[stabs himself] there rest, and let me die

[draaamaaa]

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    mckenzie l. hale // the loneliest cowboy
    Mckenzie Leighton Hale viveva in uno stato di terrore costante. Non avrebbe saputo dire di cosa; non avrebbe saputo neanche il come, se non fosse stato per la gola sempre asciutta ed il cuore sulla lingua.
    Aveva più paura di vivere che di morire, Mac. Soffocato da un mondo a portata di mano ma sempre troppo lontano, da un futuro maledettamente vicino che non aveva chiesto, e da un passato terribilmente passato dal quale non riusciva comunque a scappare. Uno credeva che un centinaio d’anni bastassero a separarlo da quel che era stato, a dargli l’opportunità di essere ancora, se non forse per la prima volta, un se stesso a cui potesse sorridere allo specchio – ma no: Mac guardava il proprio riflesso, e vedeva solo un ragazzino troppo magro, troppo pallido, e troppo terrorizzato perché respirare fosse facile. Puzzava di paura come una bestia destinata al macello, e non riusciva - non riusciva - a sopportarlo, Mckenzie. Malgrado fosse il periodo della sua vita in cui avesse avuto più liberta, non ricordava di essersi mai sentito così in trappola - così obbligato ad esistere e resistere.
    Per Harper.
    Per Run e Darden.
    Per Margaret ed Ernest.
    Davvero non riusciva a capirlo, Mac, perché in quella lista non ci fosse anche il proprio nome. Ci provava, e ci riprovava, e dopo quel giorno ci avrebbe provato ancora, ma c’era qualcosa di troppo complesso che gl’impediva d’incamerare aria e mantenere un battito quieto dietro lo sterno. L’aspettativa era quel che più lo inchiodava sul posto, una borchia a torcersi fra le budella di un corpo privo di vaccino contro il tetano; perché avrebbe voluto essere di più per chi in lui ci credeva, perché avrebbe voluto meritarsi quella seconda, idealmente meravigliosa, opportunità di conoscere un mondo che fosse più propenso ad accettarlo, ma tutto quel che riusciva a fare per evitarsi d’affogare, era rimanere a galla. Ed a malapena. Si dimenticava di mangiare e di dormire, di bere acqua ed affacciarsi sul sole malato della Scozia; si concentrava sullo studio e cercava (e falliva) di sopravvivere ai lavori di gruppo, ingoiando attacchi di panico ogni volta che s’affacciava nello spogliatoio dei Corvonero ed altri compagni di Quidditch erano presenti per allenarsi. E dire che un tempo, un maledetto tempo, le persone gli erano piaciute.
    A sedici anni e mezzo, voleva scappare e non sapeva come. Il debole sorriso sempre curvo sulla bocca dell’Hale era sincero ma fragile, spontaneo ma sempre un po’ sconfitto. Negli occhi e nel cuore portava le tracce delle cause perse che non aveva mai cercato di vincere, e di una speranza così calda e concreta da far quasi credere che, nonostante tutto, potesse essere un ragazzo ottimista: non lo era. Era solo ingenuo e testardo, Mac; era solo confuso e smarrito, ed in quale mare di caos si aggrappava a ciò che di buono e giusto credeva esistesse seguendolo fino alla fine, ed anche un po’ dopo. Non lo rendeva coraggioso, o meno sull’orlo di una crisi d’ansia – ma almeno lo spingeva a provarci ancora, ed ancora, e un’altra volta ed una in più.
    Per Harper.
    Per Run e Darden.
    Per Margaret ed Ernest.
    Per Bucky e Mads e Floyd.
    Per - «EHI CROC, TI STAVAMO ASPETTANDO»
    - puro principio, probabilmente.
    Sospirò, le dita a tremare mentre s’intrecciavano ai ricci capelli bruni, lesto nel chinare lo sguardo sul pavimento dell’Infermeria. Era troppo tardi per tornare indietro? Ma soprattutto: sarebbe stato in grado di tornare indietro? Non che fosse in particolari pessime condizioni, non che non ci fosse abituato, ma giugno duemiladiciannove gli aveva lasciato ben più di materiale per incubi e cicatrici. Qualcosa di permanente, di debilitante e stressante in un mondo come il loro.
    Come il suo, perlomeno.
    Aveva davvero sperato che almeno quel giorno, almeno quel giorno, non ci fosse nessuno; CJ Knowles sfidava ogni maledetta statistica, considerando che s’incrociavano fra quelle mura un giorno sì e l’altro pure. Nell’osservare gli ematomi sul viso del Tassorosso, un brivido scosse le spalle del neo Corvonero.
