i miss you more than i remember you

vacanze di natale 2042, casa wish - libera!!

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Born
    Posts
    331
    Spolliciometro
    +632

    Status
    Offline
    gansey & sander
    If I could paint the sky
    Well all the stars
    would shine a bloody red


    2023's ✧ wish & bitchinskarden ✧ tea time
    I'm afraid that life will run away,
    We go our separate ways.
    Somethings will never change.
    And I can't believe there was a promise made,
    That we would stay the same.
    Si lasciò cadere a peso morto sul letto, sospirando.
    Sospirando.
    E sospirando più forte, perché evidentemente invece di creare arnesi che non sarebbero mai serviti a nessuno, Roosevelt Stilinski Milkobitch avrebbe dovuto costruirsi un impianto uditivo. «sto sospirando» sottolineò a denti stretti, quando anche schiarirsi la voce non ebbe alcun effetto sul diciassettenne.
    «mh» L’altro non si sprecò neanche a girarsi, continuando imperterrito a ticchettare sulla tastiera del computer come se il suo fratellone preferito, nonché ex tutore, non si fosse appena appropriato del suo letto, entrando senza neanche bussare. Comportamenti che fino a non troppo tempo prima, gli sarebbero valsi almeno un sander. seccato, le dita a riassestare nervose le lenzuola e gli occhi già puntati accusativi sulle scarpe. Sander fece prolungare il silenzio, confidando che si protrasse abbastanza da costringere Levi a voltarsi; non lo fece. Scelse di ignorare i perchè, o la fitta nel costato. Decise di non farsi domande punto, perché neanche lui era così stupido da voler sapere la risposta, ma non potè ignorare il è troppo volere che tutto torni come prima? che puntualmente, ad ogni alba ed ogni tramonto, punzecchiava la base della gola. Non per sempre, solo per un po’. Quanto bastava a dirsi addio, e poi ognuno a farsi i cazzi propri.
    Deglutì. «dove sono le playlist depresse?» La mano sinistra non esitò neanche per un secondo sulla tastiera, né Levi tolse gli occhi dallo schermo. Con la destra, gli indicò una cassettiera contro il muro. «primo cassetto usb. secondo cd. Le cassette sono nell’ultimo» c’erano sentenze che non andavano commentate, e quella ne faceva parte. Il maggiore arcuò le sopracciglia, alzando mani in segno di resa che l’altro manco vide, avvicinandosi al mobile indicato dal Corvonero. Solo quando aprì il cassetto, sentì le dita fermare l’incessante ticchettio. «sono ordinate per colore ed anno» alzò lo sguardo, incrociando brevemente – per quanto concesso – quello di Levi. «non mando mica tutto a puttane» fu abbastanza certo di aver sentito in risposta un verso di gola. Una risata, forse, di quelle che suonavano così dure da vibrare rauche. Invece di rivolgergli un’occhiata interrogativa - che poteva dire? Aveva ragione - abbassò lo sguardo sulla divisione precisa, inquietante e chirurgica dei CD. Facevano molto vintage, lo sapeva, ma deprimersi ascoltando Olivia Rodrigo non era lo stesso con un ipod. «colore?» «verde» «speranza?» «dipende in cosa speri» Sander schioccò la lingua sul palmo. «mcscusa, confucio» sopracciglia corrugate, il dito a sfiorare un CD senza colore. «e questo?» Non fece in tempo a prenderlo e sollevarlo, che qualcosa lo colpì.
    In faccia.
    LEVI. «LEVI.» «devi farti i cazzi tuoi» oh, my. Che significava. «lo sai che – LEVI.» un’altra pallina anti stress lo colpì in faccia, più dura rispetto alla precedente. Si massaggiò la guancia, borbottando un «passi troppo tempo con la hilton» che si risolse in un sentito «non abbastanza» con una lenta, ed intenzionale, occhiata a tutte le armi appese (e mai toccate.. credeva.) al muro.
    Che merda.
    Era proprio suo fratello. Gli sorrise, ignorando il senso di colpa a bruciare da qualche parte fra stomaco e lingua. «ok, ok. Gesù. tieniti i tuoi segreti» Levi tacque. Sander tacque. Ma come: andava lì, sospirava, chiedeva una playlist depressa, e… «non mi chiedi perché?» Solo allora, Levi si fermò. Si fermò sul serio, mani ferme a mezz’aria, voltandosi per guardarlo. Sapevano il perché. Era un rito che si ripeteva da anni, perché era rimasto l’unico in famiglia (ed erano tanti.) a tollerare i suoi drammi d’amore. Era un po’ la loro cosa, no? Non avevano molto altro in comune: Sander non era abbastanza intelligente per il resto dei passatempi del minore; non era abbastanza paziente, o era troppo rumoroso, e manco l’erba gli faceva effetto. Non aveva altre scuse per passare del tempo lì.
    Era triste che ne avesse bisogno, ma era così. Ma quello? Ricordava la prima - «e ultima, è quella giusta, lo so» Levi, ogni mese dal lontano 2025 – relazione “seria” del fratello. Dopo tre giorni, Levi si era già annoiato, e l’aveva comunicato a Rosalinda per messaggio; Rosie si era molto offesa, perché solo un codardo lascia qualcuno per messaggio!! e allora il volpone aveva mandato Sander con una scatola di cioccolatini sotto casa per dirle la stessa cosa, perché sì, era un codardo. Sander veniva usato come manovalanza per rompere con qualcuno o fare dichiarazioni; lo accompagnava alle lezioni di danza, di judo, o di cucina della sua nuova cotta. In cambio, Levi sopportava i suoi sospiri, le sue frasi mai finite, i racconti dettagliati delle serate con Danielle Leroy Gallagher. I suoi la smetto, lo giuro quando non smetteva mai. è solo una stupida cotta, mentiva di continuo, sopravvivrò - almeno su quello, era sempre stato sincero.
    «vattene» Uh? «levi?» Si era perso. Anni prima - e dopo, perché lo smarrimento era evidentemente uno stato d’animo fisso per lui, indipendentemente dal nome all’anagrafe. Cosa…? Lo vide deglutire, scuotere la testa, distogliere lo sguardo e premere stanco il pollice sulla montatura degli occhiali. «per favore, sand» un tono basso, nudo, e così vulnerabile che il testardo, e rompi coglioni, Sander Bitchinskarden, non potè fare altro che ubbidire.
    Forse se ci avesse pensato
    - non mi chiedi perché? -
    se si fosse ascoltato
    - tieniti i tuoi segreti -
    e se avesse voluto farsi quelle domande, avrebbe capito che non stavano più parlando della stessa cosa. Che stessero parlando di scelte, e della decisione di non condividerle. Delle menzogne che Sander si portava avanti da mesi, seppellite sotto un senso dell’umorismo discutibile.
    Di un viaggio diverso da quello promesso. 1894.
    Una storia per un altro momento.
    Valutò di andare a importunare Juno e Dexter – non aveva idea di dove fosse Ray, e aveva paura di chiedere. - o catapultarsi (letteralmente.) dalle gemelle, ma almeno tre su quattro avevano cercato di ucciderlo ogni volta che toccava l’argomento Leroy Gallagher.
    Ok. Piano B.

