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.stayI wish I wasn't this person sometimesmckenzie l. hale // the loneliest cowboyMckenzie Leighton Hale viveva in uno stato di terrore costante. Non avrebbe saputo dire di cosa; non avrebbe saputo neanche il come, se non fosse stato per la gola sempre asciutta ed il cuore sulla lingua.
Aveva più paura di vivere che di morire, Mac. Soffocato da un mondo a portata di mano ma sempre troppo lontano, da un futuro maledettamente vicino che non aveva chiesto, e da un passato terribilmente passato dal quale non riusciva comunque a scappare. Uno credeva che un centinaio d’anni bastassero a separarlo da quel che era stato, a dargli l’opportunità di essere ancora, se non forse per la prima volta, un se stesso a cui potesse sorridere allo specchio – ma no: Mac guardava il proprio riflesso, e vedeva solo un ragazzino troppo magro, troppo pallido, e troppo terrorizzato perché respirare fosse facile. Puzzava di paura come una bestia destinata al macello, e non riusciva - non riusciva - a sopportarlo, Mckenzie. Malgrado fosse il periodo della sua vita in cui avesse avuto più liberta, non ricordava di essersi mai sentito così in trappola - così obbligato ad esistere e resistere.
Per Harper.
Per Run e Darden.
Per Margaret ed Ernest.
Davvero non riusciva a capirlo, Mac, perché in quella lista non ci fosse anche il proprio nome. Ci provava, e ci riprovava, e dopo quel giorno ci avrebbe provato ancora, ma c’era qualcosa di troppo complesso che gl’impediva d’incamerare aria e mantenere un battito quieto dietro lo sterno. L’aspettativa era quel che più lo inchiodava sul posto, una borchia a torcersi fra le budella di un corpo privo di vaccino contro il tetano; perché avrebbe voluto essere di più per chi in lui ci credeva, perché avrebbe voluto meritarsi quella seconda, idealmente meravigliosa, opportunità di conoscere un mondo che fosse più propenso ad accettarlo, ma tutto quel che riusciva a fare per evitarsi d’affogare, era rimanere a galla. Ed a malapena. Si dimenticava di mangiare e di dormire, di bere acqua ed affacciarsi sul sole malato della Scozia; si concentrava sullo studio e cercava (e falliva) di sopravvivere ai lavori di gruppo, ingoiando attacchi di panico ogni volta che s’affacciava nello spogliatoio dei Corvonero ed altri compagni di Quidditch erano presenti per allenarsi. E dire che un tempo, un maledetto tempo, le persone gli erano piaciute.
A sedici anni e mezzo, voleva scappare e non sapeva come. Il debole sorriso sempre curvo sulla bocca dell’Hale era sincero ma fragile, spontaneo ma sempre un po’ sconfitto. Negli occhi e nel cuore portava le tracce delle cause perse che non aveva mai cercato di vincere, e di una speranza così calda e concreta da far quasi credere che, nonostante tutto, potesse essere un ragazzo ottimista: non lo era. Era solo ingenuo e testardo, Mac; era solo confuso e smarrito, ed in quale mare di caos si aggrappava a ciò che di buono e giusto credeva esistesse seguendolo fino alla fine, ed anche un po’ dopo. Non lo rendeva coraggioso, o meno sull’orlo di una crisi d’ansia – ma almeno lo spingeva a provarci ancora, ed ancora, e un’altra volta ed una in più.
Per Harper.
Per Run e Darden.
Per Margaret ed Ernest.
Per Bucky e Mads e Floyd.
Per - «EHI CROC, TI STAVAMO ASPETTANDO»
- puro principio, probabilmente.
Sospirò, le dita a tremare mentre s’intrecciavano ai ricci capelli bruni, lesto nel chinare lo sguardo sul pavimento dell’Infermeria. Era troppo tardi per tornare indietro? Ma soprattutto: sarebbe stato in grado di tornare indietro? Non che fosse in particolari pessime condizioni, non che non ci fosse abituato, ma giugno duemiladiciannove gli aveva lasciato ben più di materiale per incubi e cicatrici. Qualcosa di permanente, di debilitante e stressante in un mondo come il loro.
Come il suo, perlomeno.
