you leave my heart being undressed

15.12.19 - akerrow

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    Avanti e indietro, avanti e indietro per l’ennesima volta. Akelei era determinata a continuare fino a consumare il pavimento del salotto, o in alternativa poteva frantumare un paio di vasi per allentare la tensione. Era convinta che nulla ormai potesse più toccarla, eppure la notte precedente non era riuscita a chiudere occhio, sussultando ogni qual volta che William decideva di rigirarsi nel letto. Non poteva continuare così, doveva trovare una soluzione il prima possibile, o rischiava di perdere quel poco di sanità mentale che le era rimasta. Alzò il capo nel sentire un rumore, ma era solo Elle che aveva deciso di impossessarsi di una ciabatta «potrei spedirlo in Bangladesh, lì hanno sempre bisogno di manodopera» confidò al dalmata, abbassandosi a terra per accarezzarne il pelo; se stava iniziando a parlare con i cani altrui, la situazione doveva essere davvero disperata. D’altronde non si fidava di nessun altro, e gli animali erano gli unici che non avrebbero aperto bocca «a meno che tu non sia un animagus?» si avvicinò sospettosa al muso del cane, e forse si sarebbe dovuta aspettare quella leccata in faccia «cristo, uguale al padrone» eppure, li amava comunque entrambi, anche bavosi.
    Ormai Akelei Beaumont era caduta in basso, se ne rendeva conto con ogni giorno che passava. Era una fossa che si era scavata da sola, a farsi più profonda man mano che scendeva patti con se stessa. Le dispiaceva? Se quello era il tipo di inferno che la sua vita era diventata, non le dispiaceva così tanto sprofondare in quell’oblio. Un fidanzato che portava a casa dei dildi da scuola, dei figli criminali e dei parenti che spacciavano cocaina erano tutto ciò che aveva sempre voluto, peccato l’avesse realizzato pochi mesi prima.
    Si avvicinò allo specchio in salotto, sistemandosi i capelli per l’ennesima volta nonostante ormai nessun capello osava ribellarsi alla Beaumont. Mancava tanto così che rimanesse pelata, tale era il nervosismo che scaricava su di loro. Ormai aveva provato di tutto per rilassarsi: (far) pulire la casa, (far) fare il pane, massaggi, tortura ma nulla funzionava su di lei.
    Era diverso rispetto all’ultima volta, rifletté nel sedersi sulla poltrona, non aveva mai avuto intenzione di tenere quel bambino, né aveva avuto responsabilità verso nessuno. La Beaumont non era fatta per quegli impegni a lungo termine, già il pensiero di avere tre figli adolescenti la angosciava alquanto, aggiungere un’altra preoccupazione era troppo. E se le fossero venute le rughe, con tanto di capelli bianchi? Non sarebbe mai diventata come Loro, madri plebee e sciupate, Akelei apparteneva all’elite delle wine moms e sarebbe stata all’altezza di quel titolo fino alla fine. Un rumore dall’altro capo della stanza la sorprese, le dita a stringersi sul pelo del dalmata a tirarlo indietro, un’azione insolita per la Beaumont, che solitamente non avrebbe esitato a usarlo come scuso. Persino il suo inconscio era minato, come faceva a tornare indietro quando era stata corrotta così nel profondo? «ah, sei tu» commentò nel vedere William entrare in salotto, vista alla cui, tra l’altro, non si era ancora abituata. L’ex corvonero, a quanto pare, credeva che presentarsi all'improvviso alla sua porta con valigie e scatoloni fosse socialmente accettabile. Forse la colpa risiedeva nella Beaumont, che non l’aveva scacciato malamente, accettando passivamente quell'imposizione. Debole, stai diventando debole Akelei. «possiamo parlare? magari prima ti conviene posare quel vaso» così, un suggerimento, dato che non sarebbe stata lei a pulire quando lo avrebbe fatto frantumare in mille pezzi a terra. La vera domanda era: perché aveva un vaso in mano? La cacciatrice non lo sapeva, aveva smesso di contare gli assurdi passatempi del Barrow.
    27 y.o. - hunter - wine mom
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    cause your looks could kill
    Hold my breath every time we kiss
    Are you feeling it like I feel it?
    akelei beaumont
     