    Bzz.
    Dannazione. Era in ritardo? Ne dubitava. Gansey organizzava sempre il proprio tempo per essere, se non in perfetto orario, almeno in anticipo. Le avevano insegnato che il ritardo fosse di cattivo gusto, e per quello c’era già «dorian?» suo fratello, dalla cui stanza riusciva a sentire, perfino con diversi corridoi a dividerli, musica a volume troppo alto. Alzò lo sguardo sull’orologio appeso al muro, constatando di avere ancora i dieci minuti che gli servivano per la cottura dei brownies nel forno, come da programma. Ovviamente. Un giorno avrebbe smesso di dubitare di se stessa e delle proprie capacità; non quel giorno, ma un giorno. Escluse che fosse qualche invitato arrivato in anticipo: nessuno dei suoi amici conosceva i concetti basilari quali la concezione del tempo. Tanto per quello c’era lei, no? Tenuta in un taschino come un agenda a ricordare impegni, compleanni e festività varie ed eventuali. Anche di bere acqua, visto che nessuno lo faceva mai abbastanza. Guardò i secondi scorrere sul timer, e ruotò il capo verso la porta. Voleva far aspettare qualcuno all’entrata, o rischiare di arrivare il minuto slash secondo più tardi che avrebbe rischiato di rovinare l’intera ricetta? Esitò. Gansey Weirdo Parrish non aveva talenti naturali. Non era come Dorian, a cui bastava mettere in mano qualcosa perché eccellesse ai suoi primi tentativi: dipingere, disegnare, perfino l’uncinetto. Gansey, quel che sapeva fare, se l’era sempre sudato, esercitandosi fino a non percepire più la punta dei polpastrelli. Dire che non l’avesse fatto per principio, sarebbe stata una menzogna, e Gansey non era una bugiarda. L’aveva fatto per spirito competitivo; l’aveva fatto perché aveva avuto i mezzi per farlo, incitata a provare tutto quello che avesse piacere di tentare; l’aveva fatto perché le piaceva essere al centro dell’attenzione dei suoi genitori, ricevere complimenti e lusinghe, farsi accarezzare i capelli – fossero quelli lunghi di Gansey, o corti di Weirdo – e stringere le guance fra le dita.
    L’aveva fatto perché tanti altri non avevano potuto farlo. Perchè un’occasione sprecata, era una possibilità tolta al mondo di essere tollerabile, se non migliore.
    «DORIAN» gridò, cercando di sovrastare la musica, perché voleva ancora scegliere i brownies. Ci si era applicata, seguendo la ricetta alla perfezione, e se non fossero venuti eccellenti perché si era distratta trenta secondi, qualcuno ne avrebbe pagato il prezzo.
    Dorian, o chiunque fosse alla porta. Nessuno si metteva fra Gansey ed i suoi :sparks: obiettivi :sparks: . Le piaceva credere di essere una brava ragazza, ma aveva dei limiti - suo fratello, li superava sempre tutti.
    BzzZzZzZzZzZzZ.
    Inspirò, occhi alzati al cielo. Rivolse un ultimo sguardo rammaricato al forno, prima di dirigersi verso l’entrata, prendendosi il proprio tempo per fermarsi di fronte alla porta del fratello, tirare una manata sul legno, e bisbigliare un «dormi con un occhio aperto.» che di minaccioso non aveva nulla, perché era un dato di fatto. Guardò la propria mise, arricciando il naso. A Gansey piaceva essere sempre impeccabile, il mi sono svegliata così dalla piega perfetta che cozzava con il disordinato, coatico, mi sono svegliato così di Dorian, e cucinare metteva a dura prova le sue skills. Ma! Ma. A tutto c’era rimedio, e sopra l’abito elegante, indossava una tuta bianca da chimica.
    Prima di aprire la porta, abbassò la zip e rimosse l’indumento nascondendolo sotto il divano con un calcio. Sistemò rapida i vestiti sottostanti, con una mano sul pomello sciolse lo chignon, e - «ah» squadrò Sander Bitchinskarden dalla punta delle scarpe – sporche – a quella dei capelli – spettinati – fermandosi poi sul sorriso esitante del cugino. Non era davvero infastidita dal trovarlo lì (… un po’ si. Cambiava i piani, e odiava quando cambiavano i piani), ma - meh. Non era neanche nella lista degli invitati.
    «uhm?» doveva essersene accorto perfino lui – lui! Che possedeva l’empatia di un batterio! -, perché dondolò nervosamente sui talloni, guardandola titubante. «stavi uscendo?» indicò con il pollice la strada dietro di loro. «no, scusa - scusa, ero distratta» ed infine gli sorrise, perché Sander Bitchinskarden era suo cugino, era suo amico, e – ultimo ma non meno importante – un suo cliente abituale. Di cosa? Beh. Gansey, invero, un talento lo aveva. Ereditato da mamma, diceva papà. Gansey credeva fosse semplicemente il frutto dell’essere cresciuto con loro, ma vallo a spiegare quando sotto lo stesso tetto viveva anche un Dorian: faticava a credere fossero fratelli (e manco importava che, spoiler!, non lo fossero di sangue: sarebbe comunque stato suo fratello, quindi restava inspiegabile).
    Ascoltava le persone. In tempi in cui nessuno poteva permettersi di farlo, Gansey aveva dato orecchio a chi ne avesse bisogno – conforto, compagnia - sin dai tempi di Hogwarts, al modico prezzo di offerta libera. Prendeva meno degli psicomaghi privati, era meno imbarazzante parlare con lei piuttosto che con il consulente a scuola, e aveva sempre caramelle da offrire ai suoi clienti speciali. Uno dei pochi segreti che ancora teneva ai genitori, perché sapeva cosa le avrebbe detto sua madre (papà no, probabilmente avrebbe apprezzato il suo spirito imprenditoriale.) ma … voleva essere indipendente. Arrotondava lo stipendio da venditrice all’epoca di Hogwarts, e receptionist da adulta, con quello (… e gli appunti. I compiti, se proprio aveva spesi ingenti nel periodo). Non ci trovava nulla di male. I segreti confidati, non li aveva mai rivelati a nessuno, e non l’avrebbe fatto.
    «brownies» scattò verso la cucina, ma non prima dell’usuale «togliti le scarpe» rivolto al cugino. «DORIAN, C’è SAND» Dorian: eye: :mouth: :eye: La musica si abbassò, solo per rialzarsi nuovamente. Scivolando verso il forno, offrì un sorriso di scuse al pompiere. «perdonalo, oggi va così» e ieri, e probabilmente l’indomani, ma se non giustificava lei i comportamenti atipici di quell’emo di suo fratello, chi l’avrebbe fatto? Emo che, per giunta, era tornato a casa per lei. Per tenerle compagnia mentre i genitori non c’erano.
    Mhmh. Una grande compagnia. Gansey avrebbe scommesso che stesse evitando casa propria per altri motivi – tipo uno spacciatore a cui non avesse saldato debiti – ma chi era lei per giudicare. Finchè fosse rimasto a fare il cavernicolo in camera sua, sarebbe andato tutto bene.
    Arrivò giusto in tempo per spegnere il timer ed aprire il forno, da cui estrasse la teglia di dolci al cioccolato non un secondo dopo il necessario.
    Sospirò felice.
    Schiaffeggiò la mano di Sander già allungata verso i panetti.
    «dopo. Oggi è il 22» avrebbe dovuto bastare.
    Sander la guardò.
    Non bastava.
    «la tradizione? Annuale? Che sai esistere da diciannove anni, alla quale ti ho invitato per diciassette, ed a cui non ti sei mai presentato?»
    Sander la guardò. Gansey chiuse gli occhi, sistemando i brownies su un piatto decorato. «il tè.» Si impettì e drizzò la schiena, mettendogli fra le braccia il vassoio da portare in salotto. Sander si chinò sulla teiera, annusandola confuso. «non sembra tè» ed ecco perché Sander non era graziato con lo sconto famiglia. Battè lentamente le palpebre, umettando le labbra e sforzandole ad un sorriso gentile. «perchè è vino.» «ah. Ah! pensa» eh, pensa. Ok che era una persona precisa, ma aveva pur sempre diciannove anni, e vivevano in un apocalisse che tragicamente, senza un attimo di tregua, sterminava la sua famiglia; i suoi amici; i conoscenti, i colleghi. «quindi i brownies...» «quindi i brownies.» rispose, seguendolo in sala e lasciando i dolci sul tavolo. Non aveva invitato molte persone, era una tradizione per pochi. Un anno aveva fatto l’errore di invitare i cugini da parte di Gemes.
    Mai più. Non odiava molte persone, ma CJ Hamilton sì.
    «e quello non è...purr purr»
    Erano parenti. Condividevano dei geni. Zia Darden, perché mi hai fatto questo.
    «potpurri?» lo corresse, perché voleva evitargli quelle brutte figure anche con gli sconosciuti. «no, sander. Non è potpurri»
    Sander annaspò drammatico. «FUNGHETTI?» Buongiorno, principessa. Inarcò un sopracciglio, invitandolo a sedersi. «ti voglio bene. Ma se ti dico “pablo escobar”, te ne vai. Ok?» Le safe word erano importanti in ogni ambito della vita.
    Che poi: «tu perché eri qui?»
    «uh...» Qualcuno suonò il campanello, ma Gansey non si alzò. Rimase seduta, occhi blu rivolti al viso di Sander - era più sciupato? Più grigio? Mangiava a casa? Dannazione, avrebbe dovuto trasferirsi con zia Jericho, invece di fare lo zuccone - ma lui scosse il capo. «non è così importante. Dopo, magari?»
    Magari era fortunato e qualcuno dei presenti avrebbe annullato la Guarigione permettendogli di farsi qualche funghetto.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    che cos'è? niente. volevo farlo. non è manco il prompt ouroblivion di natale. MA DAI! TRIGGER 2043!!!! BARWEED .......... ogni tanto mi rendono soft e ci ricado fatemi causa. e i'm a slut for barbie in tutte le epoche. ANYWAY!
    è il 22 dicembre 2042. c'è una kindish festa per intimi a casa wish organizzata da gansey. l* conoscete? scopriamolo insieme!!
    - è del 2023
    - ha frequentato hogwarts (...non so in quale casata. vi farò sapere. a pelle direi serpeverde ma attendo papà) credo sia metamorfomagus, ma chissà. forse ho fallito e non ha mai frequentato scuola perchè special? MAH. SCOPRIAMO INSIEME ANCHE QUESTO. nel dubbio fingete di conoscerla dai!!&&
    - ora... lavora. da qualche parte. fa la receptionist, immagino in qualche albergo di lusso perchè sì, se volete aprire un locale e darle lavoro non mi offendo (.) ed ha sempre lavorato...in...locali. come cameriera. anche qui, se avete locali e cercavate personale, prendetel*. dai, tutto fa brodo!! è genderluid, un po' gansey un po' weirdo (mi spiace ari è così. giuro che ha davvero un secondo nome, e ora la divisione esiste).
    - e, mh. figlia di idem e noah, quindi... parenti withpotatoes! a me! e gallagher! (penso.)
    ho finito le info utili. MA VENITE A PRENDERE IL (vino) TE CON I BISCOTTI (con la maria.) IN COMPAGNIA ♥ sono le ultime vacanze di natale insieme...!
     
    .
  2.     +4    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Death Eater
    Posts
    120
    Spolliciometro
    +217

    Status
    Offline
    toast & cent
    Welcome to our freak show,
    come meet my monsters
    Oh, such a fine collection
    of stranger things


