-
.
b-day: 21.03.1993 house: hufflepuff job: psychowat power: medium be-kind-be-gentleidem wp«idem» Si rigirò nel letto, la testa nascosta sotto il cuscino. «idem» malgrado la temperatura fosse mite, Idem Withpotatoes era ancora arrotolata nella coperta invernale, e non aveva alcuna intenzione di abbandonarla – non in quel momento, né per l’intera estate. «idemidemidemidemidem» Eppure, aprì gli occhi comunque.
Si alzò a sedere di scatto, palpebre spalancate e batticuore a far tremare le spalle, mentre lo sguardo celeste saettava per la stanza. «no» bisbigliò semplicemente con voce roca prima ancora di mettere a fuoco la stanza, bocca asciutta e capelli corvini sparati in ogni direzione.
Si è svegliata, dobbiamo dirglielo?
Mi dispiace tanto.
Non poteva neanche incolpare panico irrazionale, Idem, mentre cercava di placare respiro e cuore. C’era un limite a quante tragedie potessero capitare, prima che psiche e salute mentale ne risentissero; nessuno poteva biasimarla per il terrore dipinto nelle iridi turchesi, quando queste atterrarono infine sul sorriso di suo fratello. «buongiornissimo» a cui la Withpotatoes, con i secondi necessari a metabolizzare cosa stesse capitando, rispose: «come hai fatto a entrare?» che fece corrugare le sopracciglia corvine di Poor. «dalla porta» ovvio e scontato; non insistette ricordandogli che la porta fosse stata chiusa, perché nessuna serratura aveva mai fermato l’houdini dei Withpotatoes.
Eccetto quella dei laboratori, ma si trattava di una storia per un altro momento.
«bngrn» mugugnò allora, stropicciandosi gli occhi e rotolando giù dal letto. Infilò la vestaglia sopra al pigiama, trascinandosi a rilento verso il bagno seguita poco distante dall’Ombra. «ho finito i cereali. mi sentivo in colpa a prenderli senza chiedere il permesso» gli occhi ancora gonfi di sonno della Withpotatoes, che finse di non accorgersi del fatto che fossero le sei del mattino, poor perché mi fai questo, ma almeno sei andato a dormire, calarono sul cucchiaio di metallo stretto nel pugno del metamorfo, una galeotta goccia di latte a scivolare sul manico. «ti sentivi in colpa, uh?» osservò, e lui si limitò a offrirle un sorriso tutto fossette e innocenza. Poor picchiettò il pugno sul petto fino a che un ruttino, delicato quanto quello di un infante ma fortunatamente privo di vomiticcio, non fuoriuscì dalle morbide labbra a cuore. «sì, e infatti non riuscivo a digerire senza avertelo detto. il karma» enfatizzò l’ultima parola, e Idem dedusse che le credenze di Poor si fossero (di nuovo.) spostate dal New Age alle religioni indiane; sempre meglio di quando aveva cercato di convincere Mabel a venerare Chuck Norris. «grazie per avermi svegliato alle sei del mattino per farmelo sapere» sussurrò, una pacca sulla spalla. «apprezzo» ed il sorriso sulle labbra di Idem, per quanto stanco e leggermente ironico, era sincero: sapeva che Poor aveva sempre bisogno di validazione, e di linee guida che non lo facessero smarrire nel caos della sua testa. «ma la prossima volta potresti...non so, bussare?» tentò, cercando di ricordare a suo fratello che non vivesse da sola, e se proprio non poteva rispettare la sua privacy, poteva almeno cercare di provarci per Noah. Dall’espressione di Poor, pareva l’avesse appena incitato a prendere a calci un cucciolo di foca, e non ad evitare di entrare di soppiatto come un ladro nelle abitazioni altrui. «ma sono tuo fRaTeLlo» chissà se faceva lo stesso con Gemes, con Mabel sapendo che il coinquilino fosse Aaron; dubitava «L’HAI DIMENTICATO DI NUOVO?» al sibilo di Poor, rispose con una smorfia sofferente e colpevole. «sono io, poor!!!! POOR EDMUND!!! il bambino che avete adottato quando avevo tipo sette anni!!! ora sono cresciuto e molto più bello, ma-» «lo so chi sei» sussurrò. «ora» Idem deglutì, occhi azzurri a scivolare verso i propri piedi. «ora.» concesse.
