the world has got a million ways of making me sick

@high street. // role libera!!&&& #don't leave us hanging

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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Arabells Dallaire credeva di non essere il genere di persona ancora in grado di stupirsi, eppure quel giorno, a poco più di una settimana dal suo diciannovesimo compleanno, dovette ricredersi: perché ogni volta che credeva che il mondo non potesse cadere più in basso, lo faceva. Se quella mattina a colazione non avesse rubato la tazza di caffè a Billie Dallaire, la sua contro parte del Sotto Sopra, avrebbe davvero potuto pensare di essere caduta lei stessa in un universo alternativo – ma, ahimè, si trattava invero della stessa, tragica esistenza a cui il mondo magico era costretto da più di un anno a quella parte. La vita non era mai stata rose, fiori, ed arcobaleni – lo sapeva bene, Bells – e nonostante tutto, in un battito di cuore all’interno di un secolo di per sé catastrofico, era riuscita a peggiorare: non solo la violenza era filtrata nel mondo babbano (a Londra, il tasso di criminalità e di morte sospette era schizzato alle stelle) ma perlomeno, un paio d’anni prima, gli special non erano costretti ad esibirsi al carrow’s come fenomeni da baraccone; potevano frequentare le lezioni di controllo, potevano tornare a casa, e, per quanto comunque difficile, c’era almeno una possibilità su cento che avendo un malore a bordo strada, qualcuno si sarebbe fermato ad aiutarli (non tanto per buon cuore, quando mai!, quanto per pura questione di principio).
    Nonostante sapesse che oramai comportamenti del genere fossero ritenuti al limitare del tradimento, l’ex Corvonero ed attuale (seconda; era giovane, ed in grado di attendere il proprio momento per brillare - okay, aveva pensato solo un paio di volte di avvelenare la giocatrice principale, ma era la differenza fra sognare e mettere in pratica che distingueva gli uomini dai mostri) cercatrice delle Holyhead Harpies, non poteva – né voleva – credere ai suoi occhi. «ma fate sul serio?» sbottato in un sibilo fra i denti, gli occhi ridotti ad una fessura. Aveva già abbandonato la bicicletta contro il muro del Fiendfyre, si era già diretta verso il ragazzino ammucchiato, letteralmente, sul marciapiede come pattumiera non riciclabile, e per quanto lo sguardo fosse già impegnato a cercare ferite sul corpo del giovane, non aveva potuto fare a meno di dar voce a quel commento caustico ed amaro.
    Cioè. Arabells Dallaire sapeva perfettamente quale fosse il prezzo da pagare per, perdonando il francesismo, proteggersi il culo; era stata lei stessa a prendere le distanze dai suoi cugini (prima Mephisto, e da pochi mesi a quella parte, Viktor) perché ritenuti traditori o soggetti pericolosi, affermando davanti alle autorità che, ancora!, andavano a bussare alla loro porta per sapere quanto fossero stretti i rapporti con Mephisto, di “a malapena conoscerli” – che non era vero, chiaramente, dato che la Dallaire era impossibilitata a dire la verità, ma era vero che fosse disposta a sacrificare loro pur di sapere il fratello (un esperimento non dichiarato) al sicuro. Se fosse servito a tenerli lontani da Elijah, Bells avrebbe mandato al patibolo perfino il giovane, e quasi innocente, Viktor (o, ancor meglio, se avesse saputo dove trovare quei due sfigati di iden e charles, li avrebbe spediti a calci in culo al ministero liberandosi del problema una volta per tutte) - ma si sarebbe trattato di legittima difesa, seppur eticamente sbagliato. Non l’avrebbe mai fatto di sua spontanea iniziativa solamente per eliminare la questione alla radice. Se arrotolato su se stesso in quell’angolo di strada ci fosse stato Viktor, o perfino un Kaufman, un Dumont o un Brandon Lowell, o chiunque fosse ritenuto in qualche modo colpevole di tradimento, la Dallaire non sarebbe mai riuscita a girarsi, e farsi i cazzi propri.
