«questa -» l’urto contro la porta a riverberare dalla spalla al resto del corpo, i denti digrignati ed un ringhio a vibrare in gola ad ogni, futile, colpo. «cazzo - merda.» un inutile calcio karmico alla porta in questione, rea di essere l’unico fottuto ostacolo ad impedirle di seguire quel deficiente di Nathaniel. Non solo non sentiva più la sua voce, di per sé surreale considerando che l’Henderson amava far prendere aria alla propria bocca, ma non riusciva a sentirne i pensieri: era uscito dal suo campo telepatico, il che poteva significare solo una cosa. Era stato così stupido - così stupido - da proseguire senza di loro. Finse, in ogni pugno ed ogni sfera pokè scagliata con ira contro la superficie lignea, di non sentirsi la bambina che ogni giorno, ed ogni notte, si era rannicchiata sul porticato dei Lowell in attesa del ritorno di suo fratello; Jericho Karma Lowell aveva lottato duramente per staccarsi dall’ombra di una se stessa dedita alle coroncine di fiori, ed alla vana speranza di contare un cazzo di qualcosa senza dover far nulla, in quel mondo. L’aveva imparato presto, ed in uno dei modi peggiori, che per avere importanza nella vita delle persone, dovevi guadagnartelo: ed all’affetto, Jericho aveva sempre preferito il terrore ed il sangue. Si vergognava troppo della patetica, triste, Jecho con le ginocchia al petto ed il mento fra le mani, per permettersi di sentirsi ancora in quel modo: vaffanculo, Nathaniel. «vaffanculo, nathaniel» Non era riuscita a sedersi attendendo che la fottuta porta decidesse di rendersi conto di avere un solo lavoro, nella sua CAZZO DI VITA DA PORTA, misurando la stanza a grandi passi ed agitando la pokèball con Minkia nel palmo fino ad essere abbastanza certa di averlo frullato come dell’ottimo sashimi; non si era sentita solidale ai grugniti di un falso badass Milkobitch, ad ormai tanto così (così) dal fare la fine del Barrow e finire anche lui nella palla rosso-bianca, e non aveva aggiunto le proprie opinioni in merito alle teorie complottiste di Willow: non aveva tempo per loro, Jericho. Doveva Fottutamente Uscire. Non si fidava di Hogwarts. Non si fidava degli AU, non si fidava di una cazzo di missione con magiche clessidre colorate, non si fidava di porte che si sigillavano senza motivo apparente, non si fidava di Nathaniel: non sapeva cosa ci fosse aldilà del suo nuovo Nemico Pubblico, ma non aveva importanza. La statistica insegnava che potesse esserci solo merda peggiore, ed essere esclusa la faceva sentire - vulnerabile - l’ultima scelta per formare una squadra di quidditch amichevole alle furono lezioni di volo. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da che Nathaniel Henderson aveva varcato quella soglia, a quando infine i cardini ruotarono su loro stessi permettendole di passare; non sapeva quanti minuti, ore, pianti fossero scivolati da quando la pokèball s’era aperta, e con immenso disappunto di Jericho, Minkia Barrow s’era dileguato nel nulla assieme al suo amico. Di certo Non aveva idea Di quanto tutto fosse andato a puttane, quando entrando in scivolata in una stanza greve di sangue e lamenti, dei cazzo di paletti di roccia l’avevano trafitta. Trattenne il fiato in un ruggito basso, l’adrenalina ad impedirle di percepire quel dolore: era stato il resto, a bloccarla con il cuore in gola, e le mani aperte impotenti di fronte a sé. Sangue. Grida. Pianti. «gemes?» Jay. Dakota. Darden. Occhi spalancati, quelli della telepata; due pozze zaffiro circondate da alone cremisi, bocca dischiusa in sorpresa nell’incrociare lo sguardo della Larson. Come non fosse passato un giorno - come si trovassero ancora al laser tag, con la sua mano sulla spalla e le labbra premute sulle proprie. Non ebbe tempo di schermare le proprie emozioni, trasparenti sul viso ovale e delicato, perché Dio, era così bella. Il battito di cuore successivo: «nathaniel» strappò fisicamente l’attenzione da una Darden che le sembrava di non vedere da tutta una vita, perché per quanto – non intenzionalmente. – le fosse mancata, e per quanto – del tutto volontariamente – volesse lanciarle uno shuriken al centro della fronte, suo fratello era sparito da una mistica porta che s’era chiusa ermeticamente alle sue spalle, ed era stato lanciato in quella che pareva a tutti gli effetti la cerimonia d’apertura di una macelleria. «nate?» Quella macchietta…scura? Aveva forse i vestiti di – Nate? Forse. Non riusciva a isolarlo, a raggiungerlo telepaticamente, troppo impegnata a creare mura oltre le quali gli strilli degli altri non potessero avanzare: che fottuto senso di deja vu. «ma cosa cazzo avete -» …Marcus? Impossibile. Assurdo anche solo il pensiero. Non poteva essere Marcus Howl, quella testa bionda sul quale Mitchell Winston era ancora chinato. Improbabile. Marcus era sicuramente…in prima fila…da…qualche parte? Non voleva credere fosse lui, Jericho - non poteva. Perché uccidere, era la cosa più facile del mondo. Eppure ancora, la sicario telepata, la morte non la capiva. In che anno siamo Abbadon ?? kinda ship e----eee niente, bye vasilov. Io non sono un mago. Ci si becca. … …. «fatto?» di nuovo padrona della propria bocca, concluse l’interrogativo con denso dubbio e lecita confusione. Quando tornò a guardare Nate, una sola rapida occhiata ad assicurarsi che Darden ci fosse ancora, stava quasi una meraviglia, segno che qualche guaritore fosse passato mentr’ella era distratta. Bene. «SEI PROPRIO UN COGLIONE» con un calcio al costato da 30+30 pa. E Jericho out: non aveva intenzione di dare alcun fottuto bentornato, la Lowell. Perchè i morti, perchè i feriti, perchè io non sono un mago, erano solo colpa loro.