    Respira. Respira. Respir- non così veloce, Mac, - «stai iperventilando.» Il lento sorriso che s’addensò sulla bocca dell’ex Prefetto, strinse cuore e polmoni dell’Hale in una morsa ferrea e ghiacciata. Poteva anche essere rattoppato ed apparentemente innocuo, CJ Knowles; poteva anche avere le migliori intenzioni del mondo, essere il più bravo ragazzo che si potesse desiderare, ma con quel ghigno sottile a strappare il viso a metà ed i ferini occhi verdi ridotti a fessura, vibrava di tutto l’opposto di ciò che Mac era – d’altronde l’istinto del Tassorosso, era e sempre sarebbe rimasto quello del predatore. Magari non gliene fregava un cazzo di te; ma magari sì. O magari, non aveva importanza e basta, perché sapere che potesse averne era già abbastanza. Serrò le palpebre ingoiando il proprio battito, i pugni a chiudersi e riaprirsi lungo i fianchi.
    Lo ricordava
    Ancora ed ancora
    Ed ancora ed ancora
    A gocciolare sangue
    Su altro sangue
    Ed ogni volta che lo vedeva, con sempre pelle e carne esposti al cielo, non riusciva a fare a meno di
    «ehi mac, hai portato il caffè?»
    Pensarci.
    Annuì barcollando sul posto, osandosi ad aprire un occhio per far scivolare lo sguardo sullo psicomago del castello. Poggiò i due bicchieri sulla prima superficie disponibile, dondolando sui talloni nel cercare traccia di Dakota. Mckenzie Hale si presentava in infermeria ogni giorno, ma almeno a quell’ora del mattino, si trattava solitamente della tappa rifornimento. In che senso tappa rifornimento? Era iniziato tutto il secondo giorno di scuola, quand’era capitato lì per un errore di calcolo (colmo per un amante della matematica xd) di cui non vi staremo a raccontare, ma per il quale era rimasto a riposo un paio d’ore. Un lunghissimo paio d’ore, quando non avevi amici e ti stavi nascondendo da tua sorella. Le bische clandestine di scala quaranta erano iniziate in tal modo, con innocenza, mettendo in palio quanto disponibile al momento: era così che aveva raccolto le dozzine di coltellini del Knowles, ed era così che aveva iniziato la raccolta non differenziata di cerotti. Che pareva una roba stupida, eh.
    Ma Mac soffriva di emofobia, e di quei cerotti aveva fatto una religione. Non riusciva a tollerare neanche la vista dei graffi più piccoli - perché ricordava tutto quel sangue, e tutto quel sangue, e tutto quel sangue - motivo per cui girava sempre con più cerotti che voglia d’esistere.
    «stai per svenire DI NUOVO, croc?»
    Vaffanculo, CJ. Se fosse stato in grado d’odiare, in quel momento Mac l’avrebbe fatto. Avrebbe odiato CJ per quel ghigno stupido e quei tagli sul labbro, per quelle nocche spaccate e l’insolenza tipica di chi, del mondo, fingeva di non averne bisogno. L’avrebbe odiato perché era come loro, era come tutti gli altri; che come Sersha e Sandy, e come Barry e Joey, riusciva solamente a respirare violenza, in un circolo vizioso e senza fine. Ricordava il giorno in cui Joseph era diventato Capitano della squadra; il sangue, ed il rumore della carne a strapparsi, e delle ossa a rompersi - ricordava di essere riuscito ad attendere il passaggio della spilla, prima di chiudersi in bagno e vomitare.
    Mckenzie Leighton Hale viveva in uno stato di terrore costante.
    Ed era colpa di tutti loro.
    Ma come poteva –
    Come poteva odiarli, dopo tutto quello che avevano passato.
    Quand’erano una delle poche cose che ancora lo legavano a Bodie, California, 1919.
    Fu solo un mormorio, ma fu quanto di più avrebbero avuto dall’Hale: «devo andare»
    Dove
    Non lo so.
    Perché
    Perché non posso.
    Fare cosa
    «..aria»
    Respirare.

    Le Serre erano sempre deserte a quell’ora, e Mac, da ospite abituale del webtoon club qual era, ne era stato perfettamente conscio nel momento in cui si era nascosto sotto i banconi dell’aula. Non una delle sue idee più brillanti considerando le condizioni in cui versava, ma la migliore a cui fosse riuscito a pensare. Non è nulla di grave, Mac; basta non guardare.
