These city walls never knew that we'd make it this far

[post quest #09 - londra] gwen + vin

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    «una di voi può prendere la stanza matrimoniale» Non aveva mai considerato quella casa grande, ma all'idea di doverci vivere da sola le era sembrata improvvisamente enorme: troppe stanze, troppi spazi inutili. Quando, più di un anno e mezzo prima, l'aveva abbandonata, mai avrebbe pensato che ritornare lì dentro le avrebbe fatto quell'effetto: si era abituata al rumore, gwendolyn markley. Ad una quotidianità fatta dagli urli casuali ad ogni ora del giorno di tooth, dal profumo di cornetti appena sfornati di prima mattina da arci, dall'attender il ritorno di Aidan da un momento all'altro (raro) e quello di sandy (a giorni alterni), dalla presenza costante di jay sul loro divano e dalle partite a carte ad ogni ora del giorno. Già le mancava, la famiglia simmons: erano state tante, troppe, le volte in cui aveva soltanto desiderato un modo per tornare a casa, lì dal resto dei parenti e degli amici che erano stati costretti ad abbandonare contro la loro volontà. Ma c’erano stati momenti in cui aveva sentito le speranze allontanarsi, e la possibilità di tornare a casa sempre più lontana: si era quasi rassegnata a quell’idea, gwendolyn.
    E avrebbe preferito rimanere nel far west per sempre se ciò avesse salvato tutte quelle persone. Cos’era del resto una vita fatta di giornate in chiesa, campi di barbabietole e caviglie scoperte a destare scandalo in confronto a quello? Una fottutissima passeggiata. «l’altra la mia, è un po’ più piccola ma il letto è più comodo» ricordava bene quando era andata con i markley a comprare il materasso, il suo primo anno lì: era abituata alla vita in accademia, dove tutto era standard e non si potevano avere molte esigenze. Il giorno in cui la sua famiglia adottiva l’aveva portata per negozi a scegliere i mobili per arredare la sua stanza? Era stato sicuramente uno dei più significativi della sua adolescenza. «domani..» dubitava che una di loro avrebbe avuto le forze di farlo, ma era bello illudersi del contrario almeno per un attimo. Illudersi che tutto fosse tornato alla normalità «..possiamo andare a comprare un po’ di cose per arredarle, renderle vostre» non sapeva se quella soluzione sarebbe stata a lungo termine, non sapeva se le ragazze volevano rimanere lì: ciò che sapeva era che in quel momento avevano bisogno di un posto dove stare, e gwen aveva ben volentieri offerto loro di tornare a casa con lei. Per gentilezza e senso del dovere, certo, ma anche per un po’ di quell’egoismo che tanto criticava ad aidan, ma che in realtà in parte aveva ereditato: la ragazza non voleva rimanere da sola, e desiderava tenere vicino a sé bucky e melvin perché erano di famiglia.
    E satana solo sapeva quanto avesse bisogno di tenersi stretta la sua famiglia in quel momento, gwendolyn markley. «il bagno è lì» indicò la prima porta del corridoio che collegava la sala alle stanze, consapevole che in quel momento una bella doccia era necessaria: lavava via il sangue oramai secco sulla pelle, dava la possibilità di piangere indisturbati. «dovrebbero esserci degli asciugamani nel mobile sotto il lavandino» forse? non sapeva cosa avessero lasciato e cosa si fossero portati dietro i markley prima di andar via «prendete quello che volete, come se foste a casa vostra» per gwen lo era già diventata.
    E, in un certo senso, lì dentro si sentiva un'estranea quasi quanto dovevano sentirsi le altre due: si era abituata a considerare casa quella dei simmons, e sapeva che ci avrebbe messo del tempo a riabituarsi a vivere in quell'appartamento, troppo moderno per i suoi gusti, troppo diverso da ciò a cui, in quell'anno e mezzo, aveva imparato a considerare normale.
    Ma di normale, ormai, non c'era più nulla: non quando aveva visto i corpi senza vita di Erin, Floyd, Barry, Raph, Jess, Stiles, Raph, Swing e Marcus senza avere il tempo di far niente per aiutarli.