Aveva davvero sperato che almeno quel giorno, almeno quel giorno, non ci fosse nessuno; CJ Knowles sfidava ogni maledetta statistica, considerando che s’incrociavano fra quelle mura un giorno sì e l’altro pure. Nell’osservare gli ematomi sul viso del Tassorosso, un brivido scosse le spalle del neo Corvonero.
Respira. Respira. Respir- non così veloce, Mac, - «stai iperventilando.» Il lento sorriso che s’addensò sulla bocca dell’ex Prefetto, strinse cuore e polmoni dell’Hale in una morsa ferrea e ghiacciata. Poteva anche essere rattoppato ed apparentemente innocuo, CJ Knowles; poteva anche avere le migliori intenzioni del mondo, essere il più bravo ragazzo che si potesse desiderare, ma con quel ghigno sottile a strappare il viso a metà ed i ferini occhi verdi ridotti a fessura, vibrava di tutto l’opposto di ciò che Mac era – d’altronde l’istinto del Tassorosso, era e sempre sarebbe rimasto quello del predatore. Magari non gliene fregava un cazzo di te; ma magari sì. O magari, non aveva importanza e basta, perché sapere che potesse averne era già abbastanza. Serrò le palpebre ingoiando il proprio battito, i pugni a chiudersi e riaprirsi lungo i fianchi.
Lo ricordava
Ancora ed ancora
Ed ancora ed ancora
A gocciolare sangue
Su altro sangue
Ed ogni volta che lo vedeva, con sempre pelle e carne esposti al cielo, non riusciva a fare a meno di
«ehi mac, hai portato il caffè?»
Pensarci.
Annuì barcollando sul posto, osandosi ad aprire un occhio per far scivolare lo sguardo sullo psicomago del castello. Poggiò i due bicchieri sulla prima superficie disponibile, dondolando sui talloni nel cercare traccia di Dakota. Mckenzie Hale si presentava in infermeria ogni giorno, ma almeno a quell’ora del mattino, si trattava solitamente della tappa rifornimento. In che senso tappa rifornimento? Era iniziato tutto il secondo giorno di scuola, quand’era capitato lì per un errore di calcolo (colmo per un amante della matematica xd) di cui non vi staremo a raccontare, ma per il quale era rimasto a riposo un paio d’ore. Un lunghissimo paio d’ore, quando non avevi amici e ti stavi nascondendo da tua sorella. Le bische clandestine di scala quaranta erano iniziate in tal modo, con innocenza, mettendo in palio quanto disponibile al momento: era così che aveva raccolto le dozzine di coltellini del Knowles, ed era così che aveva iniziato la raccolta non differenziata di cerotti. Che pareva una roba stupida, eh.
Ma Mac soffriva di emofobia, e di quei cerotti aveva fatto una religione. Non riusciva a tollerare neanche la vista dei graffi più piccoli - perché ricordava tutto quel sangue, e tutto quel sangue, e tutto quel sangue - motivo per cui girava sempre con più cerotti che voglia d’esistere.
«stai per svenire DI NUOVO, croc?»
Vaffanculo, CJ. Se fosse stato in grado d’odiare, in quel momento Mac l’avrebbe fatto. Avrebbe odiato CJ per quel ghigno stupido e quei tagli sul labbro, per quelle nocche spaccate e l’insolenza tipica di chi, del mondo, fingeva di non averne bisogno. L’avrebbe odiato perché era come loro, era come tutti gli altri; che come Sersha e Sandy, e come Barry e Joey, riusciva solamente a respirare violenza, in un circolo vizioso e senza fine. Ricordava il giorno in cui Joseph era diventato Capitano della squadra; il sangue, ed il rumore della carne a strapparsi, e delle ossa a rompersi - ricordava di essere riuscito ad attendere il passaggio della spilla, prima di chiudersi in bagno e vomitare.
Mckenzie Leighton Hale viveva in uno stato di terrore costante.
Ed era colpa di tutti loro.
Ma come poteva –
Come poteva odiarli, dopo tutto quello che avevano passato.
Quand’erano una delle poche cose che ancora lo legavano a Bodie, California, 1919.
Fu solo un mormorio, ma fu quanto di più avrebbero avuto dall’Hale: «devo andare»
Dove
Non lo so.
Perché
Perché non posso.
Fare cosa
«..aria»
Respirare.