    E non sentire
    E non pensare
    E non –
    Era solo un maledettissimo graffietto; era solo qualche stupida contusione, un paio di lividi. Non sarebbe stato nulla di insopportabile, se solo non si fosse trattato di un ragazzo della California dei primi anni venti alla sua seconda settimana di scuola nel ventunesimo secolo – ecco, quello tendeva un po’ a fottere la mente di chiunque. Ma ci avrebbe pensato dopo, cinque – cinque! – minuti, e sarebbe tornato in Infermeria.
    Solo
    Cinque
    - ma davvero.
    Un rumore lo costrinse ad appiattirsi contro il bancone, il cuore a schizzare fra i denti. Un membro della security? Erin? O peggio…jErEmY? No, c’erano gli allenamenti, non era possibile potesse essere lui.
    Dio ti prego, se ancora un minimo credi in me
    Fa che non sia
    Harper.
    Con molta non chalance, dopo i pochi istanti che s’era concesso per riflettere su un funzionale (quando) piano d’azione, si affacciò oltre il proprio nascondiglio con solo gli occhi a sbirciare nell’aula quasi deserta: era tempo di unire l’utile al play it cool and no one would suspect a thing.
    «Chi sei tu che così avvolto nella notte / inciampi nei miei pensieri?»
    ?????????????????
    [gets hysterical in shakespearian]
    halfblood
    (bodie)
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    v year
    ravenclaw
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    pensieve
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    headphones
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    [si, ho fatto copia incolla] CIAO. allora, ho aperto la role in serre (che poi era foresta proibita, ma ok) serre (potevo lasciare quello di prima, ma no perchè non era previsto ed ho fatto change sezione) perchè volevo un setting #wat ma se per caso voleste scrivere un fittizio, fischiate e sposto nella sezione giusta mlml
     
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    «E quindi non posso dirglielo???» Callie Jackson, sedici anni di vita e cento indietro nel passato, era decisamente perplessa. E non solo in quel momento, seduta sul letto del dormitorio corvonero con le gambe poggiate al muro e la testa abbandonata oltre il bordo, ma nella vita, in generale: c'erano tante cose che l'avevano lasciata parecchio confusa, dal suo arrivo in quell'epoca. Per prima cosa, senza dubbio, il fatto di non esser stata selezionata per esser tra i pochi eletti al mondo scelti per poter sopravvivere all'apocalisse ed assistere al glorioso ritorno dei dinosauri era stata una grandissima delusione, in aggiunta al fatto che tutti - e dico, tutti: i suoi fratelli non smettevano di guardarla ogni mattina come se fossero increduli di averla lì davanti - le continuavano a ricordare il fatto che fosse morta. Alla lunga era diventata anche pesante come cosa, sapete? La consapevolezza di esser l'unica al mondo a sapere la verità delle cose e non aver persone illuminate come lei con cui parlarne era davvero estenuante. L'esser costretta ad abbandonare il suo lavoro e tornare tra i banchi di scuola - scuola, lei che quando anni prima aveva deciso di abbandonarla si era sentita la ragazzina più felice del mondo - poi era stato il trauma più grande: come si faceva a seguire una lezione??? Ed a stare fermi per più di dieci minuti????? E A NON SFRECCIARE SULLE VOLANTI DELLA POLIZIA ED INSEGUIRE I CRIMINALI?????? IMPOSSIBILE!!& Mettici pure una cugina? zia alla lontana?? amica a tentare di farti imparare le norme di hogwarts ed a rigare dritto che quello, per Callie Jackson, si stava davvero trasformando nel suo inferno personale. «per la millesima volta: no, callie» non la capiva, così come non capiva il perchè la ragazza stesse già studiando quando la scuola era iniziata da nemmeno tre settimane. Ammirava davvero il cervello di Amalie, ed avrebbe voluto tanto avere degli occhiali a raggi X per osservarne tutti i criceti all'interno correre sulle ruote per generare energia: per essere così intelligente, sicuro ne aveva un sacchissimo a lavoro (non come nella testa della jackson, dove era sicura ce ne fosse solo uno, un po' grasso e un po' tanto pigro) «ma è mia nonna!! Non posso andarle a dire che le voglio bene??» era ingiusto, il fatto che non potesse andarci a parlare e dirle tutto: incontrare la propria nonna adolescente era un privilegio che potevano vantare solo in pochi, perchè non poteva sfruttarlo?? «magari puoi dirle di volerle bene...da amica?» Mh, mica ci aveva pensato: nella sua mente, il primo incontro con nonna Rude - «ricordati che ora si chiama halley!» - si sarebbe svolto con una Callie a precipitarsi tra le sue braccia al grido di "NONNAAA SEI BELLISSIMA TI VOGLIO TANTO BENE!!". Alla possibilità di poterla approcciare come una persona qualunque avrebbe fatto non ci aveva mai pensato: era decisamente uno scenario più triste di quello che aveva immaginato lei, ma si sarebbe comunque potuto rivelare carino. «...non ci avevo mai pensato» eh, a quante cose non pensava. Si alzò di scattò, e prima di dirigersi verso la finestra della stanza e lanciarsi nel vuoto, si avvicinò alla scrivania e scompigliò un po' i capelli ad Amalie «GRAZIE CRICETINI, NON SO COME FAREI SENZA DI VOI» lasciando la bionda chiaramente interdetta, che però non fece ulteriori domande: evidentemente la convivenza a stretto contatto con la Jackson le aveva fatto capire che in alcuni casi era meglio non chiedersi il perchè. O almeno... «ma perchè non usi mai la port..» ma Callie si era già buttata, lasciandosi cadere nel vuoto.

