every day is like the same old song until everything right goes wrong

[ouroblivion] idem + tu?

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    «idem» Si rigirò nel letto, la testa nascosta sotto il cuscino. «idem» malgrado la temperatura fosse mite, Idem Withpotatoes era ancora arrotolata nella coperta invernale, e non aveva alcuna intenzione di abbandonarla – non in quel momento, né per l’intera estate. «idemidemidemidemidem» Eppure, aprì gli occhi comunque.
    Si alzò a sedere di scatto, palpebre spalancate e batticuore a far tremare le spalle, mentre lo sguardo celeste saettava per la stanza. «no» bisbigliò semplicemente con voce roca prima ancora di mettere a fuoco la stanza, bocca asciutta e capelli corvini sparati in ogni direzione.
    Si è svegliata, dobbiamo dirglielo?
    Mi dispiace tanto.

    Non poteva neanche incolpare panico irrazionale, Idem, mentre cercava di placare respiro e cuore. C’era un limite a quante tragedie potessero capitare, prima che psiche e salute mentale ne risentissero; nessuno poteva biasimarla per il terrore dipinto nelle iridi turchesi, quando queste atterrarono infine sul sorriso di suo fratello. «buongiornissimo» a cui la Withpotatoes, con i secondi necessari a metabolizzare cosa stesse capitando, rispose: «come hai fatto a entrare?» che fece corrugare le sopracciglia corvine di Poor. «dalla porta» ovvio e scontato; non insistette ricordandogli che la porta fosse stata chiusa, perché nessuna serratura aveva mai fermato l’houdini dei Withpotatoes.
    Eccetto quella dei laboratori, ma si trattava di una storia per un altro momento.
    «bngrn» mugugnò allora, stropicciandosi gli occhi e rotolando giù dal letto. Infilò la vestaglia sopra al pigiama, trascinandosi a rilento verso il bagno seguita poco distante dall’Ombra. «ho finito i cereali. mi sentivo in colpa a prenderli senza chiedere il permesso» gli occhi ancora gonfi di sonno della Withpotatoes, che finse di non accorgersi del fatto che fossero le sei del mattino, poor perché mi fai questo, ma almeno sei andato a dormire, calarono sul cucchiaio di metallo stretto nel pugno del metamorfo, una galeotta goccia di latte a scivolare sul manico. «ti sentivi in colpa, uh?» osservò, e lui si limitò a offrirle un sorriso tutto fossette e innocenza. Poor picchiettò il pugno sul petto fino a che un ruttino, delicato quanto quello di un infante ma fortunatamente privo di vomiticcio, non fuoriuscì dalle morbide labbra a cuore. «sì, e infatti non riuscivo a digerire senza avertelo detto. il karma» enfatizzò l’ultima parola, e Idem dedusse che le credenze di Poor si fossero (di nuovo.) spostate dal New Age alle religioni indiane; sempre meglio di quando aveva cercato di convincere Mabel a venerare Chuck Norris. «grazie per avermi svegliato alle sei del mattino per farmelo sapere» sussurrò, una pacca sulla spalla. «apprezzo» ed il sorriso sulle labbra di Idem, per quanto stanco e leggermente ironico, era sincero: sapeva che Poor aveva sempre bisogno di validazione, e di linee guida che non lo facessero smarrire nel caos della sua testa. «ma la prossima volta potresti...non so, bussare?» tentò, cercando di ricordare a suo fratello che non vivesse da sola, e se proprio non poteva rispettare la sua privacy, poteva almeno cercare di provarci per Noah. Dall’espressione di Poor, pareva l’avesse appena incitato a prendere a calci un cucciolo di foca, e non ad evitare di entrare di soppiatto come un ladro nelle abitazioni altrui. «ma sono tuo fRaTeLlo» chissà se faceva lo stesso con Gemes, con Mabel sapendo che il coinquilino fosse Aaron; dubitava «L’HAI DIMENTICATO DI NUOVO?» al sibilo di Poor, rispose con una smorfia sofferente e colpevole. «sono io, poor!!!! POOR EDMUND!!! il bambino che avete adottato quando avevo tipo sette anni!!! ora sono cresciuto e molto più bello, ma-» «lo so chi sei» sussurrò. «ora» Idem deglutì, occhi azzurri a scivolare verso i propri piedi. «ora.» concesse.
    Perchè lei si era, dimenticata di Poor. Le avevano fatto dimenticare Poor, a lei come a tutti i Withpotatoes – ma anche qui, storia per un altro momento.
    Corrugò le sopracciglia, un’intensa occhiata ad Edmund. «stai cercando di cambiare discorso» Lui le sorrise ancora, beffardo e divertito, portando ingenuo una mano al cuore. «io non provo, io riesco. ciao sis smak» così com’era arrivato, se ne andò.
    Idem sospirò all’appartamento addormentato, scivolando silenziosa in bagno per una doccia prima d’iniziare la giornata (oramai era sveglia, tanto valeva essere produttivi), e fu guardando il proprio riflesso allo specchio, che se ne accorse.
    «questa non è la mia vestaglia» quella non era la sua vestaglia. E non era il suo pigiama. E gli oggetti che appesantivano le tasche, non erano suoi. Prese un documento e lo osservò curiosa sotto la flebile luce delle lampadine, studiandolo a palpebre dischiuse.
    Tornò in camera sua. Non c’era nulla di… nulla fuori posto.
    Si disse di essere ancora addormentata, Idem; di star sognando, forse. Allora visse il resto della giornata come avrebbe fatto qualsiasi altro giorno, presto dimentica di possedere oggetti che non le appartenevano e di non avere assolutamente idea di come ne fosse giunta in possesso. Solo alla sera, affacciandosi in camera di Noah, si ricordò della questione: «noah...» aprì la bocca, e quando incrociò lo sguardo del metamorfo, la richiuse. «hai invitato qualcuno a casa di recente?» domandò infine, pur sapendo non fosse quella la domanda che aveva intenzione di porre. Come poteva dirgli che si era ritrovata con cianfrusaglie e documenti, e vestiti, di qualcun altro senza avere la più pallida idea di come fosse successo. «no, perché?» Si strinse nelle spalle, un «così, chiedevo» liquidando la questione al giorno successivo, che ormai era tardi e non aveva senso starci a rimuginare. Doveva essere stato uno stupido scherzo di Poor: amava suo fratello, ma non sempre (leggasi: mai) comprendeva il suo senso dell’umorismo. «buonanotte» si congedò con un sorriso.