Perchè lei si era, dimenticata di Poor. Le avevano fatto dimenticare Poor, a lei come a tutti i Withpotatoes – ma anche qui, storia per un altro momento.
Corrugò le sopracciglia, un’intensa occhiata ad Edmund. «stai cercando di cambiare discorso» Lui le sorrise ancora, beffardo e divertito, portando ingenuo una mano al cuore. «io non provo, io riesco. ciao sis smak» così com’era arrivato, se ne andò.
Idem sospirò all’appartamento addormentato, scivolando silenziosa in bagno per una doccia prima d’iniziare la giornata (oramai era sveglia, tanto valeva essere produttivi), e fu guardando il proprio riflesso allo specchio, che se ne accorse.
«questa non è la mia vestaglia» quella non era la sua vestaglia. E non era il suo pigiama. E gli oggetti che appesantivano le tasche, non erano suoi. Prese un documento e lo osservò curiosa sotto la flebile luce delle lampadine, studiandolo a palpebre dischiuse.
Tornò in camera sua. Non c’era nulla di… nulla fuori posto.
Si disse di essere ancora addormentata, Idem; di star sognando, forse. Allora visse il resto della giornata come avrebbe fatto qualsiasi altro giorno, presto dimentica di possedere oggetti che non le appartenevano e di non avere assolutamente idea di come ne fosse giunta in possesso. Solo alla sera, affacciandosi in camera di Noah, si ricordò della questione: «noah...» aprì la bocca, e quando incrociò lo sguardo del metamorfo, la richiuse. «hai invitato qualcuno a casa di recente?» domandò infine, pur sapendo non fosse quella la domanda che aveva intenzione di porre. Come poteva dirgli che si era ritrovata con cianfrusaglie e documenti, e vestiti, di qualcun altro senza avere la più pallida idea di come fosse successo. «no, perché?» Si strinse nelle spalle, un «così, chiedevo» liquidando la questione al giorno successivo, che ormai era tardi e non aveva senso starci a rimuginare. Doveva essere stato uno stupido scherzo di Poor: amava suo fratello, ma non sempre (leggasi: mai) comprendeva il suo senso dell’umorismo. «buonanotte» si congedò con un sorriso.
«idem» grugnì piano, più stanca che seccata. «idem» roteò supina e spalancò gli occhi sul soffitto. «idemidemidemidemidem» «sono sveglia» fece notare, roteando gli occhi azzurri sul fratello. «non ti avevo detto di bussare?» Lui le sorrise, adorabile e apogeo della purezza di spirito, stringendosi mite nelle spalle. «ho finito i cereali. mi sentivo in colpa a prenderli senza chiedere il permesso» Corrugò le sopracciglia, alzandosi (dolentemente) a sedere con la schiena poggiata alla testata del letto. «di nuovo?» l’altro parve oltraggiato dall’insinuazione. Portò una mano al cuore, sguardo teatralmente offeso ad inchiodarla sul materasso. «non sono mai venuto a chiederti cereali. Latte? si. Zucchero e caffè? Sempre. Succo di frutta e dentifricio? Ovvio. Ma cereali? Duh.» grugnì. «è la prima volta. Tagliami un po’ di corda, sis» Inarcò un sopracciglio verso di lui. «poor, sei venuto letteralmente ieri» il Withpotatoes la osservò a palpebre socchiuse, un’espressione pensosa che era assai raro vedere sul volto di Edmund. «title of your sextape?» concluse soddisfatto, ghignando sornione, prima di riflettere su quanto appena detto, ed arricciare il naso. «oh, ew, no, agghiacciante, sis che fai, lo dico a nonna, e lo sai che poi ti tocca il racconto di quando da giovane hanno cercato di assumerla per lavorare come “signorina da strada”, e lei ha sovvertito il patriarcato -» «- diventando la pappona di quartiere, e liberando tutte le ragazze impegnate in un “lavoro rispettabile solo se per scelta”, ricordo» massaggiò stanca una guancia, sospirando sul palmo. «ho fatto un sogno strano» bofonchiò, gli occhi a seguire il cucchiaio stretto nel pugno del fratello.
