Three Inches Open

Hyde - Jekyll - Kain

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    Era tutto vero.
    Chelsey Weasley era maggiorenne.
    Da un giorno, per la precisione, ma questo non era importante al momento. Non quando ricordava a stento il proprio nome e i postumi della notte precedente le annebbiavano il cervello privandola di ogni briciolo di energia o forza vitale. Sì, perché il 22 agosto 2019 era stato IL giorno più bello della sua vita, pieno di colpi di scena e sorprese. Se quella fosse stata una mattina qualunque, la Rossa avrebbe spalancato gli occhi al solito orario, precisa e letale come un lancio della Jenkins davanti gli anelli, e sarebbe saltata giù dal letto, mazza in una mano e borsone nell’altra, pronta ad affrontare una nuova giornata fatta di Quidditch e allenamenti – i compiti delle vacanze erano troppo mainstream per il Guardiano di Cuscinopoli – fino a non sentire più le braccia o, più realisticamente, fino a quando il suo stomaco non le suggeriva fosse ora di rientrare a casa per dare tormento ad Hyde e Graffio. Tuttavia, le memorie della sera prima scorrevano vivide dietro le palpebre della Grifondoro, le gambe nude ancora avviluppate al lenzuolino e a una massa informe che, dato il profumo familiare che le pizzicava le narici, aveva tutta l’aria di essere basket case Kain. La musica le rimbombava ancora nelle orecchie, stampandole sul viso uno di quei sorrisi così larghi che non si vedevano da tempo sulle labbra della Grifondoro. Le sarebbe bastato provare un decimo delle emozioni della sera prima per colmare quel vuoto che si portava dietro da due vite. Avrebbe voluto analizzare ogni fotogramma della sua festa di compleanno, momento per momento, imprimendolo nella memoria affinché restasse lì, eterno e immutabile, eppure le immagini si susseguivano sparse, vittime di un flusso di pensieri dirompente. Prima era a casa a soffiare contro Graffio perché aveva deciso che la sua tuta da allenamento fosse la sua nuova cuccia, poi brandiva la sua mazza in volo, ristabilendo l’ordine naturale secondo cui tutte le Chelsey Weasley/Dallaire del mondo e di ogni universo erano battitori e ogni versione di Kain Kellergan era un Cacciatore. Si era sentita nuda senza la sua mazza, senza quel brivido ferino che la spingeva a colpire ogni bolide sempre più forte. Si rivedeva in pista a ballare con gli altri, i corpi vicini e sudati, eppure mossi dallo stesso ritmo incalzante, e l’istante dopo era stesa sul prato, il fiato troppo corto e la testa troppo leggera. Sentiva quasi l’odore del buffet e delle pietanze appena sfornate, così come lo sfrigolio leggero delle candele prima dello spettacolo pirotecnico di Jekyll. Stentava a trattenere il sorriso ogni volta che la mente ritornava a Hyde dietro la consolle, l’espressione deadpan, la morte nel cuore e le dita a scorrere funeree sui dischi, calmando l’atmosfera prima dei botti finali. Se non fosse stata troppo entusiasta, avrebbe potuto pensare che quello del Daniels fosse un tentativo di sabotaggio, ma l’accompagnamento del violino triste di Godric che si sposava perfettamente con le note crackate del CW le fece credere fosse tutto studiato ad hoc, che fosse per lei. Perché quella era la quiete prima della tempesta, prima della Sorpresa con la A - D e tutte le altre lettere maiuscola, ovvero: ARABELLS DALLAIRE. Quella Dallaire!!! Certo, sarebbe stato più epico se fosse uscita dalla torta ricoperta di zuccotti di zucca ma… era lì. Chiamata da Kain? Zio Balthy? DA QUALCUNO!!! solo per augurarle un felice compleanno, lì nel tempio del Quidditch. Ebbene sì, non sarebbe stata una vera festa se i loschi canali di Balthazar Kellergan non avessero contribuito non fosse stata ambientata nel bel mezzo del terreno ovale, lì dove la nazionale inglese si allenava durante i ritiri pre-gare ufficiali. Tutto seguiva il tema di quello sport che portava nel sangue, che aveva ereditato dalla donna che le aveva stretto la mano e che sarebbe stata la sua tutor durante il suo settimo anno e, cosa non meno importante, che l’aveva messa al mondo. E che lo avrebbe fatto di nuovo. Si spera.