Le Serre erano sempre deserte a quell’ora, e Mac, da ospite abituale del webtoon club qual era, ne era stato perfettamente conscio nel momento in cui si era nascosto sotto i banconi dell’aula. Non una delle sue idee più brillanti considerando le condizioni in cui versava, ma la migliore a cui fosse riuscito a pensare. Non è nulla di grave, Mac; basta non guardare.
E non sentire
E non pensare
E non –
Era solo un maledettissimo graffietto; era solo qualche stupida contusione, un paio di lividi. Non sarebbe stato nulla di insopportabile, se solo non si fosse trattato di un ragazzo della California dei primi anni venti alla sua seconda settimana di scuola nel ventunesimo secolo – ecco, quello tendeva un po’ a fottere la mente di chiunque. Ma ci avrebbe pensato dopo, cinque – cinque! – minuti, e sarebbe tornato in Infermeria.
Solo
Cinque
- ma davvero.
Un rumore lo costrinse ad appiattirsi contro il bancone, il cuore a schizzare fra i denti. Un membro della security? Erin? O peggio…jErEmY? No, c’erano gli allenamenti, non era possibile potesse essere lui.
Dio ti prego, se ancora un minimo credi in me
Fa che non sia
Harper.
Con molta non chalance, dopo i pochi istanti che s’era concesso per riflettere su un funzionale (quando) piano d’azione, si affacciò oltre il proprio nascondiglio con solo gli occhi a sbirciare nell’aula quasi deserta: era tempo di unire l’utile al play it cool and no one would suspect a thing.
«Chi sei tu che così avvolto nella notte / inciampi nei miei pensieri?»
?????????????????
[gets hysterical in shakespearian]
halfblood
(bodie)
16 y.o.
v year
ravenclawsheetpensieveaestheticheadphonesprelevi? // i panic at a lot of places besides the discoSPOILER (clicca per visualizzare)[si, ho fatto copia incolla] CIAO. allora, ho aperto la role inserre(che poi era foresta proibita, ma ok) serre (potevo lasciare quello di prima, ma no perchè non era previsto ed ho fatto change sezione) perchè volevo un setting #wat ma se per caso voleste scrivere un fittizio, fischiate e sposto nella sezione giusta mlml. -
.superlunary
2102's2002's
16 y/oivorbone
altairformer police siren
«miss ya, boss»Callie
Jacksonmermaidsdon'tdo homeworkprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
.“Meh-an.” sillabò la Rossa, enfatizzando il nome del ragazzo con il movimento dell’indice puntato contro il viso del Grifondoro, prima di prenderlo sotto braccio e accarezzare la stoffa della divisa con gli stessi movimenti studiati che un Hyde di buon umore riservava solo ed esclusivamente a un Graffio (non) qualunque. Il che, fatto da una Weasley, non era certo un segnale di buon auspicio. “Come puoi non esserti ancora reso conto che il Quidditch è arte!” continuò quasi stupefatta, scuotendo leggermente il capo e domandandosi se ci fosse qualcosa di sbagliato nel suo interlocutore. Da quanti anni ormai si conoscevano? Sei? Sette? E ancora non era riuscita a far capire le basi dell’esistenza e il verso senso della vita al Tryhard. Inaudito. Al Guardiano di Cuscinopoli era bastato un semplice anno scolastico per convincere la Oakes a entrare nella squadra di Grifondoro, perché Mehan si ostinava a non mostrare al mondo il suo vero potenziale? Quale? Beh, ci stava ancora lavorando, non era mica una Nostradamus!