Molto strano. E, di nuovo: «hai cercato di cambiare discorso» rendendosi conto che il fratello avesse già un piede oltre l’appartamento, il pancino pieno dei loro cereali ed un sorriso felice sulle labbra. «io non cerco. Io riesco, sis»
Quella mattina a colazione, Idem fece scivolare gli oggetti non suoi ritrovati nelle tasche della vestaglia, ed i documenti non suoi che ivi aveva scovato accartocciati, in direzione di Noah. Alla sua espressione interrogativa, rispose con un amabile sorriso: «potrei star impazzendo» Domandò ai vicini; domandò a chiaroveggenti e telepati. Domandò ai fantasmi.
è un sogno molto lungo, si disse, andando a dormire.
«idem»
Uh.
«idem» Un sogno davvero, davvero - «idemidemidemidemidem» «hai mangiato i cereali e ti senti in colpa.» scattò, rotolando verso il fratello che la osservò ad occhi spalancati. «come – in che – non è che mi sento proprio in colpa, uh -COME? c’erano cimici nei cereali? Non gli insetti – spero – quelle delle spie russe.» «hai davvero...» saltò in piedi facendo ribaltare a terra il Withpotatoes, le dita a scavare nelle tasche della vestaglia.
Si bloccò d’improvviso quando i polpastrelli sfiorarono della carta plastificata. Devo svegliare Noah. Devo chiamare Phobos. Devo andare in fattoria a rintracciare Amos.
Perchè sembrava a tutti gli effetti un mistero da risolvere, ma a trattenerla c’era la possibilità che stesse effettivamente, e sul serio, perdendo la testa. Se dovevano giudicarla pazza, preferiva non farlo con un intero comitato di testimoni alle spalle. «mi serve una mano.»
E questa è la breve storia di come Idem Withpotatoes, per la prima volta in tre primi giorni, si ritrovò a dondolare nervosamente davanti all’Amortentia in attesa che il locale aprisse. Doveva capire, doveva indagare, e doveva – «SEI TU!» spalancò la bocca indicando qualcuno (chi? TU!!&&) che passeggiava lì affianco, lo stesso qualcuno a cui appartenevano i documenti che s’era ritrovata in tasca. «i tuoi – le tue – anche a te sta succedendo qualcosa di strano?» domandò infine, grandi ed esasperati occhi blu ad implorare risposte.[bridge]
Hold on to
something good
Something's
gotta change. -
.
b-day: 21.03.1993 house: hufflepuff job: psychowat power: medium be-kind-be-gentleidem wp«SI, SONO IO!»» per un istante, effimero quanto mezzo battito di cuore, Idem si sentì sollevata: Wednesday De Thirteenth sembrava sicura, determinata - certa di quanto stesse accadendo, come se avesse atteso Idem sino a quel momento per sistemare la questione. Le bastò una seconda occhiata al sorriso entusiasta della bionda, per capire che la replica fosse stata spontanea, e non intenzionale come aveva voluto intenderlo la Withpotatoes. Sospirò e massaggió le palpebre abbassate, ingobbando le spalle con un arrendevolezza che le si addiceva assai poco. La ex Tassorosso non accettava la resa facilmente: trovava sempre il lato positivo di ogni situazione, e se non esisteva una soluzione, la creava; le veniva istintivo, specialmente quando qualcuno oltre alla sua persona era coinvolto, togliersi ogni dubbio e sventolare ottimismo (malgrado ne avesse), eppure quella situazione specifica, sfidava anche la sua leggendaria pazienza. «Uh è vero. Quindi ci sta capitando la stessa cosa» Anziché preoccupazione, o lecito terrore, sul viso della bionda si dipinse un'espressione risoluta. Seguì il suo sguardo al circondario - deserto - e dubbiosa tornò a ricambiare il suo sguardo, abbozzando un sorriso gentile e solo in parte - voleva evitare di ferire i sentimenti della docente o demoralizzarla - confuso. « anche tu stai rivivendo in continuazione lo stesso giorno? » c'era una nota ironica, solo vagamente isterica, nel tono leggero della Withpotatoes. Voleva credere che la risposta fosse positiva, che non stesse impazzendo, ma temeva che sperandoci troppo e ricevendo una risposta negativa, perfino la sua naturale e apparentemente infinita speranza l'avrebbe abbandonata. Non...non voleva esserci dentro da sola. E sapeva, sapeva quanto fosse egoista desiderare che Wendy avesse il suo stesso problema, ma non poteva fare a meno di...non esattamente sperarci, ma neanche augurarle il contrario. Non poteva sopportare l'idea che anche Wendy, il giorno dopo, non avrebbe avuto memoria di quanto successo, lasciandola nuovamente in balia degli eventi. Abbassò imbarazzata lo sguardo, il senso di colpa a stringerle la gola. Cosa dici, Idem; non vuoi che anche lei ci sia dentro: puoi farcela benissimo da sola, non devi essere un problema degli altri.