    La missione non stava andando come aveva sperato: aveva immaginato che, dopo essersi lanciata dalla finestra della Shapherd ed aver volteggiato un po' sul cortile della scuola (non troppo, sia chiaro: aveva imparato a proprie spese che mostrare così apertamente i suoi poteri non era ben visto dalla policy dell'istituto, ed anche se regole simili ad una come lei stavano strette, erano pur sempre regole. Amava la sua libertà, Callie Jackson, ma la giustizia ancora di più) si era messa a vagare per i corridoi e sbirciare nelle varie aule nella speranza di incontrare casualmente sua nonna, ma senza alcun risultato. L'unica persona che aveva incrociato sul suo cammino, invece, era stato il professor Henderson: non appena lo aveva notato sbucare da dietro l'angolo, la ragazzina aveva tirato fuori dallo zaino il libro di Romeo e Giulietta che aveva promesso di leggere per esercitarsi così da dare il meglio al drama club, e tenendolo in mano ben aperto era passata saltellando vicino all'insegnante, con tanto di «prof, mi sta piacendo un sacco!&» prima di accelerare il passo per non correre il rischio di venir fermata. La verità era che lei, Romeo e Giulietta, non aveva ancora la minima idea di chi fossero: ci aveva provato sul serio, a leggere qualche pagina, ma era così complicato!! Già faceva fatica con i libri normali, quello sembrava scritto in un'altra lingua!!!
    E così, con il volume ancora aperto tra le mani, la ragazzina continuò il suo giro di ricerca fino ad arrivare nelle serre di erbologia. Magari nonna halley era lì??? Da quanto ne sapeva lei (aka le inforandom che era riuscita a recuperare in giro per la scuola grazie alle sue notevoli capacità da detective) quello era il posto preferito di uno dei migliori amici della ragazza, quindi era probabile trovarla lì, no??? «Chi sei tu che così avvolto nella notte / inciampi nei miei pensieri?» Evidentemente no.
    ???????
    COSA SIGNIFICAVA?????
    CHI STAVA PARLANDO?????
    PERCHÈ STAVA PARLANDO????
    E, SOPRATTUTTO, PERCHÈ COSÌ?????
    Non era forse.... no, non poteva essere.
    Oppure sì, OMG!!&
    Lo spirito di Shakespeare!
    Era lì per punirla?? Tornato dall'oltretomba per farle apprezzare la sua opera??? O forse, forse, era un trucco del professor Henderson per controllare che la ragazza gli avesse detto la verità, poco prima in corridoio???? Subito, la ragazzina iniziò a sfogliare a caso le pagine del libro, alla ricerca di un modo per rispondere e salvarsi da quella situazione scomoda: se era un test del prof, le bastava recitare per passarlo, no??? E in caso si fosse trattato davvero del fantasma dell'autore, allora doveva dimostrargli che conosceva bene la sua opera. «Il mio nome, caro santo, e' odioso a me stessa» era la risposta giusta??? poteva cambiare il maschile in femminile???? sperava davvero di sì, non voleva farsi odiare da nessuno: era la sua terza settimana di scuola!!& «..perche' e' nemico a te: se io lo avessi qui scritto, lo straccerei» Meh, a Callie piaceva un sacco il proprio nome in realtà, ma effettivamente se si fosse chiamata Romeo qualcosa da dire a riguardo l'avrebbe avuta. «e cosa c'e' in un nome?» ...lettere??? davvero non aveva idea di cosa stesse leggendo, e lo stesso leggere le stava facendo venire il mal di testa: ce la stava mettendo davvero tutta, per concentrarsi e decifrare le lettere nel giusto ordine «cio' che chiamiamo una rosa tramite un qualsiasi altro nome / avrebbe un profumo altrettanto dolce» ?????????