    «idem» grugnì piano, più stanca che seccata. «idem» roteò supina e spalancò gli occhi sul soffitto. «idemidemidemidemidem» «sono sveglia» fece notare, roteando gli occhi azzurri sul fratello. «non ti avevo detto di bussare?» Lui le sorrise, adorabile e apogeo della purezza di spirito, stringendosi mite nelle spalle. «ho finito i cereali. mi sentivo in colpa a prenderli senza chiedere il permesso» Corrugò le sopracciglia, alzandosi (dolentemente) a sedere con la schiena poggiata alla testata del letto. «di nuovo?» l’altro parve oltraggiato dall’insinuazione. Portò una mano al cuore, sguardo teatralmente offeso ad inchiodarla sul materasso. «non sono mai venuto a chiederti cereali. Latte? si. Zucchero e caffè? Sempre. Succo di frutta e dentifricio? Ovvio. Ma cereali? Duh.» grugnì. «è la prima volta. Tagliami un po’ di corda, sis» Inarcò un sopracciglio verso di lui. «poor, sei venuto letteralmente ieri» il Withpotatoes la osservò a palpebre socchiuse, un’espressione pensosa che era assai raro vedere sul volto di Edmund. «title of your sextape?» concluse soddisfatto, ghignando sornione, prima di riflettere su quanto appena detto, ed arricciare il naso. «oh, ew, no, agghiacciante, sis che fai, lo dico a nonna, e lo sai che poi ti tocca il racconto di quando da giovane hanno cercato di assumerla per lavorare come “signorina da strada”, e lei ha sovvertito il patriarcato -» «- diventando la pappona di quartiere, e liberando tutte le ragazze impegnate in un “lavoro rispettabile solo se per scelta”, ricordo» massaggiò stanca una guancia, sospirando sul palmo. «ho fatto un sogno strano» bofonchiò, gli occhi a seguire il cucchiaio stretto nel pugno del fratello.
    Molto strano. E, di nuovo: «hai cercato di cambiare discorso» rendendosi conto che il fratello avesse già un piede oltre l’appartamento, il pancino pieno dei loro cereali ed un sorriso felice sulle labbra. «io non cerco. Io riesco, sis»
    Quella mattina a colazione, Idem fece scivolare gli oggetti non suoi ritrovati nelle tasche della vestaglia, ed i documenti non suoi che ivi aveva scovato accartocciati, in direzione di Noah. Alla sua espressione interrogativa, rispose con un amabile sorriso: «potrei star impazzendo» Domandò ai vicini; domandò a chiaroveggenti e telepati. Domandò ai fantasmi.
    è un sogno molto lungo, si disse, andando a dormire.