    Quando, da un momento all’altro, erano morti: come poteva tornare alla normalità, dopo un evento simile? Pensava di aver conosciuto la più alta forma di dolore più di un anno prima, quando durante il combattimento nell’au aveva visto cadere a terra il cadavere di Jeremy, le lacrime di dolore di Frankie sul corpo ormai senza vita di gwen. Si era illusa che, quell’evento, le sarebbe bastato per una vita intera: ancora rivedeva i loro volti nei sogni, a volte. Ma evidentemente quelle morti non l’avevano toccata davvero, non quando le loro: era stata spettatrice del lutto altrui quel giorno di aprile, gwendolyn markley. Perché quei corpi, quelle grida, quelle lacrime avevano tutto un altro sapore: era rimasta paralizzata, anche quando in realtà le era stata ridata la possibilità di muoversi.
    Ed avrebbe voluto fare di più, gwendolyn: avvicinarsi a barbie e fargli capire che lei era lì, lì per lui, quando avesse smesso di odiarla. E che era pronta ad accettarlo, se mai avesse deciso di farlo per sempre. Andare da scott e stringerlo in un abbraccio, dirgli all’infinito che non era colpa sua, perché aveva il terrore che il ragazzo avrebbe odiato sé stesso per non essere lì con la sorella al momento della sua morte. Ma rimase ferma sul posto, incapace di far qualcosa per aiutarli e con la paura di risultare di troppo anche solo a fare un passo avanti: che poteva fare del resto? non era stata in grado di salvarli ed tutto il resto contava ben poco.
    Non aveva avuto la possibilità di dire ad erin che finalmente aveva rivelato a arci e aidan che veniva dal futuro ed era figlia loro, e che jay era stato quello più entusiasta della notizia. Che era certa l’avrebbe preso bene, il fatto di avere due figli come i chipmunks. Che era impossibile anche solo pensare il contrario
    Non aveva avuto il tempo di dire a barry quanto fosse mancato ai freaks e di tutte quelle volte in cui sandy aveva ripetuto il suo nome nel sonno - con tanto di insulti poco carini, ma era la parte che aveva deciso di censurare. Di far entrare Raph nell’occult club, dato che in quei mesi lì nel far west si era rivelato un promettente satanista e di far vedere a floyd una telenovela spagnola così da fargli capire finalmente perché ogni volta che parlava gwen si aspettava in sottofondo una musica drammatica e rimaneva sorpresa ogni volta che non arrivava.
    Voleva bene a tutti loro, gwendolyn markley.
    E sapeva che ci sarebbe voluto ben più di qualche dose di erba e un bel po’ di alcol per riempire il vuoto che la loro scomparsa aveva lasciato in lei.

    «da voi a scuola si insegnava divinazione?» era davvero un peccato che non fosse una materia ad hogwarts, soprattutto quando a settembre anche Toothy avrebbe iniziato a frequentarla, Aidan sarebbe stato lì a ripetere l'anno perso (forse??? le pareva di aver capito così) e Arci avrebbe ripreso il suo lavoro nell'istituto. Non vi dirò che la ragazza si sentiva già un po' tagliata fuori dalla famiglia ma..si sentiva già un po' tagliata fuori dalla famiglia. Sarebbe stato bello stare lì con loro tra i corridoi della scuola, ma nessuna dei posti da assistente disponibili sembravano fare al caso suo: pozioni era escluso perchè, per quanto allettante fosse, avrebbe passato tutto il tempo ad osservare la bellezza di anjelika queen. Forse quello di arti oscure? Meh, le piaceva ma non si era mai applicata in classe quindi dubitava che qualche professore avrebbe accolto una capra in materia come lei per insegnare agli studenti. «è un po' razzista che venga snobbata così» ma del resto tutto il loro governo era basato sul razzismo, di che si stupiva: immaginava dovesse esser difficile per melvin trovarsi catapultata in quella realtà, quando era nata e cresciuta in un mondo ormai privo di discriminazioni (dai, dopo cent'anni l'umanità non aveva smesso di esser stronza??) «sai cosa ci servirebbe?» non si attivava spesso l'unico neurone nel cervello della ventenne, ma quando lo faceva lavorava davvero bene! «una scuola di divinazione!!& Per tutti quelli che hanno la vista, ma anche per chi vuole semplicemente imparare a leggere le carte» lì, seduta sul divano di casa con un mazzo di tarocchi sul tavolino in cristallo e una lettura in corso, le sembrò un'idea eccezionale. Così avrebbe avuto qualcosa da fare, meglio che passare il giorno a rimettersi in pari con il trash che si era persa in quei mesi o ore ad allenarsi. «sarebbe proprio utile» per occupare il tempo, per smetterla di pensare in ogni momento a tutti quelli che avevano perso. E poi, non avrebbe mai e poi mai pensato fosse possibile ma le mancavano i bambini. Perchè, per quanto li avesse ritenuti insopportabili ed erano state più le volte in cui li aveva mandati a rotolarsi nel fango piuttosto che nella chiesa a fare (fake)lezione di catechismo, a quei marmocchi si era affezionata.