    Dai aveva letto tutte quelle frasi, ad alta voce!!& Era più di quanto aveva mai fatto in vita sua, prof o spirito di shakespeare che fosse, quella voce doveva per forza apprezzare il suo lavoro (quale)
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    “Meh-an.” sillabò la Rossa, enfatizzando il nome del ragazzo con il movimento dell’indice puntato contro il viso del Grifondoro, prima di prenderlo sotto braccio e accarezzare la stoffa della divisa con gli stessi movimenti studiati che un Hyde di buon umore riservava solo ed esclusivamente a un Graffio (non) qualunque. Il che, fatto da una Weasley, non era certo un segnale di buon auspicio. “Come puoi non esserti ancora reso conto che il Quidditch è arte!” continuò quasi stupefatta, scuotendo leggermente il capo e domandandosi se ci fosse qualcosa di sbagliato nel suo interlocutore. Da quanti anni ormai si conoscevano? Sei? Sette? E ancora non era riuscita a far capire le basi dell’esistenza e il verso senso della vita al Tryhard. Inaudito. Al Guardiano di Cuscinopoli era bastato un semplice anno scolastico per convincere la Oakes a entrare nella squadra di Grifondoro, perché Mehan si ostinava a non mostrare al mondo il suo vero potenziale? Quale? Beh, ci stava ancora lavorando, non era mica una Nostradamus!
    “Il Quidditch è equilibrio, flessuosità, elasticità! Non puoi pretendere di montare un manico di scopa senza prima aver sviluppato questi tre aspetti! Il Quidditch è l’espressione massima della bellezza in volo: ci sono acrobazie ed effetti speciali, c’è uno schema, una strategia. Il Quidditch è precisione e consapevolezza dei propri spazi. Può non servire una spaccata, ma per eseguire una Manovra di Porskoff alla perfezione bisogna essere oltremodo connessi.” Spostò una ciocca di capelli dal viso, arrestando il passo per potersi posizionare esattamente di fronte il Concasato, provando il più possibile a parlare la sua lingua. “La pluffa è la tua ballerina, Mehan. Se sarai il nostro portiere, dovrai impedire a ogni pluffa di entrare negli anelli, dovrai impedire alla tua compagna di cadere e… è il mio ultimo anno. Il nostro ultimo anno…” respirò piano, cercando le parole giuste per poter esprimere quello che pensava, cercando così di giocarsi le ultime carte per portare il Tryhard verso il lato sportivo della Forza. “... non vuoi lasciare il segno in questa Scuola? Non vuoi alzare la Coppa del Quidditch davanti a tutto lo stadio che ruggisce il tuo nome? Sarebbe un altro palcoscenico, non quello a cui sei abituato, uno diverso. Eppure non per questo meno bello. Pensaci, è la nostra ultima occasione di distruggere i Tassorosso, di far mangiar loro la nostra polvere, di far veder loro, e a tutti gli altri, chi comanda!” Levò il pugnetto verso il cielo, gli occhi sognanti, la mente già proiettata verso la fine della scuola, quando ormai ogni dado sarebbe stato tratto. Avevano ancora un anno intero per dare il massimo e la Weasley sarebbe uscita da Hogwarts con la mazza stretta tra le dita e la testa alta. Sarebbe uscita da Hogwarts da vincitrice e non avrebbe mai accettato un altro risultato. “Ovviamente con tutto il rispetto per tuo padre e tuo fratello, eh! Ma Kain deve essere…”
    Non riuscì a completare la frase, l’attenzione catturata da una divisa Corvonero che sgattaiolava via, verso le Serre di Erbologia. Assottigliò lo sguardo in direzione del ragazzo (OOOOOOOOCCHI DI LINCEEEEEE), mettendo a fuoco il suo volto ed ebbe quasi un guizzo quando lo riconobbe. Strinse con entusiasmo, probabilmente un po’ troppo entusiasmo, le braccia del Grifondoro, arpionando con le dita sottili la stoffa della camicia dell’altro. Saltellò quasi sul posto, incapace di mettere un freno all’istinto che le urlava di catapultarsi ovunque il bodiotto stesse andando. “Ma è Lev…” Chelsey no. La voce di Hyde, che a quanto pare era anche la voce della sua coscienza, la paralizzò sul posto, impedendole così di urlare ai quattro venti il vero nome del ragazzo, quello con cui lei lo aveva conosciuto prima della missione suicida di giugno, prima di Bodie, prima di qualsiasi istante potessero ricordare. “BURGER KING!!!” Esclamò allora, sperando che Meh fosse troppo occupato a pensare alle sue braccia che ad ascoltare la sua voce. Geeeez già ce lo vedeva il CW a roteare gli occhi e a darle del caso perso senza neanche dire una parola. Più che un Vigilante, sembrava davvero uno di quei vecchietti alcolizzati che sapevano solo lamentarsi per qualsiasi cosa. Non era facile, di quei tempi, essere una Chelsey Weasley, ovvero: avere la conoscenza di un Jack Daniels e il quoziente intellettivo di suo fratello Franklyn.