    2024's ✧ sincope & de13th✧ slyth-indor
    Let me be your freak show,
    I could be your favorite monster
    Rattle my whole cage,
    remind me why I can't be fostered
    Era concentrato. Lingua stretta fra i denti e sopracciglia corrugate, Toast Rivera Hansen era finalmente giunto all’estremità della piramide di pasticcini, a cui mancavano solamente un paio di dolcetti per essere completa. Era un lavoro minuzioso, quello lì; fatto per mani delicate, e menti delicate - la seconda, non proprio il punto forte dell’ormai ex Serpeverde – sapeva di potercela fare. Era la prima volta che si intestardiva in una creazione così fragile da solo, senza l’aiuto del suo capo ed a casa propria.
    Posò il pasticcino.
    «OK» Vrrrum. Una porta venne sbattuta prepotentemente a casa Rivera Hansen, la voce di Kadabra a rimbalzare da una parete all’altra. Toast alzò lo sguardo confuso, completamente estraniato all’ennesimo tantrum dei fratelli: ci era abituato, ed ignorarli era più facile che assistere (non necessariamente più divertente, ma era impegnato.). Abbozzò un sorriso a Charlie, schiena dritta e sguardo posato annoiato sul corridoio dal quale provenivano le voci. Ne incontrò brevemente gli occhi, e le indicò soddisfatto la sua creazione. «ne manca solo uno» era euforico, e tanto si poteva evincere dall’espressione perennemente aperta del moro. Non mentiva mai. Non nascondeva nulla. Tutto quello che pensava e provava, era stampato a caratteri cubitali fra un sorriso ed una stretta di spalle.
    Charlotte non era impressionata. Toast voleva credere fingesse di non essere impressionata, ed in realtà fosse una grande ammiratrice dell’ingegneria aerospaziale applicata dal fratello. Come avrebbe potuto non esserlo? Era bravo in quello che faceva, perché gli piaceva. I corsi di cucina erano stati il primo, maldestro tentativo di Nicole e Sinclair di farlo sentire normale dopo averlo raccattato da un supermercato dove faceva l’elemosina per il padre tossico, un bambino che sembrava tornare se stesso solamente con le mani immerse nella pasta frolla.
    Aveva funzionato. Quel passatempo, Toast, non l’aveva mai lasciato, aggrappandoci tutta la poca sanità mentale rimasta. Tutta quella che la sua famiglia meritava, e per la quale aveva sempre cercato di essere un po’ meno … disorientato, a voler essere garbati. Connesso alla realtà.
    Prese con delicatezza l’ultimo pasticcino, espirando per non doversi muovere dopo. C’era quasi! Era fatta! ODDIO! Lo posò - «O. K. A. Y.» una porta sbattuta con veemenza, e più forza di quante le braccine di Abra avessero diritto di possedere. I mobili a tremare dall’impatto.
    Toast guardò cadere inerme la sua torre di pasticcini senza poter fare nulla.
    Curvò le labbra verso il basso, ingobbendosi sotto il peso dell’esistenza. Charlie attese i secondi necessari perché Toast affrontasse il lutto della sua Costruzione TM, prima di sospirare e schioccare la lingua sul palato. «l’importante è che siano buoni» Vero, senza dubbio. Ma Toast voleva fossero eccezionali, perché non aveva molti altri modi in cui far colpo sulle persone. Quel pomeriggio c’era!! il tè!! di Gansey!! ...A cui non era propriamente invitato da sé, Gansey era più grande di un anno e l’aveva sempre ignorato perché beh, Toast non era proprio il più popolare ad Hogwarts, ma ERA IL +1 DI LESLIE! LeSLie ChOw, la sua besty, la donna della sua vita in ogni vita, la Persona TM di Toast Rivera Hansen. Non vi interessa sapere come fossero diventati amici (la teoria di Toast era che avesse estratto un nome a caso; non se ne lamentava, il destino agiva in maniera incognita) vi basti sapere che ovviamente Toast era la musa di tutti i testi delle canzoni di Leslie. Dove altro avrebbe trovato tutto il materiale sui casi umani, sui sacrifici, e su come vivere fosse complesso? Eh! Chiuse brevemente gli occhi, sciogliendosi contro lo schienale della sedia. «un abbraccio? Me lo merito» Charlie si chinò sul banco di lavoro, prendendogli le mani fra le proprie e sorridendo dolce, morbida, bellissima. «no» gli diede un paio di pacche sulle nocche.
    Toast se le fece bastare.
    «ok?» (allego meme per il tono di voce, si prega di cliccare qui)
    Century De Thirteenth si affacciò in cucina, mani premute nelle tasche ed uno sguardo interrogativo a rimpallare dai fratelli seduti al tavolo, alle porte sbattute nel corridoio adiacente. Momento sbagliato? O momento giusto. Entrambi, perché no: la specialità di Cent.
    Abbozzò un sorriso, che sapeva essere poco rassicurante, ma per la quale non poteva fare nulla in proposito. Quella era la sua faccia; quella era la sua condanna, la sua maledizione, il suo marchio di fabbrica.
    Toast:
    Charlie:
    Cent, un pollice puntato all’indietro: «era aperto» e quindi era perfettamente normale entrare a casa della gente? Fece spallucce. «abra» fine, quello era quanto aveva da dire, e quanto Toast e Charlotte avessero bisogno di sapere. Criptico? Non quanto avrebbe voluto. Essere percepibile nella natura cosmica delle cose e non cose, era qualcosa a cui mai sarebbe riuscito ad abituarsi. Ogni tanto si arrestava in mezzo alla strada, stupendosi della forza di gravità a tenerlo ancorato al suolo. Altre, si soffermava a pensare così tanto a come funzionasse la gravità, da non essere più in grado di rimanere fermo, cadendo – come corpo morto cade – come un Lele a ferragosto. E il tatto? Assurdo. Toccavi le cose, e le sentivi. Con tutta la pelle, anche la cavità poplitea. Ci pensava più spesso di quanto sarebbe stato lecito pensarci. Eppure, se qualcuno ti leccava il gomito e non riuscivi a vederlo, non lo sapevi. Si poteva morire senza sapere che qualcuno vi avesse leccato i gomiti.
    Assurdo. Come potevano le persone non bloccare i propri impegni per riflettere su cose simili? Cent non avrebbe mai compreso come facessero a sopravvivere.
    Ah già: non lo facevano. Non di quei tempi, ed in nessuno di quelli che il De Thirteenth ricordasse. La morte era una costante, un’abitudine, eppure le persone ancora si sconvolgevano per quanto poco impatto avesse avuto la scomparsa di sua madre, giusto quattro mesi prima, sulla sua vita. Nessuno gliel’aveva detto apertamente, fosse mai che qualcuno fosse sincero, ma sapeva cosa pensassero di lui: che fosse un mostro; un insensibile; che fosse interessato solo all’eredità. Non come Ramses, stella del cielo. Lui sì che aveva pianto, e si era disperato il giusto per essere accettabile in società senza apparire patetico. Com’era forte, Ramses.
    Mh. Due settimane dopo era già in giro per il mondo a liberare cavie da laboratorio, e farsi pagare la conseguente cauzione dagli avvocati di famiglia. Decisamente un comportamento sano. Di una persona normale. Un copy mechanism di tutto rispetto.
    Poi era lui quello strano.
    Non aveva bisogno di mezzi simili, lui era tranquillo. Al contrario di Ramses, lui era stato con la madre fino alla fine: avevano concluso la lista delle cose da fare prima di morire insieme; si erano detti arrivederci, perché Cent sapeva non fosse un addio. Fine. Che gli altri volessero da lui altro, non aveva mai avuto importanza per il (pluri.) bocciato Grifondoro: era quel che era, si attaccassero tutti al cazzo. Non a caso la sua frase preferita era non è un problema mio.
    Applicabile a tutto. Una filosofia che in molti avrebbero dovuto applicare, anziché aggrapparsi alle esistenze degli altri come avessero peso sulla propria.
    Mah.
    Comunque.
    Toast e Charlie continuavano a guardarlo come Georgie aveva guardato Pennywise prima di essere trascinato nel canale delle fogne. Lo prese come un indizio a non essere gradito.
    Poteva solo immaginare quale nuova, fantastica (e totalmente inventata.) storia avesse inventato Abra su di lui. A ultimo aggiornamento, o così gli aveva detto un terrorizzato primo ad Hogwarts, aveva il potere di esplodere i capezzoli con la forza della mente (ref a Verania, per pochi; un bacio). Cent aveva una… certa reputazione, in quel di Hogwarts. Quasi ai livelli del Crane Winston, ma al contrario del Serpeverde, Cent non se l’era mai guadagnata. Nulla di personale, davvero. Aveva avuto la (s)fortuna di sedersi al banco sbagliato il giorno sbagliato, e di essersi trovato incastrato al fianco di Abra Pidgey Rivera Hansen a tutte le lezioni di Pozioni. In qualche modo, si erano trovati e compensati: lei era terrificante; lui sembrava terrificante.
    Una leggenda scritta da sé.
    Match made in hell.
    Annuì ai due fratelli, arcuando le sopracciglia. «aspetto fuori»

    «ehi»
    «non i miei capezzoli!!!!!!»
    Sander Bitchinskarden coprì il petto con entrambe le mani. Century si limitò a guardarlo, senza battere le palpebre. Cioè… amico. Non era tipo da giudicare, ma era cugino degli Hamilton. Era cugino di Hyde. Come poteva avere paura di lui…...… vabbè. Non era un problema suo. «ok.» labbra curvate verso il basso, un cenno con il capo a riconoscere quel limite, e rispettarlo. Sander si rilassò sulla poltrona.
    Gansey sorrise come se ne andasse della sua vita. «tè?»
    «tè»
    «TEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEèèèè» che non era tè, e non avrebbe mai smesso di sconvolgere Toast. Era… vino. Guardò i propri pasticcini, sentendosi improvvisamente a disagio. Doveva metterci la [whispering[ trocah? Non ci aveva pensato affatto, probabilmente perché lui non ne aveva mai fatto uso.
    Contro indicazioni con gli psicofarmaci, sapete. Niente alcool o droghe per Toast Rivera Hansen, era già fatto dalla vita.
    «pasticcini?» offrì il piatto a Leslie – ovviamente – offrendole lo sguardo stellato ed estasiato che meritava.
    «sono vegetariano»
    Toast:
    Sander:
    Gansey:
    (Leslie:
    Kadabra:)
    Abra no. Lo conosceva abbastanza da non stupirsi, o chiedersi perchè.
    «sweenie todd»
    Toast:
    Sander:
    Gansey:
    (Leslie:
    Kadabra:)
    «pasticcini di carne. umana»
    Gansey si fermò prima di addentare il dolce, osservandolo di sottecchi.
    Tutti, lo stavano guardando.
    «uh. Non ci sarei mai arrivato»
    Cent, sguardo nel vuoto: «sì»
    Fine.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    immagino che arrivino insieme (con abra e leslie?? e kadabra???)
    TOAST PORTA I PASTICCINI
    cent la sua :sparkling: personalità
    parlano solo fra loro. winception...........................TRIGGERED
     
    .
  3.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Rebel
    Posts
    987
    Spolliciometro
    +904

    Status
    Offline
    wes & declan & bollywood
    I hope there's a liquor store waiting on Mars
    With cheap cigarettes you can light with the stars
    'Cause that's how far I'll have to go
    To see you and not say hello


    2018 & 2022 ✧ relijah & mysterio & hamilton
    We'll live in spaces between walls Every city's got a graveyard
    The service bought and paid for
    Haven't I given enough
    given enough?

    Always the fool
    with the slowest heart
    «ricordami perché lo stiamo facendo» domandò Declan a Washington, lo sguardo chiaro a fissare risolutamente la strada anziché la ragazza al suo fianco. «perché camminare fa bene!» la voce fin troppo squillante di Bollywood intervenì da dietro di loro, Wes non aveva bisogno di girarsi per sapere che la ragazzina stava letteralmente saltellando. Come un fottuto pupazzo a molla, quelli del film dell’orrore. Ormai la Hamilton-Dallaire era abituata al cattivo umore di Declan e all’iperattività di Bollywood, purtroppo non aveva scelto lei di ritrovarseli come compagni di vita. Nel caso di Bolly, le era stata affibbiata da suo zio per farle da babysitter sin da quando aveva imparato a camminare, mentre per Declan era stata -sfortunatamente- una scelta conscia. Una volta che si era ritrovata il corvonero tra i piedi il primo anno di scuola, nulla era servito per allontanarlo. Nemmeno quando si era intrufolata nel suo dormitorio nel mezzo della notte e gli aveva sguinzagliato una dozzina di topi nel letto. La vendetta del ragazzo era stata terribile, ma aveva cementato un’amicizia che sarebbe durata per molto tempo. «perché siamo i suoi babysitter» non ufficiali, ma si sentiva in colpa a dire di no a suo zio. Si strinse tra le spalle, avvicinandosi poi all’orecchio di Declan così che l’Hamilton minore non potesse sentirli «e poi ci pagano» zio Amos e suo marito erano stati più che generosi, era evidente che non avevano idea della metà dei guai in cui si erano cacciati Wes e Declan insieme a Bollywood, o non gliela avrebbero mai mollata. «o forse sono io a badare a voi» probabile, ma non la stava pagando nessuno quindi chi era il vero vincitore lì? Non mini-Hamilton. Declan scoppiò in una risata fragorosa, buttando il capo all’indietro come se avesse sentito la battuta più divertente di quel mondo «cristo, wes ma l’hai sentita?» si asciugò le lacrime dagli occhi con la manica della giacca, voltando il capo per un breve momento verso Bolly «ne devi ancora mangiare di cereali sottomarca» le scompigliò i capelli, quasi rovinando la treccia della Hamilton. Wes già sapeva cosa ne sarebbe susseguito, e cinse il polso di Declan per trascinarlo via prima che Bollywood potesse prenderlo a calci. Adolescenti, alcune volte la spaventavano. «hai finito?» «nah» Washington rispose al sorriso sbilenco del ragazzo con uno scappellotto, perché era tutto quello che si meritava. «TIE’! te lo meritavi» Bollywood tese il braccio e aspettò che Wes le batté il cinque; nonostante tutto aveva un soft spot per la cugina. Quando finalmente giunsero davanti alla casa dei cugini, Bollywood si precipitò alla porta con un’urgenza che la Dallaire non aveva mai visto. «ma che ha visto?» Wes e Declan rimasero un paio di metri indietro, più osservatori della scena che si stava svolgendo davanti a loro che partecipanti. «è come i cani, si emoziona alla vista dei suoi amici» gli avrebbe tirato un pugno in faccia, se non avesse saputo che lo diceva con affetto. «immagino che tu ne sappia molto, sai tra simili…..» Declan buttò un braccio attorno alle spalle della ragazza, avvicinandola a sé quando si trattò di attraversare l'uscio di casa Wish «ah, dallaire, come farei senza il tuo spiccato senso dell’umorismo» non aveva bisogno di guardarlo per sapere che avrebbe trovato un grin su quella faccia da cazzo, ma lo fece comunque.