“Il Quidditch è equilibrio, flessuosità, elasticità! Non puoi pretendere di montare un manico di scopa senza prima aver sviluppato questi tre aspetti! Il Quidditch è l’espressione massima della bellezza in volo: ci sono acrobazie ed effetti speciali, c’è uno schema, una strategia. Il Quidditch è precisione e consapevolezza dei propri spazi. Può non servire una spaccata, ma per eseguire una Manovra di Porskoff alla perfezione bisogna essere oltremodo connessi.” Spostò una ciocca di capelli dal viso, arrestando il passo per potersi posizionare esattamente di fronte il Concasato, provando il più possibile a parlare la sua lingua. “La pluffa è la tua ballerina, Mehan. Se sarai il nostro portiere, dovrai impedire a ogni pluffa di entrare negli anelli, dovrai impedire alla tua compagna di cadere e… è il mio ultimo anno. Il nostro ultimo anno…” respirò piano, cercando le parole giuste per poter esprimere quello che pensava, cercando così di giocarsi le ultime carte per portare il Tryhard verso il lato sportivo della Forza. “... non vuoi lasciare il segno in questa Scuola? Non vuoi alzare la Coppa del Quidditch davanti a tutto lo stadio che ruggisce il tuo nome? Sarebbe un altro palcoscenico, non quello a cui sei abituato, uno diverso. Eppure non per questo meno bello. Pensaci, è la nostra ultima occasione di distruggere i Tassorosso, di far mangiar loro la nostra polvere, di far veder loro, e a tutti gli altri, chi comanda!” Levò il pugnetto verso il cielo, gli occhi sognanti, la mente già proiettata verso la fine della scuola, quando ormai ogni dado sarebbe stato tratto. Avevano ancora un anno intero per dare il massimo e la Weasley sarebbe uscita da Hogwarts con la mazza stretta tra le dita e la testa alta. Sarebbe uscita da Hogwarts da vincitrice e non avrebbe mai accettato un altro risultato. “Ovviamente con tutto il rispetto per tuo padre e tuo fratello, eh! Ma Kain deve essere…”
Non riuscì a completare la frase, l’attenzione catturata da una divisa Corvonero che sgattaiolava via, verso le Serre di Erbologia. Assottigliò lo sguardo in direzione del ragazzo(OOOOOOOOCCHI DI LINCEEEEEE), mettendo a fuoco il suo volto ed ebbe quasi un guizzo quando lo riconobbe. Strinse con entusiasmo, probabilmente un po’ troppo entusiasmo, le braccia del Grifondoro, arpionando con le dita sottili la stoffa della camicia dell’altro. Saltellò quasi sul posto, incapace di mettere un freno all’istinto che le urlava di catapultarsi ovunque il bodiotto stesse andando. “Ma è Lev…” Chelsey no. La voce di Hyde, che a quanto pare era anche la voce della sua coscienza, la paralizzò sul posto, impedendole così di urlare ai quattro venti il vero nome del ragazzo, quello con cui lei lo aveva conosciuto prima della missione suicida di giugno, prima di Bodie, prima di qualsiasi istante potessero ricordare. “BURGER KING!!!” Esclamò allora, sperando che Meh fosse troppo occupato a pensare alle sue braccia che ad ascoltare la sua voce. Geeeez già ce lo vedeva il CW a roteare gli occhi e a darle del caso perso senza neanche dire una parola. Più che un Vigilante, sembrava davvero uno di quei vecchietti alcolizzati che sapevano solo lamentarsi per qualsiasi cosa. Non era facile, di quei tempi, essere una Chelsey Weasley, ovvero: avere la conoscenza di un Jack Daniels e il quoziente intellettivo di suo fratello Franklyn.
“Lo vedi quel ragazzo lì?” Spostò il Tryhard leggermente di lato, permettendogli di osservare la figura longilinea e malaticcia dell’Hale che a poco a poco stava uscendo dal loro campo visivo. “Deve essere nostro amico.” C’era una convinzione tutta particolare, una luce sinistra che illuminava lo sguardo psycho della Rossa e che aveva attivato tutte le sue sinapsi contemporaneamente, mandando il sistema in sovraccarico. “Lui è…” come poteva dire a Mehan che era uno dei suoi migliori amici ma che, ancora, non ci aveva scambiato mezza parola? Come poteva far capire al Tryhard l’urgenza che sentiva quando si trattava di riconnettere i legami del 2043 e di onorare la memoria di Gryff, della persona che era stata, senza dover venir meno a quel segreto che doveva assolutamente mantenere? Perché se avesse parlato, se solo avesse dato sfogo a quei pensieri, non sarebbe più riuscita a tacere nulla, benché meno di Erin. “Lui è importante per la nostra strategia.” Si umettò le labbra, complimentandosi per essere riuscita a cavarsela, almeno per il momento. “A lui… piace la matematica!” Si guardò attorno con fare sospetto, assicurandosi che nessuno fosse in ascolto. “E ci serve. Nessuno sa leggere i numeri meglio di lui.” Il Levi che conosceva era una macchina da guerra quando si trattava di statistiche e pronostici, ancor di più quando in ballo c’erano galeoni e scommesse. Avevano sbancato più di una volta quando erano poco più che ragazzini ed era giunto il momento di rispolverare la sua capacità di analisi con le magie numeriche dell’Hale.