    E li aveva persi tutti quanti
    «che ne pensi???» doveva un attimo capire se era una cavolata o meno «magari poi facciamo anche letture varie» delle carte, dalle tazzine di caffè «per guadagnare qualcosa» stranamente non erano ancora povere, dato che i markley avevano mandato a gwen una bella somma quando avevano scoperto che era tornata direttamente dal mondo dei morti, ma di certo quel gruzzolo non sarebbe durato per sempre: doveva pur trovare un modo per non far mancar nulla in quella casa, gwendolyn.
    Soprattutto quando aveva due cugine (discendente, cugina, same thing) sotto la sua responsabilità ed un figlio sdentato a cui non voleva far mancare nulla.
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    Vuota. Melvin Diesel si sentiva vuota, nel seguire Gwen attraverso un appartamento estraneo che già sapeva di casa, gli occhi verdi a posarsi sui mobili ed il panorama fuori dalla finestra. Aveva assorbito il dolore, e la rabbia, ed ancora dolore ed ancora rabbia fino a non sapere più dove finissero le sue emozioni ed iniziassero quelle degli altri, sciolta in lacrime che avevano il sapore di ventidue morti, e centinaia di storie diverse prive di fine: che chiedere lieto fine, oramai lo sapeva, sarebbe stato troppo – ma non avevano neanche una mera conclusione, quelle fiabe moderne lì.
    Ed era assurdo, vero? Non aveva alcun senso, perché le anime gemelle non era previsto venissero separate: e quindi Melvin ancora, ed ancora ed ancora, aspettava che Callie spuntasse alle sue spalle indicandole l’attaccapanni all’entrata con un sospiro ammirato, perché era un banalissimo attaccapanni ma era del duemiladiciannove, e Vin sapeva che la Jackson l’avrebbe trovato strabiliante: dove la Diesel vedeva del buono in tutto, Calliope aveva il dono di vedere del meraviglioso ovunque posasse lo sguardo – e di renderlo bello agli occhi di tutti, perché lei riusciva a renderlo speciale. L’aveva fatto anche con Melvin, l’ennesima ragazza cresciuta in un mondo perfetto in modo imperfetto, la macchia di un sistema che si sforzava d’essere eccellente e che d’eccellenza aveva solo la capacità di fingere: la bionda veniva amata da tutti in tempi ristretti, un timer scandito a battiti di cuore e buste di denaro fatte scivolare fra le dita, ed il fatto che per tutta la vita, tutta la nuova vita, se lo fosse fatto bastare, non significava che per il suo futuro non avesse voluto di più. E sapeva, sapeva, di non essere sola, ma – nessuno di loro era Callie, e per nessuno di loro Melvin era speciale. Qualcuno avrebbe detto una seccatura, altri un passatempo, e per quanto affermazioni del genere risedevano nell’affetto, era comunque diverso dal genuino entusiasmo ingenuo, e così buono della fotocineta. Non la prima a vedere qualcosa di salvabile nella Diesel, ma la prima a mostrarglielo senza ritrosie: fiducia e gioia raramente erano andate a braccetto con l’empatica, lasciandola a fischiettare la propria euforia senza darle alcun motivo concreto per farlo. Mai Melvin aveva creduto che l’universo la odiasse; mai, neanche quando si presentava a casa di Jamie con più lividi che pelle intatta, neanche quando le mani dell’ennesimo uomo senza nome le strizzavano la gola fino a non lasciarle ossigeno, sputandola poi fuori casa con soldi sporchi e trucco sciolto. Credeva invero che l’amasse, e che quello fosse il suo modo, il suo mondo, per dimostrarglielo: che poteva incassare e sopravvivere; che poteva rendere felice qualcuno, anche solo per pochi minuti, e poco importava che la sua presenza contasse poco o nulla. Che potesse fare la differenza, nella vita d’ombra di se stessa a cui era stata costretta dalle circostanze: tutti regali, per Melvin. Ottimista sarebbe stato un eufemismo; nessuno comprendeva perché, o come, Melvin Diesel fosse così - ma come lo si diceva, a qualcuno, che si trattava di sopravvivenza portata in extremis. Che senza il proprio sorriso, non sarebbero bastate né lacrime né sangue a colmare il vuoto nel costato, a convincerla che valesse la pena aprire gli occhi un altro giorno, e riprovarci ancora. Si consolava con il meno di niente, era felice con il nulla - ed andava bene così, a Vin.