    «non i miei capezzoli!!!!!!»
    Quelle, le prime parole che Bollywood udì nell'entrare in salotto.
    Sipario.
    Istintivamente, le sue mani si chiusero sopra ai suoi capezzoli, nonostante nessuno l'avesse interpellata. Quando si accorse che i suoi innocenti capezzoli non erano in pericolo abbassò in fretta le mani, guardandosi in giro furtivamente per assicurarsi che nessuno se ne fosse accorto. Gesù, sperava di no, si sarebbe sentita troppo scema. Già suo padre aveva assoldato Washington e Declan come babysitter per assicurarsi che non finisse come l'anno precedente, quando Bollywood aveva esagerato con il ed era tornata a casa senza scarpe. Ma erano cose che succedevano!!! Era cresciuta, ora sapeva bene che non doveva mischiare il vino con bevande dalla gradazione più forte. «tè?» come poteva resistere a un'offerta così generosa, per giunta dalla padrona di casa. Sarebbe stato molto maleducato, e poi Bollywood era cresciuta! Ora conosceva le insidie dell'alcol, e si sarebbe assicurata che Wes le portasse la scarpe a casa quella volta. «sì, grazie!» chissà dove si era seduta nel frattempo, non ci aveva davvero fatto caso prendendo il primo posto disponibile. «pasticcini di carne. umana» forse però i pasticcini non li voleva.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    wes, declan e bollywood arrivano insieme
    wes e declan portano la loro anzianità, bollywood compensa. fatevelo andare bene per ora, poi arriveranno i veri tossici.
     
    .
  4.     +4    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    40
    Spolliciometro
    +103

    Status
    Anonymous
    leslie & abra
    If you fail to plan, you plan to fail
    Strategy sets the scene for the tale
    I'm the wind in our free-flowing sails
    And the liquor in our cocktails


    2022 & 2025 ✧ jarden & sincope ✧ cute but psycho
    What if I told you
    none of it was accidental
    I laid the groundwork
    and then just like clockwork
    The dominoes cascaded in a line
    What if I told you I'm a mastermind?
    «KADABRA PIDOVE QUINN VIENI FUORI O MI INCAZZO» un urlo da una parte ignota della casa, un tonfo. L’ennesimo grido. Persino il pavimento tremava sotto la furia dei gemelli, un ciclone che nessuno poteva fermare una volta che aveva preso piede. «linguaggio!» qualcuno ancora ci provava, ma Sebastian Quinn era troppo provato dalla vita per curarsi dell’ennesimo litigio dei figli. «quante volte ti ho detto» inhale, meme del pinguino di Madagascar and- «CHE TI DEVI FARE I CAZZI TUOI» Abra puntò un dito contro il petto del fratello, affondandolo ripetutamente nella maglia a ogni sillaba. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla drammatica, fin troppo esagerata, ma non sapevano quello che Kadabra aveva fatto. Il limite che aveva oltrepassato, la fiducia tradita. «lo sai cosa succede alle spie?» era una domanda retorica, e il Quinn lo sapeva bene: non era la prima volta che succedeva. L’ultima volta si era beccato il ferro del camino sulla rotula. Evidentemente non aveva funzionato, ed era arrivato il momento per la Quinn di inventarsi qualcosa di più creativo. Qual era la giusta vendetta per qualcuno che era andato a fare la spia da mamma a 17 fuckin’ anni? Il fatto che ne avesse tutto il diritto dopo che si era fatta fare un tatuaggio nello scantinato di uno sconosciuto non era una scusa. Si ok, sarebbe potuta morire, prendersi qualche malattia, venire rapita, ma alla fine ne era valsa la pena ed era arrivata a casa tutta d’un pezzo. Beh, tranne la pelle sopra alle costole che erano stata brutalmente martoriata dagli aghi. Dopo che sua madre l’aveva saputo, aveva osato proibirle di andare al concerto per cui aveva aspettato quasi un anno. Più qualche mese di lavori forzati in casa, ma Abra avrebbe trovato il modo di addossarli a qualcun altro. Eppure, non aveva battuto ciglio quando aveva saputo della festa dei Parrish, cullata dalla falsa credenza che si trattasse di un modo innocente di festeggiare il Natale tra amici e parenti. Nessuno l’aveva avvisata di quando, l’anno precedente, Bollywood Hamilton fosse uscita scalza per la strada e avesse iniziato a correre per il vialetto in preda a strane manie di gloria (era convinta di essere un’atleta olimpionica, per qualche motivo). Per quanto riguardava suo padre, dopo aver cresciuto una figlia da solo per vent’anni, i conseguenti nipoti, e una successiva ondata di prole ormai i suoi occhi da elfo avevano visto qualsiasi cosa ci fosse da vedere. Anzi, le aveva detto che al prossimo tatuaggio l’avrebbe accompagnata lui in un negozio decente. Mamma non l’aveva presa bene, ma Abra era evaporata prima che potessero metterla in mezzo.
    Comunque. Tornando a quell’infame di merda di suo fratello. «la prossima volta che snitchi, ti faccio trovare il cadavere di squirtle nella colazione» fyi: squirtle being l’emotional support lizard di Kadabra. Fosse stata una persona meno disfunzionale, quella minaccia sarebbe stata vuota, ma entrambi sapevano che non era quello il caso.

    Leslie Larson-Lowell (o Lowell-Larson, dipendeva dalle scuole di pensiero) era ormai un ospite fisso all’annuale tradizione dei Parrish. Non perché provasse un particolare affetto verso i cugini, ma perché qualsiasi scusa era ben accetta per sottrarsi alle grinfie della famiglia Bitchinskarden. Tutto bellissimo, ma tutte quelle luci e colori erano troppo per qualcuno che viveva in un loculo. Non un vero loculo, sfortunatamente, ma il vibe era lo stesso. Era un’artista, era una weirdo. Non fittava in. Ed era colei che aveva iniziato la conspiracy theory secondo cui Jungkook era la reincarnazione della Principessa Diana. Sì, ci teneva a ricordarlo a chiunque perché era stato l’apice della sua carriera da memelord e shitposter. «c’è dell’erba? almeno qualche droga?» domandò a Toast quando le allungò il piatto di pasticcini, anche se lo dubitava fortemente conoscendo il Quinn. Ne prese comunque uno dal piatto, non badando alle references alla carne umana. Aveva mangiato di peggio. Bastava chiedere a chiunque fosse stato invitato a mangiare a casa delle sue madri. «ti avevo portato questi» posò dei biscotti incartati sulla gamba di Toast, il tipo di stupidi biscotti natalizi per cui tutti andavano pazzi. Or something, perché erano davvero ovunque. Sapeva che Toast non avrebbe potuto mangiare quello che avevano preparato i cugini e….si insomma……in quanto l’aveva invitato lei si sentiva responsabile «non li ho fatti io, tranquillo» per quanto fosse un’esperta di coltelli e cose infiammabili, aveva ereditato il talento culinario da Jericho e Darden. Evitò accuratamente lo sguardo del ragazzo, cercando disperatamente di play-it-cool nonostante percepisse un umiliante calore sulle guance.
    Menomale che suo fratello era troppo impegnato a fare il cretino per prestare attenzione. Non le piaceva essere percepita.

    «guardate cosa ho portato?» perché dopo i pasticcini di Sweeney Todd ci mancava lei ad aggiungere quel pizzico di creepy che mancava. «TADAN!» tirò fuori la bottiglia da……segreto del mestiere, non lo saprete mai, sventolandola davanti al naso dei presenti. I più attenti l’avrebbero riconosciuta come una delle tante bottiglia in mostra in casa Rivera-Quinn, che Abra non aveva assolutamente rubato e non aveva intenzione di riempire con acqua una volta tornata a casa. Contava che Kadabra e Toast tenessero la bocca chiusa, ma se così non fosse stato…….Kadabra certamente aveva una mezza idea di cosa lo attendeva. «una fantastica tequila con un verme! si dice che il verme abbia effetti allucinogeni, ma chissà» si strinse tra le spalle, non aveva mai avuto modo di constatare se fossero tutte cazzate o meno. Che poi si trattasse di mezcal e non di tequila non era importante, non c’era lo spirito di Lele a lamentarsi di quel grave misconception. «chi vuole essere la prima vittima?» e perché proprio Kadabra.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    Abra vi offre la tequila con il verme, Leslie parla a Toast
     
    .
  5.     +3    
     
    .
    Avatar

    the 'fun' in 'funeral'

    Group
    Death Eater
    Posts
    163
    Spolliciometro
    +383

    Status
    Offline
    scottsdale & julius
    this one is for the lonely
    the one that seek and find
    only to be left down
    time after time


    2024, 2017 | madaway, winston
    this one's for the faithless
    the ones that are surprised
    they're only where they are now
    regardless of their fight