Lo aveva osservato da lontano in quelle ultime settimane ma, ancora, non era riuscita ad avvicinarsi, benché meno a presentarsi e a spiegare il suo glorioso piano.
“A fine giornata deve essere nostro amico, Mehan. Whatever it takes.” che, nel linguaggio della Weasley equivaleva più a un improvvisa e buona la prima.
Stava per entrare nelle Serre di Erbologia quando sentì delle voci provenire dall’interno. Si fermò sull’ingresso, fissando il suo nuovo compagno di disavventure negli occhi nocciola, lasciandosi sfuggire un “ma parlano vittoriano???” ben udibile in tutto il castello. Awww ma quella era la lingua usata dai bodiotti per comunicare col mondo? Gli italiani avevano il latino e in California avevano Shakespeare??? Com’erano avanti! Era quello il trucco? Bisognava solo essere un po’, come dire, vintage??? Ma dai, anche l’altra ragazza rispondeva a tono!!! Era davvero il loro -strano- modo di comunicare! Chelsey, ovviamente, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione simile.
Spinse avanti la porta, facendo il suo ingresso trionfale nella stanza, il petto in avanti e le braccia tese verso l’infinito.
“Oh Levi, Levi. Sei davvero tu Leighton?!” Perché, dai, un po’ di dubbio era comunque sempre consentito. In fondo, non si parlavano da più di un decennio e qualche centinatio di anni avanti e/o indietro! Metti fosse un sosia!? O un clone!!! “Rinnega i bodiotti, rifiuta i tuoi colori, o se non vuoi, giura che ami (ancora) i numeri e non sarò mai più unapalla al piedeuna tua nemica!” Non lo era mai stata, eh, però doveva farsi capire, in qualche modo! E poi non essere una nemica significava essere amica, semplice, no? #no “Solo la tua Casata mi è nemica:” ma solo quando si tratta di Quidditch, eh! Anche Joey le stava simpatico quando non si scannavano per il Quidditch e commentavano le foto MLMLML di Elwyn Huxley. Chelsey non aveva pregiudizi, tirava solo mazzate a destra e a manca. Si stese sul bancone dietro il quale si stava nascondendo, o almeno ci aveva provato, l’Hale e, con fare melodrammatico, si portò una mano sul cuore e con l’altra lo tenne fermo sul posto, evitando così un’eventuale fugaSe esser coraggiosi vuol dire restar fermi, muoversi vuol dire che sei pronto a scapparee, soprattutto, dando a Mehan l’occasione per agire. “tu sei… tu” W o w. Shakespeare si era davvero impegnato tanto per uscirsene con una frase del genere! Quanta poesia, quanta passione. Tu sei tu.
E CHI ALTRI DOVEVA ESSERE?!?
Beh, no. Aspetta. Chelsey poteva trasformarsi in qualcun altro, se solo avesse voluto.
Eh, vabbé, ci aveva provato.
Ma almeno stava parlando la stessa lingua del ragazzo! Potevano capirsi!!!
Si girò sul fianco, le iridi cobalto sulla figura bionda alle sue spalle. “Siamo qui per affari.” Spiegò con un’alzata di spalle, tornando a sorridere a Mckenzie. Non voleva interrompere nulla la Weasley, davvero, qualsiasi cosa ci fosse tra i due non era di vitale importanza in quel momento, Chelsey voleva solo far tornare a girare l’economia. E nuovi amici.
Soprattutto nuovi amici.Just like fire, burning out the way
If I can light the world up for one day
Watch this madness, colorful charade
Just like magic, I'll be flying freeRebel | Quidditch | Welshprelevi? // i panic at a lot of places besides the discoCHELSEY WEASLEY
DALLAIRE. -
.the trashmouth
gryffindor, vii
losers club
september
drama queenMehan
tryhardbold of you to assume that i have any idea why i'm acting like thisprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco.