente Friday De Thirteenth era senza dubbio la migliore che una bambina potesse desiderare, e non era giusto che a Jess fosse stata strappata via. Staccò lo sguardo dalle ragnatele del soffitto per riportarlo su Fray con il più grande dei sorrisi stampato sul volto «potrei aver dimenticato insegnamenti fondamentali, sarebbe un tale spreco! Tipo...avevamo una stretta di mano segreta, vero??» dai, dovevano averla per forza «se non ne avevamo una dimentica tutto quello che ti ho detto, non rivoglio i miei ricordi» Seppur tentando di buttare la cosa sul ridere, subito dopo Jess avvertì comunque il bisogno di dire qualcosa di più «mi farò aiutare, te lo prometto» a Fray, ma anche a sè stessa. Erin e Nate avevano provato a portarla agli incontri degli alcolisti anonimi più di una volta, eppure Jess non aveva mai dato loro ascolto. «non voglio rischiare di cadere ancora più a fondo» Se non per sè, l'avrebbe fatto per i suoi amici e per la sua famiglia: aveva delle persone a cui voleva bene, che le volevano bene, e non aveva alcuna intenzione di deluderle.





    1999's - special
    mini reb - ghost™
    pancake's queen


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Bolla
    Posts
    1,306
    Spolliciometro
    +524

    Status
    Offline
    «non è per l'alcol. è il perchè io ne abbia bisogno, ad importarmi» Distolse lo sguardo da Jess per riportarlo al soffitto, un’espressione neutra sul viso latteo. Era difficile anche per la De Thirteenth rendersi conto di essere una persona reale, sotto la scorza morbida dei sorrisi leggeri e gli sguardi testardi; complessa, pur apparendo semplice e perennemente distratta da tutto ciò che di serio avesse il mondo. E si sentì così vecchia, Fray, che il mondo l’aveva visto al proprio peggio e quando incapace di migliorarlo l’aveva ignorato, coricata al fianco di una ragazzina a cui, per quanto volesse, non riuscisse a spiegare quale punto di quella logica non avesse alcun senso. Non aveva le competenze per un lavoro del genere, la rossa; era compito di psicomaghi, di terapeuti ed educatori – non di giornalisti ed oblivianti. Non ne hai bisogno, avrebbe voluto farle notare. Ma sarebbe stato così ovvio, così semplificato, che non avrebbe avuto alcun senso – ed anzi, se Jess era così convinta fosse la causa del suo alcolismo, probabilmente avrebbe vanificato qualunque effetto placebo. Così strinse i denti, e strinse le dita le une fra le altre, cercando nelle mura della torre il modo per essere quel di cui Jess aveva bisogno in quel momento: una speranza.
    Non era capitato spesso, nella vita di Friday, che per qualcuno fosse speranza.
    «sono sicura» Inspirò ed espirò, perché lei non lo era affatto, ed era abbastanza terrorizzata per entrambe da esitare perfino nella respirazione. «mi hai detto che avresti voluto vedermi crescere…beh, non potremmo mai riavere indietro quei momenti, ma perlomeno vorrei tutti quelli che abbiamo vissuto insieme» Un sorriso curvò le labbra corallo a metà, il viso a ruotare abbastanza da scorgere il profilo caramello della fu Ophelia. «potresti cambiare opinione su di me; non preferisci credermi la babysitter super kool ed infallibile?» scherzava, ma non del tutto: avrebbe davvero preferito che Jess la credesse fikissima, piuttosto che farle affrontare la realtà di cucine in fiamme, e drastiche cadute dalle quali Scimmietta si era salvata solo per insistenti preghiere ai Grigi. Beh? Era davvero difficile, essere quelle responsabili. Accennò una risata perché era quello che Jess voleva da lei in quel momento, ma non la sentì sul serio: sapeva di essere brava, Fray, ma non aveva mai provato a sollevare l’oblivion lanciato su qualcuno passato dai Laboratori. Da quel che avevano detto i medici al San Mungo al suo capo, c’erano più controindicazioni che pro. Credeva nelle proprie capacità, ma… era comunque un’enorme atto di fede, da parte della Helidale.
    «mi farò aiutare, te lo prometto»
    Sospirò, chiuse gli occhi. «non voglio rischiare di cadere ancora più a fondo» Non che qualcuno glielo avrebbe permesso. Arrendevole, si tirò a sedere invitando la ragazza a fare altrettanto, sfilando lenta la bacchetta dalla tasca interna della giacca. «se vedo che l’incanto è troppo radicato, smetto immediatamente anche se non hai recuperato tutti i ricordi» solenne e seria come raramente si permetteva d’essere, gli occhi smeraldo a cercare quelli di un’ormai giovane donna. «se sento che potrebbero esserci delle controindicazioni, smetto immediatamente» puntò la bacchetta alla testa di Jess, premendo la punta sulla tenera pelle della tempia. «se penso che sia troppo pericoloso, smetto immediatamente. Tutto chiaro?» Non le domandò se si fidasse di lei: sapeva, lo facesse.
    Pregava fosse fede ben riposta, la De Thirteenth, nel respiro denso che le scivolò dalla bocca dischiusa. «pronta?»
    when
    what
    - fray -
    (friday de thirteenth)
    Say oh, got this feeling that you can't fight
    Like this city is on fire tonight
    This could really be a good life
    A good, good life
    more
    10.10.2018
    big money
    blood
    school
    pureblood
    gryffindor
    b-day
    job
    17.01.1992
    journalist
    good life - one republic
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
     
    .
5 replies since 10/10/2018, 16:03   302 views
  Share  
.
Top