    se qualcuno avesse detto a Scott che un giorno sarebbe andata ad una festa in compagnia di un julius Winston in disguise nei panni di Taylor Swift, lei non ci avrebbe creduto.
    il ragazzo che le camminava accanto, vestito di tutto punto con un cravattino a spuntare dal colletto perfettamente inamidato della camicia bianca, sembrava incapace di compiere un atto tanto estremo come fingersi qualcuno che non era — o rubare, ingannare, uccidere e qualunque altra cosa facesse Edward Moonarie nel suo tempo libero «non era necessario, lo sai vero?» chiese, sollevando di poco lo sguardo verde bosco, sentendosi leggera come le capitava di rado; julius non possedeva alcun potere particolare, eppure aveva intuito come stavano le cose nel momento esatto in cui si erano incontrati fuori dalla sua porta: Scottsdale non sarebbe mai riuscita a partecipare ad una festa di quel tipo senza un piccolo aiutino. droghe leggere, niente di che.
    il maggiore le aveva rivolto uno sguardo indagatore e allo stesso tempo preoccupato, come faceva sempre quando i suoi bambini si lasciavano andare a comportamenti che rischiavano di metterli nei guai. ma era anche troppo indulgente, il Winston, troppo buono per mettere chiunque con le spalle al muro — figurarsi una ragazzina orfana «figurati, sono una chaperone nato. e poi devo vedere come sta sandrino (me l'ha corretto così, ora è canon)» gli occhi azzurri di julius — nato july the forth come la sua data di nascita, si illuminarono all'idea: tra tutti gli sgagni cui aveva fatto da baby sitter in gioventù, sander era sicuramente il suo preferito. almeno quello non era cambiato: Barbie era ancora il preferito di eddie, anche se le modalità per esprimere i propri sentimenti a riguardo non si potevano definite gli stessi.
    «non capisco davvero come fai» a fare il baby sitter, ma anche ad essere com'era: sempre gentile, mai una parola fuori posto, fin troppo generoso. conosceva la sua storia, Scott, lo sapevano tutti da dove arrivasse Julius, cosa avesse passato prima di essere spedito a calci nel culo davanti alla porta di un padre che non aveva mai conosciuto. eppure non c'era mai stata rabbia, o rancore, sul volto imberbe del ragazzo, mai un'oncia di cattiveria ad offuscare gli occhi azzurri. lì dove scottsdale madaway aveva somatizzato tutto il dolore per la perdita dei genitori, creandosi attorno una barriera, julius Winston sembrava aver abbracciato i suoi traumi trasformandoli in qualcosa di diverso. al suo posto, la telepate era certa che non sarebbe mai riuscita a perdonare la madre, ma lui lo aveva fatto «a stare dietro ai ragazzini, dico» si affrettò ad aggiungere, mani sprofondate nelle tasche della giacca pesante mentre si avvicinavano alla porta di casa wish.
    julius corrugó la fronte, pensieroso; nessuno gli aveva mai posto quella domanda, e lui stesso in primis non si era soffermato più di tanto a chiedersi perché «sono più facili da capire degli adulti, credo. e imparano tutto per la prima volta, è divertente» sorrise, di nuovo, uno dei tanti himbo™ presenti sulla faccia della Terra — non lo fosse stato, sopravvivere si sarebbe rivelato certamente più arduo. perché baby July the forth ci credeva davvero quando sua madre gli diceva che aveva molto da fare, che pensava al loro futuro, e per questo lo lasciava da solo a casa anche per una settimana intera quando aveva solo dieci anni e il frigo mezzo vuoto; la capiva, quando lo mandava al negozietto sotto casa a scommettere clandestinamente sui cavalli mentre lei intratteneva l'uomo di turno (il suo possibile futuro papà, come amava spesso ripetere). e non gliene aveva certo fatto una colpa quando, con un poche righe scritte frettolosamente su un biglietto spiegazzato lo aveva recapitato tipo pacco postale a casa di Mitchell Winston.
    certo, durante quei primi quattordici anni di vita si era sentito un po'di solo, ma aveva recuperato alla grande, no?
    a quel pensiero sorrise di nuovo, sistemando il papillon, ad un passo dalla porta che qualcuno aveva lasciato aperta: ah, ragazzini [affectionate] «BESTIES!!!» fortunatamente, wes e declan erano nani come lui, e questo rese a julius le cose più facili: apparve alle loro spalle circondando entrambi con le braccia, la testa spinta proprio nel mezzo «anche voi qui a tener d'occhio i bambini?» ce n'erano già parecchi, e tutti bisognosi di un adult badger™ che li tenesse lontano dai guai. anche se, conoscendo i due sopracitati, l'ex tassorosso dubitava fossero particolarmente preoccupati per la sorte degli sgagni «in ogni caso, buon nat-» gli occhi celesti e limpidi di julius Winston intercettarono il suo bambino e il cuore gli si sciolse in un istante «SANDRINO BELLO DE CASA!» la ragione ai sentimenti.
    scottsdale at some point: «ugh.» lo scatto di julius in avanti l'aveva lasciata sola sulla soglia di casa, ma non se ne fece un cruccio: conosceva bene quel posto, e le persone che la frequentavano — la sua famiglia. chi più, chi meno, secondo uno schema mistico creatosi in tempi troppo antichi. sollevò comunque la mano destra in una sorta di saluto generale, richiudendosi la porta alle spalle «una fantastica tequila con un verme! si dice che il verme abbia effetti allucinogeni, ma chissà. chi vuole essere la prima vittima?» era quasi del tutto certa che, se avesse potuto, abra avrebbe scelto di svuotare la suddetta bottiglia direttamente in gola al fratello, ma l'offerta valeva la distruzione di un sogno «mi sacrifico volentieri per la causa» non l'avrebbe pensata così, a pochi mesi da quel giorno, ma questa è un'altra storia.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    julius e scotts arrivano insieme!
    julius parla con wes e declan, poi si lancia da sander
    scotts si offre volontaria per la tequila
     
    .
  6.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Neutral
    Posts
    86
    Spolliciometro
    +194

    Status
    Offline
    theo kane & laurie shine
    don't you dare rest easy
    and leave the rest of it to me
    I want you to feel heavy;
    one day you'll regret it
    (I'll make sure of it before I go)


    2026, jane's ✧ 2023, nathan's
    write a list
    of things you'll regret;
    I'll be on top
    smoking a cigarette
    oh, we could be lovely
    if this could get ugly
    Se Gansey Weirdo Parrish organizzava una festa per amici intimi e familiari a casa sua, Laurie si sentiva in dovere di partecipare.
    Era un amico intimo? No. O, almeno, non nel senso di intimo che lo Shine attribuiva a quella parola.
    Era un familiare? No — ma visto e considerato che stiamo parlando del 2043, in verità chi può dirlo. Allo stato attuale delle cose, Laurie giurava non fossero parenti. Poi chissà.
    E allora perché l’ex Serpeverde sentiva l’obbligo morale di presentarsi a casa Wish se non rispondeva a nessuno dei requisiti richiesti per partecipare al famoso tè annuale di Gans? Beh, perché l’aveva sopporta per sette anni (e oltre) e come minimo si meritava almeno una tazzina di infuso corretto come ricompensa.
    E un biscotto all’erba.
    Magari entrambi. E più di una volta.
    (E se alla fine Gansey non è serpeverde, o se addirittura è special, diremo che Laurie l'ha comunque sopportato per anni, non ci sfuggi.)
    «Sicura di non voler venire? Posso portarti come il mio più uno Se ne stava poggiato con la spalla contro l’armadio, le braccia incrociate al petto, sicuro di sé e fiero come se non stesse osservando sua zia vestito solo dei boxer neri a coprire le proprie grazie. Laurie Shine non aveva davvero un senso di pudore — e si reputava abbastanza figo da non aver mai provato vergogna nel ritrovarsi nudo davanti a qualcuno. Aveva il classico fisico asciutto e muscoloso del giocatore di Quidditch, e adorava metterlo in mostra.
    La zia in questione, Nice, non lo degnò nemmeno di uno sguardo quando rispose declinando per l'ennesima volta l'invito. «Provalo ancora» fu, invece, quello che gli disse alzando finalmente gli occhi azzurri su di lui, e porgendogli l'abito di velluto che stava cucendo. «Stai attento a non romperlo...» il “di nuovo” implicito nello sguardo assassino della Cox-Hill.
    Non era davvero sua zia, ma il fratello della mamma di Nice (Adam) aveva sposato il fratellastro della nonna di Laurie (Tyler) — quindi insomma, le radici dei loro alberi genealogici si erano incrociate nel sottobosco di qualche complicata trama e ora erano “parenti”. Sembrava incomprensibile come legame, ma alcuni suoi amici avevano parentele decisamente più intrecciate di quella, Laurie poteva giurarlo.
    «E ricordati che non sono “il più uno” di nessuno.»
    Severa ma giusta.
    Laurie le sorrise, contento di averla scelta anche come amica. Lo Shine e i Nilbie erano praticamente coetanei e avevano indossato gli stessi colori ad Hogwarts: ma se con Albert, Laurie non aveva mai avuto dei veri punti in comune e non si era mai sbilanciato troppo per creare un legame che andasse oltre quello - abbastanza diluito - di sangue, con la Cox-Hill era stato feeling a prima vista.
    E poi, avevano entrambi una cotta pazzesca per Bangkok Hilton-Peetzah; legami del genere non potevi spezzarli. Laurie le voleva abbastanza bene da accettare di offrirsi come cavia per gli esperimenti di moda di Nice, e lei se lo faceva andare bene perché aveva il fisico da modello adatto ad indossare le sue creazioni.
    Do ut des: un rapporto fatto di transazioni e favori reciproci, il loro.
    «Tu sei sicura che posso andare alla cerimonia così...» tutto quel velluto viola sbatteva con la sua carnagione. E lo faceva sembrare una melanzana.
    «Il giorno che inizierò a darti consigli su come stare in equilibrio su un manico di scopa, sarà il giorno in cui potrai permetterti di dirmi come fare il mio lavoro.» Lo ammonì lei di rimando, e Laurie giurò che lo spillo conficcato nella pelle non doveva esser stato un errore. Sorrise alla propria figura riflessa nello specchio, ma la zia non lo stava guardando.
    COntinuarono con quel battibecco (tipo, familiare) per tutta la durata delle prove.

    «Ok, allora. Ultima offerta.» La salutò qualche minuto dopo, gli ultimi accorgimenti all’abito pronti per essere cuciti in tempo per la cerimonia quidditchistica annuale che si sarebbe svolta prima della fine dell’anno. Il mondo stava andando in rovina, la gente spariva e moriva quotidianamente, e l’unico pensiero di Laurie Shine era apparire figo e inarrivabile sul tappeto rosso. Le priorità.
    «TI riporto un pasticcino.»
    «Solo se sono quelli di Toast.»
    Degli altri, Nice, non si fidava affatto.
    «E saluta Gansey da parte mia.»
    Nice aveva smesso di partecipare alle feste ormai da anni, da quando suo padre era morto e un pezzo della serpeverde era morto con lui. Chiuse la porta, quasi sbattendola sul muso dello Shine, e tornò a lavorare.