    Ma quello - quello era stato inaspettato.
    Callie. Tokyo. Shot. Barry. Jason.
    Yoann. Murphy. Kieran. William. Akelei. Dakota.
    Quelle grida silenziose le aveva sentite tutte, assorbite ed amplificate, divenendo il diapason del pianto a mescolarsi al sangue. Di tutti, ma di loro un po’ di più – perché c’erano anche le lacrime di Vin, con loro. Dopo aver perso tutta la sua famiglia, s’era decisa a non credere alla morte: doveva essere solo uno scherzo, un colpo che toglieva il fiato una, una, volta giusto per testimoniare la propria esistenza, e poi ti lasciava in pace fino a che non fosse giunta, ad una veneranda età che avesse permesso di vedere tutto il mondo, l’ora di dire addio. Non importava che sapesse chiunque potesse morire, ed in qualunque momento: logica e Melvin Diesel non erano mai andate d’accordo, nell’aggrapparsi costante al Fato della seconda. Gli altri potevano morire – i suoi amici, no.
    I suoi amici, no.
    Glielo dovevano, di vivere. Glielo dovevano, un pagamento per aver perso così tanto, ed in così poco tempo: non era previsto la lasciassero sola.
    Perché
    Perché allora, l’avevano fatto comunque?
    E come avevano potuto farlo a Yoann, a Kier e Murphy, a Laurent e William e Akelei e Dakota: fra tutti, Jason Maddox era quello che faticava a comprendere di più, ed altrettanto difficilmente riusciva a perdonare. Non vedeva quanto Dakota lo amasse? Non lo sapeva, quanto aveva bisogno di lui? Ed allora perché, avrebbe voluto domandargli, perché te ne sei andato. L’amore non avrebbe dovuto essere più forte di qualsiasi cosa? Non poteva, né voleva, accettare che potesse non essere abbastanza: aveva bisogno di crederci, Vin. La stessa Vin che aveva supplicato Jamie di fare qualcosa, qualunque cosa, per riportarglieli indietro – la stessa che gli aveva detto di odiarlo, e l’aveva inteso. Non aveva mai provato rabbia a lungo, e di certo l’odio non rientrava nella gamma di emozioni consuete della diciassettenne, ma in quel momento, vibrando di dolore e disperazione e dio, perché? l’aveva odiato sul serio.
    L’unica persona che per anni, per tutta una secondo vita, aveva considerato famiglia. Che potesse risolvere tutto, che non ci fosse nulla d’impossibile per lui: delusa, da lui e da se stessa e da come avete potuto farci questo. Non era scritto nelle stelle; il suo oroscopo non gliel’aveva detto.
    Non era previsto.
    E tremava ancora, Melvin Diesel, nella camicia che qualche studente di Hogwarts le aveva ceduto per coprire il sangue e tenerla al caldo, nel sollevare infine gli occhi smeraldo su Gwendolyn: l’aveva seguita con cieca, e devota, fiducia, aggrappata alla sua vita per udirne il battito contro l’orecchio. Non importava che, in quel momento, non la conoscesse: sapeva l’avrebbe fatto, perché quello sì ch’era destino, e tanto se l’era fatto bastare per stringersi a lei come ne andasse della sua vita. Vuota, svuotata dalle lacrime che aveva pianto su Gamal e Yoann, su un Dakota Wayne dagli occhi disperati e la bocca spalancata, su una Bucky che non aveva idea di chi fosse, ma ch’era così triste da supplicarla, quella stretta.
    Perché le loro sofferenze, le aveva sentite tutte. L’avevano riempita così tanto, ma così tanto, c’era stato inevitabile alla fine scoppiasse rimanendo guscio vacuo e fragile: ed ancora si rifiutava di credere fosse vero.
    Ed ancora, perfino affacciandosi sulla stanza indicata da Gwen, attendeva il bionda, mi stai facendo venire mal di testa di Jaz non appena Vin apriva bocca. Che poi come funzionava, quel non poter neanche salutare? Cos’avevano pensato, prima di passare dall’altra parte? Si erano sentiti soli? Si erano chiesti se qualcuno li amasse? Avevano avuto paura? Non era stato loro concesso neanche di stringere la mano, tenergli compagnia - rassicurarli che tutto sarebbe andato per il meglio.
    Per loro.