    «idem»
    Uh.
    «idem» Un sogno davvero, davvero - «idemidemidemidemidem» «hai mangiato i cereali e ti senti in colpa.» scattò, rotolando verso il fratello che la osservò ad occhi spalancati. «come – in che – non è che mi sento proprio in colpa, uh -COME? c’erano cimici nei cereali? Non gli insetti – spero – quelle delle spie russe.» «hai davvero...» saltò in piedi facendo ribaltare a terra il Withpotatoes, le dita a scavare nelle tasche della vestaglia.
    Si bloccò d’improvviso quando i polpastrelli sfiorarono della carta plastificata. Devo svegliare Noah. Devo chiamare Phobos. Devo andare in fattoria a rintracciare Amos.
    Perchè sembrava a tutti gli effetti un mistero da risolvere, ma a trattenerla c’era la possibilità che stesse effettivamente, e sul serio, perdendo la testa. Se dovevano giudicarla pazza, preferiva non farlo con un intero comitato di testimoni alle spalle. «mi serve una mano.»
    E questa è la breve storia di come Idem Withpotatoes, per la prima volta in tre primi giorni, si ritrovò a dondolare nervosamente davanti all’Amortentia in attesa che il locale aprisse. Doveva capire, doveva indagare, e doveva – «SEI TU!» spalancò la bocca indicando qualcuno (chi? TU!!&&) che passeggiava lì affianco, lo stesso qualcuno a cui appartenevano i documenti che s’era ritrovata in tasca. «i tuoi – le tue – anche a te sta succedendo qualcosa di strano?» domandò infine, grandi ed esasperati occhi blu ad implorare risposte.
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    Aveva sempre sognato una vacanza ai Caraibi o in un'isola, mentre prendeva il sole con in mano un cocktail analcolico ai frutti tropicali. Wendy era la tipica americana che sognava una scena del genere, sull'amaca a godersi il rumore del mare e il venticello che le scompigliava i capelli. In the summertime when the weather is hot parole sante Mungo. Quella canzone in sottofondo era perfetta e trasmetteva così la voglia di pace, tutto quello di cui aveva bisogno la bionda. Essere un'insegnante ad Hogwarts era così stancante e non solo fisicamente, ma erano i ragazzi che più le davano pensieri; aveva sempre paura di perderli durante la propria lezione e per i santi Alieni se non era ancora successo era solo grazie alla fortuna. Have a drink, have a drive e saluto al sole con quel favoloso e magico drink. Poi il sole divenne accecante mentre la canzone in sottofondo si faceva sempre più vicina all'orecchio In the summertime when the weather is hot Wendy
    You can stretch Wendy....right up and touch the sky