Non di nuovo, e non più.
«Dici che il colpevole ci sta spiando?» Aggrottò le sopracciglia, uno sguardo di sottecchi alla donna. « il... colpevole? » umettò le labbra, un mezzo sorriso sulle labbra. « pensi che sia stato qualcuno a farci questo? » la Withpotatoes non aveva molte teorie in merito, ma che potesse essere colpa di una persona, era qualcosa che non poteva né voleva credere. « perché avrebbe dovuto » domandò, a se stessa ed a Wendy, alzando gli occhi cerulei su quest'ultima. « e come? » continuó conciliante, arcuando le sopracciglia corvine: erano (state, per quanto la riguardava) streghe, la magia non era una novità per loro, ma quello le sembrava un po' estremo per chiunque. Chi poteva avere il potere di manipolare il tempo in quel modo? Non credeva fosse una capacità dei cronocineti (......non la era, giusto? ) E non conosceva incantesimi che potessero giocare un tale tiro mancino. Un illusione, forse? Effetti collaterali dell'esposizione a qualcosa di allucinogeno? Non comprendeva però perché lei e Wendy: eccetto Phobos Campbell, non avevano molto in comune, e dubitava (...) Che Phobos centrasse qualcosa. « magari siamo...uh, inciampate in qualche...sai » deglutì e, nonostante fossero le uniche due anime in circolazione, abbassó il tono di un'ottava. « piega spazio temporale? » c'era anche lei, quando avevano visto il passato ed il futuro in uno specchio, ed anche lei aveva conosciuto quelli del sottosopra. « onestamente... » per quanto le costasse ammetterlo, decise di essere del tutto sincera con la De Thirteenth: in quelle circostanze, fingere non sarebbe servito a nulla. « non lo so. Né so come uscirne » una pausa. Speranzosa, cercò gli occhi verdi della fotografa. « idee? »
[bridge]
Hold on to
something good
Something's
gotta change. -
.
Wendy come Idem, era da sempre una persona ottimista, vedeva il bicchiere sempre pieno anche se qualcuno lo aveva rovesciato e questo qualcuno era stato chiaramente lei. Insomma combinava guai col sorriso, insieme alla gemella e dato che ne fin da piccola era sempre in mezzo ad essi, se avesse iniziato a disperarsi non avrebbe mai riavuto la vagina ad esempio.
Però una situazione del genere era nuova persino per lei e la cosa che più la spaventava era che non avrebbe affrontato quel problema con Fray e sappiamo che la mente tra le due non era la bionda, che non lo era solo per via dei capelli. Ma poteva fidarsi di Idem, no? Chiaramente no. Era confusa e spaesata più di lei, sentimenti più che legittimi per tutti, tranne che per Wendy che non aveva davvero capito la gravità della situazione pensando al contrario di vivere un'altra avventura.
« pensi che sia stato qualcuno a farci questo? »
«Magari sono stati gli alieni» ok, forse aveva appena detto una cavolata perchè gli Dei Alieni non si sarebbero mai abbassati a fare uno scherzo del genere e soprattutto a lei che li venerava e sempre con rispetto.
« perché avrebbe dovuto » appunto, come potevano gli alieni farle una cosa del genere. Era un no assoluto.
«Ok hai ragione, scartiamo gli alieni» non importava se Idem in realtà stava parlando di altro e quasi sicuramente non aveva neanche ascoltato quello che la De Thirtheenth aveva appena detto; ma come biasimarla, era una situazione molto delicata e non sapevano neanche come uscirne.