    Era il principio. Magari dopo l’avrebbe smentito; magari, se scoperta dai ministeriali, avrebbe affermato di essere stata costretta, o di ritenere che dovessero scontare la loro pena nel pieno delle facoltà fisiche e psichiche – cristo, una scusa qualsiasi se la sarebbe inventata. Ma come potevano, i passanti, fingere di non vedere? I flebili e penosi mugolii scivolati dalle labbra del ragazzo a terra non tormentavano i loro sonni? Un grugnito scavò la gola della mora mentre si inginocchiava al fianco del malcapitato, perfettamente riconoscibile nel suo essere special a causa della divisa (neutra, priva dei colori che contraddistinguevano le casate) a cui i minorenni erano costretti a Different Lodge. «riesci a sentirmi?» domandò, professionale e ruvida, facendo oscillare la bacchetta di fronte al viso dell’altro per controllare i suoi tempi di reazione. «come ti chiami?» corrugò le sopracciglia, tastando con delicatezza il corpo (troppo magro) nascosto sotto il mantello. Quando le dita sfiorarono una zona umida e viscosa, l’odore che fino a quel momento, seppur inconsciamente, aveva ignorato, le punse le narici: sangue. Non abbastanza da farle storcere il naso, ma abbastanza da farle digrignare i denti, e far sollevare un iracondo occhio grigio sulla folla che, comunque, passava loro accanto fingendo tutto fosse nella norma.
    Che tentazione spericolata quella di sguainare la bacchetta contro di loro, ed iniziare a lanciare maledizioni a stra fottutamente caso. «QUALCUNO HA INTENZIONE DI MUOVERE IL CULO?» prima che mi tocchi spaccarvelo.
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    ciao kugi dallaire skste vvb
    COMUNQUE!!!! role libera!!! sta soccorrendo un ragazzo ferito sul marciapiede ad high street #wat non fate gli infami!!&&
     
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    Non le sembrava ancora vero, l'essere riuscita ad uscire da sola e senza il mantello dell'invisibilità a coprirla. Da quanto tempo non camminava all'aria aperta senza alcun filtro a separarla dal resto del mondo? Troppo. E, in realtà, anche quel pomeriggio non era davvero completamente allo scoperto, non era jess, ma perlomeno poteva sentire i raggi del sole a contatto diretto con la propria pelle ed incrociare gli sguardi delle altre persone lungo le strade di hogsmeade senza alcun tipo di preoccupazione.
    «Il mantello andrebbe lavato» Era da più di un anno, ormai, che la ragazza e nate erano costretti ad usarlo in praticamente ogni tipo di spostamento all'interno della scuola (tipo per assistere alle lezioni o infiltrarsi a colazione quando non riuscivano proprio ad aspettare che erin e scott sgraffignassero dalla sala qualche muffin per loro) e nonostante ciò, quel mantello non era mai entrato a contatto con un detersivo. Insomma, per quanto i due mini reb fossero ragazzi puliti, era inevitabile che il passare dei mesi iniziava a farsi sentire: era un mix tra odore bruciato, per tutte le lezioni di pozioni in cui qualcuno aveva fatto accidentalmente esplodere il proprio calderone, fritto, per tutte le volte che l'avevano utilizzato per andare al mcdonald o al kfc ed alcol, per tutte quelle in cui la goodwin ci aveva accidentalmente fatto cadere sopra qualche bicchiere. Aveva, eh: era da mesi ormai che aveva abbandonato le sue vecchie abitudini. C'erano momenti in cui rischiava di cedere, momenti in cui lo faceva, ma perlomeno la ragazza continuava a provarci. «solo che non abbiamo idea di come si faccia» se poi avesse perso la sua magia?? Avevano troppo bisogno di quel mantello, per correre il rischio di danneggiarlo. E, in realtà, la Goodwin non era in grado nemmeno di accendere una lavatrice e non poteva certo portarlo ad una lavanderia comune o usufruire di quella magica, disponibile ventiquattro ore su ventiquattro agli studenti di Hogwarts (cosa?esiste? secondo me sì) «te hai qualche idea??» E no, non sperava davvero che Thor le rispondesse, ma tentare non costava nulla. Chissà, magari in una vita precedente era stata una lavandaia e poteva avere degli ottimi consigli da darle.
    "È un cane, non può risponderti" eccola lì, la voce della sua razionalità, a riportarla con i piedi per terra. Nella testa di Jess, quella voce non era mai la propria: la maggior parte delle volte assumeva il tono di Idem, di Scott oppure di Fray, qualche volta quello di Phobos ed ancora meno quello di Nate ed Erin. O quello di Kieran: le faceva male fisicamente, quando sentiva il tono della Sargent come fosse lì al suo fianco, così come ogni volta sentiva un peso sullo stomaco quando osservava un dettaglio che le ricordasse Maeve o Dakota o assisteva a qualcosa che non vedesse l'ora di raccontare a Murphy. Più di un anno, eppure c'erano ancora momenti in cui si dimenticava che fossero scomparsi, catapultati a cento anni di distanza dal loro tempo, e ogni volta che la cruda realtà le tornava alla mente, faceva male come la prima volta in cui si era resa conto di averli persi.