    Cosa? L'amaca prese ad agitarsi «Sto cadendo!»
    «No, stavi dormendo. Sulla sedia.»
    «Cosa?» Si guardò intorno confusa, Wendy, rendendosi conto solo in quel momento che non era su di una spiaggia e non aveva neanche un cocktail in mano. La musica era presente però, guardò Fray molto confusa «Non capisco»
    «Continuava a suonare, così sono venuta a controllare.» guardò l'apparecchio magico che i comuni mortali chiamavano cellulare e si ricordò di aver messo la sera precedente quella canzone, perchè le ricordava l'estate.
    «Scusa mi sono addormentata mentre correggevo i compiti dei ragazzi» le sorrise e si stiracchiò, alla fine non era stato male addormentarsi seduta, forse poteva essere un nuovo modo per farlo, doveva aggiungerlo alla lista delle cose da fare. Magari poteva persino togliere il letto così da avere più spazio. Per cosa? Doveva ancora pensarci ma qualcosa le sarebbe sicuramente venuto in mente. «Wendy?» La voce della sorella la fece tornare al presente, così la guardò cercando di ricordare cosa si stavano dicendo «Volevi dirmi qualcosa? »
    «Ho trovato un'altra serie sugli alieni da vedere»
    «Uhh davvero? Quale?» a casa De Thirteenth erano sempre alla ricerca di serie da guardare sulle loro divinità per poi recensire critiche pesanti riguardo alla sceneggiatura perchè a parere loro non erano essere crudeli, almeno che non ci si fidasse della loro esistenza, erano delle divinità che vegliavano su ognuno di loro e meritavano il rispetto che gli spettava.
    «Roswell»
    «Ma non l'abbiamo già vista?»
    «Quella è ambientata in Messico. Io parlo della serie di venti anni fa. Dobbiamo vederla.»
    «Ci sto.» si alzò finalmente dalla sedia sentendo dei dolorini alla schiena; forse era il caso di non dormire più sulla sedia. Poteva cancellarla dalla lista.
    Scese a fare colazione e trovò suo fratello «Buongiorno» silenzio. «ci sei anche tu stasera per Roswell?» silenzio. Forse aveva il ciclo. Lo vide alzarsi e fasfugliare qualcosa come un forse a dopo , ma non ne era sicura però rispose lo stesso con un «A dopo»


    In the summertime when the weather is hot una dolce musica le dava quella sensazione di pace mentre dondolava sull'amaca con in mano il cocktail analcolico. Come il giorno prima era un sogno poter vivere in quell'oasi di tranquillità, lontano dai ragazzi e dalla vita frenetica di tutti i giorni, in quanto De Thirteenth ogni giorni veniva vissuto a 360 gradi e succedeva sempre qualcosa che rendeva la giornata particolare. In the summertime WENDY... the weather is hot
    You can stretch right up and touch the WENDY????

    «CADO!!» Si svegliò di soprassalto. Era di nuovo seduta sulla sedia, non l'aveva depennata come idea di dormita sana?
    «No, stavi dormendo. sulla sedia.»
    «Già e dovrei smetterla, l'ho fatto anche ieri e la schiena mi sta uccidendo» disse guardando il cellulare che aveva smesso di suonare, forse doveva togliere quella suoneria, ogni volta le sembrava di stare al mare e il risveglio era troppo difficile da gestire
    «Continuava a suonare, così sono venuta a controllare.»
    «Scusa, non riesco a capire che è la sveglia. Magari domani non ricapiterà»
    «Ho trovato un'altra serie sugli alieni da vedere»
    «Un'altra? Quale?» certo che si stava dando da fare per trovare qualcosa da vedere insieme, ma magari potevano prima finire «Roswell» ecco appunto. Ma qualcosa non tornava «Cosa?»
    «Non quella ambientata in Messico. Io parlo della serie di venti anni fa. Dobbiamo vederla.»
    «Cosa?»
    «Tutto bene?» chiese Fray preoccupata e come poteva non esserlo, Wendy era così confusa, tutto quello era come un deja vu che si ripete come un deja vu (eh). Che strana sensazione. Guardò la gemella «Lo abbiamo visto ieri il primo episodio. Forse volevi dire di guardare il secondo»
    «Hai visto una nuova serie senza di me?! E soprattutto quando l'hai scoperta? WENDY!»
    «Senza di te? Ma eravamo insieme. L'episodio finisce con»«NON VOGLIO SPOILER!!»
    interruppe la gemella e scappò via. Wendy era così confusa.