    “Lo vedi quel ragazzo lì?” Spostò il Tryhard leggermente di lato, permettendogli di osservare la figura longilinea e malaticcia dell’Hale che a poco a poco stava uscendo dal loro campo visivo. “Deve essere nostro amico.” C’era una convinzione tutta particolare, una luce sinistra che illuminava lo sguardo psycho della Rossa e che aveva attivato tutte le sue sinapsi contemporaneamente, mandando il sistema in sovraccarico. “Lui è…” come poteva dire a Mehan che era uno dei suoi migliori amici ma che, ancora, non ci aveva scambiato mezza parola? Come poteva far capire al Tryhard l’urgenza che sentiva quando si trattava di riconnettere i legami del 2043 e di onorare la memoria di Gryff, della persona che era stata, senza dover venir meno a quel segreto che doveva assolutamente mantenere? Perché se avesse parlato, se solo avesse dato sfogo a quei pensieri, non sarebbe più riuscita a tacere nulla, benché meno di Erin. “Lui è importante per la nostra strategia.” Si umettò le labbra, complimentandosi per essere riuscita a cavarsela, almeno per il momento. “A lui… piace la matematica!” Si guardò attorno con fare sospetto, assicurandosi che nessuno fosse in ascolto. “E ci serve. Nessuno sa leggere i numeri meglio di lui.” Il Levi che conosceva era una macchina da guerra quando si trattava di statistiche e pronostici, ancor di più quando in ballo c’erano galeoni e scommesse. Avevano sbancato più di una volta quando erano poco più che ragazzini ed era giunto il momento di rispolverare la sua capacità di analisi con le magie numeriche dell’Hale.
    Lo aveva osservato da lontano in quelle ultime settimane ma, ancora, non era riuscita ad avvicinarsi, benché meno a presentarsi e a spiegare il suo glorioso piano.
    “A fine giornata deve essere nostro amico, Mehan. Whatever it takes. che, nel linguaggio della Weasley equivaleva più a un improvvisa e buona la prima.

    Stava per entrare nelle Serre di Erbologia quando sentì delle voci provenire dall’interno. Si fermò sull’ingresso, fissando il suo nuovo compagno di disavventure negli occhi nocciola, lasciandosi sfuggire un “ma parlano vittoriano???” ben udibile in tutto il castello. Awww ma quella era la lingua usata dai bodiotti per comunicare col mondo? Gli italiani avevano il latino e in California avevano Shakespeare??? Com’erano avanti! Era quello il trucco? Bisognava solo essere un po’, come dire, vintage??? Ma dai, anche l’altra ragazza rispondeva a tono!!! Era davvero il loro -strano- modo di comunicare! Chelsey, ovviamente, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione simile.
    Spinse avanti la porta, facendo il suo ingresso trionfale nella stanza, il petto in avanti e le braccia tese verso l’infinito.
    “Oh Levi, Levi. Sei davvero tu Leighton?!” Perché, dai, un po’ di dubbio era comunque sempre consentito. In fondo, non si parlavano da più di un decennio e qualche centinatio di anni avanti e/o indietro! Metti fosse un sosia!? O un clone!!! “Rinnega i bodiotti, rifiuta i tuoi colori, o se non vuoi, giura che ami (ancora) i numeri e non sarò mai più una palla al piede una tua nemica!” Non lo era mai stata, eh, però doveva farsi capire, in qualche modo! E poi non essere una nemica significava essere amica, semplice, no? #no “Solo la tua Casata mi è nemica:” ma solo quando si tratta di Quidditch, eh! Anche Joey le stava simpatico quando non si scannavano per il Quidditch e commentavano le foto MLMLML di Elwyn Huxley. Chelsey non aveva pregiudizi, tirava solo mazzate a destra e a manca. Si stese sul bancone dietro il quale si stava nascondendo, o almeno ci aveva provato, l’Hale e, con fare melodrammatico, si portò una mano sul cuore e con l’altra lo tenne fermo sul posto, evitando così un’eventuale fuga Se esser coraggiosi vuol dire restar fermi, muoversi vuol dire che sei pronto a scappare e, soprattutto, dando a Mehan l’occasione per agire. “tu sei… tu W o w. Shakespeare si era davvero impegnato tanto per uscirsene con una frase del genere! Quanta poesia, quanta passione. Tu sei tu.