    Invece che risponderle a parole, Thor iniziò ad abbaiare ed accelerò il passo, lasciandosi indietro una Jess confusa e sorpresa: non aveva mai - e dico, mai - portato quel cane a guinzaglio (così come non l'aveva mai definito suo: così come Loki, Thor era uno spirito libero e più che cane da compagnia, era un suo amico) ma di solito avevano sempre camminato uno accanto all'altro. Quell'improvviso cambiamento poteva significare una sola cosa: la stava portando in una lavanderia magica clandestina!!& Oppure conosceva qualcuno in grado di lavare il mantello e non fare domanda, non aveva dubbi!! Così, naturalmente, la ragazza iniziò a correre per stargli dietro e non perderlo di vista ma, girato l'angolo, non si ritrovò davanti la situazione che si era aspettata. «non è una lavanderia» non era una lavanderia.
    Andare ad aiutare Arabells Dallaire a soccorrere un corpo ferito sul margine della strada non era certo il modo in cui si era immaginata quel pomeriggio di libertà, uno dei rarissimi che la ragazza aveva a disposizione, ma insomma: non avrebbe mai e poi mai girato la testa dall'altra parte e fatto finta di nulla, davanti ad una scena simile. Poteva tranquillamente esserci lei, al posto di quel ragazzo. O peggio, la ragazza sapeva che, se fosse stata scoperta, non se la sarebbe certo cavata soltanto con qualche ferita. «QUALCUNO HA INTENZIONE DI MUOVERE IL CULO?» Al suo slancio a partecipare aveva contribuito anche il fatto che Bells sembrasse sul punto di uccidere tutti quanti? Ovviamente sì. Si avvicinò a loro, per poi chinarsi a terra ed osservare da vicino la ferita del ragazzo. C'era troppo sangue, per i suoi gusti «dimmi cosa posso fare per aiutarlo» Non poteva lanciare incantesimi, non aveva il potere di guarigione: si sentiva completamente inutile. Aveva una sola abilità a sua disposizione, e se Bells le avesse dato direttive precise, forse sarebbe servita a qualcosa «devo andare a prendere dell'acqua? Delle bende?? O andare a chiamare un medico??» Le serviva solamente il via : poteva mandare sue copie ovunque a reperire il materiale necessario. Era rischioso usare i propri poteri in pubblico? Ovviamente sì, ma se fosse stato necessario avrebbe corso il rischio senza pensarci due volte. E poi, sarebbe bastato stare attenti e non dare nell'occhio, no? Ci sperava. Se le cose si fossero messe male, avrebbe comunque potuto iniziare a correre. E poi, aveva la faccia di un'altra, no???? Più o meno era al sicuro. Molto meno che più.
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    In quell’istante, Arabells Dallaire si sentì spiritualmente affine a Thanos (beh? Poteva anche non essere una nerd, ma avrebbe dovuto essere di nuovo cieca, e sorda, per non conoscere la Marvel): se avesse potuto eliminare metà della popolazione con uno schiocco di dita come il collega alieno, sti cazzi se non l’avrebbe fatto. Non era il genere di ragazza che odiava il popolo a mani basse, ma c’erano periodi in cui la sua passiva misantropia drizzava il capo, e la costringeva a concentrare anni ed anni di cinismo in un’unica, estrema, soluzione: ṖƱĿĪZĪᗩ ƐƬᑎĪƇᗩ. Inspirò dalle narici e socchiuse le palpebre, le dita a sollevare professionali la camicia del ragazzino per cercare la tipologia di ferita. Imprecava a bassa voce fra sé e sé, la Dallaire, mescolando inglese e francese in un #frenchish di classe che ben s’adattava al viso ovale ed i grandi occhi chiari (pareva tutto meno volgare e più elegante, se detto in francese) quando una ragazza si approcciò a loro. Non aveva idea di chi fosse, ed a malapena si diede il tempo di lanciarle una poco amichevole occhiata di sottecchi, prima di tornare con lo sguardo sul suo paziente. Il fatto che non indossasse il camice, e che nello specifico quello non fosse il suo ambito di