«prima che tu-» nope. Chiuse la porta in faccia a Darden Larson senza darle tempo di concludere quella ch’era certa, sicura, sarebbe stata in ogni caso una cazzata. L’ex Grifondoro non aveva alcuna intenzione di sentire altre stronzate su come, quel viaggio nel tempo, fosse stato inevitabile, e su come il far west facesse skifo: le erano bastati cinque (5) minuti di conversazione a senso unico con il suo ex cugino preferito (chiaro avesse perso il suo status privilegiato; mica era la caritas, jericho) per decidere che - nope. Li odiava ancora. Darden, più degli altri. Con che coraggio, si presentava lì? Dopo essere sparita per quasi due anni senza alcuna spiegazione se non Destino TM. Mica erano a dragon ball, lì (anche se avevano crili #ciao cj). «posso stare qui fino a domani, lo sai vero?» cAZZI tUOi. Non le importava di essere infantile, irrazionale, stupida - voleva concedersi d’esserlo, la Lowell. Voleva convincersi di averne diritto, perchè accettare che tutti loro fossero da sempre pedine d’un gioco più grande, era umiliante e fottutamente seccante. Senza poter far ricadere la colpa su di loro, senza un capro espiatorio sul quale vomitare la propria rabbia, e l’ingiustizia ed il vaffanculo, non avrebbe saputo cosa fare. Chi essere. Era troppo cocciuta, per cedere al raziocinio sull’istinto. «ci si becca tra un po’, lowell» Pure. Rimase a fissare la porta a braccia incrociate, sopracciglia corrugate e sguardo ferino a penetrare oltre il legno direttamente nella nuca della Larson. How dare you assume che apRIRò LA PORTA; anche se fosse stata tentata (ma quando mai! sempre) di farlo, Den avrebbe dovuto sapere che con un’uscita del genere, le probabilità che in concreto lo facesse, calavano a picco: l’orgoglio e la testardaggine erano I tratti che l’avevano costretta a portare per anni le vesti dei Grifondoro, dopotutto. Jericho era ben addestrata (da tutte le volte in cui la stessa sorte era toccata a Nathaniel) a non cedere, e non aprire le porte: anche se la Larson fosse rimasta lì mesi interi, Jericho avrebbe potuto uscire di casa (dal camino? Dalla finestra? Scegli un buco #mlml) diventando invisibile: problema risolto. Ma perchè avrebbe dovuto. Dopo minuti interi passati ad osservare la porta quasi fosse stata fautrice del suo triste destino, Jericho girò sui tacchi tornando in camera. Si ficcò le cuffie nelle orecchie così da non dover sentire nè la voce di Darden, nè I jEEERiChOOOOOOOOOOOO c’è la tua ragazza!!!!&& di Eugene Jackson, che un giorno – con quel comportamento sconsiderato – avrebbe lasciato orfano di padre Uran. Quattro ore e cinque playlist sad dopo, la Lowell sbirciava dalle finestre. Ancora lì. ma che testa di cazzo. Digrignò i denti, inviperita nella sua tenuta casa (una maglia ACCURATAMENTE!!! NON DI DARDEN!!! credeva che le arrivava al ginocchio); con i capelli legati ad cazzum, nel suo neanche metro e sessanta d’ira era davvero poco credibile. Si prese cinque (5) secondi per sistemarsi I capelli (Just in case #cosa) prima di decidersi infine, catenella assicurata alla porta così da lasciare disponibili solo pochi centimetri, ad aprirle. Le puntò addosso un occhio solo, studiandola a palpebre assottigliate e cuore in gola. «ma non ce l’hai una vita?» | | 20 y.o. 15.02.1999 | telepathy /wizard/ | death eater chaotic evil |
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