    In the summertime when the weather is hot
    «EH NO!!!» Wendy si svegliò di soprassalto da sopra la sedia, ancora una volta. Possibile che potesse essere così stupida da dormire tre volte di seguito su di essa dopo averla depennata perchè scomoda?! Non era possibile. tutto era così strano. Vide entrare Fray «Non dire una parola! So già cosa stai per dirmi e non perchè sono tua gemella e so cosa pensi anche solo con uno sguardo. Cioè si anche per quello ma qui la cosa è molto più grave. STO RIVIVENDO LA STESSA GIORNATA!»
    «Cosa?»
    «LO SO. Stavi per dirmi di una nuova serie Roswell ma non quella ambientata in Messico ma quella di vent'anni fa. ME lo hai detto tu ieri. Anche se ti pare strano»
    «MA COSA MI STAI NARRANDO?!» era stranita ma eccitata? lo capiva, perchè anche la bionda lo era, non capitava così spesso di rivivere la stessa giornata e ora che l'aveva capito poteva fare tante e divertenti cose. «SIIII NON é BELLISSIMO?!»
    «La smettete di urlare?» intervenne Sandy, che finalmente aveva parlato. Wendy lo abbracciò contro la sua volontà, tanto la mattina dopo non lo avrebbe ricordato, cioè non sarebbe mai avvenuto e doveva approfittarne.
    «Scusaci, ma sto rivivendo le giornate come nel film Auguri per il tuo compleanno»
    «Auguri per la tua morte»
    «Cosa?»
    «Si chiama auguri per la tua morte.» disse ancora una volta il fratello minore «Ah si quello. NOn è mitico?»
    «Ok. Vado a fare colazione.» e così facendo se la svignò prima di essere coinvolto in una qualche pazzia delle gemelle, perchè si poteva vedere negli occhi della bionda che aveva voglia di fare qualche pazzia.
    «Cosa possiamo fare?» disse infatti alla rossa.


    Alla fine era tornata all'Amortentia, perchè parlando con la gemella aveva capito che non poteva continuare a vivere lo stesso giorno, magari c'era qualcosa che doveva cambiare ma doveva capire come poterne venire fuori e l'ultima volta che si era spostata era stata lì, cioè prima di tutto ecco. «SEI TU!» Idem le si piazzò davanti e dalla faccia sembrava così sconvolta. Le sorrise immediatamente in risposta perchè era Wendy e le veniva spontaneo farlo.
    «SI SONO IO!!!» disse ma in modo del tutto diverso rispetto a lei, perchè la bionda era stranamente felice e solo quando Idem le fece notare di avere i documenti una dell'altra che notò nella borsa che possedeva appunto quelli dell'amica
    «i tuoi – le tue – anche a te sta succedendo qualcosa di strano?»
    «Uh è vero. Quindi ci sta capitando la stessa cosa» si grattò il mento come un detective e si guardò intorno poi con fare cagnesco e serio. Forse. «Dici che il colpevole ci sta spiando?» cosa?