competenza dato ch’era specializzata in ortopedia, non significava che non potesse svolgere del banale primo soccorso – quel ragazzino ce l’avrebbe lanciato, al San Mungo. «devo andare a prendere dell'acqua? Delle bende?? O andare a chiamare un medico??» Arricciò frustrata il naso, un sopracciglio corvino sollevato verso la ragazza chinata di fronte a lei. «direi che sarebbe il minimo» come tutti i medici che si rispettassero, non aveva tempo per gentilezza e diplomazia. «il doc non ci serve, dobbiamo portarlo in ospedale» fece guizzare gli occhi dalla ferita del ragazzo, all’espressione improvvisamente terrorizzata di quest’ultimo, congedando ogni protesta con un secco dito alle labbra. «una…ferita da arma da fuoco?» il dubbio s’insinuò nella voce della Dallaire, la lingua strizzata fra i denti. Strano, solitamente chi s’impelagava con gli special, non era interessato al mondo babbano – e, di conseguenza, alle armi da loro usate. Il boom (letterale. Haha ha.) dei cacciatori a Brecon aveva fatto che sì che taluni ampliassero i propri orizzonti, ma perché prendersela a caso con un ragazzino? L’avevano forse usato come bersaglio? E noi fingiamo che nel mentre Angie sia andata e tornata, così posso scrivere che dopo un paio (quali? Mistero) d’incantesimi curativi, e dopo aver lasciato alla ragazza l’onere ed onore di pulire la ferita, avesse applicato le bende sulla ferita al ventre del bimbetto. Guardò l’ora sull’orologio che non aveva, sospirando nell’adocchiare la bici abbandonata poco distante. «se vuoi venire al san mungo con noi, ti offro un caffè» alle macchinette, ma quello non lo disse perché avrebbe tolto tutto l’appeal alla proposta. Cosa? se voleva che mentre lei aiutava Ragazzino, l’altra le portasse la bici? Forse, ma anche «prendilo come ringraziamento per essere un semi decente essere umano» thumb up ed occhiolino alla fanciulla per ammortizzare l’amarezza della frase, l’ironia a gocciolare densa dal sorriso appena accennato sulle labbra.
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    Cercava sempre di non dar peso alla situazione in cui viveva ogni giorno.
    Di sminuirla, di far finta che fosse normale.
    Era costretta ad uscire di casa indossando il mantello dell'invisibilità, o doversi bere la pozione polisucco prima di farlo così da aver modo di esser presente tra le persone, ma sempre ben attenta a non dimenticare di portar con sè una piccola dose così da non rischiare di cambiare aspetto all'improvviso per strada.
    Era un fantasma, e per quanto avesse sempre scherzato a riguardo, il suo approccio alla situazione non ne cambiava la sostanza: jessalyn goodwin non esisteva. Non per il governo, non per la società, non per la sua famiglia biologica: come poteva trovare il coraggio di approcciarsi ai suoi fratelli e rivelar loro la verità, quando nel farlo li avrebbe messi a rischio?
    Aveva sempre cercato di non dar peso alla sua condizione, ad affrontare tutto con il sorriso, e per anni era riuscita a farlo senza alcun problema: come poteva del resto mancarle una vita prima di quella, se non ne aveva il ricordo? Fino a che non aveva deciso di chieder aiuto a Fray per recuperare i ricordi, l'esser una fuorilegge era stata la sua normalità, l'unica vita che avesse mai conosciuto. La resistenza, il vivere nell'ombra, il non poter uscire di casa senza il rischio di venir arrestata: la prassi. Per anni, non ci aveva trovato nulla di strano: erano gli altri i diversi, loro quelli normali. Poi però aveva riacquistato i suoi ricordi, e si ritrovava in strada a medicare le ferite di un ragazzino colpito da un'arma da fuoco, e non poteva fare a meno di chiedersi cosa, di preciso, avessero fatto di male per meritarsi tutto quello: lei, nate, erin, quello special abbandonato sul bordo della strada.