« magari siamo...uh, inciampate in qualche...sai »
«Sai?» la cosa si faceva seria e come l'amica pensò che era il caso rimanesse un segreto nonostante fossero praticamente sole, infatti si avvicinò a lei per farsi sussurrare « piega spazio temporale? »
«PIEGA SPAZIO TEMPORALE!?!» al contrario di Idem lei alzò la voce perchè stupita da quella cosa. Non ci aveva pensato davvero perché per lei era stato solo un brutto scherzo di qualcuno che aveva voglia di divertirsi, magari in modo molto brutto, ma rimaneva uno scherzo; tanto che in tal caso sapeva la risposta: trovare il colpevole e supplicarlo di togliere il malocchio. Chiaramente era meglio la supplica invece che essere in un loop, quello era decisamente più spaventoso. Non aveva idee e sperava nella mora che sembrava più intelligente o astuta di lei. Forse.
«non lo so. Né so come uscirne» come non detto. Guardò la compagna di quella nuova avventura e forse l'ultima, ancora non si poteva sapere che fine avrebbero fatto loro due.
«idee?»
«Magari se ripercorriamo la giornata di ieri » si fermò perchè si era leggermente confusa da sola ed era meglio chiarire una cosa «Nel senso prima che ieri diventasse anche oggi. ieri..ieri. Prima di rivivere la giornata di oggi. Insomma cosa hai fatto?»28 y.o- pureblood- blonde"Honor to those who are a little crazy, to those who love to dare, to those who love to dream."Wendy. -
.
b-day: 21.03.1993 house: hufflepuff job: psychowat power: medium be-kind-be-gentleidem wpMordicchiò nervosamente l’interno della guancia, le dita a tirare il bordo della vestaglia. Non capitava spesso che si ritrovasse senza parole, o senza idee su come agire, ma quella era decisamente una situazione surreale e al di fuori della sua portata. Cosa aveva fatto il giorno prima? Le pareva un ottimo punto d’inizio per le indagini, ma allo stesso tempo non...avrebbe saputo dire cosa avesse fatto di diverso. Santo cielo, se fosse incappata in una faglia spazio temporale avrebbe dovuto trattarsi di qualcosa di grande ed epico, no? L’ultima volta che era successo, erano c’entrati viaggi nel tempo e fantasmi del passato tornati per riprendersi la corona; non ricordava di aver evocato demoni d’altri tempi o di aver smarrito altri fratelli nel Medioevo, ma forse era il caso di fare un giro di telefonate. Non si sapeva mai. «sono andata a lavoro? e» sono passata dal quartier generale della resistenza, a quello non poteva dirlo. Sorrise alla De Thirteenth. Idem Withpotatoes, in linea di massima, non sapeva mentire, ma quando la situazione lo richiedeva, non perdeva mezzo battito nel flettere la verità. «ho fatto un paio di commissioni, nulla di entusiasmante; sono tornata a casa, e...» basta. Scrollò le spalle, agitando vaga le mani per indicarle che come fosse finita, lo sapevano entrambe. Inspirò profondamente, la testa reclinata sulla spalla alla ricerca del morbido conforto della vestaglia. Si fermò d’un tratto a età movimento, vigili occhi azzurri ad osservare un punto oltre le spalle della bionda. «ho incontrato questo...ragazzino» scandì lentamente, cercando di unire i puntini a formare il disegno più grande – un compito che solitamente toccava a Darth; lei era quella dei gadget ed i biscotti, Noah quello Bello, Phobos quello con (i soldi) le risorse, e Jess quella simpatica: a ognuno il suo – sentendo di essere vicina a...qualcosa. Mise nuovamente a fuoco la strega, tristi occhi chiari a cercare i suoi. «a lavoro. Uscito da poco dai laboratori, con diverse...difficoltà» di vita, ma quello era un dettaglio che, se possibile, avrebbe preferito tenere per sé: segreto professionale. «anche a gestire il proprio potere? Ma non so se-» indicò l’ambiente attorno a loro, sempre uguale. «possa essere opera sua. Magari...inconsciamente? Una specie di...richiesta d’aiuto?» Ed un pensiero più greve le strinse il petto in una morsa: che fosse un defective? Sapeva cosa succedeva agli special difettosi, e non voleva pensare che una sorte simile potesse toccare un bambino spaventato e confuso. «piuttosto alto per la sua età, magrissimo, con fini capelli bruni lunghi fino alle spalle? Magari l’hai...incontrato anche te?»[bridge]
Hold on to
something good
Something's
gotta change.