    Un passo dietro l’altro, sempre più veloci, ormai a tanto così dal sembrare una vera e propria corsa: Theo Kane era pericolosamente vicino allo sprint pur di togliersi l’animale dalle calcagne. «Smettila di seguirmiiiiii» urlato verso il topo che aveva attaccato alla propria ombra da circa mezz’ora. «Mis io ti odio e giuro che ti uccido» poteva minacciare l’incolumità di Keta — ma Theo non era una Abra qualunque, non avrebbe mai fatto del male agli animali domestici quando poteva farlo direttamente alla bestia che aveva come fratello.
    Ah ah, joking.
    ...
    ..
    .
    Unless.
    «Tornatene nelle fogne, Ratatouille!!» Solo a quel punto, esasperato, arrestò la marcia folle e si permise di ammonire il topo con tanto di dito indice alzato. «Mis, stammi bene a sentire.» Afferrò l’esserino con una mano e lo portò all’altezza del viso, sperando che riportasse poi il messaggio al fratellino adorato. «Mollami Era più pressa di Mamma, quando ci si metteva.
    Lui, e i suoi stupidissimi animali.
    Uno non era più nemmeno libero di andare a fare “le sue cose” che quel pirla del fratello lo faceva seguire. Assurdo. Bastardo.
    Prolungò la sfida di sguardi col topo ancora qualche istante, poi sbuffò aria dal naso e se lo mise nel taschino del cappotto: avrebbe visto quel pirla di Mis alla festa, tanto valeva tenere in ostaggio Ratatouille fino ad allora.
    Quanto meno, al sicuro nella tasca di Theo, non rischiava di fare danni o rovinargli i piani. Il Boss non ammetteva errori e Theo non voleva delulderla: dimostrare di essere un figlio all’altezza era tutto ciò che lo spingeva a provarci, ancora e ancora e ancora, giorno dopo giorno. Aveva tante limitazioni (molte delle quali accentuate dal giudizio negativo da parte di altri, o dei suoi stessi coetanei) ma era disposto a fare di tutto pur di non lasciarle vincere: poteva sembrare un tonto (e alle volte lo era) ma capiva ed era in grado di analizzare più di quanto lasciasse intendere. Era proprio la sua aria da fessacchiotto che gli permetteva, molto spesso, di avere successo: la gente tendeva a non dargli la giusta importanza, a non ritenerlo una minaccia, perché “troppo innocuo” oppure “troppo stupido”, e Theo aveva imparato ad usare quei difetti a proprio vantaggio.
    Voleva essere il figlio che le Jane meritavano, non importava quanto duramente dovesse lavorare per arrivarci.
    Era giovane, chiunque gli avrebbe detto che aveva tempo — ma in quel mondo? In quella vita? Il tempo presente era l’unico tempo che contasse qualcosa, e sprecarlo facendo progetti futuri era inutile. Bisognava fare tutto e subito: il futuro non era garantito.
    Ecco perché, a sedici anni, era determinato a fare (e dare) il meglio di sé.
    Non voleva dire, però, che fosse disposto ad annullare completamente la sua vita da adolescente per arrivare al fine ultimo: se era sempre riuscito nell’impresa, fino a quel momento, era anche perché aveva imparato come bilanciare le due cose.
    The best of both worlds.
    E poi, ad essere onesti, le feste (e le droghe.) gli piacevano un po’ troppo per pensare di metterle da parte. Fin tanto che non intaccavano il suo “lavoro”, andava tutto bene!
    Se stava progettando di imbucarsi alla festa di Gansey Wish dopo aver svolto l'incarico affidatogli dal Boss? Ma certo. Le vacanze di Natale erano divertenti solo fino ad un certo punto, e Dylan in quel periodo diventava una versione furiosa (ah ah.) di xmasZilla che Theo preferiva non affrontare, se poteva. Il tea party a casa Wish era la scusa perfetta per farlo.
    «chi vuole essere la prima vittima?»
    Aveva trovato la porta aperta ed era entrato senza bussare, gli scarponcini neri da battaglia a battere pesanti sul pavimento pulito; una piccola folla si era già radunata nel salotto. Il fatto di essere il più piccolo tra i presenti non gli impedì ugualmente di alzare la mano all’invito di Abra: perché no, insomma.
    Qualcuno gliel'abbassò. «Vacci piano, ragazzino.»
    Un «ragazzino a chi» sibillato a denti stretti mentre si divincolava dalla presa dell’altro; ma che voleva, non era mica sua mamma. O il suo boss.

    «mi sacrifico volentieri per la causa»
    Laurie, dopo aver infastidito il Kane solo perché poteva permetterselo, indicò Scottsdale con un cenno della testa, e un «ditto» entusiasta. Tutta la storia del “sono uno sportivo, dico no alle sostante chimiche e all’alcol e ai cibi grassi” gli scivolava addosso: con un corpo come il suo, poteva permettersi tutto.
    Si lasciò cadere sul bracciolo di una poltrona, cercando Gansey con lo sguardo. «Parrish Il suo unico saluto, come se non si fosse allegramente presentato a casa sua senza invito.
    Oh, era una festa no? E che festa sarebbe stata senza un paio di imbucati.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    sapete che c'è? yolo. LE LEGACY SONO BELLE e mentivo quando dicevo che posso resistere. e se mi affeziono è troppo tardi

    chi sono theo e laurie? vediamo.
    theo kane, figlio di jane (boss) e dylan(mamma) (sì, they're a thing.) e fratello di mis (ciao sara!!) e lenny. grifontonto, ma determinato a dimostrare al mondo intero che si sbaglia reputandolo uno scemo (spoiler: un po' lo è.) dategli amici ne ha bisogno
    laurie shine, figlio di nathan perché se nessuno li fa devo farmeli da soli e allora così sia. la mamma non so chi è. ex serpeverde, stella del quidditch (per rendere fiera la nonna!!!), molto narcisista, egoista e orgoglioso. continua a giocare a quidditch da pro ed è l'unica cosa che gli interessi al mondo (insieme a partecipare alle feste, anche se preferisce quelle con gente figa e dove gira un sacco di droga.)

    fine??? credo????? dai se volete altre info scrvtm n pvt xoxo

    arrivano alla festa circa insieme, laurie si offre per la tequila e importuna Gansey; theo rimane un po' in disparte ma vorrebbe la tequila anche lui :c aspetta mis per negoziare i termini del rilascio del topo che tiene in ostaggio .
     
    .
  7.     +3    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Special Muggle
    Posts
    80
    Spolliciometro
    +139

    Status
    Offline
    psy cho
    every lover's got
    a little dagger
    in their hand


    2024 ✧ jarden's guild ✧ squib
    what would you
    trade the pain for?
    I'm not sure.
    (And I just about snapped;
    don't look back.)
    Il Natale era la festa preferita di Psy.
    E no, non perché ci fossero più giochi da rubare ai bambini rispetto a pochi giorni prima, come aveva sostenuto una volta Leslie; a Psy piaceva il Natale perché... beh, in realtà non c'era un vero motivo che potesse giustificare il favoritismo riservato a quella festività. Era così e basta. Gli piaceva l'atmosfera, e gli piacevano i regali (farli, e riceverne — anche se non sempre amici e parenti azzeccavano i suoi gusti) e gli piaceva decorare la casa; sì, aveva persino tentato di appendere qualche lucina colorata in camera di Leslie, con pronta e inevitabile minaccia di morte da parte della sorella. Minaccia alla quale Psy aveva risposto con un sorriso felino e che prometteva assolutamente che ci avrebbe provato di nuovo, l'anno successivo. Le minacce di Leslie non erano mai a vuoto — e Psy un po’ ci contava che arrivasse a mantenerle: un ragazzino doveva pur farsi le ossa in qualche modo, no?
    Perciò, il Natale. Bellissimo, miglior momento dell’anno!! UNA FAVOLA!!
    Psy cercava continuamente di rendere la sua felicità natalizia (da non confondere con quella del resto dell’anno che non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella momentanea di dicembre) contagiosa, ma era difficile convincere fratelli e genitrici della bellezza delle feste; impresa così ardua che il coreano aveva imparato a concedersi almeno le piccole vittorie e soddisfazioni che riceveva nel riuscire a radunare, almeno per un pranzo o una cena, tutta la gilda intorno allo stesso tavolo per assaggiare le specialità che Psy stesso aveva preparato con amore per tutto il giorno precedente; raggiungeva il nirvana, poi, quando riusciva a portarsi dietro pure il ramo Bitchinksi della caotica famiglia.
    (Jarden’s voice: perché
    Psy, sorridendo a trentuno denti e mezzo (uno se l’era spaccato giocando con Gengis): PERCHÈ !! SÌ !!
    The end.)
    In caso ve lo stesse chiedendo: , Psy Cho Jarden (perché c’era sempre la diatriba del Lowell-Larson/Larson-Lowell e lui non voleva fare dispetto a nessuna mamma.) era decisamente il genere di persona che iniziava a mettere le canzoni natalizie già al primo di Novembre, e che tentava, ogni anno e con una perseveranza davvero (invidiabile e) diabolica, di convincere madri e fratelli ad indossare orribili maglioni a tema insieme a lui. C'era poco che potesse spaventarlo, dopotutto, e minacce derivanti dalla sua insistenza erano nulla se non un piccolo e indifferente neo a macchiare l'esistenza del magonó. E, infondo, chi lo conosceva sapeva che fosse così e andasse accettato nel suo essere, a tratti, così petulante da risultare anche irrefrenabile.
    Nel suo peculiare e discutibile modo, Psy adorava le routine e le ricorrenze: il fatto che una delle sue preferite coincidesse poi anche con il Natale, lo mandava in estasi. Il tè a casa Wish, il tè natalizio a casa Wish, era il giorno dell'anno che Psy attendeva con più ansia, quello per cui si preparava per trecentosessantacinque giorni l'anno — trecentosessantasei in quelli bisestili. L'idea di arrivarci impreparato era motivo di stress per il giovane, e anche ciò che più di tutto lo spingeva ad essere sul pezzo e perfetto; iniziava a provare le ricette da rifilare a cugini e amici già mesi prima, per far sì di arrivare al giorno X prontissimo. E voi direte, ma è un pomeriggio di tè e brownies corretti, Psy, cosa vuoi cucinare?! Ma per uno che non aveva nient'altro con cui contribuire, quell'unica piccola cosa in cui era insostituibile rimaneva la sua unica specialità. L'unica cosa che potesse mettere in mostra. Perché, di certo, non poteva vantarsi nel salotto di zia Idem su come lanciare coltellini ad effetto, o su come eseguire un perfetto calcio a mezz'aria — erano conversazioni per altri momenti, e altri ambienti.

    Per tutta questa serie di motivi, avrebbe dovuto sentirsi al settimo cielo quando, sulla via della festa a casa Wish, un uomo tondo e con la barba bianchissima l’aveva fermato e preso da parte: Psy non aveva mai creduto a Babbo Natale — non la versione babbana, per lo meno. Credeva nella storia di un mago eremita che viveva nell’estremo nord e che una notte l’anno caricava la propria slitta incantata e andava a distribuire regali ai babbani solo per alimentare la favoletta di “Babbo Natale” e distruggere poi i loro sogni quando, presto o tardi, avrebbero scoperto che non esisteva davvero; ma era un altro paio di maniche. Però, quando aveva posato i vispi occhi neri sull'uomo, l'aveva capito subito; e l'aveva osservato, sapendo che l'altro sapeva che lui sapesse.
    Non si sentiva fortunato per quell'incontro, solo curioso; una curiosità, la sua, volubile e spesso difficile da soddisfare. Così, quando Klaus, per gli amici, lo invitò ad aprire il palmo e vi fece cadere sopra una sfera trasparente, Psy rimase immobile, il volto una maschera inespressiva che cozzava con la felicità di pochi istanti prima. Non abbassò nemmeno lo sguardo sulla pallina ricevuta — non ne aveva bisogno. Credeva nel natale e nello spirito festivo e nelle cene con la sua famiglia allargata, e credeva abbastanza nella magia pur non avendone nemmeno una scintilla nel proprio sangue. Non credeva, però, nei miracoli.
    «Buon Natale anche a lei.» Era un criminale, era un assassino, era un po' psicopatico — ma non era maleducato.
    Poi, senza distogliere li sguardo da quello dell'omone, Psy girò di pochissimo la mano e lasciò scivolare a terra la palla di vetro: non aveva bisogno di esprimere desideri per avere ciò che desiderava. Le sue mamme l'avevano cresciuto meglio di così. E mentre il vetro si infrangeva a terra, lui si chinò a raccogliere le buste (con i contenitori stracolmi di focaccine alle castagne con ricotta e bresaola e scorsa di limone) che aveva dovuto poggiare per accogliere il regalo - poco gradito - dell'altro.
    «Sto facendo tardi ad una festa.» offrì come scusa all'altro che, in sua favore, non aveva battuto ciglio all'ingratitudine di quel giovane insolente. Gli sorrise, Psy, tutto denti affilati, cattive intenzioni e imprevedibilità. Non avrebbe invitato “Santa” alla festa di sua cugina: gli adulti rovinavano il mood, valeva anche per maghi potenti in grado di realizzare qualsiasi desiderio. «E tu sei in ritardo per il tuo giro.» Circa, non proprio, ma non doveva esser facile organizzare l'itinerario della notte di natale, no?!
    Riprese a camminare, domandandosi quante cose si fosse già perso, e non gli piaceva l'idea di esser stato trattenuto contro la sua volontà. Nemmeno da Babbo Natale in persona.
    (Perché sì, per Psy Cho Jarden quello era Babbo Natale e non voleva sentire altro a riguardo.)