    Le lacrime minacciavano di rigarle, ancora, il viso al ricordo di quel momento, all’esatto istante in cui Bells era venuta a conoscenza che Chelsey esistesse. No, non come figlia, ma che fosse lì a respirare la sua stessa aria, che fosse vera davanti a lei. Non aveva avuto il privilegio di avere i suoi genitori a festeggiare con lei, ma le avevano regalato dei momenti con il suo idolo nel giorno per lei più importante, quello in cui sarebbe dovuta diventare adulta e responsabile, quello che tutti aspettano per essere indipendenti e spiegare le ali per volare lontano dal nido, quello che l’aveva riavvicinata, anche se solo per qualche istante, alla sua famiglia.
    Certo, ora che era maggiorenne poteva finalmente compiere magie ovunque e correva il rischio di essere sbattuta fuori casa da un Jack Daniels che non aveva più nessun obbligo nei suoi confronti, ma non era così facile sbarazzarsi di lei, neanche dopo aver decorato casa, da ancora ubriaca, con gli addobbi che era riuscita a salvare dalla festa. C’erano sagome di pluffa e bolidi appese ovunque, anelli in mezzo al soggiorno, scope volanti di cartone in ogni dove e, soprattutto, delle lanterne a forma di boccini che svolazzavano allegramente per casa, in attesa di essere prendere il volo e far realizzare i desideri a loro espressi. Tuttavia, questo a Chelsey non era ancora dato saperlo.
    Si massaggiò le palpebre lentamente, stiracchiandosi come un Graffio quando non vuole che qualcuno occupi il suo divano, prima di liberarsi del braccio di Kain per mettersi a sedere sul bordo del letto. Era ancora intontita quando lo sguardo chiaro si posò sul comodino, la bacchetta che svettava tra i volumi di Quidditch e i suoi anelli. In un impeto di vitalità che non aveva sentito fino a quel momento, scattò in piedi, afferrando la prima cosa che le capitasse tra le mani – probabilmente la camicia del Tassorosso, date le dimensioni -, e spalancò la porta ruggendo un “FRANKLYN, OGGI PROVO A CUCINARLI IO I PANCAKES! CON LA MAGIA!!!”.
    O forse no.


    Just like fire, burning out the way
    If I can light the world up for one day
    Watch this madness, colorful charade
    Just like magic, I'll be flying free

    Rebel | Quidditch | Welsh
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    CHELSEY WEASLEY
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    «sei già sveglio?» Mosse appena il capo in direzione del fratello, riconoscendo di aver percepito la sua presenza ed ammettendo di non volerne essere maggiormente consapevole, continuando ad osservare imperterrito un punto distante sopra i comignoli di Londra. Stava guardando il cielo? Non era un romanzo di Moccia, e Hyde delle stelle non se n’era mai fatto un cazzo; che fosse giorno o notte, a lui non cambiava nulla, il che rendeva tramonto ed alba piuttosto...noiosi ed abitudinari. Guardava proprio il niente, il Capo del Consiglio del Ministero Magico inglese, beandosi di quegli istanti di assoluto vuoto per ricaricare le pile in visione della giornata successiva.
    E quella dopo. E quella dopo ancora. Aveva cessato di essere ottimista sulla propria prossima dipartita quand’era sopravvissuto a meningite, febbre gialla, e complicanze da coronavirus alla giovane età di sei anni; a venti, sapeva che l’unico modo per abbracciare la sua vecchia amica Morte, fosse una paccata dura contro il muro.
    Di testa. Sulle pietre.
    Non alla romana (*di lele), esatto.