    Cercava di ignorare la cruda realtà dei fatti, Jessalyn Goodwin, e di concentrarsi solo sul lato positivo delle cose - che di belle, nella sua vita, ce n'erano davvero tante - ma in momenti come quelli non poteva far a meno di pensare a tutto ciò che, normalmente, non considerava. Che aveva troppa paura, per farlo. Perchè mentre aiutava Bells, tamponando il sangue delle ferite del ragazzo a terra, non poteva far a meno di pensare al fatto che lì su quel marciapiede avrebbe potuto tranquillamente trovarsi Nate, e che di persone come Arabells Dallaire, disposte ad intervenire e fare il possibile per aiutare, in quel mondo ce n'erano davvero poche: quanti erano passati lì davanti senza far nulla, prima dell'intervento della ragazza? Era l'indifferenza generale delle persone, a terrorizzarla. «se vuoi venire al san mungo con noi, ti offro un caffè» MA CHE CARINA!!! Chissà come aveva fatto, quando andava ancora a scuola, a non aver avuto una cotta per lei almeno per un po' - che piccola ingenua che era la jess tredicenne, era stata abbagliata prima da Jeremy e poi da Arci per dar a Bells le attenzioni che meritava #cos «volentieri!!» insomma 1) le interessavano sinceramente le condizioni del povero ragazzino e 2) un caffè offerto non si rifiuta mai. «prendilo come ringraziamento per essere un semi decente essere umano» AWWWW MA SI STAVA EMOZIONANDO!! Le dispiaceva solo non poter star troppo, visto che secondo i suoi calcoli, l'effetto della polisucco sarebbe durato ancora una mezz'oretta al massimo, e soprattutto probabilmente... «arriveranno funzionari del ministero?» nonostante l'aspetto da Angie, non era certo intenzionata a ritrovarsi in una stanza piena di mangiamorte «scommetto che troveranno un modo per dar la colpa a lui per ciò che gli è successo» era all'ordine del giorno, e si sarebbe quasi stupita se fosse accaduto il contrario «probabilmente non apriranno neppure un'indagine» ed era uno special dichiarato: per quelli come lei o nate, era piuttosto certa che avrebbero buttato i corpi in un fosso senza neppure prendersi la briga di dargli le dovute cure mediche in ospedale «che merda»
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    «arriveranno funzionari del ministero?» Ruotò il capo verso l’alto, corrugando le sopracciglia nell’incontrare lo sguardo scuro della ragazza. Non ricordava di averla mai vista in giro, e più parlava più s’insinuava in Arabells l’idea che si trattasse di una forestiera. Era l’unica spiegazione possibile, agli occhi della Dallaire, sul perché si ponesse domande del genere: da quando i Ministeriali muovevano il culo per una faccenda così…così inutile? Triste, vero, ma assolutamente reale. L’unico ministeriale a cui sarebbe effettivamente interessato, e che infatti avrebbe informato il prima possibile – d’altronde, una volta smollato il ragazzino al San Mungo, non sarebbe più stato un problema suo – era Nathaniel Henderson, ed era abbastanza certa che il tono della ragazza non fosse per soggetti quali Nate: lo adorava come un fratello, ma incutere timore non era una delle sue skills - esattamente come Elijah; doveva essere quello il motivo per il quale l’universo aveva rimediato dando ad entrambi due sorelle quali lei e Jericho che si occupassero della parte paura. «perché, hai qualcosa da nascondere?» domandò ironica, sollevando lenta un angolo delle labbra. Non era realmente interessata a conoscere i segreti della fanciulla, ma non sarebbe stata Arabells Dallaire se non avesse lasciato perlomeno intendere il contrario. Con un delicato movimento della bacchetta, sollevò il corpo del ragazzino così che levitasse a pochi centimetri dal suolo, spostando poi sotto di lui la barella richiamata prima (quando? /prima/) così da poterlo spostare più facilmente. Strinse poi un braccio attorno al ferito, porgendo l’altro alla ragazza perché lo stringesse: materializzarsi era decisamente il modo più veloce per raggiungere l’ospedale – ed il più comodo. «puoi prendere la bicicletta, per favore?» scrollò una ciocca scura dalla fronte, spostando gli occhi chiari dall’uno all’altro dei suoi compagni di avventura rendendosi conto solo in quel momento di non avere assolutamente idea di quale fosse il loro nome: eh, vabbè. «indagine? ministeriali al capezzale del ragazzo?» sbuffò un sorriso amaro, palpebre socchiuse. «più probabile che i grifondoro vincano la coppa di quidditch.» scusa figlia, ti amo ma lo sai come funziona .
    [stacchetto? Stacchetto!]
    Lasciato il ragazzo in sala d’attesa, e mandato un rapido sicarius affatto preoccupante o ambiguo all’Henderson («ehi nate, sono la tua dallaire preferita; uno dei tuo ragazzi è in ospedale, indovina quale»), indicò alla ragazza le macchinette del caffè poco distanti, così che non perdessero di vista il loro piccolo criminale di fiducia. «è buonissimo, fidati» gran cazzata; raramente la Dallaire aveva bevuto qualcosa di peggiore, ma non vedeva perché preparare la ragazza a quell’incubo liquido quando, di lì a poco, l’avrebbe scoperto da sé nel peggiore dei modi – bevendolo. Sorrise, perché l’ombra del sorriso bieco raramente lasciava le labbra sottili della giocatrice di Quidditch, lanciando un’occhiata di sottecchi alla sua interlocutrice. «che mondo allegro, uh» lo sguardo a saettare dall’infortunato alla ragazza, soffermandosi poi su quest’ultima. «adoro le persone» le porse il bicchiere di plastica contenente il (falso) caffè, offrendole poi ufficialmente la mano. «lies» si presentò diplomatica, studiandola qualche secondo a palpebre socchiuse. «sei nuova di queste parti?»
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