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    Wendy
     
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    «SI, SONO IO!»» per un istante, effimero quanto mezzo battito di cuore, Idem si sentì sollevata: Wednesday De Thirteenth sembrava sicura, determinata - certa di quanto stesse accadendo, come se avesse atteso Idem sino a quel momento per sistemare la questione. Le bastò una seconda occhiata al sorriso entusiasta della bionda, per capire che la replica fosse stata spontanea, e non intenzionale come aveva voluto intenderlo la Withpotatoes. Sospirò e massaggió le palpebre abbassate, ingobbando le spalle con un arrendevolezza che le si addiceva assai poco. La ex Tassorosso non accettava la resa facilmente: trovava sempre il lato positivo di ogni situazione, e se non esisteva una soluzione, la creava; le veniva istintivo, specialmente quando qualcuno oltre alla sua persona era coinvolto, togliersi ogni dubbio e sventolare ottimismo (malgrado ne avesse), eppure quella situazione specifica, sfidava anche la sua leggendaria pazienza. «Uh è vero. Quindi ci sta capitando la stessa cosa» Anziché preoccupazione, o lecito terrore, sul viso della bionda si dipinse un'espressione risoluta. Seguì il suo sguardo al circondario - deserto - e dubbiosa tornò a ricambiare il suo sguardo, abbozzando un sorriso gentile e solo in parte - voleva evitare di ferire i sentimenti della docente o demoralizzarla - confuso. « anche tu stai rivivendo in continuazione lo stesso giorno? » c'era una nota ironica, solo vagamente isterica, nel tono leggero della Withpotatoes. Voleva credere che la risposta fosse positiva, che non stesse impazzendo, ma temeva che sperandoci troppo e ricevendo una risposta negativa, perfino la sua naturale e apparentemente infinita speranza l'avrebbe abbandonata. Non...non voleva esserci dentro da sola. E sapeva, sapeva quanto fosse egoista desiderare che Wendy avesse il suo stesso problema, ma non poteva fare a meno di...non esattamente sperarci, ma neanche augurarle il contrario. Non poteva sopportare l'idea che anche Wendy, il giorno dopo, non avrebbe avuto memoria di quanto successo, lasciandola nuovamente in balia degli eventi. Abbassò imbarazzata lo sguardo, il senso di colpa a stringerle la gola. Cosa dici, Idem; non vuoi che anche lei ci sia dentro: puoi farcela benissimo da sola, non devi essere un problema degli altri.
    Non di nuovo, e non più.
    «Dici che il colpevole ci sta spiando?» Aggrottò le sopracciglia, uno sguardo di sottecchi alla donna. « il... colpevole? » umettò le labbra, un mezzo sorriso sulle labbra. « pensi che sia stato qualcuno a farci questo? » la Withpotatoes non aveva molte teorie in merito, ma che potesse essere colpa di una persona, era qualcosa che non poteva né voleva credere. « perché avrebbe dovuto » domandò, a se stessa ed a Wendy, alzando gli occhi cerulei su quest'ultima. « e come? » continuó conciliante, arcuando le sopracciglia corvine: erano (state, per quanto la riguardava) streghe, la magia non era una novità per loro, ma quello le sembrava un po' estremo per chiunque. Chi poteva avere il potere di manipolare il tempo in quel modo? Non credeva fosse una capacità dei cronocineti (......non la era, giusto? ) E non conosceva incantesimi che potessero giocare un tale tiro mancino. Un illusione, forse? Effetti collaterali dell'esposizione a qualcosa di allucinogeno? Non comprendeva però perché lei e Wendy: eccetto Phobos Campbell, non avevano molto in comune, e dubitava (...) Che Phobos centrasse qualcosa. « magari siamo...uh, inciampate in qualche...sai » deglutì e, nonostante fossero le uniche due anime in circolazione, abbassó il tono di un'ottava. « piega spazio temporale? » c'era anche lei, quando avevano visto il passato ed il futuro in uno specchio, ed anche lei aveva conosciuto quelli del sottosopra. « onestamente... » per quanto le costasse ammetterlo, decise di essere del tutto sincera con la De Thirteenth: in quelle circostanze, fingere non sarebbe servito a nulla. « non lo so. Né so come uscirne » una pausa. Speranzosa, cercò gli occhi verdi della fotografa. « idee? »
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    Wendy come Idem, era da sempre una persona ottimista, vedeva il bicchiere sempre pieno anche se qualcuno lo aveva rovesciato e questo qualcuno era stato chiaramente lei. Insomma combinava guai col sorriso, insieme alla gemella e dato che ne fin da piccola era sempre in mezzo ad essi, se avesse iniziato a disperarsi non avrebbe mai riavuto la vagina ad esempio.
    Però una situazione del genere era nuova persino per lei e la cosa che più la spaventava era che non avrebbe affrontato quel problema con Fray e sappiamo che la mente tra le due non era la bionda, che non lo era solo per via dei capelli. Ma poteva fidarsi di Idem, no? Chiaramente no. Era confusa e spaesata più di lei, sentimenti più che legittimi per tutti, tranne che per Wendy che non aveva davvero capito la gravità della situazione pensando al contrario di vivere un'altra avventura.
    « pensi che sia stato qualcuno a farci questo? »
    «Magari sono stati gli alieni» ok, forse aveva appena detto una cavolata perchè gli Dei Alieni non si sarebbero mai abbassati a fare uno scherzo del genere e soprattutto a lei che li venerava e sempre con rispetto.
    « perché avrebbe dovuto » appunto, come potevano gli alieni farle una cosa del genere. Era un no assoluto.
    «Ok hai ragione, scartiamo gli alieni» non importava se Idem in realtà stava parlando di altro e quasi sicuramente non aveva neanche ascoltato quello che la De Thirtheenth aveva appena detto; ma come biasimarla, era una situazione molto delicata e non sapevano neanche come uscirne.
    « magari siamo...uh, inciampate in qualche...sai »
    «Sai?» la cosa si faceva seria e come l'amica pensò che era il caso rimanesse un segreto nonostante fossero praticamente sole, infatti si avvicinò a lei per farsi sussurrare « piega spazio temporale? »
    «PIEGA SPAZIO TEMPORALE!?!» al contrario di Idem lei alzò la voce perchè stupita da quella cosa. Non ci aveva pensato davvero perché per lei era stato solo un brutto scherzo di qualcuno che aveva voglia di divertirsi, magari in modo molto brutto, ma rimaneva uno scherzo; tanto che in tal caso sapeva la risposta: trovare il colpevole e supplicarlo di togliere il malocchio. Chiaramente era meglio la supplica invece che essere in un loop, quello era decisamente più spaventoso. Non aveva idee e sperava nella mora che sembrava più intelligente o astuta di lei. Forse.
    «non lo so. Né so come uscirne» come non detto. Guardò la compagna di quella nuova avventura e forse l'ultima, ancora non si poteva sapere che fine avrebbero fatto loro due.
    «idee?»
    «Magari se ripercorriamo la giornata di ieri » si fermò perchè si era leggermente confusa da sola ed era meglio chiarire una cosa «Nel senso prima che ieri diventasse anche oggi. ieri..ieri. Prima di rivivere la giornata di oggi. Insomma cosa hai fatto?»