    «pasticcini di carne.»
    «oh»
    «umana»
    «oh»
    Non si era aspettato di entrare nel mezzo di una conversazione del genere, ma non perse un battito il coreano quando, entrando a grandi falcate nel salotto di casa Wish, le braccia cariche di cibo, beccò cugini e amici e fratelli a parlare di pasticcini di carne. Umana. «forte.» Si guardò intorno, passando lo sguardo divertito prima su un Sander in chiara difficoltà («ciao saaaaand») poi su un Toast perplesso (era o non era il mood costante del Sincope, dopotutto?) e un Cent morto dentro, posandoli infine sulla Bestia, altresì nota come «sis» soffiato nell’aria insieme ad un bacino — per fare incazzare Leslie in tempo record. Mollò le pesanti buste sul tavolo della sala: era il cuoco, non il cameriere, che si servissero da soli.
    «Qualcuno ha visto Gigi?!» dubitava che suo fratello non si sarebbe presentato alla festa, anche solo per lamentarsi di esserci andato — o le cose di cui si lamentava solitamente Gengis, Psy non le ricordava sempre tutte.
    «ma quiiiindi.» nessuno parlava, nessuno ballava, nessuno mangiava (ingrati). Fece il giro del divano, prendendo posto su un bracciolo ancora libero e sporgendosi un po’ in direzione di Gansey. «quindi....» aveva intenzione di organizzare qualcosa? Una partita a Trivial, un pokerino, una briscola? Niente? «cugi......» E se non era la Parrish a prendere l’iniziativa, l’avrebbe fatto lui. Perché? Perché sì.
    Pescò dalla tasca interna del giubotto una scatolina di cartone, e la mise sul tavolino basso del soggiorno. «Sono colori magici!» Li aveva rubati quello stesso pomeriggio da una cartolibreria di zona. «C’è scritto che si può dare vita a tutto ciò che viene disegnato, utilizzandoli.» Guardò i presenti, uno ad uno; un cenno distratto ai nuovi arrivati che volevano già ubriacarsi (buhhh). «Giretto di Pictionary alternativo!?!?» Dai, suonava divertentissimo!! RIcetta per un potenziale disastro: le sue preferite.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    CITAZIONE
    16) [ON] colori per dipingere incantati: questi pigmenti magici permettono di tirare fuori dalla tela, come un oggetto in 3D, qualsasi cosa dipingerete (bella o brutta che sia); non può creare oggetti magici, nè cose vive

    25) [PROMPT] un uomo spesso con la barba bianca, ti lascia una palla di vetro con la neve in mano. tempo di guardarla confusa, e l'uomo è sparito. Dentro la palla, c'è rappresentato quello che desideri di più al mondo (qualsiasi questa sia). Leggi sotto la palla "chiedi, e avrai - ma solo per oggi. Buon natale". La cosa (o persona, sentimento) che desideri sarai tuo da mezzanotte del 24, a mezzanotte del 25, un piccolo miracolo di natale.
     
    .
  8.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Muggle
    Posts
    295
    Spolliciometro
    +702

    Status
    Offline
    mis jackson
    I'm gonna make you understand this pain
    Time keeps slipping, hours turn to days


    2027's ✧ jane's legacy ✧ faunakinesis
    You kick me in the teeth
    I'll get right back up
    But you keep this shit up, kid
    'Cause I've seen what's worse
    «theo dovrebbe già essere di ritorno. Dov’è?»
    «boh»
    «bugiardo» Mis sorrise, soffiando i capelli castano dorato dalla fronte. Non c’era traccia di ammonimento nel tono del Boss, né un richiamo nel sospiro con cui gli diede un buffetto sulla guancia: sapeva che il Jackson fosse un bugiardo, e ne andava anche particolarmente fiera. Non era un segreto che nella loro assurda, caotica, famiglia, avesse senso solo il contrario di quanto l’avrebbe avuto sotto qualsiasi altro tetto. Funzionavano a paradossi e fotografie ancora da sviluppare, ma funzionavano comunque. Mis era una spia, Theo un ladro, e Lenny un terrorista; come diceva il Boss ogni volta che Mamma li andava a recuperare in presidenza o – era capitato? Sì – alla stazione di polizia, li avevano cresciuti proprio bene.
    Dire che a casa loro non ci fossero regole, sarebbe stata una cazzata. Erano scritte sui muri, letteralmente, delle loro camere da letto, ed appese all’entrata, così che l’una o l’altra dei genitori potessero indicargliele con il capo prima che uscissero.
    PRIMA REGOLA: Non farti beccare.
    Una nella quale fallivano spesso, tutti e tre. Lenny era il più paraculo, ma quando non le prendeva (moralmente: né Boss né Mamma avevano mai alzato un dito, se non l’indice per rimproverarli) dai genitori, ci pensavano i fratelli a rimetterlo in riga. Erano stati cresciuti con la legge della strada, per imparare subito come stare al mondo e sopravviverci. Ricordava quando per i suoi otto anni, il Boss li aveva abbandonati in campeggio, dicendo loro di tornare a casa da soli.
    (Mis era già a metà strada, quando Mamma era andata a recuperare quel piagnone lamentoso di Theo; Lenny, si era già fatto adottare da una famiglia di passaggio.)
    Bei tempi.
    SECONDA REGOLA: Innocente fino a prova contraria.
    Avevano creato un vero e proprio sistema fatto di dibattiti e discussioni, a cui partecipavano obbligatoriamente ogni martedì sera. Mamma diceva fosse per sviluppare il pensiero critico; il Boss, perché nessuno avrebbe pagato loro la cauzione.
    TERZA REGOLA: Non si usa la magia per curarsi.
    Se si erano presi un pugno di troppo, erano cazzi loro. Inutile specificare che quella regola fosse stata imposta da Jane, e frequentemente ignorata da Dylan. A Mis piaceva guarire alla vecchia maniera, amava grattarsi via le croste e tirare la pelle fino a che non si riaprivano le ferite: lo faceva sentire un eroe, qualcuno che ce l’aveva fatta.
    QUARTA REGOLA – quella inalienabile, alla quale nessuno di loro poteva venire meno. Tra tutte, era forse l’unica che avessero realmente mai rispettato. - : Copritevi sempre le spalle a vicenda.
    In ogni istante della sua vita, dal primo vagito a quel fiato offerto in un soffio al Boss alla domanda su dove fosse Theo, Mis Jackson aveva vissuto con la certezza costante di non essere solo. Si buttava nelle situazioni più assurde, perché sapeva che poco distante ci sarebbe stato almeno uno dei fratelli a seguirlo a ruota. Saltava ad occhi chiusi perché magari nessuno l’avrebbe preso, ma qualcuno a dirgli che fosse un idiota subito dopo, tra risate e disinfettante, c’era sempre. Era un adolescente, e capitava li odiasse, ma mai troppo a lungo.
    «vallo a recuperare»
    «copy that, boss»

    Nascere con un potere era diverso dall’essere creato. Mis sapeva, dai racconti della vecchia guardia, di come fossero nati quelli come lui, ed aveva letto diversi saggi al riguardo (poteva non sembrare, ma usava sempre la testa, e solo l’87% delle volte per delle testate nei denti), su come fosse stato complesso domarli. Problemi che lui non aveva mai avuto: la faunocinesi non solo era una parte di lui, ma lo identificava come persona. Era il suo potere, e viceversa. Capitava spesso fosse più facile di respirare.
    Negli anni, aveva creato una rete tutta personale di informazioni: aveva le sue spie, il Jackson. Affidabili, non come – ugh – le persone.
    Certo che sapeva dove trovare Theo. L’avrebbe saputo comunque, tutti i più grandi parlavano sempre delle feste Wish, ma grazie alle sue fonti aveva potuto tenere traccia di ogni movimento. I GPS erano per nerd. «”un uccellino mi ha detto”» salutò così il fratello, offrendo il mezzo sorriso che meritava, spuntando dall’ingresso della dimora poco dietro Psy. Era il suo marchio di fabbrica, e sapeva quanto il Kane odiasse quella frase. Si guardò attorno, reclinando il capo sulla spalla. Essere abituato a vivere fra le persone, era ben diverso dal farselo piacere, e non riusciva a sentirsi mai completamente a suo agio in mezzo a troppa gente.
    Quelle erano almeno 13 persone in più rispetto a quante potesse sopportarne, e solo perché una era suo fratello – a lui era abituato sempre. Soffiò un bacio a Sander, la sua nemesi sportiva – Mis giocava a baseball nella squadra avversaria del Bitchinskarden, ed avevano una personalissima guerra in corso da anni – e sorrise a Gansey, perché era il suo traduttore di fiducia quando doveva parlare con gli animali di casa.
    Dorian compreso.
    Gli altri li conosceva? Sì, ma non erano suoi amici. Aveva solo quindici anni, chi se lo inculava. Gli unici con i quali avesse un qualche tipo di rapporto, erano gli special presenti (che non so chi siano; it be like that sometimes) perché erano almeno andati a scuola insieme. E la Gilda, perché prenderle da loro era sempre un onore.
    Si sedette per terra, perché era una bestia – ed anche l’unico che potesse rialzarsi senza far soffrire la sciatica, ma se non voleva essere linciato non poteva dirlo ad alta voce. «pictionary?» ma in quale secolo era rimasto? Inarcò le sopracciglia, affacciandosi per guardare i colori magici. Tamburellò le dita sulla tasca interna della giacca, facendo tintinnare gli spicci. «non possiamo disegnare creature inventate, e farle combattere?» priorità. Prendevano vita, no? «con un giro di scommesse. Concreto. Mordete i soldi di theo, di solito usa quelli dei leprecauni» specificò, perché si era fatto fregare una (1) volta dal maggiore, e non l’avrebbe mai perdonato per quell’affronto. Visto che ci giravano tutti attorno e nessuno apriva le danze, affondò una mano nella confezione dei funghetti, e ne afferrò una manciata. Ne infilò un paio fra i denti, lanciando gli altri a Theo perché li prendesse al volo con la bocca, offrendo lo stesso trattamento a chiunque si fosse prestato dei presenti.