    Erano i sopravvissuti, quelli a trascinarsi le cicatrici. Ma salutando, almeno salutando, avrebbero potuto andare avanti. Così – così come ci si aspettava potessero farlo? Nella sua elaborazione del lutto, Melvin s’era intestardita sulla fase della negazione, testardamente convinta che nulla di quanto successo fosse reale, o che fosse spiegabile: magari in quel mondo avevano cessato d’esistere solamente per continuare a farlo in un universo alternativo; magari l’uomo cattivo aveva aperto un altro portale.
    Magari
    Magari stavano solo dormendo.
    «se -» deglutì, insicura per la prima volta in diciassette anni. Umettò le labbra, capo alzato verso Gwen. Le aveva già dato così tanto, che chiederle ancora qualcosa le pareva offensivo, ma - «se vado a farmi la doccia, rimani in bagno a parlare con me?» appena un sussurro, le dita strizzate sul tessuto della camicia. Aveva paura che sarebbe sparita anche lei, se si fosse distratta troppo a lungo.
    «per favore», non voglio rimanere sola.

    «da voi a scuola si insegnava divinazione?» Strinse le labbra fra loro, un’occhiata di sottecchi alla Markley. Avrebbe dovuto dirle subito quanto sarebbe stato un pessimo affare infilarsela in casa: lei, d’informazioni sul futuro, non ne aveva. Inutile, nel piccolo universo che s’era creata in Francia, lontana da tutto il resto. Sapeva tutto sui serial killer, amava la storia, ma il mondo contemporaneo non era mai stato di suo interesse. «sicuro» mentì, incapace d’ammettere che non ne avesse ida, perché lei a scuola non c’era mai andata. Tokyo lo saprebbe. Distolse lo sguardo riportandolo sulle gambe incrociate, la gola a tremare nel tentativo di buttar giù saliva. «sai cosa ci servirebbe?» Certo che lo sapeva: «legalizzare la cocaina!» «una scuola di divinazione!» eeee «unA SCUOLA DI DIVINAZIONE – sì, infatti» Giustappunto quello che stava dicendo. Curvò le labbra verso il basso, sopracciglia così arcuate da creare onde sulla fronte dell’empatica. Barry avrebbe detto legalizzare la cocaina.
    Che ne pensava?
    «penso che….» soppesò la questione tamburellando l’indice sul labbro inferiore. «sia un’idea S T U P E N D A» battè le mani fra loro, un sorriso entusiasta e oh, così Melvin, alla ragazza. Sarebbe stata una cheerleader perfetta, se solo avesse mai frequentato una scuola: di supporto, ci viveva e sopravviveva. «potremmo fare tipo -» un sacrificio di sangue? No, troppo estremo. «- un rito d’iniziazione per accedere alla scuola» solenne, nel drizzare le spalle ed osservare la ragazza. «non tutti sono eletti: il fato non parla con chicchessia» puntò il dito alla fronte indicando il Terzo Occhio, stringendosi poi nelle spalle. «pensi che possiamo ancora leggerlo? Il futuro» la lingua a guizzare sulle labbra, un vibrar di panico nello sterno. «penso che – magari – ce l’ha con noi, no, perché io …» abbassò il tono di voce, sapendo quanto le parole possedessero Potere. «non avevo….previsto….» tutto quel sangue; tutte quelle lacrime; tutti quegli addii incastrati nei denti. «cose.» soffocata, ancora incapace a dirlo ad alta voce. «ed ancora non so quale segreto volessi rivelarmi, prima di -» dillo, Vin. Dillo, tanto lo sai che non è reale.
    Che non è successo
    Davvero davvero.
    «cose
    Perchè poteva anche non essere reale, ma Callie e Tokyo e Jason non erano lì per dirglielo.

    17 y.o.
    02.01.2102
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    neutral
    Neutral good
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    «legalizzare la cocaina!» inutile dirlo: il sesto senso della ragazza non si sbagliava mai. L'aveva capito dal primo momento in cui aveva sentito parlare la bionda, che si sarebbe affezionata a lei. E le erano bastati pochi giorni di convivenza - ma chi vogliamo prendere in giro, poche ore - perchè la sua previsione si avverasse. Non poteva far a meno di volerle più bene ogni volta in cui diceva qualcosa, soprattutto quando faceva uscite come quelle, totalmente fuori contesto ma non per questo meno importanti: se lo sentiva nel kuore, il fatto che condividessero /qualche/ gene (il più importante, quello che determina l'esser adorabilmente inopportune)
    Eppure non poteva evitare di sentirsi in colpa, quando posava lo sguardo sul sorriso della ragazza o ne udiva la risata. Ci vedeva Erin, in quel sorriso, e non poteva fare a meno di si sentiva dannatamente in colpa per non esser stata in grado di far qualcosa per salvarla.