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    Mordicchiò nervosamente l’interno della guancia, le dita a tirare il bordo della vestaglia. Non capitava spesso che si ritrovasse senza parole, o senza idee su come agire, ma quella era decisamente una situazione surreale e al di fuori della sua portata. Cosa aveva fatto il giorno prima? Le pareva un ottimo punto d’inizio per le indagini, ma allo stesso tempo non...avrebbe saputo dire cosa avesse fatto di diverso. Santo cielo, se fosse incappata in una faglia spazio temporale avrebbe dovuto trattarsi di qualcosa di grande ed epico, no? L’ultima volta che era successo, erano c’entrati viaggi nel tempo e fantasmi del passato tornati per riprendersi la corona; non ricordava di aver evocato demoni d’altri tempi o di aver smarrito altri fratelli nel Medioevo, ma forse era il caso di fare un giro di telefonate. Non si sapeva mai. «sono andata a lavoro? e» sono passata dal quartier generale della resistenza, a quello non poteva dirlo. Sorrise alla De Thirteenth. Idem Withpotatoes, in linea di massima, non sapeva mentire, ma quando la situazione lo richiedeva, non perdeva mezzo battito nel flettere la verità. «ho fatto un paio di commissioni, nulla di entusiasmante; sono tornata a casa, e...» basta. Scrollò le spalle, agitando vaga le mani per indicarle che come fosse finita, lo sapevano entrambe. Inspirò profondamente, la testa reclinata sulla spalla alla ricerca del morbido conforto della vestaglia. Si fermò d’un tratto a età movimento, vigili occhi azzurri ad osservare un punto oltre le spalle della bionda. «ho incontrato questo...ragazzino» scandì lentamente, cercando di unire i puntini a formare il disegno più grande – un compito che solitamente toccava a Darth; lei era quella dei gadget ed i biscotti, Noah quello Bello, Phobos quello con (i soldi) le risorse, e Jess quella simpatica: a ognuno il suo – sentendo di essere vicina a...qualcosa. Mise nuovamente a fuoco la strega, tristi occhi chiari a cercare i suoi. «a lavoro. Uscito da poco dai laboratori, con diverse...difficoltà» di vita, ma quello era un dettaglio che, se possibile, avrebbe preferito tenere per sé: segreto professionale. «anche a gestire il proprio potere? Ma non so se-» indicò l’ambiente attorno a loro, sempre uguale. «possa essere opera sua. Magari...inconsciamente? Una specie di...richiesta d’aiuto?» Ed un pensiero più greve le strinse il petto in una morsa: che fosse un defective? Sapeva cosa succedeva agli special difettosi, e non voleva pensare che una sorte simile potesse toccare un bambino spaventato e confuso. «piuttosto alto per la sua età, magrissimo, con fini capelli bruni lunghi fino alle spalle? Magari l’hai...incontrato anche te?»
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    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
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