    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    avevo fatto questo schemino da prima del'esistenza di genghis e non avevo più voglia di cambiarlo. tanto arriverà anche lui!!

    cosa fa? niente. arriva, saluta theo e sand (perchè sono sicura li conosca. gli altri chissà... chissà. è piccino) e propone invece di pictionary, di disegnare mostrilli e farli combattere fra loro (.). Se li volete, vi lancia funghetti!!/&&

    QUANTO SONO LUCIDO? (d10) tanto: 3


    edit: tra l'altro è passato così tanto tempo da questo schemino che avrei potuto usare l'account di mis. VABBE
     
    .
  9.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Bolla
    Posts
    83
    Spolliciometro
    +173

    Status
    Offline
    theo kane & kimi linguini
    don't you dare rest easy
    and leave the rest of it to me
    I want you to feel heavy;
    one day you'll regret it
    (I'll make sure of it before I go)


    '26 & '23 ✧ jane's & lapo's ✧
    gryffindork & clairvoyant
    write a list
    of things you'll regret;
    I'll be on top
    smoking a cigarette
    oh, we could be lovely
    if this could get ugly
    Era impegnato a far valere la propria presenza di sedicenne contro i più grandi, Theo, ma mise da parte quella (inutile) crociata, quando vide il fratello emergere subito dietro Psy.
    «“un uccellino mi ha detto”»
    «ho rapito il tuo topo» picchiettò delicatamente la mano contro il taschino, spingendo poi dentro l'animaletto quando questi cercò di fare capolino col musetto rosa. «trattami bene, se lo rivuoi indietro» come minimo, non era nemmeno il topo di Mis, ma Theo era convinto di sì — lui e la sua mente semplice ed ingenua; certe volte metterlo davanti alla verità spezzava il cuore di chi doveva assumersi quella responsabilità.
    «va beh. che c'è?» Theo si vantava di conoscere molto bene i fratelli minori (spoiler: non era così) e sapeva che Mis si trovava meglio tra le bestie, i suoi simili, che tra la gente; vederlo lì significava solo una cosa. «ti ha mandato il boss?» il Kane poteva solo sperare che Mis fosse lì per volontà di Mamma: l'alternativa, pensare che il boss non si fidasse abbastanza di lui da mandare addirittura Mis a recuperarlo, non era così allettante.
    Aprì appena la giacca, gli occhi fissi sul fratello che, al contrario, fissava la platea di maghi e special impegnati a farsi i cazzi loro. «la merce è al sicuro» in mano a lui mai nulla era davvero al sicuro, ma voleva crederci e convincersi fosse così. «quindi puoi anche tornare a -» «non possiamo disegnare creature inventate, e farle combattere?» Traditore di un fratello bastardo. Da quando decideva di prendere parte alle attività di gruppo. No, anzi! Da quando era lui a farsi promotore di qualcosa.
    Theo lo osservò in silenzio, braccia conserte e sguardo torvo: gli stava rovinando la piazza (ma quale). E infatti. «con un giro di scommesse. Concreto. Mordete i soldi di theo, di solito usa quelli dei leprecauni» «Hey! È successo una volta sola, ed ero in buona fede! Avevano fregato anche me!» bugia, l'aveva fatto di proposito ma non poteva lasciare che la boccaccia di Mis rovinasse tutto per lui. Approfittò di quel momento per seguire il Jackson e sedersi, come lui, sul pavimento. «Smettila di dire stronzate.» Gli faceva fare brutta figura con i più grandi, e con la Gilda. Si meritava uno pugno sul muso.
    Glielo diede, ma sulla spalla e mentre prendeva posto a terra. «ho sempre in ostaggio Ratatouille, ricordalo.»
    Ma, siccome era Theo e siccome la sua concentrazione era sempre messa alla dura prova da un sacco di cose, gli bastò la promessa di qualche funghetto ingurgitato come l'animale che era, per lasciar perdere il resto. Funghetti che non prese nemmeno per scherzo (palla maledetta.): di quattro lanciati da Mis, solo uno andò a segno... Beccando il Kane in un occhio.
    Gli altri finirono un po' ovunque sul pavimento — potete raccoglierli, se volete. Speriamo i Wish non abbiano animali domestici oltre a Dorian.
    Tornando a noi e ad un delusissimo Theo Kane: la sua reazione, sta nel nome. «sicuro che giochi a baseball? Non sai nemmeno lanciare decentemente le cose.» non contento (come poteva: aveva fallito su più piani, davanti ad un sacco di gente (folle.) figa, inutile dire che avrebbe riempito Mis di mazzate, una volta in strada) allungò il braccio per fare da solo: e brownies corretti siano, dunque.
    (Dado: 9. Astri allineati contro Theo, ok ok.)
    Prima di lasciarsi trasportare dalla fattanza («ma cosa ci hanno messo dentro, una piantagione») o magari durante, chissà, Theo decise di accettare il guanto di sfida di Mis e afferrò uno dei colori magici, disegnando poi su un fazzolettino il suo mostro.
    (Non sono un'artista, e non lo è manco Theo.)
    «cos’è?»
    Troppo impegnato a dare vita (letteralmente) alla propria creatura, Theo non prestò davvero attenzione alla figura china sulla sua spalla, che spiava l’opera d’arte in corso. Ma fu ugualmente indignato dalla domanda. «non si capisce?!?!» No, in effetti. (Non lo capisco nemmeno io che l’ho disegnato due giorni fa; chissà a cosa miravo.) Eppure Theo si mostrò comunque sconvolto, tradito!, dalla mancanza di intuizione dell’altro. «è una fiamma» duh.
    (Credo. No, davvero, non lo so cosa stavo cercando di disegnare. Quindi diremo che è una fiamma. Oppure possiamo dire che: ) «sembra un carciofo incazzato»
    «è una fiamma, non lo vedi il calore intorno?» indicò addirittura le linee tremolanti che tutto sembravano tranne che “calore”. L’altro, l’italiano dietro di lui, si strinse nelle spalle poco convinto.
    Una voce fuori campo prese la parola.
    (Psy, Psy è la voce.)
    «PRIMO CONTENDENTE, IL CARCIOFO INCAZZATO!»
    «non è un carciofo!!! È UNA FIAMMA!! È FUOCO !!»
    L’italiano, Kimi, gli diede una leggera pacca sulla spalla. «sei pronto per giocare al telefono senza fili ai raduni» non gli serviva la chiaroveggenza per sapere quelle cose; Kimi Linguini sapeva un sacco. Troppo.
    Tranne come farsi i cazzi suoi.
    Mai stato in grado, mai! Nemmeno una volta nella sua discretamente lunga vita. E sapete cosa? Viveva benissimo così. Era finito alla prima festa Wish proprio origliando conversazioni altrui, e da lì era stato ospite fisso tutti gli anni pur senza mai ricevere un invito formale. O un invito e basta. Presumeva anche di stare abbastanza sulle palle a Gansey Weirdo — che, per lo meno, teneva alto il proprio nome, essendo strambo per davvero. Parlando del loro ospite, Kimi gli rivolse un saluto appena accennato e poi spostò lo sguardo sul Bitchinskarden seduto lì accanto; a lui non lo salutò, perché Kimi aveva tanti amici ma nessuno era (ancora) alla festa. Non era un tipo antipatico, né un asociale, e non era una bestia rara come sua sorella Amelia — ma era riservato. Non nel senso che fosse introverso e gli piacesse tenersi i propri segreti, ma nel senso di: aveva un sacco di riserve su tutti. Fratelli e cugini compresi. Soprattutto.
    Era difficile trovare qualcuno che gli andasse a genio al primo colpo, o al centesimo. Aveva sempre una critica di troppo per chiunque.
    Forse perché tutti ce l’avevano sempre avuta per lui.
    Passò la mano tra i riccioli ossigenati, sorriso smagliante tutto fossette ereditato sicuramente dalla mamma — o così dicevano i giornali. Chi fosse davvero sua mamma, Kimi non lo sapeva: Lapo non gli aveva mai detto la verità e i giornali avevano sparato talmente tanti nomi da poterci fare una squadra di calcio. Si sapeva solo che fosse stata la ex fidanzata di un qualche giocatore di Serie A. Solo che, al tempo dei fatti, ovvero diciannove anni prima, non era stata molto ex, se capite cosa intendo.
    (Se non lo avete capito, ve lo dico: Lapo si era portato a letto la fidanzata di qualcuno e l’aveva messa incinta. Quando prendi il “il figlio di Zaccardi è di Zaniolo” troppo alla lettera.)
    Quasi un foreshadowing e certamente un fatto ironico che poi, proprio quel figlio, sarebbe diventato già nei primi anni di vita un piccolo prodigio del calcio, al punto da militare persino nella primavera della Juve; e non solo perché papino Lapino poteva, come poteva non, essersela comprata. Kimi era un talento vero; uno che sapeva coltivarlo e sfruttarlo. Non un coglione alla Balotelli, o alla Cassano. O alla Zaniolo, tanto per dirne uno.
    Perciò sì, con la gente che lo criticava Kimi c’era praticamente cresciuto; già solo per essere un Linguini, e il figlio di Lapo, partiva con uno svantaggio non da poco. Ma aveva fatto sempre buon viso a cattivo gioco e sfruttato il meglio di ogni situazione. Fino ad arrivare dov’era.
    Ovvero con un contratto in Premiere Legue, a vivere il meglio di entrambi i mondi: quello babbano e quello magico. Era pur sempre italiano, e in quanto tale ancorato alle tradizioni e alle ricorrenze: quella dai Wish, a suo modo, era diventato esattamente quello: un avvenimento annuale a cui presenziare, come la cerimonia del Pallone d’Oro o natale a Canosa.
    Si sentiva quasi a suo agio, nel salotto di Idem e Noah. Ma è anche vero che Kimi aveva la fastidiosa abitudine di sentirsi a proprio agio ovunque.
    «Io punto i soldi sull’altro.» I carciofi non gli erano mai piaciuti, manco alla romana o alla giudia. O alla zio Romolo. Sempre carciofo, e sempre tipico laziale. Allungò la mano per versare qualche galeone al centro del tavolino del salotto, e in cambio rubò uno dei pasticcini fatti da Toast.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    SPOILER (click to view)
    tre post di theo con tre pv diversi, zia sto diventando te. prima o poi farò una scelta.
    spero.
    forse.
    chissà.

    (per Kimi non ho scuse, è iniziato tutto così: settembre, 2022. da lì, ho solo rimandato l'inevitabile — ce lo aspettavamo?, cit.)

    e per finire.
    so che lo aspettavate tutti con ansia. il carciofo: click
    potevo fare tante cose, stasera, tipo dormire. e invece.
     
    .
8 replies since 11/12/2022, 02:47   417 views
  Share  
.
Top