    Erin e Barry,
    Scott, Sersha e Sandy.
    Erano la sua missione, lo erano sempre stati, e la ragazza aveva fottutamente fallito. Come poteva convivere con un peso simile? Non poteva, ed il meglio che potesse sperare era quello di tirare avanti e far il possibile per fingere che andasse tutto bene, almeno davanti agli occhi di Toothy e Vin: si era presa una responsabilità, ed aveva intenzione di comportarsi di conseguenza.
    «penso che….» ci contava un sacco sul suo parere, anche perchè di solito le idee della markley facevano pena: negli anni aveva imparato a non esser (troppo) impulsiva e non buttarsi a capofitto nelle cose senza prima ricevere un feedback positivo da qualcun altro. O meglio, ci provava: inutile dire che le volte in cui faceva le cose di testa propria e senza pensarci troppo superavano comunque di gran lunga quelle in cui si affidava all'opinione altrui «sia un’idea S T U P E N D A»
    «AAAAAAA PERFETTO» Aveva iniziato a battere le mani e saltellare sul posto per l'entusiasmo? Ovviamente sì, per chi l'avete presa. «potremmo fare tipo -» ma le leggeva la mente? pensava che bucky fosse l'unica a poterlo fare «i rosari satanici!» «- un rito d’iniziazione per accedere alla scuola» Ah, effettivamente aveva ancora più senso «....con i rosari satanici» le mancavano, ne voleva preparare di nuovi: circa due anni prima avevano salvato un sacco di gente grazie al potere salito dal basso per grazia dell'onnipotente (ad esempio: sandy non era schiattato male) e nel suo cuore sapeva che se fosse stata più previdente, avrebbe dovuto prepararli e distribuirli anche durante gli scontri al lago nero e forse non ci sarebbero stati corpi da piangere. «non tutti sono eletti: il fato non parla con chicchessia» in questo condivideva a pieno: un dono simile era concesso solo alle persone belle e fighe, come ad esempio loro due o papà arci. «concordo, non è roba da tutti» chissà, come potevano valutare le persone? Affidare tutto al caso lanciando un boomerang magico era un'idea carina ma già usata (vedi: i losers) quindi toccava loro trovare un altro metodo. E, persa a riflettere su come trovare nuovi adepti, la domanda della Diesel la colse alla sprovvista «pensi che possiamo ancora leggerlo? Il futuro» non ci aveva riflettuto su, da quando era tornata nel presente. «penso che – magari – ce l’ha con noi, no, perché io … non avevo….previsto… cose» oh «melvin» improvvisamente le venne l'istinto di abbracciarla, e dire che lei di solito non abbracciava nessuno. Ma come poteva, del resto, non voler bene a quella ragazzina? «fidati di una che ha incasinato le linee temporali più volte di quanto sia decoroso ammettere» insomma: aveva usato in pubblico un cellulare anni ed anni prima che il termine dispositivo elettronico fosse coniato, aveva iniziato giovani anime al culto di satana in una cittadina iper cattolica e detto ai propri genitori ancora adolescenti che avrebbero avuto una figlia (ed era già tanto che si fosse trattenuta dal confessare che in realtà sarebbero state tre) «il tempo non da troppo peso alle nostre azioni, e di certo non agisce per punirci» negli anni, e specialmente negli ultimi tempi, ci aveva riflettuto spesso su prima di arrivare a quella conclusione «agisce di merda e basta, senza guardare in faccia chi siamo o cosa abbiamo fatto» che se fosse stato diversamente, a morire sarebbero state le gwen del mondo e non le erin «quindi penso valga comunque la pena tentare di batterlo al suo stesso gioco, ed anticiparne le prossime mosse» sapeva come molti giudicavano la lettura dei tarocchi o delle foglie del tè una pratica inutile, quasi infantile, ma non le importava: era l'unica arma che aveva a disposizione per contrastare ciò che altrimenti non sarebbe stata in grado di controllare, e spesso neppure era efficace.
    Ma continuare a tentare? Quello sempre
    «lo sai che in realtà vengo dal 2043?» così, giusto per smorzare un po' la tensione #cos
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2 replies since 22/6/2019, 09:49   196 views
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