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    «quindi è vero» William Barrow alzò gli occhi dal foglio, più seccato dal tonfo della porta a chiudersi alle spalle di Robin che dal tono di voce acuto della ragazza. Si narravano un sacco di leggende, su Will: che avesse passato parte della sua vita vestito da donna, che si fosse iscritto a tinder per cercare uno sugar daddy, che amasse la zizzania nei locali e fosse sempre il fautore del primo pugno, che nelle missioni della resistenza combattesse i nemici ballando, che avesse una foto autografata di Pitbull, che una volta avesse smantellato un nucleo di mafia italiana da solo, e dopo pochi giorni l’avesse ricreato perché gli mancava lo spaccio di pasta. Un fottio di storie, alle spalle dei stanchi occhi cerulei ed i disordinati capelli biondo cenere.
    Tutte vere, per giunta. Di conseguenza: «probabile» non sorrise, non cambiò tono di voce, e soprattutto non diede alla sua interlocutrice l’attenzione che così sgarbatamente avrebbe voluto auto imporsi, tornando invece a decifrare il codice sulla pergamena. Il ritratto del relax, William Yolo Barrow; immagine destinata a scontrarsi sempre con quei profili che non conoscevano quiete, e bruciavano fino a bucare le pareti – e che ancora, rimaneva inamovibile. Puntellò irritato la lingua sulla guancia quando la giovane battè entrambe le mani sulla scrivania, esigendo - ancora - un attenzione che non era in umore di darle. Cristo quanto gli mancava Idem Withpotatoes come segretaria; i nuovi non capivano mai un cazzo, delle regole di convivenza con Will. «non solo ti scopi il nemico, ma ci vivi insieme?» Un altro colpo sulla scrivania costrinse William a staccare con lenta intenzione lo sguardo dal codice per portarlo sulla mora, la quale, con la distaccata occhiata dell’ex Corvonero, avrebbe dovuto capire l’antifona - ma no, ai giovani i sottintesi non piacevano: bisognava dirglielo chiaro, tondo, ed in faccia con la potenza di uno schiaffo, quando fottutamente dovessero tenere la bocca chiusa. Non leggevano fra le righe, e non capivano che senza quei meccanismi invisibili, leggere tutto il cazzo di manuale non bastava a conoscere le regole.
    Figurarsi ad infrangerle. «e?» impassibile, malgrado quel colpo stesse iniziando ad andare a segno. Aveva sempre saputo, sin dall’inizio, che la sua relazione con Akelei avesse una data di scadenza. Che il giorno - quel giorno - sarebbe arrivato, quando i ribelli avrebbero smesso di bisbigliarlo alle spalle, e schiaffarglielo in faccia. Non era un suo diritto, avere una vita; non poteva scoparsi chi voleva, essere amico di chi voleva, amare chi cazzo gli pareva - e perché?
    Perchè «sei il capo della resistenza, will!» era tutto lì. Tutto, fottutamente, lì.
    Doveva dare il buon esempio. Doveva mettere in prima linea la Resistenza, sopra ogni cosa. Non poteva neanche usare la scusa del è la mia vita privata, perché la ribellione non era un lavoro: Will era, un ribelle. «non sono le persone il problema; è la società» ma si sentiva nel tono, che fosse stanco. Stanco di ripeterlo, agli altri ed a se stesso, stanco di sacrifici che venivano accantonati non appena decideva di essere egoista.
    Sapeva, William Yolo Barrow, che prima o poi sarebbe stato costretto a scegliere: semplicemente, non aveva alcuna fottuta intenzione di farlo. Akelei Beaumont non era la cosa più bella della vita di William, bisognava darne atto – ma era la cazzo di parentesi che rendeva tutto più bello, quel singhiozzo d’ossigeno che era sempre mancato al Barrow dedito solo alla Resistenza. Non era il suo Dio, non era la sua causa, ma vaffanculo, restava comunque «il capo dei cacciatori!» la donna che amava. «e?» «noi abbiamo bisogno di te, will. Come puoi farci questo» Come aveva potuto, William Barrow, credere di avere il beneficio di esistere: davvero assurdo. «non vado da nessuna parte, robin» sentendo la sua coscienza, con l’immancabile voce di Mitchell, bisbigliare al suo orecchio, tentò un tono accomodante; tentò di non buttarsi sulla difensiva - non doveva difendere le sue scelte -, di non aggredirla. «traditore»
    ma allora «vaffanculo» sorriso fra i denti, un sibilo gelido che fece indietreggiare d’un passo la recluta.
    Era stato William a trovare Robin, tanti anni prima. Una bambina che di quel mondo crudele ne era già stata inzuppata, che crescendo aveva portato le cicatrici con onore e devozione. Voleva bene a Robin, William. Fu anche quello il motivo che rese il tono di voce più tagliente, l’occhiata più fredda – stava fottutamente colpendo un pezzo di carne esposto. William era morto, per la Ribellione; aveva perso se stesso, si era ricostruito, e si era fatto distruggere centinaia di cazzo di migliaia di volte, per la Ribellione. E l’avrebbe rifatto.
    sempre. «immagini forse la casetta con il recinto bianco, bambini che scorrazzano in giardino, will? Lo sai che non puoi» vaffanculo. «vorresti? Oh mio dio, will - » «esci» «la ami? Chissà quanti di noi ha ucciso, e tu -» Un colpo, e quella volta da parte di William. Secco, ruvido, conclusivo, tanto da far sussultare se stesso ed interlocutrice. «esci da questa cazzo di porta, robin, prima che dica qualcosa che rimpiangeremmo entrambi» Silenzio. Finse di non vedere le lacrime agli occhi della ragazza, di non sentirle aggiungersi a quelle dei suoi predecessori, di tutti i cazzo di ribelli che andavano da lui a piangere come se William potesse fare qualcosa. Era un cazzo di essere umano, il Barrow.
    Che gli piacesse, o meno.
    «mi fidavo di te» Fu sul punto di risponderle.
    Fu sul punto di sorriderle, e riderne, e magari piangere un po’ anche lui.
    Anche io.