    E CHI ALTRI DOVEVA ESSERE?!?
    Beh, no. Aspetta. Chelsey poteva trasformarsi in qualcun altro, se solo avesse voluto.
    Eh, vabbé, ci aveva provato.
    Ma almeno stava parlando la stessa lingua del ragazzo! Potevano capirsi!!!
    Si girò sul fianco, le iridi cobalto sulla figura bionda alle sue spalle. “Siamo qui per affari.” Spiegò con un’alzata di spalle, tornando a sorridere a Mckenzie. Non voleva interrompere nulla la Weasley, davvero, qualsiasi cosa ci fosse tra i due non era di vitale importanza in quel momento, Chelsey voleva solo far tornare a girare l’economia. E nuovi amici.
    Soprattutto nuovi amici.

    Just like fire, burning out the way
    If I can light the world up for one day
    Watch this madness, colorful charade
    Just like magic, I'll be flying free

    Rebel | Quidditch | Welsh
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    CHELSEY WEASLEY
    DALLAIRE
     
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    Mehan
    tryhard
    bold of you to assume that i have any idea why i'm acting like this
    «Meh-an» here we go again.
    cos'era quella, la duecentesima volta? teneva il conto, mehan tryhard, e pur essendo pessimo in matematica credeva comunque di essere nel giusto: duecento tentativi da parte di chelsey di introdurlo al lato oscuro della forza. un traguardo da festeggiare. «hoe don't do it» una supplica, mentre la rossa lo prendeva a braccetto con la stessa forza di un poliziotto che effettua il primo arresto della giornata, evidentemente inascoltata. si era reso conto presto, il diciassettenne, che quando la compagna grifondoro si metteva in testa una cosa non esisteva obiezione o ostacolo che non fosse pronta a ignorare o distruggere. mark me down as scared and horny, tbh.
    «Come puoi non esserti ancora reso conto che il Quidditch è arte!» meh, e non tryhard. il punto di vista del ragazzino era sempre stato chiaro e molto simply da capire, e in cuor suo mehan sapeva che anche Cheryl lo aveva ormai assimilato come dato di fatto, ma questo non la spingeva a rinunciare. la ammirava anche per quello, nel modo un po' dreamy e innocente con cui certe ragazzine ammirano i propri attori preferiti. niente cose strampalate tipo tweets osceni o stalkeraggi fuori dagli alberghi, solo occhi a cuoricino ed improvvisi innalzamenti della temperatura - che comunque negli ultimi sei anni non erano bastati a farlo cedere sul suddetto punto. «ah, sicuro. l'arte di farsi spezzare le ossa.» la risatina isterica che abbandonó le labbra del tryhard la diceva lunga sulle sue paure quasi infantili e la scarsa voglia di farsi pestare da una pluffa impazzita o rompersi le gambe cadendo dalla scopa. gli bastava e avanzava correre quel rischio quando a qualche bulletto represso saltava la fregola e decideva di inseguirlo per i corridoi urlando perdente ti ammazzo (chissà perché poi. era forse troppo carino? troppo cuccioloso? eh brutta bestia l'invidia #wat) - è a tal proposito si era fatto rivelare da guru stiles tutti gli anfratti segreti in cui nascondersi attendendo tempi migliori -, chiaramente preferiva non andarsene a cercare di proposito.
    concetto che a chelsey pareva estraneo quanto per meh quello di passare un San Valentino senza suo fratello.
    «Pensaci, è la nostra ultima occasione di distruggere i Tassorosso, di far mangiar loro la nostra polvere, di far veder loro, e a tutti gli altri, chi comanda!» okay, forse quello non era il momento giusto per ammettere che simpatizzava proprio per la squadra sopracitata, perché cuore di panna non mente e mehan tryhard era debole: sapeva che suo fratello (e erin. ihih) tifava per i tassi è tanto gli bastava. «chelsey...» raggio di sole, leggenda indiscussa, furia omicida, please non picchiarmi «veramente...» se gli avesse chiesto di dimostrare la sua lealtà (?) camminando sui carboni ardenti, probabilmente il tryhard si sarebbe fatto il segno della croce imparato a Lecce e avrebbe detto addio alle piante dei piedi, ma non era davvero ancora pronto per immolarsi ad una causa per la quale sapeva sarebbe stato sconfitto. perché, siamo seri, Cheryl voleva credere che meh avesse le capacità per stare in squadra, ma quando si trattava di limiti personali nessuno sapeva essere obiettivo come il grifondoro. «lo sai che sono una pippa, dai.» eh, oh, certe cose andavano dette.
    la stretta improvvisa gli fece per un attimo venire il sospetto che la rossa non avesse reso bene quell'informazione, sebbene non si trattasse proprio di una novità, ma uno sguardo cauto al viso di lei suggerí a mehan che doveva essere successo qualcosa di molto più shokkante, per bloccarla sul posto in quel modo. «Ma è Lev…» «chi?» spostó le iridi cioccolato nella direzione in cui stava guardando lei, notando solo i capelli chiari di quel ragazzino che era arrivato insieme ad altri dal 1919, il cui nome se non ricordava male era mac, non levi. poteva trattarsi comunque di un nomignolo, insomma, chi era lui per giudicare? «Lo vedi quel ragazzo lì? lui è importante per la nostra strategia» quale strategia non gli era dato saperlo, ma mehan annuì comunque ergendosi in tutto il suo scarso metro e settanta per osservare mac che se la filava alla chetichella in direzione delle serre; ora che chelsey aveva abbandonato l'argomento quidditch - e comunque il diciassettenne temeva si trattasse di un cambio di rotta momentaneo - era disposto a seguirla in qualunque ragionamento astratto avesse deciso di lanciarsi. «A fine giornata deve essere nostro amico, Mehan. Whatever it takes» ma non gliel'aveva detto nessuno che era ancora TOO SOON per citare endgame?
    Cheryl, we did it. we won.
    «ma adesso esattamente cosa dovremmo--» ancora sulle punte dei piedi per sbirciare da una delle vetrate della serra, mehan tryhard fu prontamente zittito dal rumore inconfondibile di una porta che veniva aperta senza troppa grazia: la Weasley non cercava certo di passare inosservata, questo lo avrebbe capito anche un idiota. e meh non era un idiota. forse a guardarlo poteva venire il dubbio, ma la verità era che il grifondoro sapeva essere intelligente anche quando non sembrava (semicit.) «ooooochei.» seguendola a ruota si ritrovò immerso nell'umiditá tipica di quel regno vegetale incontrastato, le iridi dello stesso color castano screziato d'ambra che aveva nei capelli - un po' troppo lunghi ultimamente, ma gli erano usciti i riccioli! - ad osservare prima calle e poi mac, la testa di quest'ultimo a spuntare da uno dei tavoli.
    «Oh Levi, Levi. Sei davvero tu Leighton?!» corrugó la fronte, il grifondoro, certo ormai di non starci capendo un accidente, ma pronto nel cuore per approfittare comunque della situazione: se loro si davano a Shakespeare, rendendo tutta la conversazione già di per sé surreale, forse lui poteva approfittarne per fare come gli aveva detto il prof Henderson durante l'ultimo incontro del drama club. ricordati meh, sei una nonna. sentiti nonna. SII NONNA!. «per nathaniel» solo un mormorio, un bacio stampato sulle dita e poi soffiato in cielo (?) prima di respirare a fondo e avvicinarsi all'altra ragazza presente.
    sapeva che anche la jackson era arrivata da un altro tempo, e non avendo ancora avuto occasione di parlarle e chiedere informazioni basilari sul futuro (hanno già inventato la doccia automatica che ti lava mentre tu stai ancora dormendo???) decise di fare accanimento terapeutico proprio sulla bionda. sks callie tvb. «CALLIOPE, BELLA DE' NONNA, COME TI SEI FATTA GRANDE!» chissà se si chiamava davvero calliope, poi. spinse sul naso invisibili occhialetti da lettura, avvicinandosi alla ragazza/sirena con una piroetta e la schiena leggermente piegata in avanti, entrambe le mani poi ad afferrarle delicatamente le guance sprimacciandole tutte. «sei un po' sciupata però! ma mangi? (e il pepe si scioglie?) dillo a nonna tua, vuoi che ti preparo le lasagne? ce l'hai il fidanzatino? e gli amichetti ce li hai??!!?» e con le ditina rattrappite dall'artrosi continuò ad accarezzarle il volto e i capelli biondi, senza rendersi conto - come avrebbe potuto? - che in quel momento stava interpretando il ruolo assegnato dal fato ad una delle sue migliori amiche. ciao halley guarda che bellina tua nipote smack <3


    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
     
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3 replies since 19/9/2019, 22:22   135 views
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