    Era già sveglio, Hyde? Forse un giorno Jekyll avrebbe smesso di domandarglielo, con quel sorriso assonnato ed ancora speranzoso di chi voleva la risposta fosse : la verità, come praticamente ogni giorno della sua vita, era che ancora, fosse sveglio. Soffrire d’insonnia sembrava utile quando costruiva piccole catapulte con le quali lanciare Jek, o – nella peggiore delle ipotesi, quando si sentiva davvero magnanimo - da regalare ai bros Bitchinski perché anche loro potessero liberarsi dei fratelli (hashtag: solidarietà); quando il tempo libero era diventato pensa ad un modo per non farli morire tutti, era diventato meno entusiasmante attendere che i giorni si dessero l’un l’altro il cambio. «è stata una festa bellissima, vero?» Jekyll Crane Winston sapeva benissimo che Hyde non avesse voglia di parlare. Pur sapendolo, la sua vita era sempre stato un costante sfidare le forze del destino - provarci comunque, anche con gli scarsi risultati di minacce su minacce da parte del minore. Era la qualità migliore di Jek, quella di non sapersi arrendere.
    Anche la più estenuante, ma solamente perché il target era, di base, lui. «cioè, proprio fikissima, no?? poi il pezzaccio dj, minchia bro paura» Hyde e Jekyll, leggasi anche wikipedia e netlog: two kind of internet. Avvolse le labbra attorno al filtro della sigaretta, aspirando fino a percepire labbra e gola bruciare. Solo quando fu sul punto, in bilico, di tossire anche i polmoni, rilasciò la presa e soffiò il fumo verso l’alto. «se per farti paura bastava mixare the sound of silence, potevi dirmelo vent’anni fa» «poi oh, minchia fra, ma godric al violino? RELATIONSHIP GOALS BRO, cioè ma vi siete proprio trovati TOP LO APPROVO» fra le tante cose che avrebbe potuto mettere in discussione di quella sentenza, il magiavvocato decise per «ma chi te l’ha chiesto» che già gli faceva rivalutare tutte le proprie scelte di vita. Prendete nota, miei cari lettori: mai, e dico mai, fare qualcosa con il seal approval di Jek.
    Mai. Arricciò infastidito il naso, picchiettando l’indice sul cilindro di tabacco per togliere la cenere in eccesso. Poteva quasi sentir vibrare nell’aria le onde emozionali del fratello, il fremere costante che raramente preannunciava con qualcosa di buono (vi chiedete se accadesse mai, qualcosa di buono? Certo; ogni tanto impiegava quei Newton di energia per mettere a posto: gli insegnamenti di mamma erano duri a morire – di certo più di lei o papà, lol), e sapendo dove l’entusiasmo del pirocineta volesse andare a parare, arcuò un sopracciglio ed alzò un palmo per metterlo a tacere. Sospirò. «sai che non è quello che intendevo» «ma nOn l’hAi neGaTo» «sai che non è quello che intendevo» ribattè pacato, lanciando infine una fredda occhiata allo special. Era come avere un cane; bisognava alzare il tono e renderlo autoritario, perché Jekyll Orwell Crane Winston ti desse maledettamente ascolto spegnendo il troppo rumore dei suoi stessi pensieri. «fine» conclusione che ad Hyde non era mai concessa, come una benedizione sempre lontana, ma che quel giorno, per un qualche miracolo divino, gli venne accordata-
    Avrebbe dovuto immaginarlo che quella quiete avesse un prezzo. Che scartato un argomento spinoso, rimaneva un sacco d’altra roba appuntita in mezzo alle palle, tipo: «non ti ha ricordato i vecchi tempi? Tutti i compleanni -» Il meccanismo istintivo di Hyde al lingua sciolta del fratello, era smettere di ascoltarlo; quel giorno, un po’ di più. Sì, gli aveva ricordato i vecchi tempi. Al contrario di Jek, non la riteneva una qualità positiva. Era più simile alla nausea soffocante del giorno seguente una sbronza, quelle che ti seguivano ad ondate e ti sommergevano quando meno te lo aspettavi. Un pizzicore costante alla lingua, ed un sempre presente nodo alla gola che filtrava ogni respiro.
    Avrebbe dovuto esserci abituato, ormai.
    Come si faceva. Per tutta la sua vita, da quel lontano compleanno di Finn e Davina Dallaire dove la bimba («brutta» «hYDE») dai capelli rossi aveva deciso, dopo avergli tirato un pugno, che sarebbero stati migliori amici, Hyde aveva sempre dato per scontata la presenza di Chelsey nella sua vita. Nei momenti belli, nei più numerosi meno belli - in ogni, maledetto, ricordo di Hyde - fosse in scena o in background, la Dallaire c’era sempre. E viceversa, ovviamente.
    Ovviamente?
    Per chiari motivi, non più. Ed era così strano, così maledettamente surreale, veder festeggiare i diciassette anni che Chelsey aveva già festeggiato con amici che Hyde non aveva mai visto, ed un intero universo del quale non faceva più parte. Si sentiva… «geloso, uh» In parte, forse sì. Tornò a guardare Jek, soppesandolo a palpebre socchiuse. Escluso, avrebbe voluto rispondere. Fottutamente escluso. Ma che senso avrebbe avuto? «è...difficile» ammise, deglutendo saliva e fumo. Si lamentava di suo fratello h24, ma era pur sempre suo fratello - l’unico che determinate sensazioni, potesse comprenderle. Le interpretavano in modo diverso, vero, ma in fondo su entrambi i palati quel che rimaneva era il dolce amaro gusto della sconfitta. Per loro, si trattava di una perdita.
    A nessuno dei due piaceva perdere.
    «torna a dormire, è ancora -» non riuscì a liberarsi dalla presa di Jekyll quando gli avvolse le braccia al collo, né riuscì ad evitare il bacio sulla testa che, ebbene sì!, aveva proprio ritenuto necessario schioccargli. God bless Graffio, che fece eco al grugnito del Daniels con un cupo ed ominous ringhio. «presto».
    Consiglio che Hyde, chiaramente, non seguì, rimanendo a fissare il vuoto esistenziale nella vana speranza che potesse prepararlo alla giornata. Con il fatto che a) jekyll esistesse; fine, non c’era bisogno di aggiungere altro. b) chelsey, vedi sopra. e c) ci fosse un TERZO elemento di disturbo alla sua (mai. Ma mai) quiete giornaliera, dubitava che il profilo di una Londra ancora addormentata potesse dargli il sollievo di cui aveva bisogno.
    Come dimostrò la squillante voce della Weasley, solo un harakiri avrebbe potuto. «FRANKLYN, OGGI PROVO A CUCINARLI IO I PANCAKES! CON LA MAGIA!! » Un verso di gola sgusciò dalle labbra secche del capo del consiglio. «stavo giusto pensando alla morte» reclinò il capo sulla spalla lanciando un intenso sguardo alla neo maggiorenne ancora sulla soglia della camera, allusivo nell’allungare l’occhiata alle sue spalle: «dove sono i vostri vestiti.» glaciali iride cerulee sulla diretta interessata, sopracciglio oro a sollevarsi.
    Aveva tante regole, Hyde, ma dato che nessuno sembrava intenzionato a rispettarle, aveva deciso di convogliare tutte le proprie energie in una sola: «niente copulazioni sotto il mio tetto» Kain era l’incognita che alla sua Chelsey mancava, e che – onestamente - lo confondeva. Cosa… rappresentava. Chi era. Non aveva altri amici? Lo diceva per lui, eh; Hyde non aveva avuto scelta, qual era la sua scusa? Lo ricattava? «perchè non dormite con i vestiti.» ancora? Sì, perché l’oltraggio non si lavava via con l’amuchina come il cobi19, e pensare a Chelsey Weasley come una ragazza (punto) adolescente con degli interessi, lo inquietava. Non erano i sogni irrealizzabili di un Arci – nel loro mondo – o un Phobos in quello, era...un ragazzo vero.
    Un suo coetaneo.
    In ke sensoH. «comunque, non farlo» ammonì, pur sapendo che la Grifondoro, come sempre, non l’avrebbe ascoltato. «been there, done that» entrambe le sopracciglia a sfiorare l’attaccatura dei capelli, sfogliò con intenzione il giornale, lasciando la frase in sospeso. Lo aveva visto anche lei nei ricordi, l’infausto Diciassettesimo Compleanno che aveva reso Chelsey CIGEI2: perché ripetere un fallimento, sapendo che il risultato fosse inevitabile? Un’ottima domanda, al quale era certo Chelsey avesse una risposta.
    Tipo perchè no?
    death eater - hyde cw - 20 y.o.
    So antisocial,
    but I don't care
    Don't give a damn,
    I'm gonna smoke here
    jackdaniels
     
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1 replies since 3/9/2019, 00:53   213 views
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