    Non c’era nulla di sensato, in Akelei. Non aveva mai realmente immaginato che potessero arrivare a quello – una relazione vera, dei figli per l’amor di Dio. Non aveva preso in considerazione, che il sesso potesse diventare amore.
    Non aveva mai previsto di innamorarsi, William Yolo Barrow. Uno stratega, un logico, un razionale figlio di puttana - eppure non l’aveva previsto.
    Deglutì, cambiando fianco per osservare la parte di letto di Akelei vuota, ma ancora calda. Non aveva bisogno di vederla lì, per sapere che aspetto avrebbe avuto: pallidi capelli biondi sparsi sul cuscino, labbra morbide e naturalmente curvate verso il basso, viso rilassato ed abbandonato al sonno. In nottata si svegliava spesso, Will, e come il peggiore degli eroi d’un romanzo rosa, si perdeva a guardarla, attirandola verso di sé e prendendo marginalmente nota del modo in cui il corpo di lei si adattasse al proprio, cercando gli spazi fra loro per riempirli di carne e vita. Forse non era un miracolo, forse non era la cosa migliore che potesse capitargli, ma era indubbiamente, fottutamente, la persona che lo rendeva felice. Non avrebbe sacrificato quella felicità per la Resistenza, e non avrebbe sacrificato la Ribellione per Akelei.
    Che cazzo volevano da lui, allora.
    Sentiva la voce della donna dal salotto, i passi ovattati ma distinti nel silenzio dell’appartamento. Parlava da sola? Certo che no; aveva preso le brutte abitudini del Barrow di parlare con gli animali della casa, e onestamente, Will non rimpiangeva nulla. Un sorriso curvò la bocca del ribelle – rilassato, fanciullesco, felice - mentre inspirava il profumo delle lenzuola fino ad intossicarsene. Qualcosa tornò al proprio posto, in quell’odore ormai famigliare. Un tic quasi udibile, uno scatto quasi fisico. Non era più casa di Akelei, quella – e lo dimostravano gli oggetti lasciati alla rinfusa per le stanze, i vestiti abbandonati su sedie o pavimento a seconda che fossero stati tolti con le mani o con i denti. Non c’era più solo odore di sesso, nella camera da letto.
    C’era il profumo di Will e Ake.
    «vaffanculo» ribadì in un mugugno, facendo leva sugli addominali per alzarsi. Lo sguardo cadde su un vaso ai piedi del letto che non ricordava assolutamente ci fosse la sera prima, e che era abbastanza certo non avrebbe dovuto starci – Ef aveva degli strani passatempi. Battè le palpebre, afferrandolo mentre si dirigeva in salotto. «mischief, cosa -» Bastò un’occhiata, a Will, per capire che qualcosa non andasse. Incrociò le iridi smeraldo di Akelei, l’espressione solenne che poco si adattava alle circostanze a fargli perdere mezzo battito. «possiamo parlare?» La frase che nessuno avrebbe mai voluto sentire – di certo non William fuckin Yolo Barrow. «dobbiamo proprio?» tentò scherzando, ma neanche troppo, avvicinandosi a lei a sopracciglia arcuate. «ci sono davvero moltissime attività più opportune, nel cuore della not-» «magari prima ti conviene posare quel vaso». addirittura.
    «addirittura» cosa provi? Paura. Che il Barrow avesse la coda di paglia? Sempre. Seguì le istruzioni e si avvicinò ad Ake, cauto come avrebbe approcciato un animale selvatico, spostando leggero una ciocca di capelli della bionda dietro l’orecchio. Suonava ripetitivo di quei tempi, ma citando il Poeta: «che succede?» a volte, bastava quello.
    I remember when I first noticed that you liked me back We were sitting down in a restaurant waiting for the check We had made love earlier that day with no strings attached But I could tell that something had changed how you looked at me then
    william
    barrow
    when: 03.07.93
    where: aberdeen
    sign: cancer